Tecniche della pubblicità - Sbobinature e Domande d'Esame PDF

Document Details

GiftedMeter

Uploaded by GiftedMeter

Libera Università Maria Santissima Assunta

Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone)

Tags

advertising techniques marketing communication public relations

Summary

These lecture notes cover advertising techniques and theories, including the AIDA model and the roles of different actors in the advertising industry. The material also discusses the difference between positioning and unique selling propositions, highlighting the concept of brand differentiation. The notes are from a course at the LUMSA University.

Full Transcript

Tecniche della pubblicità (Sbobinature) + domande d'esame Teorie e tecniche della comunicazione multimediale Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) 50 pag. Document shared on...

Tecniche della pubblicità (Sbobinature) + domande d'esame Teorie e tecniche della comunicazione multimediale Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) 50 pag. Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 1 Tecniche della pubblicità L’attenzione è un filtro che rende il nostro mondo vivibile. Se noi ricevessimo tutti gli stimoli a cui siamo esposti, probabilmente impazziremmo. Nessuno cerca volutamente la pubblicità -> il suo compito principale è quello di rompere la soglia dell’attenzione, altrimenti non raggiunge il suo scopo. Una tecnica per rompere la soglia dell’attenzione è quella di porsi da un punto di vista esterno -> “Cosa si aspetta l’altro da me? Come posso attirare la sua attenzione?” posso dare all’altro ciò che non si aspetta per attirare la sua attenzione e rompere così la soglia. GLI STEP DELLA PUBBLICITÀ STEP 1: rompere la soglia dell’attenzione Elias St. Elmo Lewis (1872-1948) ci ha lasciato l’ordine degli step che qualsiasi messaggio pubblicitario deve attraversare STEP 1: ROMPERE LA SOGLIA DELL’ATTENZIONE; STEP 2 CREARE INTERESSE NEL CONSUMATORE; STEP 3: CREARE DESIDERIO; STEP 4: AZIONE -> ATTENZIONE, non si parla di acquisto. Significa piuttosto fare un’azione verso il prodotto, ad esempio provare un vestito in un negozio, chiedere informazioni a un commesso, creare la configurazione di una macchina sul sito ufficiale. Nonostante la pubblicità sia cambiata e si sia evoluta nel tempo, il modello AIDA rimane sempre attuale e funzionale. La pubblicità ha l’obiettivo di far compiere delle azioni alle persone verso il prodotto. Le prime agenzie di pubblicità nacquero a New York negli anni ‘60, nello specifico a Madison Avenue. Erano gestite da uomini, chiamati “Madman”, o “gli uomini di Madison Avenue”. Il cervello umano è suddiviso in due emisfero, quello sinistro è più razionale mentre quello destro è più creativo. Il modo della pubblicità è suddiviso in due grandi aree che si adattano bene alla divisione semplificata del nostro cervello: - Il media (parte sinistra): dall’accezione latina, siamo abituati a conoscere questa parola come rappresentante dei “mezzi”. In realtà, nel mondo della pubblicità, la parola “media” indica la parte della pianificazione pubblicitaria -> come faccio a raggiungere il mio obiettivo? Cosa posso utilizzare? In cosa mi conviene investire?. Vi appartengono i pianificatori. La maggior parte delle persone e la maggior parte del denaro si trovano in questa categoria. È un lavoro prettamente razionale, basato sui numeri e dati. Le agenzie media sono dei gruppi internazionali, spesso hanno al loro interno sia l’agenzia media che l’agenzia creativa. - La creatività (parte destra): chi lavora nella creatività fa parte tipicamente delle agenzie di pubblicità, delle vere e proprie società legate a grandi gruppi internazionali (es. in Italia, l’Armando Testa). Si stanno diffondendo sempre di più le micro-agenzie, che lavorano in maniera più sartoriale sul territorio. Si occupano di creatività, ottengono un brief dal cliente e producono in cambio della creatività. Esempio -> Barilla, quando deve fare il lancio della pasta, china sia l’agenzia creativa che l’agenzia media. Spesso le due società non si conoscono e non si relazionano -> ciò che li unisce è il cliente, che gioca un ruolo fondamentale. L’importante è che l’agenzia creativa abbia tutti gli spunti giusti sulla pianificazione e che l’agenzia creativa abbia tutti gli spunti giusti sulla creatività, in modo da ottenere un mix perfetto. I CINQUE SOGGETTI CHE LAVORANO IN PUBBLICITÀ Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 2 1. IL CLIENTE: La pubblicità è un atto di comunicazione pagato rivolto al target, ma nasce principalmente da un cliente. Il cliente ha le proprie esigenze che la pubblicità deve soddisfare, in base all’obiettivo (es. sto perdendo quote di mercato/ho dei competitors opprimenti etc.). Senza il cliente non esiste pubblicità. Se il cliente non ha un’esigenza specifica, non fa pubblicità; 2. AGENZIA CREATIVA: il cliente si rivolge all’agenzia creativa (es. Barilla per un nuovo lancio) e gli anticipa un brief; 3. CENTRO MEDIA: il cliente chiama poi il centro media per ottenere una proposta di pianificazione. Non si chiama “agenzia media” perché la prima in Italia si chiamava “centro media” e quindi è rimasto questo nome. 4. EDITORE: l’editore è colui che pubblica il giornale, la televisione, il social, etc. È quindi il proprietario del mezzo. È colui che incassa i soldi e cede lo spazio per la pubblicità. Tutti gli editori hanno una propria concessionaria, nessuno di loro vende in proprio; 5. CONCESSIONARIA: è la società che vende gli spazi per conto dell’editore. Ad esempio, se il cliente vuole pianificare Rai 1, lo spot andrà in onda grazie all’editore Rai, i soldi incasserà Rai, ma non sarà Rai a vendere la concessione, perché c’è una concessione che vende gli spazi per conto di Rai (nel caso di Rai è Rai Pubblicità, una società totalmente separata da Rai). La concessionaria ha un ruolo fondamentale e propositivo -> senza di lei la campagna non arriva all’editore. Tutto parte dal cliente. Es. Ha 100 euro da spendere -> 95 arriveranno all’editore, colui che vende lo spazio. La concessionaria trattiene la sua percentuale dei soldi che arrivano all’editore. Ogni agenzia e ogni centro media lavora in maniera differente (esistono tante formule miste). L’AGENZIA DI PUBBLICITÀ Questo mondo, fin dall’inizio, è sempre stato riservato prettamente agli uomini. Inizialmente alla figura della donna veniva relegata solo la funzione di segretaria. Con il passare degli anni, la figura femminile si è poi introdotta nell’universo pubblicitario e ha incominciato a rivestire ruoli più importanti. L’agenzia creativa e il centro media non sono correlati in nessun modo -> sono due società fisicamente separate. Ci sono dei clienti che li fanno lavorare in parallelo ma fanno da tramite, passando a entrambi le comunicazioni di cui necessitano. Altri clienti li fanno invece parlare direttamente tra loro. Mentre l’agenzia creativa si ferma alla creazione dello spot, il centro media continua a lavorare anche dopo, poiché si occupa anche delle finanze, etc. LE FIGURE AREA AMMINISTRATIVA: - Ad/dg/presidente: colui che fonda l’agenzia (es. Armando Testa) di solito lascia uno stile creativo unico, che viene poi portato avanti nel tempo; - Direttore clienti: le agenzie lavorano con i clienti -> trattare con i clienti è un vero e proprio lavoro, ma non è il direttore creativo a doverci parlare. Ci sono delle figure “cuscinetto” che fanno da intermediario e che si occupano della gestione dei clienti. Il direttore segue tutto il portafoglio clienti, mentre chi si interfaccia direttamente con loro èl’account; - Account: è la faccia dell’agenzia verso il cliente, il front-end dell’agenzia verso il cliente. L’account nacque in realtà per la gestione del budget del cliente, poi questa funzione si è persa ed è rimasta quella di interfaccia verso il cliente. Egli parla da un lato con il cliente e dall’altra con i creativi dell’agenzia; AREA CREATIVA: - Direttore creativo: è colui che pianifica; - Art director: insieme al copywriter costituisce una coppia creativa. Il copy si occupa della parte testuale della creatività, mentre l’art director è il creativo che si occupa della part grafica visiva. - Copywriter: si occupa della parte testuale della creatività. Inizialmente la coppia creativa non esisteva e le due figure lavoravano separatamente -> successivamente si sono fuse e hanno incominciato ad operare insieme. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 3 PUBBLICITA E MARKETING Il marketing è la scienza della gestione dei prodotti sul mercato. Dentro di esso ci sono le 4P, tra cui la comunicazione. La pubblicità è una leva della comunicazione. Non tutte le aziende utilizzano la pubblicità, poiché puntano su altre leve in modo da modificare il proprio posizionamento. “Sono responsabile di quello che dico io, non di quello che capite voi” -> NO, FALSO In pubblicità mi devo sempre assumere la responsabilità di ciò che dico. In comunicazione l’emittente è sempre responsabile, il ricevente invece no. “La pubblicità è una comunicazione rivolta a un pubblico definito, pagata da un soggetto, identificabile attraverso molteplici canali per promuovere la conoscenza di un bene o un servizio e stimolarne l’acquisto e l’uso”. “La comunicazione pubblicitaria è la comunicazione più potente e per certi versi perfetta che l’essere umano riesce a produrre” -> in questo caso perfetta significa perfezionata, cioè messa appunto per bene. UNITA’ DIDATTICA 2: LA DIFFERENZA: posizionamento e unique selling proposition BMW: POTENZA MERCEDES: COMFORT Nonostante il marchio, il prodotto che esce dalla catena di montaggio è molto più simile rispetto a quello che noi pensiamo. Dato che la tecnologia avanza per tutti, è raro che uno rimanga più arretrato rispetto agli altri. Il posizionamento è il modo in cui il brand (e non il prodotto) si posizione nella nostra testa. Se al posto di Mercedes pensiamo a Volvo, ci viene in mente qualcos’altro -> SICUREZZA -> perché si è posizionata in quel settore. Conoscere la differenza crea la reason why che è alla base della nostra scelta. La reason why nasce dalla differenza e aggiunge significati simbolici, comunica valori e crea appunto motivazioni all’acquisto. Si comunica per creare valore differenziale rispetto ad altre offerte presenti sul mercato, tralasciando altri asset del prodotto o dell’azienda anche se importanti. Esempio: BMW non è scomoda, ma non ce lo dice -> preferisce comunicare la potenza. Volvo comunica con i colori e trasmette sicurezza. Epoca della fede: nel passato le persone avevano fede in determinati brand e non li cambiavano. Epoca della fiducia: oggi viviamo in un’epoca in cui, se ci si rompe un prodotto, siamo disposti a cambiare brand e a prendere in considerazione anche il resto dell’offerta presente sul mercato. Proprio per questo il posizionamento è importantissimo, perché trasmette chiarezza riguardo alla propria differenza. Il posizionamento è un concetto marketing fondamentale. La pubblicità parte dopo che è stato deciso il posizionamento. La pubblicità porta all’estremo la differenza di un brand e ci comunica solo ciò che è stato deciso. L’agenzia di pubblicità non sceglie il posizionamento, ma lo utilizza. Chi lo sceglie è il product manager dell’azienda. David Ogilby disse: “If you want to be interesting, be interested” -> Non puoi fare pubblicità se non conosci il prodotto. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 4 “Never write an advertisement which you would’t want your family to read. You wouldn’t tell lies to your own wife. Don’t tell them to mine” -> in pubblicità non bisogna dire bugie. È stato anche il primo a parlare di brand personalità -> le differenze e il posizionamento sono così fondamentali da arrivare a disegnare la stessa personalità di un determinato brand. La pubblicità parte dunque dal posizionamento per produrre idee creative. Il posizionamento può essere deciso sia nel momento di nascita del brand, ma può anche essere riadattato stradafacendo. È infatti possibile che le persone non percepiscano il posizionamento da me scelto e quindi il brand dovrà ricomunicarlo, ribadirlo, riconfermarlo per posizionarsi precisamente dove voleva. Esempio 1: SKODA è nato come brand di auto economica -> nel tempo si è spostato, soprattutto con l’entrata di nuovi concorrenti (DACIA). Ha quindi fatto un “salto” comunicando al suo pubblico che la macchina è economica non perché valga di meno rispetto alle altre, ma perché il consumatore che la sceglie bada alla sostanza. Esempio 2: AUDI è ottima su tutto. La differenza che porta è quella di essere all’avanguardia della tecnica, ma devono ancora dichiarare chiaramente il loro posizionamento, che attualmente non è chiaro. Esempio 3: DORELAN: materassi di fascia media che hanno incominciato a vendere con le telepromozioni. Le persone credevano che fossero economici solo perché venduti in televisione, invece lo spot ci comunica chiaramente che i materassi sono DI QUALITA’. Per mostrare la qualità usa un testimonial di alto livello (Raoul Bova). UNIQUE SELLING PROPOSITION (USP) Mentre il posizionamento è la prima regola del marketing, la USP è la regola della pubblicità e della comunicazione in senso lato. SPOT LENTI OPTIFOG Sono lenti che non si appannano. Sono sottili? Anti-graffio? Anti-riflesso? Non lo sappiamo perché la pubblicità non ce lo dice, ma sarà così. La pubblicità punta tutto su una sola cosa. IMPORTANTE !!! "Dico solo una cosa tralasciando gli altri assets del prodotto. Si comunica per creare valore differenziale rispetto agli altri competitor tralasciando gli altri asset del prodotto anche se importanti." Dopo aver scelto il percorso creativo, diventa tecnica (per optifog sono stati fatti più spot in diversi contesti). ROSSER REEVES (1919-1984) Rosser Reeves è l’inventore della USP. Il fatto di dire una sola cosa per volta si era rivelata efficace già prima di lui: Cicerone disse che “un bravo oratore deve dire una cosa sola”. Tuttavia, Reeves è stato il primo a dirlo ufficialmente e a imporre la unique selling proposition come una vera e propria tecnica pubblicitaria. Era molto legato al mondo scientifico. Uno dei claim a cui ha lavorato è stato quello di MMs. POSIZIONAMENTO: “La pralina che si scioglie in bocca ma non si scioglie in mano”. Questo claim ha vissuto per decenni. Era un brevetto molto potente. La bravura di Reeves è stata nella semplicità della forma della frase. A 30 anni dal lancio, questo spot ci comunica che il cioccolato è al latte. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 5 Il mondo è pieno di pubblicità che non lavorano in USP. Non è quindi una tecnica universale che tutti mettono in pratica. N.B. USP è un’espressione codificata ma si applica a tanti ambiti diversi della comunicazione ed è declinabili in tanti settori. (Es. anche un trailer di un film è in USP, ci dà una motivazione per andare a vedere il film). CLAUDE HOPKIN (1866-1932) Hopkins si inserisce nel periodo della pubblicità dilettantistica, ancor prima di Madison Avenue. Reeves non si ferma a dirci che è bene lavorare in USP, ma ci spiega anche come: 1. Comunicare un beneficio chiaro -> ciò che comunico deve risolvere qualcosa a qualcuno, deve fare del bene a qualcuno. Il beneficio deve risolvere qualcosa per un target specifico, e quindi divide, perché ci sarà quella fetta di persone che non è minimamente interessata a quello che sto comunicando (è normale). Il beneficio è spesso legato a un brevetto (es. Dash ha un additivo particolare che sbianca le macchie); 2. unico ed esclusivo -> ormai il mercato è talmente differenziato che non c’è più niente di unico. Nel caso di un brevetto ci si assicura l’esclusività; 3. forte -> è legato alla comunicazione, deve essere d’impatto e attirare la mia attenzione. La forza la ottieni togliendo (“la nostra forza è il prezzo”); 4. Martellamento -> bisogna dire la stessa cosa centinaia di volte, con lo scopo di far conoscere il prodotto/brand a più persone possibile. UNITÀ DIDATTICA 3: ORIENTEERING Osvaldo Cavandoli (1920-2007) è stato un disegnatore e pubblicitario italiano. Si è occupato del filmato di Lagostina all’interno di un carosello. Nel 1969 propose il personaggio ad alcune agenzie pubblicitarie che realizzavano filmati per il carosello. Questo è l’esempio di un segno italiano che ha girato il mondo. Dopo la pubblicità ha incominciato a pubblicare delle strisce di fumetti. La sua idea di use la pubblicità come cavallo di Troia per arrivare ai bambini è stata un successo. ABOVE THE LINE / BELOW THE LINE È la distinzione tra i mezzi. Esistono mezzi sopra la linea Above the line: Sono tutti i mezzi che parlano da uno a tanti, strumenti classici della pubblicità (tv cinema, radio, affissione, digital…); Below the line: Sono i mezzi che parlano da uno a pochi, che utilizzano speso il territorio e che solitamente sono non convenzionali (promozione, sending, sponsorizzazioni, personalizzazione, volantinaggio, hostess…) Quest’espressione della linea deriva dal modo che hanno sempre avuto i clienti di tenere sotto controllo il loro budget. Mentalmente, tutto ciò che è cinema, radio, tv è molto costoso e lo posizioniamo idealmente sopra la linea (perché è molto costoso). Tutto il resto è “sotto la linea”. Questa espressione è ormai cristallizzata. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 6 ONLINE / OFFLINE Tipicamente si fa la distinzione tra mondo digital e extra-digital. Oggi è u concetto un po più complicato di quanto si creda, ad esempio, Netflix è online o offline? Oggi è una distinzione che è stata rimessa in discussione benché sia stata molto semplice e chiara per decine di anni. MEZZI / VEICOLI Mezzi -> tv, radio, cinema, digital Veicoli -> Canale 5, Rai1, Real Time; RTL; Repubblica, laStampa, Il Corriere; i siti LA CREATIVITÀ La pubblicità prima osserva noi e poi si dà delle regole (Che cosa guardano le persone?) 1. VISUAL. L’immagine deve essere il primo elemento dell’annuncio, che cattura la nostra attenzione. Si chiama visual, ed è la prima cosa che cattura l’attenzione. È una sorta di scommessa, perché se non colpisce l’osservatore, l’intera campagna non avrà successo e chi sta guardando passerà oltre. Nell’AIDA corrisponde all’interesse. 2. HEADLINE. “MI VUOI EH? EH? EH?” Dopo l’immagine, l’occhio umano cade sulla scritta più grande, che si chiama headline, o titolo. Nell’AIDA corrisponde al desiderio. 3. SUBHEAD. Dice qualcosa in più rispetto al titolo, ci spiega qualcosa. Nell’AIDA corrisponde all’azione. Il testo si rimpicciolisce perché se arrivo fino alla subhead vuol dire che ho un reale interesse/desiderio, e quindi voglio sapere come fare per ottenerlo. 4. BODYCOPY. È il testo che approfondisce e spiega. Non deve mai essere centrale nell’annuncio. 5. LOGO. Il logo Sofficini ingloba il logo Findus. Va posizionato in basso a destra perché è l’ultima cosa che vediamo. La pubblicità è piena di casi in cui l’annuncio è più potente del logo (es. Un Diamante è per sempre, conosciamo l’annuncio ma non di chi è). 6. PACKSHOT. Immagine fotografica del pack/confezione. Si può inserire nell’annuncio per 2 utilizzi totalmente differenti. a. Farci vedere quanto è ampia la gamma (come nel caso dell’annuncio); b. Far riconoscere la scatola al supermercato. Si usa soprattutto per alimentari e cosmesi. Ad esempio, negli annunci Barilla si mettono sempre le foto della pasta cucinata, ma non della confezione. A scopo di riconoscimento si inserisce quindi la foto del pack, quando non è nel visual. Alcune cose di questo annuncio non vanno bene, ma la sintassi pubblicitaria (a livello di elementi) è corretta. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 7 CLAIM / PAY-OFF Il claim significa dichiarazione e deriva dal latino clamare, dire qualcosa. In pubblicità è associato al significato di slogan, ed è una qualsiasi dichiarazione pubblicitaria. Il pay-off è un claim che però si specializza nel trasmetterci i valori del brand, ed è sempre affiancato al logo. con il pay-off le aziende ci raccontano il loro modo di essere, i loro valori. Es. JUST DO IT, “fallo, buttati”. Non devi essere un professionista per fare qualcosa. LA SINTASSI DELLA TV La sintassi della tv è simile a quella degli annunci stampa. GALBANINO 1. VISUAL DEL VIDEO: una scenetta che racconti qualcosa il più velocemente possibile, catturando l’attenzione in modo anche slegato dal prodotto. È il primo elemento che va incontro all’osservatore; 2. CLAIM: non è scritto ma è comunque un claim; 3. BODYCOPY: sarebbe la bodycopy di prodotto, ma in questo caso è la storia che ci racconta (“da sempre Galbanino significa l’originale come quella volta che…”) 4. LOGO 5. PAYOFF 6. PACKSHOT 7. CODINO (non sempre) ROBOT PER PULIRE FOLLETTO C’è un forte bodycopy. Perché vengono date moltissime informazioni sul prodotto attraverso le immagini. Genera simpatia che ero ruota interamente intorno al prodotto. Il problema della pubblicità italiana è che è abituata a fare scenette divertenti a cui poi “si incolla” il prodotto. La pubblicità divertente predispone il cliente verso il prodotto. TABELLARE / SPONSORIZZAZIONI La pubblicità televisiva e radio si divide in tabellare e sponsorizzazioni. La pubblicità tabellare è quella che vediamo nei break, soprattutto nella tv generalista. L’altro tipo sono le sponsorizzazioni, che per difetto sono tutto ciò che è fuori dal break (anche detta fuori break). Fuori dal break ci sono tanti altri formati pubblicitari: - Billboard: es. “questo programma è presentato da..” prima che inizi un programma. È il logo che mi racconta da chi è offerto un determinato programma. Tutti i programmi sono sponsorizzati da brand che firmano il programma in testa e in coda (“il programma è stato presentato da”). Mentre quando compro la tabellare guardo i numeri e guardo dov’è il mio target, cercando il break più adeguato, la sponsorizzazione è invece legata al programma (mi interesso a un certo programma non tanto per i numeri ma più per il contenuto stesso, a prescindere dai numeri). - Inviti all’ascolto: costa di più perché consentono di inserire anche un mini video (da 7 secondi in genere) invece che solo il logo (come nella Billboard). - Telepromozione: il conduttore che interrompe il programma e fa pubblicità a un prodotto; - Televendita; Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 8 - Product placement; - inspot. LA SINTASSI DELLA RADIO 1. VISUAL: racconto della scena; 2. BODYCOPY 3. LOGO 4. PAYOFF. LA SINTASSI DEL CINEMA Il cinema ha arrancato tanto con il periodo del covid. La sua forza pubblicitaria risiede nell’attenzione dello spettatore, concentrata sullo schermo, L’AFFISSIONE L’affissione offre tantissimo spazio alla creatività. Si può usare la fisicità dell’affissione e non c’è nulla di virtuale. - Manifesto standard; - Manifesto da centro urbano; - Maxi affissioni: sono spazi enormemente costosi perché sono grandi, molto visibili e posizionati in luoghi strategici. Sono utilizzati molto per fare awareness, posizionamento. IL TRADING UP (lezione con Daniele di Giorgio) Quando si sceglie di riposizionare un brand? In quale caso un’azienda decide di fare un grande cambiamento simile? 1. Quando ci si pone l’obiettivo di evolversi e andare incontro alle nuove tendenze. Es. Canella era una piccola azienda, a conduzione familiare, specializzata nella produzione di vino. Quest’azienda è nata in un contesto storico particolare: in poco più di 70 anni, l’Italia ha visto le tendenze del mercato stravolgersi completamente. Le aziende erano orientate al mercato -> qualsiasi cosa producevano le aziende, serviva e veniva assorbito dal mercato. La pubblicità ne risentiva: si produceva qualsiasi cosa e si vendeva con altrettanta facilità. Canella andò in crisi nel momento in cui le regole del mercato cambiarono: si passò dall’orientamento al mercato all’orientamento al cliente, per cui è importante conoscere il cliente e i suoi gusti. Canella, a partire dalla fine degli anni ’80, cavalcò una nuova tendenza: i cocktail. Tra i vari cocktail, il più famoso era il Bellini, che nonostante fosse nato molto tempo prima, nei primi anni 90 divenne un cocktail riconosciuto a livello internazionale. Il Bellini contiene il prosecco (Canella) e succo di pesca. Canella approfittò di questo trend e iniziò a produrre il Bellini in bottiglia, cosa che riposizionò l’azienda. Con questa operazione di riposizionamento, Canella avviò una politica di comunicazione e di marketing completamente diversa -> da una logica di bottega si riposizionò verso una logica d’impresa, e creò un prodotto unico, un prodotto industriale artigianale. L’azienda Canella, da una localizzazione geografica molto specifica, venne conosciuta in tutto il mondo e cominciò a esportare in gran parte del mondo. Un altro è esempio è il caso del vino Barolo e i Barolo boys. Il vino Barolo, prima degli anni ’90 non era conosciuto fuori dall’Italia. Si trovava in Piemonte, dove è nato, era un prodotto ma non un brand. I barolo boys erano giovani provenienti da generazioni con nonni e padri che lo conoscevano. I Barolo boys andarono a studiare all’estero, e quando tornarono in Piemonte diedero managerialità alla produzione del barolo, stravolgendolo anche Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 9 dal punto di vista della comunicazione e riposizionandolo in tutto il mondo. Da prodotto, “il Barolo” divenne un vero e proprio brand. Rivoluzionare significa riposizionare: quella del Barolo è stata una rivoluzione mentale, creativa, ma soprattutto manageriale; 2. Far fronte ai nuovi concorrenti. Esempio: Harley Davidson, fino al 2008 era la regina incontrastata del mondo custom. Dopo quell’anno ci fu una completa rivoluzione nel modo motociclistico, perché molte case motociclistiche che da sempre erano legate ad altri stili decisero di riposizionarsi -> cercarono di mantenere la loro forte identità ma si riposizionarono in un segmento molto vicino a quello delle moto d’epoca. In pochi anni divenne il segmento più importante del settore. Harley Davidson fu costretto a riposizionarsi, e lo fece da un lato mantenendo la sua identità, dall’altro facendo un passo in avanti: nel 2022 ha deciso di rivoluzionare il proprio marchio mantenendo un’immagine legata al passato, ma rivisitandola completamente; 3. Entrare in nuove fasce di mercato: es Swarovski. I prodotti Swarovski sono fatti con il cristallo che non è di materiale nobile -> il brand si è riposizionato e ha cominciato a produrre lenti (settore di nicchia). Il concetto di riposizionamento ha vissuto una forte accelerazione a partire dal 2000, in piena globalizzazione: dopo la bolla delle dot.com, per cui si pensava che l’economia mondiale si sarebbe basata unicamente sul web, a un certo punto ci si rese conto che l’economia stava facendo un passo indietro e aveva la necessità di tornare a puntare sulla produzione/ manifattura. In questa situazione, due noti consulenti della Boston Consulting Group, Michael Silverstein e Neil Fisk, misero per iscritto questo cambiamento epocale e teorizzarono per la prima volta il concetto di trading up: coniarono il termine di “New Luxury Goods”, ossia il lusso accessibile -> lusso = è destinato a una nicchia di persone e significa circondarsi di oggetti prettamente inutili ma molto belli; Neo-lusso = evoluzione del concetto di lusso, tutti possono viverlo nel momento in cui decidono di comprare un oggetto per il quale sono disposti a spendere tra il 20% e il 200% in più rispetto a un oggetto simile della concorrenza che ha più o meno le stesse caratteristiche. Ciò ha portato il mercato a una sorta di consumo schizofrenico, infatti nel loro saggio Best-Seller “Trading Up”, si parla del relativo consumatore schizofrenico. Questo tipo di consumatore è colui che è disposto a spendere molto di più per un oggetto, perché è qualcosa in cui si identifica e lo fa stare bene. Il consumatore schizofrenico è disposto a spendere 200.000€ in un auto ma non investe in ciò che mangia. La schizofrenia dei consumatori conduce a una danza instabile del mercato: il consumatore può spostarsi da segmenti totalmente differenti -> il comportamento d’acquisto non ha più un andamento verticale ma orizzontale. Il consumatore odierno non è solo schizofrenico, ma è anche un prosumer: per rimanere legato al brand, il consumatore pretende di essere partecipe anche nel processo di produzione (i social aiutano l’engagement e riducono la distanza tra brand e cliente). I nuovi beni che si acquistano e che appartengono a questo concetto di trading up hanno delle determinate caratteristiche: - Una valenza tangibile: es. un computer Apple fa le stesse cose di un Samsung, ma ha delle caratteristiche differenti che gratificano e in cui si può identificare l’acquirente; - Devono mantenere le promesse: è la base del lusso accessibile. Se l’azienda non mantiene le proprie promesse, ci mette molto poco a perdere fiducia da parte del cliente, anche perché c’è una vasta concorrenza pronta a soddisfarlo. Es. Diesel ha amplificato il concetto di fashion jeans, jeans artigianale di lusso (lavorazione, lavaggi particolari), ma ci è arrivato nel tempo, dopo varie operazioni di trading up. Ma il visionario nel mondo dei jeans è stato Elio Fiorucci, il primo a capire che il jeans sarebbe diventato un oggetto di culto e che inaugurò il primo concept-store (che racconta storie e coinvolge, es. Abercrombie ebbe un forte coinvolgimento emozionale). Un altro esempio di trading up è Breil, che nel tempo è molto cambiato e ha deciso di fare trading up creando “Breil Milano”, una sorta di prima linea un po’ più alta a livello di materiali e di valenza. Fece però un grande errore: scelse Charlize Theron come testimonial, spendendo una cifra esorbitante di denaro, e uscì con una campagna del tutto sbagliata: il passaggio sbagliato del trading up fu la distribuzione del prodotto, che in negozio non era presente. Successivamente il brand fece un’operazione di trading down, riposizionandosi in una fascia più bassa. Oggi il trading up è molto vicino al concetto di engage: si fa trading up nel momento in cui si è in grado di raccontarsi e di riposizionarsi, però guardando al passato. Cè una riscoperta dei valori del passato che vengono riattualizzati attraverso una comunicazione contemporanea. Il mondo Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 10 dell’arredamento, del motociclismo, dell’orologeria, guardano tutti al passato e molte aziende si stanno riposizionando proprio tenendo conto del concetto di vintage. Guardare al passato ci riconduce al concetto della pubblicità d’autore: si ingaggiano artisti, registi, autori che provengono dal mondo del cinema e non prettamente dal mondo della comunicazione digitale (es. Bulgari spot di Paolo Sorrentino). IL TARGET Il target è il bersaglio della comunicazione. Se con il posizionamento io azienda guardo me stessa (come mi vedo e come immagino di pormi sul mercato), il target sono invece le persone che voglio che mi vedano in quel modo. Con chi sto parlando? -> questa è la prima domanda che devo pormi in ogni attività di comunicazione. Esistono 3 tipi di marketing, anche se in pubblicità ci interessa solo l’ultimo tipo: 1. Target marketing/target di prodotto: è il target a cui è indirizzato il prodotto, a prescindere dalla comunicazione. Es. i pannolini -> target bambini; 2. Target comunicazione: a chi comunico? è il target diretto alla comunicazione. es. i pannolini -> target genitori. 3. Target media: è il target della pubblicità. La comunicazione può essere fatta in tanti modi (newsletter, distribuzione di omaggi, spot, etc…). COME SI DEFINISCONO I TARGET? In pubblicità ci sono delle convenzioni, dei pacchetti di target già fatti. Le classificazioni standardizzate sono state decise da Auditel, il sistema che monitora l’ascolto televisivo e che ancora oggi è la principale fonte per classificare i target: - Età: c’è una convenzione di fasce d’età già pre-confezionate (es. bambini 4-7 anni. I target più utilizzati sono quelli degli adulti, es. 25-34, 35-44, 45-54); - Sesso; - Livello di istruzione (licenza media, scuola superiore, laurea…); - Capacità lavorativa (persone che lavorano, disoccupati, ecc) - Classe socio-economica CSE (disponibilità economica e ruolo sociale, quanto sono inserite nel tessuto sociale): è una forzatura ma è estremamente utilizzata. In un brief possiamo trovare: BB basso livello economico e bassa dimensione sociale; MB dimensione economica e sociale medio bassa; BA basso livello economico e bassa dimensione sociale; AB alto livello economico e alta dimensione sociale; MA dimensione economica e sociale medio-alta; AA alto livello economico e alta dimensione sociale; AA+AB alto livello economico, sia che facciano vita sociale sia che non la facciano; - Capacità di spesa (quanto il target ha disponibilità di spendere); - Distribuzione geografica sul territorio (i prodotti fanno diversa pubblicità anche in base alle zone). Questi elementi ci sono sempre, ma per quanto riguarda i beni di largo consumo non sono sempre necessari da specificare (es. acqua). In genere il target è il primo elemento presente nel brief. In pianificazione si parla di “costruire il target” -> quando si va a panificare, il target va inserito sui software in modo che rispondano con una pianificazione media. Per farli funzionare, per prima cosa bisogna costruire il target: si utilizzano delle convenzioni già segmentate sopracitate. Sopra Auditel è costruito l’intero mondo pubblicitario (software, pubblicazioni). Il target è fondamentale per il centro media (che fa la pianificazione) o per l’agenzia creativa (che fa lo spot)? Il target è fondamentale per entrambi. Per l’agenzia creativa è fondamentale sapere a chi stiamo parlando (es. figurine per i bambini -> parliamo ai bambini o ai genitori?); ma anche per il centro media è fondamentale (Pizzardi Editore ha mostrato il brief al centro media, che ha fatto una Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 11 pianificazione orientata sui canali per i bambini). Se il brief fosse stato diverso e orientato ai genitori, il centro medi avrebbe fatto altre scelte (canali per i bambini + canali più tipicamente per le mamme, es. realtime o tv generalista). Il target è quindi fondamentale per tutti. TARGET PRIMARIO E SECONDARIO Es. “il mio target primario sono i bambini ma vorrei anche i genitori lo sapessero”. Creativamente non è semplice, ma è semplice in termini media. Il media ha un budget da spendere sui mezzi. Se all’80% voglio parlare ai bambini e 20% ai genitori, il media investirà (ad esempio, se ha un budget di 500.000), 400.000 sui canali per bambini e il restante su altri canali per i genitori. Per il creativo è uno sforzo mentale importante, ma deve sempre mantenere l’attenzione sul target primario che non deve mai essere snaturato, anche a costo di non tenere conto del secondario. - Target primario: è il target su cui il cliente fa il business e su cui si misura la campagna. Deve sempre essere preso in considerazione; - Target secondario: è un aggiunta facoltativa (se ci riusciamo, parliamo anche a quel segmento). L’importante è che la campagna funzioni sul primario. Se funziona solo sul secondario sarà una campagna fallimentare, se funziona solo sul primario andrà bene lo stesso. Target di prodotto: donne Target di comunicazione: donne e uomini Target di pubblicità: donne 80%, uomini 20%. La stessa campagna prima di Natale o di San Valentino potrebbe addirittura raggiungere più uomini che donne, avrebbe target opposti: Target primario: uomini Target secondario: donne Il media in questo caso cambierebbe, ad esempio da Real Time a DMax. I PRINCIPALI TARGET CHE POSSIAMO TROVARE IN UN BRIEF - AA+AB: CSE alto spendente; - 25-54 AA+ AB: persone tra i 25 2 i 54 alto spendenti; - 15+: es. acqua minerale, target indifferenziato* (sono i brief più difficili perché devi generalizzare con un budget limitato) - RA (responsabili d’acquisto): chi indirizza l’acquisto, chi è responsabile dell’acquisto. Es. le casalinghe che facevano la spesa erano le responsabili d’acquisto. Oggi è più difficile perché tutti siamo più o meno responsabili di una parte della lista della spesa. Prima era un’espressione molto più chiara, oggi è più difficile da individuare. Ad esempio, nella scelta delle auto oggi anche i bambini sono importanti perché influenzano la scelta; - RA con figli: le mamme. *La creatività è molto più semplice quando hai più vincoli. TARGET B2B Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 12 Target B2B: aziende che parlano ad altre aziende o ad altri intermediari. Non sempre le aziende parlano a noi consumatori. Basti pensare ai prodotti stagionali in comunicazione con largo anticipo, ad esempio le pubblicità dei panettoni per gli intermediari (Lidl, Coop, Conad…). I FUORI TARGET L’agenzia creativa, o il media, deve pensare solo al suo target, tutto ciò che è fuori non gli interessa. Ma, soprattutto nel caso del creativo, è necessario un controllo finale: il fuori target non deve mai essere colpito negativamente, altrimenti si rischiano polemiche e boicottamenti. Bisogna sempre controllare, prima della pubblicazione, se qualcuno può sentirsi offeso dalla campagna. Il fuori target non deve mai essere considerato quando si fa creatività o comunicazione, ma serve sempre il controllo finale. UNITÀ DIDATTICA 4: CICERONE ERA UN COPY I “tagliatori di teste”: è una figura presente in America, dove il mercato del lavoro è molto più fluido e circolare, si licenzia di più e si assume di più. Il momento del licenziamento viene gestito in una specifica maniera ed è considerato importante -> esistono dei consulenti che vengono assunti dalle aziende per licenziare. In italia questa figura non esiste e chi si occupa di licenziare è il direttore del personale, in America ci sono invece i tagliatori di teste. BRIEFING O BRIEF? La parola corretta è brief. Il brief è un documento che viene consegnato (è un oggetto); il briefing è un verbo e significa “dare il brief”. Si fanno le riunioni di briefing per consegnare il brief. Il brief è il documento che il cliente dà all’agenzia per chiedere una campagna di comunicazione. Si chiama brief per un motivo preciso: deriva dal latino brevis = brevemente -> un brief ben fatto è sempre sintetico e conciso. Gli allegati del brief possono essere più lunghi, ma il brief in sé è sempre sintetico. DEBRIEF Il debrief è l’atto in cui l’agenzia ricapitola al cliente ciò che ha capito del brief. Anche in questo caso può essere un documento vero e proprio rimandato indietro dall’agenzia. “Ci siamo detti che…”. Nella fase debrief possono uscire i dubbi che devono essere chiariti, per questo è importantissimo sia per il cliente che per l’agenzia. In molti casi è una vera consuetudine dell’agenzia: può essere un documento, una telefonata, una riunione, ecc. I FLUSSI DI COMUNICAZIONE TRA CLIENTE E AGENZIA GLI ELEMENTI DEL BRIEF - Concept di prodotto: se il brief riguarda un prodotto che già esiste, il cliente lo comunicherà all’agenzia. Tuttavia, spesso si lavora su prodotti che devono ancora uscire, di modo che le pubblicità siano pronte non appena il prodotto esce sul mercato; - Plus e minus di prodotto: tre quattro caratteristiche del prodotto su cui far leva -> la differenza rispetto agli altri prodotti simili (plus); in un brief corretto devono esserci anche i minus, se non ci sono (e capita molto spesso) il brief dovrebbe farli venire fuori in maniera elegante. Immaginiamo uno smartphone in cui la batteria non dura tantissimo -> se la pubblicità mostra il contrario, il cliente noterà il difetto e non sarà contento dell’acquisto. Il cliente dell’agenzia deve occuparsi di informare l’agenzia, perché non dipende dal creativo se questo non succede; - Offerta commerciale: il costo è un dato importante a seconda del prodotto che si sta vendendo: se si parla di un auto sarà importante, se si parla di un pacchetto di caramelle non sarà fondamentale ai fini creativi. Spesso vengono mostrate le promozioni, ma non si dice mai che c’è stata una riduzione di prezzo; - Target: il target della pubblicità; Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 13 - Posizionamento: se è utile sì (tic tac no, auto sì -> es. vogliamo che l’auto sia percepita come auto perfetta per le famiglie); - Advertising concept: l’idea creativa, il concetto della pubblicità. Molto spesso il cliente ha in mente un’idea ancor prima di comunicare con l’agenzia. Se il cliente ha in mente dei certi elementi per lo spot, è opportuno che siano presenti nel brief; - Mood: non sempre c’è, ma un bravo account deve farlo venire fuori. È il “tono”, lo stile di una campagna. “Ti aspetti una campagna che faccia ridere? O una che faccia piangere?”. È importante perché non c’è niente di peggio di un cliente che si aspetta uno spot emozionante, non lo comunica all’agenzia e riceve uno spot che fa ridere. È sempre compito del cliente essere chiaro con l’agenzia e spiegare cosa desidera; - Campagna media: dove dovrà andare in onda la campagna? In che modo? Riguarda la distribuzione sui mezzi. È la macro-pianificazione. Il cliente dà il brief all’agenzia, l’agenzia presenta al cliente la copy strategy, che è composta da: - Debrief - Contesto (marca e mercato) - Posizionamento - Target group: è un vezzo chiamarlo “group”, perché se ad esempio il target era “uomini”, io agenzia ti dirò uomini 24-30 anni ecc; - Promessa/reason why/usp: è il lancio dell’idea creativa. Se il cliente nel suo brief aveva messo 5+, l’agenzia deve fare il salto verso la USP (es. l’auto più ecologica che esista); - Mood; - Proposta creativa. LA PROPOSTA CREATIVA Il metodo più utilizzato per mostrare la proposta creativa è lo storyboard. È una sorta di fumetto anticipatori di quello che succederà nella pubblicità. Il creativo parlerà e mostrerà al cliente la sua proposta a sostegno dello storyboard. È un modo che fa sì che al cliente rimanga qualcosa in mano, prima che lo spot venga effettivamente realizzato. in genere si compone di 6 immagini. Oltre allo storyboard, si può sentire parlare di script o di sceneggiatura. SCRIPT: è un’altra modalità di rappresentare la creatività, in maniera stretta. SCENEGGIATURA: è il documento che ha in mano il regista quando deve girare. Un’altra modalità può essere quella di fare degli esempi, ad esempio attraverso la musica. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 14 UNITÀ DIDATTICA: CICERONE ERA UN COPY Nonostante la pubblicità nasca in America nei anni ’50, molti suoi elementi sono sempre esistiti fin dall’antichità. Cicerone era un comunicatore e disse che prima di raccontare (prima dell’actio = azione) bisogna mettere in fila altri elementi. In italia c’è la cattiva abitudine, sopratutto dei talk manager, di essere disinformati fino a poco prima dei convegni; questo all’esterno non accade e prima dei convegni sono sempre molto preparati. Ci sono varie fasi distinte: - inventio: avere già in mente quello che i deve dire; - dispositio: l’organizzazione/ordine di ciò che devo dire; - elocutio: la scelta delle parole da dire; - memoria: ricordare ciò che si deve dire; - actio: il modo in cui si racconta. “Un valido oratore deve avere chiaro che cosa dire, quanto e in che modo. Scegliere gli argomenti: anche quando gli argomenti che ci appaiono validi e convincenti sono molti, come spesso accade, è opportuno riconoscere tra di essi quelli più deboli ed eliminarli dal discorso. L’inizio del discorso deve essere preciso, efficace, ricco di spunti, espresso in termini appropriato, oltre che pertinente all’argomento. Esso dà una prima idea di ciò che verrà detto e predispone al seguito; deve pertanto blandire e accattivare l’ascoltatore.” L’inizio della creatività è sempre fondamentale. Un piccolo trucchetto è, quando si espone un progetto creativo, quello di usare in primis un sostantivo -> es. “Una ragazza che corre in un parco.”. Così si cattura subito l’attenzione dell’ascoltatore. […] “Bisogna utilizzare una lingua corretta, servirsi di termini di uso corrente, denotando con precisione i contenuti che andiamo a esprimere e tralasciando parole e formule ambigue. Evitare periodi eccessivamente lunghi.” - Inoltre, è importante fare esempi e dare reference. - Mantenere la unique selling proposition. - Raccontare una storia. - Scrivere poco (meno scrittura più impatto). - No agli aggettivi vaghi, sì ai dettagli concreti. - Non spezzare le frasi. - No tutto maiuscolo. - No ai puntini di sospensione. - Mai braccia conserte. - Evitare dunque e allora - Non ringraziare: l’attenzione si deve catturare, non si deve richiedere. Si finisce il discorso e si sta in silenzio -> momento di pausa e, se è andata bene, scatta l’applauso. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 15 UNITÀ DIDATTICA: NEVERENDING STORY LA STORIA DELLA PUBBLICITÀ Sulla nascita della pubblicità possiamo citare due aneddoti: Il primo dice che la pubblicità sia stata inventata da una gallina, perché a differenza degli altri animali, quando fa l’uovo fa coccodè, cioè annuncia di aver fatto l’uovo = fa pubblicità. Il secondo aneddoto è quello che racconta che la pubblicità sia nata nel paradiso terrestre: la mela era il prodotto pubblicizzato, il serpente era il pubblicitario; Eva era il target -> il serpente pensa solo al suo target, che ha poi raggiunto totalmente. L’aneddoto si conclude dicendo che la pubblicità costa cara, perché tutti noi la stiamo ancora pagando dopo la cacciata dal paradiso terrestre. L’inizio della storia della pubblicità è legato al mondo religioso, in particolare quello cattolico e islamico. I primi segni di pubblicità sono infatti le campane, che oltre al ruolo di creare atmosfera hanno anche lo scopo preciso di informare i fedeli. L’attitudine a fare pubblicità nasce con l’uomo: i primi esempi di pubblicità risalgono al 1000 a.C., quando i tessitori egiziani pubblicavano delle iscrizioni per fare pubblicità. La pubblicità nasce principalmente per 2 motivi: 1. Informare che esiste un prodotto -> è la prima esigenza a cui risponde la pubblicità. Con riferimento alla storia, possiamo dire che l’esigenza di informare nasce in un momento specifico dell’epoca romana: inizialmente i mercati erano all’aperto e la pubblicità non serviva, poiché la gente vedeva direttamente cosa avrebbe potuto acquistare. Il bisogno di informare nacque nel momento in cui gli antichi romani incominciarono a costruire dei mercati chiusi, e conseguentemente le persone dovevano essere informate sulle merci all’interno -> utilizzavano delle insegne poste alle entrate dei “negozi”, scritte e illustrate (logotipo e pittogramma), per poter informare anche gli analfabeti. Le insegne venivano posizionate per terra (e non in alto come oggi) perché le strade non erano spianate e le persone guardavano sempre a terra per evitare di inciampare. La pubblicità di questo tipo nasce quindi nel momento in cui le merci dei mercati vengono portate all’interno dei negozi = devo portare la gente da fuori a dentro -> accade ancora oggi con il volantinaggio, che ha l’obiettivo di portare le persone dentro ai negozi. Un caso contrario molto specifico è invece la pubblicità dell’arrotino, che ha l’obiettivo di portare le persone da dentro a fuori. 2. Differenziare: quest’obiettivo nasce nel momento in cui nasce un’arena competitiva, per spiegare perché un prodotto è meglio di un altro -> la pubblicità per differenziarsi nasce nel punto vendita, quando esso è composto da più soggetti che vendono le stesse cose (area competitiva affollata). La tecnica pubblicitaria con tutte le sue regole creative nasce in America, a New York, negli anni ’50-’60, ma la pubblicità come disciplina nasce prima, tra la prima e la seconda Guerra Mondiale. VIDEO 1 Propaganda: nel mondo americano si utilizza spesso il termine “propaganda” MA non ha un’accezione negativa come in Italia. Nel video si fanno due esempi: uno di una campagna che funzionato molto bene (Marlboro) e una che ha funzionato molto male (Ford). Case history della Marlboro: Marlboro oggi è un brand e ha un posizionamento molto chiaro; inizialmente però il posizionamento scelto era quello di sigarette per donne/signore d’alta società che fumavano. Il filtro inizialmente era rosso, in modo che non rimanesse il segno del rossetto sulla sigaretta. A un certo punto, si resero conto che in questo modo stavano tagliando via una fetta importante di mercato -> il prodotto rimase esattamente lo stesso ma tolsero il filtro rosso. Leo Barnètte, giovane creativo di Chicago, fu chiamato a rivoluzionare il posizionamento della sigaretta che non è più per le donne, e diventa la sigaretta per l’uomo vero. È uno dei pochi casi in cui la pubblicità ha cambiato il prodotto (che rimase lo stesso) e la sua percezione da parte dei consumatori. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 16 Ford: non ha funzionato per errore pubblicitario, è stato associato a quel prodotto uno stile di vita in cui le persone non si riconoscevano. TAPPE IMPORTANTI Le prime pubblicità risalgono al 1000 a.C. (3000 anni fa). Nell’antica Grecia vi erano i banditori, persone che nel porto delle navi utilizzavano dei “megafoni” per urlare e informare le persone sulle merci che erano arrivate. Erano dei veri e propri artisti, utilizzavano anche delle musiche come se stessero facendo uno spettacolo. Il Medioevo e le insegne: il medioevo è un punto di svolta per la pubblicità perché segna la nascita dei “proto-loghi”, ossia gli stemmi delle famiglie (Farnese, Monti, etc.). ogni famiglia nobile aveva il proprio stemma, in un’epoca in cui la maggior parte delle persone erano analfabeti ed era dunque fondamentale farsi riconoscere in qualche maniera che fosse semplice per tutti. Quando le famiglie (nobiliari e non) cominciarono a produrre (es. farina), sui prodotti venivano applicati i loro stemmi -> dopo poco tempo si incominciarono a identificare i prodotti con le diverse famiglie -> da qui nacque il concetto del LOGO. Nel medioevo si cominciano quindi a brandizzare i prodotti. Gutenberg e la stampa: la nascita della stampa (1448) non riguarda la pubblicità, ma più l’editoria e il giornalismo. Gutenberg non inventa la stampa, ma inventa la stampa a caratteri mobili. La stampa intesa come quel processo in cui si utilizzava l’inchiostro per imprimere dei segni, in realtà esisteva già in precedenza all’inizio del ‘400, anche in Cina. Prima della stampa c’erano gli amanuensi, che copiavano a mano i libri. Con la stampa, prima di Gutemberg, si utilizzavano delle lastre che venivano incise e poi stampate sul foglio con dell’inchiostro. La lastra generava più copie ma sempre di una singola pagina. Per ogni pagina serviva una lastra diversa. Era un lavoro svolto dagli orafi e tipografi. Gutemberg era un orafo, e si inventò delle “micro- lastre”, cioè le lettere, con le quali il lavoro sarebbe stato di gran lunga facilitato e velocizzato. Nel 1448, con questa invenzione, si inventa un miglioramento decisivo e fondamentale della stampa grazie a questi caratteri mobili. Il libro diventa così molto più diffuso e presto nascono anche i giornali, che presto divennero oggetti di uso comune. Nel 1477 ci fu il primo annuncio stampato di William Caxton -> è ben lontano dagli annunci come li conosciamo oggi: Caxton non doveva catturare l’attenzione, ma solo informare i pochi che erano in grado di leggere e che sarebbero potuti essere interessati a comprare il suo libro. Il 1800 -> la Francia, nell’800, diventò il paese più avanzato dal punto di vista dello sviluppo socio-economico -> è l’epoca d’oro del manifesto. In seguito però, sulla scia dell’esempio francese, il manifesto incominciò a esistere anche in altri paesi, tra cui l’Italia. Il manifesto è uno strumento pubblicitario che nasce in Francia nell’800, ma esiste ancora oggi -> in Francia è collegato al mondo del teatro. In quegli anni ci fu il boom degli spettacoli teatrali, ai quali partecipavano persone di qualsiasi ceto: la cultura era per tutti e non più solo per chi sapeva leggere e scrivere. I primi manifesti erano composti solo dal visual -> chiunque passeggiasse in Francia vedeva affissi i manifesti e, pur non sapendo leggere, riusciva a capire di cosa potesse parlare lo spettacolo. CAROSELLO La televisione nasce nel ’54. Non molto tempo dopo, in Italia nasce il Carosello, il primo utilizzo pubblicitario della tv. Andò in onda dal 1957 al 1977 e fu un fenomeno del tutto italiano. Andava in onda dalle 20:50 alle 21:00 tutti i giorni, tranne il Venerdì Santo e il 2 novembre. Tuttavia, per effetto dell’austerity che spinse la Rai ad anticipare tutti i programmi della serata a partire dal Telegiornale, dal 2 dicembre 1973 (crisi petrolifera -> grande innalzamento del costo dell’energia -> le persone andavano presto a letto la sera) fu trasmesso dalle 20:30. Consisteva in una serie di filmati (spesso sketch comici sullo stile del teatro leggero o intermezzi musicali) seguiti da messaggi pubblicitari. Carosello non era e non poteva essere solo un contenitore di messaggi pubblicitari: erano predeterminati il numero di secondi determinati alla pubblicità, il numero di citazioni di nome del prodotto, il numero di secondi da dedicare allo “spettacolo”, la cui trama doveva essere di per sé estranea al prodotto. Per una legge allora Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 17 vigente non era concesso fare della pubblicità all’interno di alcuno spettacolo televisivo serale e nemmeno prima di un intervallo di novanta secondi dall’inizio del medesimo. Nel 1957 la Rai decise di inserire messaggi pubblicitari nella programmazione e per aggirare il divieto di fare pubblicità durante gli spettacoli televisivi sviluppò un apposito format televisivo. La regola principale del Carosello era che la parte di spettacolo (il "pezzo", della durata di 1 minuto e 45 secondi), doveva essere rigidamente separata e distinguibile da quella puramente pubblicitaria (il "codino", della durata di 30 secondi). Il passaggio dal pezzo al codino avveniva con una frase-chiave pronunciata dal protagonista; solo nella parte finale poteva essere nominato il prodotto. Ogni Carosello era inserito, durante i primi sei anni, in un contesto di tipo teatrale: veniva introdotto dall'apertura del sipario con accompagnamento di una specie di fanfara. Il rigido format imposto dalla Rai prevedeva che dei 135 secondi acquistati, solo gli ultimi 30 potessero essere dedicati al brand. È il motivo per cui ancora oggi gli spot in Italia sono in genere di 30 secondi. SCENETTA: inizialmente c’era molta libertà, ma nel tempo le scenette sono state standardizzate con filmati o animazione. I filmati erano sempre o comici o musicali. Il Carosello rimane un momento intoccabile e irripetibile all’interno dell’immaginario collettivo (per chi lo ha vissuto), ma ha lasciato anche un’eredita meno positiva, cioè quello dello scollegamento tra scenetta e brand. RIASSUMENDO: IN ITALIA In Italia ci sono tre momenti importanti per quanto riguarda la pubblicità: 1. Il momento del fascismo può essere definito come la “palestra” dei primi pubblicitari italiani; 2. Il Carosello (57->77); 3. Anni ’80, momento di grande fermento: oltre al boom economico, nascono anche le televisioni private, che si strutturano in seguito come network nazionale. Si passa da un’epoca in cui l’unico territorio su cui fare pubblicità era la Rai, a una possibilità molto più ampia (es. Mediaset). In quei canali c’era molto più spazio per fare pubblicità perché la legge impone alla Rai dei vincoli molto più stretti rispetto agli altri canali. Non avendo il canone, gli altri canali hanno la possibilità di percepire più denaro dalla pubblicità. In questo periodo, i clienti incominciano ad avere molto più spazio, possono fare molta più pubblicità televisiva -> servono gli spot -> le agenzia incominciano a lavorare molto. I creativi furono messi alla prova nel produrre creatività. Rispetto ad altri momenti di ascesa della pubblicità, quello degli anni’80 fu quello di massa -> processo di popolarizzazione della pubblicità. Con la nascita delle tv private accedono alla pubblicità anche clienti più piccoli che prima (ad esempio durante il carosello) non potevano apparire. Possiamo dire che, nel mondo, la pubblicità nasce in America tra gli anni ’50 e ’60; MA in Italia, la pubblicità intesa come disciplina, professione e tecnica nasce con il Carosello. Un altro formato NON pubblicitario era quello dell’intervallo, usato nel momento in cui il segnale televisivo andava via. In quel caso non si cambiava canale, perché non ce ne erano, semplicemente si aspettava che tornasse il segnale. Se non tornava entro poco tempo, appariva una scritta “le trasmissioni riprenderanno il più presto possibile”. Se questo non accadeva, entrava in gioco l’intervallo, un filmato musicato con foto di città. Negli anni l’intervallo divenne un formato pubblicitario -> al posto delle città venivano inserite foto di prodotti. Per le agenzie fu un’ottima occasione per farsi nuovi clienti. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 18 LE TECNICHE CREATIVE La pubblicità è fatta di tecnica; La creatività è fatta al 99% di tecnica e 1% di ispirazione o meglio traspirazione -> è difficile che un creativo abbia delle idee infallibili senza vedere, sentire tutto ciò che c’è intorno (trend, tendenze, ecc.). le tecniche creative sono gli attrezzi di lavoro del creativo. Si parte dal brief -> cosa mi serve per risolverlo? Prendo lo strumento e lo applico. Il fattore umano è fondamentale. Il creativo non è un’artista che viene ispirato e non usa delle tecniche, sennò la sua non sarebbe una vera e propria professione tecnica. Tutto nasce dal dover attirare attenzione. 1. PROBLEMA -> SOLUZIONE (BEFORE -> AFTER) È la tecnica più diffusa per fare pubblicità. 9 spot su 10 la utilizzano. La tecnica consiste nel mostrare il problema e subito dopo la sua soluzione che tipicamente è rappresentata dal prodotto. In molti casi di questo tipo, nello spot vediamo al 95% il problema e il 5% di soluzione (OPTIFOG, HBO). Il segreto del buon utilizzo di questa tecnica è rimanere sul problema perché in questa maniera si cattura l’attenzione di coloro che hanno quel determinato problema. Rimanere sul problema cattura l’attenzione, e poi il cliente che si è immedesimato andrà a informarsi al riguardo. ONILAQ e KIJIMEA hanno meno bisogno di catturare attenzione perché tutti i farmaci da banco che comunicano si rivolgono a chi ha quello specifico problema. Se io non ho la micosi alle unghie, potrò vedere lo spot più bello e coinvolgente del mondo ma non sarò comunque interessato al farmaco. Nel caso in cui si voglia far ridere (OPTIFOG), c’è la tecnica dell’iperbole: figura retorica che significa “esagerazione -> il brief mi dice che devo far sorridere -> innesto l’iperbole -> AUMENTO IL PROBLEMA. Nella realtà gli occhiali non si appanneranno mai quanto si appannano nello spot di OPTIFOG -> questo suscita la risata; amplifico il problema fino a un gradino sopra la realtà per raggiungere il mio obiettivo. Non bisogna esagerare altrimenti diventa ridicolo (SODASTREAM) -> va troppo oltre la realtà, ma è anche soggettivo (si lavora sempre con il fattore umano). VILEDA: focus brevissimo sul problema = NON FUNZIONA. C’è l’iperbole ma non viene utilizzata nel modo giusto, non viene esasperata. Bisogna sempre ricordarsi che perché la tecnica sia efficace bisogna soffermarsi più sul problema e meno sulla soluzione: è un equilibrio molto delicato che va gestito tra account, coppia creativa e cliente. Nello spot, il problema deve corrispondere al Visual -> devo far vedere il problema. Nello spot il prodotto non si vedrebbe se non fosse per il packshot, che permette di mostrarlo anche se per poco tempo. Una pubblicità che funziona convince una persona, una che non funziona ha effetti su 7 persone -> dato statistico studiato: il rapporto è fondamentale -> una persona convinta acquista il prodotto e se è contenta lo dirà a un’altra persona. Una persona che contesta negtivamente lo dirà ad altre 7 persone. Questa tecnica non ha un vero e proprio creatore, perché è insita nella pubblicità stessa. 2. NEGATIVE APPROACH (anni ’50-’60) - BILL BERNBACH Bembach è stato l’inventore della coppia creativa. I creativi a lui precedenti erano divisi tra copy (parte testuale) e art (parte grafica visiva). Il percorso che faceva il brief era -> cliente -> account -> copy -> prendeva il brief lavorandoci su e arrivando a un’idea -> art (in seconda linea, aiutava il creativo vero che era il copy). Bembach ebbe l’invenzione geniale di unire copy e art creando una coppia creativa: si crearono degli open space in cui lavoravano dei micro-gruppi fatte da coppie. Quando arriva il brief, l’account lo dà alla coppia creativa -> l’art non è più in seconda linea. In questo modo la creatività è più compatta e organica, e l’art non è più solo l’illustrazione di ciò che ha pensato il copy. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 19 BIOGRAFIA Bernbach nacque nel Bronx. Nel 1932 entrò come fattorino presso le distillerie Sherley. Un giorno, quasi per divertimento, Bill scrisse un annuncio pubblicitario per l’American Cream Whiskey, prodotto fatto dalle distillerie. Lo lasciò su una scrivania e questo apparve pubblicato qualche tempo dopo senza che fosse citato. Il dirigente dell’azienda, quando lo venne a sapere, affidò a Bill un lavoro nel reparto pubblicità. Successivamente venne aggiunto dall’agenzia Grey Advertising, in cui entrò come copy ma poi ne divenne direttore creativo. Il 15 Maggio ’47 Bill inviò una lettera ai suoi dirigenti per metterli in guardia dai pericoli che il successo dell’azienda stava portando con sé -> l’agenzia stava crescendo tantissimo. I dirigenti non risposero e lui se ne andò. Nel ’49, insieme a due partner, fondò la sua agenzia -> DDB. Oggi, a distanza di ’70 anni, la DDB e la Grey tendono ad utilizzare il negative approach, inventato da lui stesso. La linea creativa del fondatore è rimasta come linea creativa dell’agenzia -> questo fa sì che i clienti possano orientarsi tra le varie agenzie, in base alle proprie aspettative. In tutti i brief ci sono i plus e i minus -> Bernbach rivoluziona questo aspetto, dicendo che se il plus è forte bisogna lavorare sul plus, ma se c’è un minus è giusto lavorarci su. Il primo maggiolino ebbe un enorme successo, ma aveva dei minus tecnologici (frenata, cambio, consumo, etc.). Nella seconda serie si misero a posto molti di questi problemi che erano emersi. L’estetica del maggiolino rimase identica. Bernbach si chiese come mai non cambiarono l’estetica -> l’estetica aveva funzionato ed era iconica per le persone, quindi non era necessario cambiarla. Tuttavia, non era facile fare una pubblicità mostrando un prodotto invariato esteticamente ma con dei miglioramenti tecnologici. L’approccio negativo consiste nel prendere il minus, farlo diventare un plus e dirlo = non nascondere nulla e far diventare un plus quello che in realtà potrebbe sembrare un problema. Le pubblicità in approccio negativo hanno bisogno di un po’ di attenzione e tempo in più. Questo approccio è funzionale perché è una pubblicità di qualità -> o non la vedi, oppure la vedi e gli dedichi attenzione. 1. Non nasconde il Minus -> al giorno d’oggi le pubblicità sottolineano sempre i plus e nascondono i minus (che tendenzialmente si nasconde); 2. Fa diventare il minus un plus. Il maggiolino aveva un altro problema: era molto piccolo rispetto alle macchine dell’epoca. - 1 headline e tanta body copy; - Approccio negativo - Minus -> troppo piccolo -> lo faccio diventare un plus (sei sicuro che per stare comodo hai bisogno di una macchina grande?). Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 20 AVIS AUTONOLEGGI Avis, in America, era la seconda dopo HERTZ. Era rinomata per tanti fattori positivi ma il minus era proprio il fatto che non fosse la leader di settore. Può questo minus diventare un plus? -> se sei il numero 1 ti puoi rilassare, se sei il numero 2 no -> quindi AVIS non può permettersi di darti una macchina con il posacenere sporco. “Quando non sei il numero 1, devi lavorare più duramente”. La forza del copy è più forte rispetto al visual (caso raro per quegli anni). - Elemento negativo: Avis non è il più forte sul mercato -> come lo faccio diventare positivo? -> Avis non può permettersi di sbagliare PUBBLICITÀ CARTOLERIA (ESTATE) A chi può dare fastidio? Al bambino in vacanza. Rompe l’attenzione e mette in mostra qualcosa che non ci saremmo aspettati. Bernbach non ha lavorato invano: in tutto il mondo si lavora ancora, costantemente, in approccio negativo. TELEFUNKEN (anni ’80) Azienda di televisori tedesca. Era il televisore che compravi per tutta la vita. Era molto possente, a tubo catodico, ma era considerato indistruttibile. È stato leader finché Philips e Sony non lo hanno sorpassato -> comunicavano con effetti speciali e design più accattivanti. Telefunken rimaneva sulla linea del televisore “bruttino” ma efficiente. Approccio negativo -> comunichiamo il minus -> “potevamo stupirvi con effetti speciali e colori ultravivaci, ma noi siamo scienza e non fantascienza” -> questo claim ha turbato la mente di un’intera generazione. Filosofia -> QUALITÀ COSTANTE NEL TEMPO Il senso è -> fatti abbindolare dagli altri con effetti speciali ma dopo due anni il televisore si rompe. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 21 TECNICA CREATIVA N. 3 COMMON TOUCH - LEO BURNETT Leo Burnett era l’unico pubblicitario a non essere newyorkese. Era di Chicago, e ciò è importante da sottolineare perché era contro il “pubblicitario figo” di Madison Avenue -> “Io apprezzo il nostro genuino modo campagnolo di porgerci, il nostro atteggiamento sciolto, i nostri occhi abituati alle ampie prospettive, perché questi facilitano la creazione di annunci che parlano il linguaggio semplice dell’uomo della strada, della maggior parte degli Americani. Mi piace pensare che il linguaggio dei nostri annunci sia stato rinvigorito dalla freschezza di Chicago e sciacquato nelle acque chiare del lago Michigan (?).” Leo Burnett voleva un team di lavoro determinato e cattivo. Non affidava un progetto a un solo gruppo creativo, ma a vari gruppi messi in gara tra loro. I creativi per lui “si sputano sulle mani e prendono in mano grosse matite nere”. Bisogna mettere nella pubblicità la vita vera. Burnett è legato alla storia di Marlboro. ANNUNCI MARLBORO PRE BURNETT Era la sigaretta delle donne. Anni di posizionamento e storia della Marlboro cancellati da una pubblicità, fino a quando si resero conto che si stavano privando di una fetta di mercato. Burnett fu incaricato di fare una pubblicità per includere anche gli uomini. ANNUNCI MARLBORO BURNETT Questo annuncio era l’icona della vita vera di quell’epoca. Si passò dalla donna platinata senza una ruga (vedi su) all’uomo rugoso. La scelta di Burnett si basa sull’impersonificazione -> le persone si devono impersonificare in ciò che vedono. NO AGGETTIVI, Sì SOSTANTIVI. Devo comunicare le cose reali, comunicare concetti senza parole, perché dal visual deve uscire l’”inherent drama”, ossia la forza intrinseca delle cose. Es. Non devi dire che l’auto è potente, ma devi farlo vedere. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 22 Le banche utilizzano il common touch perché l’obiettivo è -> si pensa solitamente che ci sia molta distanza tra le persone e la banca INVECE con la tecnica del Common Touch dimostrano di essere più vicini (es. Banca San Paolo). SLICE OF LIFE L’esasperazione della tecnica common touch viene definita (dallo stesso Burnett) “slice of life” -> la tecnica common touch può essere portata all’estremo mostrando nella creatività pezzi di vita: ES. FINDUS -> creatività abbastanza piatta che racconta i sofficini, ma mostra un pezzo di vita vera. Dai pezzi di vita vera devono uscire drammi intrinsechi (non in senso negativo) e le persone devono identificarsi. Burnett è rimasto nella storia della pubblicità perché è stato anche l’inventore della mascotte -> è stato il primo che ha coscientemente capito che doveva andare sul target bambini utilizzando le mascotte. Le tecniche si possono anche mixare. ES. MC. DONALD’S = COMMON TOUCH + NEGATIVE APPROACH Negative approach e Common touch sono le ultime due tecniche studiate che “hanno un padre”. Le prossime che approfondiremo non hanno fondatori/fondatrici. ALTRE TECNICHE: 4. LA COMPARAZIONE Posso fare pubblicità comparativa? La risposta è sì. Si possono utilizzare riferimenti a competitor, posso usare loghi altrui, etc, ma con un unico accorgimento -> non devo screditare l’altro e devo parlarne in maniera oggettiva, totalmente razionale. Devo usare dati veri e verificabili. È una tecnica che in Italia viene utilizzata molto poco. È una pubblicità che viene usata poco perché in sostanza non funziona. Anche se potrebbe sembrare la più chiara e funzionale delle pubblicità, ha 2 problemi principali: 1. I consumatori devono concedere tempo all’annuncio -> devono decidere di mettersi a leggere e comparare i dati. C’è dunque una soglia di accesso, ma anche se viene superata, il consumatore parte prevenuto perché sa che quella pubblicità è impostata in modo che il brand principale ne esca meglio; 2. Le pubblicità che funzionano sono quelle che parlano alla pancia delle persone e non alla loro testa. Le pubblicità che funzionano fanno emozionare, anche nel caso in cui manchi l’elemento razionale. Quelle che parlano alla testa, come quella comparativa, funzionano molto poco -> non c’è niente di emotivo, è tutto estremamente razionale. La comparazione può funzionare, ma in altri settori. Spesso la comparazione vera e razionale ce la facciamo da soli come consumatori, ma se viene fatta dal brand il consumatore tende ad allontanarsi. L’annuncio samsung è rimasto nella storia della pubblicità comparativa perché fu contestato da Apple. La pubblicità in questione non è falsa ma è scorretta, anche per l’headline che prende in giro. Le caratteristiche di Apple sono state bloccate e il samsung è mostrato acceso al contrario del melafonino. A prescindere dall’aspetto legale, dire che “non ci vuole un genio” per capire che il samsung è meglio, non è corretto nei confronti del competitor. In Italia, i manager delle grandi aziende sono pochi e sempre gli stessi. Molto spesso, di anno in anno, cambiano azienda -> la pubblicità comparativa è usata poco anche per questo, perché i manager tendono a non voler “sparare” nei confronti delle altre aziende. ANNUNCIO PLASMON Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 23 A colpo d’occhio si vede che, rispetto ai limiti legali, Plasmon è sempre a norma (per quanto riguarda pesticidi e micotossine). Questa campagna è stata un disastro per plasmon, perché il messaggio era “date ai bambini i prodotti per bambini, non date le macine che sono per adulti”. Il problema è che i limiti legali per i bambini non sono gli stessi per gli adulti. Il Mulino Bianco non ha mai dichiarato che le macine sono per bambini, dice solo che sono biscotti. Quindi, questa pubblicità non è corretta perché compara due cose che non sono comparabili, sono due prodotti dedicati a mercati diversi. Barilla ha poi contestato la pubblicità e Plasmon è stata condannata. Barilla, di tutta risposta, ha usato un annuncio molto più funzionale, chiaro diretto: Barilla si distanzia dalla polemica e ha spostato la disputa sul terreno emotivo e non più razionale. Anche nella bodycopy è spiegato tutto ciò che è successo. 5. LA COMPARAZIONE 2.0 È una tecnica che spopola soprattutto sul digital. Non ha un nome specifico, ma il senso è che è comparativa MA risolve il problema della pura razionalità del metodo comparativo -> quindi, in questo caso si parte dalla pancia. Volontà di portare un alone di simpatia verso il brand. Funziona molto sia nei negozi fisici che sull’online. Muso della BMW. Annuncio di Mercedes uscito ai 100 anni di BMW. Mercedes aveva 130 anni. “Grazie per questi 100 anni di competizione -> io sono nato molto prima di te”. È comparativa, ma non c’è nulla di razionale (no numeri e dati), ma è più divertente, ironica, nonostante mantenga il suo obiettivo. È un po’ superficiale perché non scende tanto nel prodotto ma funziona tantissimo per l’alone di simpatia che crea. JAGUAR -> “L’Audi me la mangio a colazione”. Anche attraverso le condivisioni sui social questi annunci hanno sempre più probabilità di diventare virali (elemento di divertimento). 6. INSTANT MARKETING - REAL TIME MARKETING L’instant marketing è la modalità con cui le aziende si fanno pubblicità sul digital utilizzando fatti che accadono. È l’attività di postare contenuti partendo dall’attualità e legandoli al proprio brand. In alcuni casi, questo tipo di pubblicità può diventare comparativa, ma nasce da un fatto realmente accaduto. È un filone predominante nel lavoro dei social media manager. Questo tipo di creatività devono essere fatte al momento, è immediata, reattiva, istantanea. Sono valide in certi precisi momenti in cui le persone sono più sensibili. Il fattore tempo è fondamentale nell’instant marketing. Anche nel digital, rimangono dei fondamentali, ad esempio l’uso del font che si utilizza nella headline. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 24 Ci sono eventi che accadono e si cavalcano in quell’istante, e cose che invece possono e/o devono essere pianificate. Es. Vince Sanremo cantante x, si dovrà pianificare in quel momento. Reattività: succede qualcosa, devo reagire; Proattività: io faccio succedere qualcosa. Nel gestire questa attività di Instant marketing può essere utile ragionare in questi termini di attività pianificata o non pianificata. Tutte le aziende pianificano una serie di attività nel piano editoriale. Il creativo classico non aveva quasi nulla di tutta l’area viola. Si lavorava solo sul pianificato e le aziende erano proattive: erano loro che avviavano la comunicazione con le persone e molto spesso non c’era neanche la possibilità di interazione con i consumatori. Nel corso del tempo, il lavoro e il fattore tempo si è ampliato, ed è sempre più fondamentale. 7. IL JINGLE Il jingle sembrerebbe una sorta di “accessorio” dello spot. In alcuni casi è così, ma in realtà lo inseriamo nelle tecniche creative vere e proprie perché in tanti spot il jingle è la creatività vera e propria. È opportuno utilizzare questa tecnica quando il brief lo richiede -> es. è un brand nuovo, dobbiamo fare brand awareness, dobbiamo far memorizzare il nome = il jingle può essere utile. Oggi si utilizza di meno perché ricorda molto gli anni ’80, ma è estremamente efficace per un motivo particolare: perché è audio (ed è emotivo) -> lavora quindi in modo irrazionale. Nessuno di noi decide di memorizzare i jingle, eppure succede in maniera irrazionale -> è efficace perché le persone lo memorizzano anche se non gli piace. È un elemento quasi violento della pubblicità, perché si impone senza chiederci il permesso. Nella mente della persone scatta un meccanismo psicologico -> se una persona X vede un banco di mele al supermercato, penserà al jingle Melinda. È un modo per diventare top of mind (es. Prestito Compass). Il jingle non è però l’unico modo per diventare top of mind e fare brand awareness. SPOT MELINDA, COMPASS, FILENI Il video diventa un accessorio dell’audio -> è questa la forza del jingle. COME SI FA UN JINGLE? Ci sono dei professionisti che si occupano di jingle. Ci sono delle regole da seguire, ad esempio il nome deve essere nel ritornello e si usano sempre note maggiori e mai minori. UN’ALTRA TECNICA Un’altra tecnica basata sull’audio e simile al funzionamento del Jingle è quella di utilizzare una canzone (es. tormentone estivo) con l’obiettivo di far ricordare il brand anche quando non si sta facendo pubblicità. Nel caso in cui funzioni, è un meccanismo potentissimo. DAVID OGILVY - “WHEN YOU HAVE NOTHING TO SAY, SING IT” David Ogilvy è stato un altro grande pubblicitario, che disse “quando non hai niente da dire, canta”. Se devi solo comunicare che esisti, cantare sarà molto più efficace. 8. TESTIMONIAL Il testimonial è l’utilizzo di un personaggio famoso (diverso dall’influencer), attore, cantante, personaggio noto, etc., che viene pagato perché la sua immagine venga associata ad un prodotto/servizio. Il meccanismo è “a me piace un personaggio -> se quel personaggio mi dice qualcosa, gli credo”. La credibilità del testimonial si trasferisce sul prodotto. Il testimonial viene preso per periodi abbastanza lunghi: il personaggio si impegnerà, sotto contratto, a fare spot, campagne di affissione, etc., per me e non per per i miei competitors. A seconda dei valori Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 25 economici stabiliti, alcuni personaggi dovranno limitarsi a non fare sport per altre aziende di un solo settore merceologico, in altri casi dovranno invece mantenere un’esclusiva totale per l’azienda. Ci sono testimonial che hanno ruoli più limitati, altri che invece diventano anche autori delle pubblicità. 9. MASCOTTE Leo Burnett, oltre ad essere conosciuto per il common touch, è rimasto nella storia della pubblicità per essere stato il primo ad utilizzare in modo sistematico le mascotte. Le mascotte sono dei pupazzi antropomorfi, che hanno la stessa funzione del testimonial (perché parlano del prodotto) ma puntano anche a creare simpatia, fidelizzazione e soprattutto prendere il target dei più piccoli. Le mascotte funzionano molto sul target giovanile. Una mascotte che funziona si mantiene per sempre (es. Sofficini, Omino Michelin, etc.). in altri casi sono degli esseri viventi, come ad esempio dei cani (segugio.it). La mascotte, come il Jingle, sembrerebbe un accessorio della pubblicità. Tendenzialmente, l’obiettivo è fare ricordare attraverso l’immagine, che si ritroverà stampata anche sul prodotto. È un meccanismo utile per dare identità al brand. La mascotte è la comunicazione: es. in segugio, la mascotte è primaria rispetto a quello che viene detto nello spot, il segugio è la comunicazione. Obiettivi principali della Mascotte: - Problema di posizionamento a livello visivo; - Per intercettare il pubblico dei più piccoli (es. I Sofficini); - Costruzione della brand awareness - Costruzione dell’identità di marca - Costruzione della riconoscibilità della marca. TECNICA CREATIVA N. 10: LA GAG (THE ITALIAN WAY) - ARMANDO TESTA Armando Testa è stato il più famoso pubblicitario italiano. Nasce con una personalità molto eclettica: era designer, artista, pittore, per poi arrivare alla grafica e alla pubblicità. Ha cavalcato il carosello e ha dato un forte imprinting alla pubblicità italiana. La gag è stata molto riservata al mondo della pubblicità italiano. Infatti la gag nasce con il carosello: il fatto che la pubblicità possa far ridere è sempre stato noto anche al di fuori dell’Italia, ma nel Carosello è cambiato il modo in cui è stata confezionata la gag e il conseguente rapporto con il prodotto. La vita italiana sgancia la gag dal prodotto -> c’è una sorta di pre-spot che mette in scena una gag che fa ridere e POI arriverà il prodotto e troverò il modo di collegarlo (in modo più o meno stretto). È un modo totalmente italiano e lontano dal modo di fare dei pubblicitari americani, ma non è colpa di Armando Testa: è figlia di una regola precisa della Rai (scollegamento da gag e prodotto). Armando Testa non è responsabile dello scollegamento tra gag e prodotto, anzi è stato capace di sfruttare questa regola nel migliore dei modi. Nel formato del carosello, solo negli ultimi 30 secondi poteva comparire il prodotto; nel resto del tempo si doveva raccontare una qualsiasi cosa, senza mai far comparire il prodotto. Questa era la regola imposta dalla Rai per poter entrare dentro al carosello, che aveva come obiettivo principale quello di offrire uno spettacolo: per farne parte, prima di presentare il prodotto bisognava forzatamente intrattenere. Questo fu un forte limite della pubblicità italiana, ma dall’altra parte anche un suo punto di forza. I grandi pubblicitari dell’epoca sono riusciti a lavorare partendo da una regola che oggi non sarebbe sostenibile. I 20 anni di Carosello sono stati utili per i pubblicitari italiani, che sono diventati bravissimi a creare gag, entrate poi a far parte dell’immaginario e del costume italiano. Alcune delle pubblicità che vediamo oggi sono simili al Carosello: questo non significa che i pubblicitari non si siano evoluti, piuttosto che il pubblico italiano “è rimasto al Carosello”. Se la pubblicità non funziona, si cambia. Se continua a funzionare, non si cambia. Se la pubblicità fatta in quel modo piace agli italiani, i pubblicitari continuano in quel modo. Il rischio della GAG è che le persone si ricordino la GAG in sé ma non il prodotto, come nel caso dello spot della Fiat Punto dell’85 (tormentone “Buonasera”). Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected]) 26 TECNICA CREATIVA N.11: IL GIOCO DI PAROLE Il gioco di parole deve comprendere il prodotto. Se si utilizza, si fa per memorizzare qualcosa del prodotto. L’obiettivo principale del brief sarebbe quello di creare memoria + simpatia. Il cuore del gioco di parole deve essere correlato a una specifica del prodotto, altrimenti non funzionerebbe. Il gioco di parole ci lascia una sorta di alone di intelligenza del brand -> se è fatto bene, attiviamo un’accezione positiva nei confronti del brand. QUANDO NON VA USATO? Il gioco di parole non va usato quando non c’entra nulla con il prodotto. ESEMPIO: Brand Contacta -> non è verosimile (non vediamo le marmotte al parco); nessuno chiede campioni di lenti a contatto alle persone -> metodo per chiamare il testimonial; è troppo irreale; effetto comico forzato; i protagonisti della pubblicità si compiacciono di far ridere = errore gravissimo che non fa più ridere. SECONDO SEMESTRE: IL MEDIA: IL GRP E I SUOI FRATELLI Il media è il settore della pubblicità che si occupa della pianificazione: risponde alla domanda “ma questa creatività dove va?” -> es. va in televisione, in affissione, su Tik Tok, etc. -> Quando? Dove? Perché? La creatività è molto più semplice perché fatta quella, il lavoro è finito; il media invece deve gestire la creatività e poi monitorarla. Pianificazione pubblicitaria = fare il piano di dove va la pubblicità (piano media = il documento che descrive dove fare quella campagna). Il piano media è il documento usato da aziende e centri media per parlarsi tra di loro. I soggetti in campo nella società sono: - CLIENTE: colui che ha l’esigenza di comunicare qualcosa a qualcuno; investe soldi in pubblicità. Fa il brief e lo dà all’agenzia creativa. Il cliente ha 2 partners: - AGENZIA CREATIVA: si occupa della creatività (cosa dire e come) - CENTRO MEDIA: soggetto esterno che aiuta il cliente nella pianificazione pubblicitaria. Agenzia creativa e centro media sono i due soggetti partner del cliente. - CONCESSIONARIA: è una società che vende gli spazi pubblicitari. Vendono gli spazi pubblicitari che sono dell’editore. - EDITORE: canale 5 -> Publitalia; Corriere della Sera -> RCS… chi pubblica il mezzo su cui si fa pubblicità. L’editore di Instagram è META. È il possessore del mezzo. Quali di questi soggetti si occupano di media? CENTRO MEDIA E CONCESSIONARIA IL GRP: quanta pubblicità? Il GRP è l’indice (perché è un numero) sintetico (fa la sintesi di due elementi: copertura e frequenza) della pressione pubblicitaria. Risponde alla domanda “quanta pressione pubblicitaria sto facendo nel complesso?”. È l’unità di misura della pubblicità offline, perché sul digital è tutto più facilmente misurabile. Tecniche della pubblicità Paola Piccardi (Prof. M. Lanzarone) Document shared on https://www.docsity.com/it/tecniche-della-pubblicita-sbobinature-domande-d-esame/10907757/ Downloaded by: desoooo ([email protected])

Use Quizgecko on...
Browser
Browser