Riassunto Pedagogia Sperimentale PDF

Summary

Questo documento riassume la pedagogia sperimentale, discutendo le diverse dimensioni dell'organizzazione della conoscenza pedagogica e la complessità dell'approccio pedagogico. Vengono trattati gli aspetti storici, dalla filosofia greca al positivismo, e le scienze dell'educazione, con particolare attenzione all'opera di Dewey e Mialaret. Il documento include anche una panoramica sulla ricerca educativa, con esempi come PISA 2006.

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Martina Molinari – Cesareni – Pedagogia e scuola + Dewey COSA STUDIA LA PEDAGOGIA? Fa comprendere: Le diverse dimensioni che vengono a comporre l’organizzazione della conoscenza propria della Pedagogia La complessità dell’approccio pedagogico: tematiche diverse e apporti di scienze div...

Martina Molinari – Cesareni – Pedagogia e scuola + Dewey COSA STUDIA LA PEDAGOGIA? Fa comprendere: Le diverse dimensioni che vengono a comporre l’organizzazione della conoscenza propria della Pedagogia La complessità dell’approccio pedagogico: tematiche diverse e apporti di scienze diverse Definizioni: Laeng: studio dei fatti e dei processi inerenti l’educazione Per molti studiosi la pedagogia è essenzialmente riflessione sull’educazione Nel corso degli anni Pedagogia come riflessione filosofica, nasce con i filosofi greci (con la speculazione filosofica) Socrate: la maieutica -> l’educazione non è un trasferimento di conoscenze e di abilità. La verità si trova dentro ognuno di noi, occorre farla uscire attraverso una gestazione (la maieutica è l’arte delle ostetriche) conoscitiva che dia spazio alla modestia, al dubbio, al dialogo. Platone: importanza della connotazione sociale -> educazione come responsabilità dello stato Da Aristotele in poi: la pedagogia “filosofica”, indica i fini dell’educazione e ne fissa i modelli (la pedagogia filosofica rimane l’unico sapere intorno all’educazione fino all’avvento del positivismo) Assunzione quindi della pedagogia all’interno della filosofia -> Approccio positivista: ogni conoscenza che vuole assumere lo status di scienza deve avere fondamento empirico, oggettivo, neutro. Si sposta l’attenzione non solo ai fini ma anche ai mezzi, le condizioni, i processi, i risultati -> pedagogia come scienza Dalla Pedagogia alle Scienze dell’Educazione Con il positivismo inizia la trasformazione della Pedagogia in scienza (ricerca sperimentale) Dewey: Le scienze umane vengono a costituire le fonti della scienza dell’educazione (al singolare) -> unificare i contributi delle scienze che affrontano i problemi educativi (es. psicologia, sociologia, filosofia) -> “nessuna disciplina può descrivere in modo esaustivo il fenomeno educativo” Mialaret. Ci fornisce un quadro sistematico delle scienze dell’educazione (plurale -> pluralità delle discipline pedagogiche) -> Il concetto di educazione si è esteso ultimamente: - a tutte le età: prolungamento verso il basso (educazione prescolare) e verso l’alto (educazione permanente) - ad ambienti diversi: pluralità degli agenti educanti (scuola parallela), es. esperienza quotidiana, azione dei mezzi di comunicazione di massa - a tutte le dimensioni della vita dell’uomo: “formazione totale dell’individuo”, formare una personalità ricca, capace di adattarsi e di crescere autonomamente Mialaret evidenzia come sia necessario ricorrere a un gran numero di discipline scientifiche per affrontare i temi di carattere educativo. Classifica le scienze dell’educazione in 3 categorie: - scienze che studiano le condizioni generali e locali dell’educazione - scienze che studiano la situazione educativa e i fatti specifici educativi - scienze della riflessione e dell’educazione Visalberghi e l’enciclopedia pedagogica (modello circolare): Processo di trasformazione della pedagogia in scienza -> Questa trasformazione non porta alla morte della pedagogia. La pedagogia resta in vita come nesso problematico tra e dopo le scienze che vengono a comporre la circolarità delle conoscenze pedagogiche Progressivo aumento della complessità delle conoscenze richieste a chi si occupa di pedagogia Per poter insegnare è necessario conoscere: - non solo la materia ma anche l’allievo (Rousseau) - i metodi più efficaci con cui insegnarla (Pestalozzi) - i problemi della società (Dewey) ➔ deve esserci un linguaggio comune articolazione in 4 settori: - Contenuti (conoscere cosa si insegna) - > materia - Psicologico (conoscere l’allievo) -> allievo - Metodologico didattico (come insegnare) -> metodi efficaci - Sociologico (conoscere la società in cui si opera) -> problemi della società ➔ I settori non sono completamente divisi fra loro, ma c’è una forte circolarità e continuità Dunque, pedagogia come momento specifico di riflessione sugli apporti scientifici che le scienze dell’educazione le forniscono. Riflettere sui problemi, definire gli obiettivi, interpretare. La ricerca educativa offre alla pedagogia generale i dati su cui esercitare tale riflessione. Per Visalberghi la pedagogia sperimentale non è una scienza particolare, ma un modo di utilizzare le diverse scienze dell’educazione (dati sui quali esercitare tale riflessione) al fine di svilupparne altre (metodologie didattiche, tecnologie educative, teoria del curriculum) Pedagogia sperimentale Punto di partenza della ricerca in educazione è la volontà di comprendere i fenomeni educativi e di assumere decisioni educative che abbiano maggiori probabilità di essere efficaci. I fenomeni educativi hanno natura complessa. La metodologia della ricerca educativa comprende diversi approcci, da più “quantitativi” a più “qualitativi”, ma in ogni caso è necessario applicare “metodi sistematici di ricerca che, quando vengono applicati a un complesso di fatti, ci consentono una migliore comprensione e un controllo più intelligente e meno confuso e abitudinario” (Dewey, 1929) La pedagogia sperimentale: alcuni ambiti di ricerca Assessment: misurazione e valutazione -> per dare maggiore obiettività alle procedure di valutazione scolastica sia del singolo allievo, sia del sistema educativo nel suo complesso -> “pilotaggio dei sistemi educativi”: raccolta regolare di dati e statistiche sul sistema educativo, sulle risorse di cui dispone e sugli esiti che produce; la valutazione di queste informazioni; l’azione successiva da parte degli organi competenti -> valutazione dell’efficacia e dell’efficienza del sistema scolastico di una nazione, spesso messa in atto per valutare l’impatto di innovazioni introdotte nel sistema stesso - INValSI (istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione): per la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia del sistema scolastico italiano -> si occupa anche di valutare le innovazioni introdotte nel sistema educativo -> coordina in Italia ricerche internazionali - IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement): Si propone di misurare le prestazioni scolastiche di alunni di paesi diversi cercando anche di metterle in correlazione con variabili di sfondo (familiari, economiche scolastiche) -> Limiti dovuti alla necessità di comparare culture fortemente diverse attraverso lo stesso tipo di prove La ricerca-azione: Indagine orientata all’azione e al cambiamento, condotta in modo collaborativo e partecipativo. Lavoro collegiale di insegnanti ed esperti che insieme affrontano problemi e insieme cercano di risolverli. Scambio di ruoli, valorizzazione delle diverse competenze -> allargamento delle prospettive - Qual è il tuo problema? - Perché sei preoccupato? - Cosa pensi di poter fare riguardo al tuo problema? - Quali tipi di prove potresti raccogliere per riuscire a valutare quanto ti sta accadendo? - Come pensi di raccogliere queste prove? - Come puoi controllare che la tua valutazione di quanto sta accadendo è abbastanza corretta e accurata? Punto debole: in alcuni casi mancanza di rigore metodologico: più esperienza di cambiamento che non reale ricerca Assessment -> PISA 2006: indagine sulle competenze scientifiche degli studenti quindicenni ➔ Competenze indagate Individuare questioni di carattere scientifico: questa competenza richiede agli studenti di: riconoscere quali questioni possono essere affrontate in termini scientifici e quali siano le caratteristiche dell’indagine scientifica. Dare una spiegazione scientifica ai fenomeni: questa competenza richiede agli studenti di applicare le conoscenze scientifiche a situazioni specifiche. Tale competenza comporta anche il saper descrivere o interpretare scientificamente fenomeni e predire cambiamenti. Usare prove basate su dati scientifici : questa competenza consiste nella capacità di interpretare dati raccolti scientificamente a sostegno di affermazioni o di conclusioni. ➔ Conoscenze indagate la conoscenza della scienza (ovvero la conoscenza del mondo naturale) la conoscenza sulla scienza (ovvero la conoscenza delle caratteristiche della scienza come forma specifica di conoscenza). ➔ Strumenti di rilevazione Prova cognitiva studente Questionario studente Questionario scuola Questionario genitori ➔ Il campione italiano 21773 studenti in 806 scuole, stratificato per macroaree geografiche (Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud, Sud e Isole) E per indirizzi di studio ➔ Risultati di PISA 2006 – Comparazione internazionale L’Italia nella comparazione internazionale: Il punteggio medio degli studenti italiani nella scala complessiva di scienze è pari a 475 (DS 96), contro una media OCSE pari a 500 (DS 95). La differenza tra il punteggio degli studenti maschi (477; ES 2,8) e il punteggio delle studentesse (474; ES 2,5) non è statisticamente significativa. La media dei 25 paesi dell’Unione Europea partecipanti a PISA 2006 è pari a 497. Percentuale degli studenti a ciascun livello della scala complessiva di scienze, in Italia: - sotto il livello 1: 7,3% (media OCSE 5,2) - livello 1: 18,0% (media OCSE 14,1) - livello 2: 27,6% (media OCSE 24,0) - livello 3: 27,4% (media OCSE 27,4) - livello 4: 15,1% (media OCSE 20,3) - livello 5: 4,2% (media OCSE 7,7) - livello 6: 0,4% (media OCSE 1,3) Differenze tra scuole e all’interno delle scuole - In Italia il 52,1% della varianza totale è spiegata dalla varianza tra scuole. - Questo significa che oltre il 50% della varianza nel livello di prestazione degli studenti è spiegato dalle differenze esistenti tra le diverse scuole frequentate dagli studenti. - La media OCSE è pari al 33,1%. -> più differenze tra i tipi di scuola rispetto agli altri paesi Varianza tra scuole e risultati medi degli studenti: Bassa varianza tra scuole e risultati superiori alla media (Finlandia, Irlanda, Estonia). Alta varianza tra scuole e risultati inferiori alla media (Italia). Impatto delle condizioni socio-economiche e culturali (indice ESCS): Italia: 10,0% -> più basso OCSE: 14,4% ESCS/Varianza tra scuole: Italia: 27,6% -> più alto OCSE: 20,5% ➔ Risultati di PISA 2006 – Differenze interne al sistema scolastico italiano Gli studenti di liceo conseguono risultati migliori, seguiti dagli studenti degli istituti tecnici e da quelli degli istituti professionali. Il punteggio medio degli studenti dei licei (518) è più alto di quello degli studenti degli istituti professionali (414) di oltre una deviazione standard. Gli studenti dei licei conseguono mediamente risultati superiori alla media OCSE, quelli degli altri indirizzi di studio risultati inferiori. Nord-Ovest 501, Nord-Est 520, Centro 486, Sud 448, Sud Isole 432. Gli studenti del Nord-Est si collocano al di sopra della media OCSE, quelli del Nord-Ovest al livello della media OCSE, quelli del Centro leggermente al di sotto di questa media, quelli del Sud e del Sud Isole si collocano nettamente al di sotto della media OCSE. Al di sopra della media OCSE si collocano gli studenti dei licei del Nord-Ovest, del Nord-Est e del Centro; gli studenti degli istituti tecnici del Nord-Ovest e del Nord-Est. RIFLESSIONI Qualità ed equità del sistema scolastico italiano Grandi fasce di difficoltà Tendenza ad un peggioramento nel tempo (dati sulla literacy in lettura ) MODELLI DELLA MENTE E TEORIE DI APPRENDIMENTO Come si insegna, come si impara Una cultura, un gruppo, per sopravvivere deve trasmettere ai giovani conoscenze e valori (conoscenze necessarie alla sopravvivenza della società stessa) - > ciò avviene in contesti formali e informali La scuola è solo uno degli strumenti, ma è divenuta indispensabile nelle società complesse Scopo della scuola è oggi la formazione della persona nella sua interezza -> prima unicamente trasmissione di conoscenze per creare “il buon cittadino”, “il suddito rispettoso”, “il buon cristiano”… Modelli della mente e modelli di pedagogia Bruner afferma che esistono 4 modelli che definiscono come si apprende e quindi come è meglio insegnare: i bambini apprendono per imitazione -> conoscenza procedurale: - L’adulto mostra modelli di azioni eseguite con competenza - il bambino deve: riconoscere gli obiettivi dell’azione, i mezzi usati, comprendere che l’azione mostrata lo porterà a raggiungere l’obiettivo (i bambini mostrano queste competenze già a 2 anni) - L’imitazione di modelli è alla base dell’apprendistato - Si può insegnare con la dimostrazione e imparare con l’imitazione - La proposta di modelli e l’imitazione rendono possibile anche l’accumulazione di conoscenze culturalmente rilevanti - La competenza deriva dalla pratica e si forma, tramite la ripetizione di comportamenti - In questa concezione: La competenza consiste di talento, perizia, abilità e non tanto conoscenza e comprensione - La pedagogia di tipo imitativo è alla base di culture definite “tradizionali”, ma anche in quelle tecnicamente più avanzate - Un apprendimento che unisce alla pratica una spiegazione concettuale porta maestria e flessibilità maggiori -> quindi passare al secondo modello i bambini imparano dall’esposizione didattica -> conoscenza proposizionale - Si basa sull’idea che si debbano presentare agli allievi fatti, principi e regole di azione che devono essere imparati, ricordati e poi applicati - Presupposti: l’allievo non sa, la conoscenza si trova nella mente degli insegnanti, nei libri ecc.… - La conoscenza deve essere “ascoltata” o “consultata” - La conoscenza procedurale (come si fa) consegue dalla conoscenza di fatti e teorie (conoscenza proposizionale) - È la linea pedagogica oggi più adottata - Un soggetto non è considerato “abile” quando “sa fare” ma quando possiede la capacità di assumere nuove conoscenze grazie all’aiuto di “abilità mentali” di diverso tipo -> se il bambino non fornisce prestazioni adeguate, le sue carenze possono essere spiegate dalla mancanza di “abilità mentali”, senza così attribuire nessuna responsabilità all’insegnamento - È sicuramente importante conoscere i fatti ma non serve se i fatti sono offerti in quantità eccessiva e se ci si limita a ciò - Questa concezione parte dall'assunto che la mente di chi apprende sia una “tabula rasa” e che le conoscenze vengono immesse in essa in forma cumulativa I bambini come pensatori: lo sviluppo dello scambio intersoggettivo - Nella prospettiva della pedagogia culturale l’apprendimento avviene nell’interazione con gli altri - L’educazione deve aiutare il bambino a capire meglio e la comprensione viene promossa tramite la discussione e la collaborazione - Ciascuno viene stimolato a riconoscere il punto di vista dell’altro (pedagogia della reciprocità) - In questa prospettiva il bambino non è un recipiente vuoto ma qualcuno capace di ragionare e di costruire significati - Raggiungere comprensione e interpretazione piuttosto che conoscenze fattuali (conoscenza proposizionale) o prestazioni specializzate (conoscenza procedurale) - Possibile punto debole: eccessiva relatività che si attribuisce alla “conoscenza” -> la conoscenza è tale solo quando è vera in modo da escludere ogni affermazione contraria I bambini come soggetti intelligenti (integrare le conoscenze personali con la conoscenza “obiettiva”) - Non si può porre attenzione esclusivamente alla costruzione di conoscenza tramite il dialogo. - Si rischia di sottovalutare l’importanza della conoscenza accumulata nel passato - La conoscenza non è più considerata “verità divina” o “irrevocabile verità scientifica”, ma non bisogna cadere nel totale relativismo -> il bambino deve sapere cogliere la distinzione fra conoscenze personali da un lato e conoscenze che una cultura considera acquisite dall’altro - Non si può arrivare a pensare che siccome nessuna teoria è la verità ultima tutte le teorie sono uguali - Importanza della conoscenza che ci è stata tramandata ➔ Le 4 prospettive si devono fondere in un’unità coerente (coltivare aspetti diversi): - È importante acquisire competenze - Sono importanti le conoscenze fattuali - È importante che i bambini capiscano che la conoscenza dipende dalla prospettiva e che noi possiamo acquisire conoscenza condividendo o negoziando le nostre prospettive (discussione) - È importante che i bambini comprendano il legame fra le conoscenze valide del passato e quelle che apprendiamo nel presente Teorie dell'apprendimento APPROCCIO COMPORTAMENTISTA: l’uomo apprende il rapporto fra azione e conseguenza ed impara ad agire per ottenere una ricompensa il comportamento può essere modellato attraverso ricompense e punizioni Tecnica dell’istruzione programmata -> controllare l’apprendimento attraverso il rinforzo dei comportamenti desiderabili Concezione dell’allievo come soggetto passivo (contenitore vuoto) Cognitivismo -> scavalca il comportamentismo Oggetto di analisi: mente e i suoi processi (Human Information Processing) Vuole spiegare come l’uomo elabora le informazioni (come funziona la mente dell’uomo) -> ruolo attivo -> paragone con il computer Importante in educazione l’analisi dei processi implicati nelle attività cognitive (es. lettura), per poter migliorare l’insegnamento Studio delle differenze individuali nell’elaborazione delle informazioni -> stili cognitivi (suggerito approcci e percorsi differenziati a seconda delle caratteristiche degli studenti) Costruttivismo -> interazionista Piaget: bambino soggetto attivo nella costruzione della propria conoscenza (il bambino costruisce da sé strutture cognitive che gli permettono di agire sulla realtà in modo efficace) Concezione attiva dell’apprendimento: manipolare, agire, sperimentare L’insegnamento deve adeguarsi allo sviluppo -> maturazione psicologica del bambino (lo studente può acquisire un concetto solo quando possiede le strutture cognitive che lo mettono in grado di assimilarlo) L’insegnante non partecipa direttamente I processi di costruzione della conoscenza sono individuali: il bambino apprende autonomamente Costruttivismo socioculturale (Vitoskij, Bruner) Azione attiva del soggetto all’interno di un mondo di relazioni composto da altri soggetti e dagli artefatti della cultura L’insegnamento precede lo sviluppo situandosi nella zona di sviluppo prossimale - > l’insegnamento non deve adeguarsi strettamente allo sviluppo VYGOTSKJI: la costruzione sociale della conoscenza “scuola storico culturale” TEMI FONDAMENTALI: Mediazione culturale Relazione fra pensiero e linguaggio Origine sociale dei processi mentali superiori Importanza dei processi di socializzazione Zona di sviluppo prossimale Mediazione culturale: Gli esseri umani vivono in un ambiente trasformato dagli strumenti prodotti dalle generazioni precedenti Questi strumenti mediano i rapporti tra gli individui e degli individui con il mondo fisico. Distingue fra: - strumenti (strumenti tecnici): modificare l’ambiente esterno (es. martello, macchinari) - segni (strumenti psicologici): orientati verso l’interno, aiutano l’individuo a organizzare la propria attività mentale (linguaggio, calcolo, scrittura…) -> sono prodotti sociali. Non sono semplici sussidi ma trasformano le funzioni mentali Relazione fra pensiero e linguaggio “Pensiero e linguaggio” viene pubblicato dopo la morte di Vygotskji nel 1934. Edizione italiana a cura di L. Mecacci, Bari, Laterza, 1990 Centralità data al linguaggio e alla mediazione semiotica, al sistema di segni caratteristico di una determinata cultura -> il linguaggio è sociale La rappresentazione di un concetto viene elaborata prima a un livello condiviso con altri (interpsicologico) e di seguito interiorizzato (intrapsicologico) venendo così a costruire la base per lo sviluppo del pensiero -> sviluppo del pensiero procede da una dimensione preverbale a una verbale, attraverso l’apprendimento sociale mediato dai sistemi simbolici -> ling uaggio interno - invece per Piaget il linguaggio viene interiorizzato e poi viene dato agli altri, per Vygotskji il contrario Origine sociale dei processi mentali superiori I processi cognitivi elementari si sviluppano secondo una maturazione organica. Le funzioni psichiche superiori hanno invece uno sviluppo culturale (interazione del soggetto con gli strumenti fisici e i simboli della propria cultura e attraverso il rapporto sociale con gli altri individui) Come il linguaggio si costruiscono prima sul piano interpsicologico per poi entrare nel piano intrapsicologico I processi mentali superiori hanno quindi origine sociale, ne consegue la grande importanza data all’interazione sociale che crea le condizioni per l’interiorizzazione Importanza dei processi di socializzazione L'apprendimento avviene all’interno di una relazione: con soggetti, strumenti e segni di una cultura -> interazione sociale → interiorizzazione → apprendimento Apprendimento e sviluppo sono in continua relazione fra loro Conseguenze educative: importanza del lavoro di gruppo, in particolare di piccolo gruppo Zona di sviluppo prossimale L’insegnamento non deve limitarsi ad adeguarsi allo sviluppo ma deve precederlo situandosi nella zona di sviluppo prossimale Livello di sviluppo attuale: ciò che un bambino sa fare senza nessun aiuto esterno L’area di sviluppo prossimale (o potenziale) è invece un’area che può essere estesa ed arricchita tramite l’interazione sia con adulti che con coetanei -> appropriarsi di nuovi strumenti cognitivi Scaffolding (gettare le impalcature): dare un sostegno e poi piano piano ritirarlo (da parte dell’insegnante o dal compagno più esperto) -> attività che il bambino svolge prima in collaborazione e poi via via sempre più autonomamente, fino a interiorizzare completamente il processo BRUNER e la pedagogia culturale Psicologo statunitense che si è occupato di problemi educativi dagli anni 50 ad oggi Di indirizzo cognitivista, ha una dotazione culturale molto ampia, di tipo interdisciplinare -> critica le teorie comportamentiste Dagli anni 60/70 sente fortemente l’influenza di Vygotskij (scuola storico- culturale) Il suo interesse pedagogico nasce dallo studio dei processi cognitivi e dalla ricerca di un apprendimento ottimale -> “far apprendere meglio ciò che si vuole insegnare” Prende posizione nei confronti dell’attivismo attuato nella scuola americana, che dà maggior peso alla socializzazione che non all’educazione intellettuale (attivismo ispirato da Dewey) -> È necessario invece rivolgere maggiore attenzione alle potenzialità intellettuali dell’educazione L’istruzione ha il compito di insegnare a pensare e gli strumenti per questa educazione sono le discipline -> Discipline come modo di pensare certi fenomeni e come amplificatori che estendono le capacità di pensiero (le discipline non sono un insieme di informazioni che gli insegnanti devono fornire agli allievi) -> “idee fondamentali” delle discipline, ne costituiscono il nucleo centrale e possono essere comprese anche dagli studenti più giovani, se presentate adeguatamente Insegnare una disciplina significa far entrare gli allievi nel modo di pensare tipico di quella disciplina, come scienziati che producono conoscenza. Obiettivo non è ampiezza ma profondità. -> scoperta autonoma della struttura della conoscenza -> curricolo a spirale: inizia con una descrizione intuitiva di un campo di conoscenza, per poi tornare indietro circolarmente a dare una rappresentazione più potente di quel campo Si può insegnare qualsiasi cosa a qualsiasi età se si trova il modo giusto per farlo. È necessario quindi approfondire il problema dello sviluppo cognitivo Lo studioso riconosce che le ricerche di Piaget sono validissime, ma sono solo una descrizione e non una spiegazione dei processi di sviluppo - interesse epistemologico e non psicologico Una teoria dell’istruzione -> “Verso una teoria dell’istruzione” (1966) “riguarda il modo in cui si apprende meglio ciò che si vuole insegnare” Requisiti essenziali di una TEORIA DELL’ISTRUZIONE: 1. Definisce quali siano le esperienze adeguate a sviluppare le predisposizioni ad apprendere 2. Indica le “idee fondamentali” delle diverse discipline -> strutture ottimali delle conoscenze (semplificando e legando insieme informazioni) 3. Espone l’ordine di presentazione dei contenuti dell’apprendimento, tenendo conto della progressione dello sviluppo (3 diversi sistemi di rappresentazione della conoscenza: attivo, iconico e simbolico) 4. Traccia il quadro delle punizioni e ricompense (da quelle estrinseche a quelle intrinseche) Riassumendo: L’istruzione ha il compito di insegnare a pensare le discipline rappresentano gli strumenti per questo fine. le discipline costituiscono modi specifici di pensare fenomeni e problemi (linguaggio specifico) Si basano su idee fondamentali che possono essere insegnate a tutte le età purché si sappia tenere conto dei modi di rappresentazione delle conoscenze propri delle diverse fasi dello sviluppo cognitivo Rivalutazione dei saperi e delle conoscenze disciplinari in un contesto impostato sulla ricerca e sulla scoperta ➔ Le idee di Bruner hanno fortemente influenzato la formazione dei curricoli, sia negli Stati Uniti sia in Italia La cultura dell’educazione Libro di saggi sull’educazione scritti negli anni ’90 -> “cultura e educazione” Non solo educazione scolastica: la scuola è solo uno degli strumenti di cui una cultura dispone per insegnare ai giovani le regole della vita sociale Cosa deve e può fare la scuola? - Riprodurre la cultura? - Preparare i giovani ad un mondo in evoluzione? Tesi centrale del libro: La cultura plasma la mente, ci fornisce l’insieme degli attrezzi mediante i quali costruiamo il nostro mondo e la nostra concezione di noi stessi Educazione e apprendimento scolastico devono essere considerati nel loro particolare contesto culturale Culturalismo: Un dato evolutivo: la mente non può esistere al di fuori di una cultura -> la vita mentale comunica e si sviluppa tramite codici culturali (linguaggio, tradizioni…) Lo sviluppo della mente è legato allo sviluppo di un modo di vivere in cui la realtà viene rappresentata per mezzo di simboli Il sistema simbolico è condiviso dai membri della comunità e viene conservato, elaborato e tramandato alle generazioni successive La cultura è al di sopra degli organismi (superorganica) ma nello stesso tempo modella la mente dei singoli individui -> allo stesso tempo il singolo crea la cultura, tramite la propria interpretazione, e la modifica, la fa crescere Concetto del culturalismo -> “fare significato”: Il “fare significato”, l’attribuire cioè significati alle cose in situazioni diverse e concrete, è proprio dell’individuo, ma ha origine e rilevanza all’interno della cultura Non esistono “significati privati”, i significati costituiscono la base dello scambio culturale Conoscere e comunicare sono profondamente interdipendenti, praticamente inseparabili -> Anche se può sembrare che l’individuo agisca autonomamente nella sua ricerca di significati, non lo può fare senza utilizzare i sistemi simbolici della propria cultura Apprendimento situato: La cultura è una creazione dell’uomo ma nello stesso tempo plasma e rende possibile l’attività della mente umana L’apprendimento e il pensiero sono sempre situati in un contesto culturale e dipendono sempre dall’utilizzazione di risorse culturale Le stesse differenze fra individui possono essere attribuite alle diverse opportunità offerte dai diversi contesti culturali Limiti del computazionalismo (un tipo di cognitivismo): Il computazionalismo vuole descrivere il funzionamento di tutti i sistemi che gestiscono un flusso di informazioni -> “elaborazione delle informazioni” Non sostiene che la mente sia una specie di computer, ma che tutti i sistemi che elaborano informazioni devono essere governati da procedure specificabili Secondo L’Intelligenza Artificiale le menti reali possono essere descritte come sistemi governati da regole specificabili per la gestione del flusso di informazioni codificate I processi del fare significato sono in realtà disordinati, ambigui, sensibili al contesto. Pensiamo ad esempio all’uso delle metafore. Le regole e le operazioni in un sistema computazionale devono essere esenti da ambiguità, e questo è il limite del computazionalismo come strumento per la costruzione di un modello della mente Il fare significato per il culturalista è un’operazione interpr etativa, legata al contesto, e spesso avviene a posteriori (pensiamo all’interpretazione di un testo) Approccio educativo di una psicologia culturale: L’educazione è anch’essa parte di una cultura Le domande fondamentali riguardano la funzione che l’educazione deve svolgere nella cultura (ripetizione-cambiamento) Una pedagogia culturale deve porsi il problema di come l’educazione possa favorire od ostacolare la realizzazione delle capacità di un individuo -> eguali opportunità per i suoi membri I principi che guidano l’approccio educativo della psicologia culturale: 1. Il principio della prospettiva 2. Il principio delle limitazioni 3. Il principio del costruttivismo 4. Il principio dell’interazione 5. il principio dell’esternalizzazione 6. Il principio dello strumentalismo 7. Il principio istituzionale 8. Il principio dell’identità e dell’autostima 9. Il principio narrativo Il principio della prospettiva: Il significato di qualsiasi fatto, di qualsiasi proposizione è relativo alla prospettiva o al quadro di riferimento all’interno del quale viene interpretato Vi possono essere quindi diverse interpretazioni, ma non tutto è accettabile Vi devono comunque essere dei criteri o delle regole logiche che rendono giuste o meno le diverse interpretazioni Vi sono delle interpretazioni che sono proprie di una determinata cultura e interpretazioni individuali all’interno di una cultura. -> Le interpretazioni del significato sono un’interazione fra le storie particolari degli individui e le forme in cui una cultura ricostruisce la realtà. Si formano così degli “stili culturali” (es. I francesi sono realistici...) Ogni cultura presenta una certa tolleranza verso le interpretazioni diverse date dai suoi membri -> purché non presentino un pericolo per la cultura stessa L’educazione “ufficiale” cercherà di trasmettere una visione del mondo che è propria della cultura dominante L’educazione può così correre il rischio - Se si limita a trasmettere la visione interpretativa ufficiale -> di portare avanti una certa visione del mondo (fossilizzarsi) - oppure, se educa i ragazzi a considerare diverse prospettive -> di offendere alcuni interessi - Ma se non si assume questi rischi finisce per perdere ogni vitalità -> si riduce la capacità di una cultura di adattarsi al cambiamento Una educazione efficace si trova sempre in equilibrio precario fra i due aspetti: trasmettere la cultura o educare alla flessibilità Il principio delle limitazioni: In qualsiasi cultura il fare significato è soggetto a 2 tipi di limitazioni: 1. Natura del funzionamento della mente: l’evoluzione della nostra specie ha sviluppato in noi modi specializzati di conoscere, pensare, sentire e percepire - Queste limitazioni influiscono sul nostro modo di concepire alcuni concetti (come ad esempio il tempo) - Questo modo di concepire il mondo fa parte della nostra evoluzione, ma non deve essere considerato immutabile (Euclide modificò il nostro modo di osservare lo spazio) - Implicazioni in campo educativo: l’educazione deve trasmettere tutti gli “attrezzi” che la cultura ha elaborato allo scopo di mettere gli esseri umani in condizione di superare i limiti dati dalle predisposizioni innate (uno studente di matematica di oggi ne sa più di Leibniz ) 2. Limitazioni imposte dai sistemi simbolici accessibili alla mente umana: è dato dai sistemi simbolici che usiamo nella nostra cultura (in particolare il linguaggio) - Secondo la concezione di Whorf-Sapir il pensiero prende forma dal linguaggio in cui viene formulato. - Non sappiamo ancora molto dei limiti imposti dalla lingua ma sappiamo che la coscienza o “consapevolezza linguistica” sembra ridurre tali limitazioni. - La capacità metalinguistica, cioè la capacità di riflettere sulla propria lingua, è alla portata di tutti. Implicazioni pedagogiche: - fornire a tutti gli esseri umani i sistemi simbolici più potenti per superare i limiti delle nostre predisposizioni - coltivare la consapevolezza linguistica Il principio del costruttivismo: La realtà che attribuiamo ai mondi che abitiamo è una realtà costruita -> costruita da noi stessi nell’interazione con gli altri, attraverso l’esperienza e la condivisione sociale L’educazione deve aiutare i giovani a usare gli strumenti del fare significato e della costruzione della realtà in modo che possano adattarsi meglio al mondo in cui si trovano e, se necessario, cambiarlo Il principio dell’interazione: La trasmissione di conoscenza comporta l’esistenza di una sotto comunità al cui interno si svolge un’interazione -> sotto comunità minima: insegnate + allievo Si impara principalmente attraverso l’interazione con gli altri -> intersoggettività: predisposizione che gli esseri umani hanno di comprendere gli altri e “negoziare” con loro i significati L’insegnamento intenzionale è proprio della specie umana ed è dovuto sia al dono del linguaggio sia alla predisposizione degli esseri umani per l’intersoggettività, la capacità di capire gli altri attraverso linguaggio, gesti e contesto La tradizione pedagogica occidentale si basa principalmente sul concetto di trasmissione da un docente a un discente (travaso da un contenitore pieno a uno vuoto) -> In realtà solo una piccolissima parte del processo educativo avviene per questa strada a senso unico: si impara nell’interazione con gli altri Implicazioni pedagogiche: Una comunità di persone che apprendono deve basarsi su un modello completamente diverso da quello della trasmissione, mettendo al primo posto l’interazione fra i membri (preferibilmente in piccoli gruppi) e cambiando il ruolo dell’insegnante (l’insegnante non scompare, ma non ha il monopolio di questo ruolo) -> le impalcature all’interno della zona di sviluppo prossimale vengono gettate anche dai coetanei Il principio dell’esternalizzazione: Ignace Meyerson: funzione principale di ogni attività culturale collettiva è quella di produrre opere che abbiano esistenza propria. Le opere collettive (“esternalizzazioni” di prodotti comuni) producono e sostengono la solidarietà di un gruppo e contribuiscono a creare una comunità Promuovono inoltre il senso della divisione del lavoro necessaria per dar vita ad un prodotto ed esaltano le qualità dei singoli membri che vi partecipano Le opere e i lavori in corso (la mostra, il giornale, l’inchiesta, l’orto ecc..) creano in un gruppo modi di pensare comuni e negoziabili (comunità di discorso) -> creano un patrimonio di tradizioni che hanno influenza sugli studenti Esternalizzare il lavoro mentale produce poi il vantaggio di “renderlo visibile” e poter quindi rifletterci sopra -> metacognizione -> Il pensiero si traduce nei suoi prodotti rendendone più facile l’autoanalisi Il principio dello strumentalismo: L’educazione produce sempre conseguenze nella vita di chi ne usufruisce. L’educazione non è mai neutrale, non è mai priva di conseguenze sociali ed economiche. È sempre politica Per capire ciò bisogna tenere conto di due fattori: l’occasione e il talento, che sono fra loro legati: - Talento: Non esiste un unico tipo di intelligenza, ma diverse attitudini naturali ed esistono anche diversità di importanza che una certa cultura attribuisce alle diverse abilità - Occasione: Le capacità vengono consolidate attraverso l’istruzione e l’esercizio, attraverso le “occasioni” fornite. Spesso si forniscono occasioni diverse sulla base di presunte diversità di talento. Esistono spesso anche diversità di educazione legate all’appartenenza ad una classe sociale Spesso le scuole tendono a riprodurre sottoculture di povertà e inferiorità, stroncando sul nascere i talenti naturali dei bambini non fornendo loro le occasioni La scuola non può essere considerata culturalmente indipendente -> l’educazione è politica Il curricolo non riguarda solo gli argomenti di studio trattati -> Il principale contenuto della scuola è la scuola stessa, come la vivono gli studenti, quale immagine di sé coltiva nei suoi studenti Il principio istituzionale: L’educazione nel mondo sviluppato diventa istituzionalizzata, e l’istituzione scuola svolge un particolare ruolo: preparare a prendere parte attivamente alle altre istituzioni della cultura -> le istituzioni specificano concretamente i ruoli svolti dalle persone e lo status che viene attribuito a tale ruolo Ogni persona appartiene a più istituzioni Le istituzioni sono spesso in competizione fra loro e impongono la propria volontà attraverso sistemi coercitivi e di incentivazione. L’educazione è coinvolta in questa lotta fra le varie istituzioni, e viene spesso “usata” dalle istituzioni più potenti (es. Francia dopo rivoluzione) Evoluzione della consapevolezza del ruolo politico dell’educazione Anche in ambienti politici si dibatte di educazione, ed è giusto che il dibattito non sia solo all’interno della scuola -> Brune propone la creazione di nuove istituzioni che si occupino di considerare l’educazione in relazione al posto che occupa nella società (considerando i problemi critici) e che siano incaricate di prendere decisioni politiche da effettuare in relazione all’educazione Ma per cambiare l’istituzione scuola è indispensabile il coinvolgimento degli insegnanti. È necessario che gli insegnanti capiscano e credano nei miglioramenti progettati Il principio dell’identità e dell’autostima: L’educazione è essenziale per la formazione del sé e della propria autostima Le diverse culture attribuiscono forme diverse al sé e ne stabiliscono i limiti. Vi sono due aspetti del sé che vengono considerati universali: la capacità di azione e la valutazione ➔ Identità: Il bambino costruisce la propria identità percependo se stesso come soggetto agente, che ha successo o no Successo e fallimento sono i principali elementi che vengono ad influenzare lo sviluppo del sé -> Un bambino valuta se stesso come soggetto che ha successo o meno anche in base alle valutazioni scolastiche ➔ Autostima: L’autostima si fonda quindi sulla percezione di ciò di cui ci sentiamo capaci Può essere supportata dall’esterno con semplici accorgimenti -> ad es. comunità di apprendimento Se la scuola è poco attenta all’autostima rischia di provocare grossi danni -> il ragazzo può ricercare la propria affermazione in altri luoghi Il principio narrativo: La narrazione è la modalità di pensiero che aiuta le persone a creare una versione del mondo in cui possono immaginare un posto per sé, un mondo personale La narrazione serve a costruire la propria identità all’interno di una cultura ed è molto importante per i problemi odierni di migrazioni (multiculturalità) Inoltre, l’invenzione narrativa stimola l’immaginazione ed aiuta così ad “immaginare” un proprio posto nel mondo, a sperare, a costruire per il futuro Le antinomie La complessità degli obiettivi educativi: Le contraddizioni della nostra epoca si presentano sotto forma di antinomie, coppie di verità ampie che si contraddicono l’un l’altra Anche le verità educative sono afflitte da antinomie, che non hanno una soluzione logica, ma solo pragmatica 1 antinomia: realizzazione individuale/conservazione della cultura Da un lato la funzione dell’educazione è quella di consentire alle persone la loro realizzazione, Dall’altra parte la funzione dell’educazione è quella di riprodurre la cultura che le sta dietro È difficile che un sistema scolastico possa raggiungere entrambi gli scopi ed è difficile trovare una soluzione di compromesso Rischi di eccessiva disgregazione (mettere in pericolo valori e istituzioni di una società) o di stagnazione della cultura (eccessivo tradizionalismo) 2 antinomia: centralità del talento/centralità degli strumenti Primo lato: l’apprendimento avviene soprattutto all’interno della testa; l’educazione ci fornisce i mezzi per potenziare le nostre capacità innate. Secondo lato: qualsiasi attività mentale è situata in un ambiente culturale che la supporta (scambi simbolici con gli altri). Il successo o meno di uno studente dipenderà dall’efficacia degli strumenti, degli “attrezzi culturali” che l’insegnante gli fornisce Come sfruttare al meglio le capacità dei più dotati e nello stesso tempo dare a tutti buone opportunità? 3 antinomia: particolarismo/universalismo: Da una parte si ritiene che l’esperienza umana, la conoscenza locale è legittima di per sé. I tentativi di imporre verità universali sono soltanto tentativi di predominio di altre esperienze Dall’altra parte si afferma che ogni condizione umana pur essendo situata localmente, è espressione di una storia universale, che non può essere negata ➔ Le antinomie contribuiscono a mantenere l’equilibrio in queste differenti questioni. Bruner afferma: Dobbiamo puntare alla realizzazione delle potenzialità individuali ma anche mantenere l’integrità e stabilità di una cultura Dobbiamo riconoscere le differenze dei talenti individuali ma fornire a tutti gli strumenti della cultura Dobbiamo rispettare le identità locali ma difendere la nostra coesione come popolo ➔ Questi problemi possono essere realmente affrontati solo nel concreto Bruner parte quindi da un caso concreto; il programma educativo “Head Start”, che significa “vantaggio in partenza”. Alcune scoperte scientifiche precedenti al programma: - Ricerche su animali: ipotesi della deprivazione, per crescere è necessario un ambiente che offra opportunità - Ricerche su neonati e su bambini provenienti da un retroterra disagiato: ipotesi che la mancanza di una buona partenza fosse la causa del fallimento -> QI inferiore -> il neonato necessita dell’interazione umana a doppio senso fin dai primissimi giorni di vita Si comincia a parlare di deprivazione culturale Ma in relazione a quale “standard culturale”? In relazione all’attività educativa mes sa in atto dalle madri americane della media borghesia -> non essere all’altezza di questo modello idealizzato di educazione Si dava la colpa alle vittime stesse, affermando che non erano in grado di educare i propri figli (si affermava che le culture nere e ispaniche erano carenti) Si attuava perciò un programma educativo volto a fornire ai bambini quegli stimoli che la famiglia non dava loro -> classi di 2-4 anni Head Start rappresentò un grande passo avanti, un’opportunità per i bambini delle classi disagiate Non risolveva però i punti dolenti della terza antinomia: il contrasto fra culture egemoni e cultura locale (non affrontava il problema della discriminazione) Scatenò una serie di reazioni al programma: Costi eccessivi, da cui scaturivano considerazioni di tipo razzista Risultati dopo più di 20 anni: I bambini che avevano usufruito del programma avevano maggiori probabilità di frequentare più a lungo e con migliori risultati la scuola, ottenere e mantenere più a lungo un lavoro, non andare in prigione e così via Il programma aveva ripagato abbondantemente il suo costo, era buono per la società anche se non funzionava per tutti i bambini. Si era raggiunto un compromesso sulla prima antinomia ma non sulle altre due Come andare avanti: Head Start non è stato sufficiente perché non poteva da solo contrastare l’alienazione dei bambini e delle loro famiglie. Le cause politiche e sociali sono troppo pesanti Secondo Bruner abbiano imparato da alcune esperienze scolastiche (fra cui H.S.) che è possibile dare ad alcuni bambini il senso delle loro possibilità dando loro fiducia ed attuando attività collaborative in un ambiente stimolante Esempio della scuola di Oakland (frequentata dai bambini di un ghetto), una “controcultura scolastica” basata sull’idea che “se le persone sono trattate come membri responsabili di un gruppo diventeranno responsabili”. Tornando alle antinomie: L’educazione deve riprodurre la cultura o deve arricchire e coltivare il patrimonio umano? Deve proporsi di coltivare in modo diverso il talento di chi ha migliori doti innate o deve porsi innanzitutto il compito di fornire a tutti gli strumenti culturali? Dobbiamo dare priorità ai valori e alle usanze della cultura nel suo complesso o dare la precedenza alle identità delle sottoculture? ➔ Come risolvere le antinomie? La storia di Head Start fornisce qualche suggerimento: Il cercare di compensare la deprivazione con una buona educazione prescolare era legato al voler far emergere il meglio di ciascuno, ma non teneva conto della capacità delle culture di autoriprodursi Era inoltre basata su un’immagine troppo passiva della prima infanzia: bambino come tabula rasa Vi era un’idea etnocentrica di “deprivazione culturale”. Idea basata su una educazione infantile idealizzata che non lasciava spazio alle identità e alle specificità culturali delle famiglie di etnie diverse e della necessità di esse di conservare il senso della propria cultura e tradizione È solo nella pratica di vita scolastica che possono essere risolte le antinomie Nel gruppo classe è possibile trovare un equilibrio fra individualità ed efficacia del gruppo Nel lavoro di classe è possibile salvaguardare sia le identità etniche e razziali sia il senso della comunità più vasta di cui i bambini fanno parte -> reciprocità culturale Nel lavoro collaborativo si riesce a trovare un equilibrio fra l’esigenza di coltivare i particolari talenti e quella di offrire a tutti l’opportunità di crescere Nelle scuole basate sul rispetto reciproco e sull’apprendimento collaborativo si ottengono risultati migliori non solo dal punto di vista sociale ma anche dal punto di vista “intellettivo” Questo perché l'apprendimento è migliore quando è partecipativo, attivo, comune e dedito alla costruzione di significati piuttosto che alla semplice ricezione Scuola come comunità di apprendimento Le Comunità di apprendimento: Modello pedagogico definito negli anni 80 da Ann Brown e Joe Campione (ghetto di Oakland) -> ispirati da Bruner Metafora della comunità di scienziati che producono nuova conoscenza Obiettivo fondamentale non è quello di apprendere ma di imparare ad apprendere (Community of Learners) Scuola non solo come luogo di istruzione ma come centro di costruzione dell’identità personale -> accrescere consapevolezza e metacognizione, aumentare l’autostima I principi che guidano le Comunità di apprendimento: Apprendimento attivo e collaborativo: - negoziazione degli obiettivi dell’apprendimento - condivisione delle conoscenze - riflessione collettiva ➔ presenza di compiti interdipendenti Sviluppo metacognitivo: incoraggiare la riflessione sui processi di apprendimento, stimolare l’autonomia e la responsabilità (prendere coscienza delle proprie strategie ed eventualmente migliorarle) Zone multiple di sviluppo prossimale: Ognuno può imparare dall’altro e insegnare qualcosa all’altro Costruire una base dialogica: - attività di riflessione e discussione ad alta voce (discussioni in piccoli gruppi) - Computer come mezzo di comunicazione amplia la base dialogica della comunità Legittimare le differenze: - la diversità è considerata una risorsa (ognuno può trovare il proprio ruolo) -> è data a tutti la possibilità di partecipare, anche in modo periferico - rispetto degli altri Apprendimento contestualizzato e situato: compiti dotati di senso culturale capace di attivare la motivazione degli studenti -> praticare ruoli diversi -> affrontare problemi reali di conoscenza Sviluppo di pratiche comuni: riti, modi di fare, tecniche usate che aumentano il senso di comunità Passaggi: Allestire gli ambienti -> L'ambiente allestito per avviare una Comunità di apprendimento presenta alcune differenze rispetto ad una classe tradizionale, in particolare per ciò che riguarda: - partecipanti: entrano a far parte della classe anche agenti diversi (osservatori partecipanti, ricercatori, esperti, genitori, comunità virtuali…) - luoghi: l'aula scolastica non è l'unico luogo dove si apprende e si insegna, ma la Comunità utilizza gli spazi dentro e fuori la scuola per le proprie attività. -> aula attrezzata diversamente rispetto a quella tradizionale, con possibilità di prevedere momenti di lavoro comune, individuale e in piccoli gruppi - strumenti: la comunità non si serve solo dei libri per apprendere, ma di tutti gli strumenti che la nostra cultura può mettere a disposizione: Lavorare per progetti: scopo condiviso e concreto (es. progetto euroland) (principio esternalizzazione) -> cambiamento metodologico - Linee guida iniziali -> ogni classe può individuare il proprio percorso (tenendo conto di risorse, vincoli del contesto, interessi, motivazioni) - Brainstorming (contestualizzare) -> ogni gruppo sceglie il proprio progetto -> gli studenti in questo modo sono maggiormente partecipi - Costruzione di un prodotto concreto - Gruppi di lavoro non separati -> i gruppi collaborano e si può stare in più gruppi - Interdipendenza positiva -> collaborazione tra i diversi gruppi di lavoro per realizzare un lavoro collettivo - Interdisciplinarità Costruire conoscenza -> Costruire conoscenza è l’obiettivo principale di una comunità di apprendimento -> il discorso condiviso diventa così il mezzo attraverso il quale la comunità agisce e si confronta Accettare e valorizzare le diversità -> diverse capacità, diverse culture, diversi modi di vedere un fenomeno, ma anche partecipazione periferica legittimata (si può spingere verso una partecipazione verso il centro). Es: - clara: Sono Matteo e vorrei collaborare per ricerche con altri gruppi. Pensi sia possibile - Clarence: certo Matteo - Clarence: parlavamo ieri con Bea che le ricerche effettuate in alcune materie - Clarence: si potrebbero visualizzare qui - clara: come posso far sapere agli altri della mia collaborazione - Clarence: hai scritto una nota? - Clarence: Matteo? - clara: sono qui dimmi tutto - Clarence: ti va di scrivere una nota nel KF? - Clarence: per esempio…di che tipo di ricerca si tratta? - clara: la propongo io? - Clarence: perchè no :o) - Clarence: oppure ti inserisci in quello già previsto - Clarence: ad esempio quelli di Modena stanno costruendo - Clarence: una casa sullo sport olandese..interessante, non trovi? - clara: lo farò al più presto, domani o dopodomani. ciao ti devo salutare Usare diverse fonti di informazione -> es. In Euroland: L’agenzia di viaggi -> Esplorazione del territorio Armati di macchine fotografiche, registratori, questionari: visita ad agenzie Riflettere insieme -> usando il discorso in classe si può promuovere una dimensione metacognitiva (riflettere sul modo in cui si svolge il compito) -> fondamentale riunirsi per fare il punto della situazione e progettare il lavoro futuro -> ricomporre un senso del compito comune Sperimentare ruoli diversi -> ad es. ruoli che solitamente sono svolti dagli adulti possono essere svolti dagli studenti (regolazione e valutazione delle attività) e viceversa (fare domande e ammettere di non sapere) Valutare il lavoro fatto -> modalità di valutazione in itinere e centrate sui processi, centrata sul prodotto e sul percorso. Autovalutazioni oppure valutazione reciproca e collettiva. Anche gli adulti sono invitati a dare conto del proprio operato -> assumersi la responsabilità del proprio apprendimento JOHN DEWEY (1859-1952) Pensiero filosofico: strumentalismo CONOSCENZA. Secondo il pragmatismo la conoscenza è un processo attivo: conoscere significa modificare la realtà, l’oggetto, con il pensiero. L’oggetto della conoscenza non è indipendente dal soggetto che conosce. Ricerca scientifica: stimolata dalla situazione problematica: Suggestione, problematizzazione, ipotesi, ragionamento, verifica (esempio dell’imbattersi in un ostacolo in una passeggiata) Scopo della scuola è educare i ragazzi all’approccio razionale ai problemi. Da ciò deriva il “learning by doing”. La scuola sperimentale di Chicago si caratterizza come laboratorio permanente Iniziatore dell’ATTIVISMO PEDAGOGICO EDUCAZIONE: L’educazione è un fatto sociale. Anche l’educazione scolastica ha un carattere sociale, e tale carattere sociale investe tutti gli aspetti del processo educativo: - Fini: favorire la socializzazione - Contenuti: ciò che è utile per la società - Organizzazione: scuola come comunità democratica Democrazia ed educazione (1916): tra i principali fini dell’educazione difesa e diffusione della democrazia Esperienza ed educazione (1938): Sintesi matura del pensiero dell’autore sul tema generale dell’educazione e delle scuole “nuove” Tema principale: Le idee ispiratrici delle scuole nuove sono corrette, ma sono necessarie modifiche nella realizzazione di tali idee Scritto filosofico che nasce dall’esigenza di rispondere alle severe critiche rivolte alle scuole nuove dopo la crisi del ’29 -> guerra, preparazione delle reclute Prefazione: Anche il tema dell’educazione, così come altri argomenti di interesse sociale, è oggetto di scontri teorico-pratici fra diverse teorie. Compito di una filosofia dell’educazione non è trovare un compromesso fra diverse teorie ma introdurre nuovi ordini di idee che avviino nuovi modi di fare pratica. Per fare questo bisogna abbandonare ogni “ismo” (es. progressismo) perché i movimenti che operano in base ad un ismo si limitano a combattere altri “ismi” (tradizionalismo) invece di muovere dai bisogni, dai problemi e dalle possibilità (in questo modo finisce per essere controllato da essi) -> è necessario introdurre un nuovo ordine di idee che avvii nuovi modi di pratica Educazione tradizionale ed educazione progressiva Spesso pensiamo per contrasto, e così pure fa la filosofia dell’educazione: (formazione dal di dentro / dal di fuori; doti naturali / acquisizione di abitudini) -> non sa scorgere possibilità intermedie Nel periodo in cui Dewey scrive il contrasto si poneva fra educazione tradizionale e progressiva. Per l’educazione tradizionale materia dell’educazione sono: -Nozioni e abilità accumulatesi nel passato da trasferire agli alunni -> i manuali rappresentano il sapere - Norme e regole di condotte da trasmettere attraverso una rigida organizzazione (aule, orari, sistemi di esame e promozione, regole disciplinari ecc...) - Gli insegnanti sono il tramite per comunicare abilità e conoscenze e rafforzare regole di condotta - Attitudine di chi impara: docilità, ricettività, obbedienza ➔ Critica a questa impostazione: tutto è imposto dall’alto e dal di fuori; ai ragazzi sono imposte norme, programmi e metodi da adulti, che vanno aldilà della loro esperienza -> Questo anche se gli insegnanti sanno farlo in modo “non brutale”, non vi è partecipazione attiva (prodotto statico e finito) -> Modo di educare adatto a società statiche Per capire quale è la filosofia dell’educazione implicita nell’educazione nuova Dewey parte da alcuni principi che sono comuni alle diverse scuole attive: Espressione e cultura dell’individualità (versus imposizione dall’alto) Libera attività (versus disciplina esterna) Apprendere attraverso l’esperienza (versus imparare dai libri e dai maestri) Conseguimento di tecniche come mezzi per ottenere altri fini (versus acquisizione di tecniche isolate e abilità tramite l’esercizio) Massimo sfruttamento delle possibilità della vita presente (versus preparazione per un futuro più o meno remoto) Familiarizzazione con un mondo in movimento (versus fini e materiali statici) ➔ Si tratta di principi astratti, e tutto dipende dal modo in cui si applicano Pericolo della teoria dell’opposizione: respingere in toto i fini e i metodi di ciò che si vuole soppiantare; sviluppare i propri principi in forma negativa (ad esempio rigettare ogni forma di organizzazione della materia di studio per rifiutare la rigida organizzazione del passato, senza chiedersi come sia possibile arrivare ad una forma di organizzazione dei contenuti di una materia partendo dall’esperienza, rifiutare in toto l’idea che l’adulto debba essere una guida) Se non si esce dalla teoria dell’opposizione si rischia di fare scuola in modo non accettabile; rigettare ogni forma legata al passato significa cadere nel dogmatismo -> qualsiasi teoria e qualsiasi sistema pratico è dogmatico quando non è basato in un esame critico dei propri fondamenti ➔ Conoscenza del passato non come puro fine, ma come mezzo La necessità di una teoria dell’esperienza: Non serve quindi soltanto svincolarsi dal passato. Dewey vuole elencare alcuni dei problemi cui deve far fronte la nuova educazione e suggerire soluzioni PUNTO FERMO DA CUI PARTIRE: L’EDUCAZIONE DEVE PARTIRE DALL’ESPERIENZA (empirismo) (educazione progressiva) Non tutte le esperienze sono di per sé educative -> esperienza ed educazione non possono equivalersi - Alcune favoriscono l’acquisizione di nuove esperienze in futuro - Atre limitano la possibilità di acquisire nuove esperienze -> non saper controllare le esperienze future La necessità di una teoria dell’esperienza: Nelle aule tradizionali erano certamente presenti esperienze, ma spesso di tipo negativo: portavano a perdere la voglia di apprendere, ad acquisire capacità automatiche che poi non si era in grado di utilizzare in nuove situazioni, ad associare l’imparare alla noia e alla stanchezza L’aspetto negativo della scuola tradizionale non è l’assenza di esperienza, ma la mancata relazione di tali esperienze con le esperienze successive Fondamentale è la qualità dell’esperienza. Non esperienze “gradevoli”, ma esperienze “durature”, che siano in grado di influenzare le esperienze future -> “Scegliere esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno” L’educazione progressiva ha bisogno di una filosofia dell’educazione (basata sulla filosofia dell’esperienza) che la aiuti a scegliere le esperienze utili per costituire un piano educativo (cosa si insegna, metodi di istruzione e disciplina, arredamenti, materiale, organizzazione sociale della scuola) - > anche perché l’effetto di un’esperienza non lo si può conoscere subito Se l’educazione tradizionale era ridotta a semplice routine, ciò non vuol dire che l’educazione progressiva debba ridursi a improvvisazione. È necessario darsi un’organizzazione anche nelle scuole nuove per costituire il piano educativo Si pensa che la nuova educazione debba essere più facile dell’antica. Ma ragionare in questi termini significa riproporre la teoria dell’opposizione. La nuova educazione può essere più “semplice”, perché in armonia con i principi della crescita, (l’educazione tradizionale era artificiosa e quindi complessa) ma non più facile. -> È un compito arduo distinguere ciò che è realmente semplice (Tolomeo-Copernico) (a volte complessità non necessaria) Criteri dell’esperienza: Necessità di una teoria dell’educazione perché si possa agire intelligentemente. Quali i principi significativi di tale teoria? Movimento progressivo viene prediletto perché più conforme all’ideale democratico. Ma perché preferiamo i metodi democratici? Perché siamo convinti che promuovono un’esperienza umana migliore in un maggior numero di persone (accessibile a tutti) (scuola tradizionale autocratica e rude) Obiettivo dell’educazione è fornire esperienze di qualità superiore, perché la vita dell’uomo può avere livelli qualitativi diversi in relazione a forme diverse di esperienza -> metodi più umani Come discriminiamo un’esperienza qualitativamente migliore? Ci serviamo di 2 criteri: Principio di continuità (continuum sperimentale): “ogni esperienza fatta e subita modifica chi agisce e subisce e al tempo stessi questa modificazione influenza la qualità delle esperienze seguenti”: - L’uomo attraverso l’esperienza crea abitudini, cioè comportamenti che stabilmente gli consentono di interagire con il mondo -> crescere - Ogni esperienza riceve qualcosa da quelle che l’hanno preceduta e modifica in qualche modo la qualità di quelle che seguiranno - Ma quali esperienze sono educative? - Quando l’influenza sulle esperienze successive è positiva, cioè favorisce l’acquisizione di nuove esperienze qualitativamente di grado più elevato Criteri dell’esperienza, principio di continuità: - In educazione parliamo di crescita, ma vi può essere crescita anche in ambito negativo, che toglie la possibilità di crescere in altre direzioni - L’educazione è ben riuscita quando la continuità dell’esperienza consente una crescita effettiva delle capacità di interagire con il mondo (imparare a parlare, imparare a leggere) - La continuità può anche creare abitudini che bloccano la crescita (es. l’indulgenza eccessiva può creare abitudine a non impegno e ricerca di soddisfazione immediata dei bisogni, creando incapacità di sfruttare esperienze ulteriori). - L’esperienza non è solo interna, ma ha condizioni esterne, non si compie nel vuoto. Viviamo in un mondo di persone e cose che è stato “costruito” dall’attività degli uomini che ci hanno preceduto - L’ambiente influenza l’esperienza, e l’educatore può così dirigere l’esperienza dell’alunno senza ricorrere all’imposizione “estraendo dalla situazione circostante gli elementi che contribuiscono a promuovere esperienze di valore” -> l’insegnate deve stare all'erta per vedere quali attitudini e tendenze abituali si stanno creando nell’alunno e comprenderlo per capire cosa accade in lui mentre impara Principio di interazione: “due fattori dell’esperienza: le condizioni obbiettive e le interne. Qualsiasi esperienza normale è un gioco reciproco di queste due serie di condizioni Criteri dell’esperienza, principio di interazione: - Tutte le esperienze hanno condizioni esterne, che chi educa può controllare, ed interne, più difficili da controllare e conoscere. - Compito dell’educatore è trovare un’interazione fra condizioni interne e condizioni obiettive. (come la mamma con il neonato: soddisfa i bisogni del neonato, ma con orari e regole) per creare un’esperienza di valore -> partecipazione attiva da parte dell’insegnante -> il mancato adattamento del materiale ai bisogni e alle attitudini degli individui può provocare una esperienza non educativa quanto il mancato adattamento di un individuo al materiale - L’educazione tradizionale non teneva conto delle condizioni interne, ma ciò non vuol dire che l’educazione progressiva non debba tener conto delle condizioni obiettive - La continua interazione fra condizioni oggettive ed interne viene a comporre ciò che Dewey chiama Situazione ➔ I due principi di continuità e interazione sono strettamente legati: ciò che un individuo ha acquistato in conoscenza e abilità in una situazione diventa strumento di comprensione (condizione interna) nella situazione successiva. ➔ L’educatore deve occuparsi di creare situazioni educative, tenendo conto sia dell’individuo, delle sue capacità e dei suoi bisogni, sia delle condizioni oggettive (es. importanza di una conoscenza o di una disciplina) ➔ L’educazione tradizionale non si poneva il problema di adeguare le condizioni esterne agli individui in crescita: “il mancato adattamento dei materiali ai bisogni e alle attitudini degli individui può provocare un’esperienza non educativa quanto il mancato adattamento di un individuo al materiale” ➔ Applicare il principio di continuità significa tener presente il futuro ➔ Non come “preparazione” al futuro nel senso di acquisizione meccanica ed esercitazioni di abilità, con l’idea che potranno poi essere utili. Nell’educazione tradizionale abbiamo appreso e anche dimenticato, perché ogni cosa era appresa isolatamente, staccata dall’esper ienza, utile solo per preparare l’esame. Spesso poi la scuola formava abitudini negative e repulsioni. -> idea dell’educazione tradizionale che alcune materie abbiano un valore educativo di per sé ➔ L’attitudine più importante da formare è il desiderio di apprendere ➔ L’idea di adoperare il presente unicamente come preparazione al futuro è contraddittoria. Noi viviamo sempre nel nostro tempo, e solo estraendo il pieno significato nel presente ci prepariamo a fare altrettanto nel futuro ➔ Agli educatori spetta la responsabilità di creare le condizioni per un’esperienza che sia significativa nel presente e che abbia un effetto favorevole sul futuro, considerando e coniugando nell’esperienza il soggetto e l’oggetto -> spesso le materie venivano apprese a comportamenti stagni, con la vaga idea che sarebbero potute tornare utili in un lontano future (spesso però ci si ritrova a dover disimparare per poi reimparare, perché la situazione del presente è completamente diversa da quella del passato, in cui abbiamo imparato, quindi impossibile da utilizzare) Il controllo sociale: Dopo aver definito le condizioni di un’esperienza di qualità superiore, Dewey esamina alcuni problemi, primo fra tutti quello della libertà individuale e del controllo sociale In tutte le situazioni umane il cittadino medio è soggetto al controllo sociale, ma nella maggior parte dei casi non lo vede come restrizione della libertà personale I ragazzi nei loro giochi esercitano e richiedono il controllo sociale. Non si oppongono alle regole, ma alla violazione di esse -> senza regole niente è gioco (regole diverse, gioco diverso) Quando partecipano ad una competizione non sentono di dover sottostare alla volontà di qualcuno. Ciò avviene solo se vi è un’ingiustizia, o se qualcuno vuole imporre la sua volontà personale Anche nella famiglia che funziona bene l’ordine non è imposto dall’esterno, non è la volontà del singolo, ma lo spirito che muove l’intero gruppo (situazioni in cui tutti prendono parte) Il controllo delle azioni del singolo è fatto dall’intera situazione nella quale gli individui sono parte attiva In una scuola ben ordinata il controllo dell’individuo è uno degli elementi della situazione stessa, e l’insegnante deve ridurre al minimo le occasioni in cui esercitare un’autorità; inoltre quando lo fa non deve essere in nome di un potere personale ma in nome dell’interesse del gruppo. Gli studenti sanno infatti ben riconoscere un’azione motivata dal potere personale (sentita come sopruso) da un’azione che è giusta perché suggerita dall’interesse di tutti. Nella scuola tradizionale l’ordine è dato dall’acquiescenza alla volontà dell’adulto; è nelle mani dell’insegnante anziché nella partecipazione collettiva al lavoro Nelle scuole nuove la fonte principale del controllo sociale “si trova nella natura stessa del lavoro, inteso come impresa sociale in cui tutti gli individui hanno modo di prender parte e di cui si sentono responsabili” -> agency I ragazzi sono per natura socievoli, ma l’insegnante deve predisporre attività che portino ad un’organizzazione sociale in cui ogni individuo può portare il suo contributo e nella quale il controllo è dato dall’attività stessa cui tutti partecipano Ciò non vuol dire che tutto “filerà liscio”. Ci sono ragazzi che hanno avuto esperienze negative e quindi problematici o perché non partecipano o perché sono turbolenti. L’insegnante deve regolarsi con loro caso per caso. Il controllo, quindi, è interno alla natura stessa del lavoro scolastico quando esso è svolto come un’impresa collettiva; l’insegnante è parte attiva del gruppo, è parte dell’impresa come membro più anziano del gruppo, con responsabilità specifica -> l’insegante deve avere un piano: Il piano deve essere abbastanza flessibile per permettere il libero gioco dell'esperienza individuale e abbastanza fermo per indirizzare verso uno svolgimento continuo del potere Altro tema è quello delle convenzioni sociali. Non devono essere rigide e statiche, ma non sono da rigettare in toto, perché sono forme che la società si dà per regolare e rendere gradevoli le relazioni sociali (garbatezza, cortesia). Rigettare la mera formalità non significa rinunciare ad ogni elemento formale, che aiuta il reciproco adattamento La natura della libertà: Dewey vuole chiarire cosa si intende parlando di libertà È un errore identificarla con la libertà di movimento, La libertà è “libertà dell’intelligenza, libertà di osservare e giudicare” La maggiore libertà fisica è un mezzo e non un fine: la limitazione dell’attività data dalle scuole tradizionali impediva di fatto ai ragazzi di mostrare la propria natura (costretti ad una uniformità innaturale) e impediva agli insegnanti di conoscerli e quindi di adattare a loro i materiali e i metodi. L’immobilità fisica accentua la passività. -> se non si permette allo studente di “muoversi” non si avrà la possibilità di conoscerlo veramente, perché si nasconderà dietro l’uniformità imposta, mentre i suoi pensieri continuano a correre La libertà di movimento è importante come mezzo per mantenere la normale salute fisica e mentale (antica Grecia) Si deve però coltivare la capacità di inibire in qualche modo il desiderio di movimento come semplice impulso. Una cosa è l’imposizione dall’alto che costringe a star fermi e seduti, l’altra il sentire la necessità di fermarsi per compiere qualcosa: l’autocontrollo Non basta togliere il controllo esterno perché si eserciti l’autocontrollo, si può cadere nel capriccio e nella stravaganza, che è il contrario della libertà, perché l’individuo non è libero ma diretto da forze che non riesce a dominare Il significato del proposito: Come può l’educatore educare il giovane alla padronanza di sé? Padronanza che genera libertà, perché la dipendenza dai propri impulsi rende l’uomo non libero tanto quanto la dipendenza dalla volontà altrui. È centrale in questo la nozione di proposito “Non c’è nell’educazione progressiva nessun punto più significativo dell’accento posto sull’importanza della partecipazione dell’educando alla formazione di progetti che dirigono le sue attività nel processo dell’apprendere” Il proposito è la visione di un fine, ed è un’attività complessa che prevede l’osservazione delle condizioni esterne, la ricerca di altre informazioni e il giudizio (il comprendere il significato) Il proposito si distingue quindi nettamente dal desiderio e dall’impulso Problema fondamentale dell’educazione è far sì che l’azione non segua direttamente il desiderio, ma sia preceduta dall’osservazione e dal giudizio. È sbagliato identificare la libertà con l’esecuzione immediata di impulsi e desideri. Il proposito implica un piano di azione I desideri sono le spinte iniziali dell’azione, e devono essere tenuti in conto, ma non bisogna identificarli con i propositi In un piano educativo l’esistenza di un desiderio o di un impulso non è lo scopo finale, ma un’occasione per formare il proposito. L’insegnante deve vigilare perché l’occasione venga colta e indirizzare gli alunni alla ricerca di altre informazioni, e al giudizio. Ciò non significa limitare la loro libertà, ma porre le condizioni per l’esercizio della libertà. L’insegnante non deve rinunciare al suo ruolo di guida, non deve imporre la sua volontà, ma fare in modo che il piano sia un’impresa cooperativa e non un’imposizione -> non è neanche sempre lecito che l’insegnante non risponda mai alle domande, ma quando è il caso che anche lui debba rispondere e dare suggerimenti Organizzazione progressiva della materia di studio: Primo passo fondamentale è partire dall’esperienza che i ragazzi già possiedono -> Poi si tratta di far assumere a ciò che è stato sperimentato “una forma piena e ricca, che gradualmente si avvicini alla forma in cui la materia del sapere si presenta ad una persona competente e matura”. Si tratta quindi di predisporre le esperienze in modo che si volgano verso l’espansione e l’organizzazione del sapere -> Nella scuola tradizionale gli argomenti erano scelti e ordinati secondo una regola adulta, pensando a cosa sarebbe stato utile nel futuro, senza organizzare il materiale tenendo conto dell’esperienza attuale dei ragazzi. Tutto aveva a che fare con il passato, con ciò che gli uomini avevano fino a quel momento costruito -> Pericolo della scuola nuova è rigettare il passato. Ma solo ciò che è stato compiuto nel passato ci offre i mezzi per comprendere il presente. -> Gli obiettivi dell’apprendere sono nel futuro, e i suoi immediati materiali sono nell’esperienza presente, ma l’esperienza presente deve allungarsi, per così dire all’indietro, comprendendo il passato Problema delle scuole nuove è stato poi la scelta e l’organizzazione del materiale di studio. -> Se è giusto distaccarsi dall’aridità e non omogeneità del materiale che costituiva il nucleo della vecchia educazione, non si può non riconoscere come fondamentale il problema della scelta e dell’organizzazione della materia di studio -> Le materie sono ambiti in cui si organizzano le esperienze L’esperienza deve costituire la fonte dei problemi, perché i problemi sono lo stimolo per pensare L’insegnante deve far sì che il problema non sia posto dal di fuori ma nasca nell’esperienza presente e che sia in grado di stimolare il ragazzo a ricercare attivamente informazioni e produrre nuove idee, per suscitare nuove esperienze e nuovi problemi, in una spirale ricorsiva. L’utilizzo nella scuola del metodo scientifico è ciò che permette, attraverso l’osservazione diretta e la sperimentazione, di arrivare all’organizzazione progressiva della materia di studio L’educatore non può partire dalla conoscenza già organizzata per distribuirla in pillole, ma è comunque necessario che favorisca nei suoi alunni un processo attivo di organizzazione di fatti ed idee -> L’organizzazione non è un principio estraneo all’esperienza. -> Non si deve partire dall’organizzazione del sapere adulto, ma questo è un fine cui tendere partendo dall’esperienza stessa, attraverso il metodo sperimentale -> “le esperienze per essere educative devono sfociare in un mondo che si espande in un programma di studio, programma di fatti, di notizie, di idee” -> ricostruzione dell’esperienza L’esperienza mezzo e fine dell’educazione: Dewey afferma che anche i conservatori sono insoddisfatti della situazione presente dell’educazione. Il sistema educativo deve prendere una via: o retrocedere ai principi intellettuali e morali di un’età prescientifica o avanzare verso l’utilizzazione sempre maggiore dei metodi scientifici per promuovere l’esperienza di qualità La nuova educazione è più difficile da applicare dell’educazione tradizionale Ma ciò che conta non è la contrapposizione fra educazione vecchie e nuova, ma “che cosa si deve fare perché il nostro fare meriti il nome di educazione” Prova di autovalutazione: La cultura secondo Bruner: a. è un prodotto squisitamente individuale che culmina nell’acquisizione della scrittura b. costituisce il contesto all’interno del quale può avvenire la costruzione della conoscenza c. offre un efficace strumento per l’affrancamento degli individui e per il progresso sociale d. va intesa come naturale punto di arrivo di ogni azione educativa efficace e duratura Riguardo al rapporto fra la Pedagogia e le altre Scienze dell’uomo Visalberghi afferma che: a. La Pedagogia vede il suo termine, la sua morte, nel progressivo affermarsi e potenziarsi delle Scienze dell’educazione b. Lo sviluppo delle Scienze dell’educazione rende ancora più complesse e impegnative le problematiche generali che sono proprie della Pedagogia. c. È opportuno che la Pedagogia si occupi essenzialmente di problematiche relative alla scuola, senza occupare il terreno delle altre scienze umane. d. La pedagogia si deve porre come riflessione filosofica, indicando con precisione gli obiettivi dell’educazione e fissandone i modelli. Secondo il modello di sviluppo elaborato da Vygotskij: a. lo sviluppo delle funzioni psichiche superiori nel bambino procede da un livello interpsicologico ad uno intrapsicologico b. la rappresentazione di un concetto viene elaborata prima a livello personale e di seguito a un livello condiviso con altri c. il linguaggio interno rappresenta una fase di passaggio fra il linguaggio egocentrico e il linguaggio condiviso d. lo sviluppo cognitivo si articola in una serie di stadi che si differenziano tra loro qualitativamente. Il modello dell’apprendimento per imitazione, che Bruner descrive fra i 4 possibili modelli della mente dei discenti, si riferisce principalmente: a. all’acquisizione di conoscenze di tipo procedurale b. all’acquisizione di conoscenze di tipo proposizionale c. alla costruzione e condivisione di significati d. alla costruzione da parte dei bambini di teorie ingenue Fra i principi che guidano l’approccio educativo alla psicologia culturale Bruner annovera il principio dello strumentalismo. Secondo tale principio: a. Gli insegnanti devono avvicinare tutti gli studenti agli strumenti utilizzati nel proprio tempo, come ad esempio gli strumenti informatici b. La scuola deve riprodurre e perpetuare la cultura cui appartiene, per essere strumento di continuazione della cultura stessa c. La scuola deve essere considerata culturalmente indipendente e deve limitarsi a fornire a tutti gli strumenti della cultura d. L’educazione non è mai neutrale, non è mai priva di conseguenze sociali ed economiche. È sempre politica 1. All’interno dell’approccio psicologico-culturale si può affermare che: a. La mente non può esistere al di fuori di una cultura V b. Lo sviluppo della mente è esclusivamente legato a fattori organici F c. L’apprendimento è riconducibile ad un sistema di processamento dell’informazione F d. La cultura è al di sopra degli organismi ma nello stesso tempo modella la mente dei singoli individui V e. I processi del fare significato sono esenti da ambiguità e indipendenti dal contesto F 2. Riferendoci al principio dell’identità e dell’autostima possiamo affermare che a. Le diverse culture attribuiscono forme diverse al sé e ne stabiliscono i limiti V b. La formazione del sé si completa nella prima infanzia, non è influenzata dalle esperienze scolastiche F c. Se uno studente non trova nella scuola la possibilità di costruire un concetto di sé positivo, può cercare l’autoaffermazione in altri ambiti V d. Vi sono due aspetti del sé che sono considerati universali, la capacità di azione e la valutazione V e. La formazione di un buon concetto di sé dipende essenzialmente dalla propria percezione, e non può essere supportata da interventi degli insegnanti F Rispondete brevemente ai quesiti qui sotto presentati Evidenziate punti di forza e punti deboli della ricerca azione in pedagogia: punti di forza: orienta all’azione e al cambiamento, porta a collaborazione e partecipazione. Permette lo scambio di ruoli (esperti, insegnati), valorizzazione delle diverse competenze (allargamento delle prospettive) -> arrivare concretamente ad un obiettivo comune. Punti deboli: in alcuni casi mancanza di rigore metodologico: più esperienza di cambiamento che non reale ricerca Fra i principi che guidano l’approccio educativo alla psicologia culturale Bruner inserisce il “principio delle limitazioni”. Parla principalmente di due tipi di limitazioni cui è soggetto l’uomo nel costruire significati. Quali sono?: il primo tipo di limitazione si riferisce alla mente umana che non può mai essere puramente oggettiva, infatti diamo dei sensi comuni a dei concetti, come ad esempio tempo come un continuum o la spazio, che possono essere condivisi da molti/tutti ma che comunque non derivano da una visione veramente oggettiva. Il secondo limite a cui è soggetto l’uomo nel costruire significati è la capacità di espressione linguistica, in cui il pensiero il pensiero è molto influenzato dalla lingua che si parla. Questo limite è superabile con la comunicazione sulla comunicazione (metalinguaggio), ovvero essendo consapevole di tale limite COME SI INSEGNA, COME SI IMPARA: LE CONDIZIONI Le condizioni dell’apprendimento Fondamentale importanza assume il contesto (quadro culturale entro cui si verifica un particolare evento che può essere spiegato solo attraverso il contesto stesso) in cui si svolge l’azione educativa. Del contesto fanno parte: persone, ambienti, tempi, attività, relazioni e molto altro. -> sviluppo non solo dei bambini, ma anche degli adulti che educano ➔ L’ambiente non è mai neutro - Importanza del luogo: ambiente accogliente e stimolante, orientato verso il fare e il fare insieme - Importanza del clima sociale - I contenuti sono importanti, ma non bisogna limitarsi ad essi: è stata data eccessiva importanza ai contenuti Nella scuola non si dava importanza all’individuo nella sua interezza, ma via via (nel corso degli anni) si privilegiava l’aspetto dei contenuti o l’aspetto cognitivo Si cercava di comprendere come avviene l’apprendimento ma concentrandosi solo sulla “testa del soggetto che apprende” senza neanche prendere in considerazione il “soggetto che insegna” (escluso) -> l’individuo completo (unità psicofisica) viene dato per implicito, sottinteso Un primo passo: Alla fine degli anni ’60, riconoscimento del “vissuto” del bambino, la sua esperienza pregressa: primo riconoscimento di un soggetto che apprende non composto di solo “intelletto” (non si parla ancora di contesto) Vengono presi in considerazione emozioni e sentimenti (realtà psicologica), ma separatamente dall’aspetto cognitivo, non veniva riconosciuta la reciproca interdipendenza Emozioni e sentimenti sono componenti essenziali degli stessi processi cognitivi, non un aspetto staccato -> Ansietà, timori, incertezze, desideri incidono fortemente sull’apprendimento E questo anche per gli insegnanti. Anche gli insegnanti sono persone intere, con emozioni e sentimenti, e devono esserne consapevoli A scuola per star bene e quindi imparare (star bene dipende da condizioni esterne ed interne, come la consapevolezza di noi -> sentirsi intelligenti) -> 3 aspetti fondamentali: Il piacere dell'apprendere: si apprende quando si prova piacere per quello che si sta facendo, anche quando non è previsto dal programma. Il gruppo, il rapporto, l’affetto: si vive bene nella scuola quando si condividono con gli altri le cose che si sta facendo o si vorrebbero fare (tranquillità). La scuola come habitat: si sta bene se l’ambiente, l’organizzazione dei tempi, degli spazi ecc. sono curati e fonte di stimolo (organizzazione esterna, professionalità dell’insegnate). Abbiamo visto attraverso diversi esempi che Il vero messaggio educativo che la scuola dà è il clima “che si respira” Collaborazione, piacere di stare insieme, rispetto, generosità non si possono insegnare attraverso lezioni teoriche, ma solo attraverso la pratica quotidiana. Discutendo si impara È il titolo di un testo scritto nel 1991 del quale è stata pubblicata lo scorso anno una nuova edizione Nel libro vi sono esempi di costruzione di conoscenza in diversi ambiti (scientifici, storici, linguistici...). Sono solitamente realizzati nell’interazione a piccoli gruppi fra bambini. -> discussione e riflessione condivisa Le situazioni descritte sono quindi diverse dalla lezione frontale: Per molti insegnanti la lezione frontale è l’unica forma didattica proponibile; ad essa segue lo studio individuale e poi la verifica. La lezione è economica in termini di tempo e non sottopone l’insegnante a imprevisti e incertezze. -> La preferenza verso la lezione frontale parte dall’idea che tutti gli alunni siano uguali e si appoggia al modello di apprendimento per esposizione didattica: basta ascoltare per imparare. L’insegnante inoltre ha già ben presenti i modelli di come si svolge una lezione frontale: li ha assimilati durante tutta la sua vita scolastica La discussione: Permettere agli alunni di discutere, invece, richiede agli insegnanti di “rischiare”, di affrontare incertezze (dove andranno a finire? Come farò a ricondurli verso la giusta definizione del concetto?) (imprevedibilità dei tempi, ritmi, contenuti, lessico, coinvolgimenti) Bisogna formarsi: vi è la necessità di imparare nuove tecniche di gestione: impostazione del tema e conduzione del gruppo. Bisogna saper considerare i tempi (considerare i tempi anche della conclusione: la discussione non può esaurirsi per mancanza di interesse, calo di contributi o stanchezza) e la composizione dei piccoli gruppi, bisogna saper enunciare correttamente il problema -> competenza organizzativa e gestionale I modelli teorici che abbiamo studiato ci portano a considerare la discussione in piccolo gruppo come momento privilegiato per la costruzione di conoscenza (Vygotstkij, Anne-Nelly Perret-Clermont, Bruner). In un’indagine condotta nel ’91 gli insegnanti dichiaravano di accettare il lavoro di gruppo solo per attività espressive (escluse materie come matematica e lingua), non per “conoscere”, considerando quindi la conoscenza come non costruibile, “patrimonio di chi sa”, e considerando tentativi, dubbi e incertezze degli alunni come errori e non come “segnali” di un lavoro in atto. Discutere per: - Imparare la storia (leggere la città) - scrivere insieme (il titolo di una storia) -> (la vita dei monaci) In una prospettiva longitudinale: La “pratica” della discussione porta ad una maggiore efficacia nell’attività di costruzione di conoscenza da parte del gruppo (ricerca longitudinale su una classe di bambini di Trani) -> trascritte le interazioni e codificate (cambiamento dopo periodi di pratica della discussione, dalla seconda alla quinta elementare): - Diminuiscono gli interventi organizzativi e le dispute per la presa di turno - Aumentano i contributi di ideazione, valutazione e metacognizione -> raggiungono livelli di raffinatezza inconsueti per le elementari - Aumenta la qualità del rapporto sociale di collaborazione e di scambio -> riconoscimento delle qualità relazionali e cognitive rispettive ➔ I risultati sono tali da non poter essere attribuibili solo ad un “normale fattore evolutivo” Il contributo degli insegnanti: La capacità dei bambini di lavorare in gruppo non si sviluppa automaticamente. È necessario un attento lavoro degli insegnanti -> il saper lavorare in gruppo ed essere autonomi non sono qualità innate, ma sono stimolate dall’insegnate: - Prima di tutto fornendo le occasioni - Favorendo un clima tranquillo, di calma e rispetto (situazione non ansiogena) -> la sicurezza dell’insegnate deve essere palpabile (coerenza non improvvisata) - Favorendo via via l’autonomia dei bambini nel lavoro in piccolo gruppo In una ricerca condotta in scuole dell’infanzia, durante attività in piccolo gruppo in cui l’insegnante svolge funzioni di “scriba”, si sono individuati 23 tipi differenti di interventi, raggruppati in 3 grandi gruppi: - Interventi generali (organizzativo-procedurali) - Interventi specifici -> relativi al contenuto (richieste di conferma, problematizzazione -> invito alla scelta di due alternative) - Interventi su aspetti formali (problematizzazione su aspetti formali, attenzione a concordanze grammaticali) Questi diversi tipi di interventi verbali degli insegnanti hanno effetti diversi sulle risposte dei bambini in attività di costruzione di testi di regole (non neutralità degli atti linguistici) -> comunicare per spiegare: - Ad esempio, i bambini chiariscono di più il proprio intervento se sollecitati da “richieste di conferma” e “richieste di chiarimento” - In questo caso l’insegnante sembra assumere il ruolo del lettore, e aiuta i bambini a mettersi nella prospettiva di chi legge. - Insegnante quindi come mediatore fra scrivente e destinatario (la posta per Ivana) -> i bambini vengono sollecitati a porsi il problema del destinatario, del suo punto di vista e delle sue possibilità di comprensione Come si impara a leggere e a scrivere? Ogni insegnante ha un suo metodo di insegnamento ed è convinto della sua efficacia. Certamente metodi appropriati possono essere utili per aiutare il bambino nel suo processo di apprendimento Ma pochi insegnanti riflettono sul fatto che i bambini arrivano a scuola dopo aver compiuto un lungo processo di concettualizzazione sulla lingua scritta (quello che fanno i bambini prima delle elementari da molti vengono considerati scarabocchi, o al massimo un tentativo, un’imitazione) Emilia Ferreiro e Ana Teberosky rivolgono l’attenzione direttamente ai bambini, intervistando bambini non ancora alfabetizzati (con un colloquio clinico di derivazione piagetiana -> raccolgono le scritture che i bambini non ancora alfabetizzati producono dietro richieste precise, registrando le letture che ne fanno e le giustificazioni che portano delle scritture stesse). Cercano di capire “cosa succede nella mente dei bambini” nel momento in cui cercano di comprendere “come si scrive e come si legge”. -> Nel 1979 le due autrici mettono a punto un modello teorico relativo alle modalità e sequenze di sviluppo della concettualizzazione della lingua scritta. Descrivono il processo che conduce i bambini, senza un insegnamento specifico, da un’iniziale indifferenziazione fra produzioni grafiche di disegno e di scrittura fino alla padronanza della corrispondenza fra fonema e grafema. Descrivono fatti comuni ed elementi costanti pur nella diversità di modi e di tempi -> psicogenesi della lingua scritta. Elementi costanti: 1. Indipendenza dell’inizio e dello sviluppo del processo di concettualizzazione sia dall’insegnamento ufficiale scolastico sia dall’età cronologica -> incominciano a domandarsi come funzione la scrittura prima dell’insegnamento 2. Assenza nel bambino della consapevolezza delle operazioni mentali compiute 3. Comparsa di modalità di soluzione e costruzione progressivamente più elaborate anche se non necessariamente lineari (progressive elaborazioni di ipotesi) Le autrici distinguono 3 periodi: 1. Primo periodo: è il periodo in cui il bambino ricerca una qualche differenziazione fra “marche grafiche figurative” e “marche grafiche non figurative” -> non avvertono una reale differenza tra “disegno” e “non-disegno” 2. Secondo periodo: ricerca di condizioni formali di “leggibilità” - Lunghezza della stringa: regola della quantità minima -> una lettera isolata per il bambino non è leggibile - Differenziazione fra i segni (non ripetizione dello stesso segno in una stessa parola) -> non può essere letta una stringa di lettere tutte uguali fra loro (in realtà dovremmo parlare di grafemi, perché non è importante la somiglianza con i reali caratteri dell’alfabeto) - Significato dato in un primo tempo dalla prossimità dell’oggetto al segno -> es. se una stessa stringa è posta sotto il disegno di un gatto allora c’è scritto “gatto”, se è posta sotto un disegno di un bambino allora c’è scritto “bambino” - Poi ricerca di differenziazione di quantità e tipo dei segni per scrivere parole diverse 3. Terzo periodo: Inizio e sviluppo del processo di fonetizzazione della scrittura. Il comprendere che ad un determinato suono corrisponde un determinato segno. - È un processo di natura concettuale, non riconducibile ad un apprendimento meccanico. - I bambini formulano ipotesi per scrivere e leggere ciò che hanno scritto. Si possono identificare in questo periodo diversi livelli. Livelli (terzo periodo): Livello sillabico: - Ogni segno rappresenta una parte del nome pronunciato (circa una sillaba). Il nome è una sequenza di suoni così come la scritta è una sequenza di segni - In questo periodo il bambino ricerca soluzioni diverse per problemi che gli si presentano (parole monosillabe e bisillabe -> considerando che la parola deve avere un minimo di caratteri per il bambino, in questo tipo di parole spesso c’è una sovrabbondanza di lettere) Livello sillabico-alfabetico (ibrida): - Il bambino si confronta costantemente con la “lettura adulta” e ciò provoca conflitti con il suo pensiero. - Abbandona via via l’ipotesi sillabica, aggiungendo altre lettere e cercando soluzioni che lo soddisfino di più. - Si aggiungono lettere Livello alfabetico: - Il bambino raggiunge la consapevolezza che ad ogni suono corrisponde un segno. - Non importa quali segni utilizza, è giunto alla fine di un grande percorso di elaborazione e scoperta delle regole della lingua scritta. - A questo punto rimane solo da imparare la “convenzione di scrittura” ossia la corrispondenza fra quel determinato suono e quel determinato segno Conseguenze pedagogiche: No ai metodi “uguali per tutti” senza tener conto del livello di concettualizzazione del bambino. No agli esercizi di paginette di lettere e parole senza senso per il bambino -> no ad esercizi per “sciogliere la mano” Si ad attività che spingano il bambino a confrontarsi con altri tipi di scritture (magari analizzando le stesse scritture spontanee) Importanza data ad un uso della lingua scritta che sia motivante e dotato di senso (non semplicemente l’apprendimento di una tecnica) -> importanza di scrivere per un fine e non per riempire semplicemente la pagina TECNOLOGIE E SCUOLA: QUALE RAPPORTO? Perché le tecnologie a scuola L’uomo e la tecnologia: La tecnologia cambia la vita degli individui -> tecnologia come amplificatore culturale Vygotski: Gli esseri umani vivono in un ambiente che

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