Summary

Questo documento fornisce una panoramica sulla storia greca, dai primi periodi alla tarda età del bronzo fino all'età classica e ellenistica. Esplora la periodizzazione della storia greca e i concetti chiave come le città-stato (poleis) e le conquiste di Alessandro Magno. Vengono anche analizzati i Micenei e la loro organizzazione socio-politica, oltre alle possibili cause del crollo della civiltà.

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lezione 1 Introduzione alla Storia Greca La storia greca si sviluppò principalmente in Grecia continentale e insulare, e nel bacino dell'Egeo. Comprendeva regioni come il Peloponneso, la Calcidica, coste dell'Asia Minore, e le isole dell'Egeo, inclusa Creta. I Greci non formarono mai uno stat...

lezione 1 Introduzione alla Storia Greca La storia greca si sviluppò principalmente in Grecia continentale e insulare, e nel bacino dell'Egeo. Comprendeva regioni come il Peloponneso, la Calcidica, coste dell'Asia Minore, e le isole dell'Egeo, inclusa Creta. I Greci non formarono mai uno stato unitario, ma erano composti da numerose città-stato (poleis). Alcune aree svilupparono anche uno stato etnico (ethnos) basato sulla stirpe, come Tessaglia, Etolia, Acaia e Arcadia. La geografia frammentata della regione (isole, montagne) può aver influenzato la frammentazione politica. In età classica vi erano circa 1000 poleis, con una piccola percentuale di territorio maggiore di 500 km². La colonizzazione greca arcaica portò i greci a stabilirsi in diverse aree del Mediterraneo, come coste italiane, Sicilia, Francia, coste del Mar Nero ecc. La prossimità al mare consentì una forte connettività e scambi con altre culture. L'espansione greca arrivò anche in Vicino e Medio Oriente con le conquiste di Alessandro Magno. Dopo la sua morte nacquero i regni ellenistici (Antigonidi, Seleucidi, Tolemei, Attalidi). Questi regni, pur con popolazioni indigene, diffusero la lingua, la cultura e lo stile di vita greco. Periodizzazione della Storia Greca La storia greca è tradizionalmente divisa in cinque periodi: Tarda Età del Bronzo (ca. 1600-1200 a.C.). Secoli Bui (ca. 1200-800 a.C.). Età arcaica (ca. 800-479 a.C.; battaglia di Platea). Età classica (479-323 a.C.; morte di Alessandro Magno). Età ellenistica (323-31 a.C.; battaglia di Azio). Cosa si intende per età classica? Classico = ‘di realizzazione spirituale e culturale degna di studio ed elevata a modello; esemplare’ A proposito dell’aggettivo ‘classico’, va osservato che esso viene usato in due sensi da tenere distinti. Da un lato, l’espressione ‘antichità classiche’ designa l’insieme delle discipline relative all'antichità greco-romana, da distinguere dalle altre ‘antichità’ (quella ebraica, quella egizia, e così via). Tuttavia, all'interno della cultura del mondo greco fu progressivamente ritagliato uno spazio privilegiato per la Grecia, e in particolare per l'Atene, del V secolo a.C., individuata come il momento per eccellenza ‘classico’ nella storia del mondo antico. Questo slittamento ha a che fare con l’affermarsi di una periodizzazione in campo storico-artistico. Già nell’antichità qualcuno pensava che il culmine, la piena maturità dell’arte antica fosse stata raggiunta nell'età di Pericle, all'epoca di grandi artisti come Fidia. Questo punto di vista fu ripreso da J. J. Winckelmann in un’opera del 1764, dedicata alla storia 3 dell'arte antica (Geschichte der Kunst des Altertums), che ha goduto di notevole fortuna e ha esercitato una grande influenza. Winckelmann, in più, istituì una stretta connessione fra l’arte e la storia della Grecia antica: i Greci hanno raggiunto il primato artistico grazie, in particolare, alla libertà che informava la loro vita politica. Il culmine dell'arte coincide con il culmine della libertà politica nel V secolo a.C., mentre la sua decadenza rispecchia il progressivo asservimento delle poleis della Grecia ad opera di altre potenze e poi di Roma. Vi è dunque, all'interno dell’antichità classica, un momento in un certo senso più ‘classico’ degli altri, che vede la coincidenza fra l'acme delle espressioni artistiche e il punto più alto dell'esperienza storico-politica. L'età classica è un periodo di grande realizzazione spirituale e culturale, spesso identificato con il V secolo a.C. e l'Atene di Pericle. Il termine "classico" ha due significati: le discipline greco-romane e un periodo specifico di grande fioritura artistica e politica a Atene. Alcune cesure rappresentano momenti di rottura, come il crollo dei palazzi micenei fra 1200 e 1100 a.C., segnò la traumatica scomparsa di una civiltà dalle caratteristiche ben definite e il passaggio a una situazione completamente nuova; la fine della seconda guerra persiana, e le conquiste di Alessandro Magno. Altre cesure sono più problematiche perché rappresentano processi graduali, come il passaggio ai Secoli Bui all'Età arcaica o i secoli finali dell'età ellenistica, visti in prospettiva romana La cesura più problematica è però il limite inferiore della storia ellenistica, la cui fase terminale ricade, nella manualistica tradizionale, nell’ambito della storia romana. Con la vittoria di Azio (31 a.C.), Ottaviano pose fine alla vita indipendente del regno d’Egitto, in mano da tre secoli alla dinastia greco-macedone dei Tolemei. L’Egitto tolemaico era tuttavia solo l’ultimo a cadere sotto il dominio romano dei regni ellenistici, nati con la dissoluzione dell’impero di Alessandro. Il regno degli Antigonidi di Macedonia fu infatti cancellato già nel 148 a.C., quando la Macedonia diventò provincia romana; quello dei Seleucidi di Siria scomparve nel 63 a.C. con la creazione ad opera di Pompeo della provincia di Siria; quello degli Attalidi, che si era formato gradualmente a partire dal III secolo a.C. intorno a Pergamo, in Asia Minore, venne infine a cessare nel 133 a.C., quando l’ultimo re della dinastia lo lasciò in eredità ai Romani. Altri preferiscono indicare come termine della vera e propria storia greca il 146 a.C., quando alla fine della cosiddetta guerra acaica, l’ultima combattuta da Stati 4 greci contro Roma, Corinto fu presa e saccheggiata dalle legioni romane (è questo il termine adottato in molti dei manuali correnti). Alcuni propongono periodi diversi per definire la fine della Grecia, come il 133 a.C. (eredità Attalidi ai Romani), 146 a.C. (fine guerra acaica). Se quindi andiamo in cerca di una soglia cronologica particolarmente significativa per determinare una cesura che segnali il definitivo declino delle forme di vita materiale, sociale e culturale storicamente associabili alla grecità, possiamo indicare: a) il 313 d.C., l’anno dell’editto di Costantino, che, proclamando la tolleranza della religione cristiana, segnalava la crisi di quella cultura ellenica di tradizione pagana su cui si reggeva la vitalità della polis; b) il 393 d.C., anno dell’editto di Teodosio I che, abolendo le feste olimpiche e i giochi panellenici ad esse legati, cancellò uno dei simboli più vitali della Grecità. Protostoria del Mondo Greco nell'Età del Bronzo L'inizio della Media Età del Bronzo fu caratterizzato da cambiamenti culturali, come nuove ceramiche e pratiche funerarie. Un'ipotesi prevalente sosteneva l'arrivo di un popolo indoeuropeo (proto-greci), ma studi recenti suggeriscono una fusione di gruppi etnici diversi, presenti già sulla costa e nelle isole del Mediterraneo, e altri arrivati nel corso del III e II millennio a.C. Civiltà Micenea (XVI-XII secolo a.C.): prende il nome da Micene. Caratterizzata da ricche tombe a fossa con beni di lusso (armi, vasellame, oro). Indica una forte aristocrazia basata su commercio, relazioni, ed attività militari, e relazioni con diverse parti del Mediterraneo. Insediamenti, e imponenti sepolture a tholos (come la tomba di Atreo) testimoniano il potere delle famiglie. Organizzazione palaziale centralizzata, Grazie alle informazioni provenienti dalle tavolette in Lineare B conosciamo a grandi linee l’organizzazione politica e sociale degli stati micenei. Al vertice del potere vi era il wanax (in greco classico ἄναξ, “sovrano”), affiancato da un’aristocrazia di dignitari. Il principale sembra essere il lawagetas, probabilmente un capo militare. Questi era destinatario di un notevole appezzamento di terra, il temenos, che però non raggiungeva l’estensione di quello del wanax, che era il principale proprietario terriero all’interno della società micena. Al di sotto vi erano i telestai, detentori di appezzamenti caratterizzati dalla presenza di colture arboricole e cerealicole. Vi erano poi i qasireue (in greco classico βασιλεῖς, “re”), figure che esercitavano un qualche tipo di potere, ma solo di rilevanza locale. Il termine damos (corrispondente al greco δῆμος, “popolo”) indica sia un distretto territoriale che la comunità che vi risiede. Non mancano gli schiavi, designati con la forma micenea doero, antecedente del termine che designa lo schiavo in greco classico (δοῦλος); ma nelle tavolette in Lineare B essi sono associati ad una divinità, in un tipo di relazione che non siamo in grado di precisare Anche nel caso dei Micenei il centro di ogni piccolo stato è il 'palazzo', che appare però diverso da quello minoico, di solito più piccolo, in posizione elevata e fortificato. Al centro del palazzo si trova il megaron, un salone rettangolare con al centro un focolare rotondo circondato da quattro colonne. Il palazzo contiene ambienti residenziali, altri riservati al culto, allo stoccaggio e conservazione di beni ed altri ancora destinati alla funzione di archivio. Siamo informati delle molte operazioni amministrative e contabili di cui la burocrazia palaziale si occupava grazie alla tavolette in Lineare B, rinvenute negli scavi dei principali palazzi (la maggior parte risalenti al XIII secolo a. C.). La Lineare B, pur essendo una scrittura di tipo sillabico derivata dalla Lineare A, fu usata per trascrivere una forma di greco arcaico ed è stata decifrata nel 1952 da Michael Ventris e John Chadwick. I palazzi erano importanti centri amministrativi e culturali, gestiti attraverso un sistema di scrittura (Lineare B). La Lineare B, decifrata nel 1952, documentò l'organizzazione politica e sociale dei Micenei. Quanto alla sfera religiosa, vi sono nelle tavolette molte divinità del pantheon greco d’età storica: Zeus, Era, Atena, Poseidone, Artemide, Ares, Dioniso, Ermes, Potnia. Ma esistono anche divinità, alcune delle quali di probabile origine minoica, che in seguito sarebbero scomparse. In ogni caso, si ha l’impressione che nella religione micenea non vi fosse un sistema divinità organizzate gerarchicamente intorno alla figura di Zeus, come avviene nella Grecia di età storica. Il culto prevedeva offerte e sacrifici alle divinità. La civiltà Micenea ebbe un periodo di grande fioritura tra il 1400 e l'1100 a.C. Crollo civiltà micenea in due fasi: La prima, intorno al 1250-1200 a.C., colpì diversi palazzi (Micene, Tirinto, Pilo, Tebe, ecc.), che non si risollevarono più come sistema socio-politico, ma vissero una vita instabile per circa un secolo o poco più, con una migrazione di gruppi micenei nel Dodecaneso e a Cipro. La seconda alla fine del XII secolo, quando si verificò una nuova serie di distruzioni e abbandoni, seguiti da uno spopolamento pressoché totale nel continente e nelle isole, con qualche nucleo di tradizione micenea che resistette ancora per poi spegnersi, definitivamente, nell’XI secolo a.C. Non si trattò dunque di un evento puntuale, ma di un processo che occupò circa un paio di secoli. Quali ne furono le cause? Sono in campo diverse ipotesi, che vanno dalla catastrofe naturale (terremoti più incendi, siccità prolungata) alle guerre fratricide, all’invasione dall’esterno. Probabilmente concorsero tutti e tre questi elementi, inseriti entro un fenomeno storico più ampio, che riguarda violenti movimenti migratori nello spazio del Mediterraneo orientale. Non va dimenticato, ad esempio, che i dati paleobotanici e la dendrocronologia confermano che sul finire del XIII secolo sia in Africa settentrionale che in Anatolia vi fu un ciclo di pronunciata aridità con effetti immaginabili sulla regolarità e il livello dei raccolti. Inoltre, ciò che emerge dalle tavolette di Pilo è che, nella fase finale della sua vita, il locale regno fu esposto a una minaccia che proveniva dal mare e che vi era scarsità di metalli. I "popoli del mare" furono uno dei fattori che contribuirono al crollo. Il crollo portò alla frammentazione del mondo politico e ad una nuova fase, i Secoli Bui. lezione 2 Secoli Buia in Grecia Periodo: Il periodo fra la caduta dei palazzi micenei e l'VIII secolo. Noto anche come Medioevo ellenico, Età Oscura o periodo dei Secoli Buia. Caratteristiche: Impoverimento delle regioni greche, diminuzione della popolazione, scarsità di documentazione archeologica e assenza di fonti scritte. Origine della civiltà greca: I Secoli Buia sono essenziali per comprendere le origini della civiltà greca, un lungo e complesso processo di trasformazione culminato nell'VIII secolo. Trasformazione sociale e politica: Il periodo vide una cesura netta nelle forme di gestione del potere, con una trasformazione radicale della società. Singoli elementi dell'organizzazione politica precedente sopravvissero, ma furono profondamente trasformati. Cambiamenti nelle abitazioni: Riduzione delle dimensioni degli insediamenti, abitazioni di modeste dimensioni, scomparsa dell'architettura monumentale. Attività produttiva: La pastorizia era probabilmente più importante dell'agricoltura. Sepoltura: Scomparsa delle distinzioni di status nelle sepolture, con prevalenza dell'incinerazione. Cultura materiale: Impoverimento notevole, scomparsa di espressioni artistiche del palazzo, artigianato specializzato (oreficeria, avorio). Ceramica con stile povero e regionale (ceramica barbara). Scomparsa della scrittura, ad eccezione di Cipro. Relazioni con l'esterno: Diminuzione dei contatti commerciali, scomparsa della metallurgia del bronzo, sviluppo della metallurgia del ferro (progresso tecnico). Organizzazione politica: Comunità di villaggio, autorità locali (basilei), deriva dal qasireu miceneo, potere più orizzontale. Segni di ripresa: A metà del X secolo, segni di ripresa in alcuni settori: corredi funerari più ricchi, ripresa di contatti commerciali, crescita demografica. Aree significative: Atene (sopravvivenza ad attacchi, crescita precoce, ceramica Protogeometrica) Atene fu anche il più antico centro di produzione della ceramica di stile Protogeometrico (ca. 1000-900 a.C.), che da lì si diffuse in altre aree, soprattutto nell’istmo di Corinto, nell’Argolide, in Eubea e nelle isole Cicladi. Questo stile è caratterizzato da nuovi motivi decorativi, da un’argilla di migliore qualità e 3 dall’adozione di due innovazioni tecniche: il tornio veloce e l’uso combinato di compasso e pennello multiplo. Il Protogeometrico evolverà poi nello stile Geometrico (900- 700 a.C.), che segna un ulteriore progresso dal punto di vista artigianale e sostituisce definitivamente i meandri ai cerchi e semicerchi come principale motivo ornamentale. Intorno al 750 a.C. irrompe poi nel repertorio figurativo la figura umana, con scene di varia natura – processioni di carri, navi, scene di battaglie, esposizione di defunti – che danno luogo a rappresentazioni di una certa complessità su numerosi grandi vasi di eccellente fattura venuti alla luce nel cimitero ateniese del Dipylon, destinato a diventare in età storica la principale area necropolica della città. Questi vasi monumentali erano usati come segnacoli delle sepolture di membri dell’aristocrazia, una classe sociale che in Attica sembra aver raggiunto prima che altrove una grande ricchezza. Eubea (Lefkandi, costruzione absidata, tomba di un capo e di quattro cavalli). Lefkandi (Eubea): Sito archeologico importante, struttura absidata, tomba di cui si discute se principesca o heroon. lo scavo dell’abitato e della necropoli di Lefkandi è stata una delle scoperte archeologiche più sorprendenti degli ultimi decenni ed ha contribuito in maniera determinante a modificare la ricostruzione storica dell’Età Oscura. Il sito moderno di Lefkandi si trova sulla costa occidentale dell'isola di Eubea, al centro della ricca pianura di Lelanto, a metà strada fra Calcide ed Eretria, due città che avranno un ruolo di grande rilievo nella prima fase dell’Età arcaica. In questo sito, precisamente nella località di Toumba, è stato portato alla luce nel 1981 un notevole edificio, lungo 45 m e largo 10 m, absidato, databile alla prima metà del X sec. a.C., che ha pochi paralleli nel mondo greco (uno pressappoco contemporaneo, ma su scala molto minore, è stato scoperto a Nichoria in Messenia). Esso non ha niente in comune con i palazzi micenei e adopera una tecnica inedita, con muri di mattoni crudi su uno zoccolo in pietra e una colonnata esterna di pilastri di legno. Al centro c'era una tomba divisa in due parti. Nell’una, all’interno di un contenitore di bronzo di fattura cipriota e decorato con scene di caccia, vi erano le ossa cremate di un uomo avvolte nella stoffa e con accanto delle armi, e una sepoltura femminile con un ricco corredo di oggetti, anche in metalli preziosi, alcuni dei quali di provenienza vicino-orientale. Nell’altra vi erano gli scheletri di quattro cavalli, due con i morsi in bocca. Il fatto che l’edificio sia stato volutamente sepolto sotto un tumulo di terra accuratamente sistemato lascia aperta la questione se si trattasse di una dimora principesca trasformata in tomba dopo la morte della coppia oppure di un vero e proprio heroon (cioè un monumento funerario che ospita le spoglie di un individuo innalzato al rango di eroe) edificato a somiglianza di una dimora principesca. Dopo la sepoltura dell’edificio nell’area circostante cominciano a sorgere altre tombe, forse appartenenti al seguito del capo sepolto nell’edificio principale o agli individui che presero il potere dopo di lui, contenenti ricchi corredi fatti di armi, gioielli, contenitori di bronzo importati da molte località del Mediterraneo orientale e ceramica di alta qualità. Contatti con l'Oriente: Rafforzamento dei contatti grazie alle ricostruzioni degli scambi commerciali. I poemi Omerici come fonte storica Opere principali: Iliade (guerra di Troia, ira di Achille) e Odissea (ritorno di Ulisse). Parte di un ciclo epico troiano più ampio, ora perduto. Storico?: Contesto di miti e leggende su un nucleo dell'età micenea. Sviluppo: Trasmissione orale, fissazione scritta intorno al 700 a.C. I due poemi, giunti sino a noi dopo un lungo processo di assestamento del testo, sono gli unici superstiti di un più vasto ciclo epico troiano, che comprendeva opere per noi perdute come le Ciprie (che ripercorrevano le origini e lo svolgimento della guerra di Troia) e i Nostoi (i “ritorni” in patria di altri protagonisti della guerra troiana). Il dibattito sulla storicità della guerra di Troia non si è mai spento e probabilmente non si spegnerà mai; ma c’è accordo sul fatto che uno degli strati di distruzione documentati sull’altura fortificata di Hissarlik, che domina la pianura dei fiumi omerici dello Scamandro e del Simoenta (precisamente lo strato indicato come VIIa), corrisponde a un incendio che avrebbe distrutto la rocca di Troia intorno al 1200 a.C. Questo è anche il periodo nel quale gli eruditi greci di età ellenistica collocavano la guerra cantata dall’epica in base ai loro calcoli cronologici. In questa prospettiva, si tratterebbe dunque di un evento dell’ultima fase della storia della Grecia micenea. Ciò che possiamo dire riguardo ai poemi omerici è che uno o due aedi (“cantori”) vissuti nell’VIII sec. a.C., originari della grecità ionica (la tradizione più diffusa vuole che Omero fosse nato nell’isola ionica di Chio), raccolsero una ricchissima tradizione di miti e leggende formatasi su un nucleo risalente all’Età micenea e trasmessa alle generazioni successive per via esclusivamente orale. I materiali epici confluiti nell’Iliade e nell’Odissea furono dunque messi per iscritto in una forma molto simile a quella che noi leggiamo non più tardi del 700 a.C. Riflessione sulla società: Descrivono la società dell'ultima parte dei Secoli Buia, basilei, bottino, onore, casate (oikos). Basilei: Capi, non sovrani assoluti, tra i pari. Consultano un consiglio e un'assemblea. Ruolo amministrativo, religioso. La parola basileus, che deriva dal miceneo qasireu, come detto, si traduce comunemente con “re”. Non si tratta tuttavia di un sovrano assoluto, ma di un primus inter pares, un capo preminente tra altri capi, chiamati anch’essi basileis. Il suo seguito è costituto dagli altri basileis o capi aristocratici che lo riconoscono come guida e dal demos, la gente comune che vive nel territorio sul quale il basileus preminente e gli altri capi esercitano la loro autorità. Nel prendere le decisioni il basileus consulta spesso un consiglio di cui fanno parte i capi delle famiglie aristocratiche. C’è anche un’assemblea del demos, ovvero degli uomini in armi, che viene convocata per capire quale sia l’orientamento del popolo e che può essere chiamata ad approvare proposte per acclamazione o ad esprimere il dissenso con silenzi e mormorii, anche se la decisione finale spetta sempre al basileus. Il basileus è l’elemento intorno al quale ruota non solo il governo della comunità e l’amministrazione della giustizia, ma anche la vita religiosa, dato che a lui spetta presiedere, a nome di tutta la comunità, i riti ed i sacrifici pubblici in onore degli dei. Il basileus preminente è chiamato costantemente a dimostrare la propria eccellenza, sia in pace che in guerra (nel guidare i suoi uomini in battaglia così come nel prendere le decisioni più giuste), e la sua autorità può essere messa in discussione se egli non si dimostra all’altezza. Guerre e razzie sono le principali attività del basileus e del suo seguito Relazioni sociali: Basate sulla reciprocità, competizione per onore e ricchezza. Valori omerici: Onore, gloria, ricchezza, audacia militare. Il codice di valori degli eroi omerici è quello tipico di una società di guerrieri. Onore, gloria e ricchezza sono il risultato dell’audacia e della bravura in battaglia ed i guerrieri competono l’uno con l’altro per accaparrarseli in misura maggiore degli altri. Lo spirito di competizione permea ogni aspetto della vita sociale, al di là dei generi e delle classi sociali (si compete in battaglia o nelle competizioni atletiche così come nell’esercitare il proprio mestiere e nell’esibire le proprie doti domestiche), e lo scopo di ogni competizione è quello di riuscire primi e guadagnare il riconoscimento pubblico dei propri meriti (timé, in greco), spesso rappresentato da un premio tangibile, come una maggiore porzione di bottino, un posto d’onore, ricchi doni, schiavi, donne o terra. La ricchezza è un segno materiale dell’onore e del rispetto che ci si è guadagnati in base alle proprie doti ed è sia esibita, per esprimere il proprio potere, sia ‘spesa’ per guadagnare maggiore influenza e prestigio grazie allo scambio di doni. Invasione Dorica e "Prima Colonizzazione" L’Età Oscura è anche il periodo in cui si colloca la migrazione di genti dal continente greco verso le coste dell’Asia Minore. Tale fenomeno, noto convenzionalmente (ma non del tutto correttamente) come ‘prima colonizzazione’, ebbe probabilmente luogo intorno all’XI-X secolo a.C. e portò al popolamento, da parte dei Greci, della fascia costiera occidentale della penisola anatolica Periodo: XI-X secolo a.C. Fenomeno: Migrazione di genti dall'interno della Grecia verso le coste dell'Asia Minore. Il periodo dell'Età Oscura e della prima colonizzazione greca è segnato da importanti movimenti migratori, che hanno avuto un impatto duraturo sulla distribuzione dei popoli greci nel Mediterraneo e sull'Asia Minore. Questo fenomeno migratorio, che tradizionalmente viene chiamato prima colonizzazione, ebbe luogo probabilmente tra l'XI e il X secolo a.C.. Durante questa fase, gruppi di Greci lasciarono il continente per stabilirsi lungo le coste occidentali della penisola anatolica, dando origine a insediamenti che in seguito divennero fiorenti colonie greche. A causa di questi spostamenti, all'inizio dell'Età arcaica il mondo greco si divide in tre principali gruppi etnici, ciascuno parlante un dialetto differente: Dori, Ioni ed Eoli. I Dori, parlanti il dialetto dorico, si stanziarono principalmente nella Grecia nord-occidentale, in gran parte del Peloponneso (incluse le regioni di Argolide, Laconia, Messenia), in varie isole (come Creta, Rodi, Cos, Calimno) e sulla costa meridionale dell'Asia Minore. Gli Ioni, parlanti il dialetto ionico, si insediarono nell'Attica, in Eubea, nelle isole Cicladi e lungo la costa occidentale dell'Asia Minore, un'area che in seguito divenne nota come Ionia. Gli Eoli, parlanti il dialetto eolico, si stanziarono principalmente nella Tessaglia, in Beozia e lungo la costa settentrionale dell'Asia Minore. Il movimento dei Dori in particolare è legato alla migrazione che, secondo molti studiosi,avvenne subito dopo la caduta dei regni micenei. Molti ipotizzano che ci fosse un flusso di popolazioni doriche che, partendo dalla Grecia nord-occidentale, si spostarono verso il sud, occupando progressivamente il Peloponneso e le isole circostanti, fino ad arrivare alla costa meridionale dell'Asia Minore. Alcuni gruppi di Ioni ed Eoli, a causa di questi spostamenti, migrarono a loro volta verso le coste dell'Asia Minore, stabilendosi rispettivamente nel centro e nel nord della regione. Nel contesto di queste migrazioni, si inserisce anche la leggenda della discesa dei Dori, che narra di un ritorno dei discendenti di Eracle (gli Eraclidi) nel Peloponneso, avvenuto circa 80 anni dopo la guerra di Troia. Secondo la tradizione, gli Eraclidi furono costretti a fuggire dal Peloponneso ma, con l'aiuto degli Ioni e dei Dori, riuscirono a riconquistare il territorio. Questi eventi mitici, pur essendo legati a elementi propagandistici, sembrano riflettere il movimento dei Dori nel Peloponneso, che portò alla creazione di città-stato come Sparta e Argo. In questo contesto, si colloca anche la colonizzazione ionica delle coste asiatiche, con Atene come centro principale. La tradizione racconta che alcuni gruppi di Ioni, provenienti da Attica e Eubea, insieme a migranti del Peloponneso, fondarono diverse colonie sulla costa dell'Asia Minore, tra cui la città di Mileto, che divenne uno dei principali centri culturali e commerciali dell'epoca. La mitologia greca, come la storia degli Eraclidi, viene spesso utilizzata per giustificare o legittimare le conquiste territoriali, con l'intento di attribuire una legittimità antica alle supremazie locali. Ad esempio, nel caso della Messenia, la tradizione dorica giustificava la conquista di questo territorio da parte di Sparta, una giustificazione che ha avuto un impatto sulle dinamiche politiche dell'epoca. Nonostante le evidenti tracce mitiche, la migrazione dorica è ampiamente supportata dalla linguistica, che vede nelle diverse distribuzioni dei dialetti greci la prova di spostamenti a lungo termine di gruppi etnici. Tuttavia, l'assenza di evidenti prove archeologiche dirette ha portato alcuni studiosi a dubitare dell'esistenza di una vera e propria invasione, suggerendo piuttosto un processo di infiltrazione graduale e di assimilazione delle popolazioni locali, che potrebbe spiegare l'assenza di segni concreti di conflitto o spostamento massiccio. In sintesi, il periodo della prima colonizzazione e delle migrazioni dei Dori segna un'importante fase di espansione e differenziazione culturale, con effetti duraturi sulla distribuzione etnica e linguistica dei Greci nel Mediterraneo e sull'Asia Minore. lezione 3 Rinascimento greco e nascita della polis L'VIII secolo a.C. segna un periodo di significativi sviluppi nel mondo greco, noto come 'rinascimento greco'. Questo periodo segue i Secoli Bui. In realtà è più corretto dire che nell’VIII secolo giungono a maturazione una serie di processi già avviati nei secoli precedenti: 1. Si registra un aumento demografico, con più insediamenti e necropoli. 2. L'agricoltura supera la pastorizia, con una maggiore estensione delle terre coltivate (e beneficiando principalmente l'aristocrazia). 3. I commerci via mare e i contatti con Oriente e Occidente aumentano, la mobilità umana non riguardò soltanto i commerci, ma anche il mercenariato e la fondazione di colonie lontano dalla madrepatria. 4. Santuari e templi, come l'Heraion di Samo, si diffondono e diventano centri di culto panellenico, contribuendo all'identità greca. 5. L’VIII secolo vede anche l’emergere di santuari e feste religiose che attiravano non solo la comunità locale, ma fedeli da tutto il mondo greco. Santuari panellenici (es. Olimpia e Delfi) assumono grande importanza, rafforzando il senso di identità comune. Delfi, in particolare, era sede di un oracolo importante per la colonizzazione. Oltre al già menzionato santuario di Zeus ad Olimpia [UD 2], che a partire dal 776 ospitava ogni quattro anni i Giochi Olimpici, un altro santuario panellenico che acquistò grande importanza in età arcaica fu il santuario di Apollo a Delfi, nella Focide, sede di un oracolo frequentato sia da Greci che non Greci. Il santuario era gestito da una lega sacra, chiamata anfizionia (gli amphiktiones sono “coloro che abitano intorno”), costituita da dodici popoli, ognuno rappresentato da due delegati nel sinedrio che amministrava il santuario e che organizzava, ogni quattro anni, i relativi agoni (i Giochi Pitici). Le varie comunità greche (e non) che frequentavano il santuario nel tempo deposero numerose offerte votive al suo interno, soprattutto in occasione di vittorie militari o di altri successi, ed in molti casi eressero apposite strutture chiamate thesauroi in cui esporre e conservare tali offerte. L’oracolo delfico fu particolarmente attivo ed influente in epoca arcaica, soprattutto in relazione al fenomeno della colonizzazione [UD 5], ma non fu in grado di svolgere un ruolo di primo piano nel ridurre la conflittualità tra gli stati greci o nell’indurli a fare fronte comune contro minacce esterne come i Persiani. Introduzione dell'alfabeto La scrittura alfabetica deriva da un sistema grafico-simbolico semitico nord-occidentale (fenicio). Sostituisce la Lineare B (micenea) e Lineare A (cretese) , che erano sistemi sillabici complessi. L'alfabeto greco, derivato dal fenicio, è un alfabeto consonantico originato, probabilmente, nell'area euboica in un periodo che va fra l'800 e il 750 a.C. circa. Venne adattato per includere i cinque timbri vocalici del greco. Inizialmente, si usava per poemetti epici come Iliade e Odissea, poi anche per documenti pubblici. Quando e dove, e in risposta a quali esigenze, l’alfabeto greco ha visto la luce? 1) Fino a pochi anni fa si riteneva che il più antico esempio di iscrizione alfabetica greca, l’unico databile a prima del 750 a.C., fossero le poche lettere, di controversa interpretazione, graffite su un vaso proveniente dall’Italia centrale (nel sito dell’antica Gabii) e datato al 775 a.C. ca. Ora si sono aggiunti un altro documento, probabilmente della stessa epoca, proveniente da Gordio in Asia Minore e numerose iscrizioni venute alla luce negli scavi condotti in anni recenti nel santuario di Apollo Daphnephóros a Eretria (sull’isola di Eubea). Altre iscrizioni sono state rinvenute a Methone, nel nord della Grecia, in un insediamento coloniale di Eretriesi dell’VIII sec. Quindi, allo stato attuale delle conoscenze, l’alfabeto fu introdotto nel mondo greco poco dopo l’800 a.C. 2) Quanto al luogo di origine, per lungo tempo il candidato più credibile per l’introduzione dell’alfabeto è stata considerata l’isola di Creta, per via della precocità e della continuità dei suoi rapporti con il Vicino Oriente. Ma non c’è dubbio che i ritrovamenti più recenti, di cui abbiamo appena parlato, accreditino l’ipotesi, già formulata in passato sulla base dei contatti che nei Secoli bui hanno intrattenuto i Greci dell’Eubea con il Levante, che la trasmissione del nuovo strumento di scrittura dal mondo fenicio a quello greco sia avvenuto in ambito euboico. 3) Dal momento che le più antiche testimonianze dell’uso dell’alfabeto in ambito greco riguardano citazioni poetiche ed iscrizioni metriche incise su vasi ed oggetti votivi, mentre i primi esempi dell’uso della scrittura a fini commerciali sono decisamente più tardi, molto studiosi ritengono che l’alfabeto sia stato inizialmente introdotto proprio allo scopo di trascrivere i poemi epici come l’Iliade e l’Odissea. Tuttavia, l’assenza per il periodo più antico di documenti privati di carattere affaristico e commerciale può essere spiegata in altro modo: i partners di uno scambio commerciale adoperavano per i loro scopi supporti non durevoli, come il papiro o pellami o tavolette di legno (di queste ultime si parla nei poemi omerici) o ancora sottili lamine metalliche, che corrono un rischio più elevato di non essere conservati perché spesso fuse e riutilizzate per altri scopi. Al contrario, supporti durevoli come vasi ed altri oggetti posti come dediche votive nei santuari o deposti in tombe si sono preservati molto più facilmente, dando così l’impressione che i primi usi della scrittura fossero di carattere poetico piuttosto che pratico. Iscrizioni metriche, dediche votive e la 'coppa di Nestore' rappresentano le prime testimonianze. Si tratta di una coppa di fattura rodia trovata a Pithecusse (l’isola di Ischia), non a caso sede di una colonia euboica, risalente al 725 a.C. circa, sul cui bordo è stata graffita un’iscrizione retrograda (ogni riga procede cioè da destra verso sinistra) in alfabeto calcidese (euboico). Essa contiene un’allusione giocosa, a sfondo erotico, alla coppa di Nestore, di cui leggiamo nell’Iliade (XI, 632 sgg.), e rappresenta uno splendido documento della circolazione dell’epos omerico nell’VIII secolo In seguito, verso la fine del VII secolo, si sviluppa anche l’uso pubblico della scrittura. Il più antico testo legislativo a noi noto, risalente al periodo 650-600 a.C., proviene dalla città di Dreros, a Creta, ed è un decreto della città che vieta l’iterazione della più importante carica pubblica. Si tratta di 4 un’iscrizione ‘bustrofedica’, nella quale la direzione della scrittura cambia da una riga all’altra (esattamente come un bue, gr. boûs, inverte il senso di marcia, gr. stréphei, dopo aver tracciato un solco durante l’aratura di un campo). L’uso pubblico della scrittura si diffuse abbastanza rapidamente e molto presto varie poleis iniziarono a incidere su pietra quei documenti di carattere ed interesse pubblico che si voleva rendere noti e preservare nel tempo, come leggi, trattati interstatali, liste di magistrati e così via La polis: nascita e caratteristiche Nell’uso comune il termine polis incorpora due diverse accezioni, che in linea di principio devono rimanere distinte. 1. La prima accezione è quella urbanistica: polis indica un insediamento dotato di certe caratteristiche materiali, di solito una cittadella fortificata ed un circuito murario, un’agorá (luogo di raduno del popolo e più tardi anche mercato), santuari, case private, eventuale porto per le città costiere. Ma questi elementi non erano sempre tutti presenti: per esempio Sparta, una delle più grandi potenze greche d’età arcaica e classica, rimase senza mura per buona parte della sua storia. 2. Più importante è perciò l’accezione socio-politica del termine. Da questo punto di vista la polis è una comunità di uomini che si autogoverna, scegliendo in piena autonomia l’ordinamento politico e le leggi che ne regolano la convivenza, perlopiù indipendente (anche se non sempre) da qualsiasi potere esterno. La polis è una comunità di cittadini che si autogovernano (città-stato) scegliendo in piena autonomia l’ordinamento politico e le leggi che ne regolano la convivenza, perlopiù indipendente (anche se non sempre) da qualsiasi potere esterno. Distinguere l'aspetto urbanistico (città, mura, agorà) da quello socio-politico (comunità di cittadini). La polis è prima di tutto la comunità dei cittadini. Il nostro termine “città” non è sufficiente per tradurre il greco polis, perché esso pone in primo piano l’aspetto materiale e urbanistico, mentre la polis si identifica, in primo luogo, con i suoi cittadini. Già all’inizio del VI secolo a.C. il poeta Alceo affermava che i cittadini sono il «bastione possente della città»; vale a dire, una polis può in teoria continuare ad esistere fino a quando esistono i suoi cittadini, anche se essi sono stati momentaneamente privati della loro città o ne sono fisicamente lontani. Non solo: quando parlano della polis in quanto comunità politica (per esempio quando riportano una sua deliberazione), le fonti antiche non la designano mai con il toponimo, bensì con l’etnico: non scrivono “Atene ha deciso che…”, ma “gli Ateniesi hanno deciso che...”. Può sembrare un dettaglio trascurabile; in realtà questa è la conseguenza del fatto che l’accezione socio-politica del concetto di polis è nettamente prevalente su quella territoriale La polis greca rappresenta una delle istituzioni centrali della civiltà greca, con caratteristiche che la distinguono dalle altre forme di organizzazione politica dell’antichità. Le principali caratteristiche generali della polis possono essere riassunte nei seguenti punti: 1) Integrazione del centro urbano e del territorio rurale: La polis greca è caratterizzata da un forte legame tra il centro urbano (l'asty) e la chora, cioè il territorio rurale circostante. A differenza di quanto avveniva nel Comune medievale, dove città e contado avevano differenze giuridiche e politiche, nella polis greca non esiste una divisione legale tra il centro e la periferia. I cittadini, infatti, potevano risiedere sia nel centro urbano che nelle campagne, senza alcuna distinzione nei diritti e nelle prerogative. 2) Cittadinanza esclusiva: Non tutti gli abitanti di una polis erano considerati cittadini (polîtai). Solo una minoranza di maschi adulti, in possesso di determinati requisiti (discendenza, censo, ecc.), era considerata cittadina. Le donne, gli schiavi e gli stranieri non avevano diritti politici e, spesso, non potevano partecipare alla vita della polis. La proprietà della terra e delle case, una delle principali forme di ricchezza, era riservata ai cittadini. 3) Diversità dei regimi politici: La polis non era legata a un preciso tipo di costituzione e poteva assumere diverse forme di governo: democrazia, tirannide, aristocrazia o oligarchia. In una democrazia come quella di Atene, i diritti politici erano estesi a tutti i cittadini maschi adulti di condizione libera, senza distinzioni di ricchezza. Al contrario, in un regime aristocratico o oligarchico, il potere era riservato a famiglie nobili o ai più ricchi, escludendo le classi meno abbienti dalla partecipazione politica. 4) Esclusività della cittadinanza: Un altro aspetto fondamentale della polis è la sua esclusività. La cittadinanza era limitata agli autoctoni e, sebbene raramente concessa, l'ammissione di un residente straniero alla cittadinanza avveniva solo in casi eccezionali e spesso per meriti particolari. Questo tratto distingue nettamente la polis greca da Roma, che, soprattutto nella sua fase repubblicana, era più aperta a inglobare altri popoli e culture. 5) Culto religioso e divinità "poliade": Ogni polis aveva una divinità principale, alla quale era dedicato il santuario principale. Queste divinità, dette poliadi, erano un simbolo dell'identità della polis. Ad esempio, Atene era legata alla dea Atena, Corinto ad Apollo, e Argo a Era. Il culto di queste divinità era essenziale nel processo di unificazione della comunità e nel rafforzamento del legame tra i cittadini. 6) Identità collettiva e conflitti interni: La polis era una comunità con una forte identità collettiva e un forte senso di solidarietà tra i cittadini, ma non priva di tensioni interne. Le linee di frattura tra gruppi sociali e politici potevano portare a vere e proprie guerre civili, chiamate stasis. Queste lotte interne, spesso tra élite aristocratiche e classi popolari, erano comuni e radicate nelle competenze politiche e nella proprietà della terra. Nelle polis della classica, le tensioni sociali ed economiche si riflettevano anche in contrapposizioni politiche tra regimi diversi, come la lotta tra democrazia e oligarchia. Inoltre, tali conflitti non erano limitati alla politica interna, ma si riflettevano anche nelle relazioni internazionali delle polis, come nel caso della guerra del Peloponneso, dove Sparta e Atene si schieravano per sostenere rispettivamente regimi oligarchici e democratici in altre città-stato. In sintesi, la polis greca è una comunità politica caratterizzata da una forte identità collettiva, una cittadinanza esclusiva, e una grande varietà di forme di governo. Sebbene la solidarietà fosse un aspetto fondamentale, le polis non erano esenti da conflitti interni, che spesso sfociavano in violente lotte per il potere. I cittadini erano una minoranza (maschi adulti con requisiti specifici). Compatibile con diversi regimi politici (democrazia, tirannide, aristocrazia/oligarchia). La polis era integrata dal centro urbano e dal territorio rurale (chora). L'appartenenza alla polis non includeva le donne, gli schiavi e gli stranieri. Forte identità collettiva, ma soggetta a conflitti interni (stasis) a causa di tensioni tra gruppi sociali ed economici (disuguaglianze). La concessione della cittadinanza agli stranieri era rara. Il culto della divinità poliade rafforza l'identità cittadina. L'origine della polis è un processo, spesso attraverso la fusione (sinecismo) di villaggi. Occorre distinguere fra poleis di nuova fondazione e poleis che si formano, attraverso un processo di trasformazione, su un territorio in cui vi sia continuità d’insediamento. Il primo caso è ben esemplificato dalla fondazione delle colonie, di cui parleremo. Per le seconde abbiamo scarsissima documentazione, situazione che ha da sempre alimentato un vivace dibattito fra gli studiosi. Dal punto di vista archeologico, è stato notato che la nascita, nel corso dei Secoli Bui, dei centri urbani di alcune poleis, come Argo, Atene e Corinto, sembra essere avvenuta attraverso la progressiva fusione di piccoli nuclei insediativi distinti, di tipo villaggio, posti a una certa distanza gli uni dagli altri all’interno di un territorio omogeneo. Questo fenomeno, che i Greci chiamavano sinecismo (gr. synoikismós, dal verbo synoikízein, “unire in un insediamento”), deve essere inteso non come un semplice processo di fusione urbanistica, ma come un parallelo processo di fusione politica, in cui i vari nuclei insediativi si riconoscevano parte della stessa comunità e si dotavano di organi di governo comuni. Naturalmente questo modello non può essere applicato a tutte le poleis si tende a credere che la formazione della polis sia stato un fenomeno processuale che si è prodotto in tempi diversi, e con modalità differenti, nelle varie regioni della Grecia, e in un arco cronologico relativamente lungo, che va dalla parte finale dei Secoli Bui alle soglie dell’Età classica. Ma un momento molto importante per la diffusione del modello della polis dev’essere stato la fondazione di colonie, che riproducevano, in un contesto quanto mai favorevole dal punto di vista sia urbanistico che socio-politico, una tipologia di insediamento già esistente nella Grecia propria. In qualche caso esse probabilmente anticiparono degli sviluppi che la madrepatria non aveva ancora raggiunto. La colonizzazione, in altri termini, può aver prodotto un fenomeno di ‘rimbalzo’ sui Greci della madrepatria. Perché in Grecia si afferma la polis come tipo di formazione politica? È la domanda a cui è più difficile rispondere. La geografia ha avuto il suo ruolo, perché l’accentuata frammentazione politica della Grecia ha sicuramente a che fare con la sua peculiare morfologia: il paesaggio greco si caratterizza per una divisione in un’infinità di cantoni e distretti separati gli uni dagli altri dal mare o dalle montagne. Ma la geografia non spiega tutto. Per esempio, l’Attica, la cui morfologia si presenta molto articolata e che avrebbe potuto favorire la nascita di una serie di poleis distinte, era invece uno stato unitario già nei Secoli Bui. Una delle ragioni dell’affermazione della polis in Grecia risiede certamente nelle particolari circostanze in cui il suo assetto politico si è venuto definendo dopo la caduta dei palazzi micenei. In mancanza di una forte istanza politica centralizzatrice (presente invece in buona parte del Vicino Oriente, come l’Egitto e la Mesopotamia), le comunità greche che emersero dai Secoli bui si trovarono libere di svilupparsi in piena autonomia. In un contesto in cui la popolazione stava aumentando, determinando un più vasto sfruttamento del territorio e delle sue risorse e più frequenti scontri tra comunità vicine, era evidentemente sentita la necessità di una organizzazione più complessa che permettesse di mobilitare in modo efficiente gli uomini e le risorse necessarie per fare fronte a minacce esterne e di rendere più stabile la comunità a livello interno. L’assetto della polis nei primi secoli di vita Prima della fine del VII secolo a.C., quando i primi documenti cominciano ad illuminare l’organizzazione politica della polis, è difficile farsi un’idea della sua articolazione interna. Secondo la tradizione antica, in origine le poleis erano rette da una monarchia ereditaria, che avrebbe 8 gradualmente perso i suoi poteri a vantaggio di una cerchia di famiglie aristocratiche, i cui capi ricoprivano a turno la principale carica politica. Le caratteristiche di questa regalità delle origini vanno eventualmente accostate a quelle di un basileus omerico, il quale, come detto, non è un vero e proprio re, bensì un personaggio, a capo di un ricco oîkos, che ha momentaneamente guadagnato una posizione di preminenza all’interno di un gruppo di suoi pari. La base di questo primato è tuttavia instabile: essa è fondata non su un privilegio di carattere dinastico, ma su una posizione di forza e di prestigio che è apparentemente giustificata solo dalla capacità di garantire il successo e il benessere dei sudditi. Come tale il suo potere è condizionato dal controllo aristocratico, quando addirittura non limitato nel tempo. Comunque sia, secondo alcuni ci sarebbero tracce di una monarchia originaria a Corinto, dove il gruppo di famiglie dei Bacchiadi sarebbe subentrato a una monarchia ereditaria e si sarebbe accaparrata la magistratura suprema, quella del basileus ovvero del prìtane, assegnata a turno a uno dei suoi membri. Forse qualcosa di analogo è avvenuto ad Atene, dove il posto dei re sarebbe stato preso dalla carica di arconte, una magistratura prima ricoperta a vita, poi per dieci anni ed infine annualmente. Non solo, con il passare del tempo la massima carica cittadina fu esercitata non più da un solo magistrato ma da un collegio di arconti. In questa presunta evoluzione si osservano tre importanti fenomeni. Innanzi tutto l’istituzionalizzazione delle funzioni di governo, che non appartengono più ad una certa persona o famiglia in quanto tali, ma ad una carica, che può essere ricoperta a turno da diversi individui secondo regole decise di comune accordo e che possiede prerogative anch’esse decise di comune accordo (ed è appunto la carica, indipendentemente dagli individui che la ricoprono, a detenere le funzioni di governo). Non meno importante è la limitazione temporale della carica (per es. un anno), spesso accompagnata dal divieto di reiterazione (come nel caso di Dreros), misure che avevano probabilmente lo scopo di impedire l’accumulo di potere nelle mani della stessa persona e di favorire l’avvicendamento al potere delle famiglie dominanti. Infine, è altrettanto importante la collettivizzazione delle funzioni di governo, che sono progressivamente esercitate non più da un solo magistrato supremo, ma da un collegio di magistrati, sempre allo scopo di limitare l’eccessivo potere dei singoli individui o delle singole famiglie. Accanto alla magistratura suprema si deve poi ipotizzare l’esistenza di un consiglio e di un’assemblea, che non avranno funzionato in maniera molto diversa dalle analoghe istituzioni attestate nei poemi omerici. Naturalmente a quest’altezza cronologica l’esercizio delle cariche pubbliche (magistrature supreme e consiglio) era appannaggio esclusivo delle famiglie aristocratiche. È per questo che si suole caratterizzare questa fase della storia del mondo greco come quella delle ‘aristocrazie’. È probabile che i criteri in base ai quali le élites aristocratiche rivendicavano l’esercizio del potere fossero la possibilità di tracciare la loro discendenza da antenati illustri, la capacità di distinguersi dagli altri per qualità morali (come il valore in guerra) e la ricchezza (soprattutto fondiaria, ma anche in beni mobili acquisiti tramite le attività di scambio). Non sappiamo nemmeno quando si è precisato il concetto di ‘cittadinanza’ per coloro che non erano parte di questo gruppo di famiglie aristocratiche. Nel mondo omerico la posizione dei singoli individui, in particolare dei personaggi di basso rango, è definita non dall’appartenenza a una comunità politica, ma dal rapporto che li lega agli oîkoi del re e dei suoi pari. In questa fase di vita della polis sono un certo numero di capifamiglia aristocratici che decidono di condividere gli uni con gli altri certe prerogative come il potere politico-militare o l’amministrazione della giustizia, probabilmente allo scopo di difendere più efficacemente i loro interessi comuni da nemici esterni ed interni (e cercando di attuare le misure necessarie per neutralizzare gli effetti negativi della competizione endogena). Per il momento sono i membri di queste famiglie che si riconoscono come una comunità di ‘cittadini’ fra loro solidali, dalla quale dovevano essere esclusi sia i membri 9 di comunità esterne che gli individui liberi ma di bassa estrazione sociale (lavoratori a giornata, contadini affittuari, ecc.) Nascita della polis Due esempi: la legge di Dreros e l’unificazione dell’Attica ad opera di Teseo I processi sin qui descritti possono essere osservati in due testimonianze di diversa natura e provenienti da due contesti cronologici lontani l’uno dall’altro. La legge di Dreros e la mitica unificazione dell'Attica da parte di Teseo, entrambi dimostrarono come funzionavano le prime forme organizzative della polis. Teseo si presenta come l'eroe della formazione di una polis democratica. La legge di Dreros costituisce il più antico decreto che ci sia pervenuto (ca. 650-600). Esso proibisce l’iterazione, nell'arco di un periodo di dieci anni, della magistratura più importante della città, quella del collegio dei kósmoi. Nel caso che la legge venga violata, è prevista una pesante sanzione economica per il kosmos; i suoi atti sono dichiarati nulli e, soprattutto, egli perderà la sua condizione di membro di pieno diritto della polis. Nel decreto i dámioi sono probabilmente i proprietari terrieri, che a questo livello cronologico coincidono con l’insieme dei cittadini, mentre i «venti della città», sono quasi certamente il Consiglio ristretto o Consiglio degli anziani. Ritroviamo così in questo testo così antico tutte le componenti essenziali delle istituzioni della polis: un’assemblea che riunisce i cittadini di pieno diritto, in questo caso definiti come proprietari della terra; il Consiglio ristretto (l’assemblea e il Consiglio sono gli organi a cui compete la deliberazione politica) e, accanto ad essi, i magistrati, depositari del potere esecutivo e detentori del potere giudiziario (i kósmoi). Scopo della legge è impedire che uno stesso cittadino acquisti troppo potere ricoprendo più volte la magistratura suprema in un arco di tempo relativamente breve: probabilmente, come detto sopra, si vuole rispettare un certo equilibrio tra le famiglie aristocratiche dominanti attraverso una rotazione nelle cariche. La descrizione dell’unificazione dell’Attica è tratta dalla Vita di Teseo di Plutarco, autore greco vissuto a cavallo tra il I ed il II secolo d.C. Egli, seguendo una ben nota tradizione ateniese (si veda anche Tucidide II, 15.2), attribuisce il sinecismo dell’Attica al mitico re Teseo, l’eroe ateniese per eccellenza (come Eracle lo era per i Dori). Inizialmente, la polis era governata da monarchie ereditarie, che gradualmente cedono a un'aristocrazia. Con il tempo, le cariche politiche diventano annuali e sono rivestite da più magistrati (collegi). Oltre alla polis ci sono gli stati etnici, dove le comunità di villaggio formano forme di cooperazione militare e cultuale. Si tratta di aree occupate da comunità di villaggio che non si uniscono in un sinecismo, ma che, ritenendo di appartenere allo stesso ethnos, continuano a riunirsi per scopi cultuali intorno ad un santuario comune e danno spesso luogo a forme di cooperazione militare. Col passare del tempo, alcuni di questi stati etnici si sono poi evoluti in stati federali (koinà), dotati di istituzioni politiche centralizzate. In epoca classica avremo modo di parlare della Lega beotica. Il modello dello stato federale, tuttavia, conoscerà una più ampia diffusione ed acquisirà una maggiore centralità sulla scena politica in Età ellenistica lezione 4 Colonizzazione Arcaica La colonizzazione greca arcaica, distinta dalla prima colonizzazione post-micenea, iniziò nell'VIII secolo e proseguì gran parte dell'età arcaica, fino al VI secolo. Si riferisce all'insediamento di gruppi greci (dalla Grecia continentale, insulare e Asia Minore) in varie regioni del Mediterraneo e Mar Nero, fondando nuove città. Divisa in due fasi: Prima fase: metà VIII-metà VII secolo, prevalentemente in Italia meridionale e Sicilia. Seconda fase: metà VII-fine VI secolo, prevalentemente nell'area nord Egeo e Mar Nero. "Colonia" (latino) = "apoikía" (greco): significa "allontanamento dalla sede originaria/emigrazione". Questa terminologia rimanda a una realtà differente dalla colonizzazione comunemente intesa: una volta fondata, la apoikía era una città indipendente e distinta dalla città da cui i coloni erano partiti, la cosiddetta “madrepatria” (metrópolis). Madrepatria e colonia conservavano legami di natura linguistica, culturale e religiosa – erano cioè città strettamente ‘apparentate’ fra loro – ma politicamente erano distinte, e potevano farsi guerra tra loro esattamente come due città che non erano unite da alcun tipo di legame. Schematizzando al massimo, possiamo enucleare due diversi modelli. 1. modello tradizionale o ‘apecistico’ (da apoikía), fa delle fondazioni coloniali l’esito di un’iniziativa consapevole e programmata di una o più ‘metropoli’, che per motivi di volta in volta differenti organizzano una spedizione, guidata da un capo riconosciuto e composta da un certo numero di membri delle loro comunità, che ha una meta prestabilita oltremare e dà origine a una nuova entità cittadina organizzata in modo simile alla madrepatria, fondata ex novo dopo aver espulso i precedenti abitanti. 2. Il modello alternativo, che definiremo modello ‘revisionista’ o ‘decostruzionista’, ritiene che la visione tradizionale sia frutto di una elaborazione tardiva attuata dai Greci d’età classica sulla base di esperienze recenti, mentre, in realtà, le fondazioni arcaiche sarebbero state l’esito di iniziative più o meno private, e comunque molto più labili e meno organizzate di quanto generalmente si pensi, attuate da gruppi di provenienza mista, che si insediano là dove vengono individuate prospettive di sviluppo e si mescolano con le popolazioni indigene, fino all’emersione di una vera e propria polis. Il pregio di questo secondo modello risiede nell’inserimento del fenomeno coloniale all’interno di un quadro generale, quella della mobilità greca nel Mediterraneo, che è la vera novità dell’ultimo periodo dei Secoli bui e dell’inizio dell’Età arcaica: un fenomeno che include anche altri aspetti, come lo sviluppo del commercio marittimo e del mercenariato. Tuttavia, tutto quello che sappiamo attraverso le fonti antiche – benché esse siano quasi sempre posteriori agli eventi narrati e presentino spesso elementi fittizi – e attraverso l’indagine archeologica nei siti coloniali, ci induce a conservare molti tratti del modello tradizionale come l’unico che ci offre una chiave di lettura credibile, compatibile con le testimonianze letterarie più degne di fiducia. La colonizzazione greca differisce dalla colonizzazione romana e dalla colonizzazione europea moderna (motivazioni e modalità diverse). Modelli della Colonizzazione Modello tradizionale ("apecistico"): le fondazioni coloniali sono iniziative consapevoli e programmate da metropoli per motivi vari, con una spedizione guidata e una meta prestabilita, creando nuove città simili alla madrepatria. Modello revisionista ("decostruzionista"): le fondazioni sono iniziative più private e meno organizzate, da gruppi misti che si stabiliscono in territori con prospettive di sviluppo, mescolandosi con le popolazioni indigene, fino all'emersione della polis. Il modello tradizionale è preferito, basandosi su fonti storiche e archeologiche, anche se il dibattito accademico è aperto. Cause della Colonizzazione Le cause non sono uniche, ma un insieme di fattori: Penuria di risorse agricole (carestia, crescita demografica, iniqua distribuzione). Lotte di potere all'interno delle élites aristocratiche. Pressione militare o conquista da parte di potenze non greche, costringendo gli abitanti alla migrazione. Motivazioni commerciali (ricerca di materie prime, controllo di rotte marittime, commercio con popolazioni non greche). Non esiste distinzione tra colonie agrarie e emporia (porti commerciali); tutti gli insediamenti hanno un territorio agricolo. Naucratis in Egitto è un esempio di emporion (stazione commerciale). Fondazioni Colonie Il "Giuramento dei fondatori di Cirene" è un importante documento che mostra la procedura di fondazione. La figura dell'ecista ("fondatore") era un uomo di prestigio, responsabile della gestione della colonia. Lo conosciamo attraverso una stele iscritta trovata a Cirene, contenente anche altri documenti, che è stata materialmente incisa nel IV secolo a.C. (perciò alcuni, a torto, ne mettono in dubbio l’autenticità). La polis di Tera, dopo aver consultato l’oracolo di Apollo a Delfi, decide di mandare dei suoi cittadini, scelti in base al principio di un figlio maschio per ogni famiglia, a fondare una colonia sulla costa della Libia sotto la guida di Batto. Quando Erodoto aveva visitato Cirene, aveva raccolto due versioni del modo in cui la città era stata fondata, una raccontata dai Terei, l’altra dai Cirenei; il contenuto dell’iscrizione è molto simile alla versione attribuita dallo storico agli abitanti di Tera. Possiamo considerare la storia della fondazione di Cirene come rappresentativa di una modalità di fondazione di un’apoikía. I Terei agiscono sotto la pressione di una prolungata siccità e conseguente carestia (Erodoto IV, 151); consultano l’oracolo di Delfi; allestiscono una spedizione composta di una parte soltanto dei suoi cittadini; designano la figura di un “ecista” (da oikistés = “fondatore”), sicuramente un uomo di prestigio, membro delle famiglie più in vista della metropoli, al nome del quale la colonia resterà sempre legata. Egli, infatti, si occupava dell’attribuzione dei lotti di terra, dell’insediamento degli dei patri e dell’organizzazione della nuova polis. Alla morte l’ecista riceveva un culto eroico in quanto fondatore della comunità e la sua tomba (come sappiamo per certo nel caso di Batto, ecista di Cirene) veniva eretta nello spazio pubblico della città. Dopo la fondazione, l'ecista riceveva un culto eroico. Il nome dell'ecista è spesso l'unica informazione che si conserva delle fasi iniziali di una colonia. La figura dell’ecista è pertanto il principale punto di riferimento intorno al quale si costruisce la memoria culturale della colonia. Ciò è dimostrato indirettamente da due passi di Tucidide. Il primo, la cosiddetta ‘Archeologia’ siciliana (VI, 2-5: la storia del popolamento dell’isola con cui Tucidide inizia il racconto della spedizione di Atene contro Siracusa nel 415 a.C.), riporta in successione le apoikíai fondate dai Greci in Sicilia, vecchie in qualche caso di tre secoli, fornendo quasi sempre il nome dell’ecista Le colonie non seguivano sempre un percorso pacifico, potendo anche includere conflitti o asservimento delle popolazioni indigene. L'impianto urbanistico delle colonie prevedeva una divisione regolare in spazi pubblici, privati e sacrali. Correnti Coloniali La colonizzazione greca, conosciuta come il fenomeno delle apoikíai, ha avuto un impatto duraturo sul mondo mediterraneo, con diverse città-stato che hanno fondato colonie in varie regioni, sia in Occidente che in Oriente. Di seguito, le principali correnti coloniali e le loro caratteristiche: 1. Calcide ed Eretria: Le due città di Eubea, Calcide ed Eretria, furono tra le prime a intraprendere spedizioni coloniali, con una particolare attenzione al Mar Tirreno e all’Oriente. Tra le loro fondazioni si annoverano: o Pithecusse (isola di Ischia, ca. 770 a.C.), o Cuma in Campania (ca. 750 a.C.), o Nasso, Catania e Leontini in Sicilia (734-728 a.C.), o Zancle (Messina) e Reggio (730-720 a.C.). La ricerca di metalli e risorse agricole è alla base di queste colonizzazioni. Pithecusse, in particolare, si inseriva in un circuito commerciale che includeva il distretto minerario etrusco, come l'Isola d'Elba. La fondazione di città sullo Stretto di Messina favoriva i commerci tra il Mediterraneo orientale e il Tirreno. 2. Corinto: Corinto, uno dei principali poteri marittimi dell'epoca, fu madrepatria di numerose colonie, tra cui: o Corcira (odierna Corfù) nel Mar Ionio (ca. 735 a.C.), o Siracusa in Sicilia (733 a.C.), o Ambracia, Leucade, Anattorio nel nord-ovest della Grecia (ca. 630 a.C.), o Epidamno e Apollonia in Illiria (ca. 630-600 a.C.). Corinto, grazie alla sua posizione strategica sull'Istmo di Corinto, tra il Mare Egeo e il Mar Ionio, divenne un importante punto di transito commerciale e di controllo delle rotte marittime. La città promosse colonie per scopi economici, con potenziali scambi commerciali diretti verso l'Occidente, come nel caso di Siracusa e Potidea. 3. Acaia: La Acaia, una regione meno sviluppata della Grecia, inviò coloni a fondare città in Italia meridionale, come: o Sibari, Crotone e Caulonia in Calabria (fine VIII secolo a.C.), o Metaponto in Lucania (seconda metà del VII secolo a.C.). La colonizzazione acaia si spiegava con la ricerca di migliori condizioni di vita e risorse agricole. Anche Locri Epizefiri fu fondata da un gruppo di Locresi (ca. 670 a.C.) sulle coste del Golfo di Corinto. 4. Sparta: La Sparta, già potente nel controllo della Peloponneso, fondò Taranto in Italia meridionale (fine VIII secolo a.C.), probabilmente a causa di difficoltà interne legate alla guerra con i Messeni. La colonia fu destinata a ospitare i Parthénioi, cittadini spartani di seconda classe. 5. Focea: I Focei, provenienti dalle coste dell'Asia Minore, fondarono Massalia (Marsiglia) intorno al 600 a.C., seguita da Alalia in Corsica e, successivamente, Velia in Campania (ca. 540 a.C.). L'espansione di Focea fu legata alla loro lunga tradizione di navigazione e commercio marittimo. Dopo essere stati assediati dai Persiani nel 545 a.C., i Focei si rifugiarono a Chio e poi in Corsica. 6. Megara: Megara, situata tra Atene e Corinto, fondò colonie sia in Oriente che in Occidente. Tra le principali: o Megara Iblea in Sicilia (ca. 728 a.C.), o Calcedone e Bisanzio (odierna Istanbul) sulla Propontide (ca. 686-657 a.C.). La fondazione di Megara Iblea fu caratterizzata da una collaborazione con i re indigeni, mentre Bisanzio controllava i traffici marittimi verso il Ponto, una regione ricca di grano. 7. Mileto: Mileto, città della Ionia, fondò numerose colonie sul Mar Nero, diventato perciò noto come il “mare milesio”. Tra le colonie più rilevanti: o Olbia (ca. 647 a.C.), o Panticapeo e Sinope (ca. 631 a.C.). Mileto dominò le rotte commerciali e le colonizzazioni nel Mar Nero, assicurandosi il controllo delle risorse locali. Ogni colonia aveva una certa autonomia rispetto alla madrepatria, ma spesso mantenne legami culturali, economici e politici, e in alcuni casi, come con Corinto e la sua dinastia di tiranni, anche un forte controllo. La colonizzazione greca portò alla diffusione della cultura e delle pratiche sociali greche attraverso vasti territori, influenzando profondamente le società locali e il mondo mediterraneo. Greci in Egitto Naucratis: stazione commerciale nel Delta del Nilo, autorizzata dai Faraoni. i Faraoni della 26° dinastia, in particolare Amasis (570-526 a.C.), a concedere il permesso di residenza ai Greci in quest’area ed a stabilire che tutte le attività di scambio tra i Greci e l’Egitto fossero concentrate in questo emporion, che si trovava a breve distanza dalla capitale del regno, Sais Naucratis era il principale punto di contatto tra Greci ed Egizi, per lo scambio di merci, tra cui lino, papiro e cereali in cambio di ceramica figurativa e argento. Tattica Oplistica Introduzione progressiva della fanteria oplitica (metà-fine VII secolo). Gli opliti erano soldati pesantemente armati (elmo, corazza, schinieri, scudo rotondo, lancia, giavellotto, spada). Con la mano sinistra porta uno scudo rotondo e concavo, chiamato hoplon (da cui “oplita”), composto da una struttura lignea di circa un metro di diametro con l’orlo di bronzo e con una duplice impugnatura, che rendeva la presa molto salda. Lo scudo, grazie alle sue dimensioni, copriva la parte sinistra del corpo di chi lo imbracciava e la parte destra del corpo del soldato che gli stava a fianco a sinistra. Tattica della falange: schieramento serrato per massimizzare la forza d'urto. La tattica oplitica comportava coesione, disciplina e solidarietà; il valore del singolo cede il passo all'azione coordinata. La battaglia oplitica era vinta dalla falange che sfondava le linee avversarie e metteva in fuga l’esercito nemico. Nel combattimento oplitico il successo non è dovuto al valore in battaglia dei singoli, ma ai movimenti coordinati della falange, dove ogni oplita gioca esattamente lo stesso ruolo. È chiaro, quindi, che con il progressivo diffondersi della tattica oplitica viene meno uno dei criteri su cui le aristocrazie basavano l’esclusivo esercizio delle funzioni di governo all’interno della comunità. Da questo punto di vista l’adozione della tattica oplitica ebbe importanti conseguenze sul piano sociale e politico (per questo si parla a volte di ‘rivoluzione’ oplitica, anche se impropriamente). L’identificazione del cittadino con colui che si fa carico della difesa della comunità (che rimase una costante per tutta la storia del mondo greco) implica che con la crescita d’importanza della tattica oplitica tutti coloro che erano in grado di armarsi e far parte della falange potessero reclamare cittadinanza e partecipazione politica a pari titolo con la classe aristocratica. Nel corso dell’Età arcaica, con processi non necessariamente lineari e spesso traumatici, il gruppo dei cittadini di pieno diritto tenderà ad allargarsi sino ad includere non solo i grandi proprietari terrieri aristocratici, ma anche i proprietari di un medio appezzamento di terreno, cioè tutti coloro che avevano i mezzi economici per procurarsi l’equipaggiamento da oplita L'esercito delle poleis era di tipo cittadino, non professionale. lezione 5 Fonti per lo studio della storia greca e storiografia classica Definizione di fonte: Qualsiasi traccia umana dal periodo studiato o ad esso relativa Categorie di fonti: Letterarie (storia, letteratura) e documentarie Fonti letterarie: Testi letterari che rivelano idee, cultura, gusti e tendenze dell'epoca. Inclusi opere storiografiche e altri generi (epica, poesia, teatro, oratoria). Notevole scarsità di opere originali sopravvissute (solo il 2-3%). La maggior parte dei testi letterari noti sono copie di secoli successivi. La filologia moderna studia i testi greci per ricreare il più possibile l'originale. Critica del testo: identificare e correggere errori nei testi. Critica delle fonti: comprendere intenti e condizionamenti dell'autore, attendibilità delle informazioni e fonti utilizzate. Fonti documentarie Per “documento” si intende qui qualunque oggetto materiale che possa essere utilizzato a scopo di studio e di ricerca. Tra le fonti documentarie rientrano fonti scritte e non scritte, figurate e non figurate: reperti archeologici, elementi della cultura materiale, documenti d’archivio di natura privata, testi che riproducono leggi e decreti di rilevanza pubblica, monete, ecc Tipologia delle fonti documentarie 1) Fonti epigrafiche: Rientrano nello studio dell’epigrafia greca tutti i documenti in lingua e alfabeto greci incisi, graffiti, dipinti su ogni tipo di supporto, dalle stele di pietra alle tavole di bronzo, dai vasi in ceramica alle lamine di piombo, ecc. I più antichi documenti in lingua greca sono le migliaia di tavolette in lineare B provenienti dai siti del mondo miceneo;. Include iscrizioni di carattere pubblico (leggi, decreti, trattati, liste di magistrati) e privato (dediche votive, lettere). Importanti per la storia politica, economica e sociale (soprattutto periodi ellenistico e III secolo a.C.). Esponenti in pubblico per la documentazione collettiva duratura della polis. 2) Fonti papiracee: Testi scritti su papiro. Preservati in regioni a clima secco (Egitto, Palestina). Numerose informazioni sulla vita quotidiana, economica, amministrativa, e sociale. Includono contratti, lettere, documenti ufficiali e opere letterarie. Papiri letterari, a volte nuovi, a volte per la ricostruzione di opere già note da manoscritti medievali. 3) Fonti numismatiche: Monete greche Identificazione mediante tipologie monetali (simboli), iscrizioni (etnico della polis), peso, metallo, circolazione e ritrovamenti (es. tesoretti). 4) Fonti archeologiche: 5) Oggetti materiali della storia antica Importanti nel periodo arcaico per l'assenza di fonti scritte. Archeologia rurale (indagini su abitazioni e sfruttamento economico). Paleobotanica e paleozoologia per ricostruire l'ambiente. Repertorio iconografico, come pittura vascolare, per la ricostruzione della cultura greca. Critica delle fonti: Valutazione di autenticità e affidabilità. Critica interna (contenuto e autore) e critica esterna (aspetti materiali). La storiografia greca: Erodoto e Tucidide La storiografia è un genere letterario relativamente recente. Nessuna comunità può però vivere senza una qualche forma di memoria degli eventi passati che la riguardano: lo esigono la conservazione della propria identità e la necessità di giustificare un ordinamento politico, gli usi e costumi, i culti e i riti, un determinato assetto sociale. Per lungo tempo, anche dopo la diffusione della scrittura, la società greca si affidò quindi, per la conservazione della memoria del suo passato, ad un complesso di tradizioni orali che si tramandavano da una generazione all’altra. Esse riguardavano sia gli eventi più importanti che avevano interessato la storia della comunità, sia il suo peculiare patrimonio di miti e leggende, popolato di dei ed eroi ai quali venivano attribuite imprese e azioni che servivano a comprendere e a giustificare la situazione presente. lezione 6 Legislatori e Tiranni nell'età arcaica La nascita dei primi codici di leggi è un passo importante nel processo di “statualizzazione” della polis poiché sottrae la formulazione e l’amministrazione delle leggi alla sfera privata e familiare e sancisce il principio che queste funzioni appartengono alla sfera pubblica, cioè allo Stato. Nella fase più antica, rispecchiata nei poemi di Omero ed Esiodo, le prime leggi, nell'età arcaica, erano norme consuetudinarie (tà pátria) basate su principi divini (thémistes) e trasmesse oralmente. I re (basileîs) e il Consiglio applicavano queste norme, con un elevato grado di arbitrarietà a causa delle deboli istituzioni politiche. Esiodo, nel suo poema "Opere e giorni", lamenta l'iniquità nella ripartizione dell'eredità paterna, a causa della corruzione dei re. Si assiste ad un passaggio graduale dalle leggi consuetudinarie (thémistes) a norme più precise (thesmoí) e infine a leggi scritte (nómoi) elaborate dagli organi politici della polis. L'alfabeto e la scrittura ebbero un ruolo fondamentale in questo processo, anche se inizialmente la trasmissione delle leggi rimase in parte orale. Alcuni magistrati (mnémmones) erano "rammentatori" delle norme non scritte e, in seguito, divennero lettori e scribi pubblici. La regione della Grecia che sembra aver avuto il primato della codificazione delle leggi è l’isola di Creta. Alcune figure mitiche legate a Creta – Minosse, Radamante, Eaco – sono stabilmente associate al possesso di una particolare sapienza legislativa. Proprio l’isola di Creta ci ha restituito un numero elevato di iscrizioni giuridiche, le più antiche delle quali, come abbiamo visto, risalgono al VII secolo a.C. A Creta inoltre, precisamente nella città di Gortina, è stato rinvenuto il più lungo e articolato documento epigrafico di carattere legislativo, il cosiddetto “codice di Gortina”, che fu inciso probabilmente all’inizio del V secolo, ma che contiene norme risalenti a una lunga tradizione. Nelle colonie (apoikíai), come quelle di Magna Grecia e Sicilia, l'importanza della codificazione delle leggi fu forte, in quanto la necessità di fissare norme scritte fu avvertita in modo precoce. Zaleuco, Caronda e Androdamante sono primi legislatori documentati nell'occidente greco. Le leggi arcaiche non erano un codice completo che copriva tutta la vita della comunità ma si concentravano su aspetti procedurali, limiti al lusso, contratti, proprietà, famiglia, eredità, inalienabilità delle proprietà fondiarie e omicidio. La legge attribuita a Dracone ad Atene fu importante perché definì più precisamente i delitti, distinguendo tra intenzionalità e involontarietà e limitando il diritto di vendetta personale. Il processo di codificazione delle leggi serviva anche a controllare la discrezionalità dei giudici, rafforzando l'autorità della polis a scapito dei clan aristocratici. L'obiettivo principale della codificazione non era una maggiore giustizia sociale, ma la neutralizzazione dei conflitti tra le famiglie aristocratiche e la stabilità politica a loro favore. Caratteristiche delle Tirannidi Arcaiche A partire dalla metà del VII secolo si diffusero le tirannidi in molte poleis. La tirannide era un'espressione di crisi politica e sociale delle aristocrazie dominanti. Il termine "tyrannos", inizialmente neutro ("signore", "re"), acquisì una connotazione negativa per indicare chi assumeva il potere con la forza e senza consenso. La tirannide non fu l'unica risposta alla crisi, ma si caratterizzava per la rottura degli equilibri politici preesistenti. Altre soluzioni, come l'istituzione di arbitri con pieni poteri, furono adottate per ovviare agli aspetti problematici. Spesso, i tiranni non erano estranei all'aristocrazia: iniziavano la loro ascesa da posizioni pubbliche, prendendo il potere per conflitto con le altre famiglie aristocratiche, e ottenendo consenso popolare con politiche ridistributive. L'obiettivo dei tiranni era principalmente il mantenimento del potere, ma spesso cercarono l'appoggio popolare per legittimare la loro posizione e contrastare l'opposizione aristocratica. Le tirannidi si accompagnarono ad un processo di centralizzazione delle risorse e miglioramenti nell'edilizia pubblica, economia (artigianato e commercio) e finanze (imposte). La tirannide aveva una durata limitata, che si esauriva in una o due generazioni. Tuttavia, il regime tirannico indeboliva le strutture di potere aristocratico, rafforzava lo stato e favoriva una maggiore mobilità sociale. Caso esemplare: Cipselidi di Corinto Fase tirannica di Corinto: La città raggiunse il massimo della sua potenza durante il periodo della tirannia, grazie alla sua posizione strategica sull'istmo di Corinto, fondamentale per il commercio tra la Grecia e l'Occidente. Potere dei Bacchiadi: Corinto era governata da un gruppo di 300 famiglie aristocratiche, i Bacchiadi, che controllavano le magistrature e l'economia cittadina. Ascesa di Cipselo (658-625 a.C.): Figlio di una donna Bacchiade e di un aristocratico straniero, Cipselo prese il potere grazie a profezie e al sostegno dei Corinzi contrari ai Bacchiadi. Il suo governo portò all'esilio dei Bacchiadi, alla confisca dei loro beni, e all'introduzione di riforme come una decima sui beni e la creazione di un tesoro statale. Colonizzazione e commercio: Cipselo avviò una politica di colonizzazione nel nord-ovest della Grecia (fondazione di città come Ambracia, Leucade e Epidamno) e promosse la ceramica corinzia, che si diffuse in tutto il Mediterraneo. Periandro (625-585 a.C.): Successore di Cipselo, continuò la politica coloniale, fondando nuove colonie e consolidando il potere militare e politico di Corinto. Si alleò con Atene, l'Egitto e la Lidia, e promosse leggi contro il lusso dell'aristocrazia. Declino: Dopo la morte di Periandro, il potere passò a Psammetico, ma dopo una breve permanenza fu rovesciato da una rivolta appoggiata da Sparta. Corinto perse il suo primato economico e commerciale, soppiantata da Atene. Policrate di Samo Regno di Policrate (540-520 a.C.): Tiranno di Samo, appartenente a una generazione successiva a quella di Pisistrato di Atene. Durante il suo governo, Samo fiorì grazie alla sua potente flotta e alla costruzione di opere pubbliche innovative, come un acquedotto sotterraneo progettato dall'ingegnere Eupalino. Espansione e alleanze: Sotto la sua guida, Samo controllò molte isole del Mar Egeo e intraprese una politica di alleanze internazionali, in particolare con l'Egitto, ma fu anche coinvolto nella politica persiana, favorendo la conquista dell'Egitto da parte dei Persiani nel 525 a.C. Fine tragica: Policrate morì per mano di un satrapo persiano. Durante il suo regno, alcuni aristocratici samii, tra cui Pitagora, emigrarono in Occidente, stabilendosi a Crotone. La Tirannide in Sicilia Caratteristiche generali: La tirannide in Sicilia è un fenomeno tardivo rispetto alla Grecia continentale, ma ha una durata più lunga e caratteristiche particolari, dando vita a stati territoriali che anticipano i regni ellenistici. Cause della specificità: Diverse ragioni concorrono a questa particolare evoluzione della tirannide: La presenza dei Cartaginesi nella parte occidentale della Sicilia, che costituiva una costante minaccia per le città greche, favorendo l'ascesa di uomini d'arme. Il conflitto con le comunità indigene (Siculi e Sicani) e la presenza di colonie provenienti da diverse poleis, che aumentava l'instabilità politica, con frequenti guerre civili (stáseis). La presenza di mercenari che, al termine del loro servizio, spesso si insediavano nelle città, creando i presupposti per cambiamenti di regime. Tirannidi Siciliane: Falaride di Agrigento (ca. 570-554 a.C.): Fu uno dei tiranni più noti per la sua politica espansionistica aggressiva contro i Sicani. La sua fama è legata alla sua crudeltà, ed è stato eliminato da una congiura aristocratica. Cleandro di Gela (ca. 505-498 a.C.): Un giovane aristocratico che rovesciò l'oligarchia di Gela e divenne tiranno. Fu assassinato nel 498, e fu succeduto dal fratello Ippocrate, che ampliò il dominio di Gela sconfiggendo tribù sicule e altre città greche, come Leontini e Catania. Morì nel 491 combattendo contro i Siculi. Gelone di Gela (ca. 478-470 a.C.): Successore di Ippocrate, Gelone consolidò il potere unendo Siracusa a Gela. Riuscì ad ampliare il suo stato e vinse una grande vittoria contro i Cartaginesi nella battaglia di Imera (480 a.C.), rafforzando la sua reputazione come difensore della grecità. Siracusa divenne capitale del suo stato e aumentò la sua popolazione con il trasferimento di abitanti da altre città. Gelone diede cittadinanza a numerosi mercenari. Ierone di Siracusa (478-467 a.C.): Dopo la morte di Gelone, il fratello Ierone divenne tiranno. Proseguì la politica espansionistica, alleandosi con Locri e Taranto. Sconfisse la flotta etrusca a Cuma (474 a.C.), segnando la fine del predominio etrusco sul Tirreno. Ierone promosse la sua immagine in tutta la Grecia, partecipando ai giochi olimpici e pitici, e attrasse poeti e letterati a Siracusa, come Simonide, Pindaro e Eschilo. Dopo la sua morte nel 467, la tirannide cessò con la cacciata del fratello Trasibulo, portando a una rivolta popolare contro i tiranni satelliti rimasti in Sicilia. In sintesi, la tirannide in Sicilia ebbe una lunga durata e caratteristiche uniche, legate ai conflitti interni, alla presenza di mercenari e alla minaccia cartaginese. I tiranni siciliani, come Gelone e Ierone, sono noti per le loro politiche espansionistiche, le vittorie militari e la promozione della cultura greca. lezione 7 Sparta e la Lega Peloponnesiaca Sparta, una polis greca, si distinse per la sua potenza militare, sistema educativo unico, stile di vita austero e peculiari istituzioni politiche. I "nomi" di Sparta Origini e Nomi: Secondo la tradizione, gli Spartani erano i Dori che invasero la parte meridionale del Peloponneso, stanziandosi nella Laconia. La polis di Sparta nacque dall’unione di vari villaggi nella pianura dell’Eurota. La città di Sparta si chiamava Sparta (Σπάρτη), ma il nome ufficiale dello Stato spartano era Lacedemone (Λακεδαίμων), e i suoi abitanti venivano chiamati Lacedemoni (οἱ Λακεδαιμόνιοι). Il termine Spartiati (Spartiâtai) indicava i cittadini di pieno diritto di Sparta, non tanto l’origine spartana, ma l’appartenenza alla classe dominante. Espansione e Conquista Assestamento iniziale e prima espansione: Dopo l'arrivo dei Dori, la prima fase dell'espansione spartana si concluse nell’VIII secolo con la conquista della valle dell'Eurota e la presa di Helos. Il momento decisivo fu la conquista della Messenia attraverso due guerre tra la fine dell'VIII e la metà del VII secolo, che permise a Sparta di controllare la fertile pianura messenica. Gli Iloti: La popolazione locale della Messenia fu ridotta allo status di iloti (servi della gleba), simile agli iloti di Laconia. Questo incremento territoriale portò alla militarizzazione della società spartana, in quanto Sparta dovette controllare un numero di servitori notevolmente superiore ai propri cittadini. La Società Spartana e il "Miraggio Spartano" Il "miraggio spartano": Il concetto di kósmos (ordine e disciplina) e eunomía (buona legislazione) è centrale nell'immagine idealizzata di Sparta, che è stata alimentata da autori greci non spartani, ma anche dalla cultura moderna. Questa visione, sebbene affascinante, è parzialmente distorta, poiché le fonti storiche su Sparta sono scarse e, in gran parte, successive agli eventi che narrano. Difficoltà nella ricostruzione storica: La scarsità di fonti e tracce materiali ha reso difficile una ricostruzione accurata della storia spartana. Sparta non utilizzò moneta fino al IV secolo e lasciò poche iscrizioni o resti archeologici. Tuttavia, alcuni ritrovamenti presso il santuario di Artemide Orthia sono stati utili per comprendere la società spartana. Licurgo e la Legge Spartana Licurgo e la sua Legge: Secondo la tradizione, Sparta avrebbe ricevuto il suo ordinamento legislativo e istituzionale grazie a un legislatore leggendario di nome Licurgo. Le fonti storiche concordano nel ritenere che Licurgo fosse una figura storica, ma le informazioni su di lui sono scarse e contraddittorie. Viene descritto come il tutore di un re della dinastia Agìade, e le sue riforme sarebbero state avvenute tra il IX e l’VIII secolo a.C. La "Invenzione della Tradizione": Gli storici moderni ritengono che Licurgo sia una figura creata dalla tradizione, proiettando la fondazione dell'ordinamento spartano in un passato lontano. Le sue leggi, anche se in parte reali, sono state idealizzate per giustificare e promuovere l'immagine di Sparta come modello di ordine e disciplina. Conclusioni La figura di Licurgo e le riforme da lui attribuite sono divenute simbolo di un'ideale di Stato spartano, ma la realtà storica di Sparta era molto più complessa. La sua espansione, il dominio sugli iloti, e la costante militarizzazione della società sono aspetti che evidenziano le difficoltà e le contraddizioni della polis spartana, la quale, pur avendo una grande fama nel mondo greco, era profondamente diversa dalle immagini idealizzate che ne sono emerse nel corso dei secoli. La ‘grande rhetra’ spartana (VII secolo a.C.?) Una peculiarità della storia spartana è che la tradizione antica conosceva la vera e propria ‘carta di fondazione’ dello Stato spartano, ovvero la ‘grande rethra’, che ci è stata trasmessa da due distinti testimoni: 1) Il primo è Plutarco, Vita di Licurgo 6.1-2: «Licurgo portò da Delfi un oracolo... che chiamano rhetra [il gr. ῥήτρα significa “accordo verbale, trattato, decisione”]. Eccone il testo: “Eretto un tempio a Zeus Scillanio e Athena Scillania, organizzate le tribù e ordinate le obaí, istituita una gherousía [cioè il Consiglio dei “ghérontes”, gli “anziani”] di trenta membri, compresi gli archaghétai [cioè i due re, letteralmente “i capi fondatori”], di tempo in tempo tenere le apéllai [cioè le “assemblee dei cittadini”] fra Babica e Cnacione; così introdurre proposte e poi togliere le sedute, e spetti all'assemblea del popolo vittoria e potere”». 2) Un’elegia di Tirteo Cos’è la Rhetra? La rhetra è un testo che descrive le leggi e l'assetto politico spartano, attribuito tradizionalmente a Licurgo, il legislatore spartano leggendario. Si pensa che la rhetra rappresenti un adattamento in prosa di un oracolo dato da Apollo delfico a Licurgo, e che riguardi la fondazione dell’ordinamento politico spartano. Il testo è molto antico e probabilmente autentico, e presenta caratteristiche che lo rendono difficile da interpretare: ricorre a epiteti e toponimi che erano già di difficile comprensione per gli antichi, e non fa riferimento agli efori, una magistratura che diventerà centrale nella vita politica spartana. L’autore di questo testo è probabilmente Licurgo, anche se alcuni ritengono che lo stile oracolare lasci l’espressione volutamente impersonale. La Rhetra e Tirteo Esiste una discussione su come il contenuto della rhetra si colleghi ai versi di Tirteo, il poeta spartano della seconda metà del VII secolo a.C. Sebbene i due testi presentino differenze (Tirteo non fa menzione diretta di Licurgo, e Plutarco fornisce più dettagli), entrambi sembrano riferirsi a un sistema che gli Spartani consideravano fondamentale per il funzionamento del loro Stato. Entrambi gli autori, infatti, parlano delle due principali istituzioni spartane: la coppia di re e il Consiglio degli anziani. Gli anziani presiedono le riunioni dell’apélla (l'assemblea popolare), e solo a loro compete avanzare le proposte. Tuttavia, il sistema descritto nella rhetra si evolve nel tempo, con un emendamento che, attribuito ai re Polidoro e Teopompo, permette al Consiglio di sciogliere l'assemblea o di porre un veto alle deliberazioni dell'apélla qualora non fossero in linea con le sue decisioni. Questo emendamento evidenzia la tensione che esisteva tra il popolo e il Consiglio, suggerendo che l’ordinamento spartano fosse frutto di un lungo processo di conflitti e compromessi. Il Processo di Sviluppo dell’Ordine Spartano La tradizione vuole che l'ordinamento spartano sia stato creato già dall’antichissimo Licurgo, ma gli storici moderni ritengono che ciò sia il risultato di un lungo sviluppo che ha avuto luogo nel corso di circa due secoli. La rhetra rappresenta probabilmente una fase intermedia di questo sviluppo, e alcuni studiosi propongono che il testo possa riferirsi a un assetto già consolidato verso la metà del VII secolo a.C., celebrato da Tirteo nella sua elegia. L’Introduzione dell’Eforato Nel VI secolo a.C., la figura dell’eforato, una magistratura collegiale composta da cinque membri, divenne centrale nella politica spartana. L’eforato aveva il compito di vigilare sull'operato dei re, e secondo una tradizione antica sarebbe stato istituito nel 754/3 a.C., ma non appare nella rhetra, il che suggerisce che la sua nascita sia stata più recente. L’eforato ebbe un ruolo importante nel completare e stabilizzare l’ordinamento spartano, in quanto divenne un organo di controllo che contribuì a definire il kósmos spartano. Conclusione La vera natura dell’eunomía (buona legislazione) che Plutarco attribuisce a Licurgo non è il frutto di una singola riforma, ma il risultato di un lungo processo che si è sviluppato nel corso di due secoli. La figura di Licurgo diventa così simbolica di un ideale che fu concretamente realizzato solo nel VI secolo a.C., con l’adozione finale dell’eforato e la definitiva istituzione di un sistema che sarebbe stato definito il "kósmos spartano". La rhetra e le fonti come quelle di Tirteo e Plutarco, dunque, non riflettono una realtà politica immediata, ma un'evoluzione che, sebbene idealizzata, ha avuto un impatto duraturo sulla società spartana. Istituzioni Politiche Spartane Assemblea del popolo (apélla): ratificava le proposte, ma il consiglio degli anziani aveva il diritto di veto. Consiglio degli anziani (gherousía): composto da 28 membri eletti a vita oltre ai due re, proponeva e presiedeva le riunioni dell'assemblea. I due re (Agìadi ed Euripontidi): avevano potere essenzialmente militare, con prerogative onorifiche. Efori: magistratura di 5 membri eletti annualmente, controllavano l'operato dei re e dei cittadini, presiedevano l'assemblea. Sparta, grazie a questo sistema fortemente gerarchizzato, era considerata stabile e diversa dalle altre poleis greche. Il sistema educativo spartano (agoghé) e lo stile di vita promuovevano disciplina e obbedienza. Ordinamento Sociale Spartano (Kósmos) Fino al 550 a.C. Sparta era una polis non troppo dissimile dalle altre: aperta dal punto di vista culturale e artistico, interessata da dinamiche economiche artigianali e commerciali, segnata dalla presenza di una élite aristocratica. La cultura letteraria è ben rappresentata da due raffinati poeti lirici, Alcmane e Terpandro, i quali, per quanto non originari di Sparta – come vuole una parte della tradizione –, qui svolsero la loro attività nella seconda metà del VII secolo. Nel VII e VI secolo a.C. vi era in Laconia una copiosa produzione di vasi di ceramica e di manufatti di bronzo che venivano anche esportati, e il repertorio figurativo della ceramica laconica mostra caratteristiche che ben si addicono a una visione rilassata ed edonistica del mondo e della vita. Il gran numero di offerte votive rinvenute presso il santuario di Artemide Orthia testimoniano che nella prima Età arcaica a Sparta la vita artistica e gli scambi commerciali non erano molto diversi da quelli che caratterizzavano altri stati del Peloponneso. Anche l’élite aristocratica di Sparta non si comportava diversamente dalle altre élites, partecipando, ad esempio, agli agoni panellenici (una forte diminuzione di vincitori spartani ai giochi olimpici si registra a partire dalla seconda metà del VI secolo). 1) Gli Spartiati e la vita militare Gli Spartiati (i cittadini di pieno diritto, detti anche homoîoi, ovvero "uguali") costituivano la classe dominante di Sparta. A differenza di altre polis, gli Spartiati non erano coinvolti in attività economiche come l'artigianato o il commercio. La loro unica occupazione era l'addestramento militare, che li preparava a diventare membri della formidabile falange spartana, l'unità militare che li rendeva famosi in tutta la Grecia. Ogni Spartiate possedeva un klêros (lotto di terra) coltivato da iloti (servi rurali), ai quali veniva chiesto di versare una percentuale del raccolto. Sebbene la tradizione volesse che tutti gli Spartiati avessero terreni uguali, questa uguaglianza fondiaria è stata probabilmente un mito creato in epoca ellenistica. Il sistema, infatti, non era veramente egalitario dal punto di vista economico, ma si basava su un modello di valori che enfatizzava la parsimonia e il disprezzo per il lusso. Un aspetto essenziale per mantenere i diritti di cittadinanza era la partecipazione alla syssítion (mensa comune), un'istituzione che fungeva da centro di socializzazione per gli uomini spartani. Il contributo alla mensa era un dovere fondamentale per ogni Spartiate; se non veniva adempiuto, lo Spartiate perdeva i diritti di cittadinanza. I giovani Spartiate erano educati fin dai 7 anni con un sistema molto rigido di agoghé, che li preparava fisicamente, moralmente e militarmente per essere dei soldati perfetti. Questo percorso durava fino ai 30 anni, momento in cui il giovane acquisiva la piena cittadinanza e partecipava attivamente alla vita politica e militare. 2) Il sistema degli Iloti La necessità di mantenere il controllo su una popolazione di iloti numericamente superiore agli

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