Che rimane del basso Medioevo PDF
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Questo documento parla del basso Medioevo in Italia, analizzando temi come le città comunali, le crociate, le guerre e le banche. L'analisi si concentra sullo sviluppo sociale ed economico del periodo, mettendo in evidenza le sue particolarità e le sue connessioni con la modernità.
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Che rimane del basso medioevo Basso medioevo o anticipo della modernità? Il periodo di tempo che va dal 1100 al 1492 è ancora medioevo, oppure possiamo notare già i segnali di quella che sarà l’età moderna? Abbiamo più volte sottolineato che il “medioevo” è una convenzione, un lungo e complesso p...
Che rimane del basso medioevo Basso medioevo o anticipo della modernità? Il periodo di tempo che va dal 1100 al 1492 è ancora medioevo, oppure possiamo notare già i segnali di quella che sarà l’età moderna? Abbiamo più volte sottolineato che il “medioevo” è una convenzione, un lungo e complesso periodo che abbraccia 1000 anni dalla dissoluzione dell’impero romano alle scoperte geografiche della fine del 1400, ma che soprattutto è un fatto completamente europeo, non esiste un “medioevo” cinese, indiano, arabo (anzi la società araba si sviluppò enormemente proprio durante il medioevo europeo, e lo stesso si può dire di quella cinese). Si può però notare che il basso medioevo contiene chiaramente i semi e germi della nuova Europa e quindi della modernità occidentale. Ne vedremo alcuni, in una prospettiva di “lungo periodo” cioè passando da un secolo all’altro. La società comunale in Italia e il fallimento dell’unità politica nell’Italia meridionale L’Italia nel corso dei secoli X, XI, XII e XIII (dal 900 al 1200) vide uno sviluppo poderoso, una ripresa demografica, dei commerci, e dell’urbanizzazione. Questo però avvenne inizialmente grazie alle città dedite ai commerci nel Mediterraneo, Genova, Venezia, Amalfi (in Campania), Pisa, le città marinare. L’aumento dei traffici, della disponibilità di merci, fece rifiorire le città che si trovavano sulle direttrici delle strade più importanti (Firenze, Siena, Milano, Bologna, Padova ad esempio) ma anche quelle che si trovavano in posizioni strategiche a difesa di ampi territori ora alleate con il Papa ora con l’imperatore (Torino, Mantova, Ferrara, Urbino, Perugia). In queste città sorsero per prime le istituzioni comunali, il “comune” riprendeva il modello politico e amministrativo dell’antica repubblica romana (prima dell’impero), copiandone i nomi, per cui ci si poteva trovare un “senato”, dei “consoli”, nominati dalle famiglie più importanti di origine nobile o borghese che si erano trasferite in città. Infatti i comuni non sono solo come a volte si pensa abitati e amministrati dai “borghesi” (gli abitanti ricchi del “borgo”, commercianti e proprietari delle manifatture, spesso banchieri) ma anche da una nobiltà feudale (uomini d’armi, cavalieri) che costruiscono le loro case (spesso fortificate in forma di torri) nelle città. Vedi San Gimignano Vescovi-conti, dogi, podestà, capitani di ventura La storia comunale italiana è complicatissima, ricordiamo solo alcuni aspetti: A Genova e Venezia prevalse un’oligarchia borghese che si esprimeva in un Gran consiglio, (un’assemblea dove sedevano i delegati di poche famiglie) che nominava un “doge” (cioè un capo, un “duce” in latino) In altri comuni le istituzioni del comune erano legate ai delegati delle principali corporazioni (le corporazioni legavano in un contratto i componenti di una stessa attività artigianale, mercantile o di altro tipo) che spesso nominavano come “capo”, oggi diremmo “sindaco”, un “podestà” di un’altro comune, quindi almeno sulla carta neutrale. Oppure, come a Firenze, erano di fatto governate da una famiglia dotata di grandi risorse economiche e prestigio ( i Medici ad esempio) che mantenevano le istituzioni delle assemblee ma di fatto manovravano la politica interna ed estera. In altri casi i comuni si affidavano a capitani di ventura cioè a uomini d’armi, cavalieri, che erano in grado di fornire eserciti di mercenari a difesa della città, i quali poi potevano impadronirsi del potere dando vita a “signorie”. Guelfi e Ghibellini In origine si trattava delle due fazioni (guelfi i duchi di Baviera, ghibellini la dinastia degli Hohenstaufen di Svevia) che si contendevano in Germania il trono imperiale, in seguito in Italia indicò chi parteggiava per il papa (guelfi) e chi per l’imperatore (ghibellini). I comuni italiani si divisero spesso anche al loro interno, le vicende che costrinsero Dante all’esilio ne sono un esempio. Spesso l’imperatore, come Federico I Barbarossa (un Hohenstaufen, perchè in Germania prevalsero gli Svevi) si scontrò con i comuni italiani, ad esempio contro Milano che fu assediata più volte. Federico non intendeva riconoscere l’indipendenza di Milano, che batteva moneta, eleggeva i suoi governanti e si dava leggi in autonomia. Tuttavia Federico e i suoi successori non riuscirono mai a piegare del tutto i comuni, Milano seppe anche opporsi con le armi, conducendo in battaglia un carro (il “carroccio” ) pavesato di bandiere e simboli araldici delle città che rivendicavano la libertà (un specie di simbolo che rafforzava l’identificazione ideale dei soldati, una forma di propaganda) Al sud dell’Italia Nel sud Italia (Sardegna esclusa, che era divisa in Giudicati, quello che rimaneva della dominazione bizantina, ma che conosceva l’esperienza comunale ad esempio a Sassari) non ci fu l’esperienza comunale. La Sicilia dal 700 al 1090 fu occupata dagli arabi, mentre il resto era in mano ai Longobardi. Successivamente i Normanni sconfissero gli Arabi e i Longobardi dando vita ai regni di Napoli e Sicilia. In seguito questi due regni vennero retti sino al 1250 dall’imperatore Federico II che era normanno da parte di madre e nipote di Federico Barbarossa, quindi uno svevo. Il papa Innocenzo III aveva protetto ed educato Federico II da bambino, con l’intenzione di esercitare su di lui un controllo una volta nominato imperatore e re di Napoli e Sicilia. Innocenzo III è un papa non diverso da Gregorio VII o da Bonifacio VIII (di quest’ultimo parleremo dopo), cioè un papa che vuole esercitare un potere politico assoluto, nel suo caso si è usata l’espressione “ierocrazia” (iero=sacro, crazia=governo) ovvero l’esercizio del potere spetta al clero, a chi si occupa del sacro, e quindi al papa. o se si preferisce teocrazia. Le crociate Non possiamo dedicare spazio alle crociate, si tratta di un argomento molto complesso e che si sviluppa nel corso di più secoli. In generale le crociate sono spedizioni di cavalieri che in nome della “croce”, cioè della difesa della cristianità, si rivolgono contro i territori governati da Stati, città, regni musulmani. La principale e più importante crociata fu quella che si concluse nel 1099 con la conquista di Gerusalemme (il Santo Sepolcro di Cristo). Ma di crociate se ne fecero molte per ragioni non sempre religiose, spesso animate da fanatismo, a volte da vero e proprio opportunismo, nel senso che chi partiva in armi aspirava a fare bottino delle città conquistate impadronendosi di terre, castelli, feudi, oppure interi regni come accadde durante la quarta crociata che invece che Gerusalemme conquistò Bisanzio trasformandola per un po’ di tempo nell’Impero latino d’oriente. Altre volte le crociate si rivolsero all’interno dell’Europa contro comunità dichiarate eretiche come gli Albigesi in Francia Guerre e denaro: le banche Le crociate sono state qualcosa di “molto medievale”, cariche di fanatismo religioso ma anche di individualismo ( i cavalieri andavano in guerra con i loro vassalli, scudieri e a volte servi e familiari), molto anarchiche e confuse. Dal punto di vista degli storici arabi (abbiamo molte testimonianze letterarie) i crociati apparivano come barbari rozzi e feroci. Ci fu però chi visse all’ombra delle crociate, ovvero i mercanti borghesi italiani che a volte finanziavano o traevano vantaggi dalle spedizioni (ad esempio usufruivano di una tratta commerciale protetta dai crociati) accumulando grandi ricchezze. Queste costituirono capitali che (insieme al commercio regolare) permisero la nascita delle banche, istituzioni mai viste prima. Per il cristianesimo medievale prestare denaro con interessi era considerato un peccato mortale (Dante colloca i prestatori di denaro, gli usurai, all’inferno), ma sia le crociate sia in seguito la necessità militare dei comuni italiani e dei primi sovrani degli Stati nazionali, nonché le esigenze dello stesso papato, “sdoganarono” l’usura. I primi banchieri furono genovesi, toscani e lombardi. In Francia “lombardo” divenne sinonimo di usuraio e a tutti è noto lo stereotipo del genovese avaro e attaccato al denaro. La nascita delle banche portò con sé l’esperienza della bancarotta, cioè del fallimento economico, che poteva toccare al mercante che non restituiva i soldi ma anche al sovrano (che risolveva la bancarotta con le tasse o con la guerra). Le banche poi resero possibile la guerra in senso moderno, dove i soldati erano pagati, e il successo in battaglia non dipendeva più dalla fedeltà dei vassalli e dal loro valore ma da quanti soldi si potevano ottenere in prestito per armare un esercito e pagare i migliori capitani di ventura. La cultura laica e le università L’università, cioè un luogo di cultura e di studio sottratto alla chiesa, frequentato da laici e non da monaci, nasce nel basso medioevo, ma è un esempio di istituzione che anticipa la modernità. La prima università è quella che nasce nel XII secolo a Bologna. Il termine latino universitas (l’istruzione si svolgeva in latino) indica l’insieme delle nationes, cioè delle nazionalità, meglio ancora degli studenti provenienti dalle varie regioni dell’Europa intera. In effetti in origine l’università era paragonabile ad una corporazione che riuniva gli studenti, dietro iscrizione, in una associazione che “trattava” i compensi e l’organizzazione delle lezioni con i docenti. L’istruzione, divenuta laica, si orienta in origine sullo studio del diritto e della medicina. Medici e giuristi trovavano poi collocazione nelle cancellerie e nelle corti feudali, signorili, imperiali e reali in genere. Ma anche potevano sfociare in attività autonome come quella notarile. La presenza dei notai segnala lo sviluppo dei traffici, dei commerci, delle attività economiche di compravendita di ogni tipo che accompagna lo sviluppo sociale ed economico del basso medioevo. La nascita degli Stati nazionali e la crisi del papato Una grande novità del basso medioevo e quindi anticipatrice della modernità è la nascita degli stati nazionali, cioè di regni di ampie dimensioni governati da una dinastia di re che governa una popolazione che diventa sempre più omogenea. Questo fenomeno farà andare in crisi l’ideale dell’impero universale. Il primo esempio sta nello scontro tra il Papa Bonifacio VIII e il re di Francia Filippo IV il bello. Il re stava rafforzando il suo potere e decise di tassare il clero francese, Bonifacio VIII (che era diventato papa dopo la rinuncia di Celestino V, che si era dimesso dopo i vani tentativi di riformare una chiesa corrotta e dedita alla simonia e al nepotismo) si oppose scomunicandolo. Ma al contrario di quanto era accaduto a Enrico IV (che era persino un imperatore) Filippo convocò un’assemblea (gli Stati generali) composta dai delegati del Clero, della nobiltà, della borghesia, a cui chiese l’appoggio contro le pretese del papa. Quindi inviò una spedizione per catturare il papa (l’oltraggio di Anagni nel 1303, città dove il papa si era rifugiato) umiliandolo senza però riuscire a prenderlo. Alla morte di Bonifacio, dopo una breve parentesi, Filippo riuscì a far eleggere un papa francese che trasferì la sede del papa da Roma ad Avignone, in Francia. Giubileo e cattività avignonese La contraddizione: da un lato Bonifacio prima di essere umiliato da Filippo aveva promulgato il giubileo, nel 1300, l’anno Santo, nel quale il pellegrino che si recava a Roma otteneva il perdono dai peccati per sé e i suoi cari (l’indulgenza), aveva quindi codificato il suo potere addirittura sull’aldilà rafforzando l’invenzione teologica del purgatorio ma aprendo anche alla corruzione di chi pensava di poter pagare per avere il perdono. Dall’altra dopo Bonifacio il papato si trovò a svolgere le sue funzioni in una città straniera, sotto l’influenza dei re francesi, con grande scandalo da parte della cristianità. Cattività avignonese vuol dire “prigionia” ed esilio come quella che subirono gli ebrei raccontata nella Bibbia. L’esilio del papato durò fino al 1377 ed ebbe momenti drammatici quando, tornato il papato a Roma, i cardinali francesi continuarono ad eleggere papi ad Avignone, producendo confusione e scontri tra i fedeli e i sovrani che si schieravano per il papa di Roma o quello di Avignone. Alla fine di questa sarabanda di papi la funzione del papa assomigliò sempre più a quella di un sovrano di un territorio (Roma al centro dello Stato della chiesa) e cessò quindi la sua contrapposizione netta con l’imperatore, anche perché ormai accanto all’imperatore c’erano i sovrani dei vari stati nazionali. Inoltre venne stabilito ( bolla d’oro del 1356) che la nomina dell’imperatore (che ormai non era niente più che il re dei tedeschi con capitale Vienna) dovesse essere fatta da tre vescovi tedeschi e quattro principi (sempre tedeschi): i 7 grandi elettori. Questo escludeva del tutto il papato dalla nomina. Spagna, Francia e Inghilterra La Spagna moderna nasce dalla sconfitta del 1212 degli arabi, a cui segue la nascita di stati iberici che finirono per unificarsi (Federico d’Aragona sposando Isabella di Castiglia unirono i due principali), in nome della difesa del cristianesimo. Ciò determinò la persecuzione di musulmani ed ebrei costretti a convertirsi. In seguito, accusati di continuare a praticare la loro originaria religione, chiamati “marrani” cioè maiali, verranno uccisi ed espulsi con la forza dal paese nel corso del 1400, in nome della limpieza de sangre, cioè l’essere discendenti non puri di spagnoli (primo esempio di razzismo in Europa), cioè di non avere “sangue limpido”. Francia ed Inghilterra nascono invece dall’esito della interminabile guerra dei cent’anni combattuta tra il 1337 e il 1453. Si trattò di una guerra feudale complessa che oppose i re inglesi (che di fatto risiedevano in Francia essendo vassalli dei re francesi) ai re francesi. Si trattò quindi di una complicata guerra dinastica e per il controllo di ampi feudi francesi. Si concluse con la cacciata dei re inglesi dal territorio francese, questo rafforzò la monarchia francese e trasformò la monarchia inglese in una monarchia insulare. La complessità della guerra si può percepire dall’ampiezza della pagina wikipedia ( che vi linko per vostra curiosità qui in un punto quella pagina però dice con chiarezza quali furono le conseguenze La guerra dei cent'anni coprì per intero l'ultimo scorcio del Medioevo e di conseguenza Inghilterra e Francia (in particolare quest'ultima) alla fine del conflitto apparivano molto differenti rispetto a prima. L'Inghilterra si trasformò, in seguito alla pace finale, da potenza con forti interessi sulla terra ferma a stato marittimo del tutto tagliato fuori dalle vicende continentali. Gli stravolgimenti maggiori si ebbero però in Francia: se all'inizio del Trecento il regno aveva un'impronta fondamentalmente feudale e la corona deteneva solo un potere limitato, a metà Quattrocento un esercito permanente aveva soppiantato le milizie feudali e cittadine, l'autorità regia rappresentata dai balivi si era estesa a tutto il territorio ed era stata creata una fiscalità centrale. Il potere dei feudatari inoltre era stato notevolmente limitato e non erano più presenti possedimenti stranieri (con le uniche eccezioni di Calais e della Borgogna) all'interno dei confini.[