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These notes provide a basic introduction to political science. It details fundamental concepts and introduces the study of politics through the lens of political science.
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24.09.2024 SCIENZA POLITICA Concetti base della scienza politica: (lezione 1) La scienza politica è una disciplina che appartiene alla famiglia delle scienze sociali, insieme a sociologia, antropologia, economia e psicologia, in cui la politica viene studiat...
24.09.2024 SCIENZA POLITICA Concetti base della scienza politica: (lezione 1) La scienza politica è una disciplina che appartiene alla famiglia delle scienze sociali, insieme a sociologia, antropologia, economia e psicologia, in cui la politica viene studiata attraverso l’applicazione del metodo scientifico, dove: politica è quel sottoinsieme di comportamenti umani e relazioni sociali che hanno a che vedere con l’ottenimento e l’utilizzo del potere, cercando di influenzare il comportamento degli altri ma allo stesso tempo cercando di sottrarsi all’influenza subita (es. I governi stabiliscono leggi che i cittadini dovranno rispettare). Bisogna distinguere due tipi di politica, che sono relazioni di potere: Tra gli Stati. All’interno degli Stati, che si divide in ◦ Sfera privata, quindi la vita di tutti i giorni. ◦ Sfera pubblica, quindi a livello dello Stato (quella che noi studiamo). Lo Stato: È un’entità in cui un singolo centro di governo afferma il suo diritto esclusivo al controllo e all’impiego della coercizione all’interno di un territorio definito, con tre elementi fondamentali: Singolo centro di governo, creati per governare, quindi prendere decisioni pubbliche e autoritarie (es. leggi) che sono vincolanti per i residenti di un determinato territorio. Diritto esclusivo alla coercizione, ovvero l’uso della violenza per far rispettare le decisioni prese e punire chi non le rispetta, perciò è presente il diritto esclusivo, che rende illegittimi questi comportamenti senza però implicarne la totale assenza. Estensione in un territorio definito, è necessario distinguere due elementi che tendono a sovrapporsi, cioè: ◦ nazione, un gruppo di persone che condividono un’identità comune indipendentemente dai confini politici. ◦ stato, un'entità politica con un governo, un territorio e una popolazione. Viene anche definito uno Stato fallito, quando un centro di potere non è in grado di controllare in modo esclusivo il proprio territorio, a causa di diversi gruppi violenti in lotta tra loro, senza che nessuno riesca a prevalere (es. Somalia, Libia e Siria). La politica comprende tutte le attività e relazioni volte a ottenere ed esercitare il potere di governare lo Stato: Istituzioni politiche, regole formali e informali che strutturano le interazioni politiche, come sistemi elettorali. Regimi politici, insieme di istituzioni che determinano come i governi sono formati e il modo in cui esercitano il potere, come la democrazia. Governi, gruppi di persone intitolati a gestire lo Stato e agire per conto di esso. Inoltre bisogna anche sottolineare il diverso significato di tre concetti simili e collegati: Politics —> politica, quindi l’insieme delle attività e relazioni volte a ottenere ed esercitare il potere di governare lo Stato. Policy —> politiche pubbliche, quindi i prodotti dell’attività decisionale di un governo. Polity —> comunità politica, quindi il gruppo di cittadini su cui si estende il potere di governo (amministra). Introduzione metodologica: (lezione 2) La scienza politica è lo studio della politica attraverso il metodo scientifico, attraverso un’approccio critico, per aggiornare continuamente le conoscenze scientifiche e per questo rimane provvisoria, perché ci possono essere nuove conclusioni sottoposte a nuovi esami che devono essere formulate in base affermazioni falsificabili, ovvero sottoponibili a un esame empirico (sperimentale), basato sull’osservazione della realtà, tenendo in mente la possibilità che tale affermazione sia errata, però verificandone la correttezza con indizi e osservazioni (evidenza empirica). Il motivo per cui si studia la scienza è per capire le relazioni di causa ed effetto di due o più fattori, con delle variazioni (presenza/assenza/quantità): Causa, entità che influenza un’altra entità. Effetto, entità che è influenzata da un’altra entità. Per questo motivo vengono definiti variabili, cioè qualsiasi entità che può cambiare valore o stato, e di conseguenza variano, cioè sono presenti o assenti (livello o grado), perciò vengono definite: variabile indipendente (X) —> la causa, mentre variabile dipendente (Y) —> l’effetto. Inoltre sono presenti le relazioni spurie, ovvero quando X non ha una relazione con Y, ma entrambe sono correlate con un terzo fattore. Condizioni necessarie e sufficienti: Nello studio delle relazioni causali si fa riferimento alle condizioni necessarie e sufficienti, idea che si basa su una concezione deterministica della casualità. Condizione necessaria: Circostanza (Cn) in assenza della quale un determinato evento (E) non può accadere, per questo se un’evento si verifica, è sicuro che ci sia una circostanza. Condizioni sufficienti: Una circostanza (Cs) in presenza della quale un determinato evento (E) deve aver luogo, di conseguenza se la circostanza (Cs) è presente allora accade un’evento, però quest’ultimo si può verificare anche senza Cs. Condizioni necessarie e sufficienti: Una circostanza (Cns) in assenza della quale l’evento in esame (E) non si verificherà e in presenza della quale l’evento (E) deve aver luogo, che avviene solamente se Cns è presente: quindi non si può avere l’uno senza l’altro. La scienza: Fare scienza significa fare ricerca, attraverso cinque tappe principali: Osservazione della realtà, si nota un fenomeno che ci lascia perplessi (problema), perciò si formula una domanda di ricerca al quale si cercherà di rispondere: molto spesso riguarda il modo o il motivo per cui questo problema avviene, quindi le cause e il processo causale di cui il fenomeno è l’effetto. Teoria, si approfondisce la lettura esistente sul fenomeno della ricerca per cercare di spiegarlo, attraverso un insieme di affermazioni logicamente coerenti riguardanti il perché delle cose che osserviamo accadono. Una teoria viene formulata attraverso: ◦ pensare al fenomeno in esame come il risultato di un processo causale conosciuto. ◦ immaginare una “realtà precedente”, che potrebbe aver prodotto quel risultato. Ipotesi, a partire dalla teoria si derivano delle conseguenze verso alcune relazioni causali specifiche (ciò che si vuole spiegare), che possono essere isolati e sottoposti a una verifica empirica (esperimento). Per capire se la teoria è corretta, bisogna far ricorso alle relazioni causali, in cui c’è una variazione tra un fattore X (var. indipendente) e un’altro Y (var. dipendente). Esame empirico, si sottopongono le ipotesi, ma stabilendo inizialmente un disegno di ricerca (strategia), per affrontare due problemi principali: ◦ operazionalizzazione delle variabili, stabilire come misurare empiricamente i fattori in esame (X e Y), fondamentale per verificare l’ipotesi. ◦ Scelta del metodo di ricerca, quindi se condurre un’analisi quantitativa (tanti casi ~ large - N) o qualitativa (pochi casi ~ small - N), in base a quanti casi si vogliono prendere in considerazione. Valutazione della ricerca, che si basa sui risultati della ricerca (interpretati), che sono sempre provvisori dato che possono essere smentiti in futuro da nuove analisi. Quando si traggono conclusioni dalle ricerche, bisogna formulare degli argomenti che siano logicamente validi rispetto al collegamento tra risultati e ipotesi/teorie. Argomento —> insieme di proporzioni collegate logicamente, molto spesso sotto forma di un insieme di premesse (maggiore e minore) e di una conclusione. ◦ Premessa maggiore —> proposizione condizionale che dice si presume essere vera. ◦ Premessa minore —> proposizione riguardante l’antecedente oppure la conseguenza della premessa maggiore. ◦ Conclusione —> una proposizione si ritiene vera, date le premesse, avendo la possibilità di decidere di rifiutare le conclusioni (non valido) oppure accettarle (valido). Il gioco della politica: (lezione 3) Il modello creato da Hirschman nel 1970, chiamata teoria dei giochi ci aiuta a cogliere alcuni elementi chiave di molte situazioni politiche, relative al rapporto di potere tra governo e cittadini: in cui ogni attore è razionale, dato che fa ciò che ritiene più giusto nel proprio interesse, calcolando i costi e i benefici, tenendo conto delle preferenze degli altri attori (prob. con obbiettivi diversi) e in base ad esse anticipare le loro possibili reazioni e mosse future. Può essere rappresentato in due modi: Albero di gioco, in cui i giocatori fanno le proprie mosse a turno. Matrice, in cui i giocatori agiscono insieme. Un gioco inizia con un’antefatto, cioè un evento che innesca un’interazione tra i giocatori, successivamente bisogna immaginare tutte le possibili azioni dei vari giocatori, per concludere si calcolano gli esiti, a cui vengono assegnati dei payoff (ricompense tratte da un det. reddito), quindi i giocatori puntano sempre a quelli più alti. Per risolvere un gioco occorre ricostruire le strategie dei vari giocatori, tendendo conto degli altri giocatori e i loro interessi. Il gioco uscita, voce, lealtà (UVL): (Antefatto) = nel vostro ambiente sociale è avvenuto un cambiamento per voi svantaggioso. es. Il fruttivendolo ha cambiato fornitore e la qualità della frutta è peggiorata. Ci sono tre possibili scelte d’azione: Uscita (U) = prendere atto del cambiamento (subire una perdita) e modificare il proprio comportamento per ottenere il miglior risultato possibile nella nuova situazione. es. Cambiare fruttivendolo. Lealtà (L) = accettare il cambiamento (e la perdita) senza modificare il comportamento. es. Continuare a comprare la frutta nello stesso posto. Voce (V) = protestare per cercare di ritornare alla situazione precedente. es. Mi lamento con il fruttivendolo (protestare costa! Conviene protestare?) La scelta dipende anche da come reagirà l’altro giocatore, le cui mosse dipenderanno dalle sue aspettative rispetto alla nostra reazione. Questo schema è ad albero di gioco, che è composto da tre nodi, corrispondenti ai diversi turni di gioco, a cui vengono collegati dei rami, che rappresentano le diverse azioni. Trasformare gli esiti in payoff: Per i cittadini gli esiti, nodi e i payoff sono indicati per primi, dato che è il primo che fa la mossa iniziale. 1 = valore della tassa prelevata dal governo durante l’antefatto. U = valore indefinito, che dipende da quanto conviene l’opzione Uscita per il cittadino. L = valore indefinito, con cui il governo guadagna la lealtà dei cittadini. c = costo derivante dal protestare per un cittadino. Per risolvere il gioco, bisogna procedere in base all’induzione a ritroso (ragionare all’indietro), quindi partendo dalla fine e risalendo fino al suo inizio. Le origini dello stato moderno: (lezione 4) In assenza di uno Stato si vivrebbe in una situazione di guerra di tutti contro tutti (stato di natura), con un costante senso di insicurezza, per questo viene stipulato un contratto sociale, in cui ci si impegna a riconoscere un’autorità che gestisce le controversie e fa rispettare le leggi, in modo tale da stabilire una convivenza pacifica. Teoria dei giochi: rubare o non rubare? (Antefatto) = ci troviamo in uno stato di natura (tutti contro tutti, assenza di autorità). Due individui A e B devono decidere se rubare gli uni agli altri, oppure no. La loro scelta dipende da ciò che si aspettano farà l’altro, in questo caso i giocatori devono decidere le proprie mosse simultaneamente e non a turno, per questo viene rappresentato attraverso la forma matrice. Ordinamento delle preferenze = indica come un attore valuta tutti i possibili esiti di un gioco, che corrispondono a una diversa combinazione di scelte (in questo caso ci sono quattro esiti possibili). Attraverso una precisa procedura: Individuare i quattro esiti possibili. Stabilire l’ordine delle preferenze di A e B, rispetto ai quattro esiti. Assegnare i payoff (ricompense), in base all’ordine delle preferenze di ciascun attore, quindi 1 a quello peggiore, fino ad arrivare a 4 per quello migliore. Ordine preferenze giocatore A (rubare; non rubare) > (non rubare; non rubare) > (rubare; rubare) > (non rubare; rubare). A B Ordine preferenze giocatore B (non rubare; rubare) > (non rubare; non rubare) > (rubare; rubare) > (rubare; non rubare). A B Per risolvere il gioco si individua l’equilibrio di Nash (EN), ovvero un insieme di strategie tale per cui nessun giocatore ha un ulteriore desiderio di cambiare ulteriormente la propria strategia, data la mossa dell’altro: in qualsiasi caso entrambi i giocatori puntano al payoff più alto per se, quindi basta individuare l’esito con la mossa migliore, tenendo in considerazione la mossa compiuta dall’altro attore (in alcuni casi non esiste un EN, mentre in altri potrebbe esserne più di uno). Per A gli esiti migliori sono il (4;1) e il (2;2), quest’ultimo che è lo stesso per B oltre a (1;4). In corrispondenza di questo esito, ciascun giocatore da la risposta migliore, data la mossa dell’altro giocatore. Anche se l’esito del gioco (rubare; rubare), risulta quello peggiore per entrambi i giocatori, la scelta migliore sarebbe se entrambi decidessero di non rubare. In uno stato di natura, l’incertezza porta le persone a compiere scelte che portano a risultati inefficienti, soprattutto perché in questo stato se si promettessero entrambi di non rubare non sarebbe credibile, perché all’altro converrebbe rubare e viceversa. Per risolvere il dilemma dello stato di natura, secondo Hobbes, è necessario stipulare un contratto sociale, con alla base uno scambio: Individui rinunciano in parte ai loro “diritti di natura”, autorizzando lo stato a creare delle leggi e punire chi non le rispetta. Protezione dagli abusi di altri individui, e il rispetto degli accordi (es. così quando uno stato ha un’autorità, può stabilire che rubare è vietato che diventa legge, così da poterla far rispettare e punire i trasgressori). Di conseguenza cambiano anche i payoff associati all’opzione di rubare che verranno puniti (p). Così si sviluppa nel gioco dello stato civile: bisogna vedere a quanto ammonta la punizione di A e B per indurli a non rubare, affinché 3 > (4 - p) —> p > 1. Di conseguenza in uno stato civile, in cui si coopera per far rispettare i patti, l’equilibrio di Nash, sarebbe l’E3 in cui nessuna delle due parti decide di non rubare. Un’altro fattore da tenere in considerazione è l’impegno dello stato di garantire la sicurezza dei cittadini, in cambio delle tasse (t) pagate dei cittadini, aggiungendo un ulteriore costo ai payoff, in corrispondenza di ciascun esito: in questo caso l’EN del gioco non cambia (non rubare; non rubare). Però non è scontato che i cittadini preferiscano vivere in uno stato civile piuttosto che uno in natura, dipende dal prezzo da pagare delle tasse. Quindi in modo tale che i cittadini scelgano lo stato civile, i payoff dell’EN del gioco di quest’ultimo devono essere superiori a quelli dello stato di natura: Alcuni studiosi però non condividono questa visione contrattualistica dello stato, richiamando l’attenzione sui potenziali conflitti di interesse tra i cittadini e lo stato stesso, per questo è stata creata una visione predatoria: Chi gestisce lo stato, si trova anch’esso in uno stato di natura. Lo stato deve proteggersi e difendersi, sia da attacchi all’esterno sia all’interno. Di conseguenza gli Stati sono spinti a estarre risorse dalla popolazione, comportandosi come predatori per garantire la loro sopravvivenza. La democrazia: (lezione 5) Al termine del XX secolo sono avvenuti vari cambiamenti di regime, descritti da diversi studiosi, durante la terza ondata di democratizzazione (anni ‘90), in cui il numero di paesi democratici è aumentato smisuratamente rappresentando la forma di regime politico più diffusa al mondo, oltre a essere l’unica forma legittima a partire dalla guerra fredda, in cui c’è stata una contrapposizione tra due modelli opposti, da un lato gli Stati Uniti dall’altro l’Unione Sovietica, la principale alternativa alla democrazia. La democrazia (governo del popolo) è la forma di politica più legittima al mondo, inizialmente studiata da Platone e Aristotele, che avevano un’idea di governo focalizzata sulla gente comune, quindi persone incompetenti che avrebbero agito in maniera estremamente egoistica pensando al proprio tornaconto personale (governo dei custodi). Nel XVIII secolo, durante la rivoluzione francese (1789) e l’indipendenza americana (1776), principi come la sovranità popolare e il governo rappresentativo, affiancati da un parlamento, iniziarono a diventare qualcosa di desiderabile per le persone, portando allo scoppio delle rivoluzioni. Dopo la fine della guerra fredda, Churchill dichiarò che la democrazia era la forma peggiore di governo, in un periodo denominato “fine della storia” da F. Fukuyama (1991), aggravato dal pessimismo alla democrazia nato negli ultimi anni (2015) piano piano rimpiazzata dall’autoritarismo. La democrazia è una forma di regime politico, ovvero l’insieme di istituzioni che regolano la vita politica all’interno di uno Stato, con particolare riferimento a come il potere del governo è assegnato ed esercitato: Stato ≠ governo ≠ regime. Stato —> entità territoriale in cui ogni singolo centro di potere governa tramite coercizione. Governo —> insieme di individui intitolati a gestire lo Stato e ad agire per suo conto. Istituzioni politiche —> regole formali e informali che strutturano le interazioni politiche. La democrazia, detta da Schumpeter, è una forma di regime politico con delle istituzioni che permettono alle persone del popolo di governare, che si realizza in forma rappresentativa, con varie definizioni: procedurale, quell’insieme di istituzioni in cui alcuni individui acquisiscono il potere decisionale per i cittadini, e minima, che si esaurisce con il loro voto, espresso in una lotta competitiva di partiti. Le elezioni competitive sono una condizione necessaria affinché ci sia democrazia, ma non sono una condizione sufficiente. Bisogna votare per due istituzioni principali: il parlamento e la legislatura, fondamentali per il nostro interesse e per la gestione di specifici settori delle politiche pubbliche, in alcuni paesi i cittadini votano anche il capo del governo (es. Francia), mentre in altri il parlamento ha questo compito. La politica di Dahl: Definisce la democrazia come una realtà inclusiva e molto aperta alla contestazione pubblica (1971), ma fa riferimento alla poliarchia (il governo di molti) senza essere una vera e propria democrazia, facendo così due importanti passi avanti: inclusione, tutti i cittadini devono avere la possibilità di partecipare alla vita politica, e evidenziando la competizione nelle elezioni di contestare il governo, quindi poter esprimere il proprio disaccordo. Affinché un paese sia in questo modo è necessario che vengano garantite 8 diritti politici e civili: Eleggibilità delle principali cariche politiche, rendono il governo e le sue decisioni indipendenti dal voto. Diritto di voto, a suffragio universale. Diritto di candidarsi a governare, ispirando a una carica di governo. Diritto di competere per il voto, con il supporto dei cittadini. Elezioni competitive, libere ed eque. Libertà di formare delle organizzazioni, politiche o non politiche, avendo la libertà di associarsi (es. partiti). Libertà di espressione, non specificato da Schumpeter. Accesso a fonti alternative di informazione, quindi la libertà di stampa. Dahl vs Schumpeter: Le loro definizioni non sono contraddittorie dato che entrambe sono procedurali, in quanto pongono l’enfasi su come viene assegnato il potere politico, però Dahl è piu specifico. Inoltre le lezioni devono essere ritenute periodicamente (es. ogni 4 - 5 anni), per due motivi: Controllo del governo dei cittadini, devono avere la possibilità di confermare il proprio sostegno a un governo precedentemente eletto o rimpiazzarlo. Mantenere un sistema operativo. Chi viene sconfitto deve avere la possibilità di riprovarci. Percio il potere del governo deve essere limitato, per evitare gli abusi di potere, per questo vengono inseriti dei vincoli nella costituzione: Diritti fondamentali, non possono essere messi in discussione. Contropoteri, controlla chi sta al governo (es. Parlamento). Procedure complesse per la riforma delle “regole del gioco”. La democrazia seconda parte: (lezione 6) Tra i regimi che soddisfano i requisiti della democrazia, si possono distinguere vari definizioni: Democrazia liberale, regimi democratici che soddisfano pienamente tutti i requisiti. Democrazia elettorale, regimi in cui le elezioni soddisfano i requisiti di una democrazia, in cui i limiti al potere di governo sono deboli. Democrazia egualitaria, promuove l’egualianza di tutti i cittadini, a livello politico, sociale ed economico, senza di esse non può essere garantita, anche se ci sono molte disuguaglianze dal punto di vista economico, dato che le classi meno abbienti hanno un’influenza minore. Democrazia partecipativa, promuove forme di democrazia diretta, in cui i cittadini sono chiamati a decidere, e un maggiore coinvolgimento nei processi decisionali dell’org. della società civile. Democrazia deliberativa, in cui le decisioni politiche sono prese sulla base di un dibattito pubblico che permette l’individuazione del bene comune, che coinvolge diverse parti sociali. La democrazia è presente in diversi paesi ma cambia in base a essi, quindi viene considerata variabile e viene misurata attraverso tre principali strategie: Variabile dicotomica, quindi immaginare di tradurre il concetto di democrazia attraverso due categorie, se è presente o assente. Variabile a intervallo, misurare quanto un paese è democratico, che ci permette di capire il livello o grado della democrazia di un paese, con piccole variazioni. Variabile ordinale, combinando i due approcci, che permette di individuare una o più categorie intermedie tra democrazia e autocrazia, dove ci sono paesi un po’ democratici, chiamati regimi ibridi. Esistono alcune misure più utilizzate, che si basano sulle varie strategie e cambiano a seconda: delle domanda di ricerca, della disponibilità dei dati (periodi storici o paesi specifici), oppure anche in base a ciò che gli altri paesi adottano, infatti la democrazia può diventare di “moda”. Perciò vengono utilizzati alcuni criteri per validare la misura di una democrazia: Validità, quanto la misura di democrazia è valida rispetto al concetto di riferimento che deve misurare. Affidabilità, se vengono utilizzate le stesse regole di misurazione della validità, può essere ripetuta su uno stesso caso che potrebbe portare allo stesso risultato. Replicabilità, aver la possibilità di riprodurre il processo attraverso il quale la misura è creata, attraverso la disponibilità dei dati disaggregati e la chiarezza delle regole di aggregazione. Democracy - Dictatorship (DD): Copertura: 202 paesi (1946 - 2008) sviluppato da Przeworski, Alvarez, Cheibub e Limongi. Viene considerata una variabile dicotomica, che soddisfa tutti i seguenti requisiti: Capo del governo e la legislatura (parlamento) devono essere eletti. Più di due partiti, che competono nelle elezioni. Almeno un’episodio di alternanza al governo, chi era al governo precedente, ha accettato la sconfitta avendo la competizione tra le parti (affidabilità e validità). Affinché un paese venga considerato democratico deve rispettare tutte queste condizioni. È un sistema non aggiornato (dal 2008), ma può esserlo dato che ha delle informazioni facilmente reperibili, il problema si presenta con la regola dell’alternanza, dato che ci sono dei paesi in cui non è ancora avvenuta (es. Botswana) o alcuni in cui è avvenuta da tanto tempo, ma questi partiti di opposizione quando salgono al potere, non sempre governano in maniera democratica (es. Germania 1933). Indice Polity - centre for Systemic Peace: Copertura: 167 paesi (1800 - 2018) Veniva aggiornato ogni anno fino al 2018, fino a quando non è “passato di moda”; cerca di misurare quanto un paese sia democratico al netto di quanto un paese sia autocratico, da 0 a 10, con dei sotto indici, ovvero il livello di democrazia e di autocrazia, poi per ottenere il livello finale si opera una sottrazione tra i due fattori. Es. Democ:10 e Autoc: 0 = polity 10 Democ: 4 e Autoc: 8 = polity - 4 Gli aspetti specifici che vengono valutati sono (visione procedurale): Competività e trasparenza, della selezione dell’esecutivo. Vincoli imposti, all’esecutivo. Competitivà della partecipazione politica. Regolamentazione della partecipazione politica. Indice Freedom in the World - Freedom House: Copertura: paesi 195 (1972 - oggi) È una variabile ad intervallo da 7 (punteggio più basso) e 1 (punteggio più alto), anche se da qualche anno viene usata una misura più semplice, sommando i punteggi delle domande, utilizzando un indice da 0 a 100. Il punteggio finale è ottenuto dalla media dei due sotto indici, che misurano i diritti politici e le libertà civili. Es. (Diritti politici + libertà civili) / 2 Viene chiesto a degli esperti di rispondere ad alcuni requisiti per ciascun paese: Diritti politici: ◦ Processo elettorale (12 punti). ◦ Pluralismo politico e partecipazione (16 punti). ◦ Funzionamento del governo (12 punti). Libertà civili: ◦ Libertà di espressione e credo (16 punti). ◦ Diritti di associazione e organizzazione (12 punti). ◦ Stato di diritto ~ rule of law (16 punti). ◦ Autonomia personale e diritto dell’individuo (16 punti). Indice Electoral Democracy - Varieties of Democracy (V - Dem): Copertura: 177 paesi (1900 - oggi) L’indice varia da 0 a 1 e risulta dall’aggregazione di cinque sotto indici: Suffragio universale (1 ind). Regolarità delle elezioni (8 ind). Eleggibilità delle cariche politiche (15 ind). Libertà di espressione e informazione (9 ind). Libertà di associazione (6 ind). Per trovare il livello finale, bisogna tener conto del livello di (dis)accordo tra gli esperti. Questa misura rappresenta oggi l’indice di democrazia più frequentemente utilizzata nella ricerca empirica. Economist Intelligence Unit (EUI): Copertura: 167 paesi (2006 - oggi) Spesso utilizzato a livello giornalistico, ma mai a livello di ricerca di scienza politica, con un indice che varia da 0 a 10 risulta dalla media di cinque sotto indici: Processo elettorale e pluralismo. Funzionamento del governo. Partecipazione politica. Cultura politica, ciò che i cittadini pensano della politica all’interno del loro paese. Libertà civili. Così da poter individuare 4 categorie ordinate: Full democracy (8.1-10) Hybrid regime (4.1-6) Flawed democracy (6.1-8) Authoritarian regime (0-4) I regimi non democratici: (lezione 7) Un ulteriore forma di regime politico, opposto alla democrazia, è la non-democrazia, all’interno dei quali ci sono paesi molto diversi, come Cina e Arabia Saudita, accomunati dalla caratteristica di non essere democratici. Viene definita in vari modi, come tirannia, dittatura e totalitarismo, quindi in generale autocrazia, in cui vengono utilizzati questi poteri in maniera arbitraria e non perché sono stati attribuiti. Nel mondo contemporaneo, l’autocrazia è meno diffusa, anche se negli ultimi anni sta di nuovo aumentando (71% del mondo), come Egitto, India e Cina, infatti nel 2023 sono 83 i paesi non democratici a confronto dei 91 democratici. Per restare al potere un autocrate, non è l’unico che detiene tutto il potere politico, ma si deve confrontare con altri leader politici, mentre i cittadini li può reprimere, trovando un equilibrio con la ricerca del consenso e di alleanze. I problemi dell’autocrazie: Nello studiare questo tipo di regime, Svolik (2012), identifica alcuni tipi di problemi: Relazioni tra leader ed élite, (altri esponenti politici) quindi la condivisione del potere, con cui è necessario mantenere un rapporto, cosicché non venga tradito o votato contro, perciò il metodo più efficace è di condividere parte del loro potere, per farli rimanere con il leader. Problema del controllo, per evitare le ribellioni tra i cittadini bisogna reprimere il dissenso, ma può essere un’arma a doppio taglio: il dittatore fornisce delle armi all’esercito, che però si può ribellare a quest’ultimo (colpo di Stato). Adotta quindi lo strumento della cooptazione, cioè includere in maniera selettiva alcuni gruppi sociali all’interno del regime, garantendosi il sostegno di quest’ultimi e limitando le sommosse. Problemi di credibilità, il dittatore crea delle istituzioni (es. Partito politico), per rendere prevedibili le relazioni tra i vari attori politici, che riduce il deficit di credibilità. I vari tipi di dittatori presenti si differenziano in base al modo di approccio verso i cittadini, ovvero: Regimi totalitari, fenomeno politico emerso nella prima parte del XX secolo, in cui i leader hanno come obbiettivo quello di stabilire un controllo totale sulla società (cittadini e la loro vita). Avviene con alti livelli di repressione, quindi instaurando un clima di terrore nei cittadini che vengono indottrinati attraverso la propaganda, attraverso una mobilitazione di massa (es. Russia - Stalin, Germania - Hitler). Regimi autoritari, i loro capi di governo aspirano solamente a restare al potere il più possibile, senza dover necessariamente plasmare la società, preferiscono diffondere una mentalità di obbedienza, cosicché i cittadini non si oppongano, cercando di disincentivare la partecipazione di massa alla vita politica; anch’essi ricorrono alla repressione ma solo quando necessario come forma di punizione. Inoltre possono essere classificati in base al tipo di élite politica che controlla il potere: ◦ autocrazie ereditarie (monarchia assoluta), in cui il potere del governo è affidato alla famiglia reale, ma può essere anche chiusa come in Marocco, dove viene controllato l’accesso a tutte le cariche politiche principali, proprio per questo sono anche quelli più stabili e longitive. Inoltre alcuni di loro hanno anche creato delle istituzioni elettive come il parlamento che hanno potere decisionale limitato (es. Belgio, Uk). ◦ autocrazie militari, sono guidate da una giunta (o comitato) composta da membri dell’esercito, spesso instaurate dopo colpi di stato (es. Mali, Sudan, Myanmar); molto spesso vengono considerate una soluzione temporanea, dato che i militari non amano la politica, perciò quando intervengono, è per situazioni di emergenza. Alcuni poi instaurano un governo civile (talvolta formalmente eletto) restando in controllo ma dietro le quinte (es. Egitto). ◦ autocrazie civili: ‣ a partito unico, son piuttosto rare (es. Cina, Vietnam, Laos) in cui è presente un solo partito, perciò le strutture di esso tendono a sovrapporsi a quello dello Stato, ma sono una delle più longitive. In alcuni casi è consentita la formazione di altri piccoli partiti satellite, ma non sono realmente autonomi infatti non fanno opposizione. ‣ personaliste, in cui è presente un solo leader pressoché illimitato sulle decisioni politiche e sulla selezione dei funzionari del regime, ricorrendo spesso alla repressione dei cittadini e dell’elite, operando con ricambi nelle cariche politiche, in modo tale che nessuno si possa davvero rafforzare e controllare diverse persone per costituire la loro base del potere, ma la loro durata varia in base alle sorti del loro leader (es. Libia - Gheddafi, Haiti - Duvalier). ◦ multipartitiche elettorali, molto comuni e definiti come ibridi, in cui le elezioni sono tenute con partiti di opposizione (pluralismo politico), ma in base ai paesi, si distinguono a sua volta: ‣ a partito egemone, pseudo democrazie perché ci sono elezioni, ma non ci sono possibilità che il partito di opposizione vinca le elezioni, sono molto simili ai regimi a partito unico (es. Mozambico). ‣ competitive, vengono considerate delle semi democrazie in cui i partiti di opposizione godono di maggiori libertà rispetto alle elezioni, poiché il partito di opposizione può anche vincere, ma ciò non significa che il paese diventi democratico, infatti il partito di governo per restare al potere deve lavorare sodo (es. Turchia). Stabilire le diverse forme di autocrazia talvolta è difficile, dato che tendono a nascondere i tratti più autoritari con delle istituzioni che la rendono più simili alla democrazia (ibridizzarsi): la più diffusa è quella elettorale. Determinanti della democrazia: (lezione 8) I fattori studiati che determinano o influenzano questo processo di democratizzazione, sono: Fattori socio-economici, sviluppo di un paese (soprattutto economico), quindi il livello di ricchezza collega il raggiungimento di una migliore condizione di vita, salute e istruzione, di conseguenza un’economia che cresce molto può favorire un tipo di democrazia (di stato vs di mercato); inoltre è importante la fonte di reddito (agricoltura, industria, risorsa naturale), ma anche la dipendenza economica dagli aiuti da altri paesi, come anche il commercio internazionale, che porta a una diffusione di specifiche forme di governo e regimi politici. Fattori culturali, si è studiato che determinati tipi di religione sono più compatibili con la democrazia, soprattutto per il suo peso in un det. paese, ma anche la frammentazione etnica e la cultura politica. Alcuni di questi fattori vengono presi in esame attraverso due prospettive di ricerca: Probabilità che un paese diventi democratico, attraverso un processo di democratizzazione (autocrazia —> democrazia). Probabilità che un paese resti democratico, non sperimentare nessun processo di autocratizzazione, quindi non è presente alcun tipo di transizione (democrazia —> autocrazia). Quando si investigano le cause di un fenomeno, si parla spesso di variabili: Indipendenti (fattori causali, X), fattori economici e culturali. Dipendenti (fattori da spiegare Y), democrazia. Che vengono applicate nella ricerca attraverso due analisi: Qualitativa, si utilizza con pochi casi (1, 2), quindi si ha uno studio più approfondito. Quantitativa, si prendono in considerazione tanti casi con analisi statistiche, per cogliere delle possibili relazioni tra fattori per essere più facilmente generalizzabili. Analisi qualitativa: Studio di un singolo caso (caso tipico), per ricostruire un processo in cui un certo fattore porta a un certo effetto, o comparato a più casi (2, 3, …) con due diversi disegni di ricerca: Most similar system design, si basa sul metodo della differenza, con la differenza tra i paesi rispetto alla variabile dipendente Y. Most different system design, si basa sul metodo della concordanza, quando i casi sono molto simili tra loro ma sono diversi rispetto al risultato. Most similar system design Si selezionano casi simili tra loro, ma cambiano rispetto alla presenza/assenza della variabile dipendente (fenomeno da spiegare), così da studiare i casi in profondità. È necessaria una teoria che spiega la relazione causale di una transizione democratica, per capire perché in un paese è avvenuta e in un altro no. Most different system design Si prendono in considerazione paesi piuttosto diversi, ma entrambi presentano il fenomeno da spiegare (variabile dipendente). Se due paesi sono molto diversi tra loro ma presentano lo stesso risultato, la nostra ricerca ci comporta di trovare il fattore che ci spieghi il motivo per cui entrambi i paesi hanno subito una transizione democratica. Analisi quantitativa: Si ragiona in termini probabilistici della casualità, perciò si ricercano le condizioni necessarie e/o sufficienti di un fenomeno, stimando la probabilità dell’esistenza di un nesso causale tra X e Y, in base all’esame di un numero elevato di casi e quindi alla frequenza con cui si osserva una relazione di co-varianza tra X e Y. Per spiegarla è necessario formulare una teoria attraverso l’uso dell’analisi statistica, con due tecniche in particolare: Tabella a doppia entrata, permettono di analizzare la relazione tra due variabili (es. grafici a barre). Analisi di regressione, permette di analizzare simultaneamente l’effetto di molteplici variabili indipendenti sulla stessa variabile dipendente, in cui l’effetto di ciascuna di esse è stimato controllando il loro valore. Cultura e democrazia: Esistono due approcci allo studio della cultura di un paese, che può determinare lo sviluppo della democrazia: Primordialista, la cultura non cambia nel tempo (attributo immutabile). Costruttivista, la cultura è in continua evoluzione. Gli argomenti culturalisti presi più in considerazione sono: Religione, più in specifico la compatibilità di diverse religioni e il peso all’interno di una società che non accettano la democrazia (separazione Stato e chiesa). Frammentazione culturale (religione, linguistica, etnica), società caratterizzate da una o più fratture a livello culturale possono trovare più difficile mantenere una democrazia. Cultura politica, ciò che i cittadini pensano e sentono rispetto alla politica, esistono tre forme: ◦ provinciale, tipica di alcuni sistemi tradizionali che si concilia con tipi di governo clanistico o tribale. ◦ subordinata, in cui i cittadini accettano le decisioni di altri. ◦ civica/partecipante, la più compatibile per la democrazia, con alcuni tratti caratteriali: ‣ consapevolezza di poter influenzare le decisioni politiche. ‣ abitudine alla discussione politica. ‣ fiducia nelle istituzioni politiche e interpersonale (avversari politici). ‣ preferenza verso un cambiamento graduale della società (non rivoluzionario). Sviluppo economico e democrazia: Pil pc: prodotto interno lordo, misura il reddito di uno Stato, considerando il valore di tutti i beni e servizi prodotti all’interno di un paese in un anno, così per calcolare il pro capite (pc), in cui il pil totale viene diviso per il numero di abitanti in un paese. Maggiore è il livello di reddito, maggiore è il livello medio di democrazia. Sviluppo umano e democrazia: Hdi: indice di sviluppo umano misura lo sviluppo di un paese utilizzando il reddito, l’aspettativa di vita e il tasso di alfabetizzazione. Maggiore è il livello di sviluppo umano, maggiore è il livello di democrazia. Spiegare la relazione dello sviluppo economico e democratico, attraverso: Teoria della modernizzazione (Lipset - 1959) Più uno stato è benestante, più saranno le possibilità che sosterrà la democrazia e che sopravviva. Quindi il passaggio da una economia tradizionale a una moderna, cambia di conseguenza la vita e la società, migliorandola, quindi cresce anche il ceto medio, in questo modo le persone non pensano solamente a sopravvivere, di conseguenza cambiano anche le aspirazioni desiderando sempre di più (es. più libertà e più potere decisionale, che porterà a una democrazia). Questi cambiamenti sociali rendono l’autocrazia una forma di regime inadeguata alle esigenze di una società moderna: sono più i cambiamenti sociali piuttosto che cambiamenti economici a sviluppare la democrazia. Una democrazia permette ai cittadini di controllare i propri governanti con le elezioni, perciò la democrazia tutela i diritti dei cittadini. Teoria della sopravvivenza (Przeworski - 2000) I regimi dittatoriali (autocrazie) non hanno una minore possibilità di democratizzazione nel momento in cui raggiungono livelli di economia piú alti, ma le possibilità che una democrazia sopravviva è più probabile in un paese ricco, di conseguenza lo sviluppo economico non ha influenza ma favorisce che un paese rimanga democratico. Nelle autocrazie è presente l’aumento del rischio di abusi da parte di chi sta al potere, mentre in un paese democratico economicamente sviluppato, ai cittadini interessa mantenere le istituzioni democratiche, perché se arrivasse un dittatore potrebbe avere degli effetti negativi sui loro interessi economici. Al contrario se un paese in condizioni economiche difficili, la democrazia avrà meno possibilità di sopravvivere, dato che i cittadini avranno meno da perdere e sono più facilmente affascinanti da un leader che permette di cambiare radicalmente la loro situazione. Determinanti della democrazia parte due: (lezione 9) Entrambe le due teorie cercano di spiegare il fenomeno delle transizioni di regime, cercando di stabilire quale è la migliore. Lo sviluppo economico potrebbe influenzare la probabilità di una democratizzazione (t. modernizzazione) oppure non condizionarlo (t. sopravvivenza). La linea solida rappresenta la probabilità di un paese di tornare all’autocrazia, mentre le linee tratteggiate rappresentano che un paese sperimenti una democratizzazione. Lo sviluppo economico favorisce lo sviluppo della democrazia, ma nella teoria della sopravvivenza lo quest’ultimo non ha nessuno effetto sulla democratizzazione (linea piatta tratteggiata). Il meccanismo causale della modernizzazione: Lo sviluppo economico innesca alcuni cambiamenti sociali che rendono l’autocrazia una forma di governo obsoleta, quindi non più adeguata ad una società modernizzata. Bates e Lien nel 1985 dimostrano come i cambiamenti economici avvenuti nel corso della prima epoca moderna in alcuni paesi europei (es. Inghilterra e Francia), abbiano favorito l’istituzione della supremazia parlamentare della corona, in altri paesi dove il cambiamento fu meno profondo o lento, la corona mantenne poteri assoluti più a lungo (es. Francia). In Inghilterra, il passaggio dall’agricoltura all’industria, spostò il potere economico dalla campagnia alla città e dove si affermò una nuova classe sociale: traeva la propria ricchezza dal commercio e dalla finanza, portando i cittadini ad avere più poteri contrattuali, mettendo in difficoltà la corona sulle tasse, perché non riuscivano più a capire ciò che le persone possedevano, dato che erano più facili da occultare, di conseguenza chi aveva bisogno di soldi dovette firmare dei contratti, aumentando il loro potere decisionale di questa nuova classe sociale, limitandone il potere. Il gioco della modernizzazione: La versione storica della modernizzazione mette in luce come lo sviluppo economico possa influenzare l’interazione tra due attori: la corona (che detiene il potere) e i sudditi (o alcuni di essi). Applicare il gioco della lezione 3 (UVL) all’interazione sociale alla base della versione storica della teoria della modernizzazione. (Antefatto) = siamo in una monarchia e esiste un parlamento dai poteri illimitati che rappresenta i ricchi. Per finanziare una guerra, la corona confisca una parte del loro patrimonio. Parlamentari, hanno tre opzioni: Uscita = smettere di produrre e investire per poter smettere di pagare le tasse, che porta ad un governo assolutista e una economia stagnante. Lealtà = continuare a pagare le tasse, il governo è senza limiti ma avrà un’economia in crescita. Voce (protesta) = pagare la corona solo se restituirà i beni, può aver due ipotesi: ◦ accetta i limiti, quindi si ha un governo limitato e una economia in crescita. ◦ si rifiuta, i cittadini devono decidere tra lealtà e uscita che avranno esiti già simili a quelli già discussi, ma bisogna tenere in considerazione il costo della protesta. Payoff: Corona (C) 1 = valore dei beni espropriati a P. L > 1 = valore della lealtà, che corrisponde al mantenimento delle entrate ordinarie dalle tasse. Parlamentari (P) 0 = valore dell’opzione lealtà. U = risparmio derivante dall’opzione Uscita (non pagare più le tasse). c = costi dell’opzione Voce. 1 = valore delle risorse confiscate che P potrebbe riavere se esercitasse con successo l’opzione Voce. 1 - c = guadagno netto se l’opzione Voce avesse successo. (1 - c) > U = assumiamo che ottenere più potere decisionale e limitare il potere della C abbia un valore maggiore rispetto all’opzione Uscita. Di conseguenza in un paese con un’economia tradizionale, i cittadini hanno scarsa capacità contrattuale nei confronti dei governanti, perciò è possibile che essi mantengano poteri illimitati; invece se ci fosse una modernizzazione dell’economia, ci sarebbe un mutamento nel potere contrattuale di governanti e cittadini, rendendo credibile l’opzione Uscita, portando ad utilizzazre l’opzione Voce attraverso le proteste, per limitare il potere dei governanti —> relazione di dipendenza economica tra governanti e governati. La maledizione delle risorse: Rendite del petrolio e democrazia (diagramma a dispersione, dati anno 2020) I dati dimostrano una relazione tra le due variabili, di segno negativo. Tra quei paesi la quale economia non dipende dal petrolio, il livello di democrazia è molto variabile, perché con alti livelli di rendita petrolifera, corrispondono bassi livelli di democrazia (es. Kuwait, Iraq). La crescita economica, almeno nel breve periodo, rappresenta uno strumento di legittimazione per chi governa, favorendo una democrazia o un’autocrazia. Sviluppo economico, disuguaglianze e democrazia: Lo sviluppo economico da noi misurato è attraverso il pil, ma questo indicatore dice poco rispetto alla reale distribuzione della ricchezza nella società. Alexis De Tocqueville: in paesi dove la ricchezza è distribuita in maniera fortemente iniqua (pochi cittadini ricchissimi, tanti cittadini poveri), chi sta al potere (presubilmente i ricchi) si opporrà alla democratizzazione, in questo caso introdurre la democrazia potrebbbe implicare che i cittadini meno abbienti decidano chi governa, in particolare chi promette di redistribuire la ricchezza, proprio per questo ai paesi con forte disuguaglianze economiche non conviene avere uno stato democratico, per questo i ricchi sostennero colpi di stato, come quello in Argentina nel 1976: la teoria della sopravvivenza dovrebbe quindi tenere conto anche di come la ricchezza è distribuita in una società. Transizioni democratiche: (lezione 10) Uno Stato diventa democratico in maniere diverse attraverso la combinazione di due processi: Liberalizzazione, estensione delle 8 garanzie di Dahl. Inclusione, estensione della partecipazione politica. Questi due processi non avvengono sempre insieme, prima si ha un processo di liberalizzazione (vengono assicurati i diritti civili solo ad alcune fasce della popolazione) a cui solo successivamente è seguita l’inclusione (concessi a tutti). Ondate di democratizzazione: Periodo durante il quale il numero di transizioni verso la democrazia supera in modo significativo il numero di transizioni in direzione opposta (Huntington), ma non tutti i paesi sono rimasti democratici, perché alcuni hanno avuto un periodo di autocrazia, chiamata fase di riflusso: Prima ondata 1828 - 1926: paesi europei, americani e del Pacifico, introducono alcune istituzioni democratiche (a suffragio ristretto), ma hanno avuto una fase di riflusso perché ci sono stati paesi in cui sono tornate per un periodo le dittature (es. Italia - Fascismo). Seconda ondata 1943 - 1962: dopo la fine della seconda guerra mondiale, una buona parte dei paesi europei, alcuni sudamericani e altri che cercano nuove indipendenze (es. India) sperimentano per la seconda volta un processo di democratizzazione, ma è presente un’altra fase di riflusso, in cui in tanti nuovi paesi, verso gli anni ‘60, accadono vari golpe militari oppure partiti che prendono il potere e smettono di fare le elezioni. Terza ondata 1974 - 1999: inizia proprio in questo anno perché la Spagna, Portogallo e Grecia sperimentano la democratizzazione, successivamente raggiunge anche l’America latina a causa di fallimenti di governi autoritari e anche alcuni paesi asiatici (es. Taiwan), che conclude con il collasso dell’Urss, così da instaurare democrazie anche in Africa. Quest’ultima fase determinò un profondo cambiamento nello studio dello sviluppo politico dei paesi, perché molti di essi si pensava diventassero democratici ma invece erano molto lontani da questa forma di governo, dato che non c’erano i perquisiti strutturali (economici, sociali e culturali), ritenuti necessari all’instaurazione di un regime democratico. Nonostante ciò si puo attuare anche senza di essi ma attraverso le preferenze dei cittadini, per questo viene formato un filone di studi chiamato transitologia. Un processo di democratizzazione, avviene in tre fasi più specifiche: Crisi e crollo, di un regime non-democratico, non necessariamente innesca un processo di democratizzazione. Transizione democratica, può essere estremamente breve o può durare degli anni, in cui vengono decise le regole del governo, terminando l’autocrazia con le elezioni democratiche, attraverso: ◦ Processi di riforma (dall’alto), partono dal governo, come in Spagna e Cile. ◦ Processi di rivoluzioni (dal basso), partono dalla popolazione, come in Germania Est 1989. ◦ Negoziato tra governo e opposizioni, meno diffusa, come in Sudafrica. ◦ Intervento esterno, qualche potenza straniera impone l’instaurazione di un regime democratico, come in Germania Ovest. Consolidamento, le nuove istituzioni democratiche diventano l’unica possibilità e tutti i principali attori politici accettano le nuove “regole” del gioco. Processi di riforma (dall’alto): Spesso sono la conseguenza non voluta di un tentativo da parte dell’élite autoritaria di stabilizzare il regime attraverso alcune concessioni politiche, che tuttavia sfuggono al controllo del governo, che si trova costretto a cedere il potere. Si crea una frattura all’interno dell’élite, con due soluzioni per uscire dalla crisi mantenendo il potere: Conservatori, trovano una soluzione alla crisi, resistendo quindi aspettando che passi, senza attuare nessun cambiamento a livello politico. Riformisti, vedono la soluzione attraverso delle concessioni politiche ad alcuni gruppi dell’opposizione, con la cooptazione, così da farli entrare nel regime e farne alleati. Se prevale, entra in gioco l’opposizione che potrebbe accettare questo patto e rinunciare a fare pressioni sul governo, oppure possono mobilitarsi per chiedere più diritti fino alle elezioni. Il gioco della transizione dall’alto: (Antefatto) = in seguito a una crisi, emerge una divisione nell’élite autocratica tra riformisti e conservatori, immaginiamo che i primi siano in maggioranza e prevalgono, possono scegliere se: Mantenere così la situazione (E1). Aprire lo spazio politico, con il partito di opposizione che ha due possibilità: ◦ entrare in una dittatura allargata (E2). ◦ approfittare della maggiore libertà per mobilitarsi contro il governo, così i riformisti possono decidere: ‣ reprimere l’opposizione, che può essere debole e quindi verrà instaurata una dittatura ristretta (E3), però se è forte, la repressione sfocerà in un’insurrezione (E4). ◦ cedere il potere, quindi porta alle elezioni e alla democrazia (E5). Payoff riformisti: Dittatura allargata (5) > status quo (4) > dittatura ristretta (3) > transizione democratica (2) > insurrezione (1). Payoff opposizione: Transizione democratica (5) > dittatura allargata (4) > status quo (3) > insurrezione (2) > dittatura ristretta (1). Una transizione democratica dall’alto è spesso il risultato non voluto di una politica di liberalizzazione da parte dell’élite autoritaria che sfugge di mano, infatti si verifica quando viene sottovalutata l’opposizione (es. Polonia). Transizioni democratiche parte due: (lezione 11) Processi di rivoluzione (dal basso): Sono la conseguenza di una rivoluzione popolare, per ragioni non necessariamente politiche e molto spesso inattese, che porta alla caduta di una dittatura e all’organizzazione di elezioni multipartitiche, che vanno a sancire il termine della transizione democratica. Sono considerate rare per vari fattori: Paura di esprimere il proprio pensiero politico, per timore di conseguenze terribili. Adattamento alle preferenze, nel momento in cui ci si trova in una situazione di non libertà, ci si adatta alla condizione dato che è pericoloso cambiare le cose (sindrome della volpe e dell’uva). Problemi di coordinamento, spiegata attraverso la teoria dell’azione collettiva, compiuta da un insieme di individui che si coordinano tra loro per raggiungere un obbiettivo, come produrre un bene comune, con due caratteristiche distintive: ◦ non escludibile, una volta prodotto non è possibile limitarne la fruizione alle sole persone che l’hanno prodotto, ma diventa per tutta la comunità. ◦ non rivale, il suo consumo da parte di un individuo non limita o impedisce la possibilità che anche altri individui lo consumino (es. illuminazione stradale). Produrre un bene pubblico attraverso un’azione collettiva implica un costo, che ciascun cittadino dovrà sostenere: se il bene viene prodotto vale 1, quindi gli individui riceveranno 1 - c, ma se l’azione collettiva fallisce gli individui ricevono 0 - c; coloro che hanno beneficiato degli effetti dell’azione collettiva, senza partecipare il guadagno netto è pari a 1, poiché anche se fallisse non ci sarebbe nessuna perdita perché non hanno versato denaro, quindi si riceve 0 —> Free riding (opportunismo), in questo modo l’azione collettiva fallirà e il bene pubblico non sarà prodotto, facendo emergere problemi di coordinamento tra gli individui. La democrazia può essere vista come un bene pubblico, dato che tutti ne godono, a prescindere dal fatto che abbiamo contribuito a conquistarla: il costo del bene pubblico, quindi la democrazia, per i cittadini consiste nel rischio derivante dal protestare in un paese in cui la libertà di espressione non è garantita (repressione). Perciò ogni cittadino ha due strade: Partecipare alle proteste (costo = repressione), contribuire alla conquista della democrazia, sapendo però che potrebbe fallire. Non partecipare alle proteste (no costi), e aspettare l’esito finale (free riding), che dipende da quanti cittadini decidono di cambiare le cose, se sono troppi pochi rimane l’autocrazia. Gioco delle proteste: Payoff Democrazia è un bene pubblico: D > 0 Numero di individui necessari al successo della protesta: P Numero di cittadini totali che potrebbero partecipare: N Ottenerlo implica il ricorso a un’azione collettiva di protesta, che implica un costo: C > 0 Assumiamo che i vantaggi della democrazia siano superiori ai costi: D > C > 0 L’azione collettiva (protesta) avrà successo solo se parteciperanno almeno P cittadini di una società che si compone di N individui (P > N). Quindi una persona, parteciperà solo se ritiene essere necessario al successo della rivoluzione, aumentando le sue aspettative rispetto al comportamento altrui. In particolare minore è P rispetto a N, quindi sono tante le persone che potrebbero partecipare (N) e relativamente poche quelle che servono davvero (P): in questo caso si pensa che anche senza il proprio contributo, si raggiungerà comunque il numero necessario per la vittoria di una protesta (free riding). Molto spesso N rappresenta anche il numero totale dei cittadini di un’intera popolazione di uno Stato, infatti è sempre grande, al contrario P è solitamente più piccolo, poiché rappresenta alcune decide/centinaia di migliaia di persone), per questo molto spesso prevale l’idea di aspettare l’esito finale —> difficoltà nell’organizzare una protesta vittoriosa. Talvolta quest’ultime hanno successo, dato che ciascun individuo ha una soglia rivoluzionaria, ovvero il numero minimo di altre persone che partecipano a una protesta, raggiunto il quale un individuo è disposto a partecipare: Lealisti, si uniscono alla protesta solo quando è evidente che il regime cadrà (soglia di riv. molto alta). Dissidenti, si oppongono indipendentemente dal fatto che gli altri lo fanno (soglia riv. molto bassa). Altre persone, disposte a partecipare solo se altri sono già nelle piazze, ma ci sono eventi che potrebbero farli opporre come crisi economiche (soglia riv. intermedie e mutevoli). In questo caso si può innescare una cascata rivoluzionaria, che potrebbe favorire lo sviluppo di una protesta e far cadere il regime. La dimensione internazionale dei processi di democratizzazione: Gli attori esterni (es. Stati, organizzazioni internazionali) possono influenzare in molti modi il processo di democratizzazione di un paese: Effetto dimostrativo, la democratizzazione di uno stato può innescare cambiamenti politici in altri paesi, soprattutto se vengono percepiti come “simili” o sono vicini (effetto valanga), come con la primavera araba (2010 - 2012). Intervento diretto, non hanno molto successo, ma può avvenire attraverso vari modi: ◦ bassa coercizione, quindi con un’assistenza finanziaria/tecnica e incentivi (es. adesione all’UE). ◦ media coercizione, attraverso pressioni diplomatiche e aiuti allo sviluppo. ◦ alta coercizione, con sanzioni e invasioni militari (es. Usa in Iraq nel 2003). Processi di autocratizzazione: (lezione 12) La terza ondata di democratizzazione e il suo carattere globale ebbero un forte impatto sulla percezione degli studiosi rispetto al futuro della democrazia, poiché negli anni ‘90 si generò un forte ottimismo, rispetto ad una fase più realista negli anni 2000, con la diffusione dei regimi ibridi, con alcuni elementi democratici ma allo stesso tempo rimangono presenti degli elementi autocratici. Nell’arco di pochi anni si capisce che questi regimi sono autoritari, mascherando la vera natura di essi (autocrazie elettorali), sviluppando delle strategie di resilienza autoritaria rispetto alla forte democratizzazione generale. Fino ad arrivare al dichiarato pessimismo (2010), attraverso un declino della democrazia internazionale. L’autocratizzazione è l’opposto della democratizzazione, quindi è un processo che rende l’esercizio del potere più arbitrario e repressivo, restringendo lo spazio per la competizione e la partecipazione politica: si pensa che sta avvenendo una terza fase di riflusso. Questo processo è avvento in Africa sub sariana (23%), Asia (23%), Balcani e nei paesi ex - comunisti (27%), di meno nell’America latina (20%), come Serbia, Russia, Venezuela. Nell’ultimo decennio molti paesi democratici, pur non essendo totalmente autoritari, stanno diventano regimi ibridi (es. Ungheria). Altri paesi autocratici in cui la pressione negli ultimi anni è aumentata, soprattutto dal 2020, cogliendo l’occasione della pandemia per imporre ulteriori restrizioni per i cittadini, che vennero mantenute, come controllo della privacy e della libertà personale. Numero di transizioni di cambiamenti di regime dalla democrazia all’autocrazia, supera le transizioni nello stesso periodo al contrario. La maggior parte dei paesi che hanno sperimentato questo tipo di processo, erano delle nuove democrazie o democrazie elettorali. I limiti al governo e le libertà di espressione/associazione, indicano come è avvenuto questo riflusso autoritario in cui chi governa ha meno regole da seguire espandendo il loro potere indebolendo le istituzioni che dovrebbero controllarli e limitarli, nonostante vengano eletti (governo blando). Negli ultimi anni vennero instaurati regimi militari, come conseguenza ai colpi di Stato, la maggior parte avvenuti in Africa sub sariana, in particolare in Sael e l’unico caso non africano è in Myanmar. Il motivo per cui è presente questo nuovo riflusso autoritario, hanno a che vedere con: Impoverimento, aumento delle disuguaglianze economiche (grande recessione). Polarizzazione politica, ovvero le persone tendono ad allontanarsi dalla politica, a causa della vincita di un partito non supportato. Intolleranza verso le minoranze, come ricerca di capri espiatori. Autocrazia come modello di efficienza, vedere un modello autoritario che sembra funzionare (es. Cina), dimentanicando gli altri che non funzionano. Aumento di consensi a leader/partiti più autoritari, senza metterlo troppo in evidenza, danno risposte semplici a problemi complessi (“datemi più potere e vi risolvi i problemi”). Questo porta a un fascino per l’autoritarismo, dato che cresce nei cittadini l’insoddisfazione verso la democrazia, soprattutto nei giovani e nei paesi più democratici (es. Usa). Regimi e condizioni di vita: (lezione 13) La forma di regime politico di un paese è la variabile indipendente, cioè quel fattore che potrebbe avere conseguenze su un determinato fattore (diversa da prima che era considerata una var. dipendente), in base ad alcune ipotesi: Politiche, disincentiva la corruzione, minore propensione di guerre civile e tra Stati. Economiche, favorisce la crescita economica, poiché la maggior frequenza con cui si cambia il governo, indica cambiamento e innovazioni. Sociali, i governanti sono incentivati a prendersi cura dei propri cittadini, di conseguenza diminuisce l’estrema povertà, favorisce l’adozione di politiche redistributive e hanno una maggiore propensione a investire nei servizi sociali (es. sanità, istruzione). Ad alti livelli di democrazia corrispondono buoni risultati nel settore della sanità, ma ci sono regimi non democratici che hanno performance alte come quelle democratiche (maggiore variabilità). Quindi è una condizione sufficiente a migliorare le condizione di vita dei cittadini, ma non necessaria. Democrazia e benessere dei cittadini: Alcuni argomenti teorici mettono in evidenza alcune caratteristiche fondamentali della democrazia: 1. Accountability verticale, nelle democrazie il meccanismo elettorale richiama gli elettori a votare in una competizione elettorale, quindi i cittadini hanno la possibilità di comunicare come il governo ha agito negli scorsi anni, confermando il proprio sostegno, oppure votando qualcun’altro. 2. Empowerment dei cittadini meno abbienti, le elezioni danno potere alle classi medie/medio-basse, perciò un governo dovrebbe promuovere i loro interessi. 3. Comunicazione tra cittadini e governo, una maggiore libertà di espressione favorisce la conoscenza dei bisogni della società per chi sta al governo. Però ci sono degli argomenti che le mettono in discussione: viene affermato che la forma di regime non conta, ma invece sia più importante l’ideologia di chi governa, quindi investire nei servizi sociali viene percepito come il capitale umano di una nazione, di conseguenza persone con una salute migliore avranno una popolazione che produce di più; viene sostenuto che l’autoritarismo può essere utile, per lo sviluppo di una nazione, soprattutto nelle fasi iniziali a cui le persone possono non essere d’accordo, necessarie per il lungo periodo. Teoria del selettorato: Proposta in un libro chiamato la “Logica della sopravvivenza politica” di Brunei de Mequita (2003), in cui spiega la maggiore e minore predisposizione dei governanti a investire nel benessere dei cittadini per restare al potere, attraverso: Modalità di selezione dei leader, dipende dalle regole che nel proprio paese determinano come si diventa capo di governo e come si mantiene. Investimenti nei servizi sociali, potrebbero diventare uno strumento più o meno utile a seconda delle diverse regole con cui i leader si confrontano per mantenere il potere. Non si concentra sui paesi democratici o autocratici, ma su alcune variabili istituzionali più specifiche, ciascun sistema politico si dà delle regole che determinano come si seleziona il capo di governo per stabilire: Selettorato (S), quali e quanti cittadini hanno diritto a partecipare alla selezione dei leader (es. maggiorenni). Coalizione vincente (V), sottoinsieme del selettorato, determinato dal sostegno del numero di membri necessari per la vittoria di un leader e la sua permanenza (poco più del 50%). Per mantenere il potere, un leader deve: Formare una coalizione vincente, cercando nel Selettorato il sostegno di un numero pari a V di membri di S, salendo al governo grazie ad essi. Mantenere il sostegno di V, se anche uno solo di loro perde il sostegno, quel leader perde il potere, preso successivamente da uno sfidante, per evitare che ciò accada il governatore deve investire le risorse dello Stato, in alcuni casi deve investire tanto in altri il contrario: ◦ beni privati, distribuiti esclusivamente ai propri sostenitori, quindi V (es. soldi e posti di lavoro). ◦ beni pubblici, di cui tutti possono beneficiare (es. sanità pubblica). Un leader investe in base a quanto le persone di V sono leali al governatore, quindi maggiore la lealtà, minore gli investimenti necessari di conseguenza la lealtà indica la propensione dei membri di V a non defezionare (non far cadere il governo): perciò un membro dell’attuale di V farà cadere il governo solo se ha buone probabilità di entrare nella V di uno sfidante e godere di benefici associati rispetto al leader precedente. V/S = probabilità di entrare in V —> regola della lealtà In conclusione minore il numero di individui necessari a formare V rispetto al numero di individui che potrebbero farne parte, quindi S; più i membri dell’attuale V sono leali, minore di conseguenza sarà la necessità di investire nel loro sostegno, in contrario se V è maggiore in numero di membri di S è necessario investire maggiormente le risorse a disposizione per mantenere la loro fedeltà. Un leader investe in beni pubblici o privati in base a quanti sostenitori sono necessari a quest’ultimo per rimanere al potere (coalizione vincente), perciò data una quantità finita di risorse, se deve essere distribuita a un grande numero di persone, diminuisce la quantità: Maggiore sono i membri di V, minori sono le quantità di benefici di beni privati. Al crescere del numero di sostenitori di V, diminuisce la convenienza di beni privati, parallelamente aumenta la convenienza di investire in beni pubblici. S+ e V+ —> tanti investimenti in beni pubblici. S- e V- —> tanti investimenti in beni privati. S+ e V- —> pochi investimenti di beni privati. ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~ Forme di governo democratico: (lezione 16) Quei regimi similmente democratici possono assumere diverse forme specifiche, per questo si parla di varietà di democrazia, con diversi assetti istituzionali, funzionando in maniere diverse. Il governo: Governare uno stato significa prendere decisioni pubbliche e autoritative (es. leggi), che valgono per tutti i cittadini e sono vincolanti. Invece il governo è un insieme di individui intitolati (organo collettivo) a gestire lo stato e per il suo conto: Capo del governo, hanno il compito di formare il governo e la sua direzione politica attraverso la proposta e l’esecuzioni delle leggi (potere esecutivo). Ne fanno parte: ◦ Primo ministro. ◦ Premier. ◦ Presidente del consiglio dei membri. ◦ Cancelliere. ◦ Presidente. Consiglio di ministri, in cui ogni ministro ha l’incarico di amministrare uno specifico settore di politiche pubbliche (es. istruzione, salute). Talvolta vengono anche nominati ministri senza portafoglio incaricati di gestire questioni importanti (es. pari opportunità) che sono trasversali a vari dicasteri (ministeri). Nel momento in cui i cittadini danno il potere di essere governati, sta avvenendo una delega: si verifica quando una persona o un gruppo (cittadini ~ principale) affida ad un’altra persona o gruppo (politici ~ agente) il compito di agire per suo conto. Come qualsiasi cosa, la delega implica dei rischi e vantaggi: Vantaggi, ◦ benefici legati all’avvalersi di competenze altrui. ◦ riduzione di costi personali e dello sforzo. Costi d’agenzia, ci sono due tipi di rischi: ◦ selezione avversa, al momento della scelta spesso non si sanno abbastanza informazioni riguardo a chi si vuole votare, infatti una volta selezionato, non è quello che ci si aspettava. ◦ azzardo morale, dopo l’aver scelto, non sempre è facile sapere cosa fanno questi politici. Per questo le democrazie hanno adottato alcuni strumenti per ridurre questi rischi: Competizione elettorale, per assegnare il ruolo di agente. Monitoraggio dell’agente, a cui viene delegato il compito di delegarci. Forme di governo: In base alla forma di governo, le democrazie si differenziano in base alla persona al governo, come sale e come rimane al potere, per questo possono essere classificate in: Democrazia parlamentare La forma di governo più diffusa al mondo, in cui il capo del governo è il primo ministro nominato dal capo dello Stato (CdS non è parte del governo e non è responsabile) e sostenuto da un parlamento eletto dai cittadini, che rimarrà in carica finché avrà il sotesgno di una maggioranza del parlamento, oppure non oltre successive elezioni. Il centro del potere politico risiede nel parlamento, eletto dai cittadini, determina la sopravvivenza politica di un governo —> responsabilità legislativa. Il governo deve godere del supporto o della fiducia del parlamento (50% + 1), che può essere ritirata in qualsiasi momento e senza nessuna ragione specifica attraverso il voto di sfiducia con la stessa maggioranza, successivamente prova a formare un nuovo governo, ma se non è possibile, il capo dello Stato scoglierà il parlamento imponendo il ritorno alle elezioni: questo è lo strumento con cui mostra la propria superiorità. In alcuni paesi (es. Germania, Spagna) utilizzano il voto di sfiducia costruttivo, in cui il palermento propone un voto di sfiducia indicando un governo alternativo e una maggioranza, così da instaurare immaediatamente un nuovo governo. Invece in Italia, viene previsto il voto di fiducia, ma è uno strumento in mano del governo per ricompattare una maggioranza divisa o forzare il passaggio di leggi su cui non tutta la maggioranza è accordo, paventando il rischio di nuove elezioni in caso il governo non ottiene la maggioranza in questo voto, che successivamente si deve dimettere. La necessità di formare un nuovo governo emerge in due principali circostanze: Successivamente alle elezioni legislative, quindi si insidia un nuovo parlamento. Nel periodo di due elezioni legislative, in seguito alla caduta di un governo (sfiducia). Viene scelto un formatore (PM designato, solitamente il leader del primo partito che ha ottenuto il maggiore dei voti), il quale compito è di formare un governo: una volta disegnato in alcuni paesi vi è un voto di investitura, tramite cui si verifica che sia effettivamente sostenuto dalla maggioranza del parlamento, successivamente il CDs nomina ufficialmente il governo, che sarà libero di esercitare le sue funzioni fino alla prossima elezione legislativa o a un voto di sfiducia. Questo passaggio della nomina di un nuovo governo, si ha attraverso un governo provvisorio, che per consuetudine si occupa solo degli affari correnti. Democrazia presidenziale: Il capo del governo è anche il capo dello Stato chiamato presidente, eletto direttamente e talvolta indirettamente dai cittadini per una durata di tempo prestabilita. Inoltre il governo non ha alcun tipo di rapporto di interdipendenza con il parlamento (≠ democrazia parlamentare), ma dipendono solo dai cittadini. Il parlamento non può sciogliere la legislatura e quest’ultima non può rimuovere il presidente (se non per infermità o atti criminali). Elezioni presidenziali —> sono sempre il punto di partenza nella formazione di un governo. Formazione del governo —> il presidente è sempre il formatore del governo, poiché non è necessario il sostegno della maggioranza legislativa, quindi quest’ultimo ha più discrezionalità e libertà nella scelta dei ministri, tanto nella capacità di sostituirli. Così però si formano dei governi divisi, cioè governi di minoranza in cui una maggioranza della legislatura si oppone esplicitamente al presidente. Durata del governo —> il presidente rimane in carica fino alla fine del mandato, in caso du decesso/dimissioni, viene sostituito dal vicepresidente (no Zambia). È anche presente un limite di mandato in costituzioni di molti paesi, che stabiliscono il massimo di mandati che un presidente può servire (di solito due). Democrazia semipresidenziale In un sistema semipresidenziale (governo misto) il potere del governo è (con-)diviso tra: Primo ministro, tenuto in carica da un parlamento. Presidente eletto, dal popolo. L’equilibrio di potere tra presidente e PM varia molto da paese e paese. Sistemi a tendenza parlamentare: Il potere del governo è di fatto nelle mani del primo ministro, in cui il presidente non può destituirlo, che risponde solo al parlamento (es. Iralanda) Sistemi a tendenza presidenziale: Il governo dipende sia dal parlamento sia dal presidente, il quale ha potere di licenziare il governo (responsabilità presidenziale), quindi il presidente in carica è la carica politica più potente (es. Francia). La natura duale dei sistemi semi presidenziali implica la possibilità che si verificano periodi di coabitazione, ovvero quando il presidente e il primo ministro (di un altro partito) appartengono a diversi partiti e non alleati; pero il partito del presidente non controlla la maggioranza del parlamento. Questa situazione si crea quando le elezioni parlamentari e presidenziali non avvengono simualtanamente, che portano a conflitti, quindi il presidente puo sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni.