Appunti Glottodidattica PDF
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These notes cover glottodidattica, a discipline focused on language teaching and learning. They differentiate between first language (L1) and second language (L2) acquisition, as well as language learning methodologies. The notes also examine the role of input, intake and output in the learning process, exploring both spontaneous and guided learning approaches.
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APPUNTI LEZIONI La glottodidattica (Giovanni Freddi) è una disciplina teorico-pratica, ma soprattutto interdisciplinare, che ha come oggetto l’insegnamento e apprendimento delle lingue. La glottodidattica ha un’applicazione nel mondo sociale, è pratica; teoria attiva utilizzando certo saperi teorici...
APPUNTI LEZIONI La glottodidattica (Giovanni Freddi) è una disciplina teorico-pratica, ma soprattutto interdisciplinare, che ha come oggetto l’insegnamento e apprendimento delle lingue. La glottodidattica ha un’applicazione nel mondo sociale, è pratica; teoria attiva utilizzando certo saperi teorici per risolvere problemi sociali. Le scienze della natura, della comunicazione, della cultura e società, dell’educazione e formazione, del linguaggio, e quelle psicologiche. La glottodidattica, che riguarda l’insegnamento, è un’applicazione pratica della linguistica acquisizionale, che invece studia solo come funziona l’acquisizione e si ferma lì - differente è il contesto d’azione. Terminologia: Lingua prima/L1 per dire lingua materna (Berruto: quella che si parla per prima, che si pratica continuamente per tutta la vita, in cui si ha maggiore grado di competenza). Lingua seconda/L2, ossia una qualsiasi lingua appresa dopo la prima, una lingua non materna che viene appresa in un contesto in cui è anche mezzo di comunicazione quotidiana. Il francese è una lingua seconda se insegnata in Canada. Lingua straniera, che è sempre non materna ma NON si continua a parlare fuori dall’aula, contesto dove invece continua ad essere praticata la L1. Francese e inglese sono lingue straniere se insegnate in Italia. Lingua target che è la lingua obiettivo, oggetto di apprendimento/insegnamento, ideale punto d’arrivo. Chi impara la lingua seconda vive una ‘vita più facile’ se vogliamo, perché è continuamente esposto a quel tipo di lingua, sia dentro che fuori dall’aula. L’insegnante, d’altro conto, non ha controllo sui loro apprendimenti, quindi potrebbe risultare paradossalmente più difficile - ma da studente è più facile apprendere. La differenza sostanziale tra L2 e lingua straniera sta quindi nel rapporto tra l’apprendente e il contesto comunicativo quotidiano fuori dalla classe. In termini aquisizionali, L2 si riferisce semplicemente a tutte le lingue che non sono L1. Lingua di comunità, che è la lingua d’origine parlata in un contesto in cui non è la lingua comunicativa quotidiana. Sbilanciamento tra L1 e L2 (es. bambino cinese che arriva in Italia da piccolo). Forma molto particolare di multilinguismo, anche chiamato heritage speaking. Lingua franca, ossia lingua usata tra 2 o più parlanti per nessuno dei quali è una L1 (fenomeno dell’inglese come lingua franca). Le L1 possono essere uguali o diverse, non importa —> Ma sono le caratteristiche intrinseche della lingua a renderla ‘franca’, non i repertori linguistici dei parlanti. Alcuni la definiscono franca anche quando un nativo semplifica la propria lingua per adattarsi all’interlocutore. Input è qualsiasi cosa che ci raggiunga, materia linguistica in una seconda lingua a cui un apprendente è esposto. Intake è PARTE dell’input che gli apprendenti assumono temporaneamente, potenzialmente acquisibile, candidandosi per essere interiorizzata (es. le parole momentanee che ci rimangono mentre guardiamo un film in lingua originale, poi solo una piccola parte diviene input vero e proprio). Output è la produzione linguistica, orale o scritta che sia. La lingua prodotta dall’apprendente. Apprendimento = Acquisizione, NON c’è differenza tra le due. L’unica eccezione è per quando parleremo della Teoria del Monitor di Krashen, il cui le distingue nettamente. L’apprendimento guidato è quello in aula, a lezione. L’input non è costante ma segue una progressione lineare, è controllato dall’insegnante. L’input è anche offerto da poche persone, insegnante e qualche compagno, non c’è varietà. L’insegnante facilita, poi, il proprio eloquio e i propri scritti per renderli il più comprensibili possibile agli apprendenti. L’analisi dei dati linguistici è deduttiva. L’apprendimento spontaneo è quello che avviene tramite comunicazioni autentiche autonomamente. Si è esposti a un input costante e offerto da più persone, però per questo anche più ‘sporco’ e irregolare perché ogni persona offre input diversi. Lo sforzo è maggiore ma ha come grande vantaggio la maggiore quantità di input a confronto. L’analisi dei dati linguistici è induttiva. Didattica naturale, quando in un momento di apprendimento spontaneo entra in gioco anche un momento di apprendimento guidato —> è quindi un apprendimento ‘misto’. Per esempio parliamo di cinema in inglese con un collega e questo ci corregge su una regola di grammatica nel nostro discorso. Acquisizione del Linguaggio Quando diciamo Acquisizione del Linguaggio : si parla di L1, altrimenti diremmo acquisizione delle lingue. Ovviamente, la facoltà del linguaggio è caratteristica della specie umana. Una lingua si impara usandola, quindi in realtà i processi di socializzazione si riferiscono all’acquisizione del linguaggio SIA per quanto riguarda la L2 SIA per quanto riguarda la L1. L’apprendimento è un processo creativo e attivo, che si forma per formulazione di ipotesi, quindi in realtà sia gli apprendenti delle L1 che delle L2 fanno errori, e questi errori sono anche simili. Quindi vale sia per i bambini e la loro L1 che per gli ‘adulti’ e le loro L2. Gli errori sono fondamentali, perché significa proprio che è in corso un processo di apprendimento (dite-dicete-dite, memoria-errore-comprensione). Alla fine più si sbaglia più si impara. Anche le fasi di sviluppo di L1 e L2 sono in parte comuni. Ad esempio la fase in molte lingue per spiegare la negazione; la prima fase è la negazione in prima posizione, “No, I don’t”, e questo in entrambi i casi. Poi si prosegue con le fasi per avvicinarsi di più alla lingua target. Ancora, frasi fatte e routine di queste svolgono un ruolo essenziale nella prima fase dell’apprendimento in entrambi i casi. La difficoltà più frequente nell’acquisizione ha a che fare con la ‘marcatezza’ della lingua d’arrivo, e a questo proposito abbiamo parlato di sillabe marcate e non marcate (’strada’ ha struttura CCCA che è difficilissima da imparare sia per adulti che per bambini). Le parole marcate sono quelle più difficili da imparare, ad esempio ‘casa’ che comunque è polisemica, quindi può risultare un problema. ULTERIORI DIFFERENZE: L1 si impara da bambini, mentre la L2 si va ad aggiungere alla prima; Con la L1 il bambino è immerso dalla mattina alla sera con la lingua, può esserci nel contesto di L2 ma è molto diverso; La L2 è meno legata allo sviluppo psico-cognitivo dell'individuo, la L1 è un mezzo per i bambini non solo di apprendimento ma anche per caratterizzare la realtà; La L1 ha una valenza cognitiva più forte e una maggiore valenza psicologica e socio identitaria, perché molto spesso è la lingua con cui siamo stati trattati da bambini, con la quale ci esprimiamo e abbiamo la sensazione di esprimerci più come noi stessi; La L2 poggia su conoscenze linguistiche pregresse in quanto i concetti linguistici si apprendono tramite la L1. Deissi = il significato della lingua si capisce quando si mette in relazioni ad elementi non linguistici. Es: parole che indicano lo spazio noi capiamo a cosa si riferiscono grazie alla L1; La L1 si impara più velocemente e senza sforzo; in realtà è in base al contesto essendo che i bambini sono sempre esposti all'apprendimento, non è poi detto che non facciano sforzi; La L2 si apprende più lentamente; Bambini più esposti agli input; Con i bambini si parla un linguaggio semplificato e quindi si parla di input modificato, babytalk, ossia si mette attenzione alle parole e a cosa è qui e ora, facile l'associazione soggetto e referente, non si parlano di concetti astratti si usano parole molto semplici, ci sono molte ripetizioni. Anche il linguaggio dell'insegnante è modificato perché punta all'apprendimento e all'insegnamento. L'apprendimento implicito prevale su quello esplicito, mentre in L2 prevale quello esplicito in quanto deve riflettere sulle regole della lingua per poterle apprendere; Maggiore plasticità neuronale, differenza nell'architettura dei due emisferi del cervello: nella mente bambina collabora molto di più, mentre invecchiando i due emisferi si specializzano e cominciano a dialogare meglio. Distinzione: studi longitudinali (registro tot soggetti a distanza di tot mesi per vedere cosa cambia in questi mesi, faccio una mappatura del percorso acquisizionale dei soggetti e poi li posso confrontare) e trasversali (misuro delle variabili, es. l'età, prendo soggetti di tot anni e faccio uno studio in base a questa fascia d'età che ho scelto). Vengono usati alcuni protocolli sperimentali, es: paradigma della suzione non nutritiva, si mette un ciuccio in bocca collegato a dei sensori che registrano sia l'intensità della suzione (aspirazione) sia la frequenza, e si pongono ai bambini degli stimoli uditivi, es: la differenza tra pane e cane, nel momento in cui il bambino ne capisce la differenza si capisce tramite il protocollo, la suzione prima è vigorosa quando sente la parola cane poi quando viene proposta la parola pane la suzione dovrebbe aumentare nel caso in cui il bambino capisce che è una parola diversa. Quando i bambini sono più grandi si fanno altri test, es. se voglio capire se riconosco le relative propongo una vignetta. TEST DI VOGUE: si fa vedere un oggetto non identificato e si dice this is a vogue poi si mostrano due oggetti e in questo caso i bambini se capiscono il plurale dovrebbero dire this are two vogues. Si usa Vogue perché è una parola insistente e quindi non possono averla mai sentita e di conseguenza associare all'oggetto a cui si riferisce. COMPRENSIONE: primo anno di vita. -Riconoscimento del proprio nome; -Distinzione tra suoni simili (mano-nano). PRODUZIONE: Vocalizzazione; Lallazione, cioè producono dei suoni vocalici e consonantici e si riconoscono i suoni della L1; Fase olofrastica (produzione delle prime parole, iniziano ad associare dei significati a delle forme); Stadio delle due parole, si fanno capire; Combinano più parole; Esplosione del vocabolario (verso i 3 anni imparano sulle 200 parole nuove al mese); Sviluppo della morfologia, imparano le regole morfologiche in un determinato ordine; "Competenza adulta"; In italiano sia i bambini che L2 cominciano ad usare il passato prossimo prima dell'imperfetto. Parlato del bambino: -Assimilazione totale regressiva, fonetica; -struttura narrativa; -internazionali (hai capito?); -extra-linguistici (gesto con il dito). Nell'adulto: -Backchannel (ah si?); -Riformulazioni di domande aperte. Metodo grammaticale-traduttivo —> Modo di insegnare le lingue classiche applicato per insegnare le lingue contemporanee. Nel 1700 le classi più colte in Europa o Nord America cominciano a viaggiare e a interessarsi a lingue e culture straniere, non c’era una riflessione glottodidattica, si insegnava il latino e il greco per apprezzare le produzioni letterarie colte, era basato sul codice scritto, leggere e scrivere, passando anche tramite un processo di traduzione. La lingua è un modello di perfezione, con un sistema di regole linguistiche che bisogna imparare, una lingua con un registro alto e perfetta, una lingua idealizzata e coincide con la grammatica si insegnavano regole grammaticali e liste di parole e la loro etimologia. La lingua è scritta e si esercitano solo le abilità scritte. Si eredita dalle lingue classiche un modo di comportarsi per le lingue contemporanee. Non c'era nessuna intenzione di dover assecondare i principi acquisizionali quindi si insegnava senza interessarsi di come avveniva l'apprendimento. Lo scopo dell’apprendimento in questo caso, dunque, è leggere e apprezzare i testi letterari. Ad oggi la didattica si occupa dell'idealizzazione degli apprendimenti, dall'approccio comunicativo in poi si guarda all'oggetto apprendente. All'epoca si parlava in L1 ed era tutto gestito dall’insegnante. Nel metodo grammaticale-traduttivo, l’insegnamento è incentrato sull’oggetto di studio (la lingua scritta, prevalentemente letteraria) e viene gestito interamente dall’insegnante. Il sillabo è un documento che dice in che ordine insegnare le cose, è concentrato sulle strutture e sull'ordine della difficoltà presunta. Il sillabo è un documento che viene stilato prima che il corso inizi, e che ci dice giorno per giorno quali saranno le abilità che verranno sviluppate, contenuti e obiettivi delle varie lezioni. Questo viene strutturato in base alla presunta difficoltà delle strutture linguistiche. Solitamente, si tiene conto per esempio delle parti del discorso (articoli, poi nomi, poi aggettivi, poi verbi, ecc). Si tratta di un approccio ‘tradizionale’ usato ad oggi principalmente con le lingue meno studiate, come il russo, ma non accade più ad esempio con l’inglese. Quando ancora un apprendente non riesce a comprendere un testo letterario originario, si creano dei testi ad hoc, testi fittizi. L’impiego della L1 è più che frequente, perché l’obiettivo non è sviluppare le capacità orali, si impiega la lingua straniera soltanto per esercizi/traduzioni, in cui viene chiesto di applicare determinate regole teoriche studiate. La struttura è dunque deduttiva: dal generale al particolare. Dare liste di parole decontestualizzate non è consigliatissimo per imparare il lessico di una lingua, perché diventa semplicemente un esercizio di memorizzazione, serve almeno un enunciato, in modo da associare quel lessico a un determinato tipo di contesto. Permane però una linea statica, ferma, tra gli studenti e l’insegnante. Lei rimane sempre al posto suo, non c’è troppa interazione. Gli studenti ripetono quasi a memoria i termini, ma non li sapranno certo utilizzare una volta fuori, perché non c’è creazione autonoma. Il metalinguaggio non deve sostituire l’uso della lingua, deve solamente aiutare. L’insegnante insegna a farli ragionare come ragione lei/lui, quasi senza approccio critico. Gli studenti non sembrano nemmeno troppo partecipativi, rispondono per cortesia, e dopo un po’ la soglia dell’attenzione diminuisce. Il grammaticale-traduttivo non insegna a utilizzare la lingua. Metodi diretti I metodi diretti rinnegano totalmente, invece, la grammatica e la lingua scritta, concentrandosi sul parlato. Parliamo di un periodo che va dalla fine dell’800 alla metà del ‘900. In quest’arco di tempo succede tantissimo, inizia a venir fuori una visione ‘moderna’ del mondo. Viene persino introdotto lo studio della fonetica: innovazione tecnologica senza precedenti. Vengono messi in discussione i metodi tradizionali di insegnamento delle lingue utilizzati fino ad allora, in totale opposizione a tutti quelli quindi. Le correnti, comunque, erano diverse. Principi: L’oggetto di insegnamento è la lingua parlata di tutti i giorni, la scrittura è secondaria. Interessa la pragmatica, quindi l’uso della lingua quotidiana, non fermi a quella letteraria; L’apprendimento deve avvenire naturalmente, per immersione, SENZA riflessione grammaticale, e soprattutto non in tramite la L1, che compromette o rallenta l’acquisizione della L2; La fonologia riveste un ruolo di primo piano; La grammatica va appresa in maniera induttiva attraverso l’uso linguistico, gli studenti devono imparare a usare la lingua senza passare per la mediazione della L1, senza traduzioni di alcun tipo. Il metodo Berlitz —> Tedesco immigrato negli USA che insegnava con il metodo grammaticale- traduttivo. Un giorno si ammala e viene sostituito da un francofono che non parlava inglese, tornando si ritrova la classe che parla francese —> crea la sua teoria di insegnamento. L’insegnante ripete le parole nuove oralmente, solo in un secondo momento le va a scrivere alla lavagna (si basa però sulla ripetizione). Interviene in caso di indugio dello studente, suggerendo la parola mancante. L’errore va corretto immediatamente, ripetendo più volte la forma corretta, altrimenti si rischia di interiorizzare quell’errore piuttosto che sistemarlo. Il tutto avviene tramite domanda-risposta, memorizzazione e conversazione, oltre che alla ripetizione orale di brevi testi creati ad hoc. Negli anni 30 del ‘900 si diffuse a livello teorico una corrente acquisizionale chiamata comportamentismo —> Il metodo audio-orale si fonda moltissimo su questa teoria comportamentista. La grande differenza è che i metodi diretti rispondono alla tradizione, quello audio-orale si fonda sul rifiuto della tradizione ma anche su una base teorica. Si crede, in poche parole, che l’apprendimento del linguaggio (quindi sia L1 che L2) sia un fenomeno assimilabile all’apprendimento di qualsiasi altra cosa. Si impara imitando attraverso meccanismi; qualcosa nell’ambiente che funge da stimolo, poi si ha una risposta che può essere positiva o negativa. I bambini sono un esempio palese, seppur come soggetti passivi: stimolo ambientale, risposta del soggetto, rinforzo. Per i comportamentisti qualsiasi tipo di apprendimento NON è un fenomeno mentale, bensì un semplice condizionamento comportamentale, una risposta agli stimoli, non c’è una riflessione su ciò che avviene. Il comportamentismo deriva dall’unione di altre due aree teoriche, la linguistica strutturalista di Bloomfield e la psicologia comportamentista di Skinner. Quando un parlante apprende una L2 possiede già delle abitudini - quelle della L1 - ma la cosa funziona solo se quelle abitudini primordiali vengono abbandonate. I comportamentisti esortavano l’acquisizione di nuove abitudini, diverse rispetto a quelle della L1, cosa che avviene solo evitando che vengano fatti errori di transfer/interferenza (es. false friends, oppure posizione sintattica degli elementi da SVO a SOV, o ancora errori fonetici dalla pronuncia letterale italiana e quella più complessa inglese, o ancora l’importanza distintiva della lunghezza vocalica in determinate lingue. Sono tutti errori di transfer, cioè di passaggio da una lingua all’altra sulla base della L1). Sulla base di ciò; se l’apprendimento avviene per abitudine, questo è un altro motivo per correggere immediatamente l’errore, che altrimenti verrebbe acquisito. I metodi diretti sono stati una semplice reazione al metodo grammaticale-traduttivo, ma in origine non avevano di per sé una teoria acquisizionale di riferimento valida che spiegasse effettivamente come si imparano le lingue seconde, invece l’audio-orale ce l’aveva ed è il comportamentismo. Verso la fine dell’800 e la metà del ‘900, poi, i principi comportamentisti diventano la base anche dei metodi diretti. L’apprendimento linguistico, di una L1 o L2, si fonda sulla creazione di abitudini linguistiche, quindi gli apprendenti sono esposti a stimoli ambientali, producono una reazione linguistica e hanno un rinforzo a riguardo, che può essere positivo o negativo (la correzione). Questo vale sì sia per le L1 che L2, ma non è comunque la stessa cosa. Quando ci avviciniamo a una L2 abbiamo già delle abitudini relative alla L1, quindi lo sforzo è quello di dover buttare via le vecchie abitudini e sostituirle con quelle della lingua target. Metodo dell’analisi contrastiva di Robert Lado —> Si prendevano due grammatiche e si mettevano a confronto, al fine di prevedere gli errori. Gli errori sono infatti più frequenti negli elementi che differiscono tra le due lingue : Prevedere gli errori degli studenti per fare in modo che non li facessero, perché siccome l’apprendimento è una questione di abitudini, bisognava evitare che quell’errore stesso diventasse abitudine. A questo proposito abbiamo parlato di errori di transfer, che possono avvenire tra la L1 e la L2, ma persino tra L2 e L3. Siamo in piena Seconda guerra mondiale quando gli Stati Uniti mettono in piedi un enorme investimento sociale per organizzare corsi di lingua per infermieri, capi dell’esercito, medici, ecc… l’Army Specialized Training Program, anche fino a 8-10 ore al giorno, 6 giorni a settimana, quindi corsi assai intensivi. I corsi erano strutturati da Bloomfield, elaborando così anche le sue teorie tra cui l’immersione totale nella L2, infatti i corsi erano tenuti rigorosamente da persone madrelingua ed esperti linguistici, con grande innovazione tecnologica e comunicazione internazionale. La guerra finì ma il metodo non finì affatto, anzi l’idea circolava anche al di fuori degli Stati Uniti, anche se si perse un po’ l’idea della presenza in classe delle figure madrelingua; rimase l’idea dell’immersione e ripetizione continua. Effettivamente, post guerra aumentano le comunicazioni internazionali, quindi era anche più facile, perché solo con grammatica e traduzione la gente NON parlava —> questo metodo esplode e si diffonde rapidamente, supportato anche dal comportamentismo e inglobando poi anche i metodi diretti che fino ad allora non avevano basi teoriche. Principi: La lingua è soprattutto parlata, si scrive poco e solo dopo aver interiorizzato le abitudini; La lingua è un insieme di abitudini; Gli stimoli della classe devono essere recepiti in maniera automatica, senza riflessione ragionata sulla lingua; Si insegna la lingua, non a parlare della lingua, quindi non c’è metalinguaggio perché rimanda alla riflessione sulla lingua; L’errore deve essere evitato; Gli obiettivi dell’insegnamento sono di tipo pragmatico-funzionale, si esprimono cioè enunciati in quanto atti linguistici, quindi come si può cambiare il mondo attraverso l’enunciazione linguistica (fare una domanda, porre una richiesta…), cose che servono nella vita quotidiana*; Gli obiettivi didattici non vengono esplicitati agli studenti, perché è tutto induttivo, tutto inconsapevole, tutto meccanico; Il ricorso alla L1 è da evitare, perché riduce la quantità di input e facilità l’effetto transfer. Tutto l’opposto di quanto avveniva con il grammaticale-traduttivo, che invece si basava proprio sulla riflessione sulla lingua, forse anche eccessiva, o sull’uso della L1 come mezzo per insegnare la lingua straniera. *anche perché molto spesso succede che si imparano a memoria determinati enunciati senza sapere poi applicarli, trasformarli in atti linguistici nel quotidiano. Robert Lado —> L’insegnante deve essere nativo della lingua che insegna. Tecniche del modello comportamentista: Sostituzione (This is a pen, this is …); Trasformazione (Change from singular to plural); Espansione (In my bag, I have a pen, a book, …); Combinazione (Combine the sentences with the correct relative pronoun); Completamento (Completare parti mancanti di un testo); Ingiunzione (Ask Marco how he feels); Dialogo guidato. Automatizzare senza fare troppa attenzione a ciò che si dice. Certo bisogna saper dosare quanti esercizi strutturali assegnare agli apprendenti. Nel metodo audio-orale, dunque, è preferito l’utilizzo della lingua target. Si basa sulla ripetizione continua di espressioni. Vi è meno distacco tra insegnante e apprendente rispetto al metodo grammaticale-traduttivo, anche per esortare il coinvolgimento attivo. Il fatto che venga utilizzata la lingua straniera per insegnare implica l’utilizzo di più materiale didattico e role play. La pronuncia è anzi più marcata, spesso lentamente, per far arrivare gli apprendenti più facilmente e autonomamente alla soluzione. Gli studenti risultano comunque abbastanza passivi, annoiati, non motivati, perché è tutta una pappardella ripetuta, un po’ come lo erano anche nel precedente metodo. Si è molto incentrati sull’oggetto di studio, che è la lingua, e non sul singolo apprendente, perché alla fine ogni apprendente ha una motivazione diversa per apprendere una lingua. A un certo punto, nel momento del massimo sviluppo dell’audio-linguale, arriva una critica al comportamentismo, mossa da CHOMSKY - che recensisce negativamente il libro di Skinner. Si tratta di un momento significativo, epocale, perché ha gradualmente portato poi alla scomparsa di questo metodo a favore del moderno approccio comunicativo. Chomsky dice che NON è affatto vero che si impara per imitazione (a dimostrazione di ciò, gli errori banali dei bambini, “facete” invece di “fate”, non lo hanno potuto sentire mai da nessuno, è una semplificazione autonoma). Imparare la lingua non è come imparare qualsiasi altra abilità, non è frutto del condizionamento ambientale. Gli esseri umani sono tutti programmati per produrre linguaggio, è una loro facoltà innata —> Grammatica Generativa, esisterebbe cioè una grammatica universale, ossia l’insieme di tutte le possibilità linguistiche realizzabili in tutte le lingue del mondo, comune a tutti gli esseri umani. Da una parte ci sono i principi, dall’altra i parametri. I principi li possiedono tutte le lingue (suoni vocalici e consonantici, comuni a tutte le lingue). I parametri hanno una polarizzazione, parliamo cioè della possibilità o meno in una lingua di omettere il pronome personale/soggetto (es. italiano e inglese). Applichiamo però solo quelle possibilità della lingua a cui siamo esposti; i bambini nascono con tutta la grammatica universale, ma vanno a settare poi i diversi parametri in base al contesto di appartenenza, in base agli input a cui sono esposti. Chomsky dice inoltre, se veramente si imparasse solo per abitudine, che brutta lingua che si imparerebbe, proprio in virtù della lingua parlata nel quotidiano che è ben diversa da quella che viene imparata di base (omissioni di elementi, espressioni, …) = povertà dello stimolo. Ricordiamo che Chomsky parla di acquisizione del linguaggio, quindi si focalizza sui bambini in quanto apprendenti di L1, non si occupa delle L2. L’apprendimento è un processo creativo: i bambini creano progressivamente un sistema basato su regole. I bambini applicano delle regole esistenti senza riflettere troppo sul loro vero uso (es. petaloso), perché la lingua è anche un fatto sociale, quindi bisogna rendersi conto che a volte le regole - seppur giuste - non vengono effettivamente sempre utilizzate nel quotidiano. Sulla base di tutto ciò, è ovvio dire che l’esperienza linguistica serve solo a innescare ciò che alla fine è già proprio della mente in quanto facoltà innata. LAD —> Language Aquisition Device, dispositivo predisposto all’acquisizione del linguaggio. Qui per Chomsky tutto è un fatto mentale, quindi va abbastanza in opposizione alla struttura meccanica automatica sostenuta dai comportamentisti. Breve storia della linguistica acquisizionale: Dall’antichità —> interesse esclusivamente finalizzato all’insegnamento; Anni ‘50 e ‘60 —> inizio dell’interesse scientifico; Dai primi anni ‘70 in poi —> nasce la linguistica acquisizionale moderna dagli stimoli della teoria di Chomsky; meccanismo mentale predisposto all’acquisizione del linguaggio, che è innato nella specie umana. Linguistica acquisizionale moderna —> Un campo di studi dedicato a studiare come si imparano le lingue seconde. Le date sono convenzionali: Nel ‘67 esce un articolo di PIT CORDER dal nome “The Significance of Learners’ Errors”, in cui viene espresso come solo parte degli errori sono dovuti a interferenze o alla differenza tra i due sistemi linguistici (errori interlinguali), molti sono invece simili a quelli fatti dei bambini nella acquisizione di una L1 (errori evolutivi o intralinguali perché della stessa lingua). Si tratta di errori indipendenti dalla L1 ma anche delle spie di apprendimento. Se tutto funzionasse come un transfer, riprodurremmo tutto e non faremmo errori, invece nella L2 si vanno spesso a semplificare le espressioni, omettendo elementi sintattici ad esempio, perché lo scopo primario è sempre solo la comunicazione - tutto indipendentemente dalla L1. Dobbiamo quindi imparare a osservare gli errori per cercare di capire quali ipotesi stanno formulando i nostri apprendenti, perché se noi cerchiamo di capire quell’errore possiamo fornire soluzioni didattiche mirate al suo specifico livello di sviluppo. L’analisi contrastiva delle due grammatiche, infatti, non si fa più, piuttosto si fa un’ANALISI degli ERRORI (che vanno commessi) ma anche delle REGOLARITA’, delle cose giuste, che è sempre importante individuare e analizzare —> comprendere il grado di sviluppo delle interlingue degli apprendenti. Con il sillabo, gli apprendenti lavorano prima sul passato prossimo poi sull’imperfetto: sempre nello stesso ordine a prescindere da quello che noi insegniamo. Ma se viene insegnato prima l’imperfetto e poi il passato prossimo non si ha risolto nulla, perché l’apprendente non è arrivato al grado di sviluppo tale da poter elaborare quel gradino superiore. E’ l’insegnante che deve assecondare i processi naturali di acquisizione. Si tratta di un processo inconsapevole, che ci porta però alla formazione di sempre nuove ipotesi. L’INTERLINGUA —> Si tratta di un sistema linguistico separato che risulta dai tentativi, da parte di un apprendente, di produrre una norma della lingua di arrivo. Un qualcosa che non è lontano dalla lingua target ma non è nemmeno troppo simile alla L1. Pallotti: “La nozione di interlingua cerca di dar conto del fatto che le produzioni di un apprendente non costituiscono un’accozzaglia di frasi più o meno devianti, costellate di errori, ma un sistema governato da regole ben precise, anche se tali regole corrispondono solo il parte a quelle della lingua d’arrivo”. Parliamo quindi di una serie di passaggi il cui esito ideale è la competenza del nativo, la lingua target (varietà di apprendimento, che sono in ogni fase già dei sistemi linguistici di per sé). Le interlingue sono sistemi linguistici naturali, autonomi, coerenti, in continua evoluzione, in buona parte indipendenti da L1 quanto da L2, riscontrabili nel percorso acquisizionale di tutti gli apprendenti, a prescindere dalla L1. Ad esempio, quel momento piccolo e momentaneo di un apprendente di italiano che applica la desinenza del participio “-ato” a tutti i verbi, anche a quelli in cui andrebbe “-uto”, anche a verbi irregolari. La prima cosa che a noi interessa, in analisi dell’interlingua, è se la comunicazione passa, se passa ciò che si vuole raccontare tramite l’atto linguistico, indipendentemente dagli errori. Prima cosa, quindi, il lessico. Si vanno poi a vedere le Regolarità, e solo dopo gli errori, su cui si va a riflettere per intervenirvi. La presenza di “turbolenze” nel discorso in realtà è un segno positivo, perché ci fa capire che la regola c’è, semplicemente i mezzi linguistici non sono sufficienti (ad es. la mancanza di lessico per spiegare qualcosa). All’inizio dell’apprendimento, in assenza di grammatica, si usano solo parole prive di grammatica. E’ come se la lingua sia solo isolante, quindi veicolano le parole solo con il loro valore lessicale, non grammaticale. All’inizio l’apprendente non è neanche consapevole della grammaticalità di una parola (es. la parola “sedia” in quanto oggetto, non in quanto appartenente a una categoria grammaticale che ci dice che è singolare e femminile). I verbi si dicono così alla loro forma base, cioè quando la forma non corrisponde alla funzione (”io andare…”). Spesso noi siamo così focalizzati sugli errori che non facciamo caso alle regolarità, le quali in realtà ci danno molti segnali circa il processo e il punto d’acquisizione della lingua da parte dell’apprendente. Sono state individuate delle FASI di questa interlingua, di questo processo —> ORDINE DI ACQUISIZIONE: Fase del silenzio; Fasi iniziali (varietà pre-basiche); Fasi intermedie (varietà basiche); Fasi avanzate (varietà post-basiche). L’apprendimento linguistico, che sia negli adulti con la L2 o con i bambini con la L1, non avviene solo quando si inizia a parlare, perché c’è tutta una fase prima, quella del silenzio. Accade spesso che qualcosa si sa, ma non la si sa ancora esprimere. La fase del silenzio va rispettata, anzi forzare a produrre è abbastanza antiproducente, soprattutto se avviene in classe in mezzo ad altri apprendenti. Allo stesso tempo va esortato l’apprendente, proprio perché si impara una lingua utilizzandola. Non è facile, semplicemente dipende da persona a persona, chiaramente. Quando poi cominciano a produrre, lo fanno in maniera molto particolare. Nella fase pre-basiche non c’è grammatica, abbiamo già detto, e non essendoci la grammatica non c’è neanche una sintassi, ordine tra costituenti (SVO in italiano). L’ordine delle parole diventa irregolare, dando prevalenza a criteri più che altro pragmatici e/o semantici (l’elemento animato per prima, il focus all’inizio). Il lessico stesso è spesso molto limitato. Si imparano per prime le parole che ci vengono utili nel contesto in cui viviamo, nel contesto che ci serve, tutto ciò che facilita l’interazione. Come abbiamo detto, abbiamo la forma grammaticale base, nella forma invariabile, spesso troviamo assenza di verbi, mancanza di articoli, preposizioni o avverbi, uso scarso o nullo della copula… Nella varietà basica avviene una differenziazione delle parole in classi e già un riconoscimento del verbo, predominio di forme non marcate, viene settato l’ordine corretto delle parole sintatticamente, troviamo un lessico più consistente con aumento delle parole funzionali (pronomi, preposizioni, avverbi…), rimaniamo su una morfologia ancora scarsa o basica e una sintassi basata comunque ancora sulla paratassi. Certo questo non vuol dire che tutte queste cose vengono utilizzate sempre e in maniera corretta, significa semplicemente che l’apprendente ha iniziato a formulare delle ipotesi con questi mezzi linguistici, ha iniziato ad esplorare questa fase del processo. La varietà post-basica è invece molto varia, per questo si sono soffermati su di essa pochi studi rispetto alle precedenti due, perché entrano in gioco anche l’età dell’apprendente, il tipo di contesto, ecc… Sequenze acquisizionali —> Ordine in cui una specifica struttura emerge nell’interlingua dell’apprendente. Cerca di mappare lo sviluppo di una struttura. Ad esempio, la negazione in inglese. Inizialmente, quando l’apprendente non sa che c’è una grammatica da seguire, c’è la posizione della particella ‘no’ all’inizio dell’enunciato (”no cold”), dopodiché la negazione arriverà all’interno dell’enunciato (”I no have a pen” o “I don’t can explain”) quindi la grammatica sta pian piano emergendo, la negazione arriverà poi dopo gli ausiliari (”I can’t see” quindi rapporto tra la particella che nega e l’ausiliare), fino ad arrivare alla negazione con il do analizzato bene (”we didn’t have a party”). Può tuttavia qui arrivare un errore ulteriore, che non centra nulla con la negazione acquisita, come il doppio passato (”she didn’t said that”). Interessante è la velocità con cui un parlante passa da uno stadio all’altro, ovvio è che sarà più veloce il passaggio se si parla di due lingue - conosciute dall’apprendente - simili, mentre sarà più lento il processo se si parla di una lingua distante dal proprio sistema linguistico nativo. Nella forma pre-basica abbiamo detto non c’è grammatica, quindi anche i verbi andranno alla loro forma basica (significato lessicale più importante di quello grammaticale, “io mangiare” perché tanto tutte le forme coniugate avranno lo stesso significato e quello è l’importante, indipendentemente dalle concordanze). Le forme sono piuttosto arbitrarie, vengono utilizzare senza logica (”io oggi mangiare pasta, domani mangia pizza”). Si passa alla varietà basica nel momento in cui questa logica viene inserita all’interno degli enunciati, si inizia a esplorare la grammatica sul verbo, per esempio aggiungendo il suffisso -to ad ogni tipo di verbo come prima ipotesi. A un certo punto emerge pure l’ausiliare, che a sua volta però emerge non marcato, quindi all’infinito (”io avere mangiato”) o utilizzare solo avere quando magari andrebbe anche l’ausiliare essere (”ho stato”). Però comunque nonostante gli errori, le formulazioni di ipotesi si vedono, il sistema c’è. Più tardi emergerà poi anche l’imperfetto, il futuro, il condizionale, fino poi al congiuntivo (anche se addirittura nell’italiano neostandard ormai il futuro non viene nemmeno più tanto usato, e quindi se l’apprendente non viene esposto a quell’input alla fine non andrà a elaborarlo e impararlo per poi utilizzarlo, quindi potrebbe essere addirittura postposto al congiuntivo, oggi). Cosa IMPORTANTE: l’imperfetto non emergerà MAI prima del passato prossimo, se succede lo si ha imparato semplicemente a memoria. Altri processi e fenomeni comuni: Transfer linguistico o interferenza —> influsso della lingua materna (può avere valore positivo o negativo); Ipergeneralizzazione o sovraestensione della regola L2; Strategie di comunicazione (es. ricorrere alla comunicazione non verbale, lasciare che l’interlocutore concluda l’enunciato proprio perché lo scopo è sempre la comunicazione); Transfer di insegnamento —> alcuni degli errori che fanno gli apprendenti sono probabilmente riconducibile all’input di classe, soprattutto nei contesti di lingua straniera. Se l’insegnante usa sempre gli stessi esempi e una varietà di lingua particolare l’apprendente impara quella, e probabilmente la sovrautilizza. Quindi l’input di classe è estremamente importante, abbiamo bisogno di offrire input vario, non solo manuale, non solo insegnante, altrimenti diamo un campione di lingua non autentico; Fossilizzazione —> rintracciabile non nelle L1 ma solo nelle L2; l’interlingua smette di svilupparsi, vero e proprio arresto dell’apprendimento, a causa magari della mancanza di input, o situazioni psicologiche particolari che arrestano l’efficacia dell’input stesso. Gli stadi e le sequenze di apprendimento sono in gran parte indipendenti da: Età; Distanza tipologica tra L2 e L1; Fattori individuali: motivazione, attitudine, stili cognitivi, ecc… MA questi fattori hanno un impatto, in particolare su: Velocità dell’acquisizione (dell’emersione delle forme e del passaggio da una fase all’altra); Esito finale; Livelli di accuratezza. Gli errori non sono tutti uguali: bisogna interpretarli, non contarli. Se la natura e la quantità degli errori commessi da uno studente non forniscono una misura diretta della sua conoscenza della lingua, rappresentano probabilmente la più importante fonte di informazione sulla natura della sua conoscenza —> gli errori ci permettono di capire le ipotesi interlinguistiche degli apprendenti. Non è vero che chi conosce meglio una lingua commette meno errori e viceversa, perché l’apprendente sperimenta sempre delle strutture nuove, spesso sbagliando, soprattutto quando si trova in uno stadio avanzato dell’acquisizione della L2. Ipotesi Acquisizionali Le scoperte sull’interlingua non sono mai state messe in discussione. Ma la domanda è perché? Perché esiste un ordine? Perché non si impara random? Le teorie sono una miriade, intendiamo le Teorie Innatiste. Ci sono infatti studiosi che interpretano l’acquisizione linguistica da un punto di vista innatista, cognitivista, ambientalista (perché l’input è effettivamente fondamentale, l’acquisizione non è solo mente). Secondo queste, comunque, tutto avviene NON perché esiste una grammatica universale come diceva Chomsky, ma perché siamo degli esseri umani con dei meccanismi di memoria, con un sistema percettivo che ci consente di trasformare l’input in informazioni processate (confutano le affermazioni di Chomsky). IPOTESI INNATISTE = Per imparare la lingua abbiamo un modulo specifico, esiste la grammatica universale che viene stimolata dall'input, serve solo a che l'individuo sviluppi il linguaggio e le lingue seconde. Chomsky e tutti gli innatisti spingono l'apprendimento di una lingua da un altro tipo di comportamento. Solo gli innatisti la pensano così. Gli altri non considerano l'apprendimento isolato dal resto, infatti la teoria innatista è chiamata modulare, in quanto c'è un modulo dedicato all'apprendimento del linguaggio, mentre tutte le altre teorie si definiscono non modulari proprio perché abbiamo degli strumenti e modelli cognitivi che ci consentono di apprendere (sistema percettivo, pensiero logico, memoria ecc), quindi dovuto dall'interazione di fattori cognitivi generali. INNATISTI = SISTEMA MODULARE = esiste solo un modulo LE ALTRE TEORIE = SISTEMA NON MODULARE Da Chomsky in poi l'apprendimento è anche un fenomeno ambientale che ha portato alla formazione di teorie ambientaliste. Sono fondamentali per l'apprendimento che riguarda appunto l'ambiente sia dal punto di vista micro, che da un punto di vista macro e quindi sociale. Gli ambientalisti dicono che per capire l'apprendimento bisogna capire che stimoli l'ambiente dà. LE IPOTESI GENERATIVISTE: Ipotesi della piena accessibilità della grammatica universale = essendo esseri umani; Per tutta la vita abbiamo accesso alla grammatica universale e quindi quando impariamo una L1 o L2 si è soggetti all'utilizzo della grammatica universale. Però questa viene criticata perché c'è una differenza tra chi impara una L1 e una L2, essendo la L1 più facile da imparare in quanto lo si fa sin da bambini; Ipotesi di accesso alla grammatica universale mediata dai parametri della L1= resetti i parametri della L1, non hai accesso alle regole della L1 perché lo capisci che è una lingua diversa; Ipotesi della differenza fondamentale = non c'è accesso diretto alla grammatica universale ma il soggetto essendo adulto ha delle capacità cognitive che gli consentono di utilizzare degli aspetti della grammatica universale, ad esempio gli adulti hanno maggior bisogno di spiegazioni. GRAMMATICA UNIVERSALE = secondo Chomsky e gli innatisti tutti gli esseri umani avrebbero la possibilità di imparare tutte le regole di tutte le lingue del mondo. Però noi impariamo le lingue perché esiste un input —> L'ambiente esterno ci offre la lingua e noi mentalmente utilizziamo le regole della lingua a cui noi siamo esposti. Accessibili sono quello del pronome personale soggetto che si può omettere in italiano e quindi chi è italiano - secondo il Language Acquisition Device - capisce di poter scegliere se usarlo o meno, mentre una persona che cresce in un contesto anglofono sceglie solo l'opzione secondo cui non si può mettere il pronome personale dato che in inglese non è permesso. TEORIA DI KRASHEN - TEORIA DEL MONITOR È ispirato al lavoro di Chomsky e postula un organizzatore simile al Language Acquisition Device. Dentro la mente dell'apprendente c’è il LAD ma l’input non arriva direttamente dall’apprendente bensì è influenzato da un FILTRO. Questo filtro viene visto come qualcosa che si apre a seconda delle nostre emozioni e sentimenti: se sono in ansia il filtro si abbassa non facendo entrare l'input mentre se si è coinvolti si accoglie l'input rendendo possibile l'apprendimento. Secondo Krashen c'è una distinzione fondamentale tra imparare una lingua in modo inconsapevole o in modo consapevole. Tutto ciò che noi impariamo facendo gli esercizi in realtà non nutre affatto la competenza, ma diventa un sapere a parte un dominio del MONITOR che non c'entra niente con l'acquisizione, l'acquisizione avviene in modo inconsapevole. Sulla scia di Chomsky, quindi, Krashen postula quindi un modo mentale innato e che consente, grazie alla stimolazione dell’input, di imparare la L1 o la L2. Input —> Filtro, Organizzatore, Monitor —> Output, quindi non la chiama proprio grammatica generativa. La sua teoria si basa su cinque ipotesi: 1. Ipotesi dell’acquisizione/apprendimento; 2. Ipotesi dell’ordine naturale; 3. Ipotesi del monitor; 4. Ipotesi dell’input comprensibile; 5. Ipotesi del filtro affettivo. Fin da subito gli hanno criticato la polarizzazione tra acquisizione e apprendimento. L2 = gli adulti hanno due modi diversi per imparare le lingue: 1. ACQUISIZIONE (inconsapevole) 2. APPRENDIMENTO (consapevole) In questo caso, e SOLO IN QUESTO CASO infatti, acquisizione e apprendimento NON sono sinonimi come avevamo detto all’inizio, bensì l’acquisizione avviene quando si impara una lingua in maniera inconsapevole, non intenzionale, quando non ci facciamo attenzione, come avviene fuori dall’aula nel mondo naturale. Viceversa apprendimento è quando questo avviene in maniera intenzionale, consapevole, come quello in aula. Secondo Krashen la nostra interlingua andrebbe sviluppata solo tramite il processo di acquisizione, cioè solo se siamo inconsapevoli e usiamo la lingua senza fare attenzione alle forme, perché l’apprendimento andrebbe a nutrire soltanto il Monitor (altro operatore mentale che usiamo inconsapevolmente solo nel momento della produzione) —> ciò che impariamo in maniera consapevole ed esplicita quindi NON sviluppa l’interlingua. Il monitor ha solo questa funzione dell’autocorrezione, non ne ha altre. Krashen crede poi che impariamo le strutture della lingua in un determinato ordine perché questo è in qualche modo già inscritto nel nostro programma mentale: siamo programmati per imparare le cose in quell’ordine lì. MONITOR = innato, manipolatore mentale che fa parte del nostro apparato e fa parte della conoscenza esplicita e solo per quanto riguarda la produzione, e quindi viene attivato solo nel momento in cui viene prodotto un enunciato. Si tratta dell’unica funzione dell’apprendimento, perché imparare una lingua (cioè sviluppare una competenza in quella lingua) avviene esclusivamente tramite l'acquisizione. Anche a livello di produzione, è ciò che il parlante ha acquisito a 'dare il via' ai suoi discorsi e a condizionarne la fluency. Il monitor serve a pochissimo in quanto quello che fa è solo l'autocorrezione, racchiude delle conoscenze esplicite su come una lingua funziona, per autocorreggersi, ma la regola di autocorrezione serve solo per l'autocorrezione stessa alla fine. INPUT (COMPRENSIBILE) = non si impara se non si capisce di cosa si sta parlando, se non passa l'acquisizione non c'è comprensione. Dobbiamo comprendere non alla lettera ogni singola parola, ma anche dal contesto, noi capiamo delle frasi anche senza sapere il significato delle singole parole. Questa ipotesi è stata celebre, prima comprensione e poi forme, fonetica ecc.. L’ipotesi dell’input comprensibile risponde alla domanda: in che modo l’apprendente passa dalla fase i (la competenza attuale) alla fare i + l (livello di competenza superiore)? —> Una condizione necessaria per passare da uno stadio all’altro è che l’apprendente capisca il messaggio, perché acquisiamo solo se comprendiamo. Krashen crede che noi possiamo elaborare una nuova forma solo se quella forma non c’è ovviamente nota e se quella forma è un gradino leggermente sopra - nell’ordine - rispetto a quello che viene gestito nell’interlingua. Importante è che questa forma leggermente più complessa venga messa all’interno di un enunciato comprensibile all’apprendente, perché non si impara se non si comprende —> se gli apprendenti non capiscono non ci può essere acquisizione, bisogna sempre prima di tutto facilitare la comprensione degli studenti. Per quanto riguarda il filtro affettivo; se l’apprendente è sotto stress, ha paura dell’insegnante, è demotivato, stanco, non si trova con i compagni, anche se viene immerso dall’input, quell’input NON attiva l’organizzatore, è come se non ci fosse, anche se si è immersi anche se il messaggio viene compreso, perché c’è un blocco a livello affettivo che non gli permette di elaborare nulla. Viceversa, se l’insegnante crea un clima di classe sereno, c’è solidarietà tra i compagni, coinvolgendo emotivamente gli studenti, motivandoli, quello avrà un risvolto positivo fondamentale in termini di didattica. Quindi motivazione, fiducia in sé stessi, assenza di ansietà, così che l’apprendente non vada a sottrarsi dall’input, e non vada ad avere neanche paura a produrre output. Teorie cognitivo-funzionali Sono teorie NON modulari, cioè che non concepiscono l’esistenza di un modulo specificamente predisposto all’acquisizione linguistica. Sicuramente si tratta di un fenomeno mentale, però facendo riferimento all’impiego di processi cognitivi, facoltà cognitive, che noi impieghiamo per fare anche tantissime altre cose nella vita (memoria, attenzione, principi logici, …). NON c’è più grammatica universale. La mente è governata da una serie di principi generali che si applicano a tutti i domini cognitivi, compreso quello del linguaggio. Ad esempio, se pensiamo ai bambini in apprendimento di L1, loro sviluppano la capacità di costruire associazioni basate sulle regolarità che individuano nell’input. -Per i generativisti: i bambini conoscono una regola astratta (della GU) e la applicano inizialmente con troppo zelo, perché la lingua non è sempre solo logica, ci sono delle eccezioni anche di tipo pragmatico; -Per i cognitivisti: i bambini imparano le regolarità della lingua attraverso un processo induttivo basato sull’esposizione a molti esempi. Bambini che esposti a tanti input sono risaliti da soli, senza GU, a quella regola, costruita quindi induttivamente, per poi utilizzarla autonomamente facendo riferimento ai loro propri processi cognitivi. Si tratta di teorie con approccio empirista e induttivo, partono cioè dal basso, dall’esperienza del dato linguistico, dal particolare al generale. Quella di Chomsky era invece deduttiva, perché prima postula dei modelli e poi cerca le risposte a questi modelli, dal generale al particolare. Modello Multidimensionale —> Clahsen cerca di spiegare il perché dell’ordine attraverso cui gli apprendenti italofoni e ispanofoni imparavano il tedesco L2 (siamo alla fine degli anni ‘70). Scopo: studiare le sequenze evolutive del tedesco L2 in maniera sistematica e cercare di spiegarle; Cosa scoprirono? Scoprirono che ALCUNE regole sintattiche risultano essere comuni a tutti gli apprendenti, seguendo effettivamente un determinato ordine. Ma appunto solo alcune, e tutto il resto? il lessico? la fonologia? No, non seguono un ordine, per questo si chiama multidimentionale, perché il modello è diviso in due processi diversi: Evolutivo, uguale per tutti e relativa solo ad alcune strutture sintattiche; Di variabilità, soggetta a fattori psicologici e sociali e riguardante anche le altre strutture. Questo ha portato allo sviluppo della Teoria della Processabilità! di Pienemann —> Cerca di spiegare le sequenze evolutive dell’interlingua: il perché si realizzano queste specifiche sequenze di apprendimento - sempre in relazione alla sintassi, a prescindere dalla L2 specifica (perché è uno studio fatto attraverso non più solo dati tedeschi, ma anche inglesi). Questo attraverso un approccio più psicolinguistico: vengono presi in esame aspetti cognitivi e formali. L’apprendente prende le parole dalla memoria e li mette in ordine in un enunciato su base pragmatica, non sintattica. All’inizio l’apprendente si affida soltanto ai processi di tipo cognitivo (percezione, memoria, …) però poi piano piano che impara la lingua comincia gradualmente a sviluppare delle strategie di natura linguistica. Perché più si impara, più si impara ad imparare, si parte con 0 cognizione linguistica fino ad arrivare ad una consapevolezza diversa, sviluppando nuove capacità linguistiche che diventano sempre più complesse ma più autonome, che mi portano anche poi ad imparare più lingue —> processo incrementale. Quando impariamo una lingua infatti queste procedure di elaborazione si attivano in un determinato ordine, dal semplice al complesso: 1. Accesso lessicale. Prendo una parola dalla memoria e la infilo nell’enunciato, perché è il concetto che deriva da quella parola che viene utilizzato, non la sua grammatica (momento pre-basico, con assenza di grammatica); 2. Procedura categoriale. Piano piano con il tempo si arriva a una primissima semplice procedura di output linguistico, si sviluppa una prima forma di grammatica, seppur basilare. Consiste nel fatto di riconoscere che la parola ‘albero’ non è soltanto il concetto albero, ma è anche un sostantivo maschile singolare, il lemma non ha solo un valore lessicale ma acquisisce anche dei valori grammaticali (categorie grammaticali); 3. Procedura sintagmatica. E’ quella che consente di trasferire le informazioni grammaticali dal soggetto della frase ai target dello stesso sintagma, ad esempio l’accordo grammaticale (l’albero bello è alte, stesso sintagma, non sintagmi diversi); 4. Procedura frasale. Accordo ‘intersintagmatico’, cioè l’accordo grammaticale non si ferma solo a un sintagma ma anche ad altri sintagmi all’interno della frase, banalmente anche soggetto-verso; 5. Procedura della proposizione subordinata. Accordo anche tra proposizioni diverse, arrivando appunto alle subordinate con le relative ecc… Quindi è una ordine di natura implicazionale con complessità sempre maggiore, ecco perché tutti quanti seguiamo sempre lo stesso ordine. Non posso attivare il secondo livello senza il primo, non posso arrivare al quinto senza passare per i precedenti quattro. Ipotesi dell’insegnabilità sempre di Pienemann deriva dalla teoria della processabilità; consigli agli insegnanti di lingua: L’ordine naturale NON può essere modificato tramite l’istruzione esplicita; L’insegnamento serve a velocizzare il passaggio da una fase all’altra o ad acquisire strutture variabili; L’insegnamento prematuro di strutture più complesse, che non si è pronti a elaborare, può avere conseguenze negative, è controproducente ed è anche dannoso a livello affettivo, oltre al fenomeno di fossilizzazione cioè ci si blocca e non si impara più; Distinzione tra ‘input per la comprensione’ e ‘input per la produzione’. Si parla dell’input prodotto dall’insegnante ma anche dai testi o audio proposti, l’input di classe. Non è che se lo studente non ha ancora processato il congiuntivo allora l’insegnante non deve usare il congiuntivo. L’input per la comprensione è diverso rispetto all’input per la produzione, gli apprendenti capiscono molto più di quanto non riescano a elaborare e produrre. Quello per la comprensione deve comunque essere completo - sebbene a volte semplificato - perché tanto per comprendere non hanno bisogno di attivare tutte le procedure. Input per la produzione significa però anche che non mi posso aspettare che loro producano il congiuntivo anche se lo comprendono e anche se lo utilizzo in quello per la comprensione, perché dipende da dove sono arrivate. Teorie ambientaliste Vengono chiamate così perché affermano l’importanza dei valori, fattori, ambientali. L’acquisizione è spiegabile soprattutto se si guarda l’ambiente con cui l’individuo ha costante interazione. L’uomo non è soltanto mente, è tale anche in relazione agli altri, e tramite gli altri impara. Secondo le teorie ambientaliste, l’apprendimento della lingua è socialmente ed esperienzialmente fondato sulla base dei processi di socializzazione. L’apprendimento viene inoltre costruito sulla base quindi di un processo attivo e interattivo. Il ruolo della personalità del soggetto diventa uno dei punti centrali, soprattutto l’input che comunque è una variabile ambientale. I cognitivisti ne studiavano gli effetti in termini di sviluppo mentale degli apprendenti, gli ambientalisti lo studiano come modo per capire cosa può facilitare o limitare l’acquisizione linguistica. Il baby talk, ad esempio, è un tipo di input modificato per facilitare l’apprendimento e la comprensione quando si interagisce con un bambino. Questo include anche delle “riformulazioni”, ossia delle ripetizioni della forma agrammaticale prodotta dal bambino solo utilizzando però la forma corretta, quindi ripetizione e correzione insieme. A un certo punto, queste variabili sociali diventano protagoniste per spiegare l’acquisizione. Un modo per farlo è il: Modello dell’Acculturazione Questa teoria si deve a Schumann, siamo nel 1978. Egli condusse uno studio, all’inizio, su un soggetto solo: Alberto, 33 anni, lavoratore immigrato negli Stati Uniti dalla Costa Rica. Passati 10 mesi dal suo arrivo negli Stati Uniti aveva fatto scarsi progressi linguistici in inglese, quindi Schumann cerca di capire il perché alcuni elementi della sua lingua si erano fossilizzati, arrivando a una lingua talmente semplificata da assomigliare a un pidgin (tipo di lingua semplificata e quindi piena di errori che assolve solo la funzione di consentire la comunicazione tra persone che hanno L1 diverse, finalità quindi del tutto strumentali). I fenomeni linguistici sotto indagine erano soprattutto relativi alla morfologia e alla sintassi. I dati venivano analizzati registrando delle sue produzioni orali, delle conversazioni spontanee e semi-spontanee, dei monologhi con dei task specifici. Per la prima volta, dunque, si studia il soggetto anche in relazione all’ambiente circostante, alle sue interazioni sociali. Qual è la spiegazione che Schumann da a questo fenomeno? —> L’apprendimento della lingua è parte integrante di un più ampio processo di acculturazione, cioè il processo di adattamento a una cultura diversa. Se non siamo a nostro agio nel paese in cui ci siamo trasferiti, questo ci limita, arrivando a bloccare il nostro apprendimento. Il grado di acculturazione è collegato alla distanza sociale rispetto alla comunità ospitante, proprio perché la distanza sociale HA effetti socio-psicologici: shock culturale, calo della motivazione, ecc… Cose che abbiamo già menzionato anche parlando della microsociorealtà di classe. Tutto questo dipende dalla prevalenza sociale, il modello d’integrazione, grado di chiusura e coesione della comunità L1, dimensione del gruppo L1, somiglianza culturale… Tuttavia, Schumann ha ricevuto varie critiche riguardo a questa teoria. Problema riguardo la correlazione tra pidgin e interlingua, perché sono fenomeni diversi, l’interlingua è un fenomeno individuale, il pidgin è una varietà di lingua costruita socialmente; L’approccio è troppo deterministico, sono i fattori sociali a determinare il grado di partecipazione e di acquisizione. C’è una semplificazione eccessiva a riguardo, le cose sono molto più complesse di come Schumann le voleva dipingere; Altro problema si basa sul fatto che il presupposto della teoria di Schumann è che la distanza sociale influisce negativamente sulla quantità di input, ma questo è tutto da dimostrare. La distanza sociale va effettivamente a spiegare la mancanza di input?? E per quanto riguarda alla qualità? Mancano dei passaggi. Inoltre, come si arriva a misurare le variabili sociali? Qual è la metodologia da impiegare? Schumann non si basa su una ricerca sociologica, lui procede per impressioni, non per ricerca empirica. Però di fatto la teoria di Schumann si basa, alla fine, sulla teoria dell’interlingua, e ci dà delle conferme in termini di acquisizione che avviene appunto tramite processo di riduzione di complessità, quindi gli apprendenti non saltano da un grado all’altro come vogliono, inoltre l’acquisizione linguistica è anche un fenomeno mentale! E su questo neanche loro hanno dubbi. Teoria Socioculturale Deriva da una teoria di natura psicologica, quella di Vygotsky, poi ripresa appunto anche per la linguistica acquisizionale. Siamo alla fine degli anni ‘90. Secondo questa teoria, lo sviluppo cognitivo dell’individuo deriva dall’interazione tra il biologico e l’ambiente circostante di natura sociale. Quindi interazione tra qualcosa che già possediamo e ciò che avviene intorno a noi. Anzi, l’apprendimento avviene PRIMA al di fuori di noi, in collaborazione con l’ambiente, e che POI piano piano viene interiorizzato —> dall’other-regulation al self-regulation. Gli ausili che ci vengono dati dall’ambiente sono definiti ‘artefatti’ culturali e materiali, che contribuiscono alla progressiva interiorizzazione. Contribuiscono quindi gli elementi proprio materiali come i quadretti del quaderno che fungono da ausilio, i vocabolari, l’interazione sociale che sia con i più esperti o con i nostri pari, il private speech quindi diretto a se stessi e non agli altri. L’individuo ha infatti così tanta bisogno di mediazione, essa sia materiale o sociale, che quando questa è assente se la crea semplicemente da solo. Tutto questo contribuisce all’apprendimento (linguistico e non). Un’altra cosa di cui dobbiamo parlare quando parliamo di socioculturalità è la ZSP, zona di sviluppo prossimale = distanza tra il livello di sviluppo attuale (ciò che io so fare da sola senza l’aiuto di nessuno) e il livello di sviluppo potenziale (quello che in teoria posso arrivare a fare, che può essere raggiunto con l’aiuto di altri). La ZSP indica gli obiettivi che sono irraggiungibili da soli, ma comunque vicini tramite la mediazione appunto degli altri. Raccomando, si tratta di un’attività socialmente costruita, perché dipende dagli altri, ma è qualcosa di ideale non parliamo di concreto spazio mentale. La zona di sviluppo attuale è quello che ho appreso, interiorizzato, imparato a formulare da sola. La zona di sviluppo prossimale è quindi quello che so fare solo con l’ausilio di una mediazione. La zona di sviluppo potenziale rappresenta il livello che raggiungerò gradualmente, ma che NON posso raggiungere da sola perché non è ancora alla mia portata, quindi ho per forza bisogno dell’altro per arrivare a quella potenzialità. La differenza è che in questo caso non riesco a raggiungere l’autonomia NEANCHE con la mediazione dell’altro, cosa che invece avviene nella ZSP. E’ un progredire continuo, perché la ZSP si appresta pian piano - appunto in un futuro prossimo - a progredire e a diventare zona di sviluppo attuale. Bisogna dunque andare a creare occasioni di apprendimento collaborativo e cooperativo, mirare all’individualizzazione dell’apprendimento per favorire l’autonomia dell’apprendente. Imparare CON gli altri, non PER gli altri. Queste le implicazioni glottodidattiche di quanto abbiamo detto finora. Le ipotesi interazioniste Siamo sempre nell’ambito ambientalista. IPOTESI INTERAZIONISTE = non possiamo ricondurre ad uno studio in particolare ed hanno in comune il fatto che si concentrano sull'input, studiano come funziona l'apprendimento focalizzandosi sull’ambiente linguistico in cui è presente l'apprendente. Teoria di natura empirista, partono dall'analisi dei dati e poi interiorizzano dei principi. Interazione tra i meccanismi cognitivi degli esseri umani e i fattori ambientali e si concentrano inoltre sull'interazione realizzata tra due o più interlocutori e vanno a verificare il ruolo dell'interazione per l'acquisizione. CONCETTO CHIAVE= concetto di negoziazione del significato, ovvero l'acquisizione avviene in interazione, se esposti ad un monologo non impariamo altrettanto bene quanto all'esposizione ad un individuo. Sequenze di negoziazione del significato= scambi comunicativi che si realizzano quando gli interlocutori cercano di prevenire o risolvere un problema comunicativo. ES: un parlante di italiano L2 e un parlante di italiano più esperto L2, guardano cacio e commentano la partita, quando uno dei due se ne esce con un espressione, es: se fanno il catenaccio non vale. In questo modo il parlante più esperto apre uno stadio di negoziazione del significato, perché l'altro chiede che cosa significa e quindi questa parola viene spiegata e poi una volta finito questo scambio tornano a guardare la partita. Secondo la teoria queste sequenze sono efficaci per l'acquisizione linguistica. Sequenza di negoziazione di significato è un concentrato di effetti acquisizionali. In quanto l'apprendente più esperto fa nascere delle domande in quello meno esperto e di conseguenza si crea una base per un'acquisizione linguistica. L'interazione in generale e queste sequenze sono molto efficaci per l'acquisizione. DUE DIVERSE INTERPRETAZIONI DELLA TEORIA: 1. L'input ottenuto tramite l'interazione è modificato, e quindi più comprensibile. Tutto ciò renderebbe l'input più comprensibile e quindi più acquisibile (ricorda Krashen). Se io comprendo allora acquisisco. Ma: non basta la comprensione per l'acquisizione, noi non comprendiamo solo perché conosciamo le forme linguistiche utilizzate per veicolare il messaggio, ma anche perché abbiamo delle conoscenze enciclopediche. La comprensione umana non avviene solo perché capiamo le parole, ma attiviamo molti meccanismi, ad esempio la logica, la conoscenza del mondo, faccio delle inferenze su quello che potrebbe succedere. Si può benissimo comprendere senza fare caso alle forme linguistiche. 2. L'interazione, facilita il noticing= meccanismo di attenzione che può essere consapevole e inconsapevole (es: espressione che durante un film ha attirato la nostra attenzione è perché precedentemente l'abbiamo già sentita in altri contesti). Noi acquisiamo ciò che notiamo e ciò che sfugge alla nostra consapevolezza non lo acquisiamo (secondo Schmidt) e le negoziazioni di significato essendo ridondanti facilitano il noticing. Presuppone produzione, oltre che comprensione. Nel momento della produzione io mi concentro nelle forme, è il punto focale dell'acquisizione, producendo noi apprendiamo. Questa ipotesi Dani la chiama l'ipotesi dell'output comprensibile. Il rendersi comprensibile agli altri ci crea fatica e di conseguenza si elaborano di piu informazioni. MASSIMO POTENZIALE ACQUISIZIONALE = INTERAZIONE FACILITA IL NOTICING FACILITA LA PRODUZIONE-> FACILITA L'APPRENDIMENTO. Le sequenze di negoziazione di significato si realizzano sempre, sia tra due persone della stessa lingua sia due persone esperte o meno esperte. CONTESTO STORICO-> anni 60-70, ma il suo primo grande sviluppo si trova dagli anni 80 in poi, sono state in particolare istituzioni come il consiglio d'Europa a facilitare lo sviluppo. MOTIVI: Cambiamento della società globale, scoppio dello studio delle lingue straniere, globalizzazione e aumento dei contatti con paesi stranieri, immigrazioni-> maggiore attenzione su come insegnare le lingue straniere. Il Consiglio europeo si è occupato del primo progetto delle lingue moderne. OBIETTIVO: mettere fine all'insegnamento audio-linguale e occuparsi alla comunicazione, le lingue servono per comunicare, esprimere se stessi tramite l'utilizzo di un altra lingua. All'interno di un approccio comunicativo ci sono tante concezioni diverse: Krashen ha ispirato l'aspetto comunicativo, c'è questa visione estrema, l'insegnante doveva fornire input modificato, creare delle condizioni favorevoli, anche gli arredi dovevano avere determinate caratteristiche-> approccio naturale, che rientra in quello comunicativo; Apprendimento come automatizzazione di conoscenze esplicite, contrario di Krashen, automatizzare sta a significare il non fare fatica nell'uso e quindi concentrarsi su qualcos’altro; Produrre tantissima interazione. Approccio comunicativo racchiude dentro di sé molte teorie metodologiche. Principi condivisi: la lingua si apprende usandola; l'acquisizione si basa sullo sviluppo dell'interlingua che si basa sull'avvicinamento alla lingua target ma ci sono elementi di variabilità, in quanto gli individui sono diversi tra di loro. LINGUA = STRUMENTO DI COMUNICAZIONE, raggiungere obiettivi comunicativi e quindi lo scopo dell'apprendimento e dell'insegnamento è quello di comunicare in una L2. In modo da partecipare a sfere sociali. L'insegnamento si concentra sulle nozioni e gli scopi degli enunciati, per trovare il più possibile aggancio nella loro realtà. ESEMPIO DI UTILIZZO DELLA TEORIA Individuazione della situazione comunicativa. Es. brindisi a una festa di matrimonio. Descrizione delle funzioni comunicative (augurare, raccontare aneddoti, complimentarsi, ringraziare, ecc.) e dei tipi di testo (messaggio da leggere a voce alta, biglietto di auguri, ecc.). Identificazione degli atti linguistici che realizzano le funzioni comunicative. Es. per l’augurio (scritto o orale): ‘Vi auguro di essere...’ ‘Siate sempre...’ Questo augurio può essere scritto o orale ed essere di varie forme → si fa quindi una lista delle espressioni linguistiche che possono essere utilizzate. Identificazione delle strutture linguistiche che realizzano gli atti linguistici → ci si chiede il lessico e la morfologia che può servire dal punto di vista delle forme (forme particolari, grammatica particolare). Es. per il racconto di un aneddoto l’uso del passato prossimo e l’imperfetto o il saper gestire un discorso riportato. Quale lessico o grammatica si insegna, parte da un processo che inizia con un la situazione comunicativa che lo studente avrà più probabilità di incontrare. Una nozione chiave è quella di competenza comunicativa → se l’apprendente deve diventare un comunicatore efficace nei contesti di sua competenza, allora deve sviluppare una competenza comunicativa elevata. Tale competenza va molto oltre quella linguistica (lessicale, morfo-sintattca. fonologica, ortografica) e ne sono un esempio i Fluent-Full → qualcuno che è fluente nel parlare ma fa incidenti di tipo pragmatico e socio-linguistico (può risultare scortese e inappropriato perché non sa gestire le forme e il contesto in cui parla). L’accuratezza non è quella che fa la differenza, ma una persona comunicativamente competente sa molto di più, infatti ha una competenza. Sociolinguistica → competenze che ci permettono di scegliere le forme linguistiche appropriate rispetto ad i contesti in cui ci si trova. Esempio: uno studente anglofono(abituato ad usare “you” anche per dare del “lei”) via mail scrive in italiano alla professoressa “mi mandi le slide?” → inappropriato perché, pur essendo grammaticalmente corretto, è scritto in modo troppo diretto e non rispecchia la cortesia. Pragmatica → riguarda le dimensioni che rendono efficaci in ciò che facciamo con la lingua: efficace è un messaggio che raggiunge l’obiettivo prefissato. Es: “mi mandi le slide?”→ è un atto linguistico che non è pragmaticamente efficace, ossia non raggiunge l’obiettivo prefissato. Socio-linguistica e pragmatica tendono ad andare di pari passo, perché sono le dimensioni sociali della competenza comunicativa dato che, oltre a sapere le forme della competenza linguistica, sappiamo quale forma utilizzare a seconda del contesto e dell’obiettivo che abbiamo → compito dell’insegnante è rendere gli studenti abili nel farlo. Linguistica → L’obiettivo degli insegnanti è quindi anche quello di formare studenti che sappiano gestire l’ambito socio-linguistico. C’è una sezione di grammatica (intesa come morfo-sintassi), una di lessico e uno di pronuncia → caratteristiche che formano la competenza linguistica. Inoltre, si vanno sviluppare le altre abilità linguistiche che lo studente deve saper fare → ascolto/lettura e scrittura. I manuali articolano la dimensione pragmatica e socio-linguistica in base a ciò che lo studente sa fare. Le abilità che vengono segnate come “primarie” in realtà non sono quelle più importanti, questo perché quella che viene considerata come “abilità regina” fa parte delle abilità considerate “integrate” → capacità di dialogare. Le capacità integrate sono quelle che combinano due abilità primarie. Le abilità servono per far capire quali competenze deve saper gestire lo studente, proprio perché le stesse funzioni comunicative si articolano in abilità. Le competenze sono di fatto funzioni comunicative. La grammatica (ossia la morfo-sintassi) fa parte delle funzioni linguistiche. Questo cambiamento di paradigma ha al centro l’apprendente → offrigli una lingua che gli sia utile, dobbiamo quindi capire chi è l’apprendente, quali sono i suoi interessi e le motivazioni che lo spingono ad apprendere. A seguito di ciò si sono moltiplicati gli studi che hanno al centro l’apprendente e capire le caratteristiche che possiede, anche da un punto di vista: Affettivo → motivazione e ansietà; Identitario → età, preferenze o stili cognitivi Questi aspetti sono tutti fattori considerati interni, esistono anche quelli esterni. In realtà, non c’è niente di interno che non sia anche esterno: la motivazione non è isolata dal mondo sociale in cui siamo in contatto, ma ci sono delle relazioni e dipendenze tra questi aspetti. 1.MOTIVAZIONE La motivazione è la misuira dell’impegno che un individuo mette nell’apprendere una lingua seconda a causa di un suo desiderio e della soddisfazione provata in tale attività. Il motivo per cui mettiamo l’impegno può variare → es: motivazione “bastone-carota”, quella che assale quando sta per avvicinarsi l’esame e ci si mette a studiare in maniera esasperata, si tratta di una motivazione altissima, ma una volta superato l’esame azzero tutte le conoscenze. Esiste una correlazione positiva tra motivazione e apprendimento → nonostante le varietà di tipologia di motivazione, più questa è alta, più è efficace il raggiungimento dell’obiettivo (ci sono anche altra variabili, ma a parità di input impara meglio quello lo studente più motivato). La motivazione è correlata anche ad altri fattori affettivi → l’autostima o la sicurezza. È un modello che ha dei limiti, ma la terminologia che hanno introdotto Gardner & Lambert è il lessico di base della disciplina. Fanno una divisione tra due categorie di motivazione: Strumentale → è basata sul dovere o la necessità di fare qualcosa; Culturale → si basa sul piacere di imparare una lingua. Ma sono due macro-categorie, perché al loro interno si articolano altre categorie. La categoria della motivazione strumentale si divide in: Strumentale estrinseca → è legato ad un momento specifico del tempo, è quella dell’esame (devo studiare per essere promosso), è decisa dall’esperto; è più intensa ma meno duratura; Strumentale generale → è sempre imposta dall’esterno, ma non è collocata specificatamente nel tempo; si tratta del bisogno personale di trovare un lavoro o acquisire un titolo di studio; è meno intensa e più duratura. La categoria della motivazione culturale si divide in: Integrativa specifica → desiderio di integrarsi in una determinata società; Integrativa generale → quella legata al contatto con le altre culture, esplorare il mondo e i suoni della lingua; Intrinseca → il piacere di imparare, comunicare con i compagni, fare gli esercizi che la prof propone, leggere testi motivanti ed è quella sulla quale possiamo maggiormente influire in quanto insegnanti. Le motivazioni basate sul dovere sono quelle che durano meno nel tempo, quelle culturali sono più stabili (anche se meno intense) ed è difficile che abbiano picchi. Una delle cose problematiche di questo modello è che sembra che ogni individuo sia motivato da solo un tipo di motivazione → uno può essere motivato dal piacere, ma una volta che si avvicina l’esame emerge anche la motivazione legata al dovere : siamo mossi da più di una motivazione. Si tratta di un modello considerato estremamente rigido, perché la motivazione cambia in fretta e a seconda dell’interazione che stiamo avendo. La motivazione viene convenzionalmente considerata fattore interno ma non è solo fattore interno, è inevitabilmente anche sociale. Dornyei capisce che la motivazione è il risultato di dinamiche identitarie, cioè della volontà di: assomigliare all’Ideal L2 self, all’idea di che il soggetto ha di se stesso nel futuro, la persona ideale in L2 che vorremmo diventare che ci muove, che ci motiva; conformarsi all’Ought-to L2 self, a ciò che è necessario essere, per non deludere le aspettative sociali e per evitare conseguenze negative, fuggire da tutto ciò che potrebbe deludere gli altri, quindi forte condizionamento sociale. La motivazione è anche influenzata dall’L2 Learning Experience, quindi la dimensione didattica; la gente quando si diverte con le lingue è più motivata ad apprendere, e centra anche il rapporto con l’insegnante, con i compagni, e tutto l’ambiente in generale. La lingua è uno strumento di comunicazione. Per raggiungere gli obiettivi comunicativi, e, di conseguenza, lo scopo dell’apprendimento e dell’insegnamento, è quello di comunicare in una L2; in modo da partecipare a sfere sociali. La lingua seconda serve anche per manifestare agli altri la nostra identità ed è uno strumento flessibile che si adatta a ciò che vogliamo per noi e per gli altri. L'insegnamento si concentra sulle nozioni (di che cosa deve parlare) e sulle funzioni (che cosa lo studente è in grado di fare ) comunicative utili al discente (=apprendente). Si individuano i contesti d’uso e gli scopi degli enunciati, per trovare il più possibile aggancio nella loro realtà → per capire che lingua selezionare, devo pensare a quella che viene più utilizzata, sia come categoria, sia come singolo apprendente. Ci si interroga poi su come gli enunciati possano essere espressi attraverso le forme linguistiche diverse. Norton più che dalla motivazione parte da un costrutto dell’identità, un’identità che è l’idea che noi abbiamo di noi stessi, che non è mai stabile, dipende dal momento, dal contesto, dalle persone con cui interagiamo, dal ruolo sociale. L’identità è un costrutto sociale/relazionale, non individuale, che è legata a come una persona concepisce il proprio rapporto con il mondo e a quali possibilità vede per se stessa nel futuro. Parla, meglio, di investimento, cioè sforzarsi, mettere tutto l’impegno possibile in attesa di un ritorno futuro. Infatti quanto più maggiore è, tanto più realistica è la prospettiva di nuove possibilità identitarie. Si ha la paura che qualsiasi sforzo fatto, qualsiasi investimento, sulla lingua non cambierà la propria condizione sociale, e questo abbassa la motivazione → movimento oscillatorio della motivazione, che è strettamente collegata all’identità, ed è stra dipendente dai fattori sociali. 2.ANSIETÀ L’ansietà è la sensazione soggettiva di tensione, apprensione, nervosismo, preoccupazione associati ai compiti linguistici, ad esempio per comunicare o leggere un testo a voce alta. Fra tutte le abilità, infatti, si concentra principalmente sulla produzione orale. Si tratta di una valutazione esageratamente negativa di sé, per paura di fallire, di imbarazzo nei confronti di cosa potrebbero pensare gli altri. L’ansietà tende ad aumentare in seguito a esperienze negative, traumi passati, ma diminuisce anche con l’aumentare della competenza in lingua straniera —> effetto circolare. In una certa misura, però, essa non fa altro che facilitare l’apprendimento linguistico. Quel filo di tensione infatti potrebbe spingerci ad essere più reattivi e a voler dimostrare il meglio a tutti i costi. 1.ETÀ L’ipotesi neurologica legata allo sviluppo dell’individuo (Lenneberg) ci dice che esiste un periodo critico, che si chiude con l’adolescenza, oltre il quale la lingua non si acquisisce più spontaneamente, ma si deve apprendere studiando. Periodo in cui gli esseri umani sono particolarmente predisposti ad imparare una lingua, che sia L1 o L2. Questo perché? Perché il periodo critico si conclude con la perdita della plasticità neuronale, dovuta alla progressiva laterizzazione (specializzazione) di determinate funzioni cerebrali. Gli emisferi prima collaborano tra di loro, poi dopo il periodo critico iniziano a specializzarsi in funzioni specifiche diverse laterizzandosi, quindi c’è bisogno di più sforzo. Dopo il periodo critico, l’acquisizione cambia i processi, e qua sta la differenza tra L1 e L2 (per le L2 c’è sempre speranza, nonostante bisogna lavorarci di più, nella L1 potrebbero risultare dei problemi). L’ipotesi poi dei periodi sensibili (Singleton e Long) ci dice che non esiste solo un periodo critico, bensì diversi periodi critici, a seconda del modulo della lingua: -Fonologia (dalla nascita ai 4-7 anni); -Morfologia e sintassi (fino ai 15-16 anni); -Semantica, lessico e pragmatica (senza finestra temporale, quindi il bambino non ha vantaggio, anzi gli adulti hanno più memoria e più input d’esperienza nel corso della vita). Questo perché? L’esistenza di diversi periodi sensibili è di fatto dovuta al fatto che la perdita di plasticità neuronale coinvolge le aree cerebrali deputate ai diversi livelli linguistici in momenti diversi. L’età è dunque una variabile fondamentale, ma non solo per motivi legati allo sviluppo neurologico, spesso anche sociale. I bambini, infatti, hanno di solito meno legami identitari con la L1 rispetto agli adulti (ha una vita più breve, ha vissuto meno esperienze in L1). Sono tendenzialmente portati alla socializzazione dal desiderio di omologazione, di scoperta del mondo. Sono inoltre meno inibiti, hanno meno paura di perdere la faccia quando si esprimono in una L2 (ansietà di cui parlavamo prima). I bambini, inoltre, sono generalmente esposti a una maggiore quantità di input (vanno a scuola) e sono più spesso esposti a input modificato (baby talk o teacher talk). Età dunque non biologica ma dovuta ai fattori sociali. IN CHIAVE EUROPEA Nel 2001 viene approvato il Common European Framework of Reference for Languages (CEFR). L’apprendente diventa un soggetto attivo. Uno degli obiettivi era sicuramente quello di uniformare a livello europeo il modo di parlare le lingue, to set un livello generale comune a tutti i soggetti, distinguendo così anche le classi in base alle competenze degli studenti. È come se avessero creato una lingua artificiale per facilitare la comprensione internazionale. Altro vantaggio è l’esortazione al plurilinguismo e contatto interculturale. I descrittori ci dicono cosa un parlante sa fare a quel determinato livello (sei livelli di competenza, A1, A2, B1, B2, C1, C2). Si tratta di un quadro che vuole in realtà ispirare i vari strumenti per l’insegnamento delle lingue, motivo per il quale tali descrittori rimangono molto vaghi e generali e soggettivi. Tutto il framework descrive in sostanza cosa sa fare l’apprendete attraverso azioni comunicative, ovviamente in maniera diversa in base a livello, quindi si basa proprio sulla comunicazione, e al tempo non era scontato. Finalmente si mette la comunicazione al centro. Il modello complementare del CEFR del 2020, invece, tiene conto anche del dato plurilingue! Tiene dunque conto dei soggetti che sanno usare tutte le lingue a loro disposizione per svolgere atti linguistici e raggiungere determinati obiettivi comunicativi. Ad esempio, fare affidamento a più parole di lingue diverse per far capire meglio un concetto. Certificazione CELI per l’italiano come lingua straniera, sulla base del CEFR. L’università per stranieri di Perugia è uno degli enti accreditati. Progettazione didattica Curricolo = programma che si segue quando si organizza un corso di lingua. Il sillabo è una componente del curricolo. Prima ancora di insegnare, infatti, io devo sapere cosa andrò a fare e come lo farò, quindi devo stilare questo progetto didattico che contiene tutti gli elementi che riguardano l’organizzazione, le modalità didattiche, temi, contenuti, modalità di esercitazione e verifica. Si tratta ovviamente di qualcosa di generale, delle linee guida che poi cambiano - una volta attuate - anche in base alla situazione che ci troviamo davanti chiaramente. Vediamone le componenti: Analisi della situazione; Approccio glottodidattico, quindi sulla base di una matrice comunicativa; Analisi dei bisogni dei discendenti; Obiettivi glottodidattici, quindi abilità che voglio vengano conseguite, e su quali testi applicarle; Sillabo, che riguarda particolarmente sulla selezione e sequenziazione dei contenuti, quindi in che ordine li affronteremo; Unità didattiche, con temi, materiali, attività, esercizi annessi, ogni unità contiene dei contenuti che vertono più o meno tutti sugli stessi obiettivi; Nostri comportamenti —> come modifichiamo l’input, come gestiamo l’interazione, come offriamo i feedback; Modalità di verifica e di valutazione; Mete educative che vanno oltre la didattica, educazione interculturale. L’analisi della situazione riguarda innanzitutto il tipo di contesto istituzionale (scuola? corso privato? volontariato? ), dipende se è a distanza o in presenza, le ragioni per cui si insegna. Un’altra cosa importante è il contesto d’apprendimento (contesto di una L2 o contesto di una LS, c’è differenza). E’ importante anche pensare al tempo a disposizione, lavorare in base ad esso, quanto le risorse a nostra disposizione. Queste sono tutte cose che sappiamo a priori, già prima dell’inizio del corso, quello che dobbiamo scoprire dopo sono informazioni riguardo agli studenti, come la loro età, biografie, i loro livelli di competenza, i loro bisogni, che poi vanno anche a cambiare con il tempo - più che spesso sono persino inconsapevoli. Io li sto preparando a una comunicazione autentica che loro potenzialmente avranno fuori dall’aula, utilizzando materiali che rispecchiano la realtà fuori dall’aula, creando situazioni reali. Fare poi attenzione che il contesto sia piacevole, come diceva Krashen (filtro affetttivo). Analisi dei bisogni significa anche un po’ chiedere “qual è stata la più bella lezione che hai fatto? perché ti piace questa lingua? che vuoi farci?”, in modo da ottenere delle informazioni anche e andare in contro —> Creare delle conversazioni, ottimo all’inizio ma va continuato anche un po’ in itinere. CONOSCERE chi ho davanti, anche perché questo mi aiuta a declinare i miei metodi e obiettivi d’apprendimento. Capisco anche cosa si aspettano dal corso, quali sono le loro convinzioni, scardinandole persino. Bisogna adattare l’insegnamento linguistico a una pluralità di contesti. Consiglio d’Europa degli anni ‘70 : Per potere insegnare bene alle persone, le persone bisogna conoscerle (tabelle/questionario in cui si chiede anche come preferiscono imparare, essere corretti, quali obiettivi vogliono raggiungere, come vorrebbero valutarsi…) —> Attenzione ai bisogni degli apprendenti. Il sillabo mette poi in evidenza i contenuti dell’insegnamento, un po’ una lista ad esempio in base alla settimana, unità didattiche in termini glottodidattici. Ci sono delle competenze che sono propedeutiche a quelle successive, quindi è importante perseguire gli obiettivi in ordine, sviluppando l’interlingua in maniera molto graduale. Il sillabo mette infatti in sequenza i contenuti dell’insegnamento in termini di conoscenze e competenze. Possiamo avere due macrocategorie di sillabo: Sillabi di tipo sintetico —> insegno i vari elementi in maniera separata, poi chiedo all’apprendente di fare una sintesi e produrre autonomamente la lingua sulla base di strutture che io ho presentato in maniera separata l’una dall’altra. Questi sillabi si focalizzano sul codice linguistico, presentano la lingua per moduli o livelli, per parti del discorso. Scompongono quindi gli obiettivi componendo un ordine di tipo formale grammaticale, in base a una presunta facilità strutturale. Si tratta comunque di un primissimo approccio di tipo comunicativo se ci pensiamo, perché gli apprendenti arrivano a compiere anzi una sintesi della comunicazione, che può sembrare chiedere poco ma non è così, anzi, perché in fase comunicativa si mettono insieme tantissime cose al momento. L’apprendente passa dall’esposizione e dall’uso linguistico a una progressiva focalizzazione sulle forme linguistiche, presentano situazioni in cui la lingua è usata in modo autentico, disponendo i contenuti anche in maniera non graduata. Questo tipo di sillabo si adatta meglio all’insegnamento esplicito. Considera le conoscenze da acquisire esprimibili in termini più precisi, quindi l’oggetto dell’insegnamento è scomposto in unità, definite a monte dal lavoro didattico. Sillabi di tipo analitico —> questo procede al contrario rispetto a quello sintetico, perché prima punta a dare delle sfide comunicative agli apprendenti. Tipico dell’insegnamento implicito. Considera le conoscenze e le capacità da acquisire come un insieme di procedure che sono alla base delle competenze d’uso. L’apprendente viene messo di fronte a situazioni d’uso autentiche che mirano prima alla logica e poi alla regola grammaticale. Comunque sillabo e curricolo vanno continuamente lavorati, sempre da mettere in discussione, sempre da aggiornare e revisionare. Progettare per unità didattiche Unità didattiche = serie di lezioni che perseguono tutte gli stessi obiettivi e insistono sulle stesse caratteristiche, seguendo la progressione dell’interlingua. Analizzare come gli esseri umani si approcciano al raggiungimento di vari obiettivi. 1 fase → Bisogna incidere sulla motivazione, o si perdono gli studenti via via, e questo spinge una riattivazione delle conoscenze pregresse e ‘riscaldamento’, mediante anche l’attivazione di conoscenze pregresse e incuriosità; 2 fase → Arrivare a far comprendere, si propone un testo, scritto o orale, che inizialmente viene utilizzato per sviluppare le abilità di comprensione, quindi approccio globale; 3 fase → Presuppone una serie di attività, esercizi, finalizzati a scomporre la lingua, quindi un po’ di pragmatico, un po’ di morfosintattico, lessicale, fonologico. Perché dopo aver compreso il testo, gli studenti sono più portati a fare attenzione a come quel testo è stato costruito, questa analisi genera poi la scoperta delle regole e quindi la formulazione di ipotesi al fine di riutilizzarle e riflettere su di esse. 4 fase → A questo punto come insegnante avrò la necessità di scoprire che cosa è effettivamente arrivato, attraverso attività di verifica e ripasso, ma anche fasi ludiche o di relax che andranno a precedere l’inizio poi dell’unità successiva. !!!La lingua per la produzione comunque viene utilizzata sempre, in tutte le fasi, non solo alla fine di ogni unità di acquisizione, non ci sono unici momenti specifici, semplicemente lo si fa per scopi diversi!!! L’obiettivo della fase della Motivazione è rendere consapevoli gli studenti di quello che stanno andando a fare. Questo comporta un’esplicitazione da parte dell’insegnante degli obiettivi e contenuti dell’unità, INCURIOSENDO gli apprendenti. La motivazione deve essere stimolata non solo all’inizio, ma lungo tutto il corso dell’unità. Si tratta quindi di un buon momento per introdurre anche le parole chiave, senza le quali la comprensione non avviene, per arrivare a riflettere sul testo dell’unità. Un buon modo per riscaldare la situazione è l’Elicitazione (domande aperte che riguardano l’apprendente stesso, “come vieni a scuola?”, o domande su un paratesto). Spidergram è la costellazione di parole che già conoscono, si creano una serie di situazioni di memorizzazione anche tra studenti (brainstorming su lavagna). Giochi lessicali, task senza obiettivi linguistici, servono sempre a riscaldare, a esplorare l’argomento. Nella seconda fase si arriva dunque a presentare il testo, che può essere scritto o orale. Questo testo dovrebbe avere tutte le caratteristiche che io devo andare ad analizzare durante l’unità didattica (expectancy grammar). Non viene proposto per scopi didattici quanto soprattutto per facilitare la comprensione, anche banalmente una canzone. L’insegnante può manipolare un testo autentico, semplificarlo, modificarlo anche in base alle competenze di chi si trova davanti, ecco perché poi diventano non più tanto autentici a quel punto. In tutto ciò bisogna sempre fare attenzione a sostenere la motivazione → L’obiettivo è comunque arrivare alla comprensione globale del testo. La comprensione attenzione NON dipende solo dalla competenza comunicativa in L2, quante volte noi comprendiamo un contesto comunicativo di L2 senza avere un livello super eccellente. Noi comprendiamo anche in base alle nostre conoscenze del mondo! Skimming = Leggo e comprendo il senso generale senza capirne i dettagli, anche nella vita quotidiana (quando leggiamo il cosino per i cookies). Scanning = Vado a cogliere in maniera rapida ciò che mi serve, come nei dizionari, nei libretti delle istruzioni. → La stessa persona che in L1 utilizza Scanning e Skimming, deve farlo anche nella L2, perché la cosa che va insegnata è proprio che devono fare della L2 lo stesso uso che fanno della L1: Comprendere è capire il messaggio, non recepire parola per parola. NON lettura intensiva, ma incentivare proprio Skimming e Scanning. La scelta del testo è praticamente decisiva, fatto questo è fatto già mezzo lavoro, un lavoro non troppo complesso né troppo basico, né troppo breve né troppo lungo o demotiva, tutto sempre compatibile con le abilità degli apprendenti. Se qui l’obiettivo è la comprensione, comunque, alleggeriamo il compito, meno scrivono meno parlano e meglio è! Quello è un compito di altre fasi. Tra le tecniche troviamo scelte multiple, cloze, completamento di frasi, attività a coppie/gruppi, letture, transcodificazioni (passiamo da un codice a un altro, es. disegna il percorso sulla cartina, dal verbale al grafico). Semplificare i testi → Altro problema. Consiste ad esempio nel selezionare le informazioni, diluire le informazioni per ridurre la densità informativa, cura della grafica con immagini, caratteri particolari e schemi, sintassi semplificata, lessico manipolato, ridondanza testuale, accompagnare il testo con attività didattiche finalizzate alla comprensione. Prima esploriamo la regola poi la utilizziamo, prima senso globale poi specifico, prima utilizzo la lingua poi ne induco le regole fino a fissarle (induttivo). Do la regola e poi la applichi, prima specifico poi globale (deduttivo). L’istruzione linguistica può essere totalmente indiretta (Krashen chiedeva agli insegnanti di utilizzare la lingua come metodo di comunicazione in classe senza mai intervenire, far riflettere autonomamente gli apprendenti sui loro utilizzi). La versione diretta può essere sia implicita che esplicita, facendo sì che gli studenti si rendano conto soli o no delle forme che vogliamo che acquisiscano (attraverso insistenza sugli esercizi o evidenziando determinate forme, oppure tramite vere e proprie spiegazioni e discussioni metalinguistiche, sulla grammatica). Questi sono diversi modi di insegnare la grammatica (‘riflessione sulle forme’, meglio). Per ciascuna unità di apprendimento, dunque, riserviamo un momento di analisi in cui le regole vengono scoperte, un momento di fissazione delle forme utilizzandole in maniera sempre più autonoma (anche attraverso drammatizzazioni, role-play anche improvvisando, produzioni scritte…), e un momento di riflessione finale. Alcune tecniche per sviluppare la competenza lessicale possono essere l’accoppiamento immagine/parola, memorizzazione di filastrocche, open cloze, spidergram, composizione su parole date, giochi come cruciverba, puzzle, impiccato… Il lessico si impara meglio se contestualizzato, è meglio insegnare direttamente la locuzione – complessa a causa del transfer – “take a shower” piuttosto che soltanto la parola isolata “shower”. Organizzarlo è dunque più utile se pensiamo alla memorizzazione. Persino la cinesica aiuterebbe a ricordare alcuni termini = I fattori contestuali aiutano la memorizzazione, la lista di parole è praticamente inutile. Per la competenza fonologica si possono usare la ripetizione delle parolea turni, drammatizzazione (zero autonomia prevede il copione scritto sotto), trascrizione fonetica, coppie minime, film/canzoni… Errore fonetico = Suoni errati che però non sono distintivi in termini lessicali, non formano coppie minime quindi non mi creano problemi di comprensione, meno urgenti da correggere. Errore fonologico = Suoni invece distintivi che mi modificano sistematicamente il significato di una parola e quindi dell’intero contesto, chiaramente più “urgenti” da correggere. Anche nel caso della dimensione morfosintattica troviamo il format inclusione-esclusione, manipolazione, riempimento di spazi vuoti, identificazione degli errori, giochi, fino ad arrivare ad attività di produzione e di riflessione, che chiedono una rielaborazione più autonoma di quanto appreso. → qui notiamo il ragionamento induttivo. Attenzione però ad utilizzare immagini/testi che veicolino stereotipi e specifici gruppi culturali!! Quanto incide la produzione nel processo di acquisizione di una L2? Le teorie sono discordanti; Krashen diceva che l’input comprensibile è l’unica variabile causale nell’acquisizione di una L2 togliendo quindi il valore necessario all’output, Swain considerava invece l’output comprensibile un meccanismo necessario per l’acquisizione, indipendente dall’input, che fornisce opportunità anche di formulare ipotesi sulla lingua target in merito alle cose apprese. La produzione è INDISPENSABILE. Cognitivista → il linguaggio è un’abilità e come le altre abilità è favorito dalla pratica; Interazionista → durante l’