Psicologia del Lavoro - Appunti PDF

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Questi appunti trattano la psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Coprono argomenti come la definizione della psicologia del lavoro, l'ambito lavorativo e le organizzazioni, il significato del lavoro e la carriera. Introducono anche la psicologia delle risorse umane e le sue distinzioni.

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**Psicologia del lavoro** 02/10/2024 Esonero 11/12, 30 domande crocette e 3 domande aperte; per verbalizzare presentarsi all'appello di gennaio Bastano solo le slide **Di cosa si occupa la psicologia del lavoro** Lo psicologo del lavoro può essere una persona che si occupa delle risorse umane,...

**Psicologia del lavoro** 02/10/2024 Esonero 11/12, 30 domande crocette e 3 domande aperte; per verbalizzare presentarsi all'appello di gennaio Bastano solo le slide **Di cosa si occupa la psicologia del lavoro** Lo psicologo del lavoro può essere una persona che si occupa delle risorse umane, ma non solo. Nelle aziende solo un 50% degli HR sono psicologi del lavoro. Si può occupare di comunicazione aziendale, in quanto esperto di processi relazionali e comunicativi; oppure può lavorare in ambito di consulenza, per fare diagnosi e indagini sul clima organizzativo, e sviluppare nelle organizzazioni dei comportamenti mirati per aumentare il benessere in ambito lavorativo. Le ricerche hanno dimostrato che il benessere lavorativo è positivamente correlato con le prestazioni del lavoratore. Uscendo dalle aziende, lo psicologo del lavoro può anche operare in ambito di orientamento, per aiutare le persone a comprendere i propri interessi e inclinazioni in ambito lavorativo e per la ricollocazione. Può essere il singolo lavoratore che si rivolge a uno psicologo del lavoro, oppure può essere l'azienda stessa che offre un percorso di outplacement. Un altro ambito di applicazione possibile è quello del coaching o del counseling: lo psicologo accompagna l'individuo in un percorso personale in ambito lavorativo. Quindi, lo psicologo del lavoro è uno specialista che valorizza le capacità attuali e potenziali del singolo; mette in relazione le esigenze e le aspettative dell'organizzazione con le motivazioni, gli obiettivi e gli interessi dei singoli e dei gruppi (contratto psicologico). Infine, interviene nelle organizzazioni con la consapevolezza che esse costituiscano un ambiente complesso, formato da persone e da gruppi, considerati sia nella loro unicità che nella loro interazione con gli altri. Gli psicologi del lavoro possono anche decidere di rimanere in ambito accademico e occuparsi di ricerca. È importante che ci sia uno scambio continuo tra gli psicologi che operano sul campo in ambito professionale e tra coloro che invece che proseguono la ricerca. Gli psicologi e le psicologhe del lavoro che lavorano principalmente sul campo sono sempre aggiornati sugli sviluppi della ricerca (pratiche evidence-based). Gli psicologi e le psicologhe del lavoro che si occupano principalmente di ricerca, invece, ne considerano anche l'applicabilità nel mondo reale (disciplina applicata). La ricerca deve sempre esistere in riferimento ai bisogni attuali dei contesti lavorativi. Deve sempre esserci un rapporto costante tra teoria, pratica e ricerca. Lo psicologo può lavorare con le organizzazioni tramite due prospettive: - Interna: esperti nell'ufficio risorse umane, o Human Resources (HR). Si lavora a servizio della azienda - Esterna: professionisti che offrono servizi di consulenza esterna alle organizzazioni quali esperti di sviluppo organizzativo, formatori, valutatori, coach, ricercatori/trici, analisti di dati. In entrambi i casi l'organizzazione e le persone (manager e collaboratori) che ci lavorano sono clienti. Si muovono nell\'ambito di un contratto psicologico: scambio completo e trasparente di informazioni, aspettative, bisogni, valori e creazione di un terreno comune. La psicologia del lavoro si può muovere in vari ambiti: accademico, industria privata, governo, consulenza e settore militare (la psicologia del lavoro inizia proprio dall'ambito militare, nasce come metodo per la selezione di milizie). **Che cos'è la psicologia del lavoro e delle organizzazioni (WOP)** È una disciplina che legge e interpreta, utilizzando teorie, modelli, metodologie, metodi e strumenti, le questioni connesse alle relazioni umane nel lavoro e nei sistemi sociali organizzati, all'interno dei quali, cioè, le persone si danno degli obiettivi e operano in funzione di questi obiettivi. Si occupa di cambiamento (accompagna, sostiene, favorisce, rende visibile) nell'intreccio delle dimensioni: individuo, gruppo, organizzazione. Si cerca di comprende i motivi e gli effetti del cambiamento per sostenere il benessere dei lavoratori. Ci si occupa dei "fatti comuni", fatti quotidiani che avvengono nella vita dei lavoratori. Non ci deve essere un problema perché lo psicologo del lavoro possa agire. Ci si interessa di capire come le persone si comportano sul lavoro, cosa spiega le loro prestazioni, come si sentono in relazione al lavoro e come tutto ciò influenza la loro vita non-lavorativa. La WOP si distingue in tre aree di studio: - **Psicologia del lavoro**: si concentra principalmente sull'attività della persona e sul ruolo lavorativo (es: ruolo lavorativo, carico di lavoro, definizione dei compiti lavorativi; differenze individuali; percorsi di carriera e valori; ambiente di lavoro e sicurezza; motivazione, soddisfazione lavorativa e performance; rapporti tra vita di lavoro ed extra-lavoro) - **Psicologia delle organizzazioni**: si focalizza sui comportamenti collettivi delle persone in quanto membri di contesti organizzativi (es: comunicazione; processi decisionali e negoziali; potere, leadership e followership; collaborazione e gruppi di lavoro; conflitto; cultura organizzativa; clima; cambiamento) - **Psicologia delle risorse umane**: si occupa della relazione tra le persone e l'organizzazione e del migliore adattamento possibile tra caratteristiche dell'individuo e richieste organizzative (es: selezione del personale; valutazione delle competenze e delle prestazioni; benessere lavorativo; sviluppo di carriera, inserimento e socializzazione organizzativa; formazione e sviluppo) La distinzione però non è rigida, i vari temi possono essere affrontati in tutte e tre le discipline La psicologia del lavoro è influenzata anche dalle altre branche della psicologia. **Organizzazione** In termine ha una doppia accezione: può essere inteso come il modo o in cui le varie parti o componenti di un sistema sono dinamicamente connesse e coordinate tra loro; ma corrisponde anche a quella determinata categoria di enti sociali fondati sulla divisione del lavoro e delle competenze. Le organizzazioni in quanto tali possono occuparsi di produzione o di servizi. Le organizzazioni sono fatte di strutture e scale gerarchiche, competenze, compiti, obiettivi comuni, funzioni, sedi, e soprattutto persone. Riassumente una organizzazione è costituita da persone, struttura e aspetti simbolici. Il focus è sui processi di interazione tra le persone: un'organizzazione è un'entità strutturata costituita da varie componenti che interagiscono tra di loro per svolgere una o più funzioni. Per struttura di un'organizzazione si intende l'insieme delle posizioni e dei ruoli dell'organizzazione stessa, in cui ciascuno ha responsabilità, obiettivi, compiti, strumenti e competenza. I vari ruoli possono essere espressi tramite **l'organigramma**. Ciò che caratterizza un'organizzazione sono la missione, la visione e i valori. La **missione** dell'organizzazione è l'obiettivo imprescindibile, il compito primario, la "ragion d'essere" al di là della quale non avrebbe senso la sua presenza. Viene definita dall'interno e deve essere riconosciuta dall'esterno. La **visione** dell'organizzazione è una dichiarazione o una descrizione chiara e ispiratrice di ciò che un\'azienda o un\'organizzazione mira a diventare in un orizzonte di lungo termine. Rappresenta l\'immagine ideale del futuro che l\'azienda desidera raggiungere e serve ad indicare la direzione in cui si sta muovendo. I **valori** sono il fondamento di tutto ciò che l\'organizzazione fa, e sono essenziali per ogni decisione o azione presa dai dipendenti. 03/10/2024 **Il significato del lavoro e la carriera** Il lavoro è una parte importante nella vita delle persone e può avere diversi significati, che possono essere compresenti, più alti o più bassi a seconda delle differenze individuali e può cambiare durante la vita della persona: lavoro è sostentamento economico (ma non sempre, a volte persone lavorano pur non avendone bisogno da un punto di vista economico), luogo di espressione identitaria (ma non sempre il lavoro rispecchia le persone), occasione di affermazione professionale (affermazione in termini di competenza, ruolo, che non sempre sono correlati a un avanzamento economico), occasione di affermazione economica, luogo di socializzazione (può essere luogo di scambio, confronto). Talvolta alcuni significati prevalgono, talvolta si intrecciano, in ogni caso ciascuno pensa al proprio lavoro con riferimento a un insieme di significati specifico. **Ciclo di vita lavorativo "classico" vs oggi** Fino agli anni '80-'90 il ciclo di lavoro era abbastanza standardizzato: formazione, entrata nel mondo del lavoro, consolidamento (che dipendeva dalla formazione in entrata, ma non solo), allontanamento e pensionamento. Era un iter molto certo e sicuro che dipendeva da: - alla progressiva anzianità professionale (aumento dello "stipendio", dell'esperienza e delle consuetudini) - allo sviluppo professionale in direzioni diverse (aumento di competenze gestionali, specializzazione...) - allo sviluppo di carriera in senso stretto (aumento di responsabilità e di "stipendio"). Oggi questo il ciclo di lavoro è molto più complesso e può essere costellato forme di allontanamenti, disoccupazione, nuove formazioni intermedie, ricerca di nuovi lavori. Ciò che succede è che in molti momenti della vita della persona può esserci bisogno di un supporto psicologico per un riorientamento: inizialmente l'orientamento era legato solo all'educazione, ora invece è legato a tutto il ciclo di vita della persona. La psicologia entra in gioco in quanto supporta le persone al momento della disoccupazione, (creare un cv, fare un buon colloquio ecc.), favorisce la creazione delle soft skills e permette una buona relazione in ambito lavorativo. Il fatto di essere esclusi dal mondo del lavoro crea un malessere non solo legato alla mancanza di sostentamento, ma porta all'esclusione sociale. Quando si entra nel ciclo di esclusione, diventa difficile anche rientrarci, un po' perché il sistema lo respinge, ma anche per una questione di impotenza appresa e passività, per cui è importante la figura dello psicologo del lavoro. Nel senso comune si intende la carriera lavorativa o professionale come un percorso a gradini, marcato da indicatori evidenti quali i livelli di inquadramento, la collocazione nella linea gerarchica, gli ambiti di responsabilità attribuiti. Oggi noi consideriamo il termine carriera in termini di percorso che una persona fa nella sua vita lavorativa. Questa idea di carriera si va a modificare in relazione a fattori socio-economici e alla valutazione soggettiva (in base alle aspettative, significato che un ruolo ha nel suo contesto sociale). I primi studi (anni '50 e '60) considerano la carriera professionale determinata dalle strutture del mercato del lavoro interno alle organizzazioni: il termine "occupational career pattern", indica la sequenza e la durata delle posizioni lavorative occupate dagli individui. In alternativa, dando rilievo all'aspetto di crescita, le carriere sono scale di promozioni: una successione di lavori, organizzati in una gerarchia di prestigio, attraverso la quale le persone si muovono in un'ordinata e prevedibile sequenza. Quindi secondo i primi studi considerano la carriera valutandola dall'esterno, in base a responsabilità, benefit, ricompense, salario, welfare. Dagli anni '90 in poi il punto di vista diventa dall'interno. L'interesse si sposta sul rapporto individuo-organizzazione, volgendo l'attenzione al momento della scelta professionale, al processo di adattamento tra la persona e l'organizzazione, alle narrazioni delle storie di carriera e di vita. In questo ambito si collocano ad esempio: - i contributi di **Holland** sulla congruenza tra il tipo di personalità e il tipo di ambiente lavorativo; - gli studi di **Schein** che interpretano la carriera come un processo di negoziazione continua tra individuo e organizzazione. **Le transizioni** Le transizioni costituiscono momenti cruciali di svolta nello sviluppo adulto ed è importante cogliere il significato a esse attribuito dai soggetti e la capacità di farvi fronte. Come una persona affronti una transizione è strettamente legata anche al contesto sociale in cui si verifica. Quindi è un fattore soggettivo, ma anche contestuale. Il termine transizione fa riferimento sia ai passaggi della crescita umana canonizzati dalle teorie stadiali, umana rende maggiormente conto di quanto accade nell'età adulta: - nell'infanzia sono più frequenti eventi o passaggi normativi legati all'età (l'ingresso nella scuola); - nella giovinezza quelli legati alla storia della coorte, cioè del gruppo di persone anche di età diverse che affrontano una transizione nello stesso periodo storico (l'ingresso nel lavoro); - nell'età adulta predominano invece gli eventi non normativi (promozioni, licenziamenti, malattie) e lo sviluppo appare come un percorso più probabilistico e creativo che prescrittivo. ***Che cos'è una transizione, quali sono le transizioni più frequenti? (domanda esonero)*** **Le quattro transizioni lavorative** **Schlossberg** individua quattro transizioni lavorative principali: - ingresso nel mondo del lavoro - mobilità interna: promozioni o cambiamento di ruolo (a volte anche diventare capo di qualcuno può essere una transizione complessa, perché si tratta di ridefinire completamente le relazioni) - perdita del lavoro: sia catta che volontaria - ritorno a un lavoro o un contesto precedente Ogni transizione prevede una **transizione intrapsichica e interpersonale**: le transizioni lavorative o di carriera possono avere infatti un impatto sugli altri ambiti della propria esistenza (più responsabilità, stress ecc.) e sulla vita delle persone con le quali si entra in contatto (cambia il modo in cui ci si relaziona alle persone). **Il ciclo di transizione** **Nicholson** studia le fasi della transizione e propone un "ciclo di transizione": - **fase "preparatoria"**, che precede l'assunzione di ruolo e può essere contraddistinta da aspettative irrealistiche e da preoccupazione. Le aspettative sia che siano troppo pessimistiche, a anche positive possone essere problematiche durante la transizione - **fase di "incontro"**, che vede il soggetto impegnato nell'attribuzione di significato a fronte di un vissuto di disorientamento, ripensamento, talvolta rifiuto; - **fase di "aggiustamento"**, in cui il soggetto trova il proprio modo di svolgere il lavoro e si interroga sulle possibili strategie di sviluppo da adottare (cambiare se stesso e/o la situazione); - **fase di "stabilizzazione**", in cui il soggetto si concentra sulla prestazione e può progettare un ulteriore passaggio di ruolo (possibile noia e stagnazione) I cambiamenti possono avvenire su vari livelli. In particolare, **Bronfenbrenner** (1979) distingue quattro livelli di contesti: - **Microsistema**: contesti più prossimi all'individuo (famiglia, gruppo dei pari, ambiente di lavoro); le interazioni più importanti sono le diadi (madre-figlia, padre-figlio; capo-collaboratore). - **Mesosistemi**: sono l'insieme delle interazioni fra i microsistemi. a questo livello le "transizioni ecologiche" consentono di governare l'appartenenza contemporanea a diversi contesti (famiglia, lavoro, scuola ecc.). - **Esosistemi**: contesti ambientali a cui l ' individuo non partecipa direttamente o continuativamente (mercato del lavoro, sottoculture lavorative), ma che influenzano il suo sviluppo professionale e personale. - **Macrosistemi**: sistema socio-economico e quadri ideologici che sostengono le diverse culture. Questi ultimi, ad esempio, influenzano le scelte professionali attraverso le rappresentazioni sociali delle professioni, strutturate secondo variabili di genere, razza e status. Generalmente si lavora sul microsistema, ma bisogna sempre tenere conto che una persona è immersa sempre in un contesta. **Teorie del corso della vita** **Supèr** (1957-1980) propone un modello teorico che si colloca nel quadro della psicologia dello sviluppo e del ciclo di vita. I suoi obiettivi erano: - comprendere "come le persone integrano il lavoro nelle loro vite e non come le persone si integrano nel lavoro"; - capire come lo sviluppo individuale si nutra dell'esperienza di crescita professionale. Secondo Super la carriera è un processo decisionale, la cui spinta decisionale è arrivare a fare quello che maggiormente mi rappresenta. L'idea di sé però cambia sempre in baso al contesto. Secondo Super questo continuo rimando tra persona e contesta si ferma nella vita adulta. I due concetti principali della teoria di Super sono quelli life-span e life-space: - **Life-span**: ci sono cinque tappe, detti maxi-cicli (da non sapere). È una teoria stadiale considerata superata. Qui si trova il limite della teoria di Super, che prende come assunto implicito che le tappe evolutive si susseguano in una progressione gerarchica che non considera l'aspetto soggettivo e creativo. - **Life-space**: ogni persona possiede diversi ruoli, che possono essere sincroni (una persona può avere tanti ruoli contemporaneamente) o diacronici (i ruoli possono cambiare nel tempo). Super dà attenzione al fatto che i ruoli cambiano durante tutto l'arco di vita. La "**maturità di carriera**" di un individuo dipende dalla sua capacità di realizzare un compromesso tra: - i diversi ruoli che ricopre, legato al life-space; - i diversi concetti di sé e le diverse realtà con cui si confronta; - i compiti di sviluppo che ci si aspetta da lui/lei e le risorse cognitive e affettive a disposizione per affrontarli. **L'approccio costruttivista** È l'approccio che ha come aspetto centrale il significato, il senso della carriera. La narrazione è la forma in cui quel significato si esprime e può essere colto. Attraverso il racconto di una storia, come processo di ricostruzione e interpretazione dell'esperienza, gli individui danno un senso alle loro carriere. **L'approccio socio-costruzionista** Viene aggiunta la dimensione sociale: i significati attribuiti a lavoro e carriera sono condivisi dal contesto in cui il soggetto si muove. La "carriera" è il prodotto di pratiche discorsive e sociali che replicano le istituzioni, le norme culturali, i quadri ideologici "dominanti". **Gottfredson** sostiene che ciascuno di noi possiede una mappa cognitiva dei lavori, che si articola su due aspetti: il genere e il prestigio sociale (una professione è più prestigiosa quando c'è un guadagno, un buon stile di vita e notorietà, ma cambia comunque nel tempo). Le attribuzioni di genere influenzano: - La costruzione della mappa cognitiva delle professioni nei bambini (organizzativa in mestieri maschili e femminili); - Tra le persone adulte, le pratiche di compromesso nelle scelte professionali (per cui gli uomini accetterebbero malvolentieri lavori "da donna") **Approccio socio-cognitivista** Questo approccio raccoglie contributi che descrivono un soggetto attivo nel raggiungimento degli obiettivi e analizzano la relazione tra soggettività e condotte di orientamento. Gli studi di **bandura** (1997), vengono utilizzati dalla psicologia dell'orientamento per comprendere come gli individui sviluppano gli interessi di carriera, formulano le scelte relative al percorso di carriera e determinano e valutano i propri livelli di performance. Il comportamento, l'ambiente sociale e la persona sono, per bandura, i tre fattori che, in interazione non lineare tra loro, contribuiscono allo sviluppo psicologico. La **social-cognitive career theory (SCCT)** considera che noi sviluppiamo degli interessi, ma solo se ci sentiamo auto-efficaci in un ambito. Questa teoria è stata utilizzata con successo per comprendere e predire le scelte (dalla scuola al lavoro). Le inclinazioni personali divengono interessi professionali se (e solo se) l'individuo sente di poter seguire le azioni necessarie per avere successo. **L'auto-efficacia** è definita come una credenza circa le proprie capacità di organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati. è una credenza che si basa sulle esperienze passate e ha effetti sul futuro. Non si basa solo sulle **esperienze**, ma anche sulla disponibilità di un "**modello**" di riferimento da osservare, che mi sfidi ma non sia completamente distante e inarrivabile. Inoltre, anche la **persuasione verbale** di una fonte credibile ha un effetto sull'autoefficacia, ovvero i feedback che le persone vicino a noi ci danno sulle nostre azioni. Anche lo stato emotivo può avere effetti sull'autoefficacia, e quindi sulle prestazioni. ***Quali sono gli aspetti che influenzano l'autoefficacia (domanda esame)*** **L'adattamento al lavoro** La teoria dell'adattamento al lavoro (theory of work adjustment, TWA) è interessata ai processi di adattamento dell'individuo sul posto di lavoro. Il primo assunto è che il soggetto "cerca di realizzare e mantenere una corrispondenza con il proprio ambiente lavorativo", ossia una relazione armoniosa tra le proprie esigenze e il proprio ambiente di lavoro. Questa corrispondenza si realizza su due registri: - **il registro delle abilità**, ossia l'insieme di capacità che l'individuo possiede e che possono più o meno corrispondere a quelle richieste dall'organizzazione. La corrispondenza tra le abilità possedute e quelle richieste del lavoro genera **soddisfazione organizzativa**, sulla base della quale le organizzazioni decidono i piani di sviluppo. - **il registro dei valori**, ossia l'insieme dei bisogni di cui l'individuo è portatore e che possono trovare o meno risposta nelle ricompense offerte dall'organizzazione. La corrispondenza tra i valori dell'individuo e le risposte dell'organizzazione genera la **soddisfazione individuale** sulla base della quale gli individui valuteranno le loro scelte future di appartenenza. ***Quali sono i punti che influenzano il fit in dell'adattamento al lavoro? (domanda esame)*** L'adattamento al lavoro è un processo dinamico, dunque ciascun individuo ha un margine di flessibilità/tolleranza alla non corrispondenza. Quando questa incongruenza supera una certa soglia l'individuo potrà attuare due strategie: modificare le condizioni ambientali o modificare se stesso (i propri valori, le proprie capacità). La **perseveranza** è una delle variabili che descrivono quanto a lungo un individuo, dopo aver notato la non corrispondenza tra sé e l'ambiente di lavoro, mette in atto strategie di adattamento prima di decidere di cambiare situazione lavorativa. **Le ancore di carriera** ***Cosa sono le ancore di carriera (domanda esame)*** È un costrutto relativo al lavoro di **Schein**, studioso delle organizzazioni che promuove un approccio alle organizzazioni di tipo clinico, nel senso di attivare l'ascolto e l'autocura. Schein (1993) descrive la carriera come un processo di socializzazione caratterizzato dall'influenza reciproca e dalla continua negoziazione tra individuo e organizzazione. La carriera è, quindi, un elemento della relazione individuo-organizzazione, contemporaneamente legata a fattori stabili dell'identità degli individui. In linea con queste considerazioni, Van maanen e Schein (1977) elaborano il concetto di àncore di carriera che rimanda agli aspetti centrali del sé a cui la persona non rinuncerà, anche in situazioni difficili. Le ancore sono aspetti centrali del sé, a cui la persona non rinuncerà anche a costo di cambiare lavoro. Se non c'è corrispondenza tra ancore e lavoro si genera malessere. Le àncore di carriera sono un insieme di autopercezioni basate sui successi lavorativi, sull'autovalutazione e il feedback che l'individuo riceve rispetto a talenti, motivazioni, bisogni, valori, interessi. Esse guidano, determinano e stabilizzano le decisioni relative al percorso di carriera. L'àncora di carriera può essere predittiva delle scelte di carriera perché l'individuo cerca di mantenere, con la scelta del lavoro e dell'organizzazione, una coerenza con l'immagine di sé. Le ancore guidano e sono guidate dalla carriera. Schein e Delong individuano diverse ancore di carriera: - **Competenza manageriale**: leadership, intraprendenza, responsabilità, avanzamento, guadagno, problem solving, stabilità emotiva, competenze relazionali - **Competenza tecnica**: contenuti tecnici del lavoro - Sicurezza e stabilità (stabilità organizzativa e sicurezza geografica) - **Creatività e intraprendenza**: innovazioni e realizzazione di nuovi progetti - **Autonomia e indipendenza**: libertà dalle prescrizioni, dagli orari e dai vincoli sociali. Sono tutti aspetti che possono essere più o meno compatibili tra loro. Sono successivamente state aggiunte altre ancore tra cui: - **Identità**: prestigio derivante dall'appartenenza a una certa organizzazione - **Servizio**: aiuto agli altri e cambiamenti realizzati come frutto dei propri sforzi - **Varietà**: molteplici cambiamenti. Diversi studi hanno ampliato l'elenco di àncore. Tra le altre è stata introdotta l'àncora "**integrazione dello stile di vita**" (ricerca e mantenimento dell'equilibrio tra le diverse sfere della vita). **Carriera senza confini** Si sta passando in campo lavorativo dall'acquisizione di abilità ed esperienze che derivano dall'appartenenza a una singola organizzazione, a uno sviluppo "**senza confini**", basato sull'acquisizione di competenze, che evolve in direzioni inattese e che deriva dal passaggio a più contesti organizzativi. Questo in parte è positivo, in quanto permette di sviluppare competenze diverse, ma allo stesso tempo favorisce l'instabilità del lavoro. In questo scenario si colloca la **carriera boundaryless** (senza confini), come struttura emergente che caratterizza le nuove organizzazioni. La capacità di adattamento, intesa come l'abilità e la disponibilità a rispondere in modo efficace ai cambiamenti che generano nuove opportunità professionali, è un importante elemento distintivo delle carriere senza confine. La capacità di adattamento, intesa come l'abilità e la disponibilità a rispondere in modo efficace ai cambiamenti che generano nuove opportunità professionali, è un importante elemento distintivo delle carriere senza confine. Il "successo psicologico" si riferisce agli obiettivi personali raggiunti dall'individuo piuttosto che a quelli convenzionalmente imposti da terzi (genitori, pari, organizzazioni, società in generale). **Protean** Con il termine protean career si fa riferimento a un percorso di **carriera "proteiforme**", che può assumere diversi aspetti (come proteo, la divinità del mare): un processo gestito dalla persona e non dall'organizzazione. \[...\] comprende le diverse esperienze che la persona fa nell'istruzione, nella formazione, nel lavoro all'interno di varie organizzazioni e settori occupazionali ecc. Anche in questo caso per contro ha una iper-responsabilizzazione dell'individuo. Tutti questi aspetti riguardano lo psicologo del lavoro, che nella pratica può operare in diverso modo: - studi su occupazione e orientamento - progettazione e realizzazione di interventi orientativi nel sistema scolastico e universitario - progettazione e realizzazione di interventi orientativi, di progettazione di carriera, in strutture per il lavoro (enti di formazione professionale, agenzie per il lavoro,...) - accompagnamento all'inserimento lavorativo o al cambiamento di lavoro nelle organizzazioni - interventi di mentoring, coaching, counseling 04/10/2024 **Le differenze individuali** Le caratteristiche che le persone esprimono in relazione alla propria attività lavorativa rappresentano un elemento fondamentale al fine di comprendere e prevedere i comportamenti, le prestazioni e la qualità delle relazioni nei luoghi di lavoro. L'obiettivo della selezione del personale è proprio questo, capire fra i diversi candidati quali si comporteranno meglio in un ruolo in base alle proprie caratteristiche e abilità. La prima differenza individuale ad essere studiata fu il "**fattore G**" di intelligenza, attraverso la quale le persone acquisiscono conoscenze e risolvono problemi. I primi test utilizzati per la selezione del personale inizialmente erano proprio volti a valutare l'intelligenza. Da allora, l'interesse degli psicologi si è spostato sulla valutazione di molte altre variabili soggettive, quali le abilità fisiche, le conoscenze, la personalità, gli interessi, i valori, aspetti che esercitano un ruolo significativo nel determinare gli esiti individuali e organizzativi delle attività lavorative. Oggi, le differenze individuali considerate per la comprensione e previsione del comportamento lavorativo possono essere così classificate: abilità cognitive e psicomotorie, personalità, interessi, valori. **Le abilità** Rappresentano ciò che una persona è in grado di fare, ma possono essere distinte in varie categorie: intelligenza e abilità cognitive, abilità fisiche, abilità percettivo-motorie: - **Intelligenza e abilità cognitive**: capacità mentale molto generale che include ragionamento, acquisizione e processamento di informazioni, problem solving, progettazione, pensare in modo astratto, capire idee complesse, imparare e apprendere dall'esperienza. In realtà **Gardner** identificava un modello di intelligenze multiple, articolate in nove tipi di intelligenza, e ciascuno di noi può averne una più sviluppate di altre: 1. Logico/matematica: capacità legate al ragionamento deduttivo, all'analisi dei problemi e al calcolo matematico. 2. Linguistico/verbale: capacità di apprendere e usare le lingue in forma scritta e orale. 3. Corporeo/Cinestetica: capacità di usare la mente e il corpo per coordinare i movimenti 4. Visivo spaziale: capacità di riconoscere e utilizzare schemi di vario genere 5. Musicale: capacità di apprezzare la musica, talento nel comporre e suonare uno o più strumenti. 6. Intrapersonale: capacità di comprendere sé stessi e controllarsi. 7. Interpersonale: capacità di entrare in sintonia con gli altri, comprenderli e collaborare efficacemente. 8. Naturalistica: capacità di vivere in armonia con l'ambiente. 9. Esistenziale: capacità di riflettere su grandi temi come l'esistenza, la vita e la morte. - **Abilità fisiche**: comprendono abilità motorie di base (ad es. il tempo di reazione e la destrezza manuale) e abilità fisiche (ad es. la forza statica, cioè uno sforzo che porta a stare in una posizione statica, o dinamica, movimenti ripetuti). Secondo Hogan le caratteristiche che regolano le abilità fisiche sono: forza muscolare (potenza muscolare, resistenza muscolare e tensione neuromuscolare), resistenza cardiovascolare e qualità del movimento (flessibilità, equilibrio, coordinazione). - **Abilità sensoriali (percettive)**: funzioni fisiche della vista, dell'udito, del tatto, del gusto e dell'olfatto. - **Abilità psicomotorie**: stabilità braccio/mano, destrezza manuale, destrezza delle dita, precisione, coordinazione, orientamento, tempi di reazione, velocità polso-dito, velocità di movimento degli arti. **La personalità** Evidenze empiriche hanno confermato la relazione tra tratti di personalità e performance lavorativa. Storicamente si riteneva la personalità come qualcosa di stabile, ma gli studi più recenti la considerano come un tratto plastico della persona. La **life course perspective** di **Roberts** sostiene che, se da un lato le caratteristiche personologiche influenzano le esperienze e scelte individuali, dall'altro queste ultime influenzano lo sviluppo dei tratti personali lungo l'intero ciclo di vita. Le persone nell'ambito lavorativo quindi si modificano, perché influenzate dal contesto che hanno intorno. Uno dei modelli più utilizzati per descrivere la personalità degli individui è il **modello dei big five**. È il più utilizzato, ma è criticato per non essere del tutto esaustivo della personalità. Da questa teoria sono nati anche molti test che permettono di misurare i tratti di personalità. I 5 fattori forniscono una rappresentazione del modo in cui una persona risponde agli stimoli, determinando un profilo unico e irripetibile. Ciascun tratto deve essere inteso come disposto lungo un continuum. Queste dimensioni sono: energia, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura mentale. Dalle ricerche che hanno utilizzato questo modello è emerso che la dimensione che correla più positivamente con il successo lavorativo è la **coscienziosità**. Tuttavia, altri studi hanno anche mostrato che da un certo livello in poi di coscienziosità si passa a una performance negativa: infatti troppo elevata causa rigidità ed eccessiva attenzione su dettagli irrilevanti. Allo stesso modo anche una eccessiva stabilità emotiva può comportare un eccessivo controllo, mentre una energia troppo elevata può portare a un eccessivo focus su di sé e troppa sicurezza. Un altro tratto di personalità importanti nei contesti lavorativi è il **locus of control**. Persone diverse percepiscono di possedere un diverso grado di controllo sulle situazioni. Se prevale la tendenza psicologica a ritenere che gli eventi personali siano prodotti dai propri comportamenti, scelte o azioni si ha locus of control prevalentemente interno, caratteristica particolarmente diffusa tra chi fonda un'impresa. Quando prevale la tendenza psicologica ad attribuire la causa degli eventi a fattori esterni indipendenti dal proprio controllo e dalla propria volontà (come ad esempio il caso, la fortuna o il destino) si ha locus of control prevalentemente esterno. Sul luogo del lavoro, quindi, è importante che gli individui posseggano un locus of control interno, in quanto permette di mettersi in discussione rende maggiormente inclini alla crescita continua. Altri tratti di personalità sono: - **self-concept**: il modo in cui una persona considera se stessa in quanto essere fisico, sociale, spirituale e morale. - **self-monitoring**: grado in cui le persone riescono a controllare il modo in cui si presentano agli altri. - **autostima**: l'opinione sviluppata dall'individuo sul proprio valore in base a una complessiva valutazione di sé. Differisce dall'autoefficacia perché l'autostima ha un carattere generale, invece l'autoefficacia può cambiare da situazione a situazione. - **autoefficacia**: convinzione che il soggetto ha in merito alle proprie possibilità di riuscita in specifici compiti/situazioni. Rappresenta la convinzione personale di essere all'altezza di un determinato compito, di riuscire a portarlo a termine con successo, di "potercela fare" (l'autoefficacia è specifica). Ha una forte influenza sui risultati che le persone ottengono: un'alta autoefficacia crea una maggior probabilità di successo aumentando di conseguenza l'autoefficacia (si innesca un circolo virtuoso). Viceversa, una bassa autoefficacia porta ad una maggior probabilità di fallimento e per circolo vizioso alimenta la bassa autoefficacia e crea un sentimento di inettitudine acquisita. Fattori che influiscono sul senso di autoefficacia sono: esperienze precedenti, modelli di comportamento, persuasione dagli altri e valutazione dello stato fisico/emotivo. - **personalità di tipo a e di tipo b**: gli individui con personalità di tipo a sono competitivi, fortemente motivati al successo, costantemente dominati da un senso di urgenza e impazienza (al punto tale da apparire talora ostili). i soggetti con personalità di tipo b, al contrario, sono tendenzialmente più rilassati e hanno un approccio più semplice ai problemi della vita. - **proattività**: tendenza ad accettare e ricercare attivamente i cambiamenti, a pianificare il futuro e a perseverare di fronte agli ostacoli. - **resilienza**: la tendenza a far fronte a situazioni problematiche ed esperienze negative, mantenendo un atteggiamento fiducioso. spinge a vedere i cambiamenti e le avversità come opportunità e permette di mantenere ottimismo e speranza. - **antifragilità**: costrutto proposto da Taleb, va oltre la resilienza, e sottolinea la capacità di rinnovarsi ed evolvere a fronte di eventi negativi e inattesi in cui «ci si trova». Un altro modello che viene utilizzato nei contesti lavorativi per valutare la personalità è il **capitale psicologico**, che analizza quattro caratteristiche: autoefficacia, ottimismo, determinazione e resilienza. 09/10/2024 **Le competenze** Le competenze sono l'investimento più grande che una azienda possa fare. Insieme alle caratteristiche di personalità, valori e atteggiamenti, hanno un ruolo fondamentale nel predire i risultati che la persona riuscirà a raggiungere. La competenza professionale è una parte di una competenza più grande detta **competenza a vivere**: tutti ne siamo dotati per l'intero arco di vita, e inizia a svilupparsi quando il feto è ancora nell'utero, già i neonati posseggono una qualche competenza a vivere. È un qualcosa che accomuna tutti gli uomini, ma può essere espressa in modi e livelli diversi. La competenza a vivere è definita come un tutto unitario, dove parte cognitiva e affettiva stanno insieme, per quanto ci siano situazioni che richiamano più una parte rispetto all'altra. La competenza a vivere e intrapsichica e interpersonale: è un qualcosa che ha a che fare con l'individuo in quanto tale e si sviluppa nei processi della persona (intrapsichica), ma riguarda anche la relazione che la persona ha con il mondo (interpersonale). Questa competenza ha a che fare la capacità di riconoscere e produrre segni e simboli, e metterli insieme per avere relazioni (**nucleo della semeiotica, ermeneutica, narrativa**). Ma si basa anche su capacità legate all'intervenire e all'agire: definire schemi di regole, modelli e strumenti, riconoscere un ordine nel flusso di eventi e mettere in atto dei comportamenti finalizzati a d un obiettivo (**nucleo paradigmatico, ordinatorio, conativo**). La **competenza professionale** consiste nella competenza a vivere messa in pratica nei contesti sociali organizzati. Essa è contestualizzata e situata: dipende dal contesto e dal momento in cui viene messa in atto. È sempre finalizzata all'azione, in quanto le organizzazioni si muovono sempre al fine del raggiungimento di un obiettivo. Le competenze professionali possono essere apprese e trasmesse: si modificano per tutto l'arco di vita. Quindi la competenza professionale può essere espressa nei termini di "essere in grado di", raggiungere gli obiettivi assegnati nel proprio contesto di lavoro in questo momento. È il costrutto che utilizziamo nelle organizzazioni per rappresentare e descrivere l'insieme delle abilità cognitivo-affettive, relazionali, le doti, il sapere che una persona possiede ed esprime nella sua attività professionale. La competenza professionale è: - Osservabile (nelle azioni delle persone in contesti e situazioni specifici, comportamenti) - Valutabile (attraverso metodi e strumenti specifici) - Sviluppabile (formazione, autoformazione, coaching...) **Modello a tre vertici** Il **modello a tre vertici** è un modello che esprime le competenze professionali in tre termini: - Conoscenze: corrisponde al sapere - Capacità: saper fare, piano pratico - Qualità: saper essere Questi tre vertici sono poi suddivisi in tre sotto-vertici: il vertice della **conoscenza** si divide in sapere generale, sapere tecnico-specialistico (legate alla specifica professione) e sapere organizzativo (sapere cosa significa fare parte di una organizzazione). La conoscenza può essere sia esplicita (so di sapere) sia tacita (ciò che non so/non ricordo di sapere, ma utilizzo nelle attività lavorative. Deriva spesso dall'esperienza. Ci vuole sforzo di riflessione per metterla a fuoco.). Il secondo vertice delle **capacità** consiste nel saper fare (abilità manuali o concettuali) e possono essere di tipo tecnico specialistico, connesse allo svolgimento dell'attività di lavoro e all'utilizzo delle conoscenze, o di tipo trasversale, di natura più generica e flessibile, utilizzabili in compiti e attività differenti. Le capacità si dividono in: capacità trasversal**i**, che possono essere applicate a qualunque contesto, al di là del percorso di studi e del lavoro (es. problem solving); capacità tecnico-specialistiche (specifiche): capacità interpersonali, legate alla relazione con le altre persone (es. negoziazione). Il termine capacità si riferisce sia a ciò che una persona è capace di fare nel contesto di lavoro (**skill**), ma anche ai processi psicologici che stanno alla base di una risposta adeguata e competente (**attitudini**). Le attitudini sono abilità importanti per l'apprendimento e/o lo svolgimento efficace di un'attività professionale, anche se la relativa skill non è ancora stata acquisita. Il vertice delle **qualità** rappresenta il saper essere, le doti personali, gli atteggiamenti, gli interessi, le motivazioni, i valor ecc. indispensabili nello sviluppo dei comportamenti organizzativi. Determinano il grado di predisposizione a reagire nei confronti delle situazioni e costituiscono le chiavi di lettura attraverso cui si interpreta la realtà. Questo vertice si divide in: atteggiamenti e interesse, caratteristiche di personalità, motivazioni e valori. Le qualità, quindi, riguardano modi di pensare, sentire, scegliere linee di condotta da parte della persona. Esprimono nella situazione di lavoro le caratteristiche personali profonde, quali: - la relazione con se stessi: autoconsapevolezza, autostima - la relazione con gli altri: socievolezza, introversione/ estroversione - la relazione con l'ambiente: automonitoraggio, adattabilità **Modello isfol-inapp** È un modello che prende come riferimento competenze di base (per essere cittadini adattati al proprio contesto di vita), competenze tecnico-professionali (per essere in grado di svolgere un mestiere) e trasversali (utili nei differenti conteseti lavorativi). Considera ogni area di competenze sviluppabile con una pratica formativa diversificata. È orientato a proporre degli standard minimi utilizzabili nell\'ambito dei sistemi di formazione. ***(domanda esame: quali sono i tre vertici del modello isfol)*** **Competenze trasversali** Mentre in passato c'era una grande enfasi sulle competenze di mestiere e curricula di studio erano centrati su conoscenze e abilità di tipo tecnico che segnano i confini tra le professioni (l'ingegnere, il medico, l'avvocato ecc.), oggi viene sottolineata l'importanza delle competenze che sono alla base della possibilità di lavorare con efficacia a prescindere dalla propria qualifica e dal contesto. Ne esistono di varie categorie (non sono da imparare a memoria): - **Interpersonali**: - **teamwork**: capacità di lavorare in gruppo valorizzando lo spirito di squadra per risolvere i problemi e trovare una soluzione soddisfacente per tutti. - **collaborazione**: capacità di contribuire al conseguimento di un risultato comune, condividendo le informazioni e rendendosi disponibili a supportare gli altri. - **negoziazione**: capacità di gestire situazioni di competizione e di condurre trattative che richiedono mediazione, ricercando un risultato positivo e vantaggioso per tutte le persone coinvolte. - **gestione del conflitto**: capacità di riconoscere e gestire (non evitare) contrasti e divergenze, facendo in modo che i conflitti diventino costruttivi e motivo di scambio e confronto. - **comunicazione**: capacità di comunicare e argomentare il proprio pensiero in modo fluido e chiaro, adattando lo stile di comunicazione al contesto e all'interlocutore. - **ascolto**: capacità di ascoltare il punto di vista dell'altro, trovando punti di convergenza. - **public speaking**: capacità di esporre e comunicare in maniera efficace di fronte ad altre persone, di interessare e coinvolgere un pubblico di interlocutori. - **influenza**: capacità di convincere il proprio interlocutore, di portarlo a condividere il proprio pensiero e punto di vista. - **Gestionali**: - **leadership**: capacità di guidare e ispirare gli altri, di essere punto di riferimento ed esempio, di esercitare un'influenza positiva, di costruire e condividere la visione e di orientare lo sforzo professionale di tutti alla realizzazione degli obiettivi. - **gestione del gruppo**: capacità di coordinare più persone verso il raggiungimento di obiettivi comuni, indirizzando le priorità di azione e stimolando integrazione, confronto e dialogo costruttivo. - **visione strategica**: capacità di ricercare e adottare costantemente una visione complessiva e sistemica del proprio lavoro e del proprio ruolo, che permetta di definire piani di azione coerenti con gli obiettivi strategici. - **Realizzative**: - **orientamento al risultato**: capacità di essere costantemente focalizzato sul conseguimento degli obiettivi definiti, assicurando l'eccellenza degli output, e di garantire il risultato nei tempi definiti, anche in caso di criticità e imprevisti. - **organizzazione**: capacità di prevedere, organizzare e pianificare in anticipo il lavoro e le attività, propri o altrui, tenendo conto delle risorse a disposizione, delle esigenze organizzative e delle priorità di realizzazione. - **problem analysis & solving**: capacità di analizzare in modo articolato e approfondito i problemi con metodo e precisione; capacità di scegliere la soluzione migliore tra le alternative possibili dopo aver valutato i pro e i contro di ciascuna. - **decision making**: capacità di effettuare scelte con ponderatezza e tempestività, anche in situazioni di rischio o mancanza di informazioni, assumendosi la responsabilità delle decisioni e dei risultati. - **gestione del tempo**: capacità di gestire, organizzare e monitorare i tempi di lavoro, in modo da garantire efficacia ed efficienza nel raggiungimento dei risultati da rispettare e nel rispetto delle priorità e delle scadenze. - **apertura al cambiamento**: capacità di essere flessibili e saper convivere con l'incertezza; adattare il proprio comportamento al mutare della situazione e delle persone; operare efficacemente anche in situazioni incerte o contrarie. **Valutazione delle competenze in azienda** Molti processi di people management partono dalle competenze: valutazione delle performance e del potenziale, recruiting, selezione, formazione, compensation (ciò che l'azienda riconosce alle persone in termini materiali ed economici). Si basa sul **modello di competenza** che rappresenta un media per descrivere, confrontare e costruire competenza, per dotare di senso e interpretare l'azione individuale in rapporto allo specifico contesto organizzativo. Anche il livello di seniority, di esperienza in un determinato settore può avere un'influenza. 16/10/2024 Per la valutazione delle competenze vengono osservati i comportamenti, si interpretano e lo si inferisce alle competenze sottese. Il termine **interpretazione** si riferisce a un processo interpretativo è quello che consente di dare senso, di attribuire un significato a quello che l'osservatore sta vedendo ("quello che sta facendo significa che..."). Il termine **inferenza** invece riguarda il processo che consente di ricondurre ciò che l'osservatore vede, o crede di aver capito, alle competenze sottese: attribuisce ciò che interpreta ad un campo di significati condivisi ("allora possiede la competenza..."). **L'assesment center** è un metodo di valutazione del potenziale in grado di rilevare il legame tra comportamenti osservabili nelle prove e competenze sottese. Ha come finalità quella di individuare competenze e potenzialità di possibili candidati rispetto alla copertura ottimale di un ruolo organizzativo. Prevede una valutazione standardizzata del comportamento basata su molteplici input. Sono usate diverse tecniche e più osservatori addestrati. Le valutazioni sul comportamento sono basate, per la maggior parte, su simulazioni appositamente sviluppate. Queste valutazioni sono integrate attraverso una riunione dei valutatori e un processo statistico. Le competenze hanno anche a che fare con la formazione. È possibile strutturare degli interventi di formazione che aiutino alla creazione di competenze trasversali. 10/10/2024 **Gli interessi e i valori** **Gli interessi** Gli interessi rispondo alla domanda "cosa mi piace", sono definiti da preferenze (o rifiuti) per determinate attività lavorative, accademiche o del tempo libero. Promuovere il riconoscimento dei propri interessi evita la dispersione nel mondo del lavoro, e permette di aiutare gli individui a capire dove mettere le proprie risorse. Da sempre gli psicologi del lavoro hanno avuto come obiettivo la rilevazione degli interessi, e si sono utilizzate strategie differenti: - interessi espressi in presenza di esplicite richieste a proposito delle proprie preferenze nei confronti di compiti, attività, materiali e occupazioni (...) - interessi manifestati dalla persona nel corso di attività sistematiche di osservazione diretta - interessi "testati" tramite il ricorso a prove in grado di evidenziare le conoscenze e le informazioni che la persona possiede a proposito di diverse attività. - interessi rilevati tramite autovalutazioni. Anche se sono le attitudini, le capacità cognitive, le principali determinanti del successo (scolastico e lavorativo), gli interessi indicano la direzione in cui il soggetto orienta i suoi sforzi; la congruenza tra interessi personali e attività svolta determina la soddisfazione e la motivazione. Le teorie degli interessi, tuttavia, sono prevalentemente strutturali, non spiegano come essi si sviluppano e/o consolidano ma ne definiscono la struttura. **Modello di Holland** Holland propone un modello che raggruppa gli interessi in sei vertici: Realistico, Investigativo, Artistico, Sociale, IntraprendentE, Convenzionale (RIASEC). Il modello propone un test da cui si rileva un codice di tre lettere da cui emergono personalità congruenti con lavoro e interessi. I vertici adiacenti sono maggiormente correlati. La congruenza è fonte di soddisfazione, stabilità e efficienza. Nel modello di Holland ci sono delle debolezze: alcune professioni sono eccessivamente connotate al maschile, inoltre l'ambito della ricerca è dirottato esclusivamente sulle materie STEM. Holland non è stato l'unico a studiare gli interessi: anche **Strong e Campbell** propongono il loro modello: a ogni occupazione corrisponde uno specifico pattern di interessi; sulla base degli interessi, è possibile differenziare le persone impegnate in una specifica occupazione da quelle che ne svolgono altre. è modello che procede a ritroso: si parte dai lavoratori e poi si cercano gli interessi, ciò però comporta che gli interessi possano essere influenzati dal contesto. **Kuder** invece propone un modello per cui le persone manifestano interessi prevalenti per attività categorizzate come lavori all'aperto, tecnici, di contabilità, scientifici, basati sulla persuasione, artistici, letterari, musicali, di servizio sociale e d'ufficio. **I valori** Sono definiti come preferenze o rifiuti per determinate finalità o stili di vita, descritti a livello di maggior generalizzazione rispetto agli interessi (per esempio, "per me è più importante servire gli altri che avere riconoscimenti pubblici del mio valore"). Rispondono alla domanda "cos'è importante per me". Gli interessi si stabilizzano più tardi rispetto agli interessi, e dall'adolescenza in poi sono abbastanza stabili. Il contesto influenza la maturazione dei valori. Nell'ambito della psicologia i valori sono stadi studiati da **Allport**, che intendeva i valori come elementi stabili e tra loro distinti; in tempi più recenti invece prevale la concezione secondo cui gli individui creano proprie gerarchie di valori, personali e flessibili, a partire dalla cultura di appartenenza. **Rokeack** affermava invece che il valore è "Una credenza durevole che uno specifico modo di condurre o portare a compimento l'esistenza sia preferibile, personalmente o socialmente, a un modo opposto o diverso di portare a compimento l'esistenza". Il sistema di valori è relativamente stabile; può variare la priorità tra i valori stessi. I valori occupano una posizione centrale nel sistema cognitivo delle persone e possono determinare gli atteggiamenti; i valori trascendono la situazione, sono personali e interni; i valori sono sia stabili sia mutevoli: la rosa dei valori importanti per una persona ad un certo punto si stabilizza, ma quelli meno centrali possono cambiare o essere gerarchizzati in maniera diversa. ![](media/image2.png)**Modello di Schwartz** I valori sono possono essere complementari o in contrapposizione: Schwartz propone un asse lungo cui si possono disporre valori diversi: i vertici sono apertura al cambiamento, autotrascendenza, autoaffermazione e conservativismo **Progetto WIS (Work Importance Study)** Il progetto è legato al lavoro di Super e in Italia o coordinato da Trentini (coinvolge più di dieci paesi). L'obiettivo è comprendere l'importanza che il ruolo lavorativo ha nella vita delle persone e rilevare i valori. Il progetto ha dato origine a uno strumento di rilevazione dei valori (WIS/SVP) e ha consentito di osservare l'emergere di 5 orientamenti valoriali nelle diverse nazioni: - Orientamento materialistico (concezione pragmatica e utilitaristica del lavoro) - Orientamento al sé (lavoro come mezzo di autoespressione) - Orientamento agli altri (lavoro come strumento di relazione) - Orientamento all'indipendenza (importanza di indipendenza e autonomia) - Orientamento alla sfida (competizione e agonismo). **Insicurezza lavorativa** In passato era possibile prevedere l'andamento del mercato del lavoro. Oggi invece non è più possibile, sempre più posizioni lavorative "insicure" nel mercato del lavoro (da un punto di vista contrattuale, stage, tempo determinato ecc.). Percependo che il lavoro insicuro comporta il sentire di dover lavorare prima di più (per mostrare di essere indispensabili) e poi di meno (per stanchezza o perché è andata male). L'insicurezza lavorativa può essere definita come "l\'impotenza percepita nel mantenere la continuità desiderata in una situazione di lavoro minacciata", "la percezione di una potenziale minaccia alla continuità del lavoro attuale", "la percezione di una potenziale minaccia alla continuità del lavoro attuale". Il concetto psicologico di insicurezza lavorativa fa riferimento alle preoccupazioni relative alla continuità del lavoro, vale a dire alla paura dei lavoratori di perdere il lavoro e restare disoccupati. L'insicurezza è considerata un concetto multidimensionale: - Cognitiva o affettiva - Oggettiva o soggettiva (contrattuale o è solo una paura) - Incertezza riguardo al futuro - Dubbi relativi alla continuità del lavoro così com'è (non la paura di perdere il lavoro, ma che cambi) 11/10/2024 L'insicurezza può essere quantitativa o qualitativa: - insicurezza **quantitativa** si riferisce alla continuità (o alla perdita) del lavoro stesso - insicurezza **qualitativa** si riferisce all\'insicurezza riguardo ad aspetti positivi del lavoro (retribuzione, orario di lavoro, colleghi, contenuto del lavoro...) e determina importanti conseguenze nell'atteggiamento lavorativo Il livello di insicurezza varia a seconda della discrepanza tra livello di sicurezza sperimentato da una persona e quello che la persona stessa preferirebbe. **Conseguenze dell'insicurezza lavorativa** L'insicurezza può avere conseguenze negative sul benessere delle persone. Il processo talvolta comporta una fase di intensificazione del lavoro, peggioramento della qualità, rischio di eccessivo workload (anche con la ricerca di lavori diversi da fare tutti insieme), questo però dura poco, quando il carico di lavoro è eccessivo le prestazioni si abbassano; ci sono rischi sanitari associati: l'insicurezza può portare a comportamenti disfunzionali e alla slatentizzazione di psicopatologia. Può avere conseguenze dirette o peggiorare la realtà generale della persona. Sono state messe in luce molteplici conseguenze negative dell'insicurezza lavorativa sul benessere per lavoratori a tempo indeterminato: il contratto è già sicuro, ma possono avvenire comunque crisi in un determinato settore. In questo caso è bene che l'organizzazione dichiari cosa sta per succedere e che misure verranno prese. Quando si teme di perdere un lavoro le strategie di coping possono essere: strategia problem focused, trovo un nuovo lavoro. Questa strategia però diventa a sua volta una forma di stress, per cui lo psicologo del lavoro deve favorire nel paziente anche le strategie che aiutano a gestire l'impatto emotivo (emotion focused). Le conseguenze dell'insicurezza lavorativa sono: - conseguenze negative sul fronte degli atteggiamenti verso organizzazione e lavoro: non è solo un problema a livello individuale, anche l'organizzazione avrà delle conseguenze: i lavoratori rischiano di andare in burnout e genera in loro un atteggiamento negativo verso l'azienda. Non c'è più collaborazione con l'azienda: il lavoratore può continuare ad essere parte dell'organizzazione (magari perché ha un profilo che non gli permette di cambiare lavoro), ma non saranno più una risorsa. - aumento di stress e patologie psicosomatiche - livelli più elevati di esaurimento Il primo modello che è stato utilizzato per comprendere perché l'insicurezza ha questi effetti è il **modello di deprivazione latente**: si parte dai bisogni del lavoratore, il lavoro soddisfa esigenze diverse (guadagnare un reddito, avere contatti sociali al di fuori della famiglia, essere in grado di strutturare il proprio tempo e di svilupparsi individualmente e socialmente), perderlo o temere di perderlo genera malessere. Allo stesso tempo ciò è dovuto al fatto che vi è un indebolimento del **contratto psicologico**, inteso come la percezione degli obblighi reciproci tra le due parti. La job insicurity è una fonte di stress ed è un processo multifattoriale. I contesti nazionali, le politiche di welfare, le culture del lavoro, influenzano il modo in cui l'insicurezza è percepita dai singoli ed è gestita. Gli aspetti che entrano in gioco sono: - ruolo del contesto nazionale: mercato del lavoro/sistema di welfare - ruolo dell'organizzazione: comunicazione, leadership, chiarezza ruoli e, politiche di sviluppo; fusioni, riorganizzazione. L'organizzazione può provocare insicurezza in ambiti come: - cambiamento organizzativo - cambiamento tecnologico - caratteristiche dei lavoratori - caratteristiche del lavoro - ruolo delle caratteristiche personali: locus of control, autoefficacia, resilienza, adattabilità Le conseguenze dell'insicurezza possono esistere su più livelli: individuale vs organizzativo, a breve termine vs a lungo termine. Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, design **Occupabilità** Vi è una necessità crescente di essere impiegabili per la sostenibilità del proprio futuro occupazionale. Fattori individuali possono migliorare l\'occupabilità dei lavoratori. Indica la possibilità di trovare un\'occupazione alternativa, sia sul mercato del lavoro interno che sul mercato esterno. C'è correlazione positiva tra occupabilità e soddisfazione lavorativa e autovalutazione dello stato di salute sia tra i dipendenti permanenti che temporanei. L'occupabilità è una adattabilità specifica che consente ai soggetti di individuare e sfruttare le opportunità di carriera. Il modello di Fugate mostra che essa è data da un equilibrio tra tre fattori: - Adattabilità personale: capacità di cambiare alcuni aspetti personale (evitando però di rinunciare alla propria identità) - Capitale sociale e umano: relazioni costruite e esperienze personali, chi conosci, quanto nella vita ci si è fatti conoscere e quanto si può adoperare ciò per arricchire il proprio profilo di competenze. - Identità di carriera: chi sono e chi voglio diventare L'occupabilità riduce gli effetti negativi dell'insicurezza in quanto comporta un senso di controllo sulla propria carriera e quindi benessere. **Hobfoll** ha proposto una teoria secondo cui gli esseri umani sono portati a protegge le proprie risorsi, e nel momento in cui sentiamo di averne perse sperimentiamo malessere e cerchiamo di crearne di nuove. A volte però questo malessere è troppo alto, e allora entra in campo lo psicologo del lavoro che offre sostegno. Una delle tecniche che l'organizzazione può usare per mitigare l'insicurezza è la formazione. L'organizzazione può aiutare i lavoratori a creare nuove competenze. La percezione di occupabilità "interna" è una responsabilità condivisa dai dipendenti e dai datori di lavoro: i datori di lavoro forniscono ai dipendenti la formazione e le opportunità di crescita e sviluppo e i dipendenti contribuiscono a cogliere tali opportunità. A volte sono proprio gli psicologi che pianificano ed erogano i percorsi di formazione. La responsabilità della sicurezza lavorativa è condivisa, sia da un punto di vista etico che di profitto: - Qualità individuali - Politiche di governo e datore di lavoro - Competenze specifiche legate all'occupazione - Situazione del mercato del lavoro **La vita emotiva delle organizzazioni** L'immagine classica di organizzazione è quella della macchina ed è pensata come priva di emozioni, che potrebbero essere interferenze, disturbi. Ma in realtà non è così: nel momento in cui le persone sono in relazione ad un compito le emozioni esistono. La scoperta della vita emotiva delle emozioni risale agli anni '30 con uno studio di Mayo: è partito da un esperimento dell'illuminazione. Si è notato che con un cambiamento nell'illuminazione provocava un'attivazione nelle persone e una maggiore produttività. Si è allora reso conto di quanto la relazione sia importante nella vita lavorativa: se il personale sente di essere accudito diventa più produttivo. Si passa così da un modello di organizzazione deumanizzata a una consapevolezza che le forze emotive dei lavoratori sono irriducibili, sollecitate ogni giorno e particolarmente attivate in momenti specifici (cambiamenti, transizioni, crisi). **Lessico delle emozioni nella psicologia del lavoro** - **Affetto**: termine generico di ampia portata - **Emozione**: sono accompagnate da modificazioni fisiologiche (distinzione tra arousal e appraisal theories), espressioni facciali e comportamenti caratteristici. Hanno una natura incerta, alcune sono definite "primarie", possono essere intrecciate tra loro, sono intense e di breve durata (trama emozionale) - **Sentimento**: elemento soggettivo di ciò che si prova, ciò che sentiamo in maniera autentica e intima (fineman, 1996, 2003). Sono meno intensi delle emozioni ma più durevoli - **Umore**: stato affettivo di lunga durata, distintivo di un individuo per un periodo di tempo più lungo (distinzione tra umore stabile e "umoralità") **Approccio psicodinamico in organizzazione** Quando si utilizza il termine psicodinamico si fa riferimento a tutte quelle prospettive che forniscono teorie e modelli esplicativi a proposito delle fonti di energia del comportamento umano, delle forze motivazionali e di come esse sono vissute all'interno delle relazioni. La parola chiave di questo approccio è "within". Ansia, autorità, confini, tempo, compito primario rappresentano concetti centrali e sufficientemente condivisi. L'approccio psicodinamico si colloca all'interno della psicologia e include la psicoanalisi, la psicologia analitica, la psicologia interpersonale e la field theory: pone al centro l'individuo (il suo "mondo interno") e la sua relazione con il contesto. Si contrappone invece a tutti quegli approcci che considerano il comportamento direttamente osservabile e controllabile. Gli elementi distintivi di questo approccio sono: - Un metodo di studio degli aspetti inconsci a livello individuale, di gruppo e del sistema organizzativo. L'approccio psicodinamico si propone di cogliere le logiche inconsce per comprendere ciò che appare non comprensibile. - Una particolare attenzione per alcuni concetti specifici della letteratura psicoanalitica (clinica), quali quelli di transfert e controtransfert, difesa psicologica, proiezione, identificazione proiettiva - Una tensione verso l 'esplorazione della soggettività, dei sogni, dell'immaginazione, della fantasia, al fine di cogliere le ragioni di quelle discrepanze tra ciò che si vorrebbe e ciò che ci si trova a fare **Menzis** ha condotto uno studio presso il personale infermieristico di un ospedale londinese: l'autrice ha evidenziato i meccanismi utilizzati per far fronte ai vissuti emotivi (pietà, compassione, amore, odio, colpa, risentimento, odio, a volte intrecciati) legati alla relazione con i pazienti e i loro familiari. Quello che osserva è che il personale svegliava i pazienti per dare i sedativi: ciò era dovuto ha un tentativo di evitare l'imprevisto. Le prescrizioni servono per generare una situazione di controllo in condizioni in cui il controllo è basso. Dallo studio si sono osservati: - Elevata specializzazione e riduzione al minimo del contatto con il paziente - Spersonalizzazione dei pazienti (indicati con numeri) - Riduzione delle decisioni da prendere (presenza di lista di compiti da eseguire) - Mancanza di chiarezza nella distribuzione delle responsabilità formali. 17/10/2024 Questi fenomeni possono essere spiegati in ottica psicodinamica (Freud, Bion, Klein...). In questi termini, le emozioni hanno in sé l'energia del «movente» (emozioni e motivazione). Le emozioni sono un impulso profondo: rappresentano il collante dei gruppi ma sono anche le forze che possono portare alla distruzione. I comportamenti sono sempre il prodotto di una qualche emozione. L'approccio psicodinamico si è concentrato, in particolare, su alcuni costrutti: - ansia e fonti d'ansia - riattivazione di ansie primarie - fantasie - meccanismi di difesa - emozioni e comportamenti. I primi contributi psicodinamici allo studio della vita emotiva nelle organizzazioni richiamano le teorie della Klein e di Bion. Eliot **Jaques** (1951, 1955) può essere considerato il fondatore del paradigma delle difese contro l'ansia. Alla base di questo paradigma è l'idea che il lavoro è in sé una fonte d'ansia perché implica il rischio di fallire. Gli individui costruiscono e scelgono dunque le organizzazioni per difendersi da due tipi di ansia: - ansie paranoidi, primitive (paura di essere annientati e distrutti); - ansie depressive, timori di «non essere capaci», di «fallire». Emerge una visione strumentale dell'organizzazione. Per difendersi da queste ansie le persone scelgono di stare insieme in organizzazioni. Tuttavia, anche in esse si riproducono le stesse forme di relazioni che generano ansia. Jaques afferma che, osservando le istituzioni, potremmo trovare esempi di irrealtà, scissione, ostilità, sospetto. Ciò accade perché le persone si uniscono in organizzazione per proteggersi dalle angosce e dalle paure, si utilizzano reciprocamente a questo scopo dando origine a relazioni cariche di significati che «disturbano» la relazione stessa (v. studi del Tavistock; lettura di fenomeni di vittimismo, arroganza, passività, creazione del capro espiatorio). Le organizzazioni nascono per proteggere dall'ansia ma, se non curate, producono ansia. **Approccio costruttivista** Secondo quest'ottica le emozioni sono apprese nei contesti sociali e culturali e alla loro espressione sono associate reazioni corporee (apprese) il cui significato dipende dalle circostanze e dalle interazioni discorsive degli attori organizzativi. Il lessico delle emozioni evoca il loro significato culturale (nostalgia, ad esempio, negativo in russo, greco e tedesco, e positivo in inglese) e le narrazioni veicolano i significati emotivi legati a un evento o a una persona. Noi impariamo a sentire e esprimere emozioni in base al contesto in cui viviamo., e questo aspetto si riflette anche nel linguaggio. Questo approccio si è concentrato in particolare su: - **Emotional labour**: Indica la risposta a una richiesta esplicita da parte di un'organizzazione di generare o sopprimere alcuni sentimenti al fine di sostenere una palese espressione del volto che produca un appropriato stato mentale negli altri, ad esempio sentirsi curati e accuditi (**Hochschild**, 1983, pp. 6-7; studio su assistenti di volo). In ambito lavorativo ci si concentra su: gestione delle emozioni per esprimere ciò che corrisponde alle richieste della propria organizzazione. I processi che si attivano sono: **surface acting** (si simula una emozione non provata, si può provare dissonanza cognitiva immediata, ma poi passa, non toglie identità) e **deep acting** (ci si immedesima così tanto da provare effettivamente l'emozione simulata; consente di portare a risultati migliori ma a lungo termine provoca alienazione) - **Emotion work**: è il controllo dei vissuti per creare una facciata coerente con il contesto (è l'azione che la persona mette in atto) - **Emotional dissonance**: controllo delle emozioni provate e manifestazione di vissuti emotivi coerenti con le richieste dell'organizzazione; possibili ricadute negative in termini di malessere, è una delle principali determinanti del burnout (v. surface acting) - **Emotional display**: esibizione di un'emozione, soggetta a norme culturali - **Emotional** **zones**: setting organizzativi che rinviano a regole diverse fanno si che le emozioni vengano espresse in maniera differente (ufficio, corridoio, sala riunioni,...). 16/10/2024 **Ambiente e sicurezza sul lavoro** Uno dei doveri delle aziende è quello di rendere il più sicuro possibil e l'ambiente di lavoro per propri dipendenti. Il fattore umano nelle tematiche sulla sicurezza sul lavoro è fondamentale: nonostante l'elevata automazione, in tutti i settori il fattore umano rimane elemento fondamentale di ogni attività lavorativa. Anche se un compito è svolto da una macchina, il suo funzionamento dipende da persone. Il fattore umano determina spesso il successo di un'organizzazione. Ciò nonostante, le azioni messe in atto per garantire la sicurezza dei lavoratori sono ancora poche e insufficienti. In Italia nel 1994 viene introdotta la **legge 626**, poi rinnovata nel 2008 con il decreto legislativo 81, che definisce un sistema preventivo centrato su: - La valutazione dei rischi (tra cui rischi psicosociali e stress lavorocorrelato, aggiunti nel 2008) da parte del datore di lavoro da fare periodicamente; - L'obbligo per l'azienda di avere un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS); - L'obbligo per l'azienda di avere un servizio di prevenzione e protezione; - L'obbligo per l'azienda di avere un responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP). I **fattori nocivi** che non favoriscono la sicurezza si distinguono in: - **Generici** (es. luce, rumore, temperatura, ventilazione, umidità). - Tipici della **produzione** (es. polveri, gas, vapori, fumi, radiazioni). - Relativi alla **fatica fisica e psico-fisica** (es. ritmi eccessivi, monotonia, ripetitività, attenzione, interruzioni...) Tutto ciò può portare **all'incidente**: esso è un evento atteso e non pianificato che porta a esiti indesiderabili per persone (infortunio) o cose (incidente senza lesioni). Esso è definito evento in quanto di breve durata e per lo più improvviso, ed è collegato in una certa misura ad azioni umane (e non semplicemente a eventi naturali). Per **infortunio** invece si in tende un evento avvenuto per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un'inabilità temporanea che comporti astensione dal lavoro per più di tre giorni. L'infortunio è comunque temporaneo. Diversa è la **malattia professionale**, che è definita come evento dannoso che incide sulla capacità lavorativa della persona e trae origine da cause connesse allo svolgimento della prestazione lavorativa. **INAIL** è l'ente disposto ad intervenire nel momento in cui ci sono infortuni o malattie professionali. I datori di lavoro devono assicurare contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali tutti i dipendenti. Tale assicurazione è gestita dall'INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni su Lavoro) e ha l'obiettivo di garantire al lavoratore: - Prestazioni sanitarie relative alle prime cure. - Prestazioni economiche. - Forniture di apparecchi di protesi. **Psicologia e sicurezza** C'è una branca specifica della psicologia che si occupa di sicurezza detta **ergonomia**, e permette di progettare strumenti che siano adatti al lavoratore in un determinato contesto, e sicuri. L'ergonomia studia aspetti come: - Aspetti antropometrici, fisiologici, percettivi e cognitivi (legati all'adattamento fisico della postazione, delle attività e degli strumenti di lavoro) - A questi si aggiungono gli aspetti di natura psicosociale (ad esempio stress, mobbing, burnout Quindi la psicologia può intervenire in ambito di prevenzione, progettazione e intervento. **Teorie sull'analisi degli incidenti** Non è da molto che si studia in ottica di sicurezza sul lavoro. I primi studi sono stati compiuti negli anni '60. L'a**pproccio** era **tecnico-ingegneristico-normativo**. L'obiettivo era migliorare gli strumenti e la loro affidabilità. Solo dagli anni '70 ci si è resi conto del ruolo che ha l'uomo in quest'ottica. Ci crea allora un **modello basato sulla persona**. La componente umana diventa uno degli elementi rilevanti come causa dell'incidente (stress, abbassamento dell'attenzione, sovraccarichi cognitivi). A partire dagli anni '90 si è arrivati a conoscere che le problematiche che portano ad incidenti sono un mix di tutti questi aspetti. Si è giunti allora **all'approccio organizzativo socio-tecnico**: gli incidenti sono causati dall'insieme di più componenti: tecnologica, umana, organizzativa, contesto. Tra le principali cause che si trovano all'origine di incidenti generalmente ci sono: - Insufficiente gestione e manutenzione degli impianti. - Inosservanza delle norme di sicurezza. - Gravi carenze nell'addestramento degli operatori **Tipologie di errore umano** Gli errori umani possono essere di vario tipo. Si distingue tra intenzionali e non intenzionali. 1. **Non intenzionali**: - **Sviste (slips**): l'errore è provocato da azioni che deviano dal loro corso previsto, senza che la persona se ne renda immediatamente conto. L'intenzione è corretta ma l'azione non è congruente con l'intenzione (es. routine errate, intrusione di abitudini) - **Dimenticanze (lapses**): errori di esecuzione causati da un venir meno della memoria, omissioni nello svolgere azioni (es. allegare documento). Slips e lapses sono riferiti generalmente a malfunzionamento cognitivo, costituiscono fallimenti di esecuzione di un compito. Sono perlopiù presenti in compiti di tipo routinario, molto familiari e basati sull'uso di competenze elementari e di processi cognitivi automatici. 2. **Intenzionali**: - **Sbagli (mistakes**): difetti o malfunzionamenti dei processi intenzionali di giudizio. L'errore è provocato da un'azione guidata da un'intenzione non appropriata. Alla base dell'errore c'è una errata interpretazione del problema o delle soluzioni adottate per risolverlo (es. errata interpretazione di un segnale, limiti conoscitivi, eccessiva sicurezza del decisore). L'intenzione può essere corretta per il lavoratore, ma sbagliata a monte. C'è coerenze tra azione e intenzione, ho l'intenzione di fare qualcosa, che poi risulta sbagliato. - **Violazioni**: azioni che vengono eseguite, anche se espressamente vietate da norme. Inosservanze deliberate delle procedure e delle regole di sicurezza. Mistakes, slips e lapses consistono in un fallimento temporaneo del sistema cognitivo, le violazioni rappresentano invece una deliberata scelta di azione non sicura. Quasi sempre gli incidenti sono generati da un intreccio di errori umani e no, che possono essere distinti tra: - **Errori attivi**: sono associati alle prestazioni degli operatori. - **Errori latenti**: sono generati «a distanza» nella progettazione delle attrezzature, nelle decisioni manageriali, nella cultura di sicurezza (l'errore c'è sempre stato, semplicemente non si è ancora creata il mix di situazione che ha portato all'incidente). Dato che ogni situazione ha possibili fattori di pericolo, si utilizza il **Modello del formaggio svizzero**: li buchi sono i pericoli, le fette sono barriere protettive. Se i buchi si allineano si genera l'incidente. Un sistema di sicurezza dovrebbe prevedere a monte tante barriere protettive che dovrebbero garantire la sicurezza. le barriere possono essere fallate, quindi possono esserci dei buchi. Il fatto che siano tante le barriere dovrebbe sempre garantire di evitare un incidente, ma se diverse lacune e problematiche si allineano si crea la situazione favorevole per un incidente. I near miss sono i quasi incidenti, situazioni in cui un incidente è stato scampato e ha fatto rendere conto della presenza di una lacuna nel sistema. La segnalazione dei near miss è necessaria per intervenire e migliorare i sistemi di sicurezza. ![Immagine che contiene testo, diagramma, schermata, Carattere Descrizione generata automaticamente](media/image4.png) Anche il carico di lavoro è un fattore importante sulla sicurezza: quando il carico è troppo, è molto probabile che un lavoratore compia degli errori. 18/10/2024 **La percezione del rischio** La percezione del rischio è il grado con cui un lavoratore sente che svolgere la propria attività o utilizzare un dato strumento mette a rischio la sua sicurezza. Alcuni importanti fattori nella percezione del rischio riguardano la valutazione delle conseguenze (Quali? Quanto gravi?) e della loro probabilità (Quanto probabili?). Gli errori che le persone commettono spesso dipendono anche dalle proprie caratteristiche personali, come la percezione del rischio che soggettivamente gli individui sperimentano. Una possibile spiegazione del perché i lavoratori non si attengano alle procedure di sicurezza (dall'uso dei Dispositivi di Protezione Individuale alle precauzioni operative rispetto a un compito lavorativo), può essere dovuta al fatto che essi non sanno/non percepiscono alcun rischio associato alla situazione di lavoro in cui sono impegnati. Se ciò avviene è importante che l'organizzazione promuova corsi di formazione e la divulgazione dei DPI e ripreda i lavoratori che non li adoperano. L'azienda attraverso controlli ha ala responsabilità di far rispettare le norme di sicurezza. La percezione del rischio coinvolge **l'attenzione** (capacità di monitorare l'ambiente) e l'elaborazione di una vasta gamma di informazioni relative ai pericoli che provengono da: - Esperienze dirette di situazioni pericolose e di incidenti. - Fonti esterne (massmedia, colleghi di lavoro, formazione, opuscoli aziendali, ecc.) Gli incidenti sono considerati eventi rari e la continua assunzione di rischio ed esposizione al rischio può inoltre portare alla percezione che fa dire "non può succedere a me". È stato evidenziato che un senso di "**irrealistico ottimismo**" rispetto alla probabilità di essere coinvolti in un incidente cresce proporzionalmente all'esperienza. Cooper e Cotton (2000) ricordano che molte persone possono accettare in maniera fatalistica un'assunzione di rischio come parte della propria vita lavorativa quotidiana. Un aspetto della personalità che è stato studiato in relazione alla sicurezza al lavoro è quello del **locus of control.** Jones e Wuebker (1993) hanno mostrato che lavoratori appartenenti a gruppi a "basso rischio" erano più orientati internamente; in studi successivi venne riportato che lavoratori orientati esternamente erano soggetti a più incidenti. Questo accade perché coloro che hanno locus of control esterno pensano che gli eventi accadano a causa di qualcosa di esterno su cui non hanno il controllo, per cui il proteggersi o no non farebbe la differenza sulla propria sicurezza. **Ambiente di lavoro** L'ambiente rappresenta un elemento primario per il benessere, la salute e la sicurezza delle persone. Per progettare un ambiente adeguato bisogna considerare gli aspetti: - Fisico-dimensionali (superficie disponibile, layout degli spazi, arredi, strumenti da utilizzare, ecc.). - Microclima (temperatura, umidità, illuminazione, rumore, ecc). - Organizzativi (procedure di lavoro, attività da svolgere, competenze possedute, ecc.). **Fattori di rischio** Quando l'attività svolta è principalmente fisica, è necessario che ciò che viene richiesto non sia superiore alle capacità del lavoratore in uno specifico contesto (cfr. selezione del personale/visita medica). **I disturbi muscolo-scheletrici (**DMS) vengono definiti come gruppo di affezioni a carico delle strutture ossee, muscolari, tendinee e delle borse articolari, possono coinvolgere tutti i segmenti corporei ma è a livello della schiena e dell'arto superiore che sono più frequenti. A determinare tali disturbi concorrono quattro fattori di rischio: - La forza richiesta per eseguire il compito. - La postura tenuta nell\'esecuzione del compito. - La ripetitività dei gesti lavorativi. - L\'inadeguato rilassamento dei segmenti muscolo-scheletrici coinvolti nell'esecuzione. Altro fattore di rischio è la **ripetitività** dei gesti necessari all'espletamento della mansione, che può comportare patologie definite come repetitive motion disorders o repetitive strain injueries. Quanto più è elevata la frequenza dei movimenti di lavoro, tanto più rapida è la successione di contrazioni e rilassamenti muscolari. Essendo questi ultimi proporzionalmente più brevi, risultano insufficienti a consentire il recupero funzionale delle strutture coinvolte nel gesto lavorativo. Per valutare tali rischi si utilizzano indici e check-list la cui compilazione si basa sull'osservazione (anche filmata) delle situazioni reali. **Cultura della sicurezza** Per cultura della sicurezza si intende la modalità con cui le problematiche relative alla sicurezza vengono affrontate nel luogo di lavoro. Rispecchia «gli atteggiamenti, le convinzioni, le percezioni e i valori condivisi dai lavoratori in relazione alla sicurezza». La cultura permea qualunque livello dell'organizzazione, e dove la sicurezza fa parte della cultura, allora essa comincerà a influenzare i vari aspetti della vita lavorativa degli individui. Bisogna fare in modo che questo sia un qualcosa che viene trasmesso, deve essere una sensibilizzazione che non viene dalla formazione, ma che già fa parte dell'azienda stessa. L'organizzazione per favorire un clima di sicurezza dovrebbe lavorare su più dimensioni: ![](media/image6.png) 17/10/2024 **Il clima** Lewin definiva l'atmosfera sociale come "... qualcosa d'intangibile, una proprietà della situazione sociale complessiva (...). L'atmosfera psicologica è dunque quel sistema di percezioni e di attribuzioni di significato che i protagonisti di un campo psicologico giudicano pertinente in uno spazio e in un tempo dato". Il clima è quindi l'aria interpersonale emotiva che si respira nelle organizzazioni. **Diversi approcci** Per definire il clima sono stati presi in considerazioni diversi approcci: - **Approccio strutturale**: il clima è inteso come caratteristica dell'organizzazione che esiste indipendentemente dai membri e dalle loro percezioni. è un insieme di attributi organizzativi (dimensione, tipo di struttura, stile di leadership,...) che 1) consente di distinguere un'organizzazione da un'altra 2) persiste nel tempo 3) influenza i comportamenti. Litwin e Stringer (1968) sostengono che il clima possa variare al variare dello stile di leadership. **Critiche** all'approccio: non si valuta l'impatto soggettivo, le differenze tra gruppi diversi, i processi interattivi. - **Approccio percettivo**: gli individui interpretano gli eventi sulla base di aspetti psicologicamente significativi. il soggetto crea una rappresentazione psicologica del clima basata sia sulla struttura sia sui processi organizzativi tra cui comunicazione, leadership, decisione. James e Jones (1974) e, successivamente, Joyce e Slocum (1982) distinguono tra **clima organizzativo** (attributi dell'organizzazione e loro effetti) e **clima psicologico** (percezione del clima organizzativo). **Critiche**: è trascurata l'interazione tra persone e tra persone e ambiente. - **Approccio interattivo**: è una sintesi dei due approcci precedenti. le interazioni tra individuo generano percezioni condivise da cui ha origine il clima (scuole di pensiero: fenomenologia e interazionismo simbolico). Il clima è dunque un **atteggiamento collettivo** prodotto e riprodotto nelle interazioni tra i membri (D'Amato, Majer, 2005). **Critiche**: non spiega l'influenza dell'ambiente. - **Approccio culturale**: come l'approccio interattivo pone al centro la relazione tra i membri dell'organizzazione ma evidenzia anche il ruolo della **cultura** (insieme di significati condivisi dai membri di un gruppo), spostando l'attenzione sul piano sociale. Il clima si lega alle interazioni del gruppo, ma queste stanno dentro a una certa cultura. **Come le organizzazioni indagano il clima** Le organizzazioni possono compiere ricerche per crescere e capire come migliorare il clima, per avere il polso del momento organizzativo, per valutare effetti di cambiamento e individuare i margini di intervento. Questi processi di ricerca prendono il nome di **analisi di clima.** Essa è un'analisi collettiva e non serve per fare una valutazione delle singole persone. Per fare ciò però ci sono delle precondizioni: - chiarire le ragioni "reali" che spingono le organizzazioni a realizzare l'analisi di clima - verificare il livello di consapevolezza circa gli effetti legati alla realizzazione dell'analisi - verificare il rapporto tra possibili: - benefici: fornire informazioni per progettare azioni; chiarire i problemi e aiutare a razionalizzarli; attivare aspettative e stimolare energie; preparare al cambiamento; generare soddisfazione (effetto Hawthorne).. - Rischi: contribuire a scatenare tensioni; creare resistenze legate a vissuti di timore; creare frustrazione e sfiducia se non verranno presi adeguatamente in considerazione (e, ancor prima, diffusi) i risultati dell'analisi. Se l'azienda non è disposta a cambiare quello che emerge di negativo dalla analisi c'è il rischio che si rompa il contratto psicologico. Le persone perdono sfiducia nell'azienda. Gli strumenti che vengono utilizzati per compiere l'analisi di clima possono essere: - Interviste, osservazioni e focus-group - Questionari: ne esistono di tre tipi: - **tailor-made**: costruiti su misura per l'organizzazione. Hanno il vantaggio di essere calati nella specifica organizzazione ma possono essere deboli dal punto di vista delle qualità metriche e non consentono confronti con altre realtà - **ready-made**: già disponibili in letteratura (es. M\_DOQ10; D'Amato, Majer, 2005), consentono confronti con altri contesti però possono non rispecchiare del tutto la realtà specifica in cui sono somministrati - **approccio misto** Operativamente i **passaggi da seguire** sono: 1. Individuazione del gruppo di lavoro e definizione degli obiettivi generali 2. Analisi preliminare del contesto organizzativo e definizione di obiettivi specifici 3. Scelta della popolazione e messa a punto della metodologia e scelta degli strumenti 4. Preparazione dei materiali per la comunicazione e presentazione della ricerca ai soggetti coinvolti 5. Verifica della funzionalità della procedura e delle tecniche 6. Raccolta dei dati 7. Analisi dei dati 8. Preparazione di un primo report e discussione con i committenti 9. Stesura del report definitivo e restituzione dei risultati ai soggetti coinvolti 10. Eventuali approfondimenti **La cultura** Si può distinguere una organizzazione dall'altra sulla base della sua cultura. "L'approccio culturale" o "simbolico-interpretativo" acquista centralità nell\'ambito degli studi organizzativi tra gli anni \'70-\'80 per tre ragioni: - riconoscimento del limite metodologico del paradigma neopositivista. - l\'affermarsi del modello aziendale giapponese (miglioramento continuo). - la crescente importanza nel lavoro della qualità della vita e delle dimensioni emotive. L'approccio culturale è interdisciplinare e si avvale dei contributi di diverse discipline: antropologia, sociologia e psicologia. L\'uomo è un animale sospeso in una rete di significati, vale a dire una cultura, che egli stesso ha intessuto, il più delle volte in maniera inconsapevole. La cultura organizzativa è quell' insieme di significati che racchiudono assunti, valori e credenze che un gruppo ha inventato e scoperto. La cultura organizzativa è l'insieme coerente di assunti fondamentali che un certo gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato mentre imparava ad affrontare i problemi legati al suo adattamento esterno o alla sua integrazione interna, e che hanno funzionato sufficientemente bene da essere considerati validi e quindi degni di essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a tali problemi. La cultura è fatta di **assunti**, tipicamente inconsci e dati per scontati, e **valori organizzativi**, tipicamente preconsci e discutibili; spesso esplicitati nelle «carte dei valori aziendali. La cultura organizzativa presenta materiale predisposto a livello cognitivo, emotivo, etico ed estetico che rappresenta per chi entra a far parte di quella cultura una sorta di ancoraggio, un punto di appoggio, se non un pilastro organizzativo, a partire del quale è possibile prefigurare l\'azione, ottenere orientamento e guida per inoltrarsi con quella sorta di mappa o bussola nel territorio organizzativo senza il timore di perdersi e di dover costantemente interrogarsi sulla correttezza delle risposte agli innumerevoli problemi che si presentano quotidianamente **I contenuti della cultura** Nella cultura organizzativa si possono ritrovare alcuni aspetti fondanti: - **Logos**: insieme di credenze che indicano le interpretazioni adottate dai soggetti nei confronti di quanto accade. Le credenze sono inerenti ciò che è vero e ciò che è falso. - **Ethos**: insieme di valori che corrispondono a giudizi di preferibilità, rispondendo alle domande in merito a ciò che è giusto o sbagliato. - **Pathos**: si riferisce alla conoscenza della realtà organizzativa attraverso i sensi e i sentimenti, non solo tramite credenze e ragionamenti. - **Aisthesis**: si riferisce alle percezioni di ciò che è bello e di ciò che è brutto ed è considerata una specificazione della dimensione precedente. - **Genus**: il campo simbolico organizzativo è "sessuato", cioè leggibile anche in termini di genere. Le regole di comportamento professionale possono essere diversamente ordinate per gli uomini e per le donne. - **Polis**: si riferisce alla dinamica del potere, a come si è consolidato a come deve essere esercitato (è un fattore sia individuale che culturale). - **Methodos**: si riferisce al sapere "che cosa" fare e al "come" farlo (o non farlo). La cultura organizzativa prevede anche varie forme espressive. Sono aspetti che ci aiutano a comprendere la cultura: - **Linguaggio**: ogni cultura organizzativa tende a sviluppare un linguaggio idiosincratico che comunica un tessuto sociale e ha il potere di condizionare i processi di azione, oltre che percettivi e di pensiero (ci si dà del tu o del lei ecc.). - **Miti**: narrazioni in forma drammatica di vicende passate, i miti servono a legittimare azioni e idee contenuti nella narrazione. sospendendo le regole della logica, essi collocano gli eventi oltre la possibilità di verifica in merito alla loro verità o falsità. - **Storie**: sono narrazioni di aneddoti ed episodi che caratterizzano la quotidianità rappresentate come uniche e irripetibili, ricalcano in realtà dei copioni contestualizzati attraverso i quali offrono risposte ad alcuni dilemmi organizzativi. - **Saghe**: hanno origine dall\'intreccio di storie e miti. esse raccontano la vicenda spesso straordinaria di nascita, sviluppo ed evoluzione di un\'organizzazione. - **Riti**: sono azioni che necessitano di un consumo di risorse. si tratta di attività, caratterizzate da un certo grado di formalità, realizzate mediante interazioni sociali e a beneficio di un pubblico e con conseguenze sociali di rilievo. Le **cerimonie** sono un insieme composito di riti. - **Artefatti**: si tratta dei prodotti tangibili e del setting fisico della vita organizzativa. Quanto più credenze, valori e assunti sono radicati, tanto più saranno reificati nella materialità dell\'organizzazione per richiamare i soggetti alla loro identità organizzativa e per tramandare la cultura (porte aperte o porte chiuse? Ecc.). 30/10/2024 All\'interno della medesima organizzazione possono convivere più culture in termini di sottoculture. In genere sono distinguibili: - **corporate cultu**re: la cultura dominante del vertice aziendale; - **controculture**: le culture che si oppongono alla cultura generale; - **sottoculture ortogonali** a quella dominante: sono culture che appartengono ai gruppi facenti parte di un'organizzazione. Si differenziano da quella dominante, ma convivono con essa. Clima e cultura sono in relazione, ma si considera il clima come una manifestazione della cultura maggiormente mutevole rispetto alla cultura. La cultura organizzativa (alto livello di astrazione e maggiore stabilità) è fatta di abitudini e prassi che prima che cambino ci vuole molto tempo. Anche tra clima e soddisfazione nel lavoro c'è una differenza: quando si fa un'indagine di clima si compie una descrizione percepita dell'ambiente di lavoro, mentre quando si valuta la soddisfazione nel lavoro si fa riferimento alla risposta di valutazione affettiva delle persone in relazione ad aspetti del loro lavoro. **Dipendenza da lavoro, presentismo e recupero** Sono aspetti collegati a clima e cultura, in quanto sono fenomeni strettamente collegati ad essi. Sono aspetti più frequenti in culture definite always on, sempre connesse. **Workaholism** L'eccessivo impegno di tempo ed energie dedicati al lavoro è stato definito in letteratura con la nozione di workaholism: "An excessive and uncontrollable need to work that permanently disturbs health, happiness and relationships". È una dipendenza a tutti gli effetti e consiste nel bisogno eccessivo e incontrollabile di lavorare. Il workaholism è tale quando le persone pur potendo evitare di lavorare, lavorano lo stesso. C'è un legame con l'insicurezza lavorativa: quanto ci si sente insicuri il primo passaggio è lavorare di più, poi questo meccanismo si autoalimenta. Non esiste tra gli studiosi una definizione comune e condivisa di workaholism e i contributi esistenti sono caratterizzati da scarso accordo sul suo significato e sulla sua genesi. Prevalgono spiegazioni personologiche sebbene recentemente alcuni studiosi abbiamo messo in luce la possibile influenza del contesto (insicurezza lavorativa, culture organizzative overwork,...). Quando le persone sono più insicure è più probabile che un altro carico di lavoro si traduca in dipendenza. C'è un crescente interesse scientifico e accademico per questo fenomeno, considerato una delle dipendenze più comuni del nostro secolo. Nel momento in cui le relazioni sono disturbate perché la persona si è dedicata troppo al lavoro, una persona non avendo più nulla da fare oltre al lavoro, vi si dedicherà ancora di più creando un circolo vizioso. Il workaholism è stato messo in relazione con: - Scarsa salute psicologica e fisica - Job stress e burnout - Conflitto lavoro-famiglia - Problemi familiari - Bassa qualità delle relazioni lavorative e personali - Difficoltà di comunicazione - Insoddisfazione per la vita in generale - Assenteismo, intenzioni di cambiare lavoro, scarsa produttività I workaholic hanno inizialmente delle performance simili a quelle del work engagement, ma il workaholism ha degli effetti sulla persona e sulla produttività a lungo andare molto negativi. Sono utilizzate due scale per verificare la presenza di workaholism: - **Dutch Work Addiction Scale DUWAS**: Scala composta da due sottodimensioni volte a misurare i due elementi core del workaholism: **Working excessively** (WE), tendenza a lavorare eccessivamente, al di là delle richieste, e **Working compulsively** (WC), ossessione per il lavoro che spinge a pensare costantemente al lavoro. - **Bergen Work Addiction Scale BWAS**: Misura del workaholism attraverso i sette componenti di ogni dipendenza: rilevanza, modifica dell'umore, tolleranza, astinenza, ricaduta, problemi nelle relazioni sociali, problemi di salute **Presentismo** Con l'espressione "presentismo" si fa riferimento al fatto di recarsi al lavoro anche quando ci si sente malati. Questo genere di comportamenti è alimentato da alcune culture lavorative basate sulla presenza, su un'idea di proattività "misurata" in termini di ore di lavoro, sulla disapprovazione dell'assenza. Diversi studi evidenziano come il presentismo sia in realtà controproducente per le stesse organizzazioni poiché conduce ad esiti negativi sul fronte del benessere dei lavoratori e anche della produttività aziendale. Il presentismo sembra avere costi pari a quelli dell'assenteismo: le performance lavorative sono scarse e anche rischiose a seconda del lavoro, si può verificare contagio della malattia, il tempo di guarigione si allunga, le relazioni con gl

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