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These notes explain the Italian Constitution's perspective on ethical and moral relationships, focusing on the family, health, and education.
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LA COSTITUZIONE E I CITTADINI 7. I rapporti etici e morali I rapporti etici e morali disciplinano: La famiglia; La salute; L’istruzione. La famiglia è la formazione sociale più elementare, cioè la forma di aggregazione originaria e spontanea tra due o più persone. In base alla cost...
LA COSTITUZIONE E I CITTADINI 7. I rapporti etici e morali I rapporti etici e morali disciplinano: La famiglia; La salute; L’istruzione. La famiglia è la formazione sociale più elementare, cioè la forma di aggregazione originaria e spontanea tra due o più persone. In base alla costituzione, lo Stato riconosce i diritti della famiglia come una società naturale, perché soddisfa i bisogni fondamentali delle persone. Alla famiglia viene concessa un’ampia autonomia, nel senso che lo Stato non può imporre ai suoi fini o valori a coloro che fanno parte di un nucleo familiare. Anche la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dell’ONU dichiara in modo solenne che “la famiglia è il nucleo naturale fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato”. È da notare che la costituzione tutela la famiglia legittima, “fondata sul matrimonio“, cioè un solenne impegno reciproco assunto da coniugi, mentre non disciplina la famiglia di fatto, che consiste nella semplice convivenza in comune di due persone non sposate tra loro. In particolare, la legge Cirinnà ha disciplinato: Le unioni civili tra coppie omosessuali; Le convivenze di fatto di persone conviventi, sia eterosessuali sia omosessuali, con il riconoscimento di alcuni limitati diritti reciproci soprattutto in materia di assistenza sanitaria e di previdenza. Il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia è riconosciuto espressamente dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite e dalla carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europea. La costituzione del 1948 afferma espressamente che al suo interno la famiglia si basa sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, tra loro e nei confronti dei figli, salvo i limiti stabiliti dalla legge per garantire l’unità del nucleo familiare. La parità dei coniugi è stata realizzata effettivamente con la riforma del diritto di famiglia. Per quanto riguarda gli obblighi nei confronti dei figli hanno il dovere e il diritto di “mantenere, istruire ed educare i figli”, cioè di provvedere ai loro bisogni materiali e alla loro formazione intellettuale e morale. Anche i figli nati fuori dal matrimonio hanno diritto a “ogni tutela giuridica e sociale “compatibile con i diritti di coloro che fanno parte della famiglia legittima. La costituzione italiana inoltre riconosce ai genitori un’autonomia molto ampia per quanto riguarda le scelte relative ai figli, in quanto l’intervento dello Stato è consentito soltanto quando i genitori non sono in grado di assolvere ai loro compiti. La costituzione impone allo Stato di predisporre misure economiche o di altra natura per agevolare la formazione della famiglia e l’adempimento dei suoi compiti, in particolare nel caso di famiglie numerose. La salute consiste nel benessere fisico e psichico di una persona (articolo 32). La salute è un diritto inviolabile dell’uomo e deve essere intesa in senso ampio, non solo come assenza di malattia ma anche, secondo la definizione dell’organizzazione mondiale della sanità, come “Stato di benessere fisico, mentale e sociale”. Dalla disposizione costituzionale si ricava che la salute è un bene individuale di una persona e, allo stesso tempo, un bene collettivo, perché soltanto chi è sano può adempiere il dovere di solidarietà e concorrere al progresso della società. Le persone hanno quindi il diritto di stare bene anche il dovere di impegnarsi per stare bene. I principi costituzionali relativi alla salute delle persone riguardano in primo luogo le garanzie di cure gratuite per le persone indigenti (povere). Inoltre, è previsto che i trattamenti sanitari obbligatori possono essere imposti soltanto dalla legge per ragioni di pubblico interesse. Il diritto alla salute di ogni persona quindi ha: Un contenuto positivo: consistente nel diritto di curarsi e di essere curato; Un contenuto negativo: consistente nel diritto di non subire cure contro la propria volontà. La legge non consente a una persona di disporre in modo arbitrario della propria vita e del proprio corpo, in quanto si tratta di beni indisponibili. In particolare, sono vietati espressamente: L’omicidio di una persona consenziente; Gli atti di disposizione del proprio corpo, se causano una diminuzione permanente dell’integrità fisica di una persona. Nell’ordinamento italiano pertanto non sono consentiti l’eutanasia, cioè la soppressione di malati incurabili, e la cessione di organi a titolo oneroso ma, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, è possibile la donazione di alcuni organi per salvare la vita di un’altra persona. L’istruzione è un diritto sociale fondamentale, in quanto garantisce la libertà dell’analfabetizzazione e dell’ignoranza (articoli 33/34). Al riguardo la costituzione afferma espressamente il principio della libertà dell’arte, della scienza e della libertà dell’insegnamento. Per quanto riguarda in particolare l’istruzione scolastica, la costituzione stabilisce che la Repubblica deve istituire “scuole statali per tutti gli ordini e gradi”, cioè per tutti gli indirizzi e livelli di studio, e che la scuola è “aperta a tutti”. Il sistema scolastico italiano è formato da: Scuole pubbliche; Scuole private. Perché la costituzione impone allo Stato il dovere di provvedere all’istruzione e all’educazione dei giovani. Dalla disposizione citata, che favorisce la libertà e il pluralismo dell’istruzione, si desume che in linea di massima le scuole private devono finanziarsi con mezzi propri e non possono pretendere finanziamenti dallo Stato. L’istruzione scolastica è: Sia un diritto, il cosiddetto diritto allo studio; Sia un dovere, in quanto la costituzione stabilisce un obbligo scolastico per tutti di frequentare un corso minimo di studi” per almeno otto anni”, durante i quali la scuola è “obbligatoria e gratuita”. La legge ha in seguito aumentato gli anni di obbligo scolastico previsti dalla costituzione a 10 anni. La costituzione, inoltre, tutela il diritto dei meno abbienti a progredire negli studi prevedendo il diritto delle persone capaci e meritevoli di “raggiungere i gradi più alti degli studi“, cioè la scuola superiore e l’università, anche se prive di mezzi economici. Il diritto allo studio quindi è un diritto non soltanto in senso formale ma anche in senso sostanziale perché lo Stato deve intervenire per ridurre le disuguaglianze sociali e per garantire a ogni persona la libertà di proseguire gli studi, anche se in difficoltà economiche. Infine, lo Stato si riserva il diritto di controllare i risultati dell’istruzione, in quanto sono previsti esami di Stato obbligatori per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole, alla conclusione degli studi e per l’abilitazione all’esercizio di una professione. 8. I rapporti economici Riguardano principalmente: Il lavoro: è considerato dalla costituzione come un valore fondamentale della nostra società ed è disciplinato da una serie di norme a tutela dei lavoratori, che sono ritenuti soggetti più deboli dal punto di vista economico rispetto ai datori di lavoro; La proprietà privata: riconosciuta e garantita dalla costituzione che però afferma anche che la legge deve stabilirne i limiti per assicurarne la funzione sociale e l’accessibilità a tutti e che la proprietà può essere soggetta a espropriazione per motivi di pubblico Interesse. Nell’attuale ordinamento italiano la proprietà privata non è considerata un diritto “inviolabile” perché i beni economici devono soddisfare anche l’interesse generale della collettività e l’interesse privato deve essere sacrificato a quello pubblico; L’iniziativa economica privata: la costituzione traccia le linee di un sistema di a economia mista, nel quale la proprietà dei mezzi di produzione può essere: 1. Pubblica; 2. Privata: è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o con altri valori ritenuti fondamentali. Pertanto la legge deve stabilire i programmi e i controlli opportuni per armonizzare l’attività economica privata con quella pubblica e indirizzarla verso fini sociali. 9. I rapporti politici Il corpo elettorale è formato dai cittadini i quali viene riconosciuto l’elettorato attivo, cioè il diritto di votare e di eleggere i propri rappresentanti negli organi pubblici. Il voto è: Universale: perché viene riconosciuto dalla costituzione a tutti coloro che hanno la cittadinanza italiana e che hanno compiuto 18 anni. Il riconoscimento del suffragio universale costituisce una conquista molto importante dei regimi democratici del secolo scorso; Personale: poiché deve essere esercitato direttamente da ogni elettore e non è possibile dare una delega o un mandato per votare a un’altra persona; Uguale: perché in un regime democratico il voto di ogni elettore ha lo stesso “peso” o valore del voto di qualsiasi altro lettore, indipendentemente dalle sue condizioni personali, economiche o sociali; Libero: nel senso che ogni lettore deve essere libero di votare nel modo che ritiene più giusto e opportuno, senza pressioni o condizionamenti esterni; Segreto: per garantire la libertà del voto, non deve essere possibile individuare come hanno votato i singoli elettori: il voto deve essere espresso nella cabina elettorale utilizzando un’apposita scheda prestampata; Obbligatorio: in quanto il suo esercizio non è soltanto un diritto ma anche un dovere civico, cioè un dovere collegato alla partecipazione del cittadino alla comunità politica. 10. I doveri costituzionali A questo proposito la costituzione stabilisce una riserva di legge, in quanto dispone che qualunque prestazione personale o patrimoniale, consistente cioè nel fare qualcosa nel dare qualcosa. Il principio di legalità è una garanzia per i cittadini perché soltanto il parlamento può imporre un dovere, che quindi è vincolante per i cittadini solamente se trova la propria legittimazione in una legge o in un altro atto avente forza di legge. La riserva di legge però è una riserva soltanto relativa, perché un dovere deve essere previsto in modo generale e astratto da una disposizione legislativa, ma può essere anche specificato in concreto, nei limiti stabiliti dalla legge, da un atto amministrativo. La costituzione afferma espressamente i seguenti doveri fondamentali nei confronti dello Stato: La difesa della patria: intesa non soltanto come territorio nazionale ma in generale come insieme dei valori fondamentali del nostro Stato, è definita dalla costituzione un “sacro dovere” del cittadino. la difesa del proprio paese si manifesta in primo luogo nello svolgimento del servizio militare. In Italia in passato il servizio militare si basava su un servizio obbligatorio di leva per tutti i cittadini maggiorenni di sesso maschile: al di fuori di alcuni casi per i quali era previsto il rinvio o l’esonero, il rifiuto di prestare il servizio di leva dava luogo al reato di renitenza alla leva. Dalla metà degli anni 70 del secolo scorso era stato riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza, cioè il diritto di sostituire il servizio militare armato con un servizio militare non armato o un servizio civile. Dal gennaio 2005 il servizio militare di leva è stato abolito ed è stato sostituito da un servizio militare professionale; in situazioni eccezionali tuttavia lo Stato può ordinare il reclutamento obbligatorio. Infine, la costituzione afferma che l’ordinamento delle forze armate “si informa allo spirito democratico”. Il concorso alle spese pubbliche: consiste nel pagare i tributi per finanziare i servizi pubblici diretti a soddisfare i bisogni collettivi. Questo dovere trova il proprio fondamento nel dovere di solidarietà economica. A differenza del dovere di difesa della patria, il dovere di contribuire alle spese pubbliche non riguarda soltanto i cittadini ma “tutti”. Per quanto riguarda le modalità del concorso alle spese pubbliche, la costituzione afferma due principi di carattere generale, che costituiscono il fondamento del nostro sistema fiscale: 1. “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, vale a dire alla loro capacità economica che può essere desunta dal fatto di produrre un reddito di avere un patrimonio; 2. Il sistema tributario nel suo complesso è “informato a criteri di progressività” , nel senso che chi dispone di una ricchezza maggiore deve partecipare alle spese pubbliche in modo più che proporzionale rispetto a coloro che hanno una ricchezza minore. Un problema molto attuale in Italia è la lotta all’evasione fiscale, consistente nel non pagare, in tutto in parte, i tributi dovuti in base alla legge. L’evasione tributaria è un fenomeno grave sia dal punto di vista finanziario sia dal punto di vista sociale e morale, perché costituisce una violazione del dovere di solidarietà economica. La fedeltà alla Repubblica e l’osservanza della costituzione e delle leggi: I cittadini devono essere fedeli alla Repubblica italiana e devono rispettare le norme contenute nella legge fondamentali dello Stato e nelle altre leggi, ma possono esercitare il diritto di critica e di dissenso per cercare di cambiarne il contenuto in modo democratico. in particolare i funzionari pubblici, in generale le persone a cui sono affidate funzioni pubbliche, hanno il dovere di adempiere le loro funzioni “disciplina e onore” (articolo 54), cioè di rispettare le norme giuridiche e di comportarsi con decoro e dignità, e la violazione di questo dovere può dare luogo a sanzioni disciplinari e a sanzioni penali. Nei casi previsti dalla legge i funzionari pubblici pubblici hanno l’obbligo di prestare il giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della costituzione delle leggi. Un altro dovere, è il dovere di lavorare, cioè di svolgere un’attività socialmente utile. LO STATO E GLI STATI 1. Il diritto internazionale È costituito dall’insieme delle norme giuridiche che disciplinano le comunità internazionale, cioè i rapporti tra gli Stati. Diritto internazionale pubblico: composto dalle norme che regolano i rapporti tra gli Stati; Diritto internazionale privato: formano dalle norme che disciplinano i rapporti tra i cittadini di uno Stato e gli stranieri o tra gli stranieri all’interno di un altro Stato e costituiscono una parte del diritto statale. L’ordinamento internazionale è un ordinamento giuridico: Originario: perché non deriva la sua legittimazione o validità da un ordinamento superiore; Paritario: perché tutti gli altri Stati sono considerati uguali dal punto di vista giuridico. I soggetti dell’ordinamento internazionale, cioè i destinatari dei diritti e degli obblighi posti dalle norme del diritto internazionale, sono gli Stati e le organizzazioni internazionali. Gli Stati diventano membri della comunità internazionale di diritto nel momento stesso e per effetto della loro creazione come enti politici. Uno Stato è considerato un soggetto del diritto internazionale se e quando possiede i seguenti requisiti: L’effettività: in quanto deve essere in grado di esercitare in modo esclusivo la propria sovranità su un determinato territorio e nei confronti di un determinato popolo; L’indipendenza o autonomia: in quanto il suo potere deve essere originario e illimitato. Dal punto di vista giuridico l’esistenza di uno Stato è una questione di fatto e pertanto è irrilevante l’eventuale riconoscimento o meno da parte degli altri Stati. Le organizzazioni internazionali governative sono associazioni formate da più Stati per realizzare fini comuni. Le organizzazioni di Stati sono dotate di personalità giuridica e possono essere: Universali: quando hanno scopi di interesse generale e di regola sono aperti a tutti gli Stati; Regionali: quando hanno fini di interesse locale e sono composte soltanto da Stati di una determinata area geografica. Le norme del diritto internazionale sono vincolanti soltanto per gli Stati e non per i singoli cittadini ma gli Stati hanno l’obbligo di procedere al loro recepimento, cioè di adattare il proprio ordinamento a quello internazionale con norme interne che sono giuridicamente efficaci nei confronti dei cittadini e attribuiscono loro una serie di obblighi e di diritti. Il recepimento da parte di uno Stato può essere: Un recepimento speciale: quando lo Stato emana appositi atti normativi per attuare le norme internazionali; Un recepimento generale: quando lo Stato opera un rinvio generico a tali norme. L’ordinamento internazionale è diverso da quello statale perché non esiste un’autorità superiore, in grado di stabilire norme generali e astratte ed imporne il rispetto, se necessario anche con la forza, ai singoli Stati: il diritto internazionale è un diritto volontario perché si fonda sull’osservanza spontanea da parte dei suoi destinatari. In particolare, i principali mezzi di autotutela internazionale sono: Le ritorsioni: consistenti nell’applicazione di misure sfavorevoli (Blocco delle importazioni/esportazioni) o nella revoca di misure favorevoli (Sospensione di aiuti economici/tecnici); Le rappresentaglie: quando nei confronti dello Stato degli Stati trasgressori viene adottato il medesimo comportamento che ha dato luogo alla violazione del diritto internazionale; La guerra: che però è considerata legittima soltanto in casi estremi di gravi violazioni del diritto internazionale. In secondo luogo gli Stati interessati possono presentare un ricorso alla corte internazionale di giustizia dell’aia, incaricato di garantire il rispetto delle norme internazionali. La corte di giustizia può intervenire soltanto se tutti gli Stati coinvolti sono d’accordo e non può imporre in modo coattivo le sue decisioni: pertanto anche le sentenze della corte si basano sull’osservanza volontaria da parte dei loro destinatari. 2. Le fonti del diritto internazionale Le fonti del diritto internazionale sono: Consuetudini; Trattati/convenzioni internazionali. Una consuetudine internazionale è la ripetizione generale, costante e uniforme di un dato comportamento da parte degli Stati, nei loro rapporti reciproci, con la convinzione di osservare una norma giuridica internazionale. Di regola le consuetudini sono fonti generali del diritto internazionale, in quanto creano norme vincolanti per tutti gli Stati. Un trattato internazionale è un accordo sottoscritto da due o più Stati. In relazione ai soggetti che vi aderiscono, i trattati internazionali possono essere: Bilaterali o plurilaterali: quando sono stipulati tra due Stati o più di due Stati; Aperti o chiusi: quando consentono o non consentono l’adesione successiva di altri Stati. A differenza delle consuetudini, i trattati sono fonti speciali del diritto internazionale, in quanto creano norme vincolanti soltanto per gli Stati contraenti, cioè che hanno stipulato il trattato o che in seguito vi hanno aderito. La formazione di un trattato internazionale si svolge nelle seguenti fasi: Negoziazione: consistente nelle trattative da parte dei rappresentanti degli Stati interessati; Stipulazione: consistente nella firma del trattato da parte dell’organo costituzionale che rappresenta lo Stato nei rapporti internazionali; Ratifica: consistente nella dichiarazione solenne di assumere un impegno da parte dell’organo costituzionale legittimato a impegnare lo Stato nei rapporti internazionali; Lo scambio delle ratifiche: consistente nell’ufficializzazione dell’impegno reciproco assunto da uno Stato nei confronti dell’altro o degli altri Stati. La ratifica di un trattato è l’atto di recepimento mediante il quale le norme che sono contenute in un trattato entrano a far parte dell’ordinamento giuridico dello Stato che lo ha firmato. In Italia la ratifica dei trattati internazionali e attribuiti al presidente della Repubblica. Tra le norme della convenzione è molto importante la codificazione del principio consuetudinaria, in base al quale gli accordi internazionali devono essere sempre rispettati. Da questo principio deriva la conseguenza che uno Stato non può giustificare l’inosservanza delle regole contenute in un trattato sostenendo che sono in contrasto con il proprio diritto interno. Un altro principio generale accolto nelle convenzioni è la clausola” rebus sic stantibus”: in base a questa regola uno Stato può denunciare un trattato e liberarsi dagli impegni assunti se si è verificato un cambiamento fondamentale delle circostanze di fatto esistenti al momento della stipulazione dell’accordo e se le circostanze mutate costituivano la “base essenziale del consenso delle parti“. 3. L’organizzazione delle Nazioni Unite L’ONU è un’organizzazione internazionale che ha come scopo principale quello di mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Lo statuto dell’ONU, carta di San Francisco, è stato firmato il 26 giugno 1945 e l’organizzazione è entrata formalmente in vigore il 24 ottobre 1945. L’ONU ha sede a New York, nel cosiddetto palazzo di vetro, i suoi membri sono quasi tutti gli Stati del mondo. L’Italia è entrata a far parte delle Nazioni Unite soltanto nel 1955 per l’opposizione dell’unione sovietica. L’ONU è un’organizzazione aperta a tutti gli Stati che si impegnano a rispettarne i principi e osservarne le regole e, in base all’articolo uno del suo statuto, ha i seguenti fini: Mantenere la pace e la sicurezza internazionale; Favorire le relazioni di amicizia tra le nazioni; Realizzare la cooperazione internazionale per risolvere i problemi di ordine economico, sociale, culturale o umanitario e per promuovere il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o di religione. Per realizzare i suoi obiettivi l’ONU può avvalersi: Di misure preventive: di carattere persuasivo o dissuasivo; Di misure coercitive: cioè basate sull’impiego della forza. L’adesione alle Nazioni Unite comporta infatti la rinuncia da parte di uno Stato al la minaccia o all’uso della forza delle relazioni internazionali. Tuttavia, negli ultimi anni sono emerse: Da un lato una crisi dell’ONU dal punto di vista politico organizzativo e finanziario; Dall’altro lato l’incapacità di garantire la pace e la sicurezza in alcune aree geografiche. Il limite principale delle Nazioni Unite è costituito dalla mancanza di un vero e proprio esercito nazionale, in quanto alcuni Stati hanno posto forti resistenze alle proposte di creare delle forze armate comuni sotto il controllo dell’ONU; i cosiddetti caschi blu dell’ONU sono contingenti militari nazionali che gli Stati membri o alcuni Stati membri mettono a disposizione delle Nazioni Unite per realizzare specifici interventi di pace o umanitari. Gli organi principali dell’ONU sono: L’assemblea Generale: è l’organo politico e deliberativo delle Nazioni Unite. L’assemblea generale è formata da tutti gli Stati membri: nell’assemblea ogni Stato ha diritto di voto. L’assemblea generale può provare raccomandazioni universali su qualsiasi questione o argomento rientrante negli obiettivi delle Nazioni Unite: le raccomandazioni dell’assemblea però non sono vincolanti dal punto di vista giuridico, né per gli altri organi organi dell’ONU e per gli Stati membri. di regola le decisioni dell’assemblea sono adottate a maggioranza semplice ma per alcune decisioni più importanti è richiesta la maggioranza dei due terzi; Il consiglio di sicurezza: è l’organo operativo delle Nazioni Unite, incaricato di adottare e attuare i provvedimenti concreti per mantenere la pace pace e la sicurezza nel mondo. Il consiglio è l’organo centrale dell’ONU dal punto di vista politico e militare, in quanto può votare risoluzioni che sono vincolanti. Il consiglio di sicurezza si riunisce quando viene richiesto ed è composto da 15 membri: 1. 5 Stati (Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti) sono membri di diritto e permanenti, cioè in base allo statuto e a tempo indeterminato; 2. Gli altri 10 Stati sono membri elettivi e a rotazione, in quanto sono eletti dall’assemblea tra gli Stati membri per due anni e in modo tale da garantire una rappresentanza equilibrata delle diverse aree geografiche. I membri permanenti hanno un diritto di voto sulle decisioni del consiglio, che devono essere approvate con la maggioranza qualificata di almeno nove membri e con il voto favorevole di tutti i membri permanenti. Per adottare una risoluzione quindi è necessaria all’unanimità dei membri permanenti. il diritto di veto riflette la situazione politica e militare esistente al termine della seconda guerra mondiale, ma negli ultimi anni è stata oggetto di critiche e di proposte di modifiche perché ha prodotto di fatto la paralisi dell’attività dell’ONU su questioni molto importanti. in caso di una controversia o di un conflitto internazionale che costituisca una minaccia alla pace, il consiglio di sicurezza deve: 1. Invitare gli Stati coinvolti a cercare di raggiungere una soluzione pacifica; 2. Adottare misure non implicanti l’uso della forza e ordinare e coordinare misure coercitive; La corte internazionale di giustizia: è l’organo giurisdizionale dell’ONU. La corte ha sede all’Aja ed è composta da 15 giudici di Stati diversi. la corte di giustizia giudica in base alle norme del diritto internazionale le controversie di natura giuridica tra gli Stati ma soltanto su richiesta degli Stati interessati. la corte di giustizia svolge anche una funzione consultiva, consistente nell’esprimere pareri su questioni giuridiche su richiesta dell’assemblea o del consiglio di sicurezza. Il segretario generale: rappresenta le Nazioni Unite nei rapporti esterni ed è il funzionario amministrativo di grado più elevato dell’ONU. Egli viene nominato dall’assemblea generale per cinque anni. Al segretario generale sono attribuite principalmente le seguenti funzioni: 1. La rappresentanza: nei rapporti con i singoli Stati e con le altre organizzazioni internazionali; 2. L’esecuzione: delle decisioni dell’assemblea e del consiglio di sicurezza e l’esercizio delle funzioni delegate da tali organi; 3. La direzione: dell’apparato burocratico e il coordinamento degli altri organi. In particolare, il segretario può sottoporre questioni urgenti all’esame del consiglio di sicurezza e negli ultimi anni ha svolto spesso un ruolo politico importante, di carattere informale, come mediatore internazionale tra le parti in causa. IL PARLAMENTO 1. La struttura del parlamento Il parlamento è un organo costituzionale a cui è attribuita principalmente la funzione legislativa. In base alla costituzione il nostro sistema parlamentare è un bicameralismo perfetto, in quanto il parlamento italiano è composto da due camere che hanno gli stessi poteri: Camera dei deputati; Senato della Repubblica. Le camere, però, si differenziano per i seguenti elementi: Il numero dei componenti: la camera è formata da 400 deputati elettivi, mentre il Senato è formato da 200 senatori elettivi più i senatori a vita; L’età minima, cioè il diritto di votare di essere votato: per la camera sono necessari 18 anni per essere elettori e 25 anni per essere eletti, mentre per il Senato sono necessari 25 anni per essere elettori e quarant’anni per essere eletti; Il sistema elettorale: che è su base nazionale per la camera dei deputati e su base regionale per il Senato. Il sistema bicamerale dovrebbe garantire una maggiore ponderazione, dell’attività legislativa e un controllo reciproco delle camere; di fatto produce una lentezza delle decisioni e un controllo soltanto formale di una camera sull’altra. Di regola le camere o operano separatamente, come organi distinti: Camera dei deputati —> Montecitorio; Senato della Repubblica —> Palazzo Madama. Il parlamento delibera con le camere in seduta comune soltanto nei seguenti casi previsti in modo tassativo dalla costituzione: Elezione, giuramento e messa in stato di accusa del presidente della Repubblica per alto tradimento o attentato alla Costituzione; Elezione di un terzo dei membri del consiglio superiore della magistratura e di un terzo dei giudici della corte costituzionale. Il parlamento in seduta comune si riunisce a Montecitorio, è presieduto dal presidente della camera dei deputati e la sua organizzazione è quella della camera dei deputati. A garanzia della sua indipendenza ogni camera ha un proprio regolamento, che ne disciplina l’organizzazione e deve essere approvato a maggioranza assoluta: il regolamento di una camera è una fonte primaria ma è tutelato da una riserva regolamentare, perché non può essere modificato o abrogato da una legge ordinaria o da un altro atto che equiparato. La legislatura, cioè la durata del parlamento, è di cinque anni, ma il capo dello Stato può ordinare lo scioglimento anticipato delle camere o di una camera. 2. L’elezione del parlamento La nostra costituzione afferma espressamente che “l’Italia è una Repubblica democratica” e che “la sovranità appartiene al popolo, che l’esercita nelle forme i limiti della costituzione”. La democrazia si distingue in: Diretta: definita popolare, i cittadini partecipano personalmente al governo del paese, cioè decidono le questioni di interesse collettivo; Indiretta: definita rappresentativa, i cittadini votano nelle elezioni i loro rappresentanti, che decidono le questioni di interesse collettivo. Nell’epoca moderna il popolo esercita la democrazia in prevalenza in modo indiretto. Il suffragio universale è una conquista dei regimi democratici del novecento; i regimi liberali dell’ottocento infatti si basavano su un suffragio ristretto, in quanto riservavano il diritto di voto soltanto agli uomini che sapevano leggere e scrivere e che avevano una certa ricchezza escludendo dal voto, in questo modo, una larga parte dei cittadini. In Italia il suffragio universale è stato applicato per la prima volta a livello nazionale il 2 giugno 1946, in occasione del referendum istituzionale per la scelta tra monarchia e Repubblica e del voto per l’elezione dell’assemblea costituente. Le elezioni possono dare luogo ai risultati diversi a seconda del sistema elettorale. Sostanzialmente, i modelli elettorali possono essere di due tipi: Il sistema proporzionale: l’assegnazione dei seggi è fatta in proporzione ai voti ottenuti dalle diverse liste di candidati, con eventuali arrotondamenti. Di regola il sistema in esame si basa su collegi elettorali pluri nominali, nel senso che in ogni collegio o circoscrizione territoriale sono eletti più candidati. Il sistema proporzionale presenta una maggiore democraticità, perché consente di “dare voce“ anche a partiti nuovi o più piccoli, ma può produrre un frazionamento dei partiti politici e quindi una minore stabilità governativa; Il sistema maggioritario: i seggi sono assegnati al candidato o o ai candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti in ogni collegio. Di solito il sistema in esame si basa su collegi elettorali uninominali, nel senso che in ogni collegio viene eletto un unico candidato: un sistema maggioritario può essere: 1. A turno unico: quando nel primo turno eletto in ogni caso il candidato che ha ottenuto più voti; 2. A doppio turno: quando se nel primo turno nessun candidato raggiunge maggioranza assoluta dei voti, si procede a una nuova elezione (ballottaggio) tra i due candidati che hanno avuto più voti. Il sistema maggioritario consente una maggiore stabilità governativa, in quanto produce una riduzione del numero dei partiti politici, ma presenta una minore democraticità, perché spesso le forze politiche minori possono anche essere escluse dalla rappresentanza del parlamento. Attualmente in Italia il parlamento eletto come un sistema misto in quanto i seggi sono assegnati per ⅓ circa con un sistema maggioritario e per ⅔ circa con un sistema proporzionale. La legge elettorale ha suddiviso il territorio nazionale in circoscrizione elettorale; ogni circoscrizione elettorale a sua volta è suddivisa in collegi uninominali, per la parte maggioritaria, e in collegi plurinominale, formati di regola dall’aggregazione di collegi uninominali vicini, per la parte proporzionale. L’elezione dei parlamentari avviene nel modo seguente: 232 deputati e 116 senatori sono eletti in altrettanti collegi uninominali con un sistema maggioritario; 386 deputati e 193 senatori sono eletti nei collegi plurinominale con un sistema proporzionale. Infine otto deputati e quattro senatori sono eletti nella circoscrizione estero, con un sistema proporzionale, dagli italiani residenti all’estero. La legge elettorale consente a una persona di candidarsi in un solo collegio uninominale e in non più di cinque collegi plurinominale; l’eventuale violazione di queste norme produce la nullità dell’elezione del parlamentare. Nei collegi uninominali: Un candidato può essere sostenuto da una lista oppure da una coalizione; Il seggio attribuito al collegio è assegnato al candidato che ha ottenuto più voti o al candidato più giovane nei collegi plurinominali; Ogni partito deve presentare una lista di candidati, corta (da un minimo di due a un massimo di quattro candidati) è bloccata (perché l’elettore non può esprimere preferenze all’interno del listino); Il seggio o i seggi assegnati a ogni partito sono attribuiti al candidato o ai candidati secondo l’ordine di presentazione all’interno della lista. Per evitare un frazionamento eccessivo del sistema politico la legge elettorale non prevede un sistema proporzionale puro, ma corretto da soglie di sbarramento. Alla ripartizione dei seggi nei collegi plurinominali partecipano soltanto le liste che raggiungono a livello nazionale: 3% per le liste da sole o anche, se la coalizione di cui fanno parte non raggiunge la soglia prevista, collegate ad altre liste; 10% per le coalizioni, purché almeno una delle liste collegate raggiunga il 3%. Nel corso della legislatura si può verificare la vacanza di un seggio, nel caso di dimissioni, decadenza o morte di un parlamentare, e si rende quindi necessario procedere alla sua sostituzione. In base alla legge, se il seggio vacante è: Un seggio di un collegio plurinominale, cioè nella quota proporzionale, il seggio è assegnato al primo candidato non eletto della lista stessa, in base all’ordine di presentazione; Un seggio di un collegio uninominale, cioè nella quota maggioritaria, è necessario procedere a elezioni supplenti, cioè un nuovo turno di elezioni. Infine, la nuova legge elettorale contiene alcune norme specifiche, dirette a favorire la partecipazione femminile alla vita politica e la rappresentanza di genere in parlamento, in particolare: Nei collegi plurinominale, le liste di un partito devono essere formate secondo un ordine alternato di genere e un partito non può presentare un genere nella posizione di capolista in misure superiore al 60%; Nei collegi uninominali, nessun genere può essere rappresentato in misura superiore al 60%. La quota di genere del 60% si applica a livello nazionale per la camera dei deputati e a livello regionale per il Senato. 3. L’organizzazione e il funzionamento del parlamento Ogni camera ha una propria organizzazione, formata dai seguenti organi organi: Il presidente e l’ufficio di presidenza: all’inizio della legislatura ogni camera deve leggere il presidente e l’ufficio di presidenza. Il presidente di una camera oltre a rappresentarla nei rapporti esterni, ha il compito di dirigere i lavori parlamentari e di garantire l’osservanza delle norme contenute nel regolamento. Nell’esercizio delle sue funzioni il presidente di una camera deve agire in modo imparziale o deve essere super partes, e tutelare sia la maggioranza sia la minoranza. L’ufficio di presidenza Ha la funzione di assistere il presidente di ciascuna camera nell’esercizio delle funzioni. L’ufficio di presidenza è formato da un certo numero di: 1. Vicepresidenti: che sostituiscono il presidente in caso di assenza o di impedimento; 2. Segretari: che accertano la validità delle sedute e delle deliberazioni e provvedono alla redazione dei verbali; 3. Questori: che curano i servizi interni e mantengono l’ordine delle sedute; I gruppi parlamentari: sono raggruppamenti di deputati o senatori che rappresentano i partiti politici all’interno di ciascuna camera. di solito i gruppi sono formati da parlamentari del medesimo partito, ma in ogni camera vi è anche un gruppo misto, formato dai parlamentari che non vogliono entrare a fare parte del gruppo di alcun partito. Ogni gruppo deve eleggere al suo interno un presidente: i presidenti dei gruppi parlamentari formano la conferenza dei capigruppo; Le commissioni: sono gruppi ristretti di deputati o di senatori competenti in alcune materie, indicate dalla legge o dai regolamenti. In generale l’attività parlamentare si può svolgere: 1. In aula: davanti a tutti i membri di una camera (plenum); 2. In commissione: alla presenza soltanto dei commissari che ne fanno parte. Con una legge apposita è possibile costituire anche commissioni bicamerali, formate insieme da deputati e senatori, con compiti consultivi e di controllo. Dalle commissioni permanenti si distinguono le commissioni speciali, che si sciolgono una volta compiute il loro compito o scaduto il termine finale. Sono commissioni speciali anche le commissioni di inchiesta, incaricate di svolgere indagini su materie di pubblico interesse. In base alla costituzione, una commissione di inchiesta: 1. Agli stessi poteri e gli stessi limiti dell’autorità giudiziaria, in quanto può richiedere i documenti, ascoltare i testimoni, effettuare sopralluoghi; 2. Al termine delle indagini non pronuncia una sentenza ma presenta una relazione al parlamento, che potrà adottare in seguito i provvedimenti opportuni; Le giunte: si occupano dell’organizzazione interna della camera di appartenenza del funzionamento dell’attività parlamentare. Le giunte più importanti presso ciascuna camera sono: 1. La giunta per il regolamento: che esprime pareri al presidente sull’interpretazione del regolamento e può presentare proposte di modifica; 2. La giunta delle elezioni: che controlla i risultati delle elezioni e giudica sulle cause di ineleggibilità o di incompatibilità; 3. La giunta per le autorizzazioni e le immunità: che autorizza i provvedimenti restrittivi della libertà personale e i procedimenti nei confronti di un deputato o di un senatore. Ogni camera può deliberare se è presente in aula la maggioranza dei suoi membri. Di regola, una deliberazione di una camera è approvata se vota a suo favore la maggioranza dei presenti alle votazioni; in alcuni casi è necessario il voto favorevole della maggioranza assoluta di una camera mentre in altri casi è richiesto una maggioranza qualificata, superiore a quella assoluta. In base ai regolamenti parlamentari, di regola le votazioni devono avvenire con uno scrutinio palese, che consente agli elettori di sapere come ha votato ogni singolo deputato senatore ed evita il fenomeno dei cosiddetti franchi tiratori. Il ricorso allo scrutinio segreto è ammesso soltanto in via eccezionale nel caso di valutazioni: 1. Relative alle persone, come le elezioni di altri organi e l’autorizzazione a procedere all’arresto o ad altre misure restrittive di un parlamentare; 2. Su alcune materie sensibili indicate nei regolamenti, se viene richiesto da un determinato numero di deputati o di senatori indicato nei regolamenti. In ogni caso il voto segreto non è mai ammesso per le leggi tributarie e di bilancio, cioè per le decisioni in materia di entrate e spese pubbliche. Di regola le sedute del parlamento sono pubbliche, in modo tale da consentire un controllo da parte degli elettori sui lavori parlamentari. In casi particolari una singola camera o il parlamento a camere riunite può deliberare di escludere il pubblico e di riunirsi in seduta segreta.