Principi di linguistica applicata PDF
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Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
1967
Enrico Arcaini
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This book, "Principi di linguistica applicata" by Enrico Arcaini, published in 1967, explores principles of applied linguistics for scientific glottodidattica (language teaching). It emphasizes the interdisciplinary nature of language teaching, examining the relationship between linguistics, anthropology, and sociolinguistics. The book also features a concise discussion of various linguistic theories, focusing on how they can inform the development of a coherent approach to language teaching.
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ENRICO ARCAINI Principi di linguistica applicata Proposte per una glottodidattica scientifica: struttura - funzione - trasformazione IL MULINO Struttura portante delle scienze uma- ne, la linguistica acquista una fis...
ENRICO ARCAINI Principi di linguistica applicata Proposte per una glottodidattica scientifica: struttura - funzione - trasformazione IL MULINO Struttura portante delle scienze uma- ne, la linguistica acquista una fisiono- mia particolare quando si applica all'in- segnamento, proprio perché si arricchi- sce dell'apporto di altre scienze di con- fine: dall'antropologia alla sociologia, alla psicolinguistica. Ed è appunto que- sto carattere interdisciplinare della glot- todidattica ad esser sottolineato nel presente libro: perché l'azione nella scuola non dimentichi, accanto a certi aspetti meccanicistici della linguistica descrittiva, la dimensione umana della lingua, vista nella sua duplice angola- zione di strumento di comunicazione e di mezzo di espressione. In questa cornice ampia ma precisa si iscrive im discorso più propriamente linguistico che indaga nel fondo dell'oggetto-lin- gua per scoprirne le leggi immanenti, la dinamicità, i principi suscettibili di costituire una dottrina coerente. Un discorso proteso verso l'applicazione, ma che ricerca nelle grandi costruzio- ni teoriche, americane ed europee, i principali punti su cui poggiare una glottodidattica scientifica: dalle grandi dicotomie saussuriane al pensiero di Bloomfield, da Martinet alle più recen- ti analisi generativo-trasformazionali di Chomsky. Accanto all'esposizione ha voluto critica dei principi, l'Arcaini dare una dimensione metodologica a questo suo studio: un ancoraggio sicuro all'impegno professionale, ma anche im atteggiamento di apertura verso le scien- ze che governano la pratica e l'arricchi- scono di nuovi fermenti. ^ lo— 7s SAGGI 70 ENRICO ARCAINI Principi di linguistica applicata Proposte per una glottodidattica scientifica: struttura - funzione - trasformazione IL MULINO Copyright © 1967 by Società editrice il Mulino, Bologna Presentazione problemi inerenti alla glottodidattica sono venuti I assumendo, in questi ultimi decenni, una importanza di primo piano. Gli sviluppi delle dottrine linguistiche, determinati dal profondo rinnovamento e ripensamento di una teoria generale del linguaggio, hanno suscitato il sorgere di interessi, sempre più vivi, intorno alla struttura delle lingue, alla definizione degli elementi che le costituiscono, delle relazioni intercorrenti fra di essi. Le formule, le definizioni, le regole della gram- matica tradizionale, si sono, via via, rivelate sempre più insufficienti e inadeguate ad una analisi ed ad una de- scrizione obiettiva delle singole lingue. D'altra parte se, fino a qualche tempo fa, le indagini e le speculazio- ni degli specialisti rimanevano nel chiuso delle scuole linguistiche, oggi esse vanno sempre più diventando pa- trimonio culturale comune; la linguistica, soprattutto nel suo aspetto di indagine sincronica, ha assunto il ruo- lo di scienza pilota offrendo alle altre discipline del- l'uomo sintesi e modelli metodologici assunti, con frut- to, dalla psicologia e dall'antropologia sociale, dalla so- ciologia e dalla scienza economica, dalla scienza poli- tica ecc. Con l'etichetta, non sempre univoca, dello « strutturalismo » diversi atteggiamenti teorici vengo- no quotidianamente discussi, interpretati, applicati o combattuti. È quindi naturale che anche nell'ambito della glot- todidattica si avverta, sempre più profonda, l'esigenza di rinnovare metodi consacrati da secoli di esperienza, ma rivelantisi oggi inadeguati alla nuova visione e alle Presentazione nuove prospettive aperte all'indagine. Mentre la lingui- stica storica, col suo atteggiamento esclusivista che ve- deva nella indagine storico-comparativa la sola giusti- ficazione scientifica della ricerca linguistica, non aveva esercitato un influsso decisivo sulla pratica didattica lasciata, come aspetto ascientifico, alla grammatica de- scrittiva tradizionale, la nuova linguistica di filiazione saussuriana e bloomfieldiana, riscattando a pari dignità l'analisi sincronica, recuperava a sé il compito della de- scrizione e quindi anche quello dell'insegnamento. La glottodidattica quindi da pratica empirica si svolgeva in autentica disciplina scientifica la quale doveva neces- sariamente articolarsi secondo due direttive: da una parte l'approfondimento teorico coincidente con i pro- blemi della linguistica generale, dall'altra l'adeguamento dei principi ad una esposizione ed a una applicazione pratica che superasse la divergenza tra l'attuale verità scientifica e le regole dell'insegnamento. Sono noti gli sviluppi in questo campo e quanto am- pia sia la bibliografia che a questi argomenti è stata dedicata all'estero, soprattutto in America. Altrettanto non si può dire per quanto concerne la produzione ita- liana ancora limitata quasiché le nostre scuole, a tutti i non fossero ancora mature per un radicale rin- livelli, novamento. Enrico Arcaini è uno dei pochi che da an- ni viene affrontando, nella pratica didattica e nella espo- sizione scientifica, il compito di questo rinnovamento. I suoi corsi e le sue grammatiche della lingua francese sono infatti solidamente fondati su una elaborazione acuta e limpida delle nuove teorie linguistiche; la sua produzione, in campo teorico, è già notevole e molto apprezzata dagli studiosi. Ora questo libro viene a con- cludere tutta una serie di meditazioni, di ricerche, di discussioni e di elaborazioni dell'Autore presentando, in una sintesi unitaria, il frutto di lunghi studi e di ap- VI Preseniaziotte profondite indagini. Ciò che costituisce, a mio avviso, il maggior merito delle pagine che seguono, è processo di sintesi me- il todologica attuata dall'Autore, il quale, senza cadere in un facile eclettismo, ha saputo far convergere in uni- tà i motivi fruttiferi che si ritrovano nelle diverse teo- riegrammaticali più recenti. Sono noti infatti agli spe- i limiti che queste presentano quando siano as- cialisti sunte con rigido esclusivismo che tenga conto più delle esigenze di logica interna che non della complessità dei fatti linguistici concreti.Basterebbe ricordare le diver- genze in cui ci si trova involti qualora si muova da una posizione strettamente formalista o da una posizione rigorosamente sostanzialista. Sta di fatto che in ogni atteggiamento teorico riscontriamo un fondo di verità e individuiamo possibilità applicativemolto feconde, ma pure dobbiamo riconoscere che in ogni scuola ci scontriamo con difficoltà che ancora non sono superate. Ne sono un esempio cospicuo le discussioni intorno al problema del significato e della analisi strutturale del lessico. D'altra parte non bisogna dimenticare che ogni problema esige il suo metodo particolare per essere af- frontato e risolto; questo è l'insegnamento che ci han- no trasmesso alcuni dei più grandi Maestri del passato e non vale sostituire ad esso la mistica del Metodo che rischia di inaridire l'indagine spostandola sul piano di un gelido astrattismo. Non si vuol dire con questo che non si debba scegliere e seguire una linea teorica ben precisa, ma si vuol sottolineare il fatto che non deve mai venir meno il senso del reale e la disciplina imposta dalla concretezza delle singole ricerche. Giustamente quindi Enrico Arcaini ha scelto la sua linea di speculazione e di sviluppo metodologico al- l'insegna dello strutturalismo, ma, entro questa cor- nice, non ha voluto legarsi ad un interesse particolare VII Presentazione e precludersi cosi aperture e prospettive offerte da at- teggiamenti diversi. Il suo libro, in tal modo, si pre- senta in sé nuovo, ricco e costruttivo poiché sa pro- spettare, in giusto equilibrio e in felice contempera- mento, una sintesi teorica chiara, criticamente fondata, costruttiva. Basterebbe leggere, per rendersi conto di ciò, il capitolo dedicato a Semantica e lessico dal quale emergono originali spunti che si prospettano ol- tremodo stimolanti e fecondi di risultati. Nell'ambito della produzione italiana e straniera la fatica del nostro Autore si inserisce come un contri- buto di primo piano dal quale il lettore attento trarrà motivo di meditazione, di ripensamento e di stimolo ad ulteriori ricerche e rielaborazioni critiche sul piano della speculazione teorica, se tale è il suo interesse pre- minente; se poi egli sarà impegnato soprattutto nella ricerca di sviluppi metodologici e di applicazioni di- dattiche, egli troverà in queste pagine la risposta effi- cace a molti dei suoi interrogativi. Dobbiamo quindi es- sere grati ad Enrico Arcaini di aver affrontato la non lieve fatica maturata in questo volume al quale certo arriderà il successo del pubblico e il consenso della critica più serena ed avveduta. Luigi Heilmann Bologna - Università Vili INTRODUZIONE hitroduztone Una glottodidattica scientifica si suppone integra- ta con gli apporti di tutte le scienze di confine, dalla linguistica — che ne è la matrice formante — all'an- tropologia, alla psicolinguistica. Ma la validità del di- scorso interdisciplinare non può far dimenticare che la sostanza di cui si permea questa nuova scienza plu- riarticolatarimane pur sempre — e fondamentale — la lingua in quanto tale. Una scienza che applicasse metodi e tecniche perfettamente allineati con i più re- centi progressi del settore, ad un oggetto di validità non scientificamente comprovata, o non definito se- condo leggi interne caratteristiche del suo funziona- mento, tale scienza sarebbe destinata inevitabilmente a mostrare presto i propri limiti. Il discorso che si fa qui sulla glottodidattica è un discorso che si sposta leggermente a monte e cerca nel campo specifico della linguistica più recente le grandi linee generalmente accettate riguardanti la natura del complesso fenomeno lingua. Un discorso quindi che precede l'applicazione, ma che ricerca nelle grandi co- struzioni teoriche i fondamenti più sicuri su cui pog- giano i principi informatori della glottodidattica. Sono presentati e discussi i concetti di sincronia e diacronia, di segno linguistico, di sistema, norma e uso nell'am- bito delle teorie che ne hanno originato l'anparizione; ma questi concetti sono visti in funzione dell'incidenza che essi possono avere nell'elaborazione di una dottri- na su cui impostare l'edificio complesso dell'insegna- mento della lingua intesa come lingua prima e come Inlroduzione lingua seconda. Per questo — si ritiene —il professore non può non inserirsi attivamente nel movimento di pensiero che caratterizza, oggi, la linguistica, scienza che, in fin dei conti, concerne direttamente e preminentemente la sua professione. Proprio oggi che la linguistica as- sume un'importanza prioritaria per gli sviluppi che si possono preconizzare nei più diversi settori. Il con- tatto con la linguistica — struttura portante delle scien- ze umane — suggerisce nuove riflessioni, apre nuovi orizzonti, consente impostazioni pratiche più aderenti alla vera natura dell'oggetto. È un discorso complesso che va dalla meccanica induzione delle strutture fon- damentali della lingua alla più, fine indagine morfo- sintattica, dallo studio del significato potenziale all'in- terno del singolo segno alle più recenti teorie sulla se- mantica, dall'espressione più semplice del messaggio alla penetrazione dei fatti stilistici più connotati. Nel- la feconda discussione delle idee che si vanno agitan- do nel mondo, lo studioso troverà anche per la pro- pria fatica quotidiana gli spunti per una più corretta ed impegnata adesione alle caratteristiche reali della lingua. In questo senso il panorama culturale è ricco di fermenti. Calati nella cornice tipica dell'azione quo- tidiana, i nuovi spunti assumono, per così dire, la di- mensione del reale situazionale, e si configurano so- luzioni ai problemi — rinnovantisi ogni giorno po- — sti all'azione scolastica. Ma i due momenti non sono separabili: l'uno non va senza l'altro. Teoria e prati- ca si interpenetrano a vicenda. L'azione didattica sareb- be vana senza la visione globale del mondo che essa realizza; l'elaborazione teorica e scientifica di teorie linguistiche rimarrebbe un puro gioco accademico se non avesse suo naturale sbocco nell'applicazione e, il particolarmente, nell'insegnamento. Introduzione Per questo abbiamo ritenuto di dover tracciare — a grandi linee — quelli che si potevano ritenere alcu- ni fra i punti fermi più accettabili. Ma la scienza è mo- vimento; la linguistica è in divenire. I progressi della tecnologia aprono ogni giorno orizzonti nuovi. È già insito nel presente superamento di quello che sem- il brava fondamentale fino a ieri. Appunto per questa ra- gione abbiamo consacrato un largo spazio alle più im- portanti teorie grammaticali in presenza oggi: dalla con- cezione tassonomica a quella funzionale, alle più recenti teorie generativo-trasformazionali. Anche se esse sono ancora oggi oggetto di discussioni e di controversie, ab- biamo cercato di trarne quelle indicazioni che si rivelano utili e feconde di risultati nella pratica quotidiana. Ed ogni volta che è stato possibile si sono indicate le dire- zioni per l'applicazione. Alla ingegnosità all'arte — — dell'insegnante il compito di inserire gli spunti nel quadro vivo della Del resto, accanto all'espo- didattica. sizione critica dei principi abbiamo voluto fornire al- cune indicazioni metodologiche che possono conside- rarsi, in un certo senso, la teoria della pratica, la vi- sione generale cioè che ispira la didattica di ogni giorno, riconducendo sempre tutto il discorso nell'ampio qua- dro linguistico. Insommasi è voluto dare una dimensione metodo- logica a questo studio: un ancoraggio sicuro all'im- pegno professionale, ma anche un atteggiamento di apertura e di disponibilità verso le scienze che gover- nano la pratica e l'arricchiscono del fecondo lievito del nuovo ^. * Alcuni capitoli (v. prima parte) sono stati pubblicati in articoli in « Scuola Viva » (SEI); il capitolo Semantica e lessico è apparso in « Lingua e Stile », II (1967), 3. PARTE PRIMA FONDAMENTI DELL'ANALISI STRUTTURALE CAPITOLO PRIMO Linguistica e glottodidattica Una disciplina che abbia per fine l'insegnamento- apprendimento di una lingua seconda ci sembra non possa e non debba poter prescindere da alcune rifles- sioni intorno al suo oggetto vero, il linguaggio. Alcu- ne osservazioni, anche molto sommarie, ci consentiran- no di riconsiderare la maggior parte dei problemi del- l'insegnamento sotto una nuova luce, o di porci di fron- te ad una nuova problematica quando avremo ripor- tato o portato per la prima volta il discorso su temi che meritano comunque, di essere impostati, se non altro per uscire dalla facile posizione delle soluzioni che è si, sintesi d'esperienza, ma fatte o dalla routine anche pericolo di o di arretramento in un perio- stasi do e in un mondo che si riscopre nuovo giorno per giorno. Si vuol dire con questo che se ci si poteva accontentare fino a ieri di certe descrizioni delle lingue o di determinati « criteri » didattici soggettivi, è forse il caso ora di rimettere — almeno a titolo provvisorio — in discussione l'insieme delle formule che riguarda- vano l'insegnamento delle lingue, ponendoci a guarda- re fuori dal ristretto campo della scuola, diremmo di più, superando quello che si ritiene il settore specifico della lingua considerata in sé per sé, e dare uno sguardo attento a tutte le discipline di « frontiera » che po- trebbero illuminare (e forse suggerire soluzioni o co- munque aiutare a costruire ipotesi di lavoro) alcuni settori della nostra disciplina che deve finalmente, di- rei fatalmente uscire dalla fase empirica, dalle ingegno- sità talvolta estremamente interessanti, per studiare Fondamenti dell'analisi strutturale con criteri scientifici l'insieme dei problemi che ef- fettivamente si pongono. Ritorniamo al punto. Può sembrare banale, ma il primo problema da affrontare — e non è semplice — è quello della natura stessa dell'oggetto che sta alla base del nostro lavoro: la lingua, il linguaggio at- traverso quei segni particolari (grafici o fonici) che assumiamo per esprimere e comunicare e coi quali si pretende che, in un certo modo, l'allievo comunichi e si esprima. Ci sembra che dall'esame di questo concet- to, la cui conoscenza dovrebbe essere pregiudiziale, potremmo ricavare una serie di utili osservazioni per la reimpostazione dei problemi didattici. Ed ancora una breve parentesi. Ancora oggi si ritiene che le que- stioni relative all'insegnamento delle lingue non pos- sano aver ripensamenti, se non di rifinitura, poiché una millenaria esperienza ha con l'andare del tempo affinato uno strumento che perfezionatosi via via, ave- va racchiuso in una serie di schemi fissi (se non sem- pre rigidi) una impalcatura necessaria e sufficiente en- tro la quale il pensiero (quale pensiero, non lo preci- siamo qui; si sa qual era il fine di certi esercizi!) si accomodava senza troppi disagi. Si riteneva che lo stru- mento, quello strumento, potesse consentire di espri- mere o di fare esprimere l'esperienza umana del sin- golo o, più avanti, l'esperienza più vasta dell'umanità attraverso contatti più articolati. Schemi di lingua e norme dovevano poter consentire all'apprendista-bilin- gue di esprimersi e comunicare agli altri nozioni, sen- timenti, riflessioni, affetti, pensieri, quasi che bastasse far scattare determinate regole perché la lingua secon- da si costruisse esprimendo fatti e pensieri secondo i moduli caratteristici del parlante nativo. In realtà si trattava di travasare una certa quantità di conoscenze da un recipiente pieno a un altro vuoto, in termini di 10 Linguistica e glottodidattica schemi e leggi misurati quantitativamente con referenza ad un testo. Ma i discorsi sulle regole, sulla lingua, non sono la lingua; l'articolazione dello studio su elementi che inglobano il « fatto-lingua » concreto nella sua rea- lizzazione effettuale è un discorso di grammatica che è chiamato a cogliere le costanti (e quali costanti?) del linguaggio, non il linguaggio della lingua. È una meta- lingua che non può interessare — almeno in una pri- ma fase — l'allievo, che ha bisogno di conoscere il linguaggio come realizzazione e non un discorso intor- no alla lingua. Si vuol dire con questo che non ci si è sofferma- ti o comunque sufficientemente soffermati su alcuni aspetti della questione che sembrano fondamentali: Qual è la natura reale deir« oggetto » da insegnare? Quali sono i reali processi di apprendimento dell'allie- vo? Quali i metodi più opportuni perché l'azione sia efficace? Il linguaggio è un fenomeno complesso, come com- plessa è la persona umana, unica capace di comunicare, verbalizzandolo, il proprio pensiero. Questa capacità di esprimersi verbalmente è precisamente il tratto di- stintivo che conferisce alla parola umana la sua unici- tà rispetto ad altri tipi di comunicazione. Ma il lin- guaggio non è, certo, soltanto uno strumento essenzia- le per assicurare la comunicazione; non sarebbe pensa- bile di separarlo dal pensiero, attività psichica comples- sa che dà alla comunicazione tutta la ricchezza del suo contenuto \ Si potrebbe dire che l'uno non va senza l'altro, che c'è interazione dell'uno sull'altro in un gio- co complesso di fattori di cui possediamo soltanto al- cuni elementi i quali ci consentono tuttavia di analiz- zare quelle parti che garantiscono lo stabilirsi di una ' Si veda, P. Chauchard, Le ìangage et la pensée, Paris, PUF, 1965, passim. 11 Fondamenti dell'analisi strutturale « intesa », di un codice comune ai soggetti di una stes- sa comunità al fine di garantire la comunicazione. In altri termini, attraverso l'esperienza linguistica di una determinata comunità, riusciamo a possedere una serie di elementi che ci permettono di manifestare un certo tipo di comunicazione e di realizzare un certo linguag- gio suscettibile di essere, in tutto o in parte, decifrato dall'uditore. Può sfuggire una gran parte del pensiero; il messaggio può anche rimanere linguaggio interiore, elaborazione di pensiero personale, che si chiarirà, ar- ticolandosi o meno in una certa forma espressiva. Di questa operazione complessa di elaborazione e di pro- duzione del pensiero e del linguaggio, siamo costretti a constatare e quindi a catalogare quella parte che di- venta linguaggio manifestato. Sarebbe sommamente in- teressante penetrare la complessa operazione della ge- nesi del pensiero (e in certi casi utile), ma il campo d'indagine veramente pertinente ai nostri fini è piutto- sto la ricerca di una definizione del pensiero stesso co- me somma come processo culturale in fun- di valori, zione di una realtà sociale, di contatti diversi, senza la presenza dei quali il linguaggio umano sarebbe ri- dotto ad una attività estremamente elementare. Se è vero che il linguaggio è essenzialmente espres- sione-comunicazione — e non sembra possa essere di- versamente poiché la comunicazione è in funzione del- la chiarezza con la quale un pensiero si genera nell'in- dividuo — allora il concetto di linguaggio si trova ine- vitabilmente legato alla definizione della persona uma- na e ne riflette le proprietà fondamentali: la pluridi- mensionalità e la storicità. Da un lato dovremo tener conto della natura fisica, psichica, sociale, spirituale del linguaggio, dall'altro dovremo ipotizzare il suo co- stante divenire. Dovremo quindi avere costantemente presenti alcune considerazioni fondamentali. Il linguag- 12 Linguistica e glottodidattica gio è suono e come obbedisce a determinate leggi tale interne del sistema, che pone problemi nei confronti il della lingua di partenza, il cui sistema tipico differisce in gran parte da quello della lingua seconda. Esso ha le sue caratteristiche psichiche per cui determinate in- dagini o idee si esprimono in un modo tipico nelle di- verse lingue. Ha un suo aspetto sociale in quanto ri- sponde a certe esigenze ed opera in funzione di de- terminate finalità. Ha un suo sottofondo spirituale nel senso pili esteso del termine. Così, come la persona umana, il linguaggio umano è ancorato nella Storia e ne subisce le leggi, muta anche profondamente sia sul piano fonetico che su quello semantico. Al limite e ro- vesciando i termini, penetrare il linguaggio significa comprendere e situare l'uomo. Ma fino ad ora, lo studio del linguaggio è stato l'appannaggio di alcuni gruppi ristretti che si ignora- vano reciprocamente. Difficilmente il linguista comu- nicava con lo psicologo e con il neurofisiologo o con il sociologo, e quanto meno ancora con l'insegnante a cui spetta, in definitiva, la parte più delicata del la- voro. Si tratta, infatti, di « far passare » nel discente un « oggetto » di natura estremamente complessa co- me il linguaggio umano, e il compito è tanto più deli- cato in quanto nella lingua straniera le questioni si ingigantiscono per la presenza di tutta una serie di fe- nomeni diversi anche se paralleli rispetto alla lingua prima. Ecco perché è necessaria la compresenza di scienze diverse la cui confluenza verso un medesimo obiettivo consentirà l'impostazione di metodi adeguati al raggiungimento dei fini che l'insegnamento delle lin- gue si propone di perseguire. Prescindendo da considerazioni filosofiche sulla na- tura del linguaggio, diremo che la scienza tipica che si occupa dello studio della lingua è la linguistica. È stato 13 Fonddì7ieìiti dell'analisi strutturale scritto che la storia della linguistica riflette quella del- l'intera civiltà, che trova collegata con tutti i grandi si movimenti del pensiero, dal classicismo al positivismo. Ma solo nel nostro secolo essa diventa effettivamente la scienza del linguaggio. Rinunciando definitivamente alle ricerche di carattere storico, i linguisti studiano la costituzione di un dato stato di lingua. Fecondi di svi- luppi futuri, i princìpi posti dal De Saussure, rimango- no ancora alla base di ogni speculazione sulla lingua. Egli distingue infatti due momenti nello studio della lingua: uno che si occupa della sua evoluzione nel tem- po (diacronia) e l'altro che riguarda essenzialmente la lingua in un determinato momento storico ben delimi- tato e prescindendo da un eventuale movimento nel sistema (sincronia). Si rida la massima importanza al- l'atto di parola del singolo parlante, realizzazione con- creta, individuale di un sistema esteriore all'utilizzato- re, in cui tutto è collegato in una complessa ed equili- brata tessitura di strutture solidali, che obbediscono a determinate leggi. La linguistica è quindi scienza esatta che ha una sua natura, un suo ambito, un suo oggetto. La novità del discorso sulla lingua chesi fa oggi sta proprio nel- la determinazione dell'oggetto di studio, l'osservabile, ossia un corpus tratto dall'osservazione, dalla « regi- strazione » fedele della lingua in atto nel suo effettuar- si. Ed è qui che il polo d'interesse si sposta notevol- mente una lunga tradizione che si era im- rispetto ad posta; da un interesse preminente per lo scritto si pas- sa ad occuparsi con più attendibilità della lingua come espressione orale, come parlata. Il linguista oggi non si limita a « speculare » sulla lingua, ma descrive uno stato di fatto, coglie l'interno funzionamento dei mec- canismi, ricerca la struttura profonda di ogni sistema, paragona i diversi sistemi di lingue fra loro. Ci si ri- 14 Linguistica e glottodidattica propone quindi la domanda più ovvia: cos'è una lin- gua? Le risposte più diverse provengono dalle diver- se scuole, né si riuscirà ad ottenere una definizione esauriente in una sola formula. Ma è un fatto che tale definizione si scosta decisamente dalla concezione tra- dizionale consacrata dalle grammatiche, che non sono altro che codici dell'uso o semplici cataloghi dove i fat- ti sono classificati, non secondo il loro reale funziona- mento, ma entro quadri o schemi più o meno comodi, più o meno convenzionali. E se qualche opera mono- grafica sulla lingua spinge più a fondo l'indagine, tro- viamo studi frammentari o di dettaglio (parola, tem- po verbale, costrutti) senza che venga data una visio- ne d'insieme della struttura della lingua. Il linguista oggi tende a considerare la lingua come un essere vi- vente, vuol farne la descrizione per scoprirne la fisio- logia, fondando cioè ogni affermazione sull'osserva- zione reale dei fatti e dei funzionamenti, traendo le Questo, il programma linee generali della struttura. metodologico dello strutturalismo contemporaneo, a grandissime linee e prescindendo dalle notevoli diffe- renziazioni fra scuola e scuola. Potremmo dunque dire che c'è lingua laddove valori rappresentativi comuni si traducono con un sistema coerente e utilizzabile da gruppi linguistici unitari. Sicché ci sono tante lingue quanti sono gruppi originali. La lingua è un prodotto i umana. Ma appunto perché fenomeno della collettività specificatamente sociale essa è un prodotto originale, indipendente dagli individui che compongono la co- munità. La lingua è in un certo senso un essere vivo re- golato da leggi proprie, le quali procedono dalla collet- tività e s'impongono al singolo e all'insieme dei par- lanti ^ Il programma metodologico dello strutturali- 2 G. Galichet, Physiologie de la laiigue frangaise, Paris, PUF, 1958, passim. 15 Fondamenti dell'analisi strutturale smo si può compendiare nel modo seguente: a) descri- zione delle unità linguistiche distintive e significative (e ritorneremo su questi concetti basilari), ricerca e determinazione dei moduli fondamentali (strutture in senso lato) e delle possibili varianti; b) studio delle relazioni costanti intercorrenti fra le varie unità. Lo studio di una lingua sarà la ricerca di ciò che caratte- rizza la lingua stessa, il tipo d'articolazione sui ge- neris, diverso dagli altri sistemi linguistici. Precisiamo ancora alcuni concetti che verranno ripresi: la lingua è un insieme coerente di segni di natura fonica e ar- bitrari nel senso che non v'è corrispondenza necessa- ria tra segno e oggetto; essa si evolve naturalmente, ma è costituita da un sistema di opposizioni che ne consente l'equilibrio in ogni momento dell'evoluzione stessa. Alla base dell'analisi linguistica sta il concet- to di struttura che può definirsi come un complesso ordinato di contrasti o di opposizioni (sul piano foni- co, grammaticale). Da un punto di vista linguistico i diversi livelli di analisi della lingua verteranno su questi « aspetti » della lingua: fonetico, in quanto studio e classificazio- ne di tutti i suoni articolati della lingua; fonologico, in quanto ricerca delle unità minime (fonemi) suscet- tibili di consentire distinzioni semantiche; morfologi- co, o ricerca delle unità minime aventi un significato grammaticale; lessicale; sintattico. Ma, si è detto, il linguaggio è un fatto d'origine sociale; è evidente che uno studio della lingua non po- trà prescindere à^Whumus socio-culturale dal quale la lingua stessa trae le sue caratteristiche e il suo elemen- to più vero e più profondo. Si può dire che la lingua è lo specchio di una cultura o in senso più lato di una civiltà. La lingua di un popolo riflette gli interessi e le tendenze del popolo stesso. Lo studio della lingua 16 Linguistica e glottodidattica non può dunque prescindere dagli apporti delle scien- ze sociali che sioccupano dei fenomeni più diversi che vanno dalle abitudini di vita, ai costumi, alla « men- talità ». Con questo si vuol dire che l'interesse lingui- stico propriamente detto non può disgiungersi da in- teressi collaterali che fanno capo più alla sociologia lin- guistica che non — almeno apparentemente alla — linguistica vera e propria, la quale si occuperebbe o dovrebbe occuparsi, secondo certe tendenze attuali, unicamente dei meccanismi che regolano il funziona- mento del sistema. Ma appare chiaro come il sociale e il linguistico interagiscano influenzandosi reciproca- mente fino a condizionarsi talvolta. Un serio studio della lingua non può dunque esimersi dal prendere in considerazione tutti i fatti etnologici e sociologici che rappresentano sia pure esternamente una componente del complesso fenomeno linguistico. E così, inversa- mente, l'etnologo non potrà prescindere dai dati del- la linguistica nelle sue indagini dato l'indubbio rap- porto fra fatti strutturali, lessicali e semantici da una parte e fatti socio-culturali dall'altra. Anche ad un esa- me superficiale appare chiaramente l'influsso dello « strato » sociale sulla lingua, a tal punto che basta un certo accento, una particolare inflessione, un certo lessico tipico per caratterizzare una comunità linguisti- ca: l'ambiente domestico, il lavoro, la classe sociale, realtà di cui l'insegnantedovrà tener conto se non vuol mescolare e confondere i livelli con le conseguenze che si possono facilmente immaginare specie all'inizio del- lo studio della lingua seconda. Infine occorre, proprio all'inizio,per creare abitudini articolatorie e fonatorie, che vengano presentati « modelli » omogenei di lingua situati in una certa fascia sociale, omogeneità che si esplica sul piano fonetico, strutturale, espressivo. Vor- remmo dire che la lingua — vista in questa angolazio- 17 Fondamenti dell'analisi strutturale ne —oltre a rispondere ad esigenze di carattere scien- tifico per definizione, consente un approfondimento della sua natura autentica, una maggiore penetrazione dei valori profondi e conseguentemente un arricchi- mento culturale dell'allievo, il che rappresenta uno dei fini più importanti della scuola. Penetrare la lingua, in questo modo, significa penetrare una cultura, una civiltà, in quello che ha di peculiare e, attraverso que- sta conoscenza, pervenire a comprendere e, spesse vol- te, a sentire effettivamente il mondo straniero, e perché no?, assumere almeno in parte taluni elementi rite- nuti validi e suscettibili di arricchire la personalità del- l'allievo. Ma non basta conoscere una lingua, la struttura di non basta saperne dissertare per saperla parlare. Im- parare una lingua significa s'è detto— acquisire — una somma di riflessi articolatori e acustici. Ma la crea- zione di nuovi nuovi abiti particolari sup- riflessi, di pone la conoscenza di mezzi e di tecniche adeguati. Il problema consisterà nello studiare quali sono gli stimoli che si adattano maggiormente, nelle diverse età, a provocare determinate risposte nel discente per- ché si impadronisca il più economicamente possibile dei fatti di lingua. In altre parole, il problema consiste nello studiare le relazioni tra il messaggio da far « pas- sare » e le caratteristiche psichiche dei soggetti chia- mati a sceglierlo o interpretarlo. E a questo punto si aprirebbe un lungo capitolo, quello della psicolingui- stica, che non è qui possibile nemmeno sfiorare \ Concludendo, si è voluto dire che verso lo studio di una lingua deve confluire una pluralità di discipline complementari: la linguistica, l'antropologia, la socio- Per un'ampia documentazione sull'argomento, si veda: R. Titone, ^ La oggi, Ziirich, PAS-Verlag, 1964; Le lingue estere, psicolinguistica Ziirich, PAS-Verlag, 1966. 18 Linguistica e glottodidattica logia, la psicolinguistica. Questi argomenti ci sembra- no fondamentali per poter delineare una metodologia dell'insegnamento della lingua integrata, volta a rag- giungere i fini che la scuola si propone e che si pos- sono configurare secondo la seguente tripartizione: — pratico: con l'acquisizione di un lessico e di nozioni grammaticali di base che consentano gli auto- matismi necessari al possesso reale della lingua parla- ta e scritta; ed è noto quanto sia pressante oggi que- sta esigenza nel campo delle professioni e della ri- cerca; — culturale: per una conoscenza approfondita della vita e della civiltà del popolo straniero; — educativo: nel senso che vanno sviluppate cer- te facoltà dell'alunno che deve essere progressivamen- te condotto ad una comprensione più completa di sé e degli altri. 19 CAPITOLO SECONDO Limiti della grammatica tradizionale Stiamo alla situazione che è ancora in gran parte la realtà dell'insegnamento delle lingue straniere nelle nostre scuole. Esiste un testo: la grammatica norma- tiva che costituisce il fondamento essenziale, a cui si fa riferimento nell'insegnamento e che rappresenta la referenza indiscussa per dirimere tutte le controversie, per giustificare ogni « uso », per costruire una cer- ta lingua scritta e che si utilizza anche per « conver- sare » sugli argomenti più diversi: dalle vicende della vita quotidiana alle dissertazioni letterarie. La gram- matica è il testo. Ogni ìncartaàe rispetto al testo provo- ca perplessità, accende discussioni (anche fra speciali- sti), produce smarrimenti e non solo fra gli studenti. Non di rado capita che lo stesso testo non sia in grado di fornire delucidazioni esaurienti su determinate que- stioni anche elementari o, addirittura, contraddica un determinato enunciato. Talune definizioni poi sono cosi complesse che rasentano l'inintelligibilità e allora si preferisce proce- dere per esclusioni: la norma che sembrava essere l'as- sioma indiscutibile, il punto di riferimento assoluto, la prescrizione inequivocabile, viene a negare se stessa e a definirsi come assenza di norma. Questi fatti, av- vertibili nella pratica quotidiana dell'insegnamento, ri- velano o dovrebbero rivelare che l'impalcatura cosi ri- gorosamente sistematizzata ha dei limiti e che è pro- babilmente il caso di rivedere, di ripensare tutta la questione nel suo insieme. Limitiamoci a qualche esem- pio. Le definizioni concettuali di soggetto, oggetto 21 fondamenti dell'analisi strutturale o infinito non sono né precise né utili. Ad esempio si dice: « il soggetto è l'essere o la cosa che compie un'azione o si trova in un certo stato »; « il comple- mento oggetto è l'essere o la cosa che subisce l'azio- ne »; « l'infinito è la forma del verbo che esprime l'idea di verbo e null'altro ». Ebbene, nella frase se- guente: « Luigi apprezza molto il vino », qual è in realtà l'azione compiuta da Luigi?; in quale stato si trova Luigi? che cosa subisce il vino? Prendiamo an- cora la nozione di sostantivo: « Il sostantivo indica persone, animali o cose ». Se io dico: « la corsa », il sostantivo « corsa » può rientrare nella definizione enunciata sopra? Evidentemente no; si tratta di una azione \ E gli esempi, anche meno elementari, si po- trebbero moltiplicare all'infinito. Ripetiamo: queste categorie concettuali o nozionali della grammatica non sono « sbagliate », ma la loro applicazione è impos- sibile. Il valore rispettivamente di soggetto, oggetto, la nozione di sostantivo, derivano dalla posizione dei singoli elementi nella struttura della proposizione. Que- sto è il nuovo angolo visuale da cui ci si deve por- re per mettere a fuoco i problemi e ristudiarli. Ma fenomeno diventa singolarmente più spino- il so quando, a partire da una certa norma, in sé inecce- ^ Il disagio della definizione è già avvertito da certi grammatici. Si sente la difficoltà di costringere la lingua negli schemi categoriali e qualcuno intuisce necessità di precisare che l'enunciato non è asso- la ha in sé qualcosa luto, che, tra l'altro, la distinzione sostantivo-aggettivo di arbitrario e ci si trova costretti a attenuare gli schemi pur mante- nendo l'ossatura generale. Vedi, ad esempio: S. Battaglia-V. Pernicone, La grammatica italiana, Torino, Loescher 1960, 2^ ed., pp. 103-104: « Il riferimento del nome a persone o animali è sempre chiaro, e non dà luogo ad incertezze. Altrettanto non si può dire per il riferimento a cose. Nel si- gnificato della parola "cosa" si fanno rientrare esseri materiali inani- mati, idee, sentimenti, azioni, insomma, tutto quello che non è riferibile a persone o animali... Il nome, dunque, è la nozione di qualche cosa, e serve alla conoscenza di essa. In tal senso, nome è anche l'aggettivo, e la denominazione di sostantivo, in origine, serviva appunto a distinguere il nome-sostantivo dal nome aggettivo ». 22 Limiti della grammatica tradizionale pibile, si arriva adover costruire una lingua seconda con la nome appunto struttura della lingua prima in di scontate corrispondenze categoriali che ci fornisco- no le grammatiche. Prendiamo la frase italiana: « Que- sti ultimi tre anni... ». L'analisi, termine a termine, delle categorie ci porta a stabilire, ad esempio in fran- cese, le corrispondenze seguenti: questi (ces); ultimi {dernières)\ tre (trois); anni {années) (diamo per scon- tato, ma non lo è, che l'opposizione an, année si ri- solve anche per definizione semantica). Otteniamo: « ces dernières trois années ». Ci limiteremo ancora a rispondere: la frase è corretta grammaticalmente, ma non è « francese »? oppure « l'uso è questo », ecc.? Evidentemente c'è qualcosa che non soddisfa. Esiste un'organizzazione della lingua che sfugge alla norma prescrittiva così come viene enunciata. Questi ultimi tre anni ! } i i Ces dernières trois années X trois dernières E forse non è inutile, a questo punto, ripercorrere brevemente il cammino della dottrina che ci ha por- tati all'attuale concezione della grammatica e conse- guentemente all'insegnamento delle lingue. La grammatica detta tradizionale è tributaria in gran parte delle concezioni linguistiche dei Greci. Questi hanno condotto i loro studi con grande pre- cisione intorno a temi fondamentali: il piano stilisti- 23 Fondamenti dell'analisi strutturale CO e quello filosofico. Si proponevano, dunque, da una parte, di reperire i procedimenti stilistici e, dall'altra, di giustificare l'adeguamento del pensiero al linguag- gio. È quest'ultima angolazione che ci interessa parti- colarmente perché doveva incidere in maniera decisiva sull'impostazione delle grammatiche che una lunga tra- dizione ci impone ancora oggi, Aristotele pone l'ac- cento su un fatto fondamentale: la costituzione della grammatica, ed elabora una analisi precisa della strut- tura linguistica. Mette a punto una sua teoria della fra- se, distingue le parti del discorso, enumera le catego- rie grammaticali, precisa il significato delle parole pre- se a sé e nella loro strutturazione nella frase, chiarisce le differenze fra la lingua parlata e la lingua scritta. Per descrivere la lingua greca, Aristotele si pone su quattro piani diversi (anche se la terminologia che usia- mo non corrisponde a quella proposta dal filosofo gre- co): fonologico: lettere e suoni, articolazioni, intona- zioni, accenti, aspirazioni e concetto di sillaba; lessi- cale: parola scritta e orale, metafora, omonimia, sino- nimia, derivati, ecc.; grammaticale: opposizione verbo- nominale, determinanti, pronomi, generi, tempi; stili- stico: logica, retorica, poetica, lingua scritta e orale, ecc. Ma possiamo definire « grammaticali » le oppo- se non erano, diremo, in- sizioni di Aristotele, in realtà tenzionalmente tali, almeno nell'accezione che abbia- mo oggi della grammatica, in quanto tali distinzioni erano di natura logica e si riferivano a categorie del pensiero ^ Tali teorie vengono perfezionate successi- 2 Vedi Francis P. Dinneen,S. J., An Introduction lo General Lin- guistic, Pre-publication edition, Georgetown University, 1964; « The restrictions that he (Aristotle) discusses, however, are those which pre- vent statements from being determinately true or false, and are therefore logicai, not grammatical distinctions: the source of these restrictions is then to be sought, not in the language in which they are discussed, but in the things discussed in the language » (IV, 20). 24 Limiti della grammatica tradizionale vamente e raggruppate in un corso di dottrine coeren- te, ma l'interesse si polarizza intorno a due proposi- zioni: da una parte i fautori della costruzione di un sistema grammaticale fondato sulle analogie della lin- gua con la presentazione di un « corpo » rigorosamente normativo e dall'altra gli assertori del principio se- condo cui r« uso » è sovrano, basandosi questi ulti- mi sul fatto che la lingua, pur avendo, nel suo com- plesso, un sistema abbastanza coerente di strutture in- terne, presentava anomalie tali per cui era impossibile imporre una norma fissa. Dalle lunghe, talvolta sterili discussioni, emerge tut- tavia un fatto: la descrizione di una lingua sulla base di categorie logiche è difficilmente probante. Infatti non tutti i fatti di lingua sono riconducibili a schemi logici suscettibili di definire il movimento del pensiero meglio dell'articolazione dei fatti grammaticali. Sic- ché, pur essendo nel complesso soddisfacente, la de- scrizione del Greco, fondata su fatti osservati, sulla lingua nella sua concretezza reale, sulla sua reale di- namicità, mostrava già i suoi limiti. Il mondo latino, seguendo fedelmente gli esempi greci, si servì della « struttura » del Greco per descri- vere la propria lingua. Ma ogni lingua ha un funziona- mento sui generis, ed era difficile piegare e costrin- gere il Latino entro gli schemi forniti dalla lingua gre- ca. Le categorie del pensiero sono categorie universa- li, la grammatica riflette queste categorie del pensie- ro, quindi anche la lingua latina può essere descritta né più né meno come il Greco e con le stesse catego- rie: questa la giustificazione che sta alla base della grammatica latina. Ad esempio, Prisciano, volendo render conto dell'ottativo, esistente in Greco, ma non presente nel Latino, proponeva un costrutto sintattico, laddove il Greco aveva una forma morfologica. Non 25 Fondamenti dell'analisi strutturale avendo il Latino una forma ottativa da opporre al con- giuntivo, la descrizione non poteva ovviamente farsi sulla base di queste opposizioni. La nostra lunga tradizione grammaticale si origi- na proprio qui: la struttura grammaticale è un fatto universale inerente a tutte le lingue, sicché le catego- rie sono indipendenti dalle singole lingue nelle quali esse si realizzano concretamente. La grammatica è dun- que concepita come un modulo unico nel quale viene ad ordinarsi l'esperienza linguistica delle diverse co- munità. Ma c'è di più. I modelli da imitare sono i « grandi », gli auctores: Virgilio, Cicerone. Sono que- sti che hanno dato alla lingua una sua reale fisiono- mia, una nobiltà esemplare. Essi dunque forniranno la materia prima per la costruzione della grammatica normativa. Non verrà fatto cenno alla lingua parlata, attuale, viva; non si terrà conto dell'atto di parola con- creto che, influenzando la lingua, agisce sul sistema e per ciò stesso anche ?>\AVauctor a distanza di tempo. Ma si riteneva che il « modello » della lingua non poteva essere che quello della lingua scritta, realizza- ta da personalità notevole e degna di costituire una referenza. Sennonché quella lingua, per il fatto stesso di appartenere ad uno scrittore, raggiunge un livello artistico che ne definisce la unicità, divenendo così una astrazione, e quindi non suscettibile di essere ripro- posta a modello da imitare. La lingua insegnata, ancora nel Medioevo, è quella di un latino cristallizzato, let- terario, da cui inducono norme che dovrebbero de- si terminare l'uso concreto. Il Latino continuerà ad es- sere la lingua per eccellenza mentre il « volgare » avrà diritto di cittadinanza negli studi solo molto più tardi. Solo allora appaiono le prime grammatiche in lingua nazionale, come è il caso per la Francia e ci si sforza di dimostrare che il Francese ha la stessa dignità delle 26 Limiti della grammatica tradizionale lingue classiche, non solo, ma che ne ha tutte le qua- lità e addirittura se ne ricerca la conformità con il Gre- co, con il Latino \ Si vogliono mantenere le otto cate- gorie del Latino della bassa latinità, talvolta ignoran- do l'articolo, o rigettando l'interiezione, o trascurando l'aggettivo. Si continua a far riferimenti al Latino: la norma, nel secolo XVII, è di origine letteraria e si tra- manda fino ai nostri giorni. Teorizzate con rigore, le categorie grammaticali vengono considerate uno stru- mento, un Ragione univer- riflesso del pensiero, della sale: le lingue, si diceva, tutte le lingue hanno un fon- damento comune; esse differiscono, semmai, per la di- versa capacità dei singoli popoli a ragionare con un cer- to rigore e possono essere classificate in funzione della conformità della loro struttura con la logica. Siamo COSI alla Grammaire generale et raisonnée di Port-Ro- yaP. Tutto l'Occidente doveva, per due secoli, essere 3 Vedi a questo Guiraud, La Grammaire, Paris, proposito Pierre PUF, 1964, p. 8. Vedi ancheK. Halliday, Linguistique generale J. et linguistique appliquée, in « Etudes de linguistique appliquée », I, (1962), pp. 17-18: « On croyait que toutes les langues ressemblaient au latin, ou, si elles n'y ressemblaient pas, qu'elles devaient y ressembler. Ensuite la description particulière est devenue la description compara- tive. On ne disait plus "voici ce qui se passe en fran^ais", mais plutòl "voici le moyen de faire du fran?ais" ce qu'il doit ètre, un reflet impar- fait du latin... [cette] attitude se retrouve encore dans nos grammaires, y compris celles qu'on utilise pour l'enseignement de l'anglais à l'étran- ger. On trouve, par exemple, la subjonctif en anglais traité comme s'il était une categorie vivante du verbe, d'une valeur semblable à celle de l'indicatif, tandis qu'en réalité c'est une forme pétrifiée, limitée au ver- be "étre" dans certaines structures très spécifiques ». * Vedi Jean Perrot, La linguistique, Paris, PUF, 1963: «La langue est apparue comme un instrument logique se modelant sur des catégo- ries universelles de la pensée... l'enseignement de la grammaire fran^aise reste profondément marqué, malgré les progrès de la linguistique, par cet état d'esprit. Un fran?ais, pourvu d'une bonne instruction est géné- ralement incapable de dire combien sa langue compte de voyelles et de consonnes, ou comment elle marque l'opposition des genres et des nom- bres; il répond par des considérations orthographiques à des questions qui portent sur des faits de structure; et il ne peut concevoir qu'il exi- ste des langues qui ne fassent pas la distinction du nom et du verbe », pp. 37-38. 27 Fondamenti dell'analisi strutturale tributario di questa concezione: « Du grand chaudron de ou nous aurions mis toutes les langues la logique, longue un code universel », os- à bouillir, sortirait à la serva scherzosamente il Guénot ^ L'era « metafisica » termina con il secolo XIX e lo studio del linguaggio si definisce su basi scientifiche, prendendo le mosse dalle ipotesi della grammatica storica e comparata. Al- cune formulazioni saranno particolarmente feconde per lo sviluppo di questa nuova scienza che è la lingui- stica: la lingua è non solo una natura, ma ha una sua storia; la pronuncia si modifica incessantemente come il lessico e la stessa grammatica per l'intervento di fat- tori interni ed esterni, al punto che da uno stesso cep- po originario possono crearsi idiomi assolutamente di- stinti. Ma il comparatismo sviò a lungo le ricerche da quello che avrebbe dovuto essere l'oggetto principa- le del lavoro: l'indagine sul funzionamento sincronico della lingua in un determinato momento storico. Dal- l'inizio del secolo, la linguistica si sta orientando verso queste ricerche per determinare i tipi di meccanismi (la innere Sprachform) che reggono le lingue per ga- rantire la comunicazione, aprendo così nuove prospet- tive alla grammatica. Si è detto: aprire nuove prospettive alla gramma- tica, non rigettare la grammatica. In altri termini, si tratta di vedere la lingua da un certo punto di vista. Non si tratta di demolire un edificio che, bene o male, ha retto fino ad oggi, quanto piuttosto di stabilire del- le norme che rispondano all'autentico funzionamento della lingua, vista nel suo interno, nel suo reale e dina- mico evolversi e non più imprigionata in categorie di pensiero che, in fin dei conti, non sono legate ad una Jean Guénot, Clefs potir les langues vivanles, Paris, Séghers, 1964, p. 29. ) 28 Limiti della grammatica tradizionale formulazione verbale unica: uno stesso pensiero può essere riprodotto con forme diversissime che usciranno per forza di cose dalle definizioni e dalle classificazio- ni più minuziose. È stato osservato che la grammati- ca, come scienza positiva del linguaggio, non ha il ri- gore delle altre scienze. Le leggi, che stabiliscono rap- porti costanti fra i vari fenomeni, sono senza eccezio- ni. Ve ne sono, infatti, in linguistica e in grammatica storica, ma quando si tratta di descrivere l'uso contem- poraneo le deroghe alle regole sono numerosissime. Come scienza normativa, la grammatica deve limitarsi a codificare l'uso attuale per un periodo determinato, senza avere la pretesa di catalogare tutto o tutto de- finire. L'espressione del pensiero « ne se coule pas comme la fonte dans un certain nombre de moules tout faits » ^. Si tratterà, in altre parole, di descrivere con ilmassimo rigore possibile le funzioni, non già per co- stituire un edificio organico, ma per cogliere le diverse relazioni verbali che consentono al pensiero di manife- starsi. « La realité ne se enfermer laisse pas toujours dans des catégories... qu'en analyse gram- Il s'ensuit maticale surtout, entre les cas nettement tranchés, il y a comme un no man's land, où abondent les cas su- sceptibles de recevoir plusieurs interprétations » ^ La lingua, realtà dinamica, deve essere colta nel suo es- sere dinamico, deve riflettere un uso socialmente do- minante in un determinato momento storico, non già costruirsi con norme che sono fuori della lingua viva o riferite ad autorità del passato. Tutto il dramma dell'insegnamento sta qui; nel proporre uno strumento che, in partenza, mostra i suoi limiti, in quanto la J., Manuel d'analyse grammaticale, in E. Stiennon, ^ L. Arnoult, S. Etude expérimentale sur la fonction des mots en analyse grammaticale, Louvain, Nauwelaerts, 1964, p. 82. ^ Ibidem. 29 Fondamenti dell'analisi strutturale esemplificazione, le referenze, quasi tutto il materiale linguistico riflette situazioni storicamente connotate. Riteniamo dunque che sia necessario partire ormai da una nuova visione della lingua per poter operare, an- che sul piano metodologico, quelle innovazioni che or- mai si impongono. 30 CAPITOLO TERZO Diacronia e sincronia Il una considera- discorso precedente ci propone zione. Se un appunto può validamente essere mosso alla grammatica tradizionale, questo sta quasi esclusi- vamente nel fatto di aver mescolato vari livelli lin- guistici sia sul piano stilistico, sia sul piano storico. Se questa normazione della lingua poteva avere alcu- ni incontestabili punti di forza in quanto tendeva a per- petuare un tipo di lingua ricca di spunti umanistici e a mantenere in essa un certo equilibrio attraverso referenze precise, essa però faceva correre il rischio di tramandare un sistema statico insensibile agli apporti nuovi e comunque depauperato di tutti quegli elemen- ti vitali costituiti dalla viva parlata quotidiana. Veni- va a mancare una delle componenti più feconde per l'atto di comunicazione: le realizzazioni concrete del- l'atto di parola. Senza contare poi che il sistema fisso e prescrittivo, per definizione, si precludeva la possi- bilità teorica di rivedere la norma, anche quando la realtà della lingua mostra quotidianamente che essa si evolve adeguandosi alle molteplici mutevoli espe- rienze, specie in un'epoca, come la nostra, in cui i con- tinui confronti fra idiomi diversi, la sempre rinnovata esigenza di adattarsi a fenomeni nuovi, portano di ri- flesso ad un'azione diretta anche sulla lingua, vuoi in nome di una maggiore corrispondenza tra realtà ester- na e comunicazione, vuoi per ragioni di « economia » ^ ' Vedi André Martinet, Economie des changements phonétiques, Ber- ne, Francke, 1955. Riprendendo le tesi di alcuni linguisti, Henry Swee.t, Otto Jespersen, e particolarmente Paul Passy, il Martinet precisa e ivpÌ- 31 Fondamenti dell'analisi strutturale Una realtà in continuo movimento come la lingua, soffre difficilmente le coercizioni di una norma e tende, in effetti, a superarla, per instaurare un nuovo equilibrio specie sul piano fonologico. L'autorità dei « testi » è destinata proprio per questo a perdere con- tinuamente suo valore prescrittivo, tanto più se pen- il siamo che il messaggio della comunicazione orale può considerarsi allo stesso titolo della comunicazione scritta che ne utilizza, del resto, le leggi in un determi- nato momento storico. Evitare una troppo marcata connotazione storica significa appunto assumere a nor- ma quello che poteva essere considerato, in un certo punto, una discordanza rispetto a una certa norma sto- rica. La lingua è costantemente in movimento ed al- lora come può configurare una norma valida specie si sul piano m.etodologico quando è inevitabile fare una opzione? Questo è forse il punto più difficile da diri- mere; non per questo non lo si deve porre. Questo significa che il problema va posto in un certo modo e che occorrerà distinguere una certa lingua che tenga conto di determinati valori, tuttora validi sul piano della « norma » e provenienti da un'esperienza lingui- stica del passato e di altri che, sia pure non codifica- ge successivamente la tesi secondo la quale un'opposizione si mantiene nella misura in cui essa è utile alla comprensione reciproca e si mantiene più facilmente di un'altra meno utile. « Bien entendu, le mantien de celle-ci et l'élimination de telle autre ne résulte pas d'une décision volontaire des sujets parlants, mais du jeu normal des échanges lingui- stiques qui favorise les traits utiles aux dépens de ceux qui le sont moins » (p. 42). Ma se l'individuo non agisce coscientemente nel sistema, ciò nondimeno le azioni singole combinate influenzano la struttura gene- rale al punto da colpire quella che era la « norma » precedentemente, e ciò in nome della legge del minimo sforzo (v. H. Sweet, History of English Sounds). Ma accanto alle modificazioni subite dal sistema in senso « economico », esiste un altro fenomeno altrettanto importante: quello per cui si rafforza un determinato fatto nel ritrovato equilibrio. Riassumendo questa tesi, diremo: « 1. Le langage tend constamment à se débarrasser de ce qui est superflu. 2. Le langage tend constamment à mettre en relief ce qui est nécessaire ». Martinet, op. cit., pp. 42-43. 32 Diacronia e sincronia ti, rappresentano un momento di quell'evoluzione cui si accennava. Ma finché le nostre grammatiche riflet- teranno quasi esclusivamente testi letterari del passa- to, ci sarà sempre una frattura insanabile tra la norma e la realtà viva della lingua. Del resto, è stato giusta- mente osservato « gli errori di oggi possono essere la regola di domani » ^ Fino a qualche decennio fa la grammatica, come oggetto di scienza, era uno studio di carattere essen- zialmente storico; i neogrammatici specialmente, inten- devano per scienza del linguaggio solo lo studio del- l'evoluzione e la comparazione delle lingue. La gram- matica come descrizione dei fatti linguistici aveva per loro esclusivamente un valore pratico e pedagogico. È scientifica, dicevano, un'indagine che ha un ogget- to su cui operare — le testimonianze scritte, per l'ap- punto — ed era trascurata quella che, di fatto, era la lingua ioui court, quella che serve effettivamente a co- municare quell'esperienza, quel pensiero che soggiace al fatto lingua; e questo, in nome di un certo puri- smo — il caso è particolarmente avvertibile in Ita- lia — che rivendicava il diritto di operare selezioni ai vari livelli per sostenere un edificio mouvant per es- senza e codificarlo forzosamente nonostante l'evidenza del suo movimento \ Il problema consiste sempre nel proteggere la lingua contro le intrusioni di ogni sor- ta; mai di arricchirla con quegli elementi che si im- pongono per una più rigorosa comunicazione. Il lavoro del grammatico si limita tutt'al più a tollerare un deter- ^ E. Peruzzi, Problemi di grammatica italiana, Torino, E.R.I., 1962, p.6. « Lorsqu'il s'agit de langues traditionnelles, le grand public ne con- 3 50Ìt d'autres interventions que celles des puristes, beaux esprits qui, sans mandat d'aucune sorte, s'arrogent le droit de régcnter l'usage de fa?on strictement negative en décrétant d'accusation tei emprunt ou telle tournure ». Vedi A. Martinet, La linguistique, revue internationale de linguistique generale, Paris, PUF, I, 1965, f. Vili. 33 Fondamenti dell'analisi strutturale minato uso o costrutto rispetto ad un altro ritenuto meno nobile. In altri termini non si descrive una lin- gua come realmente funziona, se ne difende l'impal- catura. Saussure, per primo, vede nettamente il problema. Egli distingue, infatti, due momenti nelle considera- zioni linguistiche, come del resto in altre scienze: Pas- se della simultaneità, riguardante le cose coesistenti, donde è esclusa ogni considerazione temporale, e quello della successività, sul quale si può esaminare soltan- to un fatto alla volta, ma dove sono situati tutti i fatti del primo asse con le loro evoluzioni. Questa distin- zione, egli pensa, è imperiosa per il linguista poiché la « langue est un système de pures valeurs que rien ne détermine en dehors de Pétat momentané de ses termes » \ Essendo la lingua un sistema molto com- plesso, la si deve, a maggior ragione, studiare separa- tamente secondo i due assi. Egli propone dunque una nuova terminologia: da una parte la linguistica dia- cronica (o evolutiva o storica) che si occupa delle tra- sformazioni che si vanno producendo attraverso i tem- pi e la linguistica sincronica (o statica, o descrittiva) che studia la costituzione della lingua in un dato mo- mento storico. Ma il fatto che colpisce quando si studiano i fe- nomeni linguistici è che il soggetto parlante si trova sempre di fronte ad uno stato determinato di lingua, essendo per tempo inesistente. lui la successione nel Sicché il comprendere questo sta- linguista che voglia to deve prescindere da tutto ciò che lo ha prodotto ed ignorare la diacronia. « Il ne peut entrer dans la con- science des sujets parlants qu'en supprimant le pas- ^ F. De Saussure, Cours de linguistique generale, Paris, Payot, 1962, p. 116. 34 Diacronia e sincronia sé » \ D'altra parte la lingua è un sistema in cui tut- te le parti possono e devono essere considerate nella loro solidarietà sincronica. Le alterazioni non si pro- ducono mai sull'insieme del sistema, ma su questo o quell'elemento e quindi non possono essere studiate che all'infuori del sistema stesso. Se l'alterazione pro- voca un contraccolpo sul sistema, il fatto iniziale inte- ressa soltanto un punto preciso, sicché non ha nessuna relazione interna con le conseguenze che possono deri- vare sull'insieme. Tale differenza di natura, precisa an- cora il Saussure, tra termini successivi e termini coe- sistenti, tra fatti parziali e fatti che incidono sul si- stema, impedisce di considerare questi fenomeni di- stinticon una sola scienza. I punti di vista diacro- — nico e sincronico — vanno quindi nettamente distinti e formano l'oggetto di due scienze a sé stanti. La sin- cronia deve interessarsi d'una sola prospettiva, quella del soggetto parlante e il metodo consiste nel racco- gliere le testimonianze; per conoscere in quale misura una cosa è realtà, è necessario e sufficiente ricercare in quale misura esiste per la coscienza del soggetto. La linguistica diacronica, invece, deve distinguere due an- golazioni, una, prospettiva, che segue il corso del tem- po, l'altra retrospettiva, che risaletempo. Metodo- il logicamente, i due assi vanno nettamente distinti: « L'opposition entre les deux points de vue syn- — chronique et diachronique — est absolue et ne souf- fre pas de compromis » ^ Il merito maggiore del Saus- sure è di aver attirato l'attenzione sulla sincronia, sul- la descrizione dello stato di lingua attuale, mentre nel passato si affermava che il solo soggetto della linguisti- ca era la conoscenza della genesi di un determinato fat- ' Ibidem, p. 117. 6 Ibidem, p. 119. 35 Fondamenti dell'analisi strutturale to. « Il est évident que l'aspect synchronique prime l'autre, puisque pour la masse parlante il est la vraie et la seule reali té... la diachronie n'a pas sa fin en elle- meme » ^. Ma Saussure spinge ancora più oltre la sua inda- gine e precisa che lo studio sincronico non ha per og- getto tutto ciò che è simultaneo, ma soltanto l'insie- me dei fatti corrispondenti ad ogni lingua: « dans la mesure oìi elle sera nécessaire, la distinction ira jus- qu'aux dialectes et aux sous-dialectes. Au fond, le ter- me de synchronique n'est pas assez précis; il devrait étre remplacé par celui, un peu long, il est vrai, de idiosynchronique » ^ Quest'ultima osservazione è par- ticolarmente feconda ai nostri fini. Non si tratterà, ov- viamente, di proporci un'indagine linguistica estesa dal- lalingua nazionale fino agli idioletti, ma di delimitare con una certa precisione e con coerenza una certa lin- gua che abbia in sé il carattere di sistema unitario, in modo da evitare, nella misura del possibile, le interfe- renze sull'asse sincronico che, con questa nuova visio- ne, si respingevano sull'asse diacronico. In breve, si tratterà di porre mente a un sistema il più possibile omogeneo. Ma prima di precisare il nostro pensiero su questo punto, un'osservazione s'impone. La netta dicotomia saussuriana tra i due piani del- la lingua, posta in rigidi schematismi dettati da mo- — tivi polemici che si giustificano per ragioni storiche — non è rigorosamente esatta: c'è sempre interdipenden- za tra sistema e movimento. In realtà non c'è frattura fra sincronia e diacronia. In Saussure « è pericolosamen- te implicita la possibilità del passaggio da un punto di vista metodologico che afferma l'autonomia della lin- ' Ibidem, p. 128. 8 Ibidem, p. 128. 36 Diacronia e sincronia gua come oggetto di scienza, a un punto di vista onto- logico che pone la lingua come entità a sé extérieure à l'individu, qui, à lui seul, ne peut ni la créer, ni la modifier » ^ Rimanendo su questo piano, non si vede come la lingua possa modificarsi, evolvendosi. Il fatto è che la lingua si costituisce diacronicamente, ma fun- ziona sincronicamente '°; certi mutamenti sono infatti chiaramente avvertibili in ogni lingua ed aspettano per essere codificati che la massa dei parlanti li abbia im- posti alla attenzione di grammatici. Quando il fatto sarà diventato esperienzacomune, rientrerà nella nor- ma norma, anche a dispetto del purismo gram- e farà maticale. Si veda, ad esempio, in italiano il caso di « gli » per « loro » e forse per « le ». Diversa è la situazione dell'insegnante di fronte al- la lingua straniera. Se come parlante della propria lin- gua può decidere che assumerà un certo fatto lingui- stico nel momento, diremo, diacronico in quanto se ne intravede il possibile uso generalizzato, non altrettanto può fare per la lingua seconda che insegna. Egli deve, in questo caso, operare con molta cautela e proporre ciò che è già « norma », nella sincronia s'intende. Do- vrà attendere che il fatto sia stato assunto definitiva- mente nel sistema. Non può e non deve interessarlo il diacronico nella sincronia. Ad esempio, se egli avver- te che in francese contemporaneo c'è la netta tenden- za a far scomparire l'opposizione (óé/ '-' /è) di scar- — so rendimento linguistico — non potrà proporre tale evoluzione come modello, come « norma » finché una certa codificazione non lo autorizzi a farlo. E lo stesso vale sul piano propriamente lessicale. Non gli spetta ^ Luigi Heilmann, Origini, prospettive e limiti dello strutturalismo, in « Convivium », nuova serie, XXVI, settembre-ottobre 1958, n. 5, p. 517. i** E. Coseriu, Sincronia, diacronia e historia, Montevideo, 1958. 37 Fondamenti dell'analisi strutturale di decidere di adottare neologismo oléoduc, quando il è ancora generalmente usato il termine pipe-line. Po- trebbe accadere quello che è avvenuto per pyroscaphe, sostituito, dopo una vita effimera, da paquebot. L'opposizione sincronia-diacronia è indispensabile da un punto di vista metodologico, per l'insegnante e il linguista che constata uno stato di lingua. Il descrit- tore dovrà stabilire di avere dinanzi a sé una certa lin- gua concretamente definita e ben delimitata sulla quale operare la sua indagine. Dovrà fissare un determinato corpus, la realtà linguistica osservabile che costituirà r« oggetto » da cui indurre le leggi di funzionamen- to. L'oggetto sarà una lingua reale, viva, realizzata con- cretamente dal parlante '\ Il linguista opera dunque, in questo modo, su un terreno autenticamente « rea- le »; la descrizione della lingua che ne scaturisce com- porterà un lessico, un sistema strutturato, un certo ti- po di espressioni « attuali ». Nessun fatto di parole desueto o storicamente connotato interferirà con la par- lata attuale.Non ci saranno discrepanze linguistiche come quelle che si notano nelle grammatiche tradi- zionali in cui la esemplificazione spaziava su parec- chi secoli. Il linguista deve fornire all'insegnante quel materiale così definito in una « tranche sincronica », « fissa » (non potendosi tener conto dei mutamenti che " che non significa che vada trascurato l'apporto della lingua II scritta. Tutt'altro.Diciamo però che, metodologicamente, il nostro primo interesse si porta verso la parlata « le langage manifeste » (v. Il Circolo linguistico di Praga, Le tesi del '29, Milano, Silva editore, 1966, p. 63) in quanto esprime il veicolo più autentico della comunicazione in una comunità linguistica. « Il ne faut pas oublier que le langage littéraire est essentiellement anachronique » (v. Roland Barthes, Le degré zèro de l'écriture, Paris, éditions du Seuil, 1963). La lingua letteraria deve es- sere presentata, ma a suo tempo, come veicolo di idee, di cultura, non prima che i meccanismi siano acquisiti. Semmai, è possibile attingere dalla lingua letteraria di quegli autori contemporanei che si sono pro- posti di « ouvrir grande la littérature à l'irruption des formes parlées dans la simplicité entière d'un état de nature» (R. Barthes, op. cit.). 38 Diacronia e sincronia si vanno prefigurando nella parlata quotidiana) il che suppone, in partenza, un'opzione per un determinato corpus linguistico da utilizzare in funzione dei fini che la scuola si propone di raggiungere. Questo materiale non potrà che omogeneo e corrispondere ad un essere tipo di lingua che rappresenti uno strato sociale, riflet- ta un tipo di espressione unitario e una localizzazione geografica ben delimitata. È noto, infatti, che la realiz- zazione concreta dell'atto di parola subisce influenze di varia natura e che un'espressione di un certo tipo sarebbe « notata » in un ambiente diverso da quello in cui è solitamente usata. Da queste considerazioni emerge un fatto importante per le sue implicazioni di- dattiche: la scelta del lessico, di quel tipo di lessico, delle strutture grammaticali e, conseguentemente, del- le situazioni in cui tutto questo materiale si realizza concretamente. Quanto meno all'inizio dovrà essere presentato un tipo di lingua ridotta — senza implicazioni peggiorati- ve — circoscritta da un punto di vista quantitativo in funzione del tempo disponibile nell'insegnamento, e da un punto di vista qualitativo in funzione degli obiettivi specifici che il tipo di scuola si prefigge di raggiungere. 39 CAPITOLO QUARTO // segno Duplicità, immotivazione, relatività del segno. h2L lingua è suono. Ciò può apparire ovvio, ma oc- corre precisare il concetto tanto più che una lunga tra- dizione ci ha abituati a considerare la parola scritta co- me l'unico legittimo oggetto di studio. Precisiamo su- bito una nozione sulla quale ritorneremo e cioè che ogni diversa rappresentazione della lingua è indipen- dente dalla sua forma fonica e che, quindi, costituisce un sistema a sé stante, il che, metodologicamente, si- gnifica che i due piani della lingua scritta e orale van- no considerati separatamente e presentati e studiati con mezzi diversi, in tempi diversi. In certe lingue (vedi, ad esempio, il Francese o l'Inglese) la rappre- sentazione grafica — ortografica — dovrebbe mirare a dare una trascrizione adeguata del fatto fonico per una comunicazione il più possibile esatta e sappiamo quanto siamo lontani da questa precisione, in lingue dove il divario fra produzione del suono e rappresen- tazione è particolarmente sensibile. Rovesciamo quindi le posizioni. Tradizionalmente si considerava in partenza segno scritto e si risaliva il alla sua realizzazione sonora in un gioco di combinazio- ni varie, suscettibili di riprodurre l'andamento della parlata in una forma che si riteneva legittima, anche se, non di rado, ci si accorgeva che la « ricostruzione » non corrispondeva, spesse volte, alla reale produzione del parlante nativo, vincolati come si era da un gioco di norme, e che i più diversi accorgimenti non riusci- 41 Fondamenti dell'analisi strutturale vano a risolvere certi problemi di elisioni o combina- zioni, senza parlare di tutti i fatti prosodici che, per essere tipizzanti, hanno una funzione ineliminabile e molto spesso significativa. Ribadiamo ancora che la comunicazione è, per sua naturale definizione, un fatto orale; tutte le altre forme sono convenzioni valide e necessarie, ma sono accanto all'intrinseca essenza del- la comunicazione. Si può comunicare con gesti, con segni convenzio- nali — l'immagine per esempio — ma il vero sup- porto della comunicazione è l'emissione vocale dei suo- ni. Del resto se c'è veramente qualcosa di insito in tutti gli uomini indistintamente è proprio la capacità che tutti hanno di produrre e di decifrare dei suoni, anche i popoli più primitivi. Tutti hanno in comune gli stessi apparati fonatori e la stessa capacità poten- ziale di emettere i suoni più diversi indipendentemente dall'età o dalla razza. Da questo punto di vista potrem- mo dire che tutte le lingue hanno un fondo comune che si riferisce appunto ai suoni, poiché tutti gli uomi- ni sono in grado di emetterli. L'inventario dei singoli suoni non è, infatti, illimitato, anzi è facilmente deli- mitabile e, soprattutto, i suoni sono agevolmente de- scrivibili con rigore scientifico. Ogni lingua ha un numero limitato e ben indivi- duato di suoni, molti dei quali sono comuni ad altri idiomi; i suoni « mancanti » in un determinato siste- ma sono potenzialmente acquisibili, sicché potremmo dire, al limite, che qualunque lingua è alla nostra por- tata da questo punto di vista. Effettivamente, il fatto stesso che si imparano correttamente lingue diverse sta a dimostrare che può essere così. Ripetendo certe com- binazioni di suoni, di cui si ha l'esperienza possiamo fare passare un messaggio purché l'interlocutore ne ab- bia la chiave e sia effettivamente in grado di de- 42 Il segno cifrare. Se, nella realtà, le cose vanno in tutt'altro mo- do, ciò attiene al fatto che questi suoni sono combina- ti in maniera diversa a seconda delle varie comunità linguistiche. Ogni comunità linguistica opera una sele- zione propria nell'infinita gamma potenziale di pro- duzioni foniche, non solo, li sistema secondo un ordine che le è tipico in funzione delle esperienze da comu- nicare e delle abitudini che si sono andate creando at- traverso lunghe tradizioni, talvolta impossibili da pre- cisare. Ogni lingua ha un suo peculiare tipo di organiz- zazione dei suoni che la distingue dalle altre; questi diversi tipi di agencements conferiscono i diversi si- gnificati.Questa, in termini elementari, la sostanza del problema. Tutti possiamo emettere suoni — anche non appartenenti al nostro sistema: infatti, un bambino im- messo in un ambiente linguistico non suo, non ha dif- ficoltà a produrre suoni che ad un adulto potrebbero sembrare estremamente complicati — non tutti sap- piamo organizzare i suoni in modo significativo in re- lazione ad un determinato idioma. Con adeguata edu- cazione, tutti possiamo discriminare i suoni e se a que- sti suoni sappiamo ricondurre un elemento di signifi- cazione, tutti possiamo decifrare i messaggi in essi con- tenuti. Del resto la rappresentazione grafica non è che un imperfetto strumento, ripetiamolo, per cristalliz- zare un'esperienza che è nella sua essenza fonica. Per questo ci sembra che dovremo a questo punto soffer- marci sulla natura del segno linguistico. Il segno linguistico va reperito in un continuum che è rappresentato dalla catena parlata, insieme di produzioni vocali significative svolgentesi linearmente in una sequenza temporale unidirezionale. E questo è un altro elemento comune a tutte le lingue. Che la rappresentazione grafica si faccia dall'alto in basso o in- versamente, la produzione fisica dei suoni ha sempre 43 Fondamenii dell'analisi strutturale la stessa configurazione lineare. Questa constatazione potrebbe avere un carattere di ovvietà. Ma se poniamo mente al fatto che nella rappresentazione lineare della lingua vi sono sequenze di unità discrete ricorrenti, possiamo constatare e — quindi studiare e proporre — i vari giochi rilevati per quanto riguarda i diversi moduli di combinazioni ri- correnti e significativi proprio per le diverse possibili- tà di combinazione, le loro possibili sostituzioni in conformità con le tolleranze tipiche della lingua. Con- statare questo, in partenza, significa già poter preve- dere sull'asse lineare tutta una gamma di sostituzioni possibili in circostanze similari, o intollerabili nel si- stema generale. Significa, in altri termini, saper dire quale posto deve occupare un determinato segno nella catena parlata, quale altro può o non deve occupare quel posto. Ne vedremo a suo tempo tutte le implica- zioni metodologiche. Queste considerazioni significano anche che ogni linguaggio umano ha una sua precisa, distinta, rigo- rosa organizzazione che è possibile rilevare con un'os- servazione attenta delle leggi che lo governano. Si af- ferma talvolta che certe lingue primitive non hanno grammatica. Questo è evidentemente errato. Taluni idiomi non hanno semmai una configurazione corri- spondente all'idea che ci facciamo noi della lingua per- ché pensiamo con i nostri schemi mentali. Ma se il messaggio « passa » anche nelle lingue « primitive » ciò è dovuto ad una certa articolazione tipica, ad un'or- ganizzazione sui generis della sostanza fonica; in altri termini, c'è una « grammatica » diversa. Del resto, si è detto che anche nelle nostre grammatiche la realtà lin- guistica non è sempre rappresentata secondo il reale funzionamento della lingua. Ogni lingua è un siste- ma in cui tutto è collegato, o meglio ogni lingua 44 Il segno è un sistema di sistemi, in cui certe parti sono stret- tamente dipendenti le une dalle altre, o relativamente indipendenti. Isolare un segno qualunque, in funzio- ne metodologica come faremo, suppone tuttavia aver preso coscienza del concetto di sistema strutturato nel- la sua viva e operante realtà. Solo a questa condizione l'analisi è possibile e feconda ai nostri fini '. Il segno linguistico è la comhinaison du concept et de l'image acoustique ^ Esso unisce non una cosa a un nome ma il concetto alla rappresentazione fonica. È importante sottolineare questa idea. Concetto e rappresentazione fonica sono entrambi di natura psichica. Il segno in sé non ha evocato il fatto concreto ma la sua astrazio- ne. L'idea che ci si fa di un determinato oggetto è un residuo, uno schema derivato da esperienze passa- te. L'elemento puramente linguistico del segno è una entità psichica a due facce: da una parte il concetto o significato, dall'altra l'immagine acustica o significante. « idea » di tavola - significato -ola/ tavol ^immagine acustica: (tavola) significante Da una parte ho l'immagine acustica di tavola rappresentata da una serie di segmenti della catena so- nora, dall'altra ho un'immagine più o meno schema- tica, di natura psichica che rievoca nella mia mente ' « Pour procéder à l'analyse linguistique et décomposer la chaìne parlée en unités de plus en plus petites, nous commen^ons au niveau de l'énoncé. L'énoncé minimum est la phrase. Une phrase consiste en mots: ceux-ci sont les plus petits éléments effectivement séparables ». Roman Jakobson, L'aspect phonologique et l'aspect grammatical du lan- gage dans leurs interrelations, in Essais de linguistique generale, Paris, Les Editions de Minuit, 1963, p. 163. 2 Saussure, Cours, cit., p. 99. 45 Fondamenti dell'analisi strutturale l'idea del « mobile ». Ma non ho ancora mobile concre- to, quel mobile designato, la cui rappresentazione rea- le è un elemento di natura extra-linguistica che, in al- tri termini, non determina nessun mutamento nel si- stema, che non muta il rapporto di equilibrio della langue \ Queste considerazioni ci consentono di trar- re alcune osservazioni particolarmente feconde sul pia- no metodologico. È chiaro che nell'insegnamento lo scopo è di realizzare la lingua nella sua concretezza effettuale. Non posso fermarmi al solo momento lin- guistico, al gioco dei meccanismi o delle combinazioni, al momento dell'astrazione concettuale. L'idea della tavola-mobile, deve diventare un mobile « attuale », deve essere « attualizzata ». L'attualizzazione si effet- tua unicamente in un contesto che qualifica, per così dire, la « cosa » evocata e le conferisce la sua realtà sensibile. Avrò tanto maggior bisogno di rendere con- creta la mia « idea » della cosa in quanto il rapporto che unisce il significante al significato è arbitrario. Non c'è nessun rapporto di necessità fra immagine acu- stica e cosa evocata; non c'è mai — l'eccezione confer- ma la norma — corrispondenza puntuale fra le due facce del segno, specie se si confrontano lingue di- verse. La stessa faccia « significato » del segno non dà una visione univoca della realtà all'interno della stessa lingua..rotonda.quadrata in legno 'nei diversi stili ecc. (tavola) ^ S. Ullmann, Précis de sémantique frangaise, Berne, Francke, 1959, pp. 19 e ss. Vedere anche: R. Jakobson, op. cit., « On ne peut me- 46 Il segno Mi basterà dire « la tavola » o « quella tavola » in un contesto qualsiasi perché l'idea di tavola acqui- sti una fisionomia reale, perché io la possa vedere, oggetto reale in un ambiente reale ^. L'implicazione semantica, extra-linguistica ^ del se- gno linguistico è particolarmente ricca di conseguenze pratiche. Se all'immagine acustica di « tavola » corri- sponde l'immagine acustica di Tisch o di Table nelle diverse lingue il concetto generale di « mobile-tavola » evocato nella memoria dei tre parlanti diversi potrà essere a un di presso lo stesso, ma quando il segno si attualizza, assume un valore diverso a seconda della esperienza reale che i soggetti hanno delle loro tavole concretamente ricondotte nell'ambiente di cui hanno l'esperienza. Sarà, poniamo, una tavola rotonda o ova- le, o rettangolare o quadrata con quelle determinate caratteristiche, tipiche di uno stile, di una consuetu- ner à bien l'analyse d'un signe linguistique, quel qu'il soit, qu'à la con- dition d'étudier son aspect sensible à la lumière du signifié... il faut analyser les sons de la parole à la lumière du sens, et le sens lui-méme se référant à la forme phonique... il nous faut toujours garder à l'esprit que si l'analyse linguistique... résout des unités sémiotiques complexes en unités sémiotiques plus petites, il s'agit toujours d'unités sémioti- ques... Pour procéder à l'analyse linguistique et décomposer la chaine parlée en unités de plus en plus petites, nous commengons au niveau de l'énoncé. L'énoncé minimum est la phrase » (pp. 162-163). ^ È chiaro che questo è un punto d'arrivo ideale e che possiamo anche accontentarci di una conoscenza più approssimativa. Ma i margini di tolleranza sul piano semantico non sono sempre ammissibili. Baste- rebbe pensare alla non-equivalenza di termini lycée (liceo) per compren- dere che l'indagine si deve approfondire anche per un lessico che può apparire banale, senza con ciò arrivare alla posizione assoluta di un Ber- trand Russell che afferma: « personne ne peut comprendre le mot "fromage", s'il n'a pas d'abord une connaissance non linguistique du fromage » (B. Russell, Logicai Positivism, in « Re\nie Internationale de Philosophie », IV (1950), in R. Jakobson, Aspecls linguistiques de la traduction, cit., p. 78). Per Jakobson il "significato" è, esso pure, di natura linguistica: 5 «Le sens des mots fran^ais "fromage", "pomme", "nectar", "connais- sance", "mais", "seulement", ou de n'imporre quel autre mot ou groupe de mots est décidément un fait linguistique — disons, pour étre plus précis ou moins étroits un fait sémiotique », op. cit., p. 78. 47 Fondamenti dell'analisi strutturale dine, implicherà determinate abitudini, un certo co- stume e così via. Il problema è importante a tutti i livelli e su tutti i piani, che si tratti del significato o del funzionamento diremo così grammaticale. Non c'è, infatti, una netta equivalenza, ad esempio, fra il francese très beau ed i « corrispondenti » italiani « molto bello » e « bellis- simo ». Le due aree semantiche non si ricoprono per- fettamente; esiste una zona che, almeno quando lo ri- chieda un'analisi minuta, deve essere chiarita. Le dif- ferenze, o meglio le zone di interferenza sono perce- pibili anche nel caso di certi nomi che hanno apparen- temente lo stesso valore: (lycée) (liceo) significato significato dal 1° anno dal 3° anno degli studi degli studi secondari, ecc. secondari, ecc. t interferenza In questo caso ad un'immagine acustica signifi- cante simile, corrispondono significati che si ricopro- no soltanto in parte. Può verificarsi il caso che ad un termine in una data lingua corrispondano due termini nella lingua se- conda, come è il caso, ad esempio, tra italiano « fiore » e tedesco Blume e Biute. A conclusione di queste note, potremo dire che: 48 // segfio — sul piano formale, ossia sul piano linguistico, l'attualizzazione avviene con gli elementi suscettibili di garantirla determinanti ad esempio), i quali ag- (i giungono al segno quelle caratteristiche che gli per- mettono di funzionare all'interno del sistema. Se dico tabu, in francese non ho nessuna informazione circa il genere o il numero e non posso prevedere il compor- tamento degli altri elementi della frase. Basta che io usi uno qualunque dei determinanti perché io sappia — conoscendo le regole del gioco — come organizzare il resto della proposizione ^ Sicché il campo delle scelte si restringe per eliminazione, fi- no alla forma esatta, tutti i segmenti essendo solidali l'uno dell'altro. Cette neufs La table - neuve - est solide Ma tables neuves sont solides