Riassunto del Manuale di Linguistica Italiana PDF

Summary

Questo documento è un riassunto del manuale di linguistica italiana di L. Serianni. Analizza le origini dell'italiano, il suo sviluppo storico e la sua diffusione, esaminando i fattori che hanno contribuito alla sua formazione e all'unificazione. Parla anche dell'influenza del latino, del greco, del medioevo, e l'importanza della letteratura nella formazione della lingua italiana.

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MANUALE DI LINGUISTICA ITALIANA 1.Alle radici dell'italiano 1.1 Alle radici dell'italiano L'italiano è una lingua di origine indoeuropea. Verso la fine del secondo millennio, le popolazioni parlati quel dialetto indoeuropeo che poi sarebbe diventato il latino si stanziarono in Italia. L'etrusco e...

MANUALE DI LINGUISTICA ITALIANA 1.Alle radici dell'italiano 1.1 Alle radici dell'italiano L'italiano è una lingua di origine indoeuropea. Verso la fine del secondo millennio, le popolazioni parlati quel dialetto indoeuropeo che poi sarebbe diventato il latino si stanziarono in Italia. L'etrusco e l'osco-umbro hanno una notevole influenza sul latino soprattutto in ambito lessicale. Ma decisivo fu l'influsso esercitato dal greco. Persino l'alfabeto latino è chiaramente apparentato con gli alfabeti greci occidentali usati nelle colonie dell'Italia meridionale e in particolare a Cuma (antica città della Campania). Il greco al latino ha fornito molto parole e soprattutto l'impalcatura concettuale di molto lessico astratto. Ciò è accaduto: -attraverso l'assegnazione di nuovi significati a parole già esistenti -tramite nuove formazioni - per esprimere nozioni estranee ala cultura pagana -per sostituire termini latini troppo compromessi col paganesimo 1.2 Il latino volgare L'italiano deriva dal latino e appartiene alla famiglia delle lingue romanze o neolatine, ma solo una parte de vocabolario latino è arrivata fino a noi senza soluzioni di continuità. L'assegnazione dell'aggettivo classico al termine latino si deve al grammatico ed erudito Aulo Gellio, che applicò alla letteratura la decisioni della popolazione in diverse “classi ” economiche. Questa, il latino, è una lingua viva che si modifica in rapporto a diversi fattori: il trascorrere del tempo, lo spazio geografico, il livello socioculturale: -Diacronica:esaminare i cambiamenti che sono avvenuti nel corso del tempo -Diatopica: cambiamenti determinati nello spazio -Diastratica: dello stato sociale -Diamesia: a secondo del canale di comunicazione che viene usato per trasmettere un dato messaggio. Le vocali nell'articolare l'emissione d'aria, sfruttano la cavità orale come cassa di risonanza, non incontrano ostacoli. Le consonanti nella realizzazione invece, l'aria incontra un ostacolo. Le vocali si distinguono in base alla posizione che la lingua assume durante l'articolazione: --Centrale, la A , la lingua è sul pavimento della bocca. --Anteriori o palatali, la è(aperta), la é(chiusa) e la ì, la lingua è avanzata e sollevata rispetto al palato duro. --Velari, la ò, e la o chiusa e la u, lingua in posizione arretrata e sollevata in corrispondenza al palato molle. Le consonanti si dividono in tre parametri: – modo di articolazione, occlusiva, costruttiva, fricativa, affricata – luogo di articolazione labiali, labiodentali,dentali, alveolari, palatali,velari. – Carattere orale o nasale del suono sorde e sonore. Due semiconsonanti, la (ind) palatale o la (wau) velare. 2. Formazione e diffusione dell'italiano 2.1 Linguistica interna e esterna Distinzione tra linguistica interna e esterna. La linguistica interna studia l'evoluzione di una lingua del punto di vista delle sue strutture, senza tener conto delle circostanze storiche e culturali. Per spiegare l'evoluzione dell'articolo determinativo maschile dal fiorentino la scelta tra io e il e l' era determinativa della posizione all'interno della frase. La linguistica esterna si occupa dei fattori esterni che agiscono sulla lingua condizionandone lo sviluppo. I fattori esterni sono di 3 tipologie: – Extraculturali: configurazione geografica e trasformazione del territorio, influiscono in misura limitata sull'evoluzione linguistiche. – Fattori culturali in senso lato, come i fenomeni economici e demografici o gli eventi storico politico e militari, influiscono sull'evoluzione linguistica in maniera più evidente. – Fattori culturali in senso stretto,più direttamente e più in profondità sulla lingua. 2.2 Il policentrismo medievale Il latino nel medioevo ha dato vita a diverse lingue , ma grazie al prestigio delle opere di Dante, Petrarca e Boccaccio ha portato molto presto a riconoscere il toscano trecentesco il modello linguistico da imitare nella scrittura. 2.3 L'ascesa del ceto mercantile e le cancellerie Nel corso del medioevo comincia ad affermarsi una nuova classe sociale: quella dei mercanti,che per esigenze professionali usa scrivere in volgare. Durante la sua formazione, il mercante impara l'aritmetica, la ragioneria e acquisisce abilità grafica che gli permette di scrivere (posto molto importante perché dovevano comunicare tramite lettere con le filiali della sua azienda dislocate in varie parti d'Italia, in Europa e nel mediterraneo). La specificità dei diversi volgari usati dai mercanti emerge con chiarezza, invece, negli scritti non dettati da necessità professionali come i libri di famiglia: libri di ricordi i cui i capifamiglia, di generazione in generazione, annotano nascite, morti,matrimoni e altri avvenimenti e alle cui pagine affidavano talvolta l'espressione dei propri sentimenti. Nel trecento, con il passaggio dai comuni alle signorie, ogni stato regionale si dota di una cancelleria che gestisce la corrispondenza, scrive atti pubblici , leggi, statuti e patti di varia natura. Anche in questo caso, è la necessità di tenersi in contatto con le cancellerie delle altre corti italiane a stimolare la ricerca di una soluzione linguistica di conguaglio, in cui l'attenzione dei tratti marcati in senso dialettale si risolve in una patina linguistica genericamente settentrionale o meridionale, a seconda dei casi. Ai cancellieri che vogliono scrivere ,messaggi comprensibili oltre i confini della corte di appartenenza, vengono in soccorso da un lato il latino; dall'altro il toscano, che va affermandosi progressivamente come lingua di prestigio. 2.4 La formazione della lingua letteraria In una situazione di plurilinguismo come quella che si osserva nell'Italia basso medievale, il,toscano conquista una posizione di prestigio soprattutto perché la produzione letteraria toscana po' contare su autori e opere percepiti da subito come modelli. Del resto è proprio Dante ,nel De vulgaris eloquentia, a discutere per la prima volta dell'esistenza di una lingua comune, sia pure su base esclusivamente letteraria e fondata principalmente sul linguaggio poetico. Il de vulgaris eloquentia rimasto incompiuto a metà del 2 libro, è la prima trattazione organica riguardante il volgare, ma è scritto in latino perché si rivolge alla comunità dei letterati. Il merito principale di dante è quello di aver colto le potenzialità del volgare, una lingua giovane la tempo in cui dante scriveva il suo poema maggiore, e di averlo plasmato fino a diventare uno strumento linguistico versatile , adatto alla trattazione degli argomenti più disparati. Nel de vulgaris eloquentia , Dante passa in rassegna le 14 varietà idiomatiche da lui individuate che vengono presentati attraverso esempi e che mettono in evidenza i tratti distintivi dei singoli volgari. Divide il toscano in 5 varietà: fiorentino, pisano, lucchese, senese, e aretino.Nella commedia dante fa tesoro delle esperienze letterarie precedenti e ricorre spesso a forme e parole estranee all'uso di Firenze. Nel canzoniere Petrarca si serve di una lingua selezionatissima, elegante e rarefatta e si mantiene quasi costantemente su un unico registro stilistico,elevato e antirealistico. Nel Decameron, Boccaccio mette a punto un impasto linguistico che coincide essenzialmente con il fiorentino parlato delle persone colte, con qualche apertura a forme e parole di altri volgari quando lo richiede la caratteristica di singoli personaggi. 2.5 La codificazione grammaticale Il 500 è il secolo della questione della lingua e su quale debba essere la lingua letteraria comune in Italia: – uso del lati come unica lingua letteraria. – Uso della lingua cortigiana. Equiola, lingua scritta molto latineggiante usata nella corte romana;Castiglione, lingua italiana basata su quella scritta dai gentiluomini della corti italiane, basata sull'antico toscano. – Posizione italianista, Trissino sulla base di una sbagliata interpretazione del De vulgaris eloquentia che sostiene che Dante e Petrarca avessero scritto in italiano e non in fiorentino. – Fiorentinisti, come Machiavelli, sulla naturale superiorità del fiorentino vivo. – Bembo, si doveva imitare Petrarca in poesia e Boccaccio in prosa, offre un modello grammaticale e stilistico molto preciso. Edizioni Aldine: libri pubblicati dalla stamperia veneziana dell'umanista Aldo Manuzio. Sono due opere fondamentali per la definitiva affermazione del volgare: le cose volgari (Canzoniere) di Petrarca e Le terze rime (commedia) di Dante. Erano in formato piccolo maneggevole tipico dei primi libri tascabili. Carattere corsivo noto come italico. Introduzione di molti segni interpuntivi,apostrofo, punto e virgola, accenti. Abolizione nelle opere volgari delle grafie latineggianti. 2.6 Fattori di unificazione Nel corso del 500 , dunque, l'italiano letterario sta acquistando una fisionomia unitaria grazie alla diffusione delle teorie bembiane e alla loro applicazione nella nascente industria libraria. Non si può dire lo stesso per la lingua parlata. Tra il 500 e 800 si possono individuare alcuni fattori che contribuiscono alla formazione di un modello comune anche per l'italiano parlato. I principali sono la predicazione religiosa, la stampa e la diffusione di una letteratura pensata per un pubblico popolare, il teatro e in particolare il successo del melodramma. La produzione libraria è resa possibile dall'introduzione della stampa. I libri si rivolgono ad una vasta platea di lettori scarsamente alfabetizzati, ma comunque in grado di leggere. Infatti già dal primo 500, si segnalano opere narrative e in generale poemi cavallereschi; o come i testi che appartengono al genere della letteratura di viaggio. Il fenomeno della letteratura di consumo esplode però tra la fine del 700 e l'inizio del 800 con l'affermazione del romanzo. Per quanto riguarda il teatro l'innovazione del parlato teatrale è attribuita a Goldoni questo consiste nella costruzione di una lingua composita, che accoglie, nelle sue opere in italiano, regionalismi, forme dialettali non plebee, modi colloquiali toscani, parole auliche e anche francesismi. 2.7 L'unità d'Italia Con la proclamazione del regno d'Italia (17 marzo 1861) l'Italia si unifica. Resta però ancora lontana l'unificazione della lingua che si unificherà dopo un pò di anni. I fattori principali che nel tempo hanno contribuito all'unificazione linguistica sono stati: – la creazione di un apprato amministrativo e burocratico – l'istituzione della leva nazionale obbligatoria – l'urbanizzazione – l'industrializzazione – la nascita della scuola, che porta all'eliminazione dell'analfabetismo. – L'emigrazione interna e esterna – la nascita di nuovi mezzi di comunicazione capaci di raggiungere un pubblico molto vasto (televisione) 2.8 Scuola e alfabetizzazione Con l'unità d'Italia il problema dell'adozione della lingua diventa per la prima volta una questione politica. Nel 1868 il ministro Emilio Broglio nomina una commissione guidata da Alessandro Manzoni. Secondo il quale i maestri elementari avrebbero dovuto essere di origine Toscana o se non toscani, formati anche mediante soggiorni studio in Toscana. Però dobbiamo dire anche che nel periodo del regno d'Italia, e quindi di Manzoni, l'istruzione elementare non era ancora obbligo e quindi frequentata da una scarsa percentuale delle popolazione. Manzoni comunque da un contributo decisivo all'apprendimento nei banchi di scuola grazie al suo romanzo i promessi sposi. Oltre a questo dobbiamo considerare la fortuna anche di altri due libri Cuore di De Amicis e Pinocchio di Collodi che si affiancano ai testi scolastici. 2.9 Le migrazioni Come si è detto, le migrazioni interne verso le aree più progredite del paese contribuiscono a un indebolimento dei dialetti e, soprattutto, innescano un meccanismo di promozione sociale. Questo accade perché chi abbandona le aree rurali per trasferirsi in una grande città viene in contatto con una realtà nuova, che offre maggiori possibilità in fatto di istruzione, di socialità, di cultura. Ma gli emigrati non abbandona il dialetto per l'italiano nemmeno in terra straniera , e nell'arco di due o tre generazioni perdono il contatto linguistico con la terra di origine. Una prima conseguenza dei flussi migratori è la riduzione del numero degli analfabeti presenti in Italia: a lasciare la madrepatria, infatti sono soprattutto le fasce più povere dei ceti rurali del sud. 2.10 I mezzi di comunicazione di massa Con la nascita della società industriale e urbanizzata, migliorano notevolmente in Italia le condizioni di vita: aumentano i redditi individuali e le disponibilità di tempo libero e cresce il livello di alfabetizzazione. Ne deriva una maggiore diffusione degli strumenti di informazione e degli spettacoli. Nascono così i mezzi di comunicazione di massa o mass media: stampa periodica o quotidiani, radio, cinema e televisione. I primi giornali nascono alla fine del 700 e all'inizio del 800 nascono grandi quotidiani come” La stampa” e “ Il corriere della sera”. La radio, il cinema, e la televisione agiscono sulla diffusione dell'italiano molto più dei giornali, perché sono in grado di raggiungere anche la popolazione analfabeta. Dalla nascita fino all'avvento del neorealismo, il cinema sonoro si serve di una lingua lontana dall'uso reale e prossima invece al parlato teatrale: una lingua aulica, con rare aperture al dialetto urbano. La radio contribuisce a diffondere una lingua standardizzata, vicina all'italiano letterario e lontana dalla spontaneità del parlato,perché i testi sono scritti per essere letti. La televisione, entrata nelle case degli italiani nel 1954, diventa ben presto più popolare della radio(che non può abbinare alla parola la forza delle immagini). Anche la pubblicità si può considerare un mezzo di comunicazione di massa, forse per certi versi il più invasivo, grazie a i suoi tormentoni. Infine, va menzionato il fenomeno, tutto novecentesco, della musica leggera (la canzonetta melodica nata dal melodramma). 3. Italiano e dialetti 3.1 La frammentazione linguistica della penisola Il Sostrato: si indica la situazione linguistica di interferenza in cui si trova una popolazione alla quale viene imposta una nuova lingua. Quando il latino iniziò a diffondersi di pari passo con le conquiste romane, migliaia di persone che parlavano lingue molto diverse tra loro dovettero apprendere l'idioma dei conquistatori. Il loro sostrato, ovvero la persistenza delle lingue originarie, influenzò nel tempo il loro uso del latino. Nell'area italiana si può quindi parlare del sostrato etrusco, osco-umbro, sannita,celtico e via dicendo. 3.2 Dai volgari ai dialetti La distinzione tra dialetto e lingua è del tutto convenzionale. Anche il dialetto è in realtà una lingua: lo dimostra il fatto che alla base dell'italiano c'è un dialetto- il fiorentino-elevato poi a lingua nazionale. Si può parlare di dialetto solo nel 500. Ma è tra la fine del 600 e l'inizio del 700 che si prende coscienza della differenza tra italiano e dialetto, anche grazie al fiorire di un vasta letteratura dialettale consapevolmente alternativa a quella in lingua. Le aree isolate:si tratta di aree geografiche e storicamente appartate, a causa di particolari condizioni geografiche che ostacolavano o impedivano comunicazioni frequenti. La nozione di area isolata è importante per gli studi linguistici: l'isolamento di alcune aree, ha garantito la conservazione di fenomeni linguistici arcaici di cui, non avremmo avuto testimonianza. 3.3 L'affermazione del Fiorentino La fortunata proposta,fatta da Bembo nel 1525, di fondare la lingua scritta sul fiorentino letterario del 300 e in particolare su quello usato da Petrarca e Boccaccio nei loro capolavori, segnò una svolta nella storia della nostra lingua. Bembo,raffinato umanista veneziano, non propose come modello il fiorentino a lui contemporaneo, ma guardò a una lingua antiquata,artefatta,libresca, che potesse, un po' come il latino, offrire regole sicure perché tratte da modelli inalterabili. Una lingua pensata per le esigenze della comunicazione scritta, e in effetti usata per secoli quasi soltanto nello scritto. Il fiorentino argenteo: Arrigo Castellani ha definito fiorentino argenteo il fiorentino successivo all'età “aurea” (il trecento di Dante,Petrarca e Boccaccio) e argentismi le forme del fiorentino 400- 500 accolte in italiano. 3.4 L'uso riflesso del dialetto Per uso riflesso s'intende qualsiasi uso non spontaneo del dialetto e in particolare la sua trasposizione a fini d'arte. Naturalmente gli autori della letteratura dialettale riflessa non sono dei dialettologi: il dialetto non è riprodotto scientificamente , ma vieni di solito forzato o deformato per ragioni stilistiche. La definizione di questo tipo di produzione letteraria si deve a Benedetto Croce. I più antichi esempi della parodia della parlata altrui sono: Cecco Angiolieri e Cielo D'Alcacamo. Nella commedia 500 si offre come il luogo privilegiato per dar voce alle parlate escluse dalla cittadella letteraria. Nel cinema, l'uso del dialetto viene introdotto dapprima sotto l'influsso delle sceneggiature napoletane, poi con la grande stagione del neorealismo (1900). La competenza linguistica: è il grado di padronanza che un parlante potenzialmente possiede di una lingua. Si distinguono, in particolare, una competenza attiva (capacità del parlante di produrre atti linguistici appropriati in una data lingua) e una competenza passiva (capacità del parlante di comprendere gli atti linguistici prodotti da un interlocutore in una data lingua).La competenza linguistica può essere valutata anche rispetto all'opposizione italiano-dialetto e può essere valutata anche nell'ambito della scrittura. 3.5 Chi parla il dialetto oggi?? Al momento dell'unità d'Italia, la gran parte della popolazione parlava e capiva soltanto il dialetto. Alla base della scarsa diffusione dell'italiano c'era l'analfabetismo, e funzionava male la principale arma che avrebbe potuto sconfiggerlo: la scuola. Dalla metà del 900 la situazione è cambiata grazie all'avvento della televisione che ha svolto un ruolo fondamentale nel diffondere un modello comune di italiano parlato. Bilinguismo: compresenza nel repertorio di un parlante o di una comunità di due codici linguistici diversi ma di pari dignità. Diglossia: ai codici vengono assegnati ruoli e ambiti di uso differenziati a seconda delle situazioni comunicative e delle variabili diafasiche. Isoglossia: l'insieme dei punti di un'area che presentavano lo stesso fenomeno linguistico. Nuova concezione e nuovo uso del dialetto usato per soddisfare i più vivaci bisogni espressivi: – Dialetto per dispetto: uso del dialetto come trasgressione nei confronti della norma. – Dialetto per difetto: connotare personaggi negativi. – Dialetto per idioletto: lingua d'autore, perciò in grado di raccontare un mondo a parte. – Dialetto per diletto: molla della comicità. Il dialetto viene anche usato nella poesia e nella musica. 3.6 I dialetti d'Italia: il Settentrionale L'isoglossa è l'insieme dei punti di un'area che presentano lo stesso fenomeno linguistico. Di conseguenza, per quanto utile dal punto di vista esplicativo,la linea non può che essere un'astrazione: la linea La Spezia-Rimini, per esempio, non corre affatto diritta da una città all'altra, separando i dialetti settentrionali da quelli mediani: è piuttosto un groviglio di linee che si accavallano ininterrottamente. E lo stesso vale per la linea Roma- Ancona, che separa i dialetti mediani da quelli meridionali. La Metafonesi: consiste nel mutamento di timbro della vocale tonica di una parola per influsso della vocale della sillaba finale. Il fenomeno è largamente diffuso nei dialetti italiani, ma è estraneo al toscano. La metafonesi settentrionale consiste: – nella chiusura di é e o rispettivamente in i e u per lo più per influsso di i finale. – Nel dittongo di è in jè e di ò in wò per influsso della i finale. 3.7 I dialetti d'Italia: il Centro e la Toscana I dialetti mediani sono caratterizzati soprattutto da tre fenomeni rilevanti: – la metafonesi (quisto e signuri) e in parte la metafonesi sabina(vecchio e boni) – la conservazione della distinzione latina tra O e U finali, per cui, accanto a forme come omo uomo da homo, si hanno forme come munnu mondo da mundium – il neoneutro in o che è alla base di opposizioni del tipo lo ferro (neutro che indica il metallo in astratto) e lu ferru (maschile che indica un oggetto specifico). I dialetti toscani sono distribuiti su quattro aree: l'area fiorentina; l'area toscana-occidentale (Pisa, Lucca, Pistoia); l'area senese, l'area aretino-chianaiola (Arezzo, Cortona). Si possono tuttavia individuare alcuni fenomeni comuni tipici: – l'assenza della metafonesi; – il dittongamento di è E ò toniche in sillaba libera (lieve e buono); – la riduzione di RJ a J (fornaio); – il passaggio a costrittive delle affricate palatali sorde e sonore: la tipica pronuncia toscana di parole come ceci o pigione; – la cosiddetta Gorgia:consiste nell'alterazione delle occlusive sorde intervocaliche, che può portare alla spirantizzazione, alla aspirazione o alla scomparsa (amio). 3.8 I dialetti D'Italia: il Mezzogiorno Tra i fenomeni che caratterizzano i dialetti alto-meridionali(Marche, Lazio, Abruzzo, Aquilano, Molise, Campania, Puglia, Calabria),possiamo citare: – La metafonesi e il dimensionamento metafonetico. – L'indebolimento delle vocali finali,che possono confluire in un'unica vocale evanescente detta “schwa” oppure cadere del tutto. – La spirantizzazione di B anche in posizione iniziale – Le assimilazioni progressive (napoletano quanné-- quando) – Il pronome soggetto di 3 persona. Ai dialetti meridionali estremi (Salento, Calabria meridionale, Sicilia), questi dialetti si distinguono: – Per il sistema vocalico di tipo siciliano, in cui spiccano l'esito i da I, I, E e l'esito U da U, U, O. – Per la conservazione delle vocali finali. – Per la pronuncia cacuminale di dd. – Per la pronuncia fricativa alveolare di r, str, tr. 3.9 Dal dialetto all'italiano regionale Tra italiano e dialetto non ci sono confini netti, bensì un condizionamento reciproco. Le principali varietà di italiano regionale sono: – l'italiano settentrionale – l'italiano centrale – l'italiano meridionale – l'italiano di Sardegna. Metaplasmo: consiste nel passaggio di una parola a una classe morfologica diversa da quella originaria. Si può avere metaplasmo di genere, di declinazione, o di coniugazione. 3.10 Parole dialettali passate in Italiano Il patrimonio lessicale dell'italiano è in costante espansione e un apporto notevole è venuto dai vari dialetti. Un calcolo fatto da Pietro Trifone ha mostrato che più della metà delle parole dialettali sono entrate nell'italiano dopo l'Unità d'Italia. 4.Scritto e parlato 4.1 Lingua scritta e lingua parlata Sarebbe erroneo credere che scritto e parlato siano l'uno lo specchio fedele dell'altro: obbediscono infatti a leggi,esigenze,modalità espressive e semiotiche diverse. Nello scritto il destinatario può essere anche molto lontano nel tempo e nello spazio. Il parlato invece è strettamente legato al qui e ora della situazione comunicativa. Nell'architettura di un testo, la coesione è la qualità che fa riferimento alle sue connessioni sintattiche e morfologiche, comunque formali; la coerenza è invece la qualità che riguarda i legami logici e semantici, comunque sostanziali. Esistono diverse tipologie di parlato: – Parlato spontaneo e parlato programmato. – Parlato monologico e parlato dialogico. – Parlato in presenza e parlato in assenza di interlocutori. Le funzioni linguistiche secondo Roman Jakobson: Nella comunicazione intervengono 6 fattori: – l'emittente – il ricevente – il messaggio – il canale o il mezzo – il codice – il contesto Egli individua anche 6 fattori della lingua: – emotiva,suscita emozioni e sentimenti – conativa, si orienta sul destinatario – poetica, il messaggio è orientato su se stesso – fatica,la lingua si concentra su canale – metalinguistica, la lingua parla di se stessa – referenziale o rappresentativa,descrive la realtà in modo tendenzialmente oggettivo. 4.2 Due punti di vista diversi Se mettiamo per iscritto un brano del parlato spontaneo,riceveremo subito un'impressione di scompaginamento sintattico e testuale:quello che detto sembrava normalissimo, scritto ci appare intollerabilmente confuso. Ciò accade perché il testo scritto è abitualmente diviso in capitoli, paragrafi,capoversi e perché al suo interno i confini tra le frasi sono ben delimitati dalla punteggiatura; la sintassi è serrata e precisa; il lessico tende a evitare ripetizioni inutili. Il parlato sopperisce alla mancanza di una rigida coesione testuale e sintattica, avvalendosi di mezzi non linguistici come la prossemica e al gestualità. La prossemica è il codice che utilizza in funzione comunicativa lo spazio tra gli interlocutori. La gestualità comprende, invece, la mimica, e l'insieme dei gesti,dei movimenti del corpo. Tramite un gesto possiamo dare un senso molto diverso alla frase che pronunciamo. Non va poi trascurata nel parlato: L'intensità, il ritmo, l'intonazione (tramite questa non solo diamo senso interrogativo, affermativo, esclamativo o ingiuntivo alle frasi che pronunciamo, ma possiamo enfatizzare segmenti della nostra frase). Tipica de parlato è la deitticità, ovvero il legame di ogni enunciato con il contesto extra linguistico, elementi linguistici tramite i quali possiamo determinare con precisione lo spazio, il tempo o il protagonista. Se i deittici rimandano al contesto linguistico, si dicono coesivi. 4.3 La grammatica del parlato Il parlato come si è detto è dominato dalla detiicità: la sua prima caratteristica è il forte legame con il contesto extraverbale che, essendo immediatamente evidente ai locutori, rimane implicito nel discorso. Una parte importante ha nel dialogo anche la presupposizione, con cui si allude a conoscenze date per condivise. Tipici del parlato sono i segnali discorsivi, vale a dire: – formule di attenuazione (per dire) – formule di esitazione(mhm,vediamo) – formule di esemplificazione(mettiamo) – formule di riformazione della frase (voglio dire) – formule di controllo dell'avvenuta ricezione (mi senti?) – demarcativi con la funzione di aprire o chiudere un discorso (a presto) Il contenuto informativo di una frase è strutturato in tema e rema. Il tema è ciò di cui si parla, il rema è ciò che si dice riguardo al tema. Il tema può essere messo in risalto da una censura intonativa. Le nozioni di tema vanno distinte da quella di dato e nuovo. Dato (informazione nota, presupposta come tale da chi parla) e nuovo (l'informazione presentata come nuova). 4.4 Gli atti linguistici Ogni enunciato costituisce anche un atto linguistico. Perché la comunicazione abbia luogo, l'interlocutore deve allora possedere una competenza pragmatica, ovvero la capacità di comprendere l'effetto degli enunciati linguistici sul contesto comunicativo, effetto basato sostanzialmente su convezioni comunicative,cioè su regole implicite e variabili da cultura a cultura. Grazie quindi alla competenza linguistica possiamo quindi decodificare l'atto linguistico e rispondere correttamente. Atti illocutivi: se le parole vanno riprese per quello che significa alla lettera, in senso scherzoso, ironico sarcastico.(l'azione che si compie nel dire qualcosa) Atti perlocutivi: sono quelli che producono effetti diretti, sono espressioni fisse che, in condizioni di buona riuscita, hanno il potere di ottenere l'effetto che quelle parole descrivono.(l'effetto ottenuto con il dire qualcosa) Atti locutivi: l'atto del dire qualcosa. 4.5 La conversazione Le conversazioni avvengono tra due interlocutori. Secondo Grice esistono 4 massime conversazionali: – qualità (fornire un contributo vero) – quantità (non essere reticenti ne ridondanti) – relazione (essere pertinenti) – di modo (evitare oscurità e ambiguità) I locutori riescono a capire quando l'altro sta per terminare il suo turno e in quale momento,detto punto di rilevanza transizionale, PRT, e in genere è contrassegnato da un abbassamento di voce. I locutori si servono spesso di strutture fisse dette sequenze complementari,sono realizzate dagli interlocutori in due turni a una domanda seguirà una risposta; a un saluto, un altro saluto. 4.6 I registri del parlato Il parlato si articola in una gamma di registri dominata da tre parametri:diafasia, diastratia, diatopia. Sta inoltre mutando l'atteggiamento psicologico nei riguardi del dialetto: un tempo avvertito come socialmente e culturalmente squalificante, il dialetto viene oggi usato anche dalle persone colte nel registro affettivo,scherzoso,informale. Rispetto alla situazione comunicativa il parlato può quindi essere formale o informale. Il parametro della diastratia (cioè la differenza legata ai diversi strati sociali),che fino a non molti anni fa influiva in maniera drastica sui comportamenti linguistici, oggi sembra operare in maniera trasversale. La peculiare situazione dialettale italiana, infine , fa si che il parametro della diatopia (tratti linguistici locali o regionali o dialetto tout cuort) emerga con forza non appena si verifica un abbassamento degli altri due livelli. 4.7 Il parlato italiano contemporaneo:suoni e forme Quello dei suoni è il settore nel quale le abitudini linguistiche di tipo regionale mostrano una tenuta maggiore, anche in parlanti di elevato livello socioculturale. È facile verificare come proprio della pronuncia sia possibile indovinare l'area di provenienza di un parlante. L'ortoepia, cioè il modo corretto di pronunciare l'italiano va considerata norma tassativa solo da chi fa della lingua parlata un uso professionale. Nel campo delle forme grammaticali è in atto, nell'italiano contemporaneo, una forte tendenza alla semplificazione. 4.8 Il parlato italiano contemporaneo:la sintassi Nell'uso dei pronomi relativi ha ormai perso molto terreno il quale a favore di che. Il che funge da subordinante generico, indicherebbe la presenza di una subordinata. Nel parlato l'ordine non marcato(soggetto-verbo- oggetto) risulta spesso alterato: – Topicalizzazione contrastiva: l'elemento dislocato viene sottolineato dall'intonazione. – Tema libero: centro semantico emozionale della frase collocato in apertura di frase. – Dislocazione a sinistra dell'oggetto e dei componenti indiretti espressi. – Dislocazione a destra. – Frase scissa: l'elemento viene messo in evidenza da una voce del verbo essere + che. – Il tipo c'è + che. 4.9 Il parlato italiano contemporaneo:le parole Fondamentali nel parlato sono i segnali discorsivi che hanno anche la funzione di connettivi. Frequenti sono anche le locuzioni colloquiali, familiari, gergali o di diffusione regionale; tanto più numerose quanto più informale è la situazione comunicativa. Si registra inoltre una significativa presenza di: – vocaboli generici – espressioni di quantità – alcuni aggettivi utilizzabili in accezione sia positiva sia negativa – diminutivi affettivi,semanticamente vuoti, come momentino, pensierino regalo o attimino – espressioni colorite di esclamazione o di imprecazione, fino al turpiloquio – l'apporto del linguaggio giovanile – termini della psicanalisi classica – ricorso a suffissi e prefissi – linguaggio tecnologico 4.10 Il parlato nello scritto Solo in anni recenti l'attenzione degli studiosi si è rivolta allo studio dell'italiano parlato del passato; uno studio che, paradossalmente, è costretto a ricorre allo scritto come unica testimonianza superstite. É stato così possibile appurare che alcuni costrutti tipici anche oggi del parlato affondano le loro radici nelle fasi più antiche della lingua italiana. Dalla seconda edizione dei Promessi sposi e in maniera ancor più accentuata con il Verismo e in particolare con i Malavoglia di Giovanni Verga, la prosa narrativa italiana è andata incontro a un progressivo avvicinamento al parlato, a una lingua volutamente dimessa, media, colloquiale. 5.Le lingue speciali 5.1 Cos'è una lingua speciale Una lingua speciale è una varietà di lingua caratterizzata da alcune particolarità: – riflette generalmente un sapere specialistico, condiviso da una minoranza di esperti. – Utilizza tratti linguistici propri della lingua di riferimento – tende, a essere univoca, cioè a stabilire un rapporto preciso e costante tra parole e cose. Tra le caratteristiche delle lingue speciali che esulano dall'ambito lessicale, si possono menzionare: – il potenziamento del nome rispetto al verbo – la deagentivizzazione, cioè la preferenza per le frasi senza soggetto esplicito o, al passivo, senza complemento d'agente – l'altro grado di coesione testuale, ottenuto tramite un continuo riferimento anaforico. Il numero delle lingue speciali è potenzialmente aperto: alcune hanno un grado di tonificazione molto alto, altre un grado minore. Accanto a lingua speciale, si parla anche di linguaggio settoriale. Monosemia: un linguaggio si dice univoco quando è improntato alla monosemia, ogni segno che lo compone è possibile attribuire un solo significato. Polisemia:la condizione naturale di una lingua comune è infatti la polisemia: un elemento linguistico può avere più significati distinti o più sfumature di significato. 5.2 I tecnicismi Un lessico peculiare, costituito da vocaboli che ricorrono solo in quel determinato ambito. Accanto a questi vocaboli ciascuna lingua speciale impiega un certo numero di tecnicismi collaterali. La principale fonte di linguaggi scientifici sono le lingue classiche: molto alto l'uso di latinismi e grecismi. Altre volte si utilizzano come tecnicismi parole dalla lingua comune, alle quali vien attribuito un nuovo significato specifico. Negli ultimi decenni, anche nei linguaggi scientifici si è fatta sentire l'influenza della nuova lingua di comunicazione internazionale: L'inglese. 5.3 Il linguaggio delle scienze dure Con l'espressione scienze dure ci si riferisce comunemente alle discipline che si servono del metodo sperimentale per l'indagine della realtà e sottopongono i risultati dei propri studi a una rigida e sistematica matematizzazione. Tradizionalmente, vengono considerate scienze dure come la matematica, la fisica la chimica. Tra le lingue speciali, le lingue delle scienze a base matematica è di certo quella che possiede il più alto tasso di tecnicità: tutti i suoi termini,infatti, sono legati ai rispettivi significati da un rapporto molto rigido, che ne garantisce spesso l'assoluta univocità. Si registra una maggiore produzione di sigle e formazione abbreviate. Transfert: il processo semantico per il quale un termine o una locuzione appartenente a una lingua speciale migra in un altro linguaggio settoriale, cambiando in parte o in tutto il significato originario. Tecnificazione: quando il travaso lessicale avviene dalla lingua comune a una lingua speciale non si parli di transfert, ma di tecnificazione. 5.4 Il linguaggio giuridico e burocratico Il linguaggio giuridico si presenta innanzi tutto con una forte impronta tradizionale, testimoniata a livello sintattico dall'utilizzo di frasi complesse, ricche di subordinate, che riflettono uno stile di tono sostenuto. A livello lessicale, quest'impronta è confermata dalla presenza di numerosi latinismi. Fra le altre caratteristiche peculiari di questo tipo di linguaggio, andranno ricordate: – la predilezione per i costrutti assoluti – l'uso di forme impersonali con il si (si ritiene che) – la frequenza di formule brachilogiche (la concessione di cui all'art.13)e le formule anaforiche(conformemente a quanto è prescritto nel precedente articolo) e cataforiche (le ritenute d'accordo di cui appresso). Burocrazia: accomunare testi di natura tanto diversa sono alcune caratteristiche specifiche, che si sommano a quelle tipiche del linguaggio giuridico: – innalzamento generale e spesso artificioso dello stie rispetto al tono usuale – scarsa presenza di tecnicismi specifici(velinario- contenitore delle copie degli atti prodotti) – tendenza alla ridondanza del significato, soprattutto con l'uso di aggettivi e avverbi in contesti altamente prevedibili. Linguaggio scientifico e burocratico presenza l'esigenza di generalizzazione e di astrazione tipica del linguaggio giuridico. Costrutti sintattici assoluti: le proposizioni subordinate implicite che hanno un soggetto diverso da quello della proposizione reggente. 5.5 Il linguaggio medico Nell'insieme delle lingue scientifiche,quella della medicina si distingue per una grande ricchezza terminologica. Le fonti privilegiate del lessico medico rimangono, in particolare, le due lingue classiche. il greco, diffuso soprattutto nella patologia e il latino nell'anatomia. Si riconosceranno alcune caratteristiche principali: – la grande diffusione dei tecnicismi collaterali – la proliferazione degli aggettivi di relazione(gli aggettivi che indicano semplicemente riferimento al nome) – l'alta frequenza dell'uso passivo, rendere il più impersonale l'esposizione dei contenuti scientifici – la concentrazione dell'attenzione comunicativa sul nome – il frequente ricorso agli eponimi, cioè a nomi di strutture anatomiche – abbondanza di sigle. 5.6 Il linguaggio dell'informatica L'informatica è una lingua speciale nella quale quasi ogni termine ed espressione rimanda direttamente o indirettamente all'inglese. Molto scarsi sono gli apporti da altre lingue. Da quando alla fine degli anni 70, il pc ha reso accessibile anche ai singoli utenti l'acquisto di un computer,l'informatica è via via diventata un fenomeno di massa. Molto spesso si è preferito accettare l'anglicismo crudo e ricorrendo di rado all'adattamento fonetico. Altre lingue europee hanno opposto invece una precoce e cosciente resistenza alla penetrazione delle forme straniere, si è così giunti alla traduzione di gran parte della terminologia. La terminologia della posta elettronica è uno dei pochi ambiti della lingua dell'informatica nel quale il numero dei vocaboli italiani prevale nettamente su quello degli anglicismi. 5.7 Il linguaggio economico della finanza Per loro stessa natura, le discipline economico-finanziarie coinvolgono diversi ambiti. La lingua dell'economia e della finanza assume caratteristiche differenti a seconda che la sua produzione risalga alla comunità scientifica internazionale oppure al mondo professionale, agli addetti ai lavori del settore. Nel primo caso, si può parlare di lingua dell'economia in senso proprio: un linguaggio scientifico a tutti gli effetti. Il lessico accade per discipline di respiro internazionale, si caratterizza per una fortissima presenza di anglicismi, che si alternano in diversa misura a equivalenti forme italiane. Il rapporto tra anglicismo e forma italiana può presentarsi, generalmente, in tre modi: – l'equivalente italiano ha la stessa frequenza del prestito inglese – il prestito inglese è più frequente della forma italiana – l'anglicismo rappresenta l'unica forma disponibile, non esistendo un reale equivalente italiano. Il secondo livello del linguaggio economico-finanziario è rappresentato dalla lingua di impiegati. Dal punto di vista dello stile, inoltre, il linguaggio aziendale si caratterizza per: – il massiccio ricorso a locuzioni congiuntive molto simili a quelle del linguaggio burocratico(al fine di) – il tono generale informale dei documenti circolanti esclusivamente all'interno dell'azienda – lo stile estremamente standardizzato dei documenti rivolti verso l'esterno – nomi astratti di tono elevato. 5.8 Il linguaggio sportivo La lingua speciale dello sport si caratterizza soprattutto per un basso livello di tecnicità e una stretta vicinanza alla lingua comune. I forestierismi sono molto frequenti. Alla debolezza tecnica di questa lingua speciale è riconducibile anche il frequente passaggio di termini da uno sport all'altro secondo il procedimento del transfert. Lo stile delle cronache sportive è caratterizzato da una forte espressività, tesa a favorire il coinvolgimento del lettore o dello spettatore. Si fa quindi largo uso di: – espressioni metaforiche – frasi volutamente espressive, ma stereotipate per effetto dell'uso ricorrente (fra valere il fattore campo) – parole letterarie desuete rivitalizzate per l'occasione In particolare, è caratteristica la tendenza a descrivere gli eventi sportivi con toni esageratamente enfatici. Questo effetto si ottiene, attraverso soluzioni come le seguenti: – l'uso di una particolare aggettivazione – il ricorso a immagini belliche – la creazioni di soprannomi altisonanti La sintassi predilige la velocità, attraverso l'uso di forme abbreviate come l'impiego avverbiale dell'aggettivo. 5.9 Tecnicismi e lingua comune Si può affermare che ormai i linguaggi tecnico-scientifici rappresentino probabilmente la principale fonte di innovazione dell'italiano, almeno a livello lessicale. I tecnicismi devono la loro grande diffusione soprattutto ai mezzi di comunicazione di massa: i giornali, la televisione, internet. Molto presente anche nella lingua di tutti i giorni è anche la psicologia. Va osservato che spesso, a conferma del loro profondo radicamento nella lingua comune, gli anglicismi di origine tecnica sono impiegati in senso figurato. Le lingue tecnico-scientifiche non contribuiscono soltanto ad arricchire il patrimonio lessicale della lingua comune, ma manifestano la loro influenza anche sui procedimenti di formazione delle parole. 5.10 Tecnicismi e lingua letteraria I termini delle lingue speciali si trovano spesso nelle opere delle letteratura italiana. Il poema dantesco trae infatti numerose parole da diversi ambiti tecnico-scientifici, allo scopo di: – creare immagini suggestive – suggerire metafore – fornire spiegazioni dettagliate di un fenomeno di un oggetto con le parole dell'ambito appropriato (astronomia, geometria, giurisprudenza, medicina) Nel 500, la presenza dei tecnicismi nelle opere letterarie vien limitata dalla caratterizzazione classicista imposta dal modello di Pietro Bembo. Tuttavia è il 900, il secolo che vede il massimo sviluppo della scienza e la tecnificazione industriale della società, l'epoca che più di ogni altra si distingue per l'impiego delle lingue speciali nella letteratura.(Giovanni Pascoli, Luigi Pirandello, Italo Calvino, Carlo Emilio Gadda, Andrea Zanzotto, Edoardo Sanguinetti). 6. L'italiano della comunicazione 6.1 L'italiano dei giornali Il giornale è una specie di contenitore in cui trovano posto argomenti tra loro molto diversi e ogni settore ha un suo particolare linguaggio, che attinge alle varie lingue speciali, riformulandole per renderle accessibili al largo pubblico. L'attenzione per il destinatario e l'esigenza di rendere interessante la lettura sono alla base anche dell'alto tasso di parole nuove tipico dei giornali. Le caratteristiche del linguaggi cambiano anche a seconda della tipologia dell'articolo. Si riscontra, in particolare: – il cambiamento delle scelte sintattiche, ispirate sempre di più a un'ideale di rapidità – un aumento consistente della presenza del parlato – la tendenza a suddividere il testo in unità tematiche ben individuate, dotate spessi di un proprio titoletto introduttivo. 6.2 L'italiano della politica Come il linguaggio dei giornali, anche quello politico non è propriamente un linguaggio settoriale: il suo lessico attinge di volta in volta ad altre lingue speciali. Su una base terminologica formatasi essenzialmente tra la fine del 700 e i primi del 800 s'innestano novità lessicali attinte dalla lingua comune. Abbandonato quello che potremo chiamare il paradigma della superiorità, la lingua dei politi ha cominciato a puntare sul paradigma del rispecchiamento. Ha abbandonato i toni elevati e le forme oscure, per riprodurre il più possibile il modello linguistico degli elettori, semplificando notevolmente lo stile e la scelta delle parole. Uno spazio considerevole e dedicato alle forme dialettali o regionali. Le figure retoriche che più ricorrono sono: l'anafora (la ripetizione di una parola all'inizio di tutte le frasi ),l'interrogativa retorica e il poliptoto temporale (la ripresa di un verbo in diversi assetti temporali). 6.3 L'italiano della pubblicità Quello della pubblicità è un linguaggio composito, nel quale il codice verbale,seppure molto importante, rappresenta soltanto uno dei molti codici possibili; sia negli sport televisivi e radiofonici sia negli spazi pubblicitari di giornali e riviste, accade anzi sempre più spesso che alla parola venga dedicato uno spazio limitato, a vantaggio di altre forme di comunicazione giudicate più efficaci, come l'immagine e la musica. La caratteristica fondamentale dell'italiano usato nella pubblicità è quella di essere una lingua tutta orientata verso la persuasione. L'uso della parola dev'essere accattivante e attraente, deve colpire e incuriosire il pubblico, catalizzarne l'attenzione. Si privilegiano: – i giochi di parole – le costruzioni circolari – i richiami fonici – l'uso delle lingue straniere – un largo uso di parole nuove del tutto occasionali, ottenute con la suffissazione del nome del prodotto Nella sintassi si privilegiano la velocità, la sintesi di espressione, e un messaggio il più possibile diretto e facilmente memorizzabile. Infatti si ricorre a: - ellissi – modi nominali del verbo (infinito participio) – all'accostamento asindetico (9 privo di coniugazioni) Ora più che al convincimento la pubblicità mira alla seduzione del consumatore. Alla funzione emotiva si può invece ascrivere l'uso sempre più diffuso dell'iperbole. Asinteto: è la sequenza di più elementi linguistici accostati senza alcun legame formale di natura grammaticale ma soltanto attraverso l'uso della punteggiatura. Polisenteto: si verifica quando parole o frasi strettamente correlate sono collegate da una successione di coniugazioni e in particolare della ripetizione della coniugazione copulativa. 6.4 L'italiano della radio Ancora oggi, nonostante la concorrenza della televisione e dei media elettronici come Internet, la radio raggiunge una vastissima fetta della popolazione italiana. Il linguaggio radiofonico si ispira esplicitamente al parlato spontaneo. Lo schema della rado di flusso ha favorito lo sviluppo di un nuovo italiano radiofonico basato sul ritmo e sulla velocità,caratterizzato da uno stile diretto e spiccato informale. Si ha: – ripetizioni di parole e frasi chiave che scandiscono il flusso – abbondanza di variazioni melodiche della voce – lessico espressivo – ricorso a modelli tipici della dialogicità. Per mantenere alto il tasso di dialogicità, si ricorre sempre più spessi a una coppia di conduttori che dialogano tra loro o a ulteriori personaggi che mettono in scena una serie di duetti col conduttore. Il ritmo rallenta considerevolmente nei radiogiornali. 6.5 L'italiano della televisione Secondo i dati ISTAT più recenti, la televisione rimane ancora oggi il mezzo di comunicazione di massa più diffuso in Italia. Nel ricostruire la storia dell'italiano televisivo bisogna distinguere due periodi diversi, che Umberto Eco ha chiamato: Paleotelvisone e neotelvisione. – Periodo paleotelevisivo, che va dall'inizio delle trasmissioni ufficiali (1954) alla metà degli anni settanta, che ha una funzione educativa,serviva per assicurare la diffusione della cultura e giungere all'unificazione sociale e linguistica degli italiani. – Periodo neotelevisivo (1976) con un drastico ridimensionamento della funzione pedagogica a vantaggio dell'intrattenimento, che con le sue formule e il suo stile influenza tutti i generi comprese l'informazione e la divulgazione culturale. Quattro tipologie fondamentali del parlato televisivo contemporaneo: – il parlato serio proprio delle trasmissioni culturali e di divulgazione scientifica(quark, ulisse) – il parlato sciolto, colloquiale, tipico dei quiz – il parlato trascurato o sciatto, riconducibile alle trasmissioni di intrattenimento basate su un certo grado di improvvisazione, come il talk show e soprattutto il reality show – il parlato simulato, proprio delle fiction seriali e dei telefilm. 6.6 L'italiano del cinema Il rapporto del cinema con la lingua italiana è stato a lungo caratterizzato dalla dinamica tra dialetti e lingue nazionale. Fino ad anni recenti, la lingua italiana si presentava come uno strumento troppo rigido e poco adatto per rappresentare verosimilmente la realtà. Registi e sceneggiatori si sono serviti allora dal dialetto o dalle varie forme di italiano regionale. Se da una parte il cinema sembra limitarsi a rispecchiare le abitudini linguistiche degli italiani, dall'altra va ricordato che attraverso i film sono penetrare nella lingua comune molte parole ed espressioni nuove. La principale fonte di novità è rappresentata tuttavia dalle versioni doppiate dei film stranieri, prevalentemente di lingua inglese. 6.7 L'italiano della canzone Il panorama linguistico della canzone italiana si presenta particolarmente variegato. Si può affermare le linee di tendenza della lingua della canzone italiana siano principalmente due. Da una parte troviamo un insieme di testi che,presentano le caratteristiche più classiche: – lessico convenzionale – presenza massiccia del futuro e dell'imperativo – metafore tradizionali – la sequenza t'amo La struttura è quasi sempre: strofa,strofa, ritornello, strofa. La seconda linea di tendenza sul modello e per influenza della canzone d'autore(Paoli, De André, De Gregori, Venditti) e si è in passato distinta per una scrittura curata e intessuta di riferimenti letterari. Nello specifico questa tendenza si manifesta nella canzone italiana degli ultimi anni attraverso: – il generale aumento della complessità semantica e formale dei testi – il diverso rapporto con la rima e la rima baciata – l'uso di un lessico più ricercato – il ricorso a una sintassi elaborata 6.8 Italiano e i nuovi media: l'italiano digitato Negli ultimi anni, il grande successo delle varie forme di espressione e di comunicazione diretta legate ai media telematici hanno fatto si che per moltissime persone la scrittura di testi sia diventata, un' attività quotidiana, svincolata da necessità lavorative o scolastiche. La velocità con la quale i testi vengono prodotti e soprattutto consumati provocano come effetto principale un generale abbassamento del controllo sulla lingua. Da questo atteggiamento discendono le principali caratteristiche di questo italiano digitato: – frequenza degli errori di battitura – presenza di errori di ortografia – penetrazione di strutture proprie del parlato e dello scritto poco sorvegliato – innalzamento del livello di espressività cercando di riprodurre la comunicazione orale. 6.9 Italiano e i nuovi media: la neoepistolarità tecnologica Neoepistolarità tecnologica: forme di scrittura telematica basate sulla trasmissione di un messaggio che prevede un risposta in un lasso di tempo più o meno lungo. Si distinguono per le caratteristiche della semi-cronia e della co-presenza. La prima con tempi che variano dal minimo della chat(in cui lo scambio è in tempo reale) al massimo della e-mail. La seconda instaura un dialogo continuo tra i corrispondenti. Aspetti legati all'intenzione di riprodurre nello scritto le forme di un dialogo faccia a faccia, tra questi aspetti, ricordiamo in particolare: – uso intensivo di saluti e di altre formule che avvisano la conversazione – frequente presenza di segnali discorsivi e di interiezioni (ecco, senti) – forte presenza di deittici (alla fine ci sono andato) – fatismi,parole e formule che verificano e confermano il funzionamento della comunicazione (ok, eh) – procedure grafiche espressive e giocose (emotion) – formule tachigrafiche che favoriscono allo stesso tempo la velocità di produzione e l'espressività del testo (tvb) sono espedienti che sostituiscono o accorciano una parola per ragioni di spazio (nn, cmq) o per accelerare la velocità di scrittura. 6.10 Italiano e i nuovi media:esiste un italiano di Internet?? È stato recentemente calcolato che la rete globale contiene più di un miliardo di testi, considerando soltanto le pagine web. Le caratteristiche stilistiche e linguistiche non si mantengono costanti nemmeno all'interno della stessa tipologia di scrittura. Negli scritti dei social network dove chiunque può aggiornare la propria pagina in qualunque momento con opinioni e informazioni, lo stile e le scelte linguistiche variano radicalmente a seconda della tipologia di utente. Semplicemente,nell'italiano usato in Internet trovano espressione scritta tratti del parlato che di solito avrebbero spazio soltanto nell'espressione orale. In conclusione, più che fondare una nuova varietà di lingua, i testi circolanti in rete da una parte si fanno veicolo di stile già da tempo consolidati nello scritto; dall'altra sembrano assecondare una preesistente tendenza all'informalità dello scritto e alla mancanza di rispetto per la norma grammaticale, tipica soprattutto delle giovani generazioni. 7. L'italiano e le altre lingue 7.1 Nessuna lingua è pura Melchiorre Cesarotti afferma: nessuna lingua è pura, perché tutte le lingue naturali sono il risultato dell'incontro di più componimenti. Nel primo 800, l'ingresso di parole straniere non è da considerarsi una minaccia, ma uno dei principali mezzi di arricchimento del patrimonio lessicale. In particolare in epoca fascista la lotta al forestierismo ha assunto una dimensione ufficiale e si è avuto un vero e proprio purismo di stato. Da questo atteggiamento di totale chiusura si distingue il neopurismo promosso dal linguistica Bruno Migliorini, secondo il quale non bisognava guardare ai principi astratti di bellezza e provenienza di una parola, ma bisognava accettare tutti quei prestiti per cui mancasse un corrispondente italiano e che non fossero in contrasto con le strutture fonomorfologiche della nostra lingua. Prestiti di necessità: vocaboli mutuati da una lingua straniera in riferimento a un oggetto o a un concetto inesistente nella lingua d'arrivo. Sono di solito parole che seguono l'importazione degli oggetti o concetti a cui si riferiscono. Prestiti di lusso: vocabolo che viene derivato da un'altra lingua sebbene ne esista nella lingua d'arrivo il corrispondente. Sono considerate di maggior prestigio. 7.2 Il prestito linguistico Il prestito linguistico: s'intende il fenomeno per il quale una forma passa da una lingua all'altra. Fanno eccezione i cosiddetti cavalli di ritorno che da una lingua A sono passati a una lingua B per poi passare alla A con modificazioni di forma e significato. Esistono diversi tipi di prestito. Dal punto di vista del livello di lingua interessato, si distinguono in particolare: – prestiti fonetici, relativi ai suoni – prestiti morfologici, riguardano aspetti grammaticali – prestiti sintattici – prestiti lessicali, una singola parola o locuzione e possono distinti in: - integrali: che conservano sequenze di suoni, grafie o terminazioni estranee all'italiano - adatti: che si riconoscono come parole straniere solo risalendo all'etimologia. Una lingua che limita le espressioni di un'altra lingua viene definito Calco. Si parla di: – calco strumentale: quando si ha una traduzione degli elementi che compongono la parola straniera (grattacielo= skycraper) – calco semantico: quando un nuovo significato, mutato da una lingua straniera, sostituisce o affianca i significati di una parola già esistente.(sito = site) 7.3 La trasmissione del prestito Un prestito passa da una lingua all'altra quando c'è un contatto linguistico tra le due lingue: – Rapporto di superstrato, se la lingua del popolo invasore influenza alcuni tratti. – Rapporto di sostrato, riguarda l'influenza di una lingua scomparsa sulla lingua dei dominatori. – Rapporto di adstrato, se l'influenza è esercitata da una lingua confinante. Sull'odierno “villaggio globale” i prestiti sono trasmessi soprattutto dai mezzi di comunicazione di massa, un tempo il fenomeno avveniva quasi sempre grazie allo spostamento fisico delle persone. 7.4 Francese e provenzale I contatti con le due lingue galloromanze (d'oc e d'oil) sono stati molto intensi fino dal medioevo, grazie agli stetti rapporti commerciali, attraverso i pellegrinaggi per la via francigena, ma anche grazie al diffondersi di modelli letterari come le “chanson de gest”. Nel medioevo, i campi del prestito vanno dal lessico elementare a quello militare e della vita di corte, a quello specifico dell'amor cortese. L'influsso del francese si riduce drasticamente nel 400 e nel 500 il rapporto di prestito tra le due lingue è addirittura capovolto: l'italiano si afferma infatti come lingua della cultura in tutta l'Europa rinascimentale. Gli anni che vanno dalla metà del 600 alla fine del 700 sono invece quelli della “gallomania”. I prestiti di questo periodo si concentrano soprattutto intorno a quel fenomeno di costume che non a caso è indicato con il francesismo MODA e con l'utilizzo di molti suffissi. È difficile nel 700 trovare un settore in cui la presenza dei gallicismi non risulti massiccia. Notevole è l'immissione di prestiti francesi ancora fino al primo Novecento. I francesismi mantengono una grande importanza negli ambiti tradizionali: politica, cucina,arredamento,abbigliamento, spettacolo, medicina, biologia, ferrovia, sport, automobilismo. Molti di questi termini si affermano non per reali necessità comunicative ma unicamente per il loro potere evocativo, perché ritenuti più chic. Dopo una prima battuta d'arresto nel periodo d'età fascista ,l'influsso del francese resiste come fenomeno residuale, ma finisce col cedere all'invasione inglese del secondo dopo guerra. 7.5 Inglese Dopo che i secoli precedenti avevano portato in italiano qualche episodico prestito d'ambito economico e giuridico- amministrativo, la storia degli scambi linguistici tra Italia e Inghilterra prende consistenza soprattutto nel rinascimento, quando la moda italianizzante si diffonde presso la nobiltà inglese, così come accade un po in tutta Europa. Dalla metà del 500 cominciano a essere pubblicate grammatiche d'italiano in inglese, e del 1598 è il grande dizionario bilingue. Inserti in italiano si trovano anche nel teatro elisabettiano. Nel 600, comincia a verificarsi l'inversione di tendenza: l'interesse inglese per l'italiano diminuisce, mentre in Italia cominciano a diffondersi i termini inglesi. Ma la diffusione dell'inglese rimane scarsa per tutto il 700. Nel 800 e nei primi anni del 900 un maggior numero di anglicismi si diffonde grazie alla lingua dei giornali e alla traduzione di grandi romanzi(Scott, Cooper). È solo alla fine della seconda guerra mondiale, che il fenomeno dell'anglicismo assume le dimensioni attuali: i tre quarti degli anglicismi entrano nella nostra lingua dopo il 1950. Si tratta di un vero e proprio boom: invade un po' tutti i settori della vita quotidiana, dallo sport allo spettacolo e ai mass media, dalla moda alla pubblicità e soprattutto l'informatica. Dominata dall'inglese è poi la musica: dalla definizione degli stili. Ai prestiti veri e propri si aggiungono anche gli anglilatinismi(ovvero parole di etimo classico giunte a noi tramite l'inglese) e gli pseudoanglicismi (sono vocaboli dall'aspetto inglese, che però non esistano ne in inglese ne in America).Xenolatinismi e xenogrecismi: sono parole formate con materiali latini o greci nate in lingue diverse dall'italiano e passate in seguito all'italiano sotto forma di prestiti. 7.6 Spagnolo e portoghese Dalla fine del 200 fu molto significativo l'apporto dello spagnolo ai dialetti dell'Italia meridionale. Nel 500 lo spagnolo divenne la lingua straniera più diffusa anche in Italia. Degli oltre novecento spagnolismi entrati fra 500 e 600, rimane oggi in Italiano solo una piccola parte, tra cui parole della vita quotidiana, dell'abbigliamento, lessico militare, molte parole legate all'etichetta di corte e ad atteggiamenti e tratti del carattere attribuiti alla nobiltà,spagnola, voci della marineria e della navigazione,vocaboli del cibo e del folklore. L'afflusso di prestiti dalle lingue iberiche è scarso nel periodo che va dal 700 al primo 900. Negli ultimi anni,invece, il fenomeno degli iberismi si è fatto nuovamente consistente, grazie agli apporti dell'America latina,e si è diffusi nei campi più disparati: dai nomi delle serie televisive a quelli dei prodotti commerciali, dai titoli delle canzoni alle neo coniazioni del linguaggio giovanile. 7.7 Lingue germaniche medievali e tedesco I più antichi germanismi che sopravvivono oggi in italiano sono prestiti entrati in latino già prima del 4 secolo. Sono molto antichi i vocaboli di ambito militare. Molti prestiti si devono all'azione del superstrato germanico all'epoca delle invasioni barbariche. Pur essendo difficile risalire con esattezza al periodo d'entrata di ogni vocabolo, si è soliti distinguere tre strati: – prestiti goti: termini guerreschi – prestiti longobardi: nomi di luogo, parole legate al lavoro dei campi, all'equitazione alla caccia, termini anatomici – prestiti franchi: parole come bosco, guanto, grigio Tra il 700 e 800, entrano in italiano vocaboli del lessico: minerario, del costume e parole del lessico intellettuale come recensione, stilista e morfologia. Nel 900, gli avvenimenti legati alla prima e alla seconda guerra mondiale hanno fatto si che il campo semantico privilegiato dai tedeschi tornasse a essere quello militare. 7.8 Arabo e ebraico L'elemento ebraico in italiano è costituito quasi esclusivamente da vocaboli entrati nell'uso già nei primi secoli del cristianesimo, in gran parte attraverso la Vulgata della bibbia. Ben più intensi e prolungati i contatti con l'arabo. Nel medioevo, grazie all'intensità degli scambi commerciali, giungono in italiano: – parole della lingua comune – termini scientifici: medicina, astronomia,chimica, matematica – vocaboli relativi all'organizzazione politica L'afflusso di islamismi si arresta di fatto a partire (1453). Solo negli ultimi decenni si è avuta una ripresa dell'influsso arabo, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione di massa e alla maggiore circolazione di notizie provenienti dall'estero. 7.9 Lingue esotiche A rigore sono da considerare esotismi tutti i forestierismi, vale a dire tutte le parole che l'italiano accoglie da una lingua straniera. Sono tre le lingue esotiche: cinese, giapponese, e russo. I primi italiani arrivano in Cina al tempo della pax mongolica e le loro esperienze sono testimoniate dai resoconti mercantili di viaggi, primo fra tutti quello di Marco Polo. In epoca più recente, la penetrazione di vocaboli cinesi (cin cin, te, ginseng) nel lessico italiano è dovuta soprattutto alla diffusione in Italia di prodotti o discipline provenienti dalla Cina. I primi rapporti diretti tra Italia e Giappone risalgono alla metà del 500, con l'arrivo di navigatori, missionari e commercianti europei in quella regione. Non si può però parlare di un vero e proprio contatto tra le due lingue prima della seconda metà del 800. Vocaboli giapponesi compaiono in testi di varia natura. Molti nipponismi penetrano in italiano nel novecento e si inquadrano in campi lessicali specifici: – fenomeni culturali come i fumetti manga, le arti marziali (sumo),la gastronomia (sushi) pratiche di medicina alternativa e meditazione (zen). Se si escludono alcuni russismi 500 e 600 pochi altri resi familiari agli italiani della grande letteratura russa 800 e primo 900, la gran parte dei prestiti provenienti dalla Russia va dotata all'epoca postrivoluzionaria e in particolare agli anni sessanta e settanta del secolo scorso. 7.10 Italianismi all'estero La presenza di italianismi nelle altre lingue europee ed extraeuropee è ovviamente legata a quegli ambiti e a questi secoli in cui la cultura italiana ha avuto una posizione particolarmente rilevante. La diffusione del lessico marinaresco italiano comincia già nel 10 secolo con le repubbliche marinaresche. Ma col rinascimento le corti europee diventano un modello per la società di tutta Europa e si assiste a una compatta trasmigrazione europea di vocaboli italiani: – letteratura, architettura, teatro. Il contingente più ampio e duraturo di italianismi nelle lingue europee riguarda senz'altro il linguaggio della musica e dell'opera. Sono italiani: – i nomi di forme musicali, spartito, strumenti musicali. Solo di recente, con il successo del MADE IN ITALY si è tornato a diffondere all'estero qualche neoitalianismo, concentrato principalmente nell'ambito della gastronomia, o in quelli della moda e dei motori. Tra gli italianismi novecenteschi più noti nel mondo vanno certo inserite voci della gastronomia come: pizza, spaghetti, espresso. Va segnalato anche il fenomeno degli pseudonimi italiani, parole che orecchiano l'italiano ma non hanno nessun corrispettivo puntuale nella nostra lingua e conoscono una circolazione autonoma fuori dall'Italia. 8.Parole vecchie e parole nuove 8.1 Il ciclo vitale delle parole Ogni lingua naturale,insomma, presenta nella sua storia un' evoluzione che riguarda tutti i livelli ma risulta particolarmente evidente sopratutto nel livello più superficiale: il lessico. Ma andranno fatte due osservazioni. La prima è che più della metà delle parole appartenenti all'attuale lessico di base circola già dal 13 e 14 secolo. La seconda è che questo processo non sempre segue un percorso lineare: è tutt'altro che raro il caso di vocaboli che hanno ripreso a essere impiegati con frequenza e sono oggi privi di qualunque connotazione arcaica. La grande conservatività della lingua italiana andrà attribuita alla sua particolare storia. L'italiano è rimasto fino agli inizi del novecento una lingua quasi esclusivamente scritta e prevalentemente letteraria. Il fenomeno di recupero delle parole desuete, invece, si dovrà anche all'azione dei puristi ottocenteschi, sono riusciti a far tornare d'uso corrente vocaboli ed espressioni che sembravano irrimediabilmente obsolete. Lessico di base: è insieme delle parole dell'italiano considerate fondamentali. Viene identificato di solito su base statica, fondatosi sui rilevamenti dei lessici di frequenza, cioè di quei vocaboli che calcolano quali siano le parole ricorrenti più spesso nella nostra lingua. (Vocabolario di base). 8.2 Parole invecchiate Rifacendosi all'antica metafora che descrive le parole come organismi viventi,si può affermare che col passare degli anni molte parole invecchino fino a morire,diventando così degli arcaismi. Il recupero e l'impiego degli arcaismi interessa molto di più lo scritto e in particolare la letteratura. Oggi la situazione è molto cambiata e gli arcaismi che trovano spazio nella prosa letteraria hanno una forte marcatezza espressiva, caratterizzando in maniera peculiare la lingua di scrittori espressionisti come Carlo Emilio Gadda, Giorgio Manganelli, Vincenzo Consolo o Gesualdo Bufalino. Espressionismo: stravolgimento linguistico, lontano sia dagli ideali classicheggianti del tradizionalismo letterario sia dal proposito di imitare la lingua dimessa e grigia della realtà quotidiana. 8.3 La lingua scritta Per capire la natura conservativa della nostra lingua, non bisogna dimenticare che l'italiano è stato a lungo usato esclusivamente nello scritto e in particolare nello scritto letterario. La divisione politica dell'Italia, ha determinato una situazione di frammentazione linguistica per cui anche le classi di più alto livello socioculturale hanno continuato a usare nella conversazione quotidiana il dialetto. Nello scritto, invece, una lingua uniforme s'impone già nel 500, quando si afferma il modello linguistico proposto da Pietro Bembo, esemplato sui grandi scrittori del 300 fiorentino. La continua pressione dei modelli letterari, il rinnovato prestigio fornito alla soluzione arcaizzante prima del Vocabolario della Crusca e poi dai puristi ottocenteschi, la distanza della lingua viva fanno si che anche l'italiano scritto non letterario possa considerarsi una sorta di serra in cui sopravvivono per secoli forme, costrutti e vocaboli estranei al parlato. 8.4 Il sentimento neologico Con il termine neologismo si indicano le parole nuove che entrano in una lingua o si formano al suo interno. Neologismi sono, dunque,anche i prestiti da altre lingue, ma la definizione tende di solito a essere ristretta alle sole parole create con materiali della stessa lingua. Più che la novità anagrafica di una parola, conta infatti la novità soggettiva che i parlanti le attribuiscono, ovvero quello che si chiama il “ sentimento neologico”. La percezione della novità di un vocabolo può anche accompagnarsi a reazioni più marcate, come l'insofferenza. Il gusto per la coniazione e per l'uso di parole nuove è molto spiccato nel linguaggio politico e soprattutto, nel linguaggio giornalistico. Talvolta parole e locuzioni cambiano status, si trasformano da arcaismi in neologismi, grazie a un'improvvisa fortuna che le rende parole alla moda. Si parla in questi casi di neologismi di recupero. Altre volte, su un significante vecchio s'innesta un nuovo significato:neologismo semantico. 8.5 La formazione delle parole Il più importante mezzo di arricchimento del repertorio lessicale è senza dubbio la derivazione, ovvero la possibilità di produrre nuove parole a partire da quelle preesistenti, tramite l'applicazione di una serie di meccanismi derivativi. Da ogni base lessicale teoricamente ricavare un numero di derivanti molto elevato. Ma di tutti i derivanti che virtualmente appartengono al sistema di una lingua, solo una piccola parte esiste nell'uso effettivo. Quando ai meccanismi, si possono distinguere tre modi di formazione delle parole: la prefissazione, la suffissazione e la composizione. I vocaboli derivati possono inoltre organizzarsi secondo due diverse modalità: paradigma a ventaglio e paradigma a cumulo. Nel paradigma a ventaglio da una stessa base lessicale si trae direttamente una serie più o meno ricca di derivanti. Nel paradigma a cumulo, invece, la derivazione avviene con una serie di trasformazioni successive a partire dalla medesima base lessicale. Spesso, i paradigmi si combinano tra loro. 8.6 L'affissazione L'affissazione è un processo di formazione delle parole che si distingue in: prefissazione e suffissazione. I suffisati: la derivazione è ottenuta aggiungendo un elemento che si pone dopo la base. A seconda della base a cui si appongono si distinguono: – suffissi denominali:(nome o aggettivo+verbo) – suffissi deaggettivali:(nome o aggettivo+verbo) – suffissi deverbali:(verbo+nome) Nei prefissati, invece, l'elemento viene aggiunto prima della base. Trai prefissati nominali e aggettivali, si distinguono parole formate con 1)prefissi provenienti da preposizioni e avverbiale 2) prefissi intensivi 3)prefissi negativi. Tra i prefissi verbali la distinzione è tra prefissi intensivi e prefissi con valore di aspetto e di modo. Un particolare tipo di affissi è costituito infine dai confissi: si tratta di elementi aggiunti sia all'inizio sia alla fine di una parola. Si tratta di un processo di formazione delle parole che si può considerare a metà tra derivazione e composizione. Originariamente questi elementi erano attinti dalle due lingue classiche: il latino e soprattutto il greco. Oggi però la grande espansione di questo processo ha fatto si che nella lingua comune si possono trovare usate in funzione dei prefissoidi: – parole italiane – accorgimenti nati dalla combinazione con un suffissoide – accorgimenti creati appositamente per creare un prefissoide 8.7 La composizione Per composizione s'intende il processo per cui, unendo due o più parole, si ottiene una parola nuova. Numerosi sono in italiano i composti che abbinano un verbo e un nome(come attaccapanni,lavastoviglie, portacenere). Parola con il predicato verbale (lanciafiamme). Parola con il predicato nominale (nome+aggettivo= cassaforte)(aggettivo+nome=altopiano,malafede) (nome+nome= cartamoneta,calzamaglia). Diversamente fanno considerati i tipi (cassapanca= nome+nome)in cui i due elementi sono due predicati coordinati. Ulteriore tipi di composto sono i conglomerati (composti da verbi) e le cosiddette parole macedonia (cantautore= cantante+autore). Le unità polirematiche,sequenze non modificabili di più parole che in genere mantengono la propria autonomia grafica, e in cui le singole componenti non possono essere definite isolatamente e dunque costituiscono di fatto un'unica parola composta: anno luce, avviso di garanzia,ferro da stiro. 8.8 Parole d'autore Tutte le parole nascono dall'uso di un individuo, che le immette nel circuito della società. Solo raramente possiamo risalire al creatore, cioè all'onomaturgo di un determinato vocabolo. Le parole che possono vantare un autore abbondano, in realtà, nei linguaggi settoriali, in cui sono formate di solito a partire da componenti greche e latine. Allitterazione: è una figura che consiste nella ripetizione più o meno ravvicinata dello stesso suono all'inizio o anche all'interno di due o più parole successive. Spesso l'allitterazione viene impiegata per richiamare un suono, una cadenza o il verso di un animale, con il fine di rendere più evocativo il testo. 8.9 L'onomastica In una lingua esistono anche parole che sono prive di un vero e proprio significato, perché identificano, all'interno di una categoria generale, un solo specifico individuo: si tratta dei nomi propri. Il ramo della linguistica che si occupa della classificazione e dello studio dei processi di formazione dei nomi propri è l'onomastica, le cui specializzazioni principali sono l'antroponimia (lo studio dei nomi di persona) e la toponomastica(lo studio dei nomi propri di luoghi ed elementi geografici). I nomi di persona , come i nomi comuni,sono sottoposti al ciclo della vita di ogni parola; la vita di un antroponimo si esaurisce di solito al cambiare delle mode onomastiche tipiche di ogni periodo storico. Attualmente, il criterio di scelta onomastica più diffuso sembra essere il simbolismo fonetico: i nomi vengono scelti soprattutto perché piacciono per il suono. Se gli antroponimi sono soggetti, seppure in maniera molto particolare, allo scorrere del tempo, molto più conservativi dal punto di vista delle forme risultano i toponimi, ovvero i nomi di luoghi ed elementi geografici. Molti toponimi italiani sono derivati dal latino, dalle lingue germaniche, dall'arabo, dall'etrusco o dall'italico. A volte, i nomi di città e località derivano o dall'antico signore di quel territorio oppure dal santo o dall'antico dio pagano che protegge la località, dall'eroe o antico fondatore. Certe volte, infine, le dominazioni sono direttamente collegate alle circostanze che hanno accompagnato la fondazione dell'insediamento. 8.10 Dal nome proprio al nome comune I nomi comuni che derivano da nomi propri vengono chiamati deonimici e il ramo della linguistica che ne studia la classificazione e le modalità di formazione è la deonomastica. I deonimici sono frequentissimi nel lessico italiano, al punto che in molti casi risultano difficili da individuare a prima vista, perché il legame con il nome proprio che li ha generati non vien più avvertito con chiarezza. Analizzando i processi mediante i quali è possibile ottenere un nome comune da un nome proprio, possiamo individuare diverse categorie: – Denomici ottenuti per antonomasia: sono nomi propri che si sono trasformati in nomi comuni attraverso la generalizzazione delle caratteristiche peculiari di un personaggio,assunto come tipo o modello di un dato comportamento o carattere. – Deonimici ottenuti per metonimia: si ottengono quando un concetto o un oggetto assume il nome del suo inventore, scopritore o iniziatore. – Deonimici ottenuti per derivazione suffissale: si ricavano a partire da un nome proprio, secondo le consuete regole di formazione delle parole dell'italiano, con l'impiego di vari suffissi. 9.Giusto e sbagliato 9.1 La norma e l'errore Il concetto di norma linguistica ha qualche affinità con quello di norma giudica. Nella lingua la sanzione, pur non essendo codificata puntualmente, può colpire o attraverso un giudizio scolastico o attraverso la squalifica sociale. Nella lingua questo indice di variabilità è ovviamente è molto maggiore e si manifesta come variabilità diacronoca,diafasica,diamesica (ovvero attraverso il tempo,i diversi registri linguistici, le differenze tra lingua parlata e lingua scritta). Per definire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato in una lingua, occorre tener conto di una variabile fondamentale. Il grado di accettabilità, ossia la reazione dei parlanti di fronte alla violazione di un certo istituto linguistico. Possiamo distinguere quattro gradazioni di errore, in ordine di accettabilità: – il lapsus,accettabilità zero,viene compromessa la comunicazione e il parlante si corregge da solo. – Violazione delle fondamentali regole strutturali, accettabile solo a livello elementare – violazione grammaticale, largamente rappresentata a livelli bassi – violazione di norme disattese anche da parlanti colti. 9.2 Le fonti della norma linguistica Le fonti della norma linguistica sono più incerte, e soprattutto meno delimitabili. Si può dire che un parlante, in quanto capace di padroneggiare una lingua con le sue regole e le sue sfumature, proceda a una continua verifica della correttezza e dell'efficacia delle esecuzioni linguistiche dei suoi interlocutori. Naturalmente, il prestigio linguistico del singolo parlante varia a seconda del suo ruolo professionale,dalla sua età, dalla riconoscibilità regionale. Tra le principali fonti della norma linguistica ci sono dunque: i dizionari, le grammatiche, i repertori del buon uso linguistico. I dizionari hanno varie occasioni per illustrare una norma: possono prevedere appositi inserti dedicati agli errori; omettere una forma scorretta; suggerire preferenze. Le buone grammatiche sono più esplicite e diffuse, e motivano una norma in base a considerazioni storiche o pragmatiche. 9.3 Tipologia e gerarchia degli errori La diversità tra scritto e parlato si riflette sul diverso peso che assume nei due tipi di lingua la stessa deviazione della norma. Le infrazioni ortografiche sono sanzionate duramente nella scuola, nell'ambiente di lavoro e persino nei rapporti privati soprattutto per due ragioni: – il prestigio dello scritto, legato anche alle occasioni della scrittura, spesso più informali ed impegnative di quel che non avvenga nel discorso orale – la fissazione del sistema grafico e paragrafico rispetto alla compresenza di più varietà di pronuncia, tutte sostanzialmente tollerate. Certo, con il diffondersi dei nuovi mezzi di comunicazione, si è ormai affermato un tipo di scrittura spiccatamente informale. Si parla dunque di errori: ortografici, ortoepici (fatti di pronuncia rilevanti soprattutto per particolari categorie professionali), morfosintattici (errata selezione di una forma grammaticale non ammessa dalla norma), lessicali (l'uso di una parola per l'altra), gli errori testuali (la violazione di coerenza e coesione). L'accento è obbligatorio nelle parole tronche e in pochi monosillabi, nei quali svolge la funzione distintiva. L'apostrofo è il segno grafico dell'elisione e compare obbligatoriamente con gli articoli lo,la e con le relative preposizioni articolate, con bello e santo, con ci davanti al verbo essere e in alcune frasi idiomatiche. 9.4 Dubbi ortografici Sebbene l'ortografia sia un settore abbastanza stabilizzato, non mancano casi dubbi anche per lo scrivente colto. – Segni paragrafematici (accento grave, acuto e apostrofo) (la O finale ha sempre l'accento grave), (l'accento acuto per la I e la U toniche finali. Ad esempio: aprì, Cefalù.) – Consonanti scempie e doppie – L'uso della i superflua: scienza, grigie, bagniamo – Oscillazioni in forme latineggianti: familiare / famigliare, consiliare/consigliare e simili, entrambe le serie sono accettabili, ma quella più diffusa nell'uso è la prima. 9.5 Questioni d'accento In alcune lingue la posizione dell'accento è fissa. In italiano invece l'unica certezza riguarda parole come virtù, prenderò (polisillabi accentati sull'ultima vocale per cui c'è l'obbligo di segnare l'accento grafico) e come pane (bisillabo senza indicazioni d'accento quindi piano). Per le parole di tre o più sillabe possono sorgere dubbi specie se si tratta di parole poco comuni. Fuori dall'area di appartenenza, può causare qualche problema anche l'accentazione di nomi di luogo scarsamente familiari come Friùli. Fonte di incertezza è l'accento dei grecismi, specie quelli di ambito medico: èdema o edèma? Termini come questi sono si di origine greca ma sono giunti fino a noi attraverso un intermediario latino. L'accento oscilla per effetto del diverso sistema accentuativo vigente nelle due lingue classiche. In greco e latino l'accento non poteva risalire oltre la terzultima sillaba. 9.6 Nomi e pronomi Per gli essere animati, e in particolare per l'essere umano, c'è una certa corrispondenza tra genere naturale e genere grammaticale. Anche le desinenze possono non bastare per risalire al genere: in italiano i nomi in A sono solitamente femminili ma diciamo il collega, il pianista; i nomi in O sono solitamente maschili, ma diciamo una auto, la radio. I nomi maschili in A rappresentano una minoranza, sia pure cospicua, rispetto ai nomi in cui il genere maschile è marcato dalla desinenza O. I nomi femminili in O , invece, rappresentano quasi tutti il primo elemento di parole composte, e mantengono il genere originario: automobile, auto. Le occasioni di incertezza però sono molte. 1)Possiamo ricordare: i nomi di città, quale che sia la terminazione, sono normalmente femminili. 2)Per i nomi femminili di professione, il gruppo che può causare più problemi è quello costituito da nomi come avvocato o ingegnere.3) Singoli casi di oscillazione si spiegano variamente. In Il/ la carcere è stato affiancato dal femminile,generalizzatosi al plurale (le carceri). Gli riferito a un femminile è ancora oggi percepito come una forma di livello popolare che è opportuno evitare anche nell'uso parlato. Più accettato l'uso di gli per a loro, che appare anzi raccomandabile nel registro colloquiale, in cui loro risulterebbe affettato. Il pronome loro, invece è normalmente posposto, conservando sempre la sua autonomia (parlo loro, parlare loro) può essere anteposto nella lingua di registro sostenuto (loro spettanti) interposto tra un elemento reggente e un elemento retto (era stata loro affidata). Un pronome atono si affigge obbligatoriamente al verbo come enciclico in quattro casi: – dopo l'infinito (digli) – dopo l'imperativo affermativo (digli) – dopo un gerundio(dicendogli) – dopo un participio(dettogli, spettantele) 9.7 Questo, codesto e quello Il sistema dei pronomi e aggettivi dimostrativi nell'uso toscano e nell'italiano letterario presenta tre forme disponibili: questo (che indica vicinanza materiale e psicologica rispetto a chi parla) codesto(che indica vicinanza a chi ascolta) quello (che indica distanza sia da chi parla sia da chi ascolta). Oltre che per indicare qualcosa nello spazio, i dimostrativi si usano per richiamare qualcosa detto in precedenza o per anticipare quello che si dirà in seguito. 9.8 Indicativo e congiuntivo Si parla molto, negli ultimi tempi, di una presunta “morte del congiuntivo” nella lingua italiana. In realtà le cose sono più complesse. In moltissimi casi l'alternativa tra indicativo e congiuntivo è esistita fin dai primi secoli del volgare. È il caso della pròstasi del periodo ipotetico dell'irrealtà (“Se l'avessi saputo, non sarei partito”), in cui è sempre esistita la possibilità di ricorrere all'indicativo imperfetto. Altre volte la scelta del modo verbale è condizionata dal verbo reggente, come nel caso delle proposizioni completive, cioè quelle proposizioni che svolgono la funzione di complemento oggetto. Una proposta oggettiva retta da un verbo di giudizio o di percezione richiede normalmente l'indicativo (“Mi ricordo che hai vissuto a lungo a Napoli”); retta da un verbo volitivo, richiede il congiuntivo (“ Mi auguro che tutto vada per il meglio”). Nei verbi di opinione si registra sempre più spesso nel parlato e nello scritto informale la tendenza a usare l'indicativo. 9.9 Ordine delle parole Si dice comunemente che in italiano, come nelle altre romanze, l'ordine delle parole è diventato rigido, rispetto alla libertà del latino. La rigidità delle sequenze vale solo nell'ambito del sintagma, ovvero nell'unità sintattica di livello inferiore(articolo+sostantivo: “ la casa”, non casa la;) e per alcune proposizioni ben definite, come le relative e le interrogative. Infatti, in una proposizione relativa, il pronome che, cui occupa obbligatoriamente il primo posto: “la casa che abito, in cui abito”. Il pronome il quale, se dipende come complemento di specificazione da un nome appartenente alla stessa proposizione relative, può essere proposto: “ il contribuente i redditi del quale rientrano nella quota esente”; il quale come complemento oggetto “ amo molto sant'Agostino, leggendo il quale mi sono riavvicinato a Dio”. Nelle interrogative parziali, cioè quelle in cui la domanda non riguarda l'insieme della frase, ma un singolo elemento, l'enunciato contiene un pronome o avverbio interrogativo che si colloca abitualmente al primo posto. Negli enunciati reali, l'ordine abituale soggetto- verbo-predicato viene violato in molti casi. Lo stesso vale per le didascalie di un discorso riportato, in cui il verbo dire o simili rappresenta l'elemento tematico e il rema è il personaggio che di volta in volta pronuncia la battuta. In sostanza: una norma sintattica generale va calata nella concreta realtà comunicativa e verificata alla luce dei vari condizionamenti che in essa agiscono. Nella scrittura, per riferire il pensiero altrui possiamo ricorrere a tre fondamentali strutture linguistiche: 1) Discorso diretto 2) Discorso indiretto 3) Discorso indiretto libero:consiste in un resoconto indiretto, privo però di servitù sintattiche e contenente una serie di modalità proprie del discorso diretto. 9.10 Punteggiatura I segni di punteggiature sono una prerogativa dello scritto. Se si escludono i casi del punto interrogativo e del punto esclamativo, in cui si ha una corrispondenza tra oralità e scrittura, generalmente non hanno la funzione di rappresentare graficamente le pause del parlato,ma piuttosto di marcare i rapporti sintattici che intercorrono tra le parti di una frase o di un periodo. Inoltre, se per l'ortografia e la morfologia si può contare su un insieme di norme rigide e codificate, per la punteggiatura la scelta tra i vari segni interpuntivi dipende molto spesso delle abitudini scrittorie individuali. Un segno di interpunzione non va usato n presenza di un blocco unitario: – tra soggetto e predicato (“Marco è partito”) – tra aggettivo e sostantivo( “ Una bella giornata”, “ Un caldo torrido”) – tra predicato e complemento oggetto ( “ Questa macchina ha molti optional”) – tra elemento reggente e complemento di specificazione (“ La luce del sole”) La virgola è ammessa soltanto nella riproduzione del parlato o nel registro colloquiale, se serve a mettere in evidenza il soggetto o il complemento oggetto, specie quando questo si trova in una posizione diversa da quella che occupa abitualmente nella frase: “ Lei, è stata zitta tutto il tempo”. Esistono anche alcuni casi in cui l'uso della virgola è obbligatorio: – prima dell'apposizione (“ Dionisio, tiranno di Siracusa”); – prima del vocativo non preceduto dall'interiezione (“Studiate, ragazzi”) – in caso di ellissi (“ Ho visto Sara due volte: la prima, a casa di amici;la seconda, in biblioteca) La virgola si usa di norma nelle enumerazioni e nelle coordinazioni asindetiche (cioè senza coniugazioni), ma non in quelle sindetiche, soprattutto se sono formate da due soli membri e sono all'interno della stessa frase. Nel delimitare un inciso di qualsiasi tipo, la virgola può essere sostituita dalle lineette o trattini lunghi (-) e dalle parentesi tonde, soprattutto in caso di frasi molto lunghe. Il punto e la virgola si usa nelle coordinazioni asindetiche, al posto della virgola, quando le enumerazioni sono complesse, ma anche in altri due casi: – in una frase coordinata o giustapposta (“la commedia di Dante è un'opera complessa; l'autore possedeva una cultura enciclopedica) – posto prima di un connettivo “forte” (dunque, quindi, perciò, insomma) in concordanza con i due punti. I due punti servono principalmente a introdurre il discorso diretto o una citazione, ma hanno almeno altre due funzioni: – quella argomentativa, quando indicano l'effetto prodotto da una causa o la conseguenza logica di un fatto (“ questo libro mi è piaciuto molto: l'ho letto tre volte”) – quella descrittiva, quando introducono un commento critico (“ Un sinonimo di lettera è missiva: termine meno comune ma ancora sfruttato, soprattutto nel linguaggio burocratico”) Se però l'enumerazione fa corpo con la frase precedente, costituendone il complemento oggetto o un complemento indiretto, i due punti vanno evitati oppure devono essere preceduti da un complemento generico: “ il paziente, lamenta i seguenti sintomi: dolori addominali, nausea e cefalea”. Esistono due tipi di virgolette: quelle basse (< >) e quelle alte(“ “). Le prime si usano per introdurre una citazione o un discorso diretto. Le secondo si usano principalmente in due casi: – per riportare un discorso diretto o una citazione all'interno di un altro discorso diretto o di un'altra citazione. – Per segnalare l' uso particolare di una determinata parola o locuzione. L'uso dei capoversi è in molti casi soggettivo, dipendendo dalle abitudini e dal gusto personale di chi scrive. Esistono però alcune funzioni codificate: – nella prosa saggistica e argomentativa, il capoverso introduce un blocco informativo omogeneo – nella prosa letteraria, il capoverso viene usato soprattutto per riportare le battute di un dialogo, un cambio di abitazione o di un salto cronologico.

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