Capitolo 3 - La Rivoluzione Industriale Britannica PDF
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Questo capitolo descrive la Rivoluzione Industriale in Gran Bretagna, evidenziando i fattori politici, culturali, economici e tecnologici che hanno contribuito a questa trasformazione. Il documento esplora le innovazioni tecniche, le politiche economiche e le conseguenze sociali di questo periodo.
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La rivoluzione industriale, avviata in Gran Bretagna negli ultimi decenni del Settecento, rappresentò una trasformazione radicale delle strutture produttive tradizionali, che fino a quel momento si basavano principalmente sull'agricoltura e l'artigianato portando a un cambiamento duraturo nella stru...
La rivoluzione industriale, avviata in Gran Bretagna negli ultimi decenni del Settecento, rappresentò una trasformazione radicale delle strutture produttive tradizionali, che fino a quel momento si basavano principalmente sull'agricoltura e l'artigianato portando a un cambiamento duraturo nella struttura economica e sociale ed è caratterizzata soprattutto dall’espansione della produzione tessile. Fattori Politici e Culturali Il primato britannico nella rivoluzione industriale fu sostenuto da diversi fattori politici e culturali. Politicamente, la Gran Bretagna beneficiava di una monarchia parlamentare stabile e di un sistema costituzionale che favoriva lo sviluppo economico. Il partito Whig, che rappresentava gli interessi delle classi dinamiche e intraprendenti, promosse politiche economiche che incoraggiavano il commercio, la libera iniziativa e la protezione dei diritti individuali. Questi elementi contribuirono a creare un ambiente favorevole all'innovazione e all'investimento. Culturalmente, vi fu un cambiamento nella mentalità imprenditoriale. Anche molti aristocratici iniziarono a investire in attività economiche. Questa nuova mentalità imprenditoriale portò a un aumento degli investimenti in imprese finanziarie, commerciali e successivamente industriali. Fattori Economici e Finanziari Dal punto di vista economico, la Gran Bretagna godeva di una posizione dominante nei commerci internazionali, grazie al suo esteso impero coloniale. Il commercio con le colonie, sostenuto da un sistema finanziario stabile, generava enormi profitti. La Banca d'Inghilterra e la Borsa di Londra furono fondamentali nel fornire il credito necessario per sostenere le attività commerciali e industriali. Inoltre, la vittoria britannica nella guerra dei Sette anni portò a un afflusso di ricchezze che potevano essere reinvestite nell'economia nazionale. Sviluppo del Mercato Interno Parallelamente, anche il mercato interno britannico si espanse notevolmente. L'incremento della produzione agricola, dovuto a innovazioni nelle tecniche agrarie, permise ai grandi proprietari terrieri di accumulare capitali che potevano essere reinvestiti in nuove attività. Questo aumento di produzione richiese anche lo sviluppo di vie di comunicazione più efficienti, come strade e canali navigabili, per facilitare la distribuzione delle merci. L'aumento del lavoro salariato e dei redditi portò a un'espansione dei consumi, con un aumento della domanda di beni di uso quotidiano prodotti in serie. Gli imprenditori britannici seppero sfruttare questi cambiamenti, focalizzandosi sulla produzione di massa di beni accessibili al grande pubblico piuttosto che su articoli di lusso. L'Influenza di Adam Smith Nel contesto di questi cambiamenti, le idee economiche di Adam Smith giocarono un ruolo cruciale. Nel suo fondamentale saggio "Indagine sulla ricchezza delle nazioni" (1776), Smith sosteneva che lo Stato dovesse limitare il suo intervento nell'economia, focalizzandosi su compiti essenziali come la sicurezza pubblica e la giustizia, lasciando che il mercato si autoregolasse attraverso la concorrenza e le leggi della domanda e dell'offerta. La "mano invisibile" di cui parlava Smith era vista come un meccanismo che avrebbe armonizzato i diversi interessi individuali, portando al benessere collettivo. Le teorie di Smith furono accolte con entusiasmo dagli imprenditori britannici, che le videro come una giustificazione per l'espansione delle loro attività economiche. Questo pensiero liberista divenne un punto di riferimento centrale durante la rivoluzione industriale, influenzando profondamente la politica economica del tempo. Progresso Tecnico Il progresso tecnico è stato il motore essenziale della Rivoluzione Industriale. Senza innovazioni tecnologiche, il cambiamento economico e sociale che ha caratterizzato questo periodo non sarebbe stato possibile. A partire dal 1760, nuove macchine hanno cominciato a emergere in vari settori, in particolare nel tessile e nella lavorazione del ferro. Queste innovazioni sono state sviluppate per rispondere a esigenze concrete: l'aumento della domanda di beni di consumo richiedeva una maggiore produzione, che non poteva essere raggiunta semplicemente aumentando la manodopera a causa dei costi elevati del lavoro in Gran Bretagna. Pertanto, era necessario sviluppare macchine e metodi che permettessero di produrre di più, in meno tempo e a costi ridotti. Le innovazioni tecnologiche erano strettamente interdipendenti; ogni miglioramento in una fase del processo produttivo richiedeva ulteriori innovazioni nelle fasi precedenti e successive per mantenere un flusso produttivo omogeneo e senza intoppi. Questa dinamica ha portato a una "sequenza di innovazioni a botta e risposta", come descritto dallo storico David S. Landes. I protagonisti del cambiamento furono artigiani e operai. Anche se il livello di conoscenze scientifiche era simile in tutta Europa, la Gran Bretagna si distingueva per un ambiente favorevole alla ricerca e alla sperimentazione, grazie a un vivace dibattito pubblico che coinvolgeva scienziati, imprenditori e artigiani. Questo ha creato un contesto in cui le idee teoriche potevano essere rapidamente trasformate in soluzioni pratiche. Meccanizzazione del Settore Tessile Il settore tessile è stato il primo a essere rivoluzionato dalle nuove macchine. La spoletta volante di John Kay, introdotta nel 1733, ha aumentato notevolmente la produttività consentendo di tessere stoffe più larghe e velocemente. Questo ha stimolato ulteriori innovazioni nella filatura. Macchine come la spinning jenny di James Hargreaves, il filatoio idraulico di Richard Arkwright e la mula di Crompton hanno completamente meccanizzato la filatura, rendendola molto più efficiente. Questi sviluppi hanno reso necessaria anche l'introduzione di telai meccanici, come quello di Edmund Cartwright, che potevano sostituire il lavoro manuale di molti operai e aumentare ulteriormente la produttività. Decollo dell’Industria Cotoniera La meccanizzazione del tessile ha dato un impulso decisivo all’industria cotoniera, che ha superato quella laniera, fino ad allora predominante. L'industria cotoniera britannica poteva produrre tessuti di alta qualità a basso costo, grazie anche alle politiche governative che proteggevano il mercato interno con dazi sulle importazioni di tessuti e favorivano l'uso di cotone grezzo dalle colonie. Questo ha reso i tessuti di cotone accessibili a un pubblico più ampio e ha favorito le esportazioni, contribuendo a un significativo aumento del commercio internazionale britannico. Macchina a Vapore Un altro grande passo avanti è stato l'uso della macchina a vapore, perfezionata da James Watt. Questa tecnologia ha permesso di sfruttare in modo efficiente l'energia del carbone per produrre energia meccanica, trovando applicazione in numerosi settori, dal tessile al minerario, e ha stimolato ulteriormente l'industrializzazione. Sviluppo dell’Industria Siderurgica Anche l'industria siderurgica ha visto progressi significativi durante la Rivoluzione Industriale. L'uso del coke, una forma purificata di carbon fossile, ha migliorato la qualità delle leghe di ferro prodotte in Gran Bretagna, riducendo la dipendenza dalle importazioni di ferro pregiato. Innovazioni come il forno (di pudellaggio) ad alta temperatura di Henry Cort hanno migliorato ulteriormente i processi produttivi del ferro, consentendo una produzione più efficiente e di qualità superiore. Concentrazione della Produzione Prima della Rivoluzione Industriale, la produzione manifatturiera avveniva principalmente in botteghe cittadine o nelle campagne, seguendo il modello del lavoro a domicilio. Le famiglie si occupavano di diverse fasi della lavorazione, integrando queste attività con il lavoro agricolo. Gli imprenditori commissionavano il lavoro e si limitavano a ricevere i prodotti finiti entro una scadenza prefissata. Tuttavia, con l'introduzione delle macchine automatiche, come quelle azionate dall’energia idraulica e poi dal vapore, questo modello iniziò a essere superato. Gli imprenditori, investendo in nuove attrezzature, iniziarono a costruire grandi stabilimenti produttivi in cui concentrare le attività. Le prime fabbriche sorsero vicino a corsi d’acqua per sfruttare l'energia idraulica; successivamente, con l’avvento delle macchine a vapore, divenne conveniente localizzarle in aree ricche di carbone o facilmente raggiungibili tramite trasporti economici. La concentrazione produttiva era necessaria per ottimizzare l’uso delle macchine e delle nuove forme di energia, consentendo un controllo più diretto ed efficace dei processi produttivi e dei lavoratori. Emergenza della Figura dell’Operaio Con l’organizzazione in fabbrica, i lavoratori assunsero il ruolo di operai, dedicandosi esclusivamente al lavoro industriale e abbandonando altre attività, come quelle agricole, che prima potevano svolgere parallelamente. La produzione industriale richiedeva una rigida divisione del lavoro: ogni operaio si specializzava in una sola mansione, eseguita in modo ripetitivo e standardizzato, facilitando così la produttività ma riducendo la varietà delle competenze individuali. Questa divisione semplificava le operazioni produttive ma richiedeva una stretta disciplina: gli operai dovevano rispettare orari e ritmi imposti dalle esigenze produttive. L'industrializzazione aumentò anche la domanda di materie prime e macchinari, e i metodi organizzativi sviluppati nelle fabbriche tessili furono applicati ad altri settori, come le miniere e l’industria siderurgica. Condizioni di Lavoro Dure L'adozione del sistema industriale comportò un peggioramento delle condizioni di lavoro. Gli operai erano costretti a lavorare in ambienti malsani e pericolosi, affrontando turni estenuanti di 12-16 ore al giorno. Non esistevano tutele per malattie o infortuni, e potevano licenziarli a proprio piacimento. Impatto Sociale e Urbano La rivoluzione industriale trasformò radicalmente le abitudini di vita e l’identità sociale dei lavoratori. Le fabbriche erano spesso situate lontano dalle comunità di origine, costringendo gli operai a trasferirsi, rompendo legami familiari e sociali. I nuovi quartieri operai sorsero rapidamente intorno alle fabbriche, caratterizzati da pessime condizioni abitative e igieniche, privi di infrastrutture adeguate. Questo portò a una netta separazione tra i quartieri operai e quelli borghesi, modificando il carattere urbano delle città industriali rispetto a quelle preindustriali. Lavoro Femminile e Minorile Nelle fabbriche, soprattutto tessili, furono impiegati molte donne e bambini, poiché i loro salari erano inferiori a quelli degli uomini. Questo sfruttamento era conveniente per gli imprenditori, che consideravano donne e bambini più docili e facili da gestire. Le tutele per queste categorie erano quasi inesistenti, e il loro impiego era spesso temporaneo: le donne potevano essere licenziate con la maternità, mentre i bambini venivano allontanati una volta cresciuti, senza aver acquisito nuove competenze. Reazioni e Luddismo I lavoratori temevano che le macchine riducessero l’occupazione e abbassassero i salari. Questo portò al luddismo, un movimento di protesta in cui i lavoratori distruggevano i macchinari. La leggenda di Ned Ludd, che si dice avesse distrutto un telaio meccanico, ispirò il movimento. Le proteste furono più intense nelle aree tessili, dove lo sfruttamento era maggiore, in Inghilterra. Sebbene parte dell’opinione pubblica simpatizzasse con i luddisti, il governo britannico reagì arrestandoli e impiccandoli.