Rivoluzione Femminile - 5° Anno - PDF

Summary

Gli appunti descrivono la rivoluzione femminile e i movimenti per i diritti delle donne, includendo le figure chiave come Emmeline Pankhurst. Inoltre, spiega l'evoluzione dei partiti di massa e i loro scopi. Analizza anche il ruolo dei sindacati e il finanziamento dei partiti, con annesse informazioni sui primi partiti di massa e sul socialismo.

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RIVOLUZIONE FEMMINILE La rivoluzione femminile richiedeva diritti sociali e politici, che però non erano garantiti a tutti. Le donne, in particolare, erano escluse da molti di questi diritti. All'inizio le donne erano sottomesse, ma cominciarono a prendere coscienza della loro situazione e iniziaro...

RIVOLUZIONE FEMMINILE La rivoluzione femminile richiedeva diritti sociali e politici, che però non erano garantiti a tutti. Le donne, in particolare, erano escluse da molti di questi diritti. All'inizio le donne erano sottomesse, ma cominciarono a prendere coscienza della loro situazione e iniziarono a ribellarsi nei paesi più avanzati, come la Scandinavia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. In questi luoghi nacquero movimenti che chiedevano il diritto di voto, l’accesso alle università e la possibilità di svolgere libere professioni. Uno dei primi movimenti nacque nel 1903 grazie a Emmeline Pankhurst, che fu la prima donna a fondare un’organizzazione femminile chiamata Unione Sociale e Politica delle Donne. (Già durante la Rivoluzione Francese, Olympe de Gouges aveva scritto la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina.) Il principale obiettivo dei movimenti era ottenere il suffragio femminile. Da qui nacquero le suffragiste, un termine inizialmente usato in senso dispregiativo (più tardi il movimento fu identificato con il nome di suffragette). La stampa cercava di ridicolizzarle, pubblicando satire e pregiudizi contro di loro. Molte manifestazioni si svolgevano nelle piazze, ma la popolazione mostrava spesso indifferenza, e la polizia tentava di fermarle. Per attirare l’attenzione, le donne ricorrevano a metodi estremi come scioperi della fame, incatenarsi ai pali della luce o salire in luoghi alti e minacciare di buttarsi. La polizia interveniva spesso con la forza per rimuoverle. Anche Emmeline Pankhurst e altre donne cercarono di farsi ascoltare entrando in Parlamento e inviando numerose richieste scritte. La stessa Pankhurst ne inviò circa 1500. Solo in alcuni paesi, durante il XX secolo, venne raggiunta la parità dei diritti. Per esempio: In Inghilterra nel 1918 In Italia nel 1946 In Svizzera nel 1971 Le prime elezioni a cui le donne parteciparono furono in: Svezia nel 1903 Finlandia nel 1906 Germania, Austria, Inghilterra e Unione Sovietica nel 1918 Stati Uniti nel 1920 Olanda nel 1923 PARTITI DI MASSA I partiti di massa si formarono con l’obiettivo di organizzare una parte sempre più ampia della società. Non appartenevano più solo alle classi sociali più abbienti o ai nobili, ma coinvolgevano una maggioranza più vasta. Questa nuova organizzazione aveva caratteristiche innovative: Si riconoscevano in un’ideologia. Perseguivano obiettivi specifici attraverso programmi ben definiti. Possedevano un’organizzazione stabile, con sedi, funzionari e rappresentanti. I membri dei partiti svolgevano mansioni per le quali venivano retribuiti. Inoltre, i partiti di massa erano presenti su tutto il territorio nazionale e potevano organizzarsi liberamente in ogni parte della nazione. 1 IL RUOLO DEI SINDACATI I partiti erano spesso collegati ai sindacati, che avevano come obiettivo principale La tutela dei diritti dei lavoratori Il miglioramento delle condizioni di lavoro Nonostante lo Stato garantisse alcuni diritti, questi venivano frequentemente violati. In caso di mancato rispetto dei loro diritti, i lavoratori organizzavano scioperi, una forma di protesta fondamentale e un importante diritto conquistato. I sindacati erano associazioni che si occupavano di migliorare le condizioni dei lavoratori e ampliarne i diritti. Accanto a questi, vi erano anche le cooperative, che aiutavano le classi più basse, offrendo prodotti a prezzi più accessibili. FINANZIAMENTI E PUBBLICIZZAZIONE I partiti di massa ottenevano finanziamenti principalmente da: Simpatizzanti. Iscritti al partito. Contributi regolari da sostenitori o amici. Questi partiti venivano pubblicizzati attraverso la stampa e i giornali. Per farsi ascoltare, organizzavano comizi nelle piazze, utilizzando i mass media per amplificare il loro messaggio. Ruolo della stampa: La libertà di stampa era fondamentale per i partiti di massa. I dittatori, invece, tendevano a censurarla. Ad esempio, Mussolini non solo censurò i giornali, ma bruciò anche le sedi dei partiti di opposizione. I PRIMI PARTITI DI MASSA Socialdemocratici: nati in Germania, di ispirazione socialista. Socialisti: presenti in Francia e Italia. Lavoristi: partiti socialisti in altri paesi. Movimenti cattolici: non ancora veri e propri partiti, ma ispirati a ideali religiosi. Movimenti nazionalisti: legati a ideologie nazionaliste. Partiti socialisti-marxisti: ispirati alle teorie di Marx. SOCIALISTI Il socialismo di Karl Marx diede origine al Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD), fondato nel 1875. Marx sosteneva soprattutto la difesa del proletariato, ossia i lavoratori che mettevano a disposizione la loro forza lavoro in cambio di un salario. Marx vedeva la società divisa in due classi sociali principali: I capitalisti: l'alta borghesia, proprietaria dei mezzi di produzione come fabbriche e industrie, che investiva capitali per trarne profitto. I proletari: lavoratori che non possedevano altro che la propria prole (da cui il termine "proletariato") e che prestavano la forza lavoro per vivere. Karl Marx proponeva una società utopica basata sulla dittatura del proletariato, un sistema che avrebbe portato alla nascita del comunismo. Marx, inizialmente socialista, si trasformò in comunista con il tempo. 2 Critica al Capitalismo Marx era fortemente contrario ai capitalisti e riteneva che una società così strutturata portasse inevitabilmente allo sfruttamento delle classi lavoratrici. Insieme a Friedrich Engels scrisse il Manifesto del Partito Comunista. Nel manifesto si afferma che la storia dell'umanità è caratterizzata dalla lotta di classe, e si prevede che il proletariato, oppresso dai capitalisti, si sarebbe liberato rovesciando il sistema capitalistico. Questo avrebbe portato a: L’instaurazione della dittatura del proletariato, un passaggio necessario per costruire una società senza classi. L’abolizione della proprietà privata. L’eliminazione dei mezzi di produzione dalle mani dei capitalisti. L’obiettivo finale era la creazione di una società più equa, basata su un’economia collettiva e sull’uguaglianza tra tutti i membri della comunità. Differenza tra economia collettivista e liberista/capitalista Nei paesi dell'Est e in Russia veniva adottata l'economia collettivista. In questo sistema tutto veniva messo in comune: le fabbriche e i macchinari erano di proprietà dello Stato, quindi di tutti. In cambio, ai lavoratori veniva garantito un salario minimo. Non esisteva concorrenza, e l’impegno individuale non veniva riconosciuto, poiché lo stipendio rimaneva sempre uguale per tutti. Nel capitalismo, invece, sono centrali la competizione e la concorrenza. Divisione interna del partito socialista All’interno del partito socialista si formarono due orientamenti principali: Riformisti (o minimalisti): guidati da Bernstein, sostenevano che i lavoratori dovessero lottare per ottenere riforme e diritti (come il voto e salari migliori) attraverso metodi pacifici. Rivoluzionari: guidati da Kautsky, volevano abolire la proprietà privata e combattere lo Stato borghese. CATTOLICI La Chiesa cattolica, tramite l'enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, promosse la nascita dei primi partiti o movimenti di ispirazione cattolica. L’obiettivo principale di questi era raggiungere una giustizia sociale per tutti, favorendo la collaborazione tra le classi sociali attraverso la diplomazia. I primi partiti cattolici chiedevano riforme sociali per: Migliorare le condizioni dei lavoratori. Supportare le classi povere con salari equi. Offrire aiuti ai più bisognosi. Sostenere i piccoli proprietari e gli artigiani. Garantire la libera facoltà di associarsi. I partiti di ispirazione cattolica non si collocavano né a destra né a sinistra, ma al centro (talvolta tendenti al centro-destra). Questo perché rappresentavano una posizione moderata, lontana dagli estremismi. Col tempo, tali movimenti confluirono nella Democrazia Cristiana. 3 NAZIONALISTI Il nazionalismo significa l'autodeterminazione della nazione. Inizialmente era un movimento pacifico, ma con il tempo si trasformò in un’ideologia razzista, poiché si passò da un concetto di nazione a un concetto di nazionalismo. La nazione si definiva in base alla lingua, cultura, istruzione, religione, tradizioni e costumi, e si lottava per ottenere l’indipendenza. Con il nazionalismo, il termine cambiò, poiché vi erano gruppi che credevano di essere superiori agli altri e che la loro nazione aveva il diritto di autodeterminarsi. I nazionalisti esaltavano la superiorità della loro razza e della loro nazione. La politica divenne aggressiva e violenta, imperiale e militarista, fondata sulla concezione che la nazione dovesse dominare sulle classi inferiori. Si rifacevano al darwinismo sociale, ma lo stavano malinterpretando. Applicavano il darwinismo alla società, sostenendo che esistessero nazioni e classi più forti, che avevano il diritto di dominare sugli altri. Discriminazione e darwinismo sociale Secondo questa visione, la razza ariana era considerata la più forte, seguita da quella italiana, mentre i deboli erano i rom, gli omosessuali, i disabili e gli ebrei, che dovevano essere eliminati. Questo razzismo sfociò principalmente nell'antisemitismo, che si sviluppò soprattutto nel tardo 1800. L'antisemitismo è l’odio e la discriminazione contro gli ebrei, ritenuti una razza diversa, vista come maledetta perché rifiutava Gesù. I loro riti venivano considerati diabolici, poiché si riteneva che sacrificassero bambini cristiani. L'antisemitismo si diffuse in Germania, Russia e Francia. L'antisemitismo divenne noto per la prima volta con l'affare Dreyfus in Francia. Il capitano Dreyfus, di origine ebraica, fu accusato di spionaggio a favore della Germania e condannato ai lavori forzati. Tuttavia, fu difeso dall'opinione pubblica, tra cui il famoso scrittore Émile Zola, che lo dichiarò innocente pubblicamente con la lettera "J'Accuse", criticando la corruzione dello stato e dei generali francesi. Zola fu condannato e andò in esilio a Londra. Grazie alla sua denuncia, Dreyfus venne successivamente scagionato, ma Zola morì misteriosamente per esalazione di gas da una stufa in Inghilterra, forse in relazione all'affare Dreyfus. Nazionalismo in Germania In Germania, i nazionalisti erano contro gli ebrei e sostenevano il mito della razza ariana, considerata superiore alle altre. I nazionalisti pangermanisti (un movimento poi ripreso da Hitler) volevano creare una Grande Germania che includesse tutti i tedeschi sparsi in Europa, in territori come Austria, Boemia e Polonia. Nazionalismo in Russia In Russia, sotto il governo zarista, la Chiesa ortodossa considerava gli ebrei come un gruppo ostile, promotore di idee strane. Questo sfociò nei pogrom, violente persecuzioni contro gli ebrei, che portarono molti di loro a emigrare verso gli Stati Uniti. Il movimento sionista Negli ultimi anni del 1800, nacque un movimento sionista che proponeva di risolvere il problema delle discriminazioni formando uno stato ebraico. Chiesero agli Stati Uniti di concedere loro uno stato, ma alla fine fu data loro la Palestina. Il sionismo cercava di risolvere le discriminazioni e formare uno stato autonomo per il popolo ebraico. 4 Nazionalismo in Inghilterra In Gran Bretagna, i nazionalisti volevano emergere come potenza economica e impedire che la Germania diventasse una potenza pari a loro. In Francia, l’obiettivo era avere una rivincita contro la Germania, dopo l'umiliazione subita nel 1870, quando dovettero cedere i territori della Lorena e della Savoia. In Inghilterra, il principale sindacato era il Trades Union Congress (TUC), in Francia il sindacato era la Confédération Générale du Travail (CGT), e in Italia il primo sindacato fu la Confederazione Generale del Lavoro (CGDL). Questi sindacati guadagnarono rapidamente iscritti e aumentarono i diritti dei lavoratori. Lo sciopero divenne un'arma fondamentale per ottenere miglioramenti. Nazionalismo in italia In Italia, l'obiettivo era fare della "Grande Italia" una potenza pari alle altre potenze europee. Un punto in comune con gli altri movimenti nazionalisti era la volontà di espansione coloniale. I nazionalisti italiani erano contrari alla democrazia, che ritenevano troppo lenta nelle decisioni, e preferivano regimi autoritari che permettessero di raggiungere più facilmente gli obiettivi. La loro visione della società era tradizionalista, ordinata e disciplinata. Durante questo periodo, aumentarono le forze di polizia, sia segrete che regolari, e la polizia regolare. I nazionalisti osteggiavano i socialisti, temendo che le classi sociali guadagnassero potere, sia nella vita politica che sociale, e portassero a una rivoluzione. La propaganda, in particolare quella dei regimi autoritari, era violenta e incentrata sul culto della personalità dei leader. In Francia e in Italia si sviluppò anche il sindacalismo rivoluzionario, che riteneva che, per ottenere i diritti, i lavoratori dovessero ricorrere alla violenza. Le proteste erano spesso violente e si basavano sulla lotta armata. BELLE EPOQUE La Belle Époque è spesso considerata un periodo di grande progresso e diritti, ma in realtà fu anche un’epoca di luci e ombre, caratterizzata da molte contraddizioni. Sebbene ci fosse un avanzamento nei diritti e nel benessere, la pace tra gli Stati era solo apparente; da un momento all'altro, le tensioni politiche ed economiche potevano esplodere. Il benessere e la voglia di vivere caratterizzavano principalmente la classe media-borghese, che godeva dei privilegi sociali. Solo i più ricchi occupavano i posti di potere e status più elevati, mentre i contadini e gli operai rimanevano esclusi da questo benessere, portando molti di loro a emigrare. Nonostante i progressi, anche durante questo periodo si verificarono scioperi, che spesso degeneravano in manifestazioni illegali e violente. In molti casi, fu necessario l'intervento della polizia, e le manifestazioni venivano represse con violenza. La spensieratezza tipica di questo periodo non era per tutti, a causa delle evidenti disuguaglianze sociali. EMIGRAZIONE Le persone emigravano soprattutto in modo transcontinentale. I contadini provenienti da zone sottosviluppate come il sud Italia e il Veneto cercavano fortuna altrove, in luoghi lontani come l'America, l'Australia, la Nuova Zelanda e il Sudafrica. Il 60% degli europei si trasferirono in America, ma anche dalla Spagna, dalla Francia e dall'Europa orientale (Balcani) partirono numerosi emigranti. Il desiderio di partire fu incentivato dal miglioramento dei trasporti, grazie alla rivoluzione industriale e alle navi. 5 Flusso migratorio dall'Italia Dall'Italia partirono 14 milioni di italiani, tra cui donne, bambini e persone povere. Partirono anche piccoli proprietari terrieri che non riuscivano più a sostenere la loro situazione a causa della rivoluzione industriale. Grazie alle emigrazioni, molti emigranti arricchirono i loro paesi d'origine con le rimesse inviate. Controlli sanitari e discriminazioni a New York A New York nacque il quartiere di "Little Italy". Il viaggio verso l'America era visto come un'opportunità di speranza, ma non era privo di difficoltà. Gli emigranti viaggiavano spesso in condizioni molto povere, in terza classe, e non tutti arrivavano a destinazione. Una volta giunti a Ellis Island, all'isola della baia di New York, non venivano accolti calorosamente. Venivano sottoposti a visite mediche e fisiche per evitare che portassero malattie, come il tracoma, che poteva portare alla cecità. Dopo il controllo fisico, veniva effettuato un esame psichico molto rigido. Molti non superavano i controlli e venivano rimandati indietro in Italia. Prima di partire, spesso venivano messi in celle per 3-4 giorni. Coloro che superavano i controlli venivano etichettati con la scritta "white" sui documenti, ma quelli provenienti dal sud Italia avevano un punto di domanda accanto alla scritta, perché erano spesso considerati mafiosi o appartenenti a una razza inferiore. Gli italiani erano visti come una "razza che puzzava di maiale" e venivano relegati ai lavori più umili. In molti casi venivano considerati assassini, anarchici e mafiosi. Il presidente Nixon, durante una telefonata, affermò: "Non sono come noi, la differenza sta nell'odore diverso, nell'aspetto diverso, nel modo di agire diverso, il guaio è che non si riesce a trovare uno onesto". Da queste affermazioni nacque una forma di razzismo e pregiudizi, in quanto "non erano bianchi ma non nemmeno neri". In Australia, l'immigrazione italiana fu descritta come "l'invasione della pelle oliva". Cambiamenti nelle migrazioni Fino al 1800, gli immigrati provenivano principalmente dal Nord Europa (tedeschi, scandinavi), che venivano accolti con favore. Si parlava di un "Melting Pot", dove gli immigrati erano integrati senza problemi. Tuttavia, alla fine del 1800, con l'arrivo degli italiani, polacchi, slovacchi, cinesi e russi, cominciarono a essere imposte restrizioni e leggi che disagiavano le migrazioni. I più disagiati erano gli analfabeti, che dovevano accettare qualsiasi lavoro, spesso sfruttati dagli imprenditori, in quanto non erano appoggiati dai sindacati. Le fasi dell'emigrazione italiana L'emigrazione italiana si distingue in quattro fasi principali: 1876-1900: L'emigrazione fu dovuta alla crisi agraria degli anni '70. Partirono principalmente uomini dal nord Italia verso l'America Latina e altri paesi europei. 1900-1914: Durante il governo Giolitti, si verificò un abbandono delle campagne e l'insoddisfazione per le riforme inefficaci. Partirono soprattutto meridionali e veneti verso i paesi extra-europei, ma anche in Francia, Germania e America. Giolitti dovette adottare leggi per limitare l'emigrazione. Tra le due guerre mondiali: L'Italia era devastata dalla guerra e molti cercarono fortuna altrove. L'emigrazione rallentò quando Mussolini salì al potere e impose restrizioni sulla politica anti-migratoria. 1940-1970: Con il boom economico nel nord Italia, si verificò un'emigrazione interna. Le persone del sud si trasferirono nel nord per lavorare nelle fabbriche industrializzate. 6 POSITIVISMO Nel periodo della Belle Époque si sviluppa il positivismo, che si ispira al naturalismo francese di Zola, al realismo di Balzac e al verismo di Verga. Tuttavia, a mettere in crisi il positivismo furono delle innovazioni scientifiche in ambito fisico, a cominciare dalla teoria della relatività di Einstein. Secondo la teoria della relatività, il tempo viene considerato come una quarta dimensione. Le tre dimensioni classiche (lunghezza, altezza e profondità) sono affiancate dal tempo, che è relativo. Ciò significa che lo spazio e il tempo non sono assoluti, ma dipendono dalle circostanze in cui vengono osservati e misurati. Per esempio, un orologio lanciato alla velocità della luce ritarderebbe nel segnare le ore rispetto a un orologio immobile. Un orologio nello spazio, dove la gravità è minore, avanzerebbe più rapidamente di uno in un campo gravitazionale intenso. Quindi, il tempo non è un valore assoluto, ma relativo, e dipende dal luogo e dalle condizioni in cui lo si osserva. Questa concezione del tempo e dello spazio fu ripresa anche dal nostro autore Pirandello, che esplorò temi legati alla relatività della realtà e alla percezione soggettiva del tempo e dello spazio nelle sue opere. LE TEORIE DI FREUD Un altro fattore che mette in crisi il positivismo è Freud, il quale sfida la razionalità e si concentra sulla psicologia e sull'irrazionale, ciò che non si può spiegare con la ragione. Freud sostiene che la psicologia influisce sul comportamento umano e mette in discussione l'io, che non è completamente comprensibile o domabile. La psiche umana, secondo Freud, è divisa in tre componenti: Io, Es, e Super-io. L'Es risponde agli istinti profondi e ai traumi nell'inconscio. La coscienza non è consapevole di questi impulsi perché sono rimossi inconsciamente (un concetto che può essere rappresentato dalla figura dell'iceberg). Il Super-io rappresenta l'insieme delle regole e dei valori morali/sociali che ci vengono insegnati. È in contrasto con l'io. L'Io è la parte cosciente che cerca di mediare tra gli impulsi dell'Es e le regole del Super-io. Quando non c'è una mediazione efficace tra cosciente e inconscio, può emergere la nevrosi, ovvero malattie psichiche. Freud è fondamentale per l'innovazione del romanzo del 1900 grazie alla sua creazione della psicoanalisi. La sua teoria mette in luce la crisi dell'io, che porta al decadimento della fiducia nella ragione, incapace di dominare gli istinti naturali. Questa crisi del positivismo si riflette anche nelle scoperte scientifiche, come la teoria della relatività di Einstein. Freud suggerisce che l'io umano è soggetto a un processo di decostruzione che segna una fine delle certezze scientifiche. Freud paragona la psiche umana all'iceberg: la parte visibile (sopra l'acqua) è l'io, la parte subito sotto la superficie è il super-io, e la parte sommersa, invisibile, è l'inconscio. In quest'ultima si trovano gli istinti primordiali (piacere, aggressività, sopravvivenza) che l'individuo non è consapevole di possedere. L'io rappresenta il mondo esterno e la realtà cosciente, ed è il mediatore tra l'inconscio e le regole imposte dal super-io. Le pulsioni dell'Es, quando emergono nel conscio, vengono trattate dall'io come bisogni da soddisfare, ma l'io deve anche affrontare il super-io, che cerca di imporre regole morali e sociali. Se l'io non è in grado di mediare tra questi conflitti, può sorgere la nevrosi. 7 In generale, Freud afferma che molte delle certezze precedenti, come quelle del positivismo, crollano. L'unico modo per esplorare e forse controllare le incertezze della psiche è attraverso la psicoanalisi, un nuovo metodo di indagine che non è propriamente una scienza, ma piuttosto una cura per portare alla coscienza ciò che è nell'inconscio. LA PSICANALISI La psicoanalisi non è una scienza, secondo Freud, ma è un metodo terapeutico che si basa sull'interpretazione dei sogni e sui lapsus (errori che rivelano pensieri e impulsi inconsci). Freud utilizzò questo approccio per comprendere e curare malattie mentali, affermando che le malattie psichiche derivano da esperienze negative e traumi, spesso accumulati nel corso della vita, specialmente durante l'infanzia. Tali traumi vengono spesso repressi nell'inconscio. La psicoanalisi cerca di fare emergere questi traumi e risolverli, aiutando il paziente a guarire. Freud fu anche uno dei primi a studiare seriamente le malattie mentali, un campo che prima vedeva il paziente solo come un "pazzo" da rinchiudere in manicomio. INFLUENZA DI FREUD NEL ROMANZO DEL 1900 Freud ha avuto una grande influenza sulla letteratura del 1900, introducendo temi come l'inconscio, la rielaborazione dei traumi, i sogni e i lapsus. Scrittori come James Joyce (nell'Ulisse) e Italo Svevo (con La Coscienza di Zeno) sono stati influenzati dalla psicoanalisi. Anche Franz Kafka esplorò i lapsus come strumento per indagare le insicurezze dei personaggi. Un'importante tecnica narrativa che emerge in questo periodo è il flusso di coscienza, che viene utilizzato per esplorare l'io e per mostrare come i pensieri emergano liberamente, senza seguire una sequenza cronologica. Questo stile si distacca dal monologo interiore tradizionale, che invece era più lineare. Il flusso di coscienza è usato da autori come Joyce e Virginia Woolf, ed è una delle tecniche più significative della narrativa moderna. Il flusso di coscienza permette di esplorare il mondo interiore dei personaggi e i loro traumi. Freud ha dunque rivoluzionato la letteratura del 1900, portando alla luce aspetti psicologici che prima erano ignorati o incompresi, creando un nuovo modo di scrivere e raccontare. Anche se la psicoanalisi non è accettata dalla scienza come disciplina vera e propria, nella letteratura del 1900 viene adattata come cura narrativa. I personaggi dei romanzi affrontano le proprie paure e i propri traumi attraverso il processo di esplorazione interiore, contribuendo a un percorso di guarigione. Inoltre, la psicoanalisi diventa uno strumento importante anche per critiche alle convenzioni sociali, come accade in Svevo, che utilizza la psicoanalisi per mostrare l'alienazione e il conflitto interiore dei suoi personaggi. Il romanzo del 1900 diventa dunque un'esplorazione dell'interiorità umana, con personaggi spesso in lotta con se stessi e con la società che li circonda. SINISTRA STORICA: GIOLITTI [vedi appunti precedenti] Dopo la caduta del governo Crispi, il regno di Umberto I fu seguito da una serie di governi, tra cui quelli di Rudinì e Pelloux, fino al ritorno al potere del re Vittorio Emanuele III, che affidò il governo a Zanardelli, il quale scelse Giolitti come Ministro dell'Interno, dando inizio al secondo governo Giolitti. 8 Secondo Governo Giolitti (1903-1905) Il periodo che va dal 1903 al 1905 è definito come l'«età giolittiana». La situazione politica ed economica era tesa, con crescenti disordini sociali e scioperi che segnavano il malcontento popolare. La società era esasperata dalle politiche repressive degli anni precedenti e dalla difficile situazione economica. Lo stato cercava di reagire, ma gli scontri tra le forze sociali continuavano a intensificarsi. Giolitti, al suo ritorno al governo, si propose di attuare una politica di tolleranza, mirando a contenere le tensioni sociali. Puntò a migliorare la situazione dei lavoratori aumentando i salari e favorendo la creazione di organizzazioni sindacali. Giolitti cerca di attuare una politica trasformista, con equilibrio tra le varie forze politiche ma senza schierarsi da una sola, siccome riteneva che per rafforzare lo stato fosse fondamentale il coinvolgimento di tutte, in particolare dei socialisti e dei cattolici. La divisione tra Socialisti Riformisti e Massimalisti I socialisti, tuttavia, si divisero in due correnti: i riformisti, guidati da Filippo Turati, e i massimalisti, che spingevano per un programma rivoluzionario. Giolitti cercò di coinvolgere i socialisti riformisti nel suo governo, ma Turati rifiutò, convinto che l'ingresso al governo avrebbe rafforzato la corrente massimalista, la quale mirava a un cambiamento radicale del sistema capitalistico. Nonostante il rifiuto dei socialisti riformisti, Giolitti ottenne comunque un ampio sostegno tra i lavoratori e altre forze progressiste. Rafforzamento delle Organizzazioni Sindacali e la CGIL Durante il suo governo, Giolitti riuscì a guadagnarsi il sostegno dei lavoratori e dei sindacati. Nacquero le prime Camere di difesa dei lavoratori e la Confederazione Generale del Lavoro (CGIL), che divenne un punto di riferimento fondamentale per la tutela dei diritti dei lavoratori. Anche gli imprenditori si organizzarono, formando la Confindustria, che contribuì alla nascita di un vero e proprio sistema di rappresentanza delle categorie economiche. I movimenti Cattolici Anche i cattolici cominciarono a prendere parte attiva alla vita politica, sebbene fino a quel momento il Papa Pio IX avesse vietato ai cattolici di partecipare alle elezioni politiche con il «non expedit». Con l'elezione di Papa Pio X, tuttavia, la posizione della Chiesa cambiò, e il Papa cercò di coinvolgere i cattolici nella politica nazionale, allentando il vincolo del «non expedit». Giolitti riuscì a ottenere l'appoggio dei cattolici, che, pur restando fedeli alla Chiesa, cominciarono a partecipare più attivamente alla vita politica del Paese. Grazie a questa alleanza, Giolitti poté portare avanti una serie di riforme in campo politico, economico e sociale, contribuendo a modernizzare l'Italia e a stabilizzare il governo in un periodo caratterizzato da forti conflitti interni. Terzo Governo Giolitti (1906-1909) Dopo un breve governo di Sonnino, il terzo governo Giolitti attuò riforme nel campo politico, economico e sociale. Riforme sociali Tra le principali misure adottate, vi fu l'introduzione del riposo settimanale obbligatorio e l'istituzione di assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro. Inoltre, furono implementate leggi per tutelare i minori, le donne e gli emigrati, garantendo anche il finanziamento delle scuole elementari e il diritto all'istruzione. 9 Riforme politiche Sul fronte delle riforme politiche, Giolitti introdusse l'indennità parlamentare, un compenso in denaro per i deputati e senatori, al fine di rendere più accessibile l'incarico politico. Nel 1912 introdurrá anche il suffragio universale maschile. Riforme economiche e sviluppo industriale Giolitti promosse anche riforme economiche mirate allo sviluppo delle industrie. Incentivò le industrie meccaniche, come la Breda e l'Ansaldo, che si occuparono di infrastrutture e cantieri. Inoltre, sostenne la crescita della Fiat e dell'industria automobilistica, con particolare attenzione all'aeronautica, all'industria elettrochimica e chimica. Anche la siderurgia acquisì un ruolo di maggiore importanza nell'economia italiana, grazie alla politica protezionistica adottata dal governo, che mirava a tutelare e favorire le industrie nazionali. Nel 1905, Giolitti avviò la statalizzazione del servizio telefonico e delle ferrovie. I servizi pubblici, come l'acqua, il gas e l'elettricità, furono affidati ai comuni per una gestione più centralizzata e organizzata. Un'altra grande innovazione fu la nazionalizzazione delle assicurazioni sulla vita, che portò alla creazione del primo Istituto Nazionale delle Assicurazioni (INA). Inoltre, nacquero le banche miste, istituti che, oltre a prestare denaro, raccoglievano risparmi e concedevano credito, contribuendo a stabilizzare e a sostenere l'economia nazionale. QUARTO GOVERNO GIOLITTI (1911-1914) Il quarto governo Giolitti ebbe un periodo di riforme, ma anche di conflitti interni e difficoltà economiche. Dopo i governi di Sonnino e Luzzatti, Giolitti tornò al potere in un momento in cui il paese era segnato da contrasti tra Nord e Sud. Suffragio universale maschile Nel 1912 venne introdotto il suffragio universale maschile: per la prima volta, tutti i maschi sopra i 21 anni d'età, indipendentemente dal livello di istruzione, acquisirono il diritto di voto. Tuttavia, il voto fu esteso a tutti i cittadini alfabetizzati, fissando a 30 anni l'età minima per gli analfabeti, ma questa limitazione non ebbe un impatto significativo sulla partecipazione politica. La divisione tra il Nord e Sud Italia Il Nord dell'Italia, in particolare, si era sviluppato grazie al triangolo industriale formato da Torino, Genova e Milano, dove si concentravano le principali industrie, mentre il Sud era ancora arretrato e dominato dai latifondisti. Questa disparità di sviluppo creò tensioni che non vennero risolte durante il governo Giolitti. Inoltre, il Sud subì due gravi catastrofi naturali: l'eruzione del Vesuvio e il devastante terremoto di Messina, eventi che aggravano ulteriormente le difficoltà della regione. Gaetano Salvemini, storico meridionale, accusò Giolitti di disinteressarsi delle problematiche del Sud, denunciando la sua politica come un esempio di trasformismo, in cui Giolitti avrebbe sfruttato il sistema clientelare per mantenere il potere. Salvemini lo definì come "uomo a doppio volto", sottolineando come le sue politiche avessero fatto ben poco per risolvere la questione meridionale. L'unica iniziativa significativa di Giolitti per il Sud fu l'industrializzazione di Napoli e la costruzione di acquedotti in Puglia, ma non furono avviati progetti di riforma agraria o di sviluppo economico più ampio, lasciando irrisolto il problema della povertà e della stagnazione economica nella parte meridionale del paese. 10 ESPANSIONISMO Giolitti, pur noto per le sue riforme interne, condivideva con altri leader europei l'ambizione di espandere il potere dell'Italia. Questa politica di espansionismo si concretizzò principalmente in Africa, con la conquista della Libia. Il contesto internazionale, segnato dalla guerra tra la Turchia e le nazioni balcaniche, offrì l'opportunità per l'Italia di intervenire. La conquista della Libia Nel 1911, l'Italia inviò un ultimatum alla Turchia, chiedendo di poter entrare nella Cirenaica e Tripolitania, territori sotto il dominio ottomano. Il rifiuto turco portò all'inizio del conflitto, con l'Italia che dichiarò guerra il 29 settembre dello stesso anno. Il conflitto trovò sostegno in Italia soprattutto tra i nazionalisti, i cattolici, i liberali e i grandi industriali, che vedevano nella guerra un'opportunità per espandere il prestigio dell'Italia e per arricchirsi. L'opinione pubblica fu inizialmente favorevole, entusiasta dell'idea di una rapida conquista. ▶ Nell'etá giolittiana un esponente a dare un contributo ad incoraggiare la guerra in Libia fu Giovanni Pascoli, che nell'opera “La grande proletaria si é mossa” in cui va a descrivere la Libia come una terra dove inviare i contadini italiani per sfuggire alla fame e come una terra del riscatto dei proletari. Tuttavia, la guerra non si rivelò così facile come previsto. Sebbene l'Italia riuscisse a occupare Tripoli, il conflitto si trascinò a lungo e divenne estenuante. I soldati italiani, mal equipaggiati e poco preparati, furono accusati di comportamenti violenti nei confronti della popolazione civile, compiendo veri e propri eccidi. Dopo un anno di combattimenti, il trattato di Losanna, firmato il 18 ottobre 1912, sancì la fine del conflitto: la Turchia riconobbe la sovranità italiana sulla Libia in cambio del ritiro italiano dal Dodecaneso, un arcipelago a sud-est della Grecia. Nonostante l'entusiasmo iniziale, la conquista della Libia si rivelò priva di risorse significative. Il territorio era quasi tutto desertico, senza le ricchezze minerarie e agricole che giustificassero l'investimento. Molti criticarono Giolitti per aver dato avvio a una guerra che si rivelò una "conquista di sabbia". Tra i sostenitori dell'intervento, Giovanni Pascoli, nella sua opera La grande proletaria si è mossa, vedeva la Libia come una terra dove inviare i contadini italiani per sfuggire alla miseria, una sorta di "terra del riscatto" per i proletari. Tuttavia, la realtà economica e geografica della Libia non soddisfece le aspettative. Le Conseguenze Politiche La fine della guerra e la mancata risoluzione delle problematiche economiche portarono alla disgregazione del consenso attorno a Giolitti. I socialisti riformisti, che inizialmente avevano appoggiato le sue politiche, cominciarono a indebolirsi, mentre i massimalisti, che avevano una visione più radicale, presero piede. Il Congresso di Reggio Emilia segnò una vittoria per i massimalisti, con l'espulsione del riformista Filippo Turati, e vide l'emergere di figure come Benito Mussolini, che in quel periodo era ancora un socialista massimalista. Giolitti, consapevole della crescente opposizione, cercò di mantenere il potere. Nel 1913, per evitare una sconfitta politica, firmò il Patto Gentiloni con il leader cattolico Giovanni Gentiloni. L'accordo prevedeva il sostegno elettorale dei cattolici in cambio di leggi favorevoli alla Chiesa, soprattutto in materia di istruzione e famiglia. Questo accordo segnò il ritorno dei cattolici nella vita politica italiana, consolidando ulteriormente la posizione di Giolitti, ma anche alimentando le tensioni politiche interne. Nel 1913 Giolitti vinse le elezioni, ma senza una grande maggioranza e con opposizioni sia a destra che a sinistra. Non avendo il sostegno necessario, nel 1914 si dimise. Dopo la sua caduta, Vittorio Emanuele III affidò il governo a 11 Antonio Salandra. Nel paese esplosero nuove tensioni sociali, La CGDL di fronte all’attacco della polizia emana uno sciopero generale, periodo di tensione chiamato “settimana rossa”, che arrivarono fino alle Marche e la Romagna. Queste tensioni portarono infine alla Prima Guerra Mondiale. QUINTO GOVERNO GIOLITTI (1920-21) Giolitti torna brevemente al governo dopo la Prima Guerra Mondiale, ma la situazione in Italia è instabile a causa dell'ascesa del fascismo. Cercò di integrare i socialisti e fermare la violenza fascista, ma la situazione era fuori controllo, con Mussolini che si avvicinava a Roma l'anno successivo. Non ottenendo la maggioranza, Giolitti si dimette nuovamente, e il potere passa a Mussolini. EUROPA E MONDO FINO ALL’INIZIO DEL XX SECOLO GERMANIA Dopo le dimissioni di Bismarck, Guglielmo II imprime alla Germania un "nuovo corso" personale, autoritario all'interno e dalla politica estera aggressiva. L'economia tedesca è in forte sviluppo e contende il primato al Regno Unito. L'appoggio a Guglielmo II proviene soprattutto dagli ambienti militari, ed è spesso accompagnato da ideologie nazionaliste e anche di stampo razzista. L'espansione dell'industria, specialmente pesante, si lega a un significativo riarmo del paese. IL REGNO UNITO La Gran Bretagna, all'apice della sua politica imperialistica, tra i due secoli deve affrontare vari problemi che non minano però la solidità del sistema parlamentare. I liberali al governo lo rafforzano anzi ulteriormente, stabilendo la supremazia della Camera dei Comuni sulla Camera dei Lord. Tra le principali questioni aperte sulla scena inglese ci sono: la forte conflittualità sociale; le pressioni del movimento suffragista; le richieste di indipendenza dei nazionalisti cattolici irlandesi, che si scontrano con la minoranza protestante concentrata nella regione del Nord (Ulster). FRANCIA In Francia dopo l'affaire Dreyfus i democratici ottengono la cancellazione del concordato napoleonico con una legge che separa Stato e Chiesa (1905). La laicità della Terza Repubblica non si accompagna però a un rasserenamento dei rapporti tra i progressisti e i nazionalisti reazionari, spesso animati da tendenze revansciste (atteggiamento collettivo di rivincita, spec. da parte di un paese sconfitto in guerra, improntato a uno spirito di rivalsa o di vendetta): i conflitti sociali sono sempre molto vivi. GLI IMPERI Tre grandi Imperi, che hanno in comune una composizione multinazionale, entrano nel Novecento in piena crisi: l'Impero zarista; l'Impero austro-ungarico; l'Impero ottomano. 12 RUSSIA In Russia la struttura sociale è formata da una vastissima maggioranza di contadini dominati dalla grande aristocrazia latifondista. L'industrializzazione promossa dallo Stato non basta a sanare l'arretratezza del paese e le tensioni interne crescono esponenzialmente. L'espansione verso i Balcani e verso l'Asia provoca attriti con la Gran Bretagna e con il Giappone: la sconfitta nella guerra russo-giapponese aumenta il malcontento verso lo zar. Nel 1905 una grande manifestazione operaia chiede riforme sociali; la sua brutale repressione fa sorgere una rivoluzione, che la concessione di alcune riforme calma provvisoriamente. AUSTRIA-UNGHERIA In Austria-Ungheria la convivenza tra i diversi gruppi etnici è sempre più difficile, soprattutto in area balcanica, e la crescita dei nazionalismi accende i contrasti. TURCHIA L'Impero ottomano è in decadenza ormai da secoli. L'indipendenza della Bulgaria e l'annessione austriaca della Bosnia-Erzegovina, la conquista italiana della Libia e le guerre balcaniche del ne causano l'espulsione dal territorio europeo. LE RELAZIONI INTERNAZIONALI All'inizio del XX secolo la politica e l'economia diventano definitivamente globali. Il nuovo protagonismo degli Stati Uniti d'America amplia le prospettive ben oltre l'Europa: anche i conflitti si trasferiscono, dal 1871 al 1914, fuori dal Vecchio Continente (fatta eccezione per le guerre balcaniche). Per arginare la potenza tedesca, Gran Bretagna Francia e Russia si uniscono nella Triplice Intesa (1907). La Germania si era avvicinata sin dal 1882 all'Austria e all'Italia con la Triplice Alleanza. AMERICA Alla fase di espansione nel continente segue, per gli Stati Uniti, l'espansione sul Pacifico. Nel 1898 gli USA dichiarano guerra alla Spagna e con una rapida vittoria assumono il controllo di alcune sue colonie: Cuba, Filippine, Panama, Haiti, Nicaragua, Repubblica Dominicana. All'ampliamento territoriale degli Stati Uniti corrisponde la crescita della popolazione, dell'agricoltura e dell'industria. La società americana ha tuttavia dei grandi elementi di debolezza: nonostante l'abolizione della schiavitù permane la segregazione razziale. Se negli Stati del Sud la condizione dei neri non è migliorata, anche l'emigrazione verso Nord li rende oggetto di pesanti discriminazioni razziste. Nonostante i progetti di integrazione della classe dirigente, cresce il fenomeno del "nazionalismo bianco". Le contraddizioni interne alla grande potenza imperialista sono significative e gravide di conseguenze. GIAPPONE E CINA La fine dell'Ottocento è per il Giappone un periodo di grande modernizzazione e crescita militare. Nel 1894-95 una guerra contro la Cina consente di impossessarsi della Corea; nel 1904 la vittoria sulla Russia rivela la potenza del paese ed è uno shock per l'opinione pubblica europea. In Cina il nazionalismo porta al collasso dell'Impero nel 1911 e alla fondazione di una Repubblica l'anno seguente. 13

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