Anatomia Patologica del Collo dell'Utero - PDF
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Leonardo Resta, Maddalena Ruggieri
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Questo documento presenta una descrizione anatomica e patologica del collo dell'utero, analizzando gli epiteli, la giunzione squamo-colonnare e le principali patologie infiammatorie. Tra le tematiche esplorate sono comprese le diverse tipologie di epitelio, la loro differenziazione e le teorie ormonali e infettive relative alle modificazioni della giunzione.
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ANATOMIA PATOLOGICA E PATOLOGIA CLINICA prof. Leonardo Resta e prof.ssa Maddalena Ruggieri ANATOMIA PATOLOGICA 1 COLLO DELL’UTERO: sporge in vagina, non immediatamente dietro, ma è posto con un angolo di 70° rispetto la parte anteriore della vagina, per...
ANATOMIA PATOLOGICA E PATOLOGIA CLINICA prof. Leonardo Resta e prof.ssa Maddalena Ruggieri ANATOMIA PATOLOGICA 1 COLLO DELL’UTERO: sporge in vagina, non immediatamente dietro, ma è posto con un angolo di 70° rispetto la parte anteriore della vagina, per cui il fornice posteriore è più profondo rispetto quello anteriore, mentre i due laterali sono intermedi. Il fornice rappresenta la parte della vagina che risale a livello del collo dell’utero. Il collo dell’utero è suddiviso in : PORTIO, posta nella stessa vagina, rappresenta tutto quello al di sotto dei fornici, per cui va dai fornici fino all’orificio uterino esterno, a livello del quale comincia il canale cervicale CANALE CERVICALE, un cilindro che segue alla portio, dall’orificio uterino esterno fino all’istmo, dove comincia la cavità del corpo dell’utero. NB: nella primi/pluripara, l’orificio uterino esterno non è puntiforme, circolare, ma ha l’aspetto di una fessura, per cui si distingue una parate o labbro anteriore sulla faccia anteriore della vagina, più voluminoso, e un labbro posteriore. 1 L’epitelio che riveste la portio è un epitelio pavimentoso pluristratificato, cioè presenta uno strato basale, vicino la membrana basale, composto da cellule piccole immature, che si moltiplicano, in quanto indifferenziate, le cui cellule figlie restano indifferenziate e nello stesso strato basale, o cominciano a maturare. Sopra lo strato basale, invece, vi sono uno o due strati parabasali, cellule che non si moltiplicano. Vi sono poi 5 strati di cellule intermedie dove il nucleo comincia a ridursi e il citoplasma diventa sempre più ampio; ed infine circa 20-25 strati di cellule superficiali, mature, in cui il nucleo diventa sempre più piccolo e ipercolorato, e il citoplasma ancora più ampio assumendo l’aspetto di mattonelle una sull’altra. Il citoplasma a partire dalle cellule intermedie fino alle superficiali, è chiaro, perché nella donna in età fertile si produce una grande quantità di glicogeno all’interno di queste cellule, il quale va a finire in vagina, dove ci sono dei germi, i LACTOBACILLUS, di cui si nutrono, demolendo il glucosio e producendo acido piruvico successivamente trasformato in acido lattico, il che rende l’ambiente vaginale acido ed impedisce l’attecchimento di germi patogeni, mentre i lactobacilli sono favorevoli perché acidificando proteggono la vagina. Il canale cervicale è invece costituito da un epitelio definito ENDOCERVICALE , presenta delle ghiandole tubulari ramificate, ma considerando che le cellule in superficie sono le stesse ritrovate in tali ghiandole (cellule diverse rispetto a quelle che generalmente costituiscono una ghiandola) , in realtà, queste vengono definite infolding, INVAGINAZIONI. È un epitelio monostratificato, costituito da cellule ,molto diverse da quelle dell’esocervice o della portio, in quanto cilindriche secernenti muco, con il nucleo in posizione basale vicino la membrana basale e con citoplasma , per oltre metà, chiaro per via della presenza di muco. Il muco cervicale fornisce una barriera di filtrazione che impedisce la risalita di germi. 2 A livello dell’orificio uterino esterno cessa l’epitelio pavimentoso pluristratificato e comincia l’epitelio cilindrico monostratificato, questo dislivello di strati fa si che macroscopicamente si veda dove finisce uno e inizia l’altro. Questo perché l’epitelio pavimentoso essendo più spesso è più roseo e quindi la parte più esterna del collo dell’utero è più rosea e riflette la luce; mentre la mucosa che riveste il canale cervicale avendo un epitelio sottile lascia trasparire i vasi sottostanti per cui ho un colorito rosso. Il passaggio tra un epitelio e l’altro è brusco, non c’è una riduzione progressiva degli strati; questa contrapposizione senza passaggi intermedi viene definita GIUNZIONE SQUAMOCOLONNARE, il punto più delicato del collo dell’utero. PSEUDOEROSIONE: situazione in cui la giunzione squamo colonnare si viene a trovare più spostata verso la periferia rispetto l’orificio uterino esterno, vi è quindi una parte di portio rossa invece che rosea come dovrebbe essere l’epitelio squamoso, vi è quindi una parte del collo dell’utero che sembra eroso. Ma, istologicamente, si evidenzia un epitelio cilindrico spostato verso l’esterno. TEORIA TRAUMATICA INFETTIVA: la donna che comincia l’attività sessuale, oppure comincia ad avere infezioni del collo dell’utero produce una erosione vera, rivestita immediatamente da epitelio cilindrico. Tale teoria attualmente è stata smentita, in quanto se si verifica una erosione vera, perdendo l’epitelio in una parte della portio, l’epitelio che va a rivestire tale zona è comunque squamoso. Considerando che l’epitelio cilindrico è molto differenziato quindi la sua capacità proliferativa è molto bassa. L’epitelio squamoso invece prolifera velocemente, e va a rivestire rapidamente la zona lesa. TEORIA ORMONALE: osservando l’utero di una bambina si può notare come il collo dell’utero sia piccolo, e della mancanza del labbro posteriore e anteriore, in quanto il collo dell’utero è troppo sottile. Durante la pubertà invece, gli estrogeni non inducono lo stimolo solo all’epitelio, ma anche al muscolo che forma il cilindro del collo, quindi tutto il cilindro si accresce, e quindi anche le 3 labbra, più l’anteriore; tale aumento di volume del collo dell’utero produce uno stiramento a livello della giunzione squamo colonnare che non viene più a trovarsi a livello dell’orificio uterino esterno, ma si sposta sulla portio. Situazione accentuata con la gravidanza, in quanto la produzione ormonale produce un ulteriore aumento del collo dell’utero. Ci sono donne che al momento della pubertà o gravidanza, ingrossandosi il corpo dell’utero, presentano questa pseudoerosione, più profonda sul labbro anteriore rispetto al posteriore, considerando le sue dimensioni maggiori. Quando la donna va in menopausa, il collo dell’utero si assottiglia cosi che la giunzione squamo colonnare risalga verso l’orificio. Tale scoperta è stata supportata dal fatto che nel 48% delle neonate presenta pseudoerosione, in tal caso definita ECTROPION. In passato si avevano molti dubbi riguardo l’origine embriogenetica della vagina, in quanto alcuni sostenevano che fosse un organo cloacale: la cloaca iniziale è un canale molto ristretto che serve sia all’apparato urinario che a quello digerente, questa cloaca, costituita da ectoderma, viene immediatamente divisa da un setto urogenitale, dove nella parte anteriore darà origine all’uretra e alla vagina, mentre la parte posteriore da origine all’ano. Nella donna i due dotti di muller si fondono a livello del corpo dell’utero, motivo per cui si possono avere delle malformazioni dell’utero, quali: l’utero bicorne, in cui vi è un solo collo e due cavità uterine; l’utero-setto quando vi è una cavità del collo dell’utero quasi divisa da un setto muscolare; utero non fuso con due cavità uterine e due canali cervicali situazioni in cui si associano due canali vaginali. Tali situazioni suggerivano, per alcuni, che la vagina fosse di derivazione mulleriana. In realtà quando si forma il setto urogenitale la parte terminale del dotto di muller che si è fuso, prende contatto con la parte posteriore della cloaca , il cui epitelio risale all’interno del dotto di muller. Quindi la vagina ha una struttura muscolo-vascolare di derivazione mulleriana, ma l’epitelio è di derivazione cloacale che risale fino ai fornici, alla portio e si ferma all’orificio uterino esterno. Nella metà dei casi però questo non accade perché, se la madre ha un regime estrogenico elevato, l’endocervice prevale sull’epitelio squamoso e quindi la giunzione squamo colonnare è più bassa. Negli anni sessanta il dietilstillbestrolo (DES) era il primo preparato farmacologico senza base steroidea, in quanto difenolo, una struttura chimica molto più semplice, e veniva somministrato anche in gravidanza; le bambine nate da madri in trattamento con questo farmaco presentavano malformazioni vaginali e ADENOSI VAGINALE, cioè una giunzione squamo colonnare a livello vaginale basso, con tutta la vagina rivestita da mucosa endocervicale; molte di queste bambine sviluppavano adenocarcinoma prima dei 20 anni. Dopo tali evidenze, si è capito che la risalita dell’epitelio cloacale in vagina durante la fase fetale dipende molto dalla situazione ormonale in cui il feto si trova. 4 A seconda del regime ormonale in cui si trova la donna in gravidanza, si può determinare cosa succede a livello della giunzione squamo colonnare;In definitiva è una lesione non patologica, in quanto presente nel 99,9% delle donne. PERCHE’ L’EPITELIO SQUAMOSO NON SI MESCOLA CON QUELLO ENDOCERVICALE? Perché sono epiteli embriologicamente diversi, non presentano alcuna affinità. Questo epitelio cilindrico che si trova fuori del collo dell’utero Va incontro a un processo di metaplasia , la quale non rappresenta però una lesione preneoplastica, ma bisogna sempre considerare che la giunzione è comunque una zona molto delicata del collo dell’utero. Questo epitelio cilindrico che si trova al di fuori del collo dell’utero, in un ambiente acido, subisce una trasformazione in epitelio squamoso. Lo strato basale dell’epitelio squamoso, costituito da cellule con una elevata attività proliferativa, si incunea tra la membrana basale e le cellule cilindriche, le sbalza e invade quella sezione precedentemente occupato dall’epitelio cilindrico. 5 LA METAPLASIA SQUAMOCOLONNARE VERA E PROPRIA invece, è una situazione in cui tra le cellule cilindriche cominciano a comparire delle cellule piccole indifferenziate, cellule di riserva, le quali invece di proliferare in cellule cilindriche proliferano in senso squamoso, che piano piano scalzano l’epitelio cilindrico e lo sostituiscono. Nella pseudoerosione sono coinvolte anche le ghiandole sottostanti, le quali può succedere che restino in posizione e che costituiscano la porzione mucosa costituita da cellule squamose sopra e ghiandole sotto, indice di riparazione metaplastico. In questo processo di metaplasia i dotti escretori delle ghiandole possono essere chiusi e si formano, nello spessore del muscolo del collo dell’utero delle cisti (uova di naboh) di muco, costituite da quelle ghiandole che hanno perso la capacità di secernere muco e in alcuni casi queste cisti possono essere molto voluminose e numerose. PATOLOGIE INFIAMMATORIE La patologia infiammatoria del collo dell’utero è molto frequente perché il collo dell’utero partecipa all’infezione della vagina, cioè se nella vagina risulta esserci un’infezione questa si estende al collo dell’utero e si parla di CERVICO-VAGINITI, mentre il corpo dell’utero è protetto dal muco cervicale che non consente il transito dei germi provenienti dalla vagina. Una donna in menopausa perde il glicogeno, poi le cellule superficiali e poi le cellule intermedie, quindi sia la vagina che la portio hanno un epitelio molto sottile e fragile sprovvisto dalla protezione dell’acido lattico, infatti molto spesso le donne in menopausa vanno incontro a cervico- vaginiti anche da parte di ceppi banali. Nelle donne in età fertile invece è possibile che i ceppi proveniente dall’intestino o dalla vescica possono estendersi provocando cervico-vaginiti. 6 Il collo dell’utero può essere sede di cervici di diverse aspetti: virali, come herpes e HPV, batteriche come lactobacilli cocchi, clamidie; fungine come candida; protozoi come trichomonas. 7 ANATOMIA PATOLOGICA, LEZIONE 1 SECONDA PARTE Il collo dell’utero può essere sede di cerviciti da diversi aspetti, ad esempio: -virali, come herpes e hpv; -batteri, come micobatteri, gardnerella vaginalis, la candida, le clamidie; -protozoi, come trichomonas vaginalis. Quando facciamo uno striscio cervico-vaginale, possiamo accorgerci di queste infezioni. Ad esempio: STRISCIO CERVICO-VAGINALE CON ECCESSO DI LATTOBACILLI Queste cellule sono lisate dai lattobacilli. La donna lamenta leucorrea, ovvero perdita biancastra più o meno densa. TRICHOMONAS VAGINALIS È più piccolo delle altre cellule, è un germe dotato di flagello che ne permette il movimento, infatti se si prende una goccia di muco vaginale di una donna affetta da trichomonas, si può vedere il movimento molto veloce di questi germi. C’è una grande quantità di leucociti, indice di una infezione molto seria. Le cellule presentano nuclei molto alterati. Si consiglia infatti alle donne affette da trichomonas di ripetere lo striscio a termine di terapia, per escludere la possibilità di alterazione nucleare (nuclei grossi e irregolari). È un’infezione GRAVE. La donna mostra dolori molto violenti e presenta edema. Si ha un aspetto di micro-emoraggia sul fondo dell’utero, si parla di “cerviciti a fragola”. Nelle infezioni da trichomonas è assolutamente necessario trattare anche il partner perché il serbatoio dell’infezione è proprio la prostata dell’uomo, quindi, appunto, se si tratta solo la donna non abbiamo risolto il problema. IFE DA CANDIDA Queste sono ife da candida, è possibile notare dei piccoli aggregati di spore. L’infezione da candida non da dolore, ma da prurito. Se la donna ha le ife e ha sintomatologia vuol dire che ha un sistema immunitario depresso che deve essere trattato. Se la donna ha le spore della candida non deve essere trattata perché tutti noi abbiamo le spore, che sono una forma vegetativa della candida quando il microrganismo è a riposo. Il trattamento anti-micotico NON agisce sulle spore. LA GARDNERELLA La gardnerella è un piccolo batterio che si poggia sul citoplasma delle cellule superficiali. Non ci sono granulociti, perché sono germi che non superano la membrana basale e quindi non danno infezione. Questi batteri mangiano le proteine citoplasmatiche e producono degli amminoacidi decarbossilati. La donna non presenta sintomi, ma il suo secreto vaginale puzza di pesce putrido. Il test che viene effettuato si chiama FISH-TEST perché, appunto, il ginecologo odora il guanto con cui ha visitato la signora. Questa condizione viene anche definita VAGINOSI perché nella donna non è presente l’infezione. ACTINOMYCES L’actinomyces è un batterio aerobio facoltativo, cioè che cresce maggiormente quando non c’è ossigeno. Si trova nel cavo orale, da qui possiamo avere infezioni sulla ghiandola parotide; per inspirazione si possono avere infezioni polmonari; per ingestione si possono avere infezioni a livello dell’appendice; per via sessuale l’infezione può arrivare a livello vaginale. Questo germe produce un’ infezione purulenta con fistole. Se non viene effettuata una anti-sepsi approfondita, questo batterio può facilmente essere trasportato dalla vagina all’utero e quindi alle tube, dando quindi salpingiti purulente. INFEZIONE VIRALE L’infezione virale riguarda l’herpes. Nell’herpes ci sono delle grosse cellule epiteliali con tanti nuclei. È un virus che permette alle cellule infettate di moltiplicare i nuclei senza dividerli, quindi le cellule diventano un “sacchetto” di 20/25 nuclei con aspetto chiaro e rigonfio a vetro smerigliato. herpesviridae INFEZIONE DA HPV L’infezione da HPV è fondamentale per la genesi del carcinoma. L’HPV è il virus del papilloma e non è solo genitale. Il virus non induce una condizione di immunità di tipi umorale come avviene per l’influenza. Con l’HPV si fa la geno-immunotipizzazione e si va a vedere il tipo di DNA presente nel virus. Il 6, 11, 16 e il 18 sono definiti “ano-genitali”. Vengono principalmente isolati a livello di queste specifiche aree. La trasmissione avviene per via sessuale e l’effetto di questo virus è particolare, perché può dare patologie differenti. Questo virus infetta le cellule dello strato basale, matura nelle cellule intermedie e danneggia quelle superficiali. L’infezione delle cellule dello strato basale indica una condizione di “portatore sano”. La donna è infetta, ma non mostra i sintomi dell’infezione. Bisogna, però, tenere a mente che se la donna ha un abbassamento del sistema immunitario potrebbe presentare la malattia. Queste tre fasi dell’infezione producono diversi tipi di fenomeni. Se infetta le cellule basali c’è iperplasia basale. Se aumentano le cellule dello strato basale, la membrana basale subisce delle alterazioni. L’aspetto papillare è proprio il risultato dell’aumento di numero delle cellule dello strato basale. Si ha quindi iperplasia “papillare” per irregolarità della membrana basale. Se l’irregolarità della membrana basale è verso l’esterno si ha una proliferazione ESOFITICA con quindi papilloma esofitico; Di solito i papilloma sono “esofitici” quando c’è una grande area a disposizione, quindi a livello della vulva o del terzo inferiore della vagina, dell’ano. se la modificazione è minima avremo un papilloma PIATTO (la lesione sporge poco); Nelle zone di ristrettezza come il terzo superiore della vagina risultano essere “piatti”. se è endofitico invece, si ha papilloma INVERTITO, con irregolarità della membrana basale verso l’interno. Quando la compressione è ancora più elevata quindi, ad esempio, in corrispondenza dell’orifizio uterino esterno sono “invertiti”. Fino agli anni 90 si vedevano solo gli acuminati, quindi quelli che protraggono all’esterno; solo dopo grazie all’acido acetico si è stati in grado di riconoscere gli altri, in quanto l’acido acetico fa precipitare le proteine. Il virus matura nelle cellule intermedie, vi è quindi un’espansione delle cellule intermedie. L’epitelio diventa più spesso di 60-70 strati perché aumentano le cellule intermedie e consentono al virus di moltiplicarsi. Danneggiano poi le cellule superficiali e la trasformazione coilocitica è l’elemento che indica che quelle sono cellule infettate dal virus. L’aspetto più importante è rappresentato dalla parte più chiara presente intorno al nucleo, l’alone chiaro perinucleare. Il virus si trova ugualmente all’ INTERNO del nucleo, ma la cellula soffre e manda in necrosi gli organuli citoplasmatici che si trovano intorno al nucleo. Anche il nucleo è sofferente e infatti ha delle dimensioni maggiori rispetto si nuclei normali, ha un aspetto a “pop corn” perchè i margini sono irregolari, può avere una cromatina disaggregata, a volte le cellule sono polinucleate (2-3 nuclei). ALONE CHIARO PERINUCLEARE: A volte si può confondere un citoplasma chiaro molto ricco di glicogeno, per un alone chiaro perinucleare. (COILOS = tazza a bordi larghi) Queste cellule sembrano delle grosse tazze con in fondo il nucleo. Ci sono alcuni condilomi che si associano a displasia, ma di questo parleremo la prossima volta. È stato sempre sottolineato negli ultimi anni come non ci può essere un carcinoma del collo dell’utero se non c’è infezione da HPV. Questo non è affatto vero, perché ci sono carcinomi del collo dell’utero che non dipendono dall’HPV. È importante dire che il virus non si moltiplica se la cellula non matura, quindi quando la cellula non è associata a displasia e quindi matura correttamente ,permette al virus di moltiplicarsi. Quando la cellula è displasica o addirittura neoplastica non matura quindi il virus non si moltiplica, ma ciò non toglie il fatto che anche in queste cellule si trova il materiale virale. Non trovo coilociti nel tumore, ne nella displasia grave, bensì nella displasia breve. Nell’ambito dei virus dell’HPV si conoscono alcuni geni che sono fondamentali per l’attività biologica del virus stesso. Ci sono geni E e L. I geni E sono 7, ma in realtà sono 6 perché l’ “E3” non c’è più; quindi si hanno ìl’ E1, E2, E4, E5, E6 e E7. Sono geni che si attivano all’inizio, ad esempio il gene E1 assicura l’adesione del virus alla cellula dello strato basale; E2 ne consente la penetrazione. I più importanti sono i geni E6 e E7. Sono i geni che interferiscono con il ciclo cellulare. Quando questi due geni sono iperattivi producono una proliferazione cellulare molto avanzata e sono, quindi, quelli responsabili della trasformazione neoplastica. I geni L1 e L2 sono responsabili alla costituzione del capside. Se quindi evidenzio la presenza dei geni L1 E L2 la donna può stare tranquilla perché il virus è maturo e non c’è pericolo di carcinoma, se non li evidenzio vuol dire invece che le cellule sono immature e quindi può consentire la crescita tumorale. VIRUS A BASSO E ALTO RISCHIO DELL’HPV Esistono virus ad alto rischio e virus a basso rischio, l virus a basso rischio, come il 6 e l’11, non sono virus oncogeni. Se una donna ne è affetta non corre il rischio di avere il carcinoma, questo perché questi virus non sono capaci di integrarsi nella cellula ospite. I virus possono essere in posizione integrale o episomica, in “episomica” vuol dire che entrano nel nucleo e indicano al nucleo di produrre le proteine che gli sono necessarie, ad esempio il virus dell’epatite A. Il virus dell’epatite A non da mai carcinoma al fegato, perché è un virus che non si integra, ma rimane in disparte in posizione episomica. In posizione integrale vuol dire che il DNA del virus entra nel DNA della cellula ospite, producendone uno scombussolamento. Il virus integrato produce quindi un riarrangiamento dei geni e lo porta ad essere maligno. Il virus ad alto rischio NON E’ DETTO che non riesca ad integrarsi, possono essere infatti episomici o integrali. Infezione da parte del 6 e 11 non essendo integrato dopo 6, 8 mesi guarisce. ANATOMIA PATOLOGICA LEZIONE 2 LESIONI PRECANCEROSE Breve confronto tra virus B del fegato e HPV: Sappiamo da molti decenni se un paziente con un’infezione da virus B ha il TMA virale episomico o integrato. La stragrande maggioranza dei soggetti che hanno infezione da virus B del fegato, presenta un virus non integrato quindi non c’è rischio di carcinoma del fegato. La stessa cosa vale per il collo dell’utero: l’infezione da virus ad alto rischio non significa automaticamente carcinoma. Nemmeno il virus integrato ha possibilità di dare carcinoma perché il virus integrato produce solo l’immortalizzazione delle cellule. Per quanto riguarda i cancri, da più di 40 anni si parla di cancerogenesi a più stadi: nel primo stadio la cellula diventa immortale, nel secondo la cellula immortale riesce a proliferare, nel terzo riesce ad aggredire, nel quarto riesce a metastatizzare. A ogni stadio si deve verificare un riarrangiamento del DNA della cellula interessata che avviene per un secondo cofattore che induce la progressione del primo, bloccando oncogeni e attivando altri cofattori che favoriscono la proliferazione tumorale. C’è quindi bisogno di un lungo iter per poter produrre una cellula tumorale. Questo si può osservare in tutti i tumori epiteliali. Per quanto riguarda l’epitelio del collo dell’utero, questa fase di transizione tra infezione con un virus integrato e il carcinoma è un processo che dura dai 10 ai 15 anni e su questo si basa la possibilità della prevenzione, il cui scopo è quello di scoprire queste fasi non ancora invasive. Il tumore al collo dell’utero è l’unico di cui lo screening ha funzione di prevenzione, per tutti gli altri tumori, come quello che intacca la mammella, lo screening che facciamo è utile per una diagnosi precoce. Nel caso del collo dell’utero, se noi scopriamo un tumore che è già invasivo, non abbiamo nessun beneficio per la paziente perché la statistica non cambia. Il fine dello screening, quindi, è quello di scovare le cellule in fase transitoria verso la forma invasiva. Queste si chiamano lesioni precancerose in cui la donna ha 10/15 anni di tempo per scoprire le lesioni preinvasive/precancerose. Inizialmente, queste lesioni sono state identificate con il termine DISPLASIA che si classifica in: 1)lieve, 2)moderata, 3)grave, 4) carcinoma in situ. Questa classificazione si basa su un fattore prettamente numerico secondo il quale: 1)“la displasia viene definita lieve [mostra in foto un epitelio pavimentoso pluristratificato] quando le cellule immature proliferanti si trovano nel terzo interno dell’epitelio; 2) Displasia moderata quando le cellule atipiche sono tra un terzo e due terzi; 3)Displasia grave quando le cellule atipiche sono più di due terzi ma non arrivano in superficie; 4) Carcinoma in situ quando tutto l’epitelio è costituito da cellule immature. Questa è la teoria della displasia di Brothers(?), un appassionato di matematica. Nel momento in cui è stata introdotta la pratica del pap-test, si è evidenziato che queste cellule, staccate dal contesto, sono cellule atipiche. Nel frattempo è emersa la teoria della cancerogenesi a più stadi di Richart secondo la quale non possiamo considerare queste cellule come atipiche, bensì neoplastiche nonostante non abbiano ancora superato la membrana basale. Quindi Richart propose una classificazione che parla di NEOPLASIA INTRAEPITELIALE CERVICALE per cui le lesioni precancerose sono costituite da cellule atipiche bloccate nell’epitelio che non hanno superato la membrana basale per cui noi le denominiamo CIN. CIN1 corrisponde a displasia lieve, CIN2 a displasia moderata e CIN3 a displasia grave/ carcinoma in situ. Perché si uniscono la displasia grave e il carcinoma? Perché se pensiamo che ci troviamo in presenza di cellule neoplastiche, non è molto rilevante che ci siano ancora uno o due strati di cellule differenziate paragonate alla molteplicità di cellule immature. Anche perché il problema risiede nell’interpretazione del fenomeno: 1) coloro che sostengono la teoria della displasia (lieve, moderata, grave e carcinoma in situ) hanno una visione orizzontale della progressione poiché dicono che la displasia, per essere definita carcinoma invasivo, deve necessariamente passare attraverso varie fasi quindi costituire una progressione orizzontale; 2) coloro che, invece, sostengono la teoria della CIN, affermano: “se queste sono cellule maligne e sono vicine alla membrana basale, anche se non hanno raggiunto la superficie, non ci vuole niente che si crei una cellula mutata che acquisisca la capacità di superare la membrana basale” (progressione verticale). Un’altra differenza tra le due concezioni è la natura di questa cellula: quelli che propongono la terminologia “displasia”, pensano che queste cellule abbiano un causa qualsiasi per cui si verifica un rallentamento della maturazione. Se riusciamo a togliere la causa del rallentamento, le cellule maturano quindi la displasia è reversibile. quelli che propongono la terminologia CIN dicono che sono cellule neoplastiche e in quanto tali non possono regredire perché hanno un genoma mutato. Non è chiaro chi abbia ragione tra i due, perché per verificare la displasia o la CIN dobbiamo eseguire molteplici biopsie per monitorare le lesioni nel corso del tempo, e poiché le lesioni sono molto limitate, sostanzialmente le avremmo curate. Quando, nel 1988-89, si è tenuta una riunione a Bethesda (NY) per cambiare tutta la nomenclatura del pap-test, si è verificato un dibattito tra i sostenitori delle due teorie senza giungere ad alcuna soluzione. Dopo 3 anni si è aggiunta un’ulteriore definizione: SIL=lesione squamosa intraepiteliale (teoria poco apprezzata dal prof perché troppo generalista poiché anche il trauma è una lesione). La SIL presenta due soli gradi: basso grado: comprende il condiloma e il CIN1; alto grado: comprende CIN2 e 3. Questa classificazione è operativa. Per questioni economiche, in America la colposcopia non è accessibile a tutte le donne. Per quanto motivo, chi presenta SIL di basso grado non esegue colposcopia, ma una ripetizione del pap-test a 6 mesi/1 anno. Chi presenta SIL di alto grado, esegue colposcopia. Questo in Italia è ben diverso perché qui tutti i pap-test anomali, anche dubbi, esigono una successiva colposcopia proprio grazie ai costi molto ridotti. IMMAGINE: mostra SIL di basso grado, in alto sono presenti i coilociti che non sono displasie Cin 1/SIL basso grado: vedete primo strato basale costituito da cellule immature che hanno conquistato 2 o 3 file di cellule; CIN 2 vedete mitosi oltre i 2/3, [sopra ci sono i coilociti e sotto c’è la displasia]. Un altro elemento che dovete osservare è la membrana basale che qui sembra rettilinea mentre qui risale verso l’alto molto vicino all’epitelio di superficie. Il colposcopista adotta termini come “puntato”, “mosaico” in relazione ai vasi che arrivano sino in superficie che si mostrano come linee rosse che formano un mosaico e corrispondono ai punti in cui la membrana basale risale in superficie. Qui non vede nulla se non un epitelio un po’ più spesso. Dovete ricordare un’ informazione molto importante: la linea della membrana basale non è correlata alla gravità della displasia. COME IDENTIFICARE LA DISPLASIA: Il Colposcopista può fare diagnosi sulla localizzazione e non sulla natura delle lesioni. Al contrario, il patologo fa diagnosi sulla natura della lesione e non sulla sede. Le lesioni pre-cancerose si trovano esattamente sulla zona di METAPLASIA (trasformazione). Il passaggio tra il SIL di alto grado ed endocervice è netto perché si tratta di cellule incompatibili tra loro quindi il colposcopista nota chiaramente il limite tra displasia ed endocervice perché improvvisamente si interrompe l’epitelio spesso e comincia l’epitelio sottile. Anche il limite tra epitelio displastico ed epitelio squamoso (epitelio esterno della cervice, detta anche esocervice) è netto: a un certo punto si interrompe la zona displastica e comincia l’epitelio normale. La zona displastica corrisponde alla zona di trasformazione. Il colposcopista differenzia un epitelio spesso displastico da uno altrettanto spesso ma normale attraverso il TEST DI SCHILLER. L’epitelio sano presenta un citoplasma largo e chiaro perché contiene glucosio. Il colposcopista esegue test di Schiller in cui aggiunge soluzione iodio-iodurata sul collo dell’utero per cui lo zucchero si carica di iodio diventando marrò mentre la zona displastica presenta un citoplasma molto sottile e non si colora, per cui il test risulta negativo. Attraverso lo spessore si può avere un’idea su dove il carcinoma entri in contatto con il collo dell’utero, mentre, attraverso test di Schiller, il colposcopista risale alla lesione sull’epitelio esocervicale normale. Un’altra conclusione è che l’epitelio displastico occupa la zona di metaplasia in cui ci sono le ghiandole. Quindi la displasia guadagna anche gli sfondati ghiandolari oltre che la superficie. Bisogna osservare 3 punti: margine tra esocervice e displasia; margine tra displasia ed endocervice; margine profondo. Devo essere sicurə che non ci siano ghiandole con displasia che si trovano sul margine di resezione. Quindi noi eseguiamo delle sezioni seriate per cui dobbiamo assicurarci che tutti i margini, incluso quello profondo, siano liberi. SCREENING: come si esegue? Se voi eseguiste un campionamento di 2mln di donne affette da infezione HPV, quelle ad alto rischio ne costituiscono solo il 10% quindi 200milasu queste 200mila quelle che presentano pap test anomalo sono 2mila di queste, solo 97 sviluppano carcinoma. (Dati test di schnider) Quindi, avere un’infezione da virus ad alto rischio non significa che la paziente presenta CON CERTEZZA un carcinoma. Per questo motivo, le metodologie per eseguire lo screening sono notevolmente cambiate. Oggi si esegue tramite test virale e, qualora questo risulti positivo al virus ad alto rischio, si passa al pap test come test di secondo livello. Invece, se il pap-test risulta negativo, la paziente ripete il test virale e il pap test dopo un anno. L’infezione virale di solito dura dagli 8 ai 10 mesi e spesso accade che dopo un anno anche il test virale risulterà negativo perché la paziente sarà guarita. Questo schema è essenziale. L’età media dell’insorgenza del carcinoma invasivo del collo dell’utero è tra i 40 e i 50 anni, per cui le donne che devono fare pap test sono coloro che hanno iniziato attività sessuale, infatti insorgono moltissime displasie anche prima dei 30 anni. In Italia il test virale non si può eseguire prima dei 30 anni. In altre nazioni non prima dei 35. Questo perché la percentuale di positività dei test virali nelle giovani donne è elevatissima perché è un virus molto comune quindi ha una valenza molto bassa. Quindi prima dei 30 anni(in italia) bisogna fare degli screening con Pap test organizzato dall’ASL. L’ASL, tramite regione puglia, deve quindi organizzare lo screening che nel caso di donne con età inferiore ai 30 anni sarà un pap test, per le donne di età >30 anni si esegue prima un test virale e poi un pap test. Il Carcinoma 97 (l’ovale rosso) sporge dallo schema perché esiste una percentuale di carcinomi del collo dell’utero che insorge nelle donne molto anziane che non hanno correlazione con virus HPV ma con l’atrofia della mucosa. Il carcinoma vulvare virus dipendente costituisce l’1/2% del totale, la restante percentuale è costituita da carcinoma vulvare causato dall’anzianità. Al contrario, il carcinoma al collo dell’utero non virus dipendente costituisce l’1/2%. Perché c’è questa differenza nonostante siano gli stessi virus che intaccano sia la vulva che la vagina che il collo dell’utero? Perché l’epitelio cloacale che si trasforma successivamente in metaplastico è quello che facilita l’insorgenza del carcinoma. Ecco perché lo screening del carcinoma del collo dell’utero cessa secondo alcuni verso i 59 anni, altri a 64. Quindi, fare un pap test a una donna di 80 anni non ha senso poiché non presenta lesioni precancerose in quanto il tumore insorge già come carcinoma per cui non si verifica la fase precancerosa di 10/15 anni. Ai fini della salvaguardia della persona, quindi, non ha senso far eseguire pap test in menopausa. Tempo fa, quando si evidenziava una displasia del collo dell’utero, si eseguiva una escissione dai fornici fino all’orefice uterina interna in che significava togliere tutto l’epitelio della mucosa, tutto l’epitelio cervicale, anche alle giovani donne. Quando si asporta il collo dell’utero, le gravidanze non arrivano oltre il quarto mese perché il peso dell’utero apre il collo e si verifica un aborto o parto prematuro. Oggi, l’asportazione della lesione displastica si esegue sotto guida colposcopica quindi si fa il test di schiller per identificare l’ubicazione del margine esterno, poi si osserva il canale cervicale per trovare il margine interno e si procede con l’escissione esclusivamente della parte malata. Questo vuol dire che i patologi devono valutare bene i margini sia endocervicali che esocervicali e, soprattutto, profondi. Cosa succede se si lascia uno sfondato ghiandolare con displasia? Succede che la paziente presenta carcinoma invasivo nonostante i pap test negativi eseguiti, perché sono le ghiandole in profondità a presentare la displasia. Ecco perché è fondamentale per chi pratica l’istologia e il campionamento, essere sicuri che non ci siano displasie sulla parte profonda. Di solito, quando la displasia si trova sull’esocervice non si procede con l’intervento perché se si trova al di fuori del canale cervicale, l’ostetricə riesce a valutare se c’è lesione. Sono, invece, sono molto più complicate le lesioni sui margini endocervicale e profondo. In questo caso bisogna sempre intervenire perché la guarigione non è mai certa. CLASSIFICAZIONE DEI CARCINOMI INVASIVI DEL COLLO DELL’UTERO Quali sono i carcinomi invasivi del collo dell’utero? Squamoso Microinvasivo: non si è verificata infiltrazione per più di 3 mm francamente invasivo (In seguito descrive più specificatamente questa classificazione) [Foto: se voi guardate questa lesione, i gettoni epiteliali sono gettoni ghiandolari con cellule displastiche, quindi la membrana basale è ben visibile, ma questo gettone epiteliale ha questo pezzettino di cellule che supera la membrana basale per cui non posso più chiamarlo SIL di alto grado, ma carcinoma invasivo. Se guardate quest’altra sezione, qui c’è una displasia e qui un nido di cellule che sono diverse: ciò che mi dice che è invasivo è la citologia delle cellule perché diventano più grandi con citoplasma più abbondante e squamose.] Negli anni 90 ci si è chiesti: se la donna ha queste microinvasività deve essere trattata come un carcinoma invasivo? Questo significherebbe fare wertheim ovvero asportare l’utero, il terzo superiore della vagina e il grasso della pelvi dove ci sono i linfonodi. L’arteria uterina si trova proprio sul collo dell’utero mentre l’uretere vi passa sotto, quindi le donne che fanno wertheim nel 60/65% dei casi hanno delle conseguenze non positive che interessano l’apparato urinario. A un certo punto si è ipotizzato che non ci fosse bisogno di eseguire wertheim qualora ci fossero solo microinvasioni e di fare isterectomia semplice salvaguardando i linfonodi. Quindi, inizialmente, si è proposto di non procedere con la linfoadenectomia nelle donne con invasione al di sotto dei 5 mm. Purtroppo questa scelta ha causato molte morti. Si è scoperto che se le invasioni sono inferiori ai 3 mm, la possibilità di metastasi linfonodali è del 9per1000; mentre se tra 3 e 5 mm, la possibilità di metastasi linfonodali è del 29%. Quindi, il limite di sicurezza è stato fissato come 3 mm, quindi definiamo un carcinoma microinvasivo, quando l’invasività non supera i 3mm[ REGOLA ODIERNA]. L’OMS afferma che l’infiltrazione deve essere non superiore ai 3 mm di profondità e ai 7 mm di superficie. Se la paziente fa pap-test che risulta anomalo e dalla biopsia risulta un carcinoma, se si tratta di una donna non desiderosa di avere figli e di una certa età, si esegue isterectomia e valutiamo poi se rientra nei parametri di 3 mm di profondità e 7 mm di superficie. Se si tratta invece di una donna nullipara, si esegue conizzazione per misurare il tumore e per farlo guarire. Se i limiti di sicurezza vengono rispettati, la conizzazione per una donna nullipara è considerata sufficiente e potrà avere figli. Il carcinoma francamente invasivo è più pericoloso perché infiltra. Si fanno asportazioni allargate per cui c’è molta possibilità di radioterapia sia pre che post operatoria poiché è tutto integrato nel team multidisciplinare e si evita quanto possibile l’intervento di wertheim poiché causa spesso morbidità. Inizialmente è stata proposta dai citologi questa classificazione: 1) carcinoma francamente invasivo non cheratinizzante a grandi cellule 2) carcinoma francamente invasivo non cheratinizzante a piccole cellule 3) carcinoma francamente invasivo cheratinizzante. I carcinomi squamosi di tutti gli organi si dividono in cellule 1)poco, 2)moderatamente e 3)scarsamente differenziate. Quindi perché nel collo dell’utero ci dovrebbe essere una classificazione diversa?(il prof non se lo spiega) Questa ipotesi aiuta molto i citologi ma non è obiettivamente confrontata. Ad oggi il non cheratinizzante a piccole cellule è stato escluso perché è neuroendocrino e molto raro, quindi si fa diagnosi tra non cheratinizzante e cheratinizzante (è stata abbandonata la classificazione in alto). Di solito la radioterapia ha molta più efficacia nel non cheratinizzante che nel cheratinizzante. [Foto: Questo è un tumore non cheratinizzante perché ci sono cordoni solidi senza cheratinizzazione] Accanto al carcinoma, si colloca l’adenocarcinoma che presenta, a livello del collo dell’utero, delle cellule mucipare come quelle dell’endocervice. Tuttavia, si possono presentare anche tumori che hanno cellule uguali a quelle dell’endometrio, tuba, etc perché sanno di essere “cugini”, quindi quando una cellula dell’endocervice diventa maligna, può rimanere endocervicale o diventare endometriale, tubarica, etc. Stessa cosa succede a livello dell’endometrio, dell’ovaio etc. Sono tutte cellule parenti. Nel caso dell’adenocarcinoma del collo dell’utero, quello più frequente è il muciparo, seguito dal misto che comprende sia muciparo che squamoso, in seguito endometrioide o a cellule chiare che sono due istotipi vicini al carcinoma endometriale, oppure sieroso-papillare come quello delle tube. CARCINOMA DEL COLLO DELL’UTERO I carcinomi invasivi del collo dell’utero possono essere: Cheratinizzanti Non cheratinizzanti (a grandi cellule) Questa differenza è molto importante dal punto di vista terapeutico perché i non cheratinizzanti sono più radiosensibili dei cheratinizzanti. Se abbiamo un carcinoma non cheratinizzante possiamo fare una radioterapia prima dell’intervento chirurgico perché è più facile che regredisca almeno in parte sulla parte esterna. Si usano anche i chemioterapici. C’è poi il carcinoma microinvasivo. In passato, nelle prime operazioni chirurgiche riguardanti il collo dell’utero, si asportava il collo dell’utero, i parametri (i ligamenti che stanno sui due lati del collo dell’utero, dall’utero fino alle pareti ossee del bacino) e i linfonodi pelvici. Nel parametrio passa l’uretere che spesso incrocia anche l’arteria perineale, quindi nel momento in cui si facevano operazioni di questo tipo bisognava fare attenzione a salvare l’uretere. C’era una morbilità, cioè affezione conseguente agli interventi chirurgici, molto alta. Queste donne spesso, dopo l’operazione, andavano incontro a fistole e ostruzione dell’uretere. Per questo, quando si è iniziato a fare lo screening, questi tipi di interventi si facevano anche sui tumori in una fase iniziale di sviluppo. Quindi si è iniziato a pensare che, quando il tumore è veramente piccolo, si possa fare a meno di fare una chirurgia pelvica molto ampia; si può fare una chirurgia più ristretta, senza togliere linfonodi e parametrio e salvando la morbidità di questo intervento. Si è cominciato col dire che quando il tumore infiltra meno di 5 mm, quindi è piccolo, si possa procedere con la chirurgia conservativa. Si è visto che molte delle donne con chirurgia conservativa andavano male; studiando questi casi, ci si è accorti che quando l’infiltrazione è meno di 3 mm andavano bene. Le metastasi del tumore di meno di 3 mm sono circa lo 0.9%, se il tumore è da 3 a 5 mm le metastasi sono il 29%. Quindi il concetto di microinvasivo significa carcinoma del collo dell’utero che infiltra per meno di 3 mm ed è esteso in superficie per meno di 7 mm. Questi tumori piccoli possono guarire con la semplice isterectomia o addirittura con la semplice conizzazione. Tenendo presente che molte volte ci si trova di fronte a donne giovani e desiderose di prole, si fa il PAP test, si vede che non è normale, si passa alla biopsia, la biopsia dice che c’è un carcinoma invasivo, si fa una conizzazione e si vede quanto infiltra; se è un microinvasivo la conizzazione è terapeutica e basta, se invece è francamente invasivo si passa ad una chirurgia più profonda. La conizzazione deve essere sempre fatta, perché va fatta se alla colposcopia non si vede il tumore e si presuppone che sia un microinvasivo, perché se alla colposcopia si vede il “carciofo” è sicuramente molto invasivo, perciò, non va fatta la conizzazione. Un piccolo focolaio di invasività non merita di condannare la donna a non poter più urinare. Il collo dell’utero oltre al carcinoma squamoso ha anche l’adenocarcinoma, un tumore che ha differenziazione ghiandolare. Quando una ghiandola, che sia del collo dell’utero, una ghiandola endometriale, della salpinge, diventa neoplastica, si ricorda di essere Mulleriana e quindi si può trovare nel collo dell’utero non solo un adenocarcinoma che somiglia a quello dell’endocervice, ma anche un adenocarcinoma che somiglia a quello dell’endometrio, o un adenocarcinoma a cellule chiare che somiglia all’endometrio gravidico, o un adenocarcinoma sieroso papillare che somiglia a quello delle tube; la stessa cosa si vedrà nell’endometrio dove si può avere un adenocarcinoma endometrioide che è tipico dell’endometrio, però si può avere adenocarcinomi mucinosi che sono uguali a quelli del collo dell’utero, adenocarcinomi sieroso-papillari che sono uguali a quello della tuba. Quindi l’epitelio Mulleriano si risveglia quando diventa neoplastico; in qualunque aria ci si trovi dell’apparato genitale femminile si possono avere adenocarcinomi che non somigliano alle ghiandole da cui sono nati, ma somigliano ad altre ghiandole che si trovano nelle altre sedi. Nel collo dell’utero si hanno l’adenocarcinoma muciparo (più frequente) e altri adenocarcinomi. Qual è stata la scoperta dei virus? Quando si è andati a valutare la presenza dei virus con la PCR negli adenocarcinomi e si è notato che alcuni mantengono il virus, mentre altri non mantengono il virus. Quindi nel collo dell’utero distinguiamo adenocarcinomi HPV dipendenti e adenocarcinomi non HPV dipendenti. L’adenocarcinoma muciparo e quello adenosquamoso sono HPV dipendenti, derivano dal virus HPV; l’endometrioide, le cellule chiare e il sieroso-papillare sono non HPV dipendenti. Il punto chiave di questi adenocarcinomi del collo dell’utero sono le cellule di riserva. La cellula di riserva nell’area di pseudoerosione produce la metaplasia; se questa cellula di riserva si incontra con un virus ad alto rischio provoca una CIN; se procede verso la cheratinizzazione può trasformarsi in carcinoma squamoso; se questa cellula di riserva, infettata da virus ad alto rischio, non vuole cheratinizzare e rimane cellula ghiandolare diventa un adenocarcinoma in situ che poi da un adenocarcinoma mucinoso o il carcinoma adenosquamoso (HPV dipendenti). Al contrario, dalla cellula endocervicale direttamente, forse per stimoli vari come gli ormoni, si ha l’adenocarcinoma non HPV dipendente. Se tutto si gioca sulla cellula di riserva si può avere sia il carcinoma squamoso che l’adenocarcinoma HPV dipendente; se invece si ha l’attivazione oncogena delle cellule cilindriche, si ha dalle cellule cilindriche l’adenocarcinoma non HPV dipendente, non preceduto dall’adenocarcinoma in situ. ENDOMETRIO L’endometrio è una mucosa che cambia. Quando il patologo guarda un endometrio capisce a che punto del ciclo mestruale si trovi la donna perché, siccome l’endometrio cambia ogni mese, è chiaro che ci saranno delle modificazioni morfologiche di questa mucosa ogni giorno. Ci sono delle modificazioni a carico delle ghiandole: Mitosi, durante la fase proliferativa sono molto attive e numerose (se un tumore crescesse con il ritmo della mitosi delle ghiandole in fase proliferativa sarebbe il peggior tumore esistente); questa velocità di mitosi è data dal fatto che la mucosa deve ricostruirsi in 10 giorni, perché nel momento in cui inizia l’ovulazione e la comparsa di progesterone le mitosi scompaiono; quindi la ghiandola endometriale ha un tempo estremamente ristretto per rigenerarsi. Tortuosità delle ghiandole, dipende dallo spazio a disposizione. Vacuoli basali, la secrezione inizia al di sotto del nucleo dopo l’ovulazione; i vacuoli basali si trovano tra la parte basale e il nucleo. Il vacuolo di secreto gira intorno al nucleo, va in posizione apicale e poi scompare perché la secrezione la troviamo nelle ghiandole che presentano il massimo di secrezione tra il 22° e il 24° giorno del ciclo che è il momento dell’impianto della blastocisti. Con il mancato impianto la secrezione cessa. Edema, c’è una prima fase a metà del ciclo e una seconda fase di edema più accentuato a metà della fase secretiva, perché la curva dell’edema è uguale alla curva degli estrogeni che sono presenti anche nella fase secretiva. Se l’impianto non avviene cala l’edema e si riduce lo spessore delle ghiandole cilindriche dell’endometrio. La tortuosità delle ghiandole è maggiore perché lo spazio è ridotto e quindi devono contorcersi su se stesse. Reazione predeciduale, compare prima della mestruazione perché le cellule stromali diventano enormi da essere fibroblastiche, accumulano un sacco di enzimi che, associati agli enzimi dei granulociti neutrofili che arrivano anch’essi prima della mestruazione, portano alla lisi dell’endometrio che deve scomparire in pochissime ore. Modificazioni dei vasi: I vasi nell’endometrio sono sottilissimi e privi di tonaca muscolare perché ogni mese devono riformarsi. Quando il vaso ha una propria parete muscolare vuol dire che sono passati almeno 22 giorni dalla data dell’ultima mestruazione. Quando c’è la gravidanza, l’edema, la secrezione e la decidualizzazione non scompaiono, persistono e si incrementano nel tempo. È importante riportare la data dell’ultima mestruazione. Le donne possono avere un sanguinamento anomalo AUB (abnormal uterine bleeding) che può essere dovuto a diverse cause, quando l’AUB diventa DUB (disfunctional uterine bleeding) il sanguinamento dell’utero è dovuto a errori funzionali, l’endometrio non ha un ciclo e ci sono disfunzioni dell’asse che governa il ciclo (diencefalo, adenoipofisi, ovaio, endometrio). Quando una donna ha un sanguinamento anomalo il ginecologo le da progesterone e se non riesce a Risolvere la problematica rimuove direttamente l’utero (isterectomia). Quando c’è un sanguinamento disfunzionale, la pratica clinica corretta sarebbe quella di fare un prelievo, mandarlo a un patologo dedicato che dice qual è la causa del sanguinamento così da poter intervenire col medicamento appropriato. Se l’asse è sballato e non sappiamo come agire e quindi procediamo a caso si peggiora la situazione. Molte volte può non esserci il sanguinamento, ma la sterilità; anche in questo caso va datata l’ultima mestruazione e vanno svolte delle analisi. SFATIAMO ALCUNI MITI La fase proliferativa inizia con l’arrivo della mestruazione NON E’ VERO. Tra l’inizio della mestruazione e l’inizio del ciclo possono passare alcune ore o giorni. Il ciclo può iniziare fino a 20 giorni dopo la mestruazione (se più di 20 gg la donna non sta bene). Solo il 15% delle donne ha un ciclo di 28 giorni. Ci sono tante variabili di ciclo fisiologicamente sballato. La fase secretiva è sempre di 14 giorni NON E’ VERO. Ci sono le insufficienze luteali in cui la fase secretiva è addirittura inferiore a 10 gg, oppure nella persistenza del corpo luteo la fase secretiva dura 3 settimane. Immagine del ciclo ideale Quindi, ci sono tante possibilità... Allora si dice che ci sono donne che hanno la fase secretiva di 14gg, donne che hanno fase di pausa molto lunga, fase proliferativa piccola o lunga, ovulazione che avviene al 14° giorno, oppure prima, oppure dopo, oppure non avviene affatto... fase secretiva di 14 gg, meno di 14gg o più di 14gg. Ognuna di queste situazioni può essere associata a ipoproduzione o iperproduzione di estrogeni nella fase proliferativa; ipo o iperproduzione di ormoni estroprogestinici nella fase secretiva. Tutte queste condizioni sono indipendenti fra loro, quindi ci sono 92 tipi di donne diverse e un bravo patologo le dovrebbe riconoscere tutte e 92. Detto questo, quando c’è un sanguinamento anomalo, accade che l’asse encefalo-ipotalamo-ovaio non funziona bene. Ci sono tante variabili, e non sempre sono patologiche. Bisogna, perciò, capire quando allarmarsi in queste situazioni. Questi sono endometri “insoliti” (patologici) molto diversi fra loro. Bisogna tenere presente un’altra cosa: si possono fornire farmaci ormonali alle donne. Se noi le inseriamo tra le patologie disfunzionali dell’endometrio, l’ormone le rovina ancora di più. Quindi, c’è una alterazione dell’endometrio si è dato alla donna un farmaco ormonale. Si pensi ad una donna con il carcinoma alla mammella che fa degli anti-estrogeni per ritardare la ripresa della malattia, ella ha un endometrio sballato. Però bisogna anche ricordare che anche farmaci che vengono somministrati non per ragioni ormonali ma per altri motivi, possono avere effetti ormonali. Un tempo per i soggetti con ipertensione che si volevano curare in maniera blanda si dava la reserpina farmaco ipotensivo. Quando si dava alle donne in menopausa, le donne anziane avevano la mestruazione. Ciò avveniva perché la reserpina agisce sul nucleo del diencefalo che regola la pressione, ma vicino c’è il nucleo paraventricolare che regola l’FSH. Quindi, la signora in menopausa che prendeva la reserpina aveva come effetto collaterale la crescita dell’endometrio. Dunque, ci sono farmaci ormonali che non prescriviamo per avere un effetto ormonale (e però dobbiamo vedere qual è l’effetto vero che si ha sulla signora). E ci sono farmaci non ormonali e che possono avere effetto ormonale. La terapia ormonale è fondamentale, ma bisogna saperla fare bene perché altrimenti si possono avere carcinomi. ENDOMETRITI L'endometrite è un processo infettivo-infiammatorio dell'endometrio, la mucosa che tappezza internamente l'utero. Quando l'infezione si spinge anche a livello del miometrio, si parla correttamente di endomiometrite. Queste infiammazioni acute possono provocare febbre, stato settico generalizzato, coagulazione intravascolare disseminata e morte. Se la donna supera la fase acuta dell'endometrite, essendo una infezione purulenta, non guarisce con restitutio ad integrum, per via della presenza di essudato fibrinoso con granulociti neutrofili, ma è una condizione che si risolve per cicatrizzazione con formazione di SINECHIE all'interno della cavità uterina. Quindi la faccia anteriore si lega alla faccia posteriore, sparisce la cavità, la donna ha un ciclo ovarico funzionante, ma non avrà mai mestruazione, cioè l'ovaio continua a funzionare regolarmente, ma l'endometrio è cicatrizzato all'interno del corpo dell'utero e quindi la donna presenta amenorrea pur avendo ormoni nella norma. Tale condizione è nota come SINDROME DI ASHERMAN, la quale fu inizialmente descritta sui raschiamenti: se il medico che fa il raschiamento porta via anche la parte profonda non si avrà più rigenerazione dell'endometrio con conseguente formazione di sinechie e sindrome di asherman dopo raschiamento. Quando si effettua raschiamento in caso di aborto, la parete dell'utero è molto edematosa e quindi non c'è molta differenza tra endometrio e miometrio, motivo per cui c'è il rischio di un raschiamento eccessivo. Si ha quindi un'obliterazione della cavità uterina perché queste cicatrici formano un’aderenza fra la parete anteriore e la parete posteriore. ENDOMETRITE CRONICA E' una delle principali cause di sterilità, la cui incidenza varia da 2,8% al 19,2%. Definire una endometrite cronica è molto difficile, perché durante il ciclo mestruale ci sono tutti gli indici di una infiammazione, linfociti, granulociti neutrofili in fase premestruale, macrofagi prima e dopo la mestruazione. Se si riscontra quindi un endometrio con cellule infiammatorie non si può affermare a priori sia un'endometrite, perché l'endometrio normale contiene a prescindere delle cellule infiammate, bisogna però definire fino a che punto quell'infiltrato è considerato normale e quando si parla di endometrite. Molti sostengono che la diagnosi di endometrite si possa fare solo quando sono presenti anche le plasmacellule, in quanto sono le uniche cellule non presenti in un endometrio normale. E' anche vero però che ci sono altre situazioni fisiologiche in cui sono presenti le plasmacellule, perciò per fare diagnosi di endometrite cronica è necessario che queste siano presenti in un numero molto aumentato. Inoltre, si può fare diagnosi di endometrite cronica quando l'infiltrato è localizzato al di sotto dell'epitelio di superficie o intorno ai vasi. NB: molti ginecologi in caso di sospetta endometrite prescrivono la ricerca dei marker CD138 (X PLASMACELLULE) E CD56 (PER LINFOCITI, ma non si ha nessuna rilevanza scientifica a riguardo CASI CLINICI: donna infertile, apparentemente il ciclo è rispettato, ma a forte ingrandimento si nota infiltrato infiammatorio con raccolta di cellule infiammatorie all'interno delle ghiandole, e cellule infiammatorie vicino ai vasi: diagnosi di endometrite cronica. INFILTRATO PERIVASALE al di sotto dell'epitelio di superficie: diagnosi di endometrite cronica per presenza di cellule infiammatorie perivascolari, cellule infiammatorie tra le cellule epiteliali, ghiandole distrutte dalle cellule infiammatorie. PRESENZA DI CELLULE FUSATE: diagnosi di endometrite cronica Il professore Cicinelli ha anche scoperto che quando si è in una situazione di endometrite ci sono anche piccoli POLIPI di dimensioni inferiori a 2 mm, e sono formati da una ansa vascolare con infiltrato infiammatorio. ENDOMETRITE CRONICA SPECIFICA TUBERCOLOSI DELL'ENDOMETRIO: endometrite cronica dovuta a presenza di granuloma tubercolare. L’incidenza di questa condizione era molto elevata subito dopo la fine della 2a guerra mondiale, in donne sterili (50%). La tubercolosi nell'apparato genitale femminile si localizza a livello delle tube, in quanto sono più vascolarizzate, chiudendone il lume, per cui l'ostruzione tubarica bilaterale comporta sterilità. Il granuloma tubercolare impiega 40 giorni per formarsi, quindi in passato veniva effettuata la biopsia dell'endometrio attorno alla 28esima giornata nella speranza di trovare qualche cellula gigante, infiltrato linfocitario, e qualsiasi segno indicativo della tubercolosi. La tubercolosi non attecchisce sull'endometrio in quanto attraverso la mestruazione ogni 28 gg circa viene sfaldato. Le donne sterili per via della tubercolosi sono andate successivamente in menopausa, ciò fa si che possa esplicarsi la tubercolosi endometriale con formazione di granulomi, ulcere che culminano con un sanguinamento. NB: sanguinamento in menopausa= carcinoma dell'endometrio. Questa situazione però si può verificare anche in caso di tubercolosi endometriale in menopausa. Infatti questa rappresenta una condizione difficile per il medico, spinto verso la diagnosi di carcinoma. Questo perchè, la donna a seguito di questo sanguinamento anomalo si reca dal ginecologo che attraverso un'ecografia nota come la parete dell'utero sia alterata, con conseguente diagnosi ecografica di carcinoma dell'endometrio e indicazione ad una isteroscopia. L'isteroscopista evidenzia una cavità endometriale molto irregolare, iperstratificata e ulcerata, con conseguente diagnosi isteroscopica di carcinoma dell'endometrio. Successivamente la donna effettua una biopsia dell'endometrio che conferma la diagnosi. Nel caso in cui la donna dovesse poi essere sottoposta a rimozione dell'utero, sarebbe possibile notare come non ci sia nessun tipo di carcinoma, ma bensì una forte infiammazione tubercolare. Questo perchè le citochine presenti nel granuloma tubercolare provocano una forte spinta proliferativa nell'epitelio. Perciò le donne possono ricevere una falsa diagnosi di adenocarcinoma dell’endometrio semplicemente perché una volta andate in menopausa la tubercolosi si è potuta esplicitare come voleva, causando una endometrite ulcero-caseosa che simula perfettamente il carcinoma anche a livello istologico. IPERPLASIE ENDOMETRIALI IPERPLASIA: notevole ispessimento delle pareti endometriali, dovuto ad una stimolazione estrogenica esagerata. Può essere dovuta a cicli anovulatori, i quali sono cicli in cui mancando l'ovulazione c'è un stimolazione continua di estrogeni, non essendo bilanciate dal progesterone, che aumentano le mitosi sia delle ghiandole che dello stroma e provocano ispessimento dell'endometrio e conseguente iperplasia. Questa condizione può anche essere causata dall'assunzione di ormoni per via farmacologica, come in quelle donne in menopausa che effettuano terapia sostitutiva in maniera non adeguata. L'iperplasia è legata anche alla sovrapproduzione di ormoni extraovarici: tessuto adiposo presenta aromatasi che trasforma gli ormoni mascolinizzanti in estrone; quindi le donne obese o diabetiche hanno la possibilità di stimolare l'aromatasi e quindi la produzione di ormoni extraovarici. Non esiste una precisa età con maggiore incidenza, in quanto questa è una condizione che può presentarsi dalla pubertà alla morte della donna. IPERPLASIA SEMPLICE: Iperplasia in cui le ghiandole iperplastiche sono tubulari come nell’endometrio fisiologico IPERPLASIA COMPLESSA : Iperplasia con alterazioni strutturali della componente ghiandolare. In realtà osservando un endometrio iperplastico al microscopio è possibile notare che nell’iperplasia semplice, la quantità di area occupata dalle ghiandole è uguale a quella occupata dallo stroma, in una proporzione di 50:50, quindi si nota la scarsità di stroma tra una ghiandola e l’altra. Mentre in caso di iperplasia complessa l’area occupata dalle ghiandole è superiore al 50%; in questa condizione le ghiandole sono architetturalmente complesse perché crescendo più dello stroma hanno meno spazio a disposizione, e devono quindi adattarsi ad uno spazio molto limitato rispetto al loro accrescimento. Un’ulteriore classificazione viene fatta in base alla presenza o meno di atipie, per cui si potrà parlare di: IPERPLASIA SEMPLICE CON ATIPIA (EIN, ENDOMETRIAL INTRAEPITHELIAL NEOPLASIA) In realtà questa è una condizione transitoria in quanto basta un ciclo ovulatorio per far sì che quell’atipia passi IPERPLASIA SEMPLICE SENZA ATIPIA IPERPLASIA COMPLESSA CON ATIPIA IPERPLASIA COMPLESSA SENZA ATIPIA NB: la presenza di cellule stromali ricche di colesterolo indica una donna con eccessiva produzione di steroidi. ATIPIE CITOLOGICHE Sono caratterizzate da notevole Stratificazione con nuclei rotondeggianti, mentre i nuclei delle ghiandole normali o comunque senza atipie citologiche, sono fusati con la cromatina a grosse zolle; le mitosi non vengono considerate in quanto l’attività mitotica di un endometrio normale è elevata. DOMANDA: Se ho una biopsia endometriale con iperplasia atipica come faccio a distinguere un adenocarcinoma ben differenziato da una iperplasia con atipia? Quando le ghiandole sono super architetturalmente atipiche, e quindi hanno aspetti di confluenza ghiandolare e tripliformi con formazione di papille all’interno delle ghiandole e stroma tra le ghiandole completamente scomparso è un segno indiretto di infiltrazione, maggiormente indicativo di un adenocarcinoma piuttosto che iperplasia atipica. GHIANDOLA TRIPLIFORME: grossa ghiandola unica con tanti lumi secondari all’interno. Cosi come altre tipologie di alterazioni meno specifiche come presenza di tessuto di granulazione infiammatoria, fino a quando fra le ghiandole vi è stroma connettivale neoformato si parla sempre di carcinoma (in condizioni di fisiologia si parla di stroma citogeno endometriale) NB l’adenocarcinoma ben differenziato può essere trattato con progesterone. NBL’ONCOGENE PTEN non è espresso nel 45 % casi di iperplasia tipica ma questo dato non risulta essere molto rilevante in quanto il 50% delle donne normali senza iperplasia non lo esprime. (gli NB sono frasi che dice in maniera disconnessa e non so come altro inserirli) PERCHE’ IL CARCINOMA DELL’ENDOMETRIO INSORGE NELLE DONNE DI ETA’ SUPERIORE A 40 ANNI? Perché prima della menopausa, grazie alle mestruazioni ci si libera di tutte le cellule alterate. Quindi nelle donne di età inferiore ai 40 anni non si fa mai diagnosi di adenocarcinoma ma di iperplasia atipica. TERAPIA DONNE CON IPERPLASIA ATIPICA INFERIORI AI 40 aa? Considerano che sono donne con cicli anovulatori è sufficiente trattarle con CLOMIFENE per sei mesi e tutto rientra nella norma, per via della comparsa dell’ovulazione. Nelle donne in menopausa invece, è confermato che in caso di iperplasia atipica il 19% dei casi implica un tumore. Che ci sia o meno alterazione neoplastica però si procede con l’isterectomia. DONNE CON ETA’ SUPERIORE AI 40 aa NON ANCORA IN MENOPAUSA: In queste donne l’iperplasia non deve essere sottovalutata e si deve tentare una terapia medica ormonale prima di valutare di procedere con isterectomia, sono quindi pazienti per le quali è necessario un follow up accurato. ADENOCARCINOMA DELL’ENDOMETRIO In passato era una patologia abbastanza rara perché l’adenocarcinoma è tipico delle donne in menopausa e soprattutto che hanno avuto poche gravidanze (noto come tumore delle mogli che non avevano carcinoma del collo dell’utero ma dell’endometrio). Oggi questo tumore sta diventando sempre più frequente. -Come mai un tumore ormonosensibile stimolato dagli estrogeni compare in menopausa quando gli estrogeni sono molto bassi? Il fatto che sia più caratteristico delle nullipare è perché hanno una stimolazione ormonale continua non sospesa come succede in gravidanza e allattamento. Questo fenomeno è stato chiarito negli anni 70’, si è detto che perché avvenga un carcinoma dell’endometrio sono importanti estrogeni prodotti al di fuori dell’ovaio, in particolare l’estrone che è un ormone caratterizzato da due gruppi chetonici mentre l’estradiolo prodotto dall’ovaio è uno steroide che ha due gruppi ossidrili. Nel caso delle donne che vanno in menopausa oppure nelle donne che hanno una malattia tiroidea o epatica aumenta la produzione di preormoni che si trovano nella corticale del surrene (presenta tre strati: lo strato più esterno produce mineralcorticoidi, lo strato intermedio produce i glicocorticoidi ovvero cortisolo, sostanze che regolano il metabolismo degli zuccheri e dei grassi, poi c’è lo strato più interno che produce steroidi sessuali, nel feto produce estriolo che è un estrogeno con 3 gruppi ossodrilici), un tempo per verificare la vitalità del feto e della funzione placenta-feto si misurava l’estriolo nel sangue della gravida perché questo non è prodotto dalla madre ma solo dal feto. Nelle donne in menopausa o con patologie particolari produce il deidroepiandrosterone che è un ormone virilizzante tanto è vero che nelle donne in menopausa sono accentuati i fenotipi di tipo maschile proprio per questo ormone che viene prodotto dalla corticale del surrene. Questo ormone a livello del grasso periferico grazie alle almatasi presenti nel cellulare adiposo si trasforma in estrone quindi quanto più la donna ha una disfunzione del tessuto adiposo tanto più è predisposta ad aumentare il carico di almatasi e a produrre più estrone. Le caratteristiche più importanti per la genesi del carcinoma dell’endometrio sono l’obesità, l’ipertensione e il diabete, quindi le donne che arrivano alla menopausa in una condizione di dismetabolismo lipidico hanno più probabilità di generare un carcinoma dell’endometrio. Però ci sono anche delle donne che sviluppano questo tumore perché vengono stimolate in maniera non idonea con gli estrogeni in menopausa oppure ci sono situazioni genetiche come la sindrome di Lynch (squilibrio genetico nella stabilità dei microsatelliti che genera carcinomi dell’endometrio, del colon, molti tumori differenti). Fino ai 40 anni l’attività ciclica dell’endometrio impedisce il mantenimento di cellule atipiche degenerate in senso carcinomatoso, quindi se durante la vita sotto i 40 anni si creano delle cellule endometriali displastiche e preneoplastiche, vengono sistematicamente eliminate con la mestruazione. Quando la situazione inizia a diventare stabile perché le mestruazioni diminuiscono fino a scomparire allora c’è la possibilità di insorgenza dell’iperplasia o del carcinoma. SINTOMATOLOGIA -metrorragia ovvero sanguinamento uterino anomalo per cui ogni sanguinamento in menopausa va valutato. Però il sanguinamento in menopausa non deve far pensare necessariamente al carcinoma poiché in menopausa si ha l’atrofia dell’endometrio che diventa sempre più sottile e produce ciclicamente un sanguinamento al di sotto dell’epitelio che non dà sintomatologia ma a furia di immagazzinare questo sangue, finisce per rompere l’endotelio e sanguinare, quindi il 60% dei sanguinamenti in menopausa si verificano per una normale atrofia endometriale. Un altro 20% sanguina per patologie benigne (es polipo, edema sottomucoso, endometrite, endometrite tubercolare), quindi rimane solo un 20% che sanguina per la presenza del carcinoma. Ad ogni modo però bisogna vedere tutti i sanguinamenti in menopausa perché possono essere l’unico segno di una patologia endometriale. Però quando il carcinoma dell’endometrio avanza e diventa da stadio I ovvero confinato solo al corpo dell’utero a stadio II, cioè, che è andato verso il collo, allora iniziano i dolori e i disturbi urinari. Quando si è difronte ad un carcinoma, il patologo deve dare una serie di notizie che hanno un grosso significato prognostico. La prima cosa da verificare è che a partire dagli anni 90’ in poi distinguiamo due tipi biologici di carcinoma dell’endometrio: Tipo biologico I (uno) caratterizzato da progressione lenta e quindi un comportamento non così aggressivo. -Presenta cellule che sono sensibili agli ormoni ed è anche possibile non fare l’isterectomia ma un trattamento medico anti-estrogenico che porta alla distruzione del tumore. -Il periodo di insorgenza è la peri menopausa (tra 40 e 55 anni). -Spesso le donne affette da questo tipo denunciano di avere fatto una stimolazione estrogenica per diversi motivi, quindi, spesso sono trattate con estrogeni. -L’architettura ghiandolare è sempre presente e i nuclei sono tutti uguali e allungati a sigaro. - I recettori degli estrogeni sono al 100% delle cellule tumorali, tutte le cellule sono stimolate dagli estrogeni e quindi atrofizzate dai farmaci anti-estrogeni. -Costituito sempre da tumori endometrioidi -Grado di differenziazione è sempre basso (sono tutte forme ben differenziate) -Meno aggressivo Tipo biologico II (due) in cui la crescita è molto rapida c’è rapidamente l’estensione al peritoneo e quindi si passa subito allo stadio III e poi la progressione è molto rapida. -I recettori ormonali sono assenti quindi se viene trattato con farmaci anti-estrogeni non si ottiene nessun risultato. -Il periodo di insorgenza è 65 anni. -è più frequentemente costituito da carcinomi simil tubarici e sieroso o carcinomi a cellule chiare come succede nel caso dell’endometrio in gravidanza -scarsamente differenziato -Più aggressivo [Es. se donna ha adenocarcinoma endometrioide però g3 scarsamente differenziata non va nel tipo biologico 1 ma nel 2 perché ci si aspetta che il tumore sia molto aggressivo]. Quindi non solo l’istotipo ma anche il grado di differenziazione è diverso tra tipo 1 e 2. È possibile avere dei tumori che hanno delle cellule uguali a quelle da cui derivano, ma anche tumori di cellule compatibili, infatti, nel carcinoma dell’endometrio è possibile avere il carcinoma endometrioide in cui la cellula rivede esattamente l’aspetto della cellula endometriale, poi c’è il carcinoma sieroso formato da cellule simili a quelle della tuba e il carcinoma cervicale fatto come quello dell’endometrio in gravidanza. Nell’endometrio quindi si possono avere carcinomi endometrioidi, cioè carcinomi dell’endometrio che hanno cellule simili alle cellule endometriali, carcinomi simil tubarici e carcinomi simil endocervicali. Il carcinoma endometrioide ghiandolare è molto simile al sieroso però le papille del sieroso sono molto più grosse e ampie e le cellule sono molto più atipiche e stratificate. Quando si parla di carcinoma sieroso o a cellule chiare non si verifica il grado di differenziazione perché non esiste, di prassi è scarsamente differenziato e quindi anaplastico e questo è sempre un aspetto di aggressività. Il KE67 è un indicatore di proliferazione, per capire quante sono le cellule destinate a proliferare, si scrive una percentuale che corrisponde al grado di differenziazione delle cellule. Nel tipo 1 il KE67 di solito è molto basso mentre nel tipo 2 è più alto. Un altro elemento di prognosi è l’invasione miometriale, il patologo dice quanta parte della parete utero è infiltrata. Nel caso del tipo biologico 1 è minimo, nel tipo 2 l’infiltrazione del miometrio è molto elevata. Originariamente si sosteneva che esiste un’invasione assente (m0), un’invasione endometriale del terzo interno (m1), dei due terzi interni (m2) e anche del terzo esterno (m3). Oggi ciò che è importante è che nel collo dell’utero bisogna badare all’invasione dei vasi e quindi verificare se c’è un carcinoma squamoso che invade i vasi, nel caso del corpo dell’utero invece, non ci sono linfatici fino alla metà esterna dell’endometrio, quindi la metà interna dell’endometrio non è sede di linfatici, quello che interessa, quindi, è se c’è o no l’invasione della metà esterna dell’endometrio. Oggi, infatti, si fa la distinzione tra stadio IA (non invasione dell’endometrio), stadio IB (invasione della metà interna dell’endometrio), stadio IC (invasione della metà esterna dell’endometrio). La diffusione del tumore è molto dipendente da questa classificazione, se il tumore è IA o IB, non c’è alcuna differenza prognostica, la situazione precipita se l’invasione colpisce la metà esterna, perché ci sono più vasi. La valutazione percentuale non si fa più, però il problema per cui questa classificazione è inutile è che gli oncologi pretendono che si scriva quanto è infiltrato l’endometrio ma non ha senso poiché a differenza degli altri organi dove c’è un epitelio, la membrana basale, la tonaca propria e la tonaca muscolare, nell’endometrio non esiste nessuna distinzione tra endometrio e miometrio, quindi le fasce superficiali dell’endometrio le si ritrova nel miometrio. È importante la valutazione dell’invasione dell’endometrio esterno perché all’esterno c’è la sierosa e quindi bisogna capire quanto manca per arrivaci. La diagnosi differenziale tra stadio IA (non infiltrate il miometrio) e stadio IB (infiltrante il miometrio) è una valutazione soggettiva. Ciò che conta è l’infiltrazione dell’endometrio a più della metà quindi IC e quindi è molto importante guardare la sierosa e contare i millimetri che mancano per arrivarci. Il fattore più importante in assoluto è l’invasione vascolare, se un tumore ha invasione vascolare, la valutazione è negativa anche se è allo stadio 1° e si fanno la linfoadenectomia e la radioterapia perché il rischio è molto elevato. Quando si fa diagnosi di carcinoma sieroso papillare la prognosi è severa, è un tumore molto pericoloso perché può anche essere superficiale, cioè che interessa solo l’endometrio, attraversare le tube oppure infiltrare il miometrio molto discretamente, quindi i genitori tumorali intravascolari non vengono visti in ecografia né con la risonanza magnetica. Questi tumori vengono quindi operati con una diagnosi di stadio IA o IB e ci si ritrova con uno stadio III. Nell’utero si è visto che, quando i vasi venosi sono circondati da un manicotto di linfociti, quei linfociti sono la spia dell’invasione vascolare. Si è scoperto da qualche anno che le donne che fanno l’isterectomia per via endoscopica subiscono una manipolazione che produce un ingresso del tumore nei grossi vasi, quindi quando non si trova l’invasione dei piccoli vasi ma quella delle grosse vene è un fatto meccanico e non ha significato prognostico perché i vasi sono legati. INVASIONE DEL COLLO DELL’UTERO In passato si diceva che fosse adeso alla parete e quindi di stadio II, perché la prognosi è peggiore però si è visto che se l’invasione avviene sulla mucosa la prognosi non cambia, ma se il tumore si trova nel muscolo del collo dell’utero la prognosi cambia. Quindi l’invasione superficiale del collo dell’utero oggi viene considerato stadio I, mentre l’invasione della parete del collo dell’utero è stadio II. La prognosi peggiora se si ha l’invasione vascolare. La citologia positiva nel liquido ascitico o la presenza di cellule tumorali nel lume delle tube, non fa stadi, quindi IC, mentre se si legano le tube con tumore dentro e il tumore è affisso sulle pareti è stadio III. PRECURSORI I tipo 1 ha come precursore l’iperplasia. Quella atipica oggi è indice di neoplasia intraepiteliale endometriale. Oggi si sa che i precursori del tipo 2 sono cellule atipiche che si trovano vicino al tumore e si chiama carcinoma intraepiteliale. Il carcinoma sieroso dell’endometrio vicino ha un carcinoma intraepiteliale, questo vuol dire che l’epitelio del vecchio endometrio è colonizzato da cellule atipiche simili a quelle della invasività. Carcinoma intraepiteliale vuol dire carcinoma sieroso papillare che non è ancora invasivo. Il carcinoma intraepiteliale può anche non essere invasivo e diffondere attraverso le tube. Quello intraepiteliale si forma nelle zone dell’endometrio che rispondono meno agli ormoni cioè zona…(?) e i corni tubarici, in una donna con età superiore ai 60 anni bisogna fare attenzione a ciò che c’è nei corni tubarici perché ci può essere un piccolo tumore nascosto nei corni tubarici. Alla base di tutto ci sono le mutazioni genetiche e l’instabilità dei microsatelliti e si arriva al carcinoma endometrioide g1. Se c’è la perdita di eterozigosità si arriva ad un g3 che è molto pericoloso. Tra epitelio normale e carcinoma intraepiteliale c’è solo una mutazione p53 e quindi alla fine si avrà un carcinoma endometrioide. Se il carcinoma endometrioide g3 ha una mutazione p53 si arriva al carcinoma di tipo 2. Quindi tipo 1 e tipo 2 non sono poi così diversi. VALUTAZIONE MODERNA DEL CARCINOMA ENDOMETRIOIDE Oggi viene diviso in 4 tipi molecolari. Si è visto che i carcinomi endometrioidi ben differenziati sono POLE-mutati e hanno una mutazione del gene POL-E. Se il carcinoma dell’endometrio è POL-E non si muore. Se invece il carcinoma dell’endometrio è p53-mutato è il tipo molecolare 4 quindi vanno tutti male. Il tipo 2 e il tipo 3 vanno in una maniera intermedia e la mutazione dei microsatelliti è importante per la sorella, per la mamma, per la figlia perché entrano nella sindrome di Lynch, non è importante stabilire l’instabilità dei microsatelliti della signora poiché la prognosi non cambia, è intermedia tra quelle POLE-mutate e quelle p53-mutate. Se si ha il dubbio se si tratta di tumore intraepiteliale bisogna verificare p53 e KE67. ENDOMETRIOSI L' endometriosi è definita come la presenza di mucosa endometriale al di fuori della cavità del corpo dell’utero senza rapporti di continuità con essa. Quando parliamo di “mucosa endometriale”: si intende epitelio, stroma e vasi! Non ci può essere l'endometrio con solo l'epitelio, con solo lo stroma o con solo i vasi, esistono infatti delle malattie caratterizzate da presenza di solo epitelio endometriale (non succede niente) di solo stroma endometriale (non succede niente); perchè la cosa diventi malattia, è necessario ci sia insieme epitelio e stroma! Se trovassimo un endometrio nello spessore del miometrio, non si tratterà più di endometriosi ma adenomiosi. Che cos’è l’adenomiosi? è la presenza dell’endometrio nel corpo dell’utero ma a differenza dell’endometriosi, è caratterizzata da mucosa endometriale che è in continuità con l’endometrio che sta nel corpo. [quesito]Se vedo un pò di mucosa endometriale nel miometrio posso dire che si tratta di adenomiosi? secondo i libri devono essere ad almeno 1 cm, 1 e mezzo, 2, in realtà non ha valore! l’importante è che il muscolo attorno a quel focoalio sia iperplastico! Per cui, anche se sta a ridosso dell’endometrio e riscontro un'iperplasia muscolare intorno, si tratterà di un focolaio di adenomiosi! Come si forma l’adenomiosi? Le modificazioni dell’endometrio riguardano i ⅔ superiori, il terzo inferiore no; alla metruazione i ⅔ sup si distruggono e la parte più profonda dell’endometrio, porzione a ridosso del miometrio, deve proliferare per rigenerare l’ endometrio e molto spesso, quando prolifera, non va sopra ma va sotto, quindi col passare dell’età c’è piu probabilità che l’ endometrio vada verso il miometrio formando così adenomiosi, in conclusione nella fase di rigenerazione dopo la mestruazione, la proliferazione dell’endometrio può riguardare anche il miometrio e quindi l’endometrio invade in maniera non maligna il miometrio. Per quando riguarda il carcinoma dell’endometrio, bisogna vedere se è infiltrata la metà interna o la metà esterna. Se le isole di adenomiosi sono nella metà esterna e all'interno di esse è presente il carcinoma, si tratterà di stadio 1A in quanto l'adenomiosi è in continuità con la cavità del corpo, è rimastanell’ endometrio; se invece il carcinoma ha infiltrato il miometrio, si tratterà di stadio 1C perchè si trova nella metà esterna del miometrio. Se vi è un focolaio di adenomiosi in corrispondenza del corpo dell’utero ma sul versante sieroso, di cosa si tratta? Endometriosi, non adenomiosi in quanto quel focolaio si trova verso l’esterno, non è in continuità con il corpo dell’utero! Le cause e il meccanismo attraverso cui l’endometriosi si sviluppa non è ancora ben chiaro; molte sono le ipotesi a riguardo: 1.Teoria della mestruazione retrograda (di Sampson): durante la mestruazione l’endometrio mestruato in parte,( perchè la stragrande maggioranza dell’endometrio prende la via del collo, della vagina, della vulva,) sempre sotto contrazioni dell’uterno, può risaleire le tube e si porta in peritoneo, quindi si parla di mestruazione retrograda, che ritorna indietro. Contro questa teoria, ci sono molti pareri discorsi, in quanto viene posto il seguente quesito: se la stragrande maggioranza del sangue mestruale procede verso collo e vagina perchè a questo livello troviamo scarsamente l'endometriosi e la ritroviamo invece nell’ovaio ecc…? L’ epitelio vaginale è cloacale! quindi non è disposto ad accettare l’endometrio. A livello di peritoneo, ovaio, l'epitelio viene accettato molto volentieri perchè sono entrambi di derivazione mesenchimale. 2. Teoria ectopica: ( il dotto di Muller è in prossimità dell’ovaio, poi deve fare tutto un tragitto) I germi del dotto muller si possono trovare anche al di fuori del percorso normale che fa il dotto, si possono trovare infatti anche sulla superficie sierosa. 3. Teoria metaplastica: Questo epitelio ovarico è cilindrico, non cubico (come quello originario), è un epitelio endometrioide, non si tartta di un focolaio di endometriosi, manca lo stroma ma se al di sotto epitelio ovarico che è diventato endometiroide, anche lo stroma sottoepiteliale diventa citogeno, pian piano ci sarà una metaplasia anche di questo e si forma quindi endometrio al di fuori della cavità. 4. Teoria dell’impianto diretto: Durante un'operazione chirurgica che prevede taglio della parete dell' utero, dell'endometrio, come per esempio il cesareo, gli strumenti chirurgici si imbrattano di endometrio e questo può essere trasferito sulla breccia chirurgica tanto che dopo qualche mese può maniferstarsi un focolaio di endometriosi legato all'impianto di endometrio sulla breccia chirurgica, spesso però scambiato per tumore desmoide della parete addominale. Proprio per questo motivo, quando si apre l'utero in sede, la breccia chirurgica viene avvolta da materiale plastico per preservare la contaminazione da parte dei ferri chirurgici. 5. Teoria metastatica:.(per spiegare le rare forme a localizzazione polmonare, ossea, celebrale, ecc.) Quando si ha la mestruaizone, si distrugge tutto, avviene la lisi dell’endometrio che riguarda epitelio, stroma e vasi, quindi per un certo periodo di tempo i vasi, soprattutto venosi, sono beanti, a pressione negativa e quindi risucchiano sangue mestruale e lo portano in circolo e dal circolo ematrico si possono fermare dappertutto: nelle ossa, nel polmone, ecc. Quale di queste teorie è quella corretta? tutte perchè ognuna spiega un particolare aspetto della materia. Per quanto riguarda la teoria della mestruazione retrograda, è stato ormai accertato che il 90% delle donne presenta una mestruazione retrograda però non è sufficiente, da sola, a dare un focolaio di endometriosi perchè questo sangue deve attecchire, impiantarsi e per farlo ha bisogno di cellule vive, (se non ha cellule efficienti, non aggredisce) di cellule staminali, cioè cellule in grado di moltiplicarsi, proliferare e generare il focolaio di endometriosi, c’è bisogno inoltre di un ambiente ormonale, immunitario del peritoneo , una predisposizione gentica, cellule citocheratina positiva ed e catechina positiv, fattori di crescita ecc… Vi è differenza tra endometriosi e la malattia “endometriosi”. Il focolaio di endometriosi subisce, durante il mese, le stesse stimolazioni ormonali che subisce l’endometrio, ci sarà quindi una fase proliferativa, secretiva e mestruale; durante quest'ultima fase, il focolaio di endometriosi non può smaltire il sangue e questo sangue deve essere elaborato nella sede del focolaio endometriosico; il problema dell’endometriosi è che il sangue mestruale non coagula (vi sono sostanze anticoagulanti) perchè riamne lì (in parte elaboprato) per settimane, arriva la mestruazione e si somma quindi altro sangue. Una volta stabilito il focolaio di endometriosi, inizia una reazione infiammatoria,fibrosa ed iperplastica delle zone vicine che cerca di limitare la situazione, questa è la malattia endometriosi: fibrosi, aderenze, emorragie ripetute, sempre all’interno del periotoneo. Se invece il focolaio endometriosico non va incontro ad emorragia, si tratterà di endometriosi ma non di malattia endometriosi. Questo è alla base della cura: quindi dobbiamo limitare l’emorragia dei focolai, evitando l’ovulazione, se non c’è, il focolaio endometriosico noon sanguina; le donne gravide, che allattano hanno una protezione sull’endometriosi perchè il focolaio rimane endometriosico ma non avremo la malattia endometriosi, non sanguina; se invece una donna ha 5 anni di cicli ovulatori senza gravidanze, raddoppia la possibilità di avere malattia endometriosi. (gravidanza, pillola estroprogestinica, trattamenti ormonali limitano la malattia endometriosi che è diverso da focolaio di endometriosi. ) Esistono due tipi di endometriosi: - superficiale, si verifica nell’ ovaio, la cosìddetta cisti cioccolato, a contenuto emorragico, in parte elaborato, dal colorito nerastro, è superficiale sul peritoneo. Si dividono in macchie, zone fibrose, cicatriziali… queste sclerosi producono un'ostruzione delle tube che impedisce la gravidanza e un'assenza di gravidanza accelera la malattia (circolo vizioso). L’endometriosi superficiale si diagnostica facilmente perchè se si tocca il fornice posteriore del collo utero, è a meno di 5 mm dal cavo del Douglas (zona più bassa del peritoneo) - profonda o infiltrante, termine con cui sono definite le localizzazioni viscerali, cioè a livello di vescica, sigma, retto, muscolo ileo psoas; sono lesioni caratterizzate da un'enorme spinta iperplastica e infiammatoria intorno e diventa quindi una malattia del viscere. Queste endometriosi profonde possono creare ad esempio un’ostruzione degli ureteri, metrorragia, ematuria e molto spesso non vengono riconosciute perchè la malattia è del retto, della vescica e non si pensa quindi ad una endometriosi profonda, ha inoltre ricadute notevolissime di infermità, è molto invalidante. Nel caso riportato sopra, ad esempio, l'endometriosi è arrivata alla mucosa del retto determinando un ispessimento marcato della parete e tante forme polipoidi, si notano anche delle ghiandole endometriali. Se facciamo citocheratina 7, si distinguono con maggiore facilità le ghiandole dell' intestino dalle ghiandole dell'endometrio, sarà negativa in caso di ghiandole intestinali e positiva in caso di ghiandole dell'endometrio. L’endometriosi oltre a simulare una neoplasia, può andare incontro a neoplasia, nell’ovaio prima si riscontrava il 5% di casidiendometriosi con neoplasia, ora questi sono scesi all'1% perchè sono aumentati i casi di endometriosi, il tasso di natalità si è abbassato e le endometriosi sono diventate più frequenti. Di solito i carcinomi più frequenti sono quelli endometrioidi, che insorgono nel focolaio di endometriosi. TUMORI OVAIO I tumori dell'ovaio sono tantssimii, si somigliano molto tra loro per cui la diagnosi differenziale risulta un pò scadente; da un punto di vista clinico però, i tumori maligni dell’ovaio, che nel 90% casi sono carcinomi, sono tumori in cui non c’è stato negli ultimi 30 anni un incremento degli effetti benefici dei farmaci e una diminuzione della incidenza perchè hanno dei problemi intrinseci: prima di tutto non si è a conoscenza dei precursori dei tumori dell’ovaio e non sapendo questo, non sappiamo come fare uno screening (es pap test per collo utero, sangue occulto per colon, mammografia), l'unico marcatore che abbiamo a disposizione per questi tumori, sono i CA 125, quando però questo valore si innalza, il carcinoma è già allo stadio terzo in quanto non si alza finchè rimane confinato all'ovaio. Questi carcinomi sono cugini stretti del mesotelio, quindi mentre il tumore della mammella ci mette 9 anni da quando nasce a quando diventa palpabile, nel caso del carcinoma dell'ovaio, si passa dallo stadio 1 (tumore confinato all'ovaio) allo stadio terzo nel giro di pochi mesi; il periodo per una diagnosi precoce è negativo; ci sono stati dei miglioramenti con dei farmaci di ultima generazione come antiangiogenetici ma rimane sempre un tumore difficile da trattare. Qual è il segreto per fare diagnosi di tumore dell’ovaio? è la storia naturale: ogni tumore dell’ovaio ha una sua storia naturale , inoltre l’aspetto macroscopico è assolutamente differenziato, Classificazione tumori ovaio: -Tumori dell'epitelio e dello stroma superficiale; -Tumori delle cellule germinali: derivano dai precursori degli ovociti, quindi dagli ovociti in formazione; -Tumori dei cordoni sessuali o a cellule steroidi; -Tumori mesenchimali: molto rari; -Tumori secondari(importantissimi) Il 90% dei tumori dell'ovaio sono tumori epiteliali, dei maligni, l’ 80% sono epiteliali; a seconda delle età, c’è un’incidenza diversa dei vari tipi di tumore. I tumori dell'epitelio e dello stroma superficiale si distinguono in: -tumori sierosi -mucinosi -endometrioidi -a cellule chiare -T. di Brenner -misti - indifferenziati. Come mai sono così diversi? bisogna rifarsi al concetto di neometaplasia: l'epitelio ovarico è cubico, monofilare, ogni volta che c’è l'ovulazione, l'epitelio si disperde, ( si deve aprire per consentire al cumulo ooforo di passare) poi si richiude e non sempre riepitelizza, a volte però accade, e quindi si approfonda nello stroma sueprficiale dell’ovaio come epitelio cubico ma può trasformarsi, sotto spinta ormonale, soprattutto in epitelio simil-tubarico o in epitolo mucinoso, endometrioide o squamoso.. I tumori SIEROSI EPITELIALI sono tumori in cui epitelio è uguale a quello della tuba. I tumori MUCINOSI, all’inizio si diceva fossero simil endocervicali, in realtà sono tumori che presentano un epitelio mucinoso simile a quello dell’intestino. I tumori ENDOMETRIOIDI sono quelli in cui l'epitelio diventa endometrioide, simile all’endometrio I tumori A CELLULE CHIARE quando l'epitelio è uguale a quello dell’endometrio durante la gravidanza T. DI BRENNER, le cellule sono squamoidi, simili a quelle della vescica, quindi l'epitelio ovarico è un epitelio che subisce una spinta alla metaplasia e si trasforma in altri tipi di epitelio, in parte mulleriani, in parte anche extramulleriani; per cui l'epitelio come tale non diventa mai neoplastico ma lo diventa trasformandosi in un altro epitelio sotto la spinta soprattutto degli ormoni. Questi tumori possono essere benigni, borderline o maligni. Quelli benigni sono tumori che non si trasformano in maligni, non creano problemi, rimangono tali, i maligni invece sono aggressivi, metastatizzano molto velocemente, in pochi mesi passano da ovaio a peritoeno, (benigno è fatto da clelule tipiche, maligno da cellule atipiche) il borderline è fatto da cellule atipiche che però non superano la membrana basale; non possono essere considerati carcinomi in situ perchè questi (carcinomi) non danno metastasi e invece i borderline possono dare metastasi e poi il carcinoma in situ è un tumore di transizione invece nei tumori dell'ovaio abbiamo i tumori epiteliali benigni, quelli maligni che nascono come maligni e muoiono maligni e borderline che rimangono borderline, il bordeline anche metastatico non ha un'aggressione così accesa come quello maligno, rimane sempre un tumore a basso potenziale di malignità, questo succede solo nell’ovaio. I tumori più frequenti sono i sierosi, sono cisti uniloculari: una sola cavità con pareti lisce sia all’esterno che all’interno, epitelio tubarico, quindi tumori cistici. Un tumore tutto cistico è quasi sicuramente benigno, il tumore borderline presenta invece all’interno della cisti (90%cisti) proliferazioni molto granulari che però posson essere presenti anche sulla superficie esterna della cisti (dall’ovaio poi si possono portare altrove, come peritoneo) per cui quando si apre una cisti uniloculare bisogna voltarla e rivoltarla. istologicamente l’epitelio non è più quello della tuba, non è più monostratificato ma pluristratificato. (il tumore sieroso bordeline micropapillare a caput medusae è un tumore pericolosissimo, sono presenti gettoni papillarimolto piccoli. ) TUMORE SIEROSO BORDELINE: ha una sopravvivenza del 95% a 5 anni, mentre del 90% a 10 anni ciò significa che c’è un 5-10% di casi che vanno male. Quando facciamo diagnosi di tumore sieroso borderline bisogna fare prelievi a random sul peritoneo perché, se non troviamo localizzazione peritoneale il tumore è benigno, se invece, troviamo localizzazioni secondarie sul peritoneo di tipo non invasivo il tumore è benigno; nel 5-10% dei casi il tumore si presenta con metastasi invasive. Quindi se il tumore borderline sieroso non ha metastasi o se ha metastasi non invasive risulta essere benigno; se invece, ha metastasi invasive è un tumore maligno di basso grado. TUMORE SIERIOSO MALIGNO Nella stragrande maggioranza i tumori seriosi maligni sono cistici, non sono più cisti sierosi uniloculari, sono prevalentemente solidi. Hanno un’architettura papillare non ordinale, perché quelle papille non sono ordinate come nel borderline (rami, tronchi, rami periferici), queste invece sono papille disordinate dove vi è anche la parte solida. Ricapitolando i tumori sierosi maligni dell’ovaio possono essere cistici o solidi. Con il termine “sieroso” facciamo riferimento al tipo di cellule coinvolte nel tumore e alla loro somiglianza con le cellule delle ghiandole secretorie del tessuto sieroso. TUMORI MUCINOSI In passato si chiamavano mulleriano e enteroide; oggi invece, non esiste più il mulleriano mucinoso, tutti i tumori mucinosi sono di tipo enteroide. L’epitelio ovarico si trasforma in epitelio mucinoso come quello dell’intestino. Questo tumore è diverso da tutti gli altri perché mentre il sieroso può essere di 3 tipi: benigno, borderline o maligno; il tumore mucinoso transita, cioè, diventa benigno, successivamente borderline, poi si trasforma in adenocarcinoma in situ, adenocarcinoma invasivo. Se facessimo un’autopsia di un tumore maligno, troveremmo accanto alla forma invasiva quella borderline, adenocarcinoma in situ. Il trapasso dal benigno al maligno segue le stesse vie dei polipi intestinali, cioè il benigno non ha nessuna mutazione, fino ad arrivare alla forma invasiva. Viene considerato un tumore a parte rispetto a quelli epiteliali perché segue una logica che è uguale a quella dei carcinomi intestinali. Il tumore mucinoso benigno è un tumore multiloculare perché ogni ghiandola diventa cisti. Viene considerato un tumore texano perché la mucosecrezione lo fa ingrandire nel giro di poco tempo; quindi, sono tumori enormi che superano quasi sempre i 20 cm. Dal punto di vista istologico vedremo ha cellule caliciformi mucipare come quelle dell’intestino. Presentano nucleo basso, il quale indica il grado del tumore, in questo caso è benigno perché, se il nucleo si alza il tumore diventa già borderline; se il nucleo viene spostato verso il centro si verifica un adenoma tubulare. Quindi il mucinoso va considerato come l’intestino anche da un punto di vista molecolare. Si verifca un tumore mucinos nel momento in cui sono sicuro che i nuclei sono tutti uguali e tutti poszionati alla stessa altezza. Il 70% dei tumori mucinosi sono benigni e tra questi il 30% viene diagniosticato come bordeline; quest’ultimi mentre nei sierosi sono tutti benigni, salvo che si verifichino metastasi invasive, nei tumori mucinosi il comportamento maligno si ha in quelle forme in cui è presente lo pseudomixsoma del peritoneo. Che co’s’è lo pseudomixosoma del peritoneo? Quando un tumore mucinoso bordeline dell’ovaio metastatizza sul peritoneo, come produce tanto muco sul tumore, allo stesso modo produce tanto muco sul peritoneo e questo muco ingabbia le anse intestinali (sulle quali osserviamo una stratificazione di muco) e allo stesso tempo produce una paralisi intestinali; quindi queste