Riassunto Progettare per Udc 2 PDF
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Università degli Studi di Firenze
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This document is a summary about designing for units of competence in experimental pedagogy at the University of Florence. It discusses the methodological approach to analyzing the national guidelines. It also examines the historical and cultural context surrounding the development of these guidelines, highlighting the relationship between culture, school, and the individual.
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progettare per unità di competenza Pedagogia Sperimentale Università degli Studi di Firenze 39 pag. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) PEDA SPERIMENTALE-"PROGETTAR...
progettare per unità di competenza Pedagogia Sperimentale Università degli Studi di Firenze 39 pag. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) PEDA SPERIMENTALE-"PROGETTARE PER UNITA' DI COMPETENZA" Dalle indicazioni nazionali alla didattica nella scuola primaria (Prima Parte) 1. Premessa metodologica Le Indicazioni nazionali sono un testo di natura normativa, pedagogica e didattica e sostituiscono i Programmi didattici per la scuola primaria e gli Orientamenti per le attività educative della scuola dell’infanzia susseguitosi fino al 900. La normativa scolastica prevede al suo interno degli atti, dei documenti, di natura orientativa che indicano, propongono, raccomandano, un possibile ventaglio di comportamenti ai soggetti cui si rivolgono. Il carattere orientativo delle Indicazioni ha ragioni di natura politica e pedagogica: Dal punto di vista politico: l’istruzione scolastica è un fenomeno sociale complesso, che nel proprio interno prevede l’interazione di diritti e doveri appartenenti a più soggetti ( diritto all’istruzione e all’educazione da parte degli alunni, il diritto alla libertà di insegnamento dei docenti, il diritto/dovere delle famiglie all’istruzione dei propri figli). Dal punto di vista pedagogico-didattico : l’istruzione scolastica presenta un’analoga complessità poiché ogni classe è un gruppo sociale unico e irripetibile, composto da singolarità individuali, ossia gli alunni, che sono persone, esseri umani, giovani Sapiens. Sebbene sia possibile individuare delle costanti nel comportamento umano, anche in età evolutiva, è difficile nell’ambito della didattica pensare a dei comportamenti normativi validi per tutti per legge. Spetta alla ricerca didattica individuare metodologie scientificamente valide, ma sarà necessario adattarle alla specifica situazione didattica. Il carattere orientativo delle Indicazioni, dovuto alle ragioni dette, richiede agli insegnanti un atteggiamento attivo, interpretativo e costruttivo: non dettando norme rigidamente prescrittive, le Indicazioni necessitano di un accurato lavoro di studio e di analisi per essere utilizzate come strumento di lavoro nella didattica in classe. È necessario perciò adottare delle chiavi di lettura sintetizzabili in: Prospettiva storico culturale: necessaria a cogliere le relazioni tra la cultura contemporanea e le scelte pedagogiche operate dagli estensori delle Indicazioni. Prospettiva pedagogica e filosofico-educativa: utile ad individuare il ruolo e la funzione della scuola, il rapporto tra formazione scolastica e ambiente sociale nel quale essa si realizza, il significato dell’educazione scolastica nella formazione individuale e sociale con attenzione alle relazioni tra docenti-alunni-genitori. Prospettiva didattica: finalizzata a cogliere gli orientamenti metodologici che dovrebbero informare le attività didattiche (dalla definizione degli obiettivi alla scelta dei contenuti e delle tecniche didattiche alla formazione delle pratiche di valutazione). Lo scopo di questo impianto metodologico è quello di facilitare una lettura di tipo metacognitivo, costruttivo, critico: -metacognitivo perché si tratta di leggere il testo con chiavi e strategie di lettura in grado di rivelare l’organizzazione semantica e i rapporti esistenti tra concetti fondamentali espliciti e impliciti, in modo da facilitarne l'apprendimento; -costruttivo perché affinché la comprensione sia duratura e dinamica è necessario collegare il testo con conoscenze e concetti extra e inter testuali , in modo da evidenziare le connessioni con la produzione pedagogica e didattica contemporanea, con la realtà scolastica e con le preconoscenze del lettore; -critico per evitare una memorizzazione e consentire la trasformazione delle Indicazioni in uno strumento didattico utile a interpretare la realtà scolastica e applicabile in modo consapevole per l’organizzazione dei contesti educativi. Risulta fondamentale (per identificare non solo le info esplicite ma anche gli assunti implici del testo, supposti o dati per scontato) l’analisi delle contingenze culturali, economiche, politiche che hanno influenzato la stesura delle Indicazioni, riflettendo sulle connessioni delle informazioni e dei contesti del testo con il panorama culturale generale all’interno del quale sono state elaborate. È necessario comprendere come elementi del sapere (afferenti all’ambito delle scienze dell’educazione) possano trasformarsi in strumenti di lavoro per insegnanti (didattica in classe) e se tale processo sia favorevole all’individuo e alla comunità. Tenteremo perciò una lettura delle Indicazioni attraverso gli occhiali della Didattica Generale: disciplina che si occupa in termini storici, critici e metodologici dell'analisi dei contesti educativi con attenzione ad elementi quali progettazione, valutazione, organizzazione degli spazi e tempi... Tre sono i principali dispositivi metodologici che verranno utilizzati per l'analisi del testo: Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) Metacognizione: concetto nato nella ricerca sullo sviluppo delle strategie di memoria e divenuto centrale nella psicologia dello sviluppo cognitivo e dell'istruzione, in essa si cerca di distinguere la conoscenza che l'individuo ha dei propri processi cognitivi (conoscenza metacognitiva) dal controllo esecutivo con cui si progetta e valuta un'attività cognitiva. Costruttivismo: secondo questa corrente, il sapere non esiste indipendentemente dal soggetto che conosce ed imparare non significa apprendere la vera natura delle cose, si tratta piuttosto di operare una costruzione di significato delle cose. Critica: l'obiettivo, ci dice Foucault, non è sapere quel che è vero o falso, reale o illusorio, scientifico o ideologico, ma di sapere quali sono i legami/connessioni tra meccanismi di coercizione ed elementi di conoscenza (ossia ciò che consente ad uno specifico elementi di conoscenza di avere effetti abbinati a un elemento vero, probabile, incerto o falso). L'analisi della struttura del testo delle Indicazioni è importante per comprendere i presupposti pedagogici di fondo e le implicazioni didattiche: l'ordine degli argomenti proposti rivela la logica argomentativa del testo, evidenzia i concetti centrali vs periferici, introduce alle parole chiave del discorso... Perciò è fondamentale soffermarci sull'indice, per poi accedere alla struttura profonda del testo (ecco una prima strategia metacognitiva-non ci interessa memorizzare l'indice bensì farsi una idea generale della successione degli argomenti per organizzare in anticipo l'analisi). Le indicazioni sono organizzate in due sezioni: una prima parte, nella quale vengono presentati i riferimenti sociali, culturali, pedagogici, didattici di fondo, introducendo il lettore a un uso del lessico specialistico, e una seconda sezione, distinta per ordine di scuola (infanzia, primaria, secondaria di primo grado) nella quale vengono indicati in modo dettagliato i Traguardi formativi per lo sviluppo delle competenze, gli Obiettivi di apprendimento e, a grandi linee, le indicazioni metodologiche necessarie a raggiungerli. Vediamo, adesso, l'indice delle Indicazioni e la sua struttura semantica: La successione degli argomenti lascia intravedere una logica argomentativa deduttiva; a partire dall’analisi della situazione socioculturale contemporanea si passa alla definizione del ruolo e delle finalità della scuola e all’organizzazione del curricolo. Dall’indice alla struttura semantica delle indicazioni: 1. Lo scenario sociale contemporaneo, l’uomo nella dialettica tra emergenze globali ed esigenze locali, le nuove tecnologie, la società della conoscenza, le emergenze educative; 2. Il ruolo e le finalità generali della scuola nella società contemporanea, formare cittadini (solidarietà e partecipazione) competenti (istruzione e professionalità) in una dimensione sovranazionale (europea e planetaria); 3. Le strategie didattiche in grado di rispondere alle nuove esigenze educative, l’organizzazione del curricolo (spazi, tempi, relazioni, attività); Il testo è articolato in brevi sintesi dense di concetti e informazioni afferenti ai diversi ambiti delle scienze Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) della formazione, dalla sociologia dell’educazione alla psicologia dell’educazione, dalla pedagogia generale alla didattica generale, dalla politica della formazione all’epistemologia disciplinare. Limite delle Indicazioni, sintesi forzata al limite della semplificazione, la volontà di elaborare un unico documento valido per tutti gli ordini di scuola, ha costretto il legislatore ad una sintesi estrema. 2. Cultura, scuola, persona: dalla scuola classista alla scuola democratica 2.1 La formazione scolastica nei regimi totalitari Prima domanda posta dalle Indicazioni: che rapporto esiste tra cultura, scuola, persona? Possiamo pensare alla cultura come qualcosa che si elabora nel tempo e nello spazio al di fuori della scuola, e quest’ultima può essere intesa come una spazio specifico, isolato dal contesto che lo circonda, destinato a trasmettere la cultura agli alunni, ultimo anello del processo formativo: questa visione è stata predominante in tutta la prima parte della scuola italiana, nel periodo che va dalla sua istituzione, 1859 (Legge Casati) fino alla fine della dittatura fascista. Una visione autoritaria e paternalistica dell’istruzione scolastica che ha caratterizzato il periodo liberale e fascista che ha fatto sentire il suo influsso fino alla prima metà degli anni 70 del 900. La scuola italiana nasce come scuola europea, poiché i modelli ai quali si rivolge per organizzarsi sono di natura continentale: le efficienti scuole prussiane, tra le prime in Europa a essere obbligatorie e statali, ritenute la spina dorsale dell’ascesa tedesca a potenza europea, le scuole austro-ungariche, presenti in Italia nel Lombardo-Veneto e rinomate per la qualità didattica, il modello scolastico francese, lasciato in eredità dall’esperienza rivoluzionaria e dalla successiva occupazione napoleonica. Le prime scuole nazionali europee ben rappresentano il contraddittorio spirito rivoluzionario borghese che attraversa l’Europa dal 1848 al 1914, ampiamente descritto da Hobsbawm. Nel processo di formazione degli stati nazionali , avvenuta al termine della Guerra dei Trent’anni (1618- 1648), la scuola statale assume un’importanza decisiva; l’istruzione di base viene sottratta dal predominio religioso, annessa al sistema amministrativo statale burocratico e organizzata in modo centralizzato e capillare. Questo centralismo burocratico è la caratteristica più evidente comune alle scuole europee continentali moderne, che verrà assorbita anche da quelle del Regno d’Italia e che sopravvive in parte oggi. Quando il sistema produttivo industriale e agricolo rinuncia al lavoro minorile si creano le condizioni per il decollo dell’istruzione di massa che, nei Paesi mediterranei, si completerà solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La cultura liberale e borghese ottocentesca mantiene un atteggiamento ambivalente nei confronti dell’istruzione di base e di quella superiore: Da un lato sa che il successo economico è una variabile dipendente dalla cultura mercantile, finanziaria, geografica, tecnica; Dall’altro è consapevole che un popolo istruito e colto è sempre meno incline ad accettare ingiustizie e disuguaglianze. Emerge perciò un'altra costante dell’organizzazione pedagogica e didattica dei sistemi formativi: il rapporto tra istruzione ed educazione, interpretato in maniera diversa dai regimi politici liberali e autoritari e dagli stati democratici. In questo paragrafo vediamo i primi: Essi riconoscono l’importanza dell’istruzione per il successo economico, politico e militare dello stato ma si teme il rischio di un’educazione all’emancipazione, al pensiero critico, all’autonomia di giudizio che l’istruzione scolastica può generare. Il risultato è un sistema formativo classista e selettivo, finalizzato a distribuire solo qualche minima conoscenza di base alla maggior parte della popolazione, eliminando precocemente gli alunni in difficoltà (classi povere), e le femmine. L’istruzione completa è riservata alla formazione di pochi privilegiati, appartenenti alla classe sociale dominante e destinati a governare lo stato, dirigere le industrie e i commerci. La scuola statale cerca di limitare gli effetti emancipativi dell’istruzione attraverso il fronte dei contenuti e dei metodi di insegnamento : tutto ciò che si insegna viene piegato agli interessi nazionali e a quelli delle classi dominanti. Nei testi scolastici del periodo liberale e fascista emerge una costante esaltazione della casa reale, degli eroi nazionali, del maschilismo, del duce e delle gerarchie fasciste, della donna come angelo del focolare domestico, degli stereotipi borghesi, il risparmio, la prudenza, l’igiene. I contenuti dell’insegnamento vengono utilizzati in senso moralistico, per indurre atteggiamenti e comportamenti essenziali per il mantenimento dell’ordine sociale esistente. Lo stesso per i metodi didattici, temibili per un sistema politico autoritario: un Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) alunno abituato ad apprendere attraverso un metodo cooperativo, attivo, ludico, basato sull’autonomia individuale e sul confronto collettivo, sarà poco disponibile da adulto a interpretare il ruolo di cittadino suddito. I metodi d’insegnamento, sebbene influenzati dalle coeve espressioni europee del positivismo pedagogico, sono ridotti a sterili esercitazioni ripetitive, slegate dall’ambiente di vita dei bambini e dalle loro esigenze. Il fascismo con la riforma del 1923 (Gentile) ha esacerbato i limiti della scuola liberale, imponendo un libro di testo unico per tutte le scuole, riaffermando il primato della cultura umanistica su quella scientifica, escludendo pedagogia, psicologia e didattica dalla formazione di maestri/professori, imponendo l’obbligo di iscrizione al partito nazionale fascista a tutti i docenti, accerchiando la scuola con una moltitudine di associazioni giovanili fasciste e soprattutto, attraverso il Concordato, reintroducendo la religione cattolica come coronamento dell’istruzione pubblica. Queste scelte, finalizzate a contenere la spesa pubblica per l’istruzione, lasciando le masse di contadini e operai nella completa ignoranza, impedendo l’emancipazione dallo stato di semi schiavitù nel quale le donne italiane vivevano da secoli, ebbero una influenza lunga sul funzionamento del sistema scolastico italiano, fino al 70. Nello scenario liberale e fascista la cultura intesa come sistema di credenze necessarie a governare il popolo, la scuola intesa come strumento per trasferire la cultura alle nuove generazioni, la persona considerata come un oggetto da plasmare in base alle esigenze del regime politico di turno, formano un meccanismo facile da governare attraverso la burocrazia scolastica. 2.2 Cultura, scuola, persona nello scenario democratico Le due guerre mondiali hanno devastato l'Europa più di quanto si potesse immaginare nel 1945. A distanza di 70 anni, il ruolo secondario, regionale, marginale, nella politica internazionale planetaria che occupa l’Europa contemporanea, è senza dubbio il frutto più amaro dei due conflitti mondiali. L'Italia pagherà un prezzo altissimo per le sue folli scelte politiche, con ingenti debiti di guerra verso molte nazioni del mondo (Libia, Etiopia, Albania, Grecia....). Come reazione alla disastrosa esperienza dei regimi totalitari (che continuerà in Spagna, Grecia, Unione Sovietica ben oltre la fine della 2 guerra mondiale), nell’Europa post bellica inizia un percorso di ripensamento del ruolo dell’educazione e dei diritti dei bambini che troviamo presente anche nella Costituzione italiana. Vediamo i secondi: nello scenario democratico il ruolo della cultura, della scuola e del soggetto, compreso quello in formazione, muta radicalmente. I tre termini non sono più separabili nettamente, la cultura non è qualcosa che esiste solo all’esterno della scuola, e la scuola non rappresenta un’istituzione separata dall’ambiente sociale, la persona non è un anello terminale di una catena gerarchicamente ordinata: La cultura in uno stato sinceramente democratico, è nella scuola, è la SCUOLA. Entra nella scuola in tutte le sue forme per essere conosciuta e valutata dagli alunni, è nella scuola perché la cultura, del futuro, viene costruita a scuola. In questa prospettiva la cultura non è più intesa come un insieme statico di conoscenze e di comportamenti da inculcare ma come uno strumento dinamico in grado di realizzare pienamente le potenzialità cognitive ed emotive e di incoraggiare la partecipazione al funzionamento del sistema politico democratico. Lo stato democratico è fondato sulla cultura non in senso nozionistico, ma educativo: la cultura come strumento in grado di facilitare la comprensione del mondo, dei conflitti umani, in grado di far progredire l’intera società umana. Questa concezione della cultura che influenza la Costituzione italiana e tutta la legislazione scolastica post bellica fino a lambire le Indicazioni, è formulata chiaramente da Antonio Gramsci: bisogna smettere di concepire la cultura come un recipiente da stivare di dati empirici. Questa è pedanteria, non è intelligenza, ma intelletto. La cultura è organizzazione, disciplina del proprio io interiore, è presa di possesso della propria personalità, è conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria unzione nella vita, i propri diritti e i propri doveri. Tutto ciò non può avvenire per evoluzione spontanea, per azioni e reazioni indipendenti dalla propria volontà. L’uomo è soprattutto spirito, creazione storica e non natura. La scuola assume all’interno di uno stato democratico una centralità e un ruolo fondamentali: non più istituzione per conformare gli individui in sudditi, bensì per formare cittadini liberi, consapevoli e responsabili. Se l’uomo non apprende naturalmente la coscienza e la consapevolezza del proprio ruolo sociale, se non sviluppa spontaneamente tutte le proprie potenzialità, spetta all’educazione scolastica favorire il processo di formazione culturale di ogni individuo. La scuola democratica emancipa mentre educa e istruisce, combatte le diseguaglianze che generano privilegi e si rivolge a Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) tutti senza distinzione. Nella scuola democratica tutti hanno diritto al successo formativo e la scuola rappresenta una piccola comunità democratica, con i suoi organi di governo, organi collegiali che la liberano dalla burocrazia ministeriale. I contenuti dell’insegnamento sono assunti dagli esiti di ricerca scientifica in tutti i campi disciplinari , si insegna ciò che è vero, provato dalla ricerca scientifica (e non ciò che conviene a quel regime politico). Per il metodo, non può essere imposto dall’alto ma deve nascere dalla ricerca scolastica che riconosce dall’alunno, libero, autonomo, solidale, il centro del proprio interesse. Metodo e didattica che incoraggiano la cooperazione, la solidarietà, l’autonomia. In uno stato democratico la scuola è un’agenzia di verità, luogo dove non si insegnano opinioni ideologiche, ma dove si ricerca la verità su base scientifica, dove si studiano nozioni, contenuti, conoscenze non in senso moralistico, per imporre modelli, ma per favorire atteggiamenti, competenze in grado di consentire al singolo di orientarsi in modo autonomo nell’universo della conoscenza. Tutto ciò non implica la rinuncia all’educazione morale, l’alunno che impara a ragionare su dati veri, attraverso metodologie didattiche razionali e partecipative, basate sulla ricerca e il confronto, sulla condivisione delle regole, e sulla successione ordinata nel tempo dei contenuti da apprendere, ha molte probabilità di sviluppare competenze non solo spendibili nel mercato del lavoro, in quanto efficaci nella soluzione di problemi professionali concreti, ma anche in atteggiamenti orientati alla giustizia sociale, solidarietà, soluzione non violenta dei conflitti. Autonomia, verità, giustizia, ingredienti principali di una scuola intesa come comunità democratica in grado di formare individui autonomi. Educazione e istruzione, non sono intese un mio ambiguo o contraddittorio come nei regimi autoritari. La democrazia non ha paura dell’educazione, intesa come formazione di atteggiamenti e comportamenti razionali e giusti, né dell’istruzione, intesa come apprendimento di conoscenze vere e sviluppo di competenze autentiche, ma ne ha bisogno per crescere, perfezionarsi, diffondersi perché uno stato democratico è uno stato in continua formazione attraverso l’educazione democratica due cittadini. Resta valida la tesi di Dewey, sul rapporto tra educazione e democrazia esposto nel suo testo Democrazia e educazione: poiché una società democratica ripudia il principio dell’autorità esterna, deve trovarle un surrogato nelle disposizioni e nell’interesse volontari, che possono essere creati solo dall’educazione. Una democrazia è più di una forma di governo, è un tipo di vita associata, esperienza continuamente comunicata, e questo equivale all’abbattimento delle barriere di classe, razza che impedivano agli uomini di cogliere il pieno significato delle loro attività. 2.3 Il ruolo della scuola nella Costituzione italiana Il modello di scuola democratica viene ripreso dalle Indicazioni nazionali a partire dalla Costituzione italiana, il suo riferimento è infatti una costante dei Programmi e degli Orientamenti dal 1948 in poi. La consapevolezza del disastro bellico e la volontà di evitare un possibile ritorno della barbarie spinge i costituenti, eletti democraticamente nel 1946 con il primo suffragio universale della storia italiana, a dedicare molto spazio all’istruzione e alla cultura in tutto il testo della Carta, sia in modo esplicito, attraverso articoli specifici, sia in modo implicito, lasciando intendere che in molti altri articoli della costituzione l’istruzione è fondamentale. Per capire è necessario fare un'analisi sugli articoli che hanno un riferimento alla scuola e all'istruzione: Art. 3 Il più intenso dal punto di vista pedagogico nonostante non vi sia mai citata l’istruzione e la scuola. Leggendolo con gli occhi degli insegnanti, cogliamo l’invito a considerare tutti gli alunni uguali in termini di diritto all’accesso all’istruzione e al successo formativo, perché gli alunni sono già cittadini fin dalla nascita e dunque ognuno di loro ha pari dignità senza distinzione. Emerge il ruolo sociale della scuola, quello di rimuovere gli ostacoli alla realizzazione della personalità e alla partecipazione di ogni cittadino all’organizzazione politica, sociale ed economica del Paese. Questioni non solo filosofico-educative ma anche pedagogico-didattiche perché questo articolo è applicabile solo attraverso una didattica personalizzata, in grado di esaltare e incoraggiare le inclinazioni, i talenti, i desideri personali, e individualizzata, in grado di garantire a tutti il raggiungimento delle competenze di base necessarie a condurre un’esistenza dignitosa e a partecipare attivamente alla costruzione del contesto sociale in cui tale esistenza si dipana. Le Indicazioni nazionali citano esplicitamente la didattica personalizzata e individualizzata, e la progettazione per unità di competenze può rappresentare un valido aiuto per realizzarla nella realtà scolastica. Art. 4 Istruzione, educazione e lavoro sono tre dimensioni della vita umana strettamente collegate. Nel Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) mondo antico (e in quello moderno) ogni individuo ereditava la professione dei genitori. Erano i tempi delle società statiche, suddivise in classi sociali, caratterizzate dalla mancanza di mobilità sociale e in cui il destino individuale era già segnato fin dalla nascita. La scuola obbligatoria e gratuita consente a tutti di accedere all’istruzione di base e getta le basi per la scelta di proseguire gli studi fino all’Università e accedere a un ventaglio multiplo di professioni. Il diritto al lavoro è connesso al diritto all’istruzione, questo è il significato pedagogico implicito. Le professioni sono tutte dignitose. L’importante è che la professione intrapresa sia il frutto di una scelta consapevole e autonoma e allora ecco il ruolo della scuola, in grado di consentire lo sviluppo di competenze e l’apprendimento di conoscenze necessarie e sufficienti a poter scegliere la propria professione, a decidere autonomamente se e come continuare gli studi. Emerge la questione della didattica, perché scegliere consapevolmente gli studi superiori e il tipo di professione indica un processo di formazione caratterizzato da una didattica in grado di sviluppare talenti personali, e soprattutto la consapevolezza di tali talenti. Formare abitudini mentali necessarie alla conoscenza critica di sé stessi, per evitare condizionamenti culturali attraverso una didattica che liberi tutto il potenziale cognitivo e relazionale di ogni alunno. Art. 9 La Costituzione entra in modo più esplicito nell’ambito dell’educazione anche se non in modo diretto. L’Italia ha una storia culturale intensa, che ha influenzato in varia misura quella europea nell’antichità: pensiamo al primato secolare della lingua latina nel medioevo, agli albori della modernità con le città italiane del Rinascimento (paragonabili alle metropoli moderne), eccellenze in moltissimi campi, da quello pedagogico-didattico (Montessori), a quello scientifico (Premi Nobel in fisica, medicina...). Il problema pedagogico e politico che l’articolo cerca di affrontare risiede nel fatto che tali eccellenze non sono diventate un patrimonio comune, condiviso di tutto il Paese che, a fronte di ingegni personali di successo, ha sconfitto l’analfabetismo solo nella seconda metà del Novecento e ancora oggi è in basso a livello europeo in quanto a numeri di diplomati di scuola secondaria e laureati. Nella diffusione della cultura e della ricerca scientifica e tecnica la scuola gioca un ruolo essenziale e se la cultura non è diffusa in egual misura tra tutto il popolo qualcosa è andato storto dal punto di vista pedagogico didattico. Il problema è anche politico, e riguarda la gestione politica dell’istruzione, i finanziamenti, la formazione del personale docente; la cultura e la ricerca si trasmettono e si diffondono in determinate condizioni, all’interno delle quali la scuola può giocare un ruolo fondamentale, mettendo gli alunni a contatto con la tradizione culturale e nel contempo avviarli alle sfide culturali del futuro. Spetta principalmente agli organi politici, Governo e Parlamento, garantire le condizioni strutturali necessarie al funzionamento della scuola. Le implicazioni didattiche e pedagogiche di questo articolo che si ritrovano nelle Indicazioni sono la pari dignità di tutte le discipline (cultura umanistica e scientifica si compenetrano) e la tutela del paesaggio naturalistico, storico e artistico del Paese; come suggerisce l’espressione patrimonio, il paesaggio italiano che è una realtà deteriorabile, per cui il ruolo della scuola qui è duplice: diffondere la conoscenza di tale patrimonio, con visite d’istruzione nei tanti ambienti naturali e nelle città, ed educare al rispetto dei beni ambientali e artistici, attraverso una riflessione continua sui comportamenti individuali nei confronti dei beni pubblici (prendendo di riferimento i frequenti episodi di disastri ecologici). Le Indicazioni nazionali insistono molto sui temi pedagogici e didattici presupposti dall’art 9 tanto nella parte generale, quando propongono l’idea di un nuovo Umanesimo, che nelle parti disciplinari, con attenzione all’insegnamento delle Scienze e della Storia come strumenti utili a favorire la diffusione di una cultura basata sul rispetto del patrimonio culturale, artistico, naturalistico italiano. Art. 11 Questo articolo, evidentemente scritto all'indomani della fine della 2 guerra mondiale e lasciando a parte i retorici appelli all'educazione alla pace, sottolinea l'importanza di riconoscere nella guerra un oggetto fondamentale dell’insegnamento scolastico, a partire dalla scuola primaria. É importante che gli alunni conoscano le cause reali e gli effetti devastanti dei conflitti bellici, le sofferenze che provocano, per cui l’educazione alla pace passa attraverso la conoscenza degli orrori bellici del passato e del presente. È fondamentale favorire un approccio razionale al tema della guerra rivelandone cause economiche e politiche nascoste dietro false notizie, il ruolo della diplomazia. Abbiamo poi il discorso sull’educazione alla cittadinanza attiva, consapevole e Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) responsabile, che occupa un posto rilevante nel discorso pedagogico e didattico delle Indicazioni, quando si invitano i docenti alla formazione di un cittadino planetario, in grado di riconoscere le connessioni tra le varie culture, superando un’impostazione pedagogica eurocentrica che ha caratterizzato la formazione istituzionale occidentale. E infine l’ambito della didattica in classe inerente la gestione dei conflitti interni al gruppo classe. La grandezza dell’educazione risiede proprio nelle piccole cose, negli avvenimenti quotidiani, nell’esperienza diretta, l’unica in grado di favorire atteggiamenti e comportamenti duraturi nel tempo. Art. 21 Anche dove esiste una piena libertà di parola è necessario saper parlare, leggere e scrivere per poter esercitare fino in fondo tale diritto. Non c’è vera democrazia senza competenze linguistiche, perché la verità, la razionalità, la giustizia, richiedono l’uso della lingua, altrimenti domina l’inganno, la truffa, a danno del più debole. Non serve a nulla vivere in uno stato dove regna la libertà di parole se non si è in grado di formulare correttamente un messaggio scritto o orale, è la negazione stessa ed ipocrita di quel diritto. L’importanza dell’educazione linguistica che le Indicazioni ribadiscono in più punti deve essere responsabilità di tutti i docenti (non solo quelli di lingua italiana): i docenti sono tutti egualmente responsabili nel favorire o meno lo sviluppo delle competenze di base, trasversali a tutte le discipline. È soprattutto la conversazione, libera, guidata, sistematica, l’esperienza didattica più efficace nella formazione linguistica degli alunni, perché è in grado di collegare l’aspetto razionale della comunicazione orale, una successione di argomenti comprensibile da tutti, a quello etico, il diritto di tutti ad intervenire. Art. 30 Stabilisce la corresponsabilità tra scuola e famiglia nell’istruzione e nell’educazione dei bambini, laddove si parla di diritto-dovere da parte dei genitori si intuisce che da una parte essi hanno il dovere di consentire ai loro figli di frequentare la scuola ma dall’altro hanno il diritto ad avere un sistema formativo in grado di soddisfare le loro esigenze formative. Rilevante anche l’impegno dello stato a sostituirsi ai genitori in caso di una loro incapacità, poiché riconosce il diritto del bambino all’istruzione, a prescindere dalle condizioni sociali, famigliari, economiche. Questo articolo riconosce la centralità dell’educazione e dell’istruzione all’interno di uno stato democratico, e sottolinea indirettamente la necessità di condividere i compiti educativi con la famiglia. Art. 33 Articolo fondamentale per la formazione del sistema scolastico, soprattutto dopo l’esperienza fascista che aveva organizzato in modo autoritario la vita scolastica. I costituenti dispongono la libertà di insegnamento collegandola alla libertà della scienza e dell’arte. Ma in che senso libertà di insegnamento? Libertà di scienza e arte? Certamente nessuno può inventare una teoria o uno strumento e sostenere che siano veri e che funzionino, poiché è il metodo scientifico, l'evidenza sperimentale, la comunità scientifica, che decretano la scientificità di una teoria. Libertà d’arte significa che tutti sono liberi di esprimersi attraverso qualsiasi forma artistica, che non esiste un’arte di stato o obbligatoria, perché l’arte, in quanto tale, è libertà di espressione, e spetta alla comunità di degli artisti decretare il successo di un’opera d’arte. Anche l’insegnamento, che è pratica scientifica e artigianale artistica, sistematica, razionale, basata sull’evidenza sperimentale e allo stesso tempo unica, legata alla peculiarità, culturali, cognitive due docenti e degli alunni, è libero. Quindi libertà nel senso che: ogni docente può utilizzare le metodologie didattiche che sono riconosciute efficaci dalla comunità dei ricercatori, dalla ricerca didattica, e allo stesso tempo, considerando l’unicità di ogni situazione didattica è libero di adattarle alle variabili contestuali contingenti. Ma la libertà d’insegnamento non riguarda tanto gli insegnanti, quanto gli alunni, i quali hanno diritto di apprendere, all’interno di un contesto sereno e improntato alla convivenza civile. L’insegnante non è un professionista solitario che opera scelte metodologiche individuali che poi applica in solitudine: spetta alla comunità scolastica, attraverso la discussione interna ai vari organi collegiali, dal consiglio di classe a quello di istituto, decidere le scelte di fondo, comprese quelle didattiche sulle quali organizzare l’azione educativa della scuola. In relazione a questo articolo possiamo cogliere il significato generale delle Indicazioni nazionali, esse da un lato prescrivono, indicano i traguardi obbligatori, le competenze che tutti gli alunni devono raggiungere al termine della scuola, specificando i contenuti, le conoscenze, che devono essere Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) insegnate durante l’intero primo ciclo di istruzione. Dall’altro suggeriscono un ventaglio di possibilità metodologiche e organizzative che gli insegnanti possono adottare in modo elastico. In questo modo, le Indicazioni rispettano il dettato costituzionale, poiché garantiscono la libertà di insegnamento, limitandosi a indicare alcune strategie didattiche possibili, e nel contempo vincolano le scelte didattiche al raggiungimento obbligatorio di alcuni traguardi fondamentali che tutti gli alunni devono raggiungere. Art. 34 La scuola è aperta a tutti, semplice affermazione che rende comprensibile il significato del Art. 38 concetto di scuola democratica, accogliente, inclusiva. La scuola democratica è aperta all’ambiente che la circonda, non vuole essere ostile agli alunni che accoglie ma si propone di aiutarli senza distinzione. La scuola è al servizio degli alunni e delle loro famiglie perché risponde ai diritti doveri all’educazione e all’istruzione. Un simile progetto può essere raggiunto da una scuola gratuita oltre che obbligatoria. L’espressione anche se privi di mezzi, rivela la volontà di incoraggiare tutti gli studenti alla prosecuzione degli studi. Il riferimento al diritto all’educazione di inabili, si tratta del processo di inserimento, educazione e inclusione degli alunni disabili nella scuola insieme a tutti gli altri, con insegnanti specializzati e con dei piani educativi personalizzati concordati da un’equipe medico-psicopedagogica in collaborazione con la famiglia. 2.4 Dopo la Costituzione, lo sviluppo del sistema scolastico italiano La scuola democratica prevista dalla Costituzione si diffonde con difficoltà, a causa della mancanza di strutture idonee, di personale adeguato e per la resistenza opposta dai residui di una cultura conservatrice e reazionaria ancora non scomparsa dopo la caduta del fascismo, per poi prendere avvio negli anni Sessanta. L’analfabetismo è sconfitto e l’obbligo dell’istruzione è universale. Al contempo l’Italia si avvia a diventare il settimo paese industrializzato del mondo, abbandonando quel sistema di vita agricolo da sempre. Il sistema formativo nato all’interno dello scenario democratico è diverso dal precedente perché risente della spinta politica popolare verso la democrazia e l’uguaglianza che caratterizza i primi 30anni del Dopoguerra. Nel 1955: vengono promulgati i programmi per la scuola elementare destinati a restare in vigore fino al 1985. Si tratta di un testo che esprime la cultura pedagogica di stampo cattolico, tipica della cultura politica centrista dominante negli anni Cinquanta, che riassegna ruolo centrale alla religione cattolica nel curricolo scolastico e ripropone un’idea di bambino astratta e stereotipata. I Programmi del 1955 aprono la strada a un primo rinnovamento della didattica scolastica italiana, con riferimenti all’attivismo pedagogico. Nel 1962: viene istituita la scuola media nazionale unica e gratuita per tutti, necessaria per assicurare il completamento dell’obbligo scolastico prescritto dalla Costituzione. Nel 1968: viene istituita la scuola materna statale, anch’essa gratuita, per rispondere alle richieste di educazione infantile emerse con la diffusione del lavoro femminile. Nel 1974: ci furono i Decreti Delegati che di fatto riformano la scuola trasformandola definitivamente in una scuola democratica moderna. I Decreti Delegati occupano una posizione fondamentale per comprendere pregi e limiti del sistema formativo contemporaneo. Scardinano l’organizzazione verticistica e autoritaria dell’organizzazione della formazione istituzionale, introducono la pratica della collegialità dei livelli decisionali: dal Consiglio nazionale superiore per la pubblica istruzione, al Consiglio di classe; riformulano il rapporto tra personale scolastico, assegnando agli ispettori un ruolo pedagogico e didattico meno burocratico, di coordinamento tra centro e periferia, tra ministero e singole scuole e trasformando i direttori didattici e i presidi in leader impegnati nel funzionamento collegiale delle istituzioni. Inoltre i Decreti Delegati prescrivono la programmazione educativa e didattica e la valutazione formativa e collegiale per tutti gli ordini di scuola e introducono la pratica della sperimentazione e della ricerca educativa e didattica, istituendo il IRRSAE (Istituti regionali per la ricerca e la sperimentazione educativa) a supporto dei progetti locali e nazionali di ricerca. La scuola italiana si aggiorna e contribuisce alla formazione del nuovo scenario sociale che la circonda, scenario non più classista statico e autoritario, che ha dominato fino al 1945, ma adesso l’Italia è una nazione moderna, democratica, alfabetizzata e industrializzata, caratterizzata da un dinamismo sociale interno senza precedenti che ha visto masse di popolazione agricola elevarsi a un tenore di vita più elevato grazie al lavoro salariato. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) 2.5 I riferimenti pedagogici e didattici della scuola democratica Rimanendo forte il peso della tradizione didattica moralistica, pedante, basata sulla memorizzazione e sulle esercitazioni continue, il panorama pedagogico e didattico italiano dopo il 1945 viene immesso a contatto con gli sviluppi della pedagogia statunitense, ignorati in Italia per volontà del regime fascista. Il dibattito italiano pedagogico viene influenzato dai canoni didattici di matrice comportamentista (Skinner e l’istruzione programmata), dalla didattica attiva, diffusa dalla tradizione delle opere di Dewey, e dal cognitivismo didattico, ovvero le proposte didattiche del “primo Bruner”. Dal punto di vista didattico la scuola italiana fin dalla prima metà degli anni Settanta aderisce alla teoria e alla pratica della programmazione didattica e della valutazione formativa. Le troviamo citate nei Decreti Delegati del 1974 e le ritroveremo nei documenti programmatici successivi. Si sente l’influsso della cultura industriale dell’epoca, intrisa di un razionalismo tecnico rivolto al miglioramento dei ritmi e della qualità del lavoro. Nella scuola, la programmazione didattica serve per adeguare le richieste e le proposte dei Programmi nazionali alle esigenze locali e individuali, la valutazione, oltre a rilevare la qualità e la quantità degli apprendimenti maturati dal soggetto, è uno strumento in grado di regolare la proposta didattica in base alle risposte del gruppo classe. Lo scopo del governo dell’istruzione pubblica era quello di consentire a tutti i migliori risultati, e in questo scopo concordavano sia la tradizione pedagogica cattolica che quella socialista. Grazie al compromesso delle forze centriste e di sinistra si realizzarono alcune delle più importanti riforme programmatiche italiane: i Programmi per la scuola media del 1979, i Programmi per la scuola primaria del 1985, gli Orientamenti per le attività educative nella scuola dell’infanzia del 1991. Testi diversi dai precedenti: Mentre i Programmi dell’era liberale e fascista : erano infarciti di minuzie operative per i docenti, i contenuti dell’insegnamento venivano proposti con successioni rigide e arbitrarie, l’alunno aveva un ruolo passivo.... Nei nuovi testi programmativi : invece la programmazione e la valutazione occupano un posto centrale (nei Programmi per la scuola media inferiore del 1979 ad esempio ne vengono descritte le fasi, dalla definizione degli obiettivi alle modalità di valutazione), i contenuti dell’insegnamento non coincidono con una lista di informazioni da memorizzare ma con un insieme di argomenti fondamentali, linguaggi, strategie di ricerca che costruiscono la struttura delle singole discipline (Bruner e lo strutturalismo didattico). I Programmi del 1985 introducono il noto concetto di alfabetizzazione culturale, intesa come padronanza dei linguaggi simbolico-culturali necessaria ad interpretare la complessità sociale, economica, naturale che ci circonda. Gli alunni svolgono un ruolo attivo nel processo di apprendimento e insegnamento: il gioco, il laboratorio, l’osservazione, l’apprendimento attraverso l’esperienza sono dispositivi didattici consigliati ( Dewey e l’attivismo pedagogico). L’apoteosi di questo indirizzo pedagogico viene raggiunto dagli Orientamenti per le attività educative nella scuola dell’infanzia del 1991: un documento pedagogico e didattico chiaro e profondo, un riferimento ineludibile per comprendere la pedagogia e la didattica dell’infanzia contemporanee. La scuola dell’infanzia ha una propria specificità pedagogica, inerente i fini da raggiungere, didattica, ovvero metodologica, e organizzativa, circa la gestione quotidiana di tempi e spazi. Non sala di custodia o scuola preparatoria, ma scuola per la formazione dell’identità, dell’autonomia e delle competenze, attraverso una didattica diretta organizzata per campi di esperienza. L’insegnante svolge un ruolo di regista: allestisce, realizza, osserva e valuta esperienze educative nelle quali l’alunno ha la possibilità di esprimere le proprie competenze emergenti. Le Indicazioni attuali raccolgono parte dell’eredità didattica degli Orientamenti del 1991 senza riuscire a riprodurne l’ampio respiro culturale e pedagogico. 2.6. Verso le Indicazioni Nazionali: istituti comprensivi e autonomia scolastica A partire dal 1974, sull’onda delle innovazioni proposte dai Decreti Delegati, il sistema formativo italiano tende a riunificarsi, superando le rigide divisioni istituzionali, retaggio delle politiche formative ottocentesche. Il processo di riunificazione degli ordini di scuola si svolge attraverso due canali: Dal punto di vista pedagogico : Programmi, Orientamenti e altre disposizioni amministrative di carattere educativo emanate negli anni Ottanta del Novecento, insistono sulla continuità educativa, ovvero la necessità di evitare la dispersione scolastica che si verifica nei passaggi da un ordine di scuola all’altro. La continuità educativa sarà al centro del discorso pedagogico istituzionale e della Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) ricerca didattica per più di vent’anni e adesso è ancora dibattuto. Dal punto di vista amministrativo: la questione è stata risolta nel 1994 istituendo i primi Istituti comprensivi, formati da scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado e presieduti da un solo dirigente scolastico. Lo scopo del provvedimento fu di tipo economico, per abbattere i costi dell’istruzione pubblica, ma le conseguenze pedagogiche, didattiche e organizzative sono state significative, perché hanno riunito in un’unica istituzione ordini di scuola separati e hanno favorito l’inizio di un percorso di modernizzazione dell’istruzione italiana. Assieme al tema della continuità del percorso formativo, fondamentale nel testo delle Indicazioni, troviamo nella produzione programmatica della fine del Novecento, quello dell’inclusione, che possiamo far coincidere con l’integrazione dei bambini disabili. La scuola democratica degli anni Settanta si pone come scuola inclusiva per tutti, tramite la possibilità di variare la programmazione per soddisfare tutte le esigenze e di utilizzare la valutazione per adeguare la proposta didattica ai comportamenti didattici degli alunni. Su questa filosofia dell’educazione si innesta il discorso dell’integrazione che sfocia nel 1977 con l’abolizione delle classi differenziali e con la sostituzione della pagella in voti con la scheda di valutazione attraverso giudizi scritti. L’autonomia scolastica viene deliberata l’8 marzo 1999 ed entrerà in vigore dal primo settembre del nuovo secolo, aprendo la stagione delle Indicazioni. Il DPR n.275 sull’autonomia scolastica completa il percorso di sviluppo della scuola democratica di massa e nel contempo rappresenta il ponte verso un nuovo modello di scuola, tipico dello scenario sociale, politico, economico contemporaneo, cui si riferisce il testo delle Indicazioni nazionali 2012. L’autonomia scolastica segna il superamento definitivo del modello scolastico centralissimo continentale che aveva condizionato il sistema formativo italiano fin dalle sue origini. L’autonomia didattica organizzativa, di ricerca e amministrativa, consente alle singole scuole di elaborare proposte formative che, rispettando gli obiettivi nazionali obbligatori per tutti, offrono percorsi didattici alternativi e personalizzati. I rapporti tra la singola scuola e il ministero, tra l’apparato burocratico e l’offerta formativa, tra il personale amministrativo e quello docente, tra docenti e genitori, mutano profondamente e il modello di riferimento sembra essere quello della tradizione anglosassone o statunitense, diverso da quello continentale. Il rapporto con il territorio muta, l’offerta formativa istituzionale è una delle tante presenti nel territorio, è necessario costruire alleanze e sinergie lavorando a stretto contatto con amministratori comunali e con gli altri dirigenti scolastici. Le Indicazioni nazionali 2012 propongono un modello di scuola, di organizzazione didattica e pedagogica in relazione a questo nuovo quadro di riferimento, illustrando agli insegnanti quali sono le caratteristiche dello scenario sociale nel quale si colloca la scuola contemporanea. 3. Le proposte pedagogiche e didattiche delle Indicazioni nazionali 3.1 Verso un nuovo umanesimo La società italiana è mutata negli ultimi trent’anni, culturalmente, politicamente, economicamente. L’industrializzazione del paese ha iniziato a rallentare durante le prime crisi degli anni Settanta declinando con la stagione delle grandi privatizzazioni degli anni Ottanta e Novanta fino ad arrivare alla crisi del 2008. Oggi il primato occupazionale spetta all’area dei servizi (di cura, turistici, commerciali...). Il tasso di disoccupazione è molto alto soprattutto per i giovani dove il lavoro è spesso precario e sottopagato. Le Indicazioni parlano di uno scenario sociale contraddittorio che può avere effetti ambigui sugli individui, di disincanto di fronte ad una situazione oggettivamente complessa, di opportunità, poiché si annuncia un cambiamento nell’organizzazione della vita delle nuove generazioni. In primo luogo, viene sottolineato il policentrismo formativo come caratteristica saliente del panorama culturale contemporaneo; la scuola è uno dei tanti centri formativi che il soggetto incontra durante la sua vita quotidiana, il cui scopo principale non è più quello di fornire conoscenze esclusive e inalienabili ma quello di dare un quadro formativo di insieme alle stimolazioni ricevute. Anche il rapporto docente-alunni-genitori è mutato : il patto implicito presente negli scenari precedenti tra istituzioni, famiglie e alunni si è infranto, oggi le relazioni educative devono essere costruite faticosamente e mai date per scontate. Anche il rapporto con i contenuti culturali trasmessi a scuola e con le usanze culturali locali deve essere aggiornato alla luce di una situazione dove locale e globale si intersecano con esiti disastrosi. Infine abbiamo le nuove tecnologie con la diffusione di massa di prodotti elettronici che Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) ridefiniscono il rapporto tra soggetto, saperi e processi di apprendimento. Per rispondere a queste emergenze presenti nello scenario contemporaneo le Indicazioni delineano un primo quadro pedagogico e didattico inserito nella prospettiva di un nuovo umanesimo: il curricolo proposto dalle Indicazioni, pur mantenendo forti elementi di continuità con Programmi e Orientamenti precedenti, propone una visione diversa della formazione scolastica, che possiamo definire planetaria e antropologica. Planetaria perché pone al centro dell’insegnamento non solo il Pianeta che ci ospita ma l’Universo in cui è disposto, antropologica perché l’esperienza umana viene considerata come fenomeno naturale da indagare senza gli eccessi antropocentrici del primo Umanesimo e dello scientismo illuministico moderno. L’uomo non è che una forma di vita come tante, sebbene unica nella capacità di conoscere ciò che la circonda. Se lo studente ideale dell’Italia liberale e fascista doveva limitarsi a saper leggere e scrivere, ubbidire e combattere, se lo studente della scuola democratica di massa doveva essere preparato a inserirsi in un modo industrializzato, lo studente contemporaneo deve essere in grado di riconoscere le relazioni che regolano i fatti locali con quelli globali, le relazioni tra le varie specie di vita e la storia dei Sapiens, ma soprattutto più che formarsi un profilo professionale definito, deve sviluppare competenze flessibili e polifunzionali (questo è il Profilo dello studente in uscita descritto). Il punto di origine del discorso pedagogico sulle competenze: sono state le trasformazioni del sistema produttivo, che oggi richiede forza lavoro precaria, flessibile, polifunzionale, pluri competente, a determinare l’enfasi sulla formazione di competenze nei curricoli europei. Lo spostamento delle attività curricolari verso la formazione di competenze, attraverso l’apprendimento delle discipline, modifica la pedagogia (finalità) e la didattica (metodologie) della scuola e implica un’apposita organizzazione curricolare. 3.2 L'organizzazione del curricolo e le scelte metodologiche Primo punto che risalta nella sezione delle Indicazioni sull'organizzazione del curricolo: la necessità di superare le divisioni disciplinari. La netta differenza tra scienze fisiche e naturali e naturali e scienze umane non è più in grado di sorreggere un curricolo come quello proposto nelle Indicazioni poiché i grandi fenomeni naturali e umani non possono essere compresi se non attraverso esperienze di insegnamento e apprendimento di grandi quadri d’insieme all’interno dei quali gli approcci disciplinari si fondono in percorsi comuni. E qui vi è un vero e proprio capovolgimento epistemologico: nella scuola tradizionale si insegnavano le discipline per il proprio valore intrinseco, esse erano al contempo contenuto e obiettivo dell’insegnamento; nella proposta delle Indicazioni le discipline sono strumenti per conoscere il mondo e per sviluppare competenze. In altre parole: i docenti non sono più responsabili della conoscenza disciplinare degli alunni ma della loro capacità di utilizzare tale competenze per muoversi nel mondo e le discipline diventano strumenti per esercitare competenze in ambiti diversi da quelli in cui si sono apprese. Il riferimento alle politiche di formazione europee era già presente negli Orientamenti e nei Programmi, tuttavia si trattava di un riferimento culturale obbligatorio, in sintonia con il processo di formazione dell’Unione Europea. Le Indicazioni nazionali del 2012 aderiscono di fatto alla politica della formazione elaborata in sede comunitaria, ponendo come proprie finalità generali le competenze chiave ritenute essenziali per una partecipazione consapevole alla cittadinanza europea. In particolare, nelle Indicazioni vengono riportate ‘Le competenze chiave per l’apprendimento permanente’ ovvero una serie di ambiti di competenze non più riconducibili ad un solo sapere disciplinare ma a più settori disciplinari. Vediamo quali sono: comunicazione nella madrelingua, comunicazione nelle lingue straniere, competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia, competenza digitale, imparare ad imparare, competenze sociali e civiche, spirito di iniziativa e imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturale. Caratteristiche: Risultano modificati il ruolo e le finalità delle discipline trasversali come quelle linguistiche e logico-matematiche. Non possono più essere considerate di pertinenza di uno o due docenti ma rientrano nella responsabilità didattica collettiva poiché attraversano tutti gli ambiti disciplinari. In questa prospettiva i tempi di realizzazione del curricolo si dilatano, i Traguardi per lo sviluppo delle competenze e gli Obiettivi di apprendimento si dispiegano su tempi lunghi, dall’intero anno scolastico, all’intero ciclo di istruzione. Un curricolo unitario, in grado di assemblare le tante esperienze scolastiche ed extra scolastiche in esperienze di apprendimento significative, garantendo al bambino quell’unitarietà dei processi di apprendimento che caratterizza i processi di sviluppo cognitivo. Nella nuova organizzazione curricolare i grandi salti da un ordine di scuola a quello successivo non hanno più senso tanto che le Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) Indicazioni riuniscono nel primo ciclo di istruzione la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado. Ciò che deve maturare, evolvere sono le abitudini mentali e gli atteggiamenti dei bambini, non perché imposto dalle nuove istituzioni, ma come risultato di un curricolo continuo in grado di favorire il passaggio autonomo e consapevole da forme di organizzazione delle conoscenze di tipo empirico e pre- disciplinare, tipiche del pensiero concreto e pre-operatorio, a forme di sapere organizzate in base a regole epistemologiche interne alle varie discipline, tipiche del pensiero formale, logico e argomentativo. I docenti non sono più dispensatori di conoscenze ne rigidi programmatori di unità didattiche, ma membri di un gruppo di lavoro che ha come obiettivi principali la formazione del gruppo classe come gruppo di lavoro e poi quello di allestire esperienze di apprendimento significativo di competenze legate all’esperienza, valutabili in modo autentico, attraverso la soluzione di problemi reali e adattabili alle esigenze personali di apprendimento. L'altro perno attorno cui ruota l'asse metodologico delle I.n. è quello dell'inclusione (bambini diversamente abili, con BES), che può essere raggiunta attraverso una diversificazione dell'offerta formativa e con l'apporto di professionalità specifiche (dicenti di sostegno) di cui la scuola si avvale. 3.3 La scuola primaria: finalità pedagogiche e prospettive metodologiche Dopo la prima sezione dedicata agli aspetti generali, le Indicazioni proseguono specificando finalità, traguardi e obiettivi della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado. La scuola primaria si colloca tra la scuola dell’infanzia, finalizzata a sviluppare l’identità, l’autonomia, le competenze e il senso di cittadinanza attraverso un curricolo flessibile organizzato per campi di esperienza, e la scuola secondaria di primo grado, che ha il compito di approfondire il processo di apprendimento disciplinare iniziato nella scuola primaria. È un processo continuo che, partendo dalle competenze emergenti in modo spontaneo nei bambini piccoli, dovrebbe arrivare alle competenze disciplinari dei ragazzi di scuola secondaria. Ebbene, alla scuola primaria spetta la gestione di quel difficile passaggio da un rapporto spontaneo e ludico con i saperi alle prime modalità di formalizzazione di tali saperi, in vista di una loro sistematizzazione in corpi di conoscenza coesi ma aperti: è il problema dell'alfabetizzazione culturale. Vediamo tale questione affrontata nelle indicazioni nazionali: Ma cosa si intende con alfabetizzazione? Gli indicatori che consentono di valutare alfabetizzato o meno un soggetto sono soggetti a contingenze storiche, mutano al variare della situazione storica nella quale vive il soggetto che apprende. Attualmente possiamo considerare alfabetizzato il soggetto che riesce attraverso la lingua scritta a produrre e comprendere messaggi essenziali nella vita di tutti i giorni , chi usa le competenze linguistiche per risolvere i problemi della vita quotidiana. Ma questa è alfabetizzazione di base, standard, strumentale. Il soggetto alfabetizzato solo in senso strumentale considera i diversi sistemi simbolici-culturali come sistemi statici e chiusi, governati da poche e semplici regole. Il soggetto Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) alfabetizzato culturalmente: Utilizza le competenze sviluppate nei vari ambiti disciplinari in chiave evolutiva, dinamica, progressiva; modifica i propri comportamenti, atteggiamenti, abitudini mentali in relazione agli apprendimenti che sviluppa. È consapevole dei pregi e dei limiti dei vari sistemi simbolico-culturali, è attento alle loro interconnessioni, è consapevole del rischio di poter essere manipolato da quegli stessi saperi che pensa di padroneggiare. Ha un atteggiamento critico nei confronti delle competenze che sviluppa, è consapevole che questa alfabetizzazione vale ed è legata a tutte le discipline. Ad es.: Pensiamo a cosa significa saper scrivere. Comporre una breve mail, un sms o prendere appunti, sintetizzare, comporre testi significativi, esprimere i propri sentimenti, tenere un diaria autobiografico? La scrittura, quindi, capiamo bene che da semplice strumento occasionale per comporre messaggi scritti può trasformarsi in artefatto culturale in grado di sviluppare autocoscienza, cognizione, relazioni sociali... Per avviare questo processo di alfabetizzazione culturale da una parte è necessario favorire l’apprendimento delle regole di base, dei concetti di fondo, del linguaggio minimo, di ogni ambito disciplinare e dall’altra è importante favorire l’uso creativo, personale, consapevole e critico dei saperi disciplinari. Le dimensioni strumentali e culturali delle discipline non sono separabili, ne si succedono nel tempo (non viene prima la strumentale e poi la culturale), ma si completano l’una nell’altra. Il problema metodologico dell'insegnante è quello di trovare un giusto equilibrio tra gli aspetti meccanici e ripetitivi impliciti in qualsiasi forma di apprendimento e la consapevolezza del senso, della direzione, dello sviluppo di tali apprendimenti; equilibrio che non si raggiunge con espressioni verbali stereotipate, premi o punizioni, ma con l’allestimento di un contesto didattico in grado di sostenere un apprendimento consapevole. 3.4 Per una didattica della scuola primaria Nel manifesto per la didattica nella scuola primaria proposto dalle Indicazioni ci sono presupposti pedagogici della tradizione didattica legata all’esperienza dell’attivismo pedagogico, con riferimento all’apprendimento attraverso l’esperienza, le attività laboratoriali, il lavoro di gruppo. Vediamo: 1. L’ambiente di apprendimento Ambiente di apprendimento, forse preferibile l’espressione ambiente educativo di apprendimento. Bisogna sottolineare l’importanza dedicata alla qualità del contesto per realizzare una didattica efficace, una centralità che possiamo comprendere facendo riferimento a metafore. In senso ecologico, l’ambiente di apprendimento può essere considerato come un ambiente naturale, una porzione di territorio, un ecosistema specifico, all’interno del quale convivono tante specie di vita; in senso artistico, possiamo concepirlo come sfondo dal quale emerge la figura principale di un dipinto o di una foto; in senso fisico, il contesto educativo come campo di forze, in grado di trasportare informazioni, spostare masse. Ognuna di queste metafore esalta un aspetto tipico degli ambienti di apprendimento: ①Importanza degli aspetti relazionali, delle interazioni fra tutti gli elementi costitutivi dell’ambiente, delle dinamiche che intervengono tra i comportamenti individuali e quelli di gruppo , come accade in ogni ecosistema, all’interno del quale ogni forma di vita cresce, si adatta, evolve in relazioni alle caratteristiche morfologiche del territorio, alla presenza di altre forme di vita. ②Capacità del contesto educativo di decidere il significato di ogni singola attività che si svolge al proprio interno, per significato di didattica intendiamo il suo tenore emotivo, i suoi effetti a lungo termine, il modo in cui viene percepita dagli alunni e dai genitori. ③Ambiente educativo di apprendimento come campo di forza in grado di trasportare informazioni, come un reticolo invisibile dove ogni nodo è rappresentato da un alunno e dai docenti e che si piega, in prossimità di masse dense come potrebbero essere i saperi o attività didattiche particolarmente intense e motivanti. Tra gli elementi costitutivi l'ambiente di apprendimento abbiamo: lo spazio (è variabile, fondamentale per favorire o inibire i processi di apprendimento e socializzazione; uno spazio accogliente, con spazi collettivi e personali, sicuro, esteticamente esemplare, ricco di attrezzature e laboratori), il tempo (a misura di bambino, scandito regolarmente e senza passaggi improvvisi, fatto di tempi collettivi e tempi individuali, tempi per il lavoro e tempi per lo svago) e le relazioni di sostegno reciproco, rispetto, sintonia empatica, autenticità, sicurezza. Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) L’ambiente di apprendimento non esiste sotto forma di un tipo ideale di organizzazione ma deve essere costruito nel tempo e nello spazio. Non si allestisce in modo definitivo, ma si costruisce e si decostruisce quotidianamente con gli alunni. Fondamentale in questo senso, l’elaborazione condivisa della giornata e della settimana scolastica e delle regole per l’utilizzo di materiali e spazi. Senza un contesto adeguato, insieme di connessioni tra spazio, tempo e relazioni, il valore delle attività didattiche, per quanto ben progettate, può disperdersi e la giornata può ridursi ad una successione irrazionale di attività. L’importanza assegnata alla programmazione del contesto di apprendimento sottolinea il primato dell’educazione indiretta nella formazione scolastica, quella che si esplicita nel quotidiano, in tutti i suoi momenti e spazi e non solo nelle attività didattiche formali e dirette. 2. Valorizzare l’esperienza e le pre-conoscenze dell’alunno La valorizzazione delle conoscenze possedute è collegabile alla tradizione didattica dell’attivismo, in particolare al principio della continuità dell’educazione tra scuola e extra scuola, (fondamentale per Dewey) e al più recente filone del costruttivismo didattico, secondo il quale qualsiasi apprendimento viene costruito dal soggetto in relazione a ciò che sa o pensa di sapere sull’oggetto di apprendimento. Nella situazione culturale contemporanea questa indicazione didattica è essenziale, visto che il bambino viene in contatto precocemente con contenuti culturali di vario tipo, che poi affronterà in modo sistematico a scuola: gli alunni di oggi non sono più soggetti analfabeti ma hanno sviluppato delle preconoscenze e delle protocompetenze a seguito dell’esposizione precoce e intensa a tanti prodotti dell’industria culturale e dei consumi di massa. Questo ‘bagaglio culturale’ può entrare in antagonismo con gli insegnamenti scolastici oppure rappresentare un’opportunità di formazione critica e consapevole. Valorizzare l’esperienza degli alunni non significa solo partire dalle loro preconoscenze per arrivare a saperi disciplinari e alle competenze di base, ma piuttosto riuscire a mettere in relazione due forme diverse di organizzazione delle conoscenze, quella mediata dall’industria culturale, e quella proposta dalla scuola, organizzata secondo legami di causa-effetto e codificata in modo convenzionale. L’esito di questo incontro didattico e dialettico dovrebbe essere la formazione della competenza essenziale di riuscire a decostruire i prodotti culturali di massa attraverso gli strumenti cognitivi appresi a scuola. 3. Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità Un altro punto centrale della didattica proposta dalle Indicazioni, chiama in causa i concetti pedagogici di personalizzazione, individualizzazione, inclusione. L’attenzione alle esigenze, desideri, inclinazioni personali è stato uno dei primi motivi ispiratori delle Indicazioni. Questa attenzione alla personalizzazione dell’insegnamento può essere letta in chiave esclusivamente ideologica, differenziando l’insegnamento in base al merito e alle capacità possedute dal soggetto. Tuttavia, secondo il dettato costituzionale, la scuola ha il compito opposto: garantire a tutti il successo formativo e rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il raggiungimento. Il tema deve essere contestualizzato nella situazione odierna, dove le classi contemporanee sono caratterizzate dalla prevalenza di diversità piuttosto che di omogeneità. In questo contesto una scuola di massa che offre a tutti stesse esperienze didattiche rischia di privilegiare alcuni e danneggiare altri, solitamente gli alunni più in difficoltà ma non meno raramente anche alunni dotati di grandi potenzialità. Si tratta di attivare una didattica personalizzata per piccoli gruppi, per compensare eventuali difficoltà e garantire a tutti il raggiungimento di quelle competenze base: i gruppi di studio personalizzati e attività didattiche individualizzate non devono segnare l’intero anno scolastico, disintegrando la coesione emotiva del gruppo classe, che non può reggere un’organizzazione delle relazioni tra pari in base al rendimento scolastico, ma si presentano come occasioni transitorie di organizzazione del lavoro. Il discorso sulla personalizzazione/individualizzazione dell’insegnamento punta anche a un altro aspetto fondamentale della pedagogia e della didattica delle Indicazioni: l’inclusione di tutte le diversità nel curricolo scolastico. Una scuola per tutti in quanto servizio universale, aperta a tutti senza discriminazioni di genere, religiose, culturali, una scuola per ciascuno perché in grado attraverso percorsi didattici personalizzati e individualizzati di garantire il successo formativo ad ogni alunno in base alle sue caratteristiche cognitive, emotive, relazionali. In questo senso il concetto di inclusione opera una rivoluzione pedagogica e didattica nei confronti quella che un tempo si chiamava integrazione degli alunni handicappati. Nelle Indicazioni è il curricolo che deve adeguarsi alle diversità e non il contrario. Nella scuola inclusiva non c’è più un curricolo centrale valido per la maggioranza degli alunni e alcuni percorsi Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) alternativi per gli alunni in difficoltà. Nella scuola inclusiva il curricolo è organizzato in base alle diversità, alternando attività didattiche di classe collettive con attività per gruppi di medie e piccole dimensioni, come se esistesse un curricolo per ogni alunno, o l’organizzazione differenziato per gruppi di alunni. Il curricolo inclusivo è un curricolo dinamico, evolutivo, che muta nel corso dell’anno. 4. Favorire l’esplorazione e la scoperta Si tratta di un principio cardine della didattica contemporanea, sostenuto da Dewey, Piaget, Bruner. Può essere inteso in due accezioni: sottolineando l’importanza di garantire all’alunno dei momenti esplorativi e di ricerca alternativi alla classica lezione frontale, allo scopo di privilegiare l’apprendimento per scoperta piuttosto che per trasmissione. Oppure, sottolineando l’importanza di rendere partecipi gli alunni al processo di produzione delle conoscenze da apprendere, che non rappresentano delle masse amorfe di informazioni, ma sono il risultato di complessi e plurimi processi di ricerca; la questione non si riduce alla sola dimensione didattica contingente, le esercitazioni di laboratorio, ma al rapporto tra docente e l’ambito disciplinare di riferimento. Se si tratta di un rapporto dinamico e evolutivo, in cui il docente è in un continuo processo di ricerca disciplinare nella consapevolezza che le conoscenze apprese durante la sua formazione hanno una validità limitata nel tempo e nello spazio, allora anche l’impostazione didattica degli alunni risentirà di tale atteggiamento. Lezioni frontali ed esercitazioni attive non sono approcci didattici inconciliabili o validi o sbagliati a priori, è il contesto curricolare nel quale si dispiegano che ne definisce il significato. 5. Incoraggiare l’apprendimento collaborativo Importante nella didattica moderna e contemporanea da Cousinet a Frainet a Dewey. Il riferimento all’importanza al lavoro di gruppo può essere inteso in due sensi, da un punto di vista strumentale come facilitatore degli apprendimenti e da un punto di vista etico come aspetto costitutivo della dinamica in classe. Nel primo caso le attività di apprendimento cooperativo saranno occasionali e poco strutturate, nel secondo caso il gruppo viene considerato come variabile permanente della vita di classe. Il gruppo c’è sempre in classe, spetta al docente accompagnare l’evoluzione, osservarne le dinamiche, favorirne lo sviluppo in gruppo di lavoro funzionale, orientato al raggiungimento di obiettivi comuni secondo metodi di lavoro condivisi. In questa prospettiva l’istanza cognitiva e quella etica possono fondersi e dispiegare le loro potenzialità. La cooperazione ha senso non solo se facilita il raggiungimento individuale di obiettivi didattici ma anche e soprattutto se riesce a formare la disposizione al lavoro comune, al rispetto delle posizioni altrui, alla coordinazione consapevole delle capacità e delle attività. Il gruppo collaborativo e efficace si forma nel tempo, dal momento iniziale dell’anno dedicato alla formazione del gruppo classe, alla differenziazione di gruppi di lavoro interni al gruppo classe alla partecipazione ad attività cooperative a classi aperte. 6. Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere Il riferimento più immediato è quello alla didattica metacognitiva, ovvero all’importanza di rendere gli alunni consapevoli dei propri processi di apprendimento. Consapevoli in senso operativo e pratico, padroni delle proprie strategie di studio e apprendimento, capaci di adattare tali strategie a compiti diversi o di modificarle in base alle contingenze di lavoro, abili nell’utilizzare gli errori per modificare il proprio modo di lavorare. Consapevole delle motivazioni che sono alla base del lavoro scolastico e dell’organizzazione curricolare della scuola, delle sue regole e delle sue pratiche. Una seria didattica meta cognitiva intende operare su entrambe le dimensioni. Attraverso una didattica attenta agli stili personali e ricca di proposte per favorire l’auto apprendimento è possibile favorire il controllo e il perfezionamento dei processi personali di apprendimento. Praticando una pedagogia del contratto, che illustra in anticipo obiettivi e percorsi, informa sull’andamento delle attività, motiva al lavoro e valuta collettivamente la qualità delle produzioni di gruppo, è possibile sviluppare la consapevolezza generale del proprio percorso di formazione. Non basta insegnare ad apprendere ad apprendere, è necessario convincere gli alunni dell’importanza di una simile competenza. 7. Realizzare le attività didattiche in forma di laboratorio Nella didattica laboratoriale ritroviamo la possibilità di applicare concretamente tutte le avvertenze didattiche già esaminate. Il laboratorio è uno spazio nel quale prevalgono le attività di ricerca collaborative, è un dispositivo didattico nel quale si elabora e realizza un progetto condiviso, consente la differenziazione dei ruoli e delle attività in chiave personale, può essere legato a questioni, problemi, Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) oggetti culturali di immediata pertinenza con la vita degli alunni. Ritroviamo nella didattica laboratoriale le implicazioni relazionali e metacognitive, l’apprendimento attraverso la scoperta e la didattica personalizzata. Il laboratorio non può essere considerato come un dato di fatto autoevidente, come se fosse sufficiente uno spazio attrezzato per raggiungere gli obiettivi progettati. Il laboratorio didattico si costruisce nel tempo, partendo da semplici attività di condivisione per arrivare al collegamento con le attività svolte nell’aula madre e quelle realizzate in laboratorio. Queste sono le coordinate metodologiche di fondo all’interno delle quali progettare per unità di competenza. 4. Le discipline nelle Indicazioni nazionali: Storia Ogni disciplina è presentata nelle Indicazioni in tre sezioni: Una prima parte: illustra le finalità generali, gli argomenti principali, le metodologie, i rapporti interdisciplinari che caratterizzano l’insegnamento di ogni disciplina. Una seconda parte: indica i Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado che gli alunni devono raggiungere. La terza parte: illustra gli Obiettivi di apprendimento che gli alunni devono raggiungere al termine della classe terza e quinta della scuola primaria e al termine della classe terza della scuola secondaria di primo grado. Vediamo la parte dedicata alla Storia: Le Indicazioni non si limitano ad elencare i contenuti dell’apprendimento della storia nelle varie classi della scuola primaria, al contrario, esse promuovono un approccio didattico centrati sui legami esistenti tra le caratteristiche della conoscenza storica, la comprensione della realtà contemporanea, le particolarità cognitive dei bambini, le altre discipline. Ma cos'è la storia, a che serve e come si può insegnarla? Il testo rimanda alle competenze di cittadinanza attiva e responsabile, alla comprensione della situazione contemporanea, all’esigenza di comporre storia locale e storia globale, storia recente e storia remota. Particolare attenzione viene riservata agli intrecci interdisciplinari, all’esigenza di lavorare non per settori disciplinari rigidamente separati ma attraverso attività in grado di evidenziare le connessioni esistenti tra i saperi disciplinari. I metodi suggeriti sono metodi attivi, laboratori, attenti alla ricostruzione di grandi quadri storici o di civiltà più che alla conoscenza delle singole nozioni storiche, partendo dall’analisi del paesaggio storico vicino all’alunno, dalle testimonianze, dalle fonti visibili della storia. Viene sottolineata la necessità di educare alla conoscenza e al rispetto del patrimonio artistico nazionale, la visione planetaria dello sguardo storico che si intende rivolto al processo di dominazione sulla Terra, ovvero alla vicenda di Sapiens, l’importanza di una didattica basata sull’esperienza e sulla valorizzazione delle pre-conoscenze dell’alunno. In questa prospettiva le Indicazioni esaltano il ruolo formativo dei saperi disciplinari, ovvero la capacità delle discipline di formare atteggiamenti, abitudini mentali, comportamenti duraturi nel tempo, competenze: il ruolo formativo delle discipline infatti non si esplica solo sul versante cognitivo, quello dell’apprendimento dei linguaggi e dei concetti, ma anche su quello etico e sociale, relativo agli atteggiamenti che esse riescono a formare nel soggetto che apprende (es. l’alunno impara a comportarsi come uno storico nella relazione con gli eventi del passato e del presente, inizia a interrogarsi sulle cause remote e recenti di fatti quotidiani, sviluppa un atteggiamento critico nella lettura di gradi che altrimenti appaiono sospesi in un eterno presente o confinati e isolati nel passato). Questa visione connota la presentazione di tutte le discipline nel testo delle Indicazioni ed in questo modo le Indicazioni risolvono la questione del rapporto tra istruzione (apprendimento di conoscenze e abilità) ed educazione (formazione di atteggiamenti, competenze, abitudini mentali). Emerge una visione delle discipline come amplificatori culturali, di stampo bruneliano, aggiornata alla ricerca epistemologica più recente, come quella di Morin i quali parlano di una democrazia cognitiva fondata sulla condivisione planetaria dei saperi. I Traguardi per lo sviluppo delle competenze rappresentano le mete finali dell’intero percorso didattico di ogni disciplina, non sono ordinati in modo gerarchico né si riferiscono a una classe particolare del percorso scolastico, e svolgono un ruolo guida nella progettazione didattica dell’intero percorso. È necessario sottolineare la loro natura operativa, comportamentale, costruttiva, espressa dall’uso di verbi specifici: comprendere, riconoscere, usare, raccontare, identificare, organizzare. Si tratta di operazioni visibili, concrete, che possono essere progettate e valutate durante l’esperienza scolastica con estrema precisione. L’attenzione alle manifestazioni visibili dell’apprendimento, all’attività di ricerca, all’utilizzo di strumenti e Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) materiali, la ritroviamo negli Obiettivi di apprendimento che gli alunni devono raggiungere al termine della classe terza e quinta. Gli Obiettivi di apprendimento prescritti dalle Indicazioni per ogni disciplina consistono in prestazioni osservabili, in comportamenti connessi con l’apprendimento degli elementi di fondo dei saperi disciplinari. Nel caso della storia, l’uso di fonti, la padronanza degli strumenti concettuali di base, la capacità di produrre e organizzare l’informazione storica ecc. Come per i Traguardi si tratta di obiettivi che prevedono tempi lunghi che non si raggiungono una volta per sempre nel giro di due settimane o un mese di attività, ma che si approfondiscono durante periodi scolastici pluriennali. Sono propedeutici al raggiungimento dei Traguardi di sviluppo delle competenze e devono essere coerenti nella loro successione all’interno della progettazione didattica; possono essere riformulati, rivisti, articolati in sotto obiettivi, infatti si propongono ai docenti come un materiale di lavoro flessibile e dinamico. Sa Curricolo e progettazione per 1. Premessa Il passaggio dal programma al curricolo e il ruolo centrale attribuito alla progettazione curricolare all’interno dell’offerta formativa sono gli aspetti più significativi introdotti dall’ autonomia scolastica. Questo passaggio è ancora in corso e quanto previsto dalla norma non corrisponde sempre alla pratica realmente agita nelle scuole. Le teorie curricolari che nel corso della seconda metà del Novecento hanno cercato di rinnovare il modo di fare scuola, sono state recepite sul piano normativo solo recentemente, rendendo il curricolo obbligatorio. Questo ha comportato una revisione dei modelli didattici e delle progettazione educativa, spostando l’attenzione dai saperi a come gli alunni utilizzano le conoscenze e le abilità apprese per sviluppare apprendimenti complessi in vista della risoluzione di problemi noti o inediti. In questo capitolo viene preso in esame in che modo le scuole possono procedere alla costruzione del curricolo per competenze. 2. Il contributo dell'autonomia scolastica e della Buona scuola all'innovazione culturale L’interesse per il curricolo ha avuto inizio con la stagione delle grandi riforme che, dal 1996 ad oggi, ha introdotto profonde trasformazioni nel sistema educativo di istruzione e formazione, in risposta alle disposizioni dell’Unione Europea per il decennio 2000-2010, previste dalla Strategia di Lisbona, e dal 2010 al 2020 dalla Strategia Europa 2020. Il successo delle teorie curricolari ha segnato il declino del modello scolastico basato sui programmi: questo passaggio inizia già nella scuola italiana alla fine degli anni 70, dove vengono messi in evidenza i limiti degli approcci nozionistici sostenuti dalla pedagogia neo-idealista. Pontecorvo scriveva che la nozione di curricolo è comprensiva, non include solo una scelta di contenuti, come nei programmi ministeriali, ma indica obiettivi, metodi di insegnamento e di apprendimento, materiali didattici, e richiede di considerare l’alunno nelle sue preliminari abilità, conoscenze, motivazioni per poi tradurre i vari contenuti culturali in termini di attività formative e di operazioni pratiche degli allievi. Il valore formativo del curricolo è basato sulla relazione dialettica che il bambino, in quanto soggetto epistemico, instaura con i saperi, originando un processo di acquisizione di forma che è peculiare, personale, contestualizzato. La transizione dalla cultura del programma alla cultura del curricolo richiede tre ordini di cambiamenti: 1. Abdicazione da un modello ideale di alunno, i cui bisogni formativi possono essere predeterminati e standardizzati, giustificando una didattica uguale per tutti. 2. Valorizzazione dell’intenzionalità dell’atto educativo che deve essere progettato e organizzato per rendere la didattica più efficace e implementabile. 3. Definizione di percorsi didattici personalizzati calibrati a partire dai bisogni formativi dei bambini, dai loro livelli di partenza, dalle loro potenzialità nella prospettiva della valorizzazione dell’identità e della storia di ciascuno. 2.1 Rafforzare l'autonomia scolastica per una buona scuola L’autonomia scolastica rientra all’interno di un ampio processo di riammodernamento e decentramento dell’intera Pubblica Amministrazione, avviato dalla Legge 7 agosto 1990, grazie alla quale alle istituzioni scolastiche viene riconosciuta la personalità giuridica di diritto pubblico, per cui i singoli istituti scolastici sono chiamati ad esercitare competenze nuove a livello amministrativo, contabile, gestionale, didattico- progettuale. L’autonomia deve puntare a rendere l’insegnamento più efficace, flessibile e capace di Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) rispondere alle esigenze formative del singolo e migliorare la qualità degli apprendimenti. Questo viene sottolineato anche nella legge Buona Scuola, che si inserisce in un’ottica di continuità con la norma sull’autonomia scolastica, riprendendone i principi ispiratori e dotando la scuola di nuovi strumenti per rendere attuabile il processo autonomista avviato negli anni Novanta: l’elevamento dei livelli di istruzione e delle competenze degli alunni rimane uno degli obiettivi prioritari della riforma, in relazione con la lotta alla dispersione e all’abbandono scolastico. I settori in cui la scuola può esercitare la propria autonomia sono: 1. L’autonomia didattica: consente agli istituti di differenziare la propria offerta formativa per rispondere in modo più efficace ed efficiente ai bisogni degli alunni e delle famiglie. Questo si realizza mediante l’articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività; la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l’unità oraria della lezione; l’attivazione di percorsi didattici individualizzati; l’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diversi classi o anni di corso; l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari. 2. L’autonomia organizzativa: rimanda alla definizione delle modalità e dei tempi dell’insegnamento. Nello specifico prevede un impiego dei docenti coerente con le scelte progettuali; adattamenti del calendario scolastico in relazione alle esigenze derivanti dal POF nel rispetto delle funzioni in materia di determinazione del calendario scolastico esercitate dalle Regioni; organizzazione flessibile dell’orario complessivo del curricolo e di quello destinato alle singole discipline e attività in base ad una programmazione plurisettimanale articolata in non meno di cinque giorni settimanali. 3. L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo : consente alle istituzioni scolastiche, tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico di appartenenza di promuovere iniziative connesse con la progettazione formativa e la ricerca valutativa; la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico; l’innovazione metodologica e disciplinare; la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi. Queste tre forme di autonomia sono strumenti funzionali a qualificare e rendere l’offerta curricolare più aderente alle istanze espresse dal territorio dall’utenza. La legge sulla Buona Scuola richiama le forme di flessibilità dell’autonomia didattica e organizzativa, quali strumenti per la piena realizzazione del curricolo della scuola: hanno lo scopo di valorizzare le potenzialità e gli stili di apprendimento degli alunni, nonché le competenze della comunità professionale scolastica nel pieno rispetto della libertà di insegnamento, della collaborazione tra pari, della progettazione collegiale e dell’interazione costante con le famiglie e i territori. Dall’autonomia didattica e organizzativa si sottolinea la necessità di considerare: a) l’articolazione modulare del monte orario annuale di ciascuna disciplina, compresi attività e insegnamenti interdisciplinari; b) il potenziamento del tempo scolastico anche oltre i modelli e i quadri orari, nei limiti della dotazione organica dell’autonomia, tenuto conto delle scelte degli studenti e delle famiglie; c) la programmazione purisettimanale e flessibile dell’orario complessivo del curricolo e di quello destinato alle singole discipline, anche mediante l’articolazione del gruppo della classe. Il curricolo è parte costitutiva del PTOF, che deve essere predisposto dalle istituzioni scolastiche entro il mese di ottobre dell’anno scolastico precedente al triennio di riferimento. Due novità rispetto a prima: Indicazione all’interno del PTOF della programmazione delle attività formative rivolte al personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario. Tra gli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo rappresenta non più un diritto-dovere, come lo era in passato, ma un’attività obbligatoria, permanente e strutturale. Le attività di formazione deliberate dalle singole istituzioni scolastiche devono essere riportate nel piano triennale dell’offerta formativa e determinate a partire dai bisogni formativi dei docenti, dai risultati emersi dai piani di miglioramento delle istituzioni scolastiche previsti dal regolamento istitutivo del Sistema Nazionale di Valutazione, dalle priorità nazionale indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni dal MIUR. Valorizzazione del dirigente scolastico non solo rispetto alle funzioni gestionali, ma anche progettuali, relative alla definizione di precise linee orientative dell’offerta formativa. Si attribuisce Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) al dirigente scolastico il compito di fornire gli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione, in base ai quali il collegio deve progettare il PTOF. Il PTOF, al pari del POF, deve rispondere ai criteri della trasparenza e della pubblicità degli atti, pertanto le istituzioni scolastiche, al fine di permettere una valutazione comparativa da parte degli studenti e delle famiglie, pubblicano il Piano nel Portale Unico, che viene costantemente aggiornato in caso di eventuali revisioni del piano triennale. È compito dell’ufficio scolastico regionale di riferimento verificare che il piano triennale dell’offerta formativa rispetti il limite dell’organico assegnato a ciascuna istituzione scolastica e trasmette al MIUR gli esiti della verifica. Il curricolo pur nell’originalità che lo contraddistingue, deve essere coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livello nazionale. È compito del Ministero esplicitare i processi di alfabetizzazione culturale comuni all’intero sistema scolastico italiano, declinati in termini di conoscenze e di competenze, attraverso la pubblicazione delle Indicazioni nazionali per il curricolo. Spetta ad ogni istituzione scolastica specificare meglio gli obiettivi da raggiungere, eventualmente integrando la gamma degli insegnamenti proposti agli studenti, prestando attenzione alle specificità del contesto di riferimento, alle risorse da utilizzare. Questo comporta il possibile arricchimento del monte ore degli insegnanti già previsti a livello centrale, l’utilizzazione della flessibilità oraria, l’introduzione di modalità organizzative più rispondenti agli scopi dichiarati nel POF. 2.2. IL CURRICOLO INTEGRATO Secondo quanto previsto dall’art. 8 del Regolamento sull’autonomia, alla luce delle funzioni di indirizzo, programmazione, controllo e valutazione spettanti al Ministero, in materia di curricolo esso ha il compito di individuare: a) OBIETTIVI GENERALI DEL PROCESSO FORMATIVO -> Sottolineano l’importanza della piena valorizzazione della persona umana nella sua dimensione evolutiva e sociale, le cui capacità vanno potenziate in modo armonico e integrale grazie all’apporto degli strumenti culturali propri della scuola e della qualità dell’esperienza che tale ambiente è chiamato a coltivare. Necessità per la formazione scolastica di promuovere percorsi di apprendimento che vadano oltre le dimensioni del sapere e del saper fare, aprendosi anche all’insegnamento del saper stare in società e sentirsi responsabili dell’andamento sociale. Le competenze che la scuola deve promuovere sono orientate alla formazione dell’essere persona e di cittadini responsabili, rispetto a se stessi, agli altri e all’ambiente di vita. Il rispetto della propria e dell’altrui identità sul piano culturale, religioso e di genere rappresentano pilastri fondamentali per lo sviluppo della personalità del bambino e per incrementare la coesione sociale e la lotta a vecchie e nuove forme di intolleranza. b) OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO RELATIVI ALLE COMPETENZE DEGLI ALUNNI -> Gli obiettivi di apprendimento che la scuola persegue sono finalizzati allo sviluppo delle competenze. Nelle Indicazioni nazionali per il curricolo gli obiettivi specifici di apprendimento, scanditi per discipline e declinati in termini di conoscenze e abilità, contribuiscono al raggiungimento di traguardi per lo sviluppo delle competenze reputati indispensabili per un pieno esercizio del diritto di cittadinanza. c) DISCIPLINE E ATTIVITÀ COSTITUENTI LA QUOTA NAZIONALE DEI CURRICOLI E IL RELATIVO MONTE ORE ANNUALE -> Individuazione delle discipline e delle attività obbligatorie, ovvero gli insegnamenti che devono essere impartiti da tutte le istituzioni scolastiche, pur nel rispetto della loro autonomia didattica. Questa misura garantisce una tenuta unitaria del sistema nazionale di istruzione, prevedendo all’interno del curricolo una quota, definita nazionale, che tenuto conto dell’indirizzo di studi, del grado e dell’ordine di scuola, è prevista per tutte le istituzioni scolastiche del paese. Il curricolo di scuola viene a configurarsi come la sintesi progettuale ed operativa delle condizioni pedagogiche, organizzative e didattiche che consentono di realizzare un insegnamento efficace ed adeguato agli alunni, nel rispetto degli indirizzi curricolari di carattere nazionale. Dal punto di vista strutturale, il modello curricolare italiano rimanda a un modello integrato di curricolo (tra centro e periferia), che costituisce un elemento di innovazione e di discontinuità rispetto alla tradizione curricolare sperimentata in altri Paesi, dove prevalgono forme di curricolo chiuso (le autorità centrali definiscono le discipline, i contenuti e gli obiettivi di apprendimento) o di curricolo aperto (l’offerta formativa è interamente demandata alle scelte delle singole scuole). Il curricolo è frutto di intenzionalità, razionalità, decisionali, ma quest’ultima può essere distribuita in modo diverso. Come afferma Richmond, è opportuno che la progettazione nasca a partire da una decisione partecipativa basata sul riconoscimento generale crescente che l’assunzione di decisioni deve essere condivisa. Oggi, un’idea Document shared on www.docsity.com Downloaded by: marta-trasciatti ([email protected]) moderna di curricolo nasce sia dall’esigenza di trovare dei criteri per determinare quello che dovrebbero essere obbligatorio per tutti, come sosten