Patologia PDF - Introduzione, Eziologia, Adattamenti Cellulari
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Università degli Studi di Pavia
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Il documento è una introduzione alla patologia, esplorando i meccanismi di omeostasi e le deviazioni dalla norma. Vengono descritte le cause delle malattie, inclusi agenti chimici, fisici e biologici. Il documento copre anche gli adattamenti cellulari, gli accumuli cellulari e le degenerazioni associate alle malattie degenerative.
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1a. Introduzione Omeostasi insieme dei meccanismi messi in atto da ogni essere vivente per mantenere a livello ottimale le funzioni espletate dalle cellule, dai tessuti, dagli organi e dagli apparati; di fronte a una variazione l’organismo cerca di riadattarsi e di ripristinare le condizioni di be...
1a. Introduzione Omeostasi insieme dei meccanismi messi in atto da ogni essere vivente per mantenere a livello ottimale le funzioni espletate dalle cellule, dai tessuti, dagli organi e dagli apparati; di fronte a una variazione l’organismo cerca di riadattarsi e di ripristinare le condizioni di benessere o Fenomeno morboso deviazione (più semplice) dalla norma di un carattere morfologico, biochimico o funzionale di un tessuto o organo o Processo morboso associazione di più fenomeni morbosi o Stato morboso manifestazione patologica stazionaria capace di rendere l’individuo più suscettibile alla comparsa di manifestazioni patologiche Malattia condizione dinamica evolutiva che si manifesta con la manifestazione anatomica e/o funzionale di uno o più organi - Focale - Localizzata - Diffusa - Disseminata - Sistemica - Generalizzata Evolve verso: guarigione, cronicizzazione, morte. Sintomi: fenomeni soggettivi e obiettivi Diagnosi: riconoscimento della malattia attraverso analisi critica dei sintomi Prognosi: capacità di predire la durata e l’esito della malattia sulla base dell’esperienza Terapia: cura adeguata alla malattia diagnosticata Cause determinanti (una singola in grado di suscitare una malattia) e cause coadiuvanti (più cause collaborano). 1b. Eziologia Agenti chimici (danno non selettivo): 1. Agenti che modificano il pH es. acidi e basi 2. Agenti in grado di solubilizzare i lipidi es. etanolo, cloroformio, acetone 3. Agenti in grado di denaturare le proteine es. acidi o ioni metallici (zinco, ferro, cadmio…) e sostanze organiche (urea e guanidina) 4. Soluzioni ipotoniche e ipertoniche Dose minima letale quantità minima di sostanza che una volta ingerita determina la morte di un essere umano Dose letale 50 (DL50) dose che una volta assorbita determina la morte del 50% della popolazione Molte delle tossine, veleni e sostanze esogene (xenobiotiche) una volta introdotte nell’organismo subiscono delle reazioni diverse (reazioni di fase 1 e poi reazioni di fase 2) attraverso le quali la sostanza viene trasformata in un metabolita primario e poi secondario per essere più facilmente eliminata (più idrosolubili); tuttavia, durante questa trasformazione possono insorgere degli effetti collaterali per i quali il metabolita non. Tossico viene trasformato in un metabolita reattivo. Agenti chimici tossici di origine biologica: zootossine, fitotossine, veleni da funghi e micotossine. o Citotossico blocca la sintesi proteica a livello dei ribosomi (fitotossine) o Azione simpaticomimetica: turbe intestinali, convulsioni, delirio e allucinazioni o Amantine inibiscono in maniera selettiva la RNA polimerasi II (veleni da funghi) o Falloidine inibiscono il citoscheletro legando i filamenti di actina o Epatotossico tossico a livello del fegato, può portare a carcinoma (veleni da muffe) Agenti chimici tossici di origine inorganica: metalli pesanti (Ar, Be, Cd, Hg, Cr, Co, Ni, Pb), agenti chimici utilizzati in agricoltura (pesticidi, fertilizzanti, fumiganti), agenti chimici utilizzati negli ambienti domestici, agenti chimici tossici da esposizione voluttuaria. Metalli pesanti: Principali patologie associate = patologie polmonari con formazione di tumori nel tempo, tumori della prostata, irritazioni laringee, allergie cutanee o saturnismo (avvelenamento cronico) o Mercurio forma metallica (vapori), sottoforma di Sali inorganici (HgCl2), forma organica (accumula nei globulo rossi, anemia) o Piombo avvelenamento d’accumulo che determina degenerazioni anatomico-funzionali a carico dell’apparato gastro-intestinale, del SNA e del sangue (anemia) Agenti chimici utilizzati negli ambienti domestici: Patologie associate = interessano il sistema respiratorio: irritazione vie respiratorie, tumori broncopolmonari o Monossido di carbonio (CO) è 200 volte più affine all’emoglobina rispetto a O2, ne deriva la Carbossi-emoglobina; manifestazioni patologiche: ipossia tissutale, asfissia o Asbesto accumula a livello polmonare e gastro-intestinale: fenomeni infiammatori e poi tumori laringe, polmoni, stomaco e intestino, mesotelioma pleurico Agenti fisici Ipossia ipossica stanchezza, sonnolenza, cefalea, nausea Radiazione flusso di energia nello spazio sottoforma di onde o particelle dotate di energia cinetica; radiazioni elettromagnetiche (massa e carica=0) e radiazioni corpuscolate (dotate di massa) o Non ionizzanti (energia < 10eV) radiazioni dello spettro elettromagnetico esclusi raggi X e raggi o Ionizzanti (energia > 10eV) raggi X e e radiazioni corpuscolate Il potere cancerogeno delle radiazioni UV è dovuto alla capacità di indurre la formazione di dimeri di basi pirimidiniche a livello del DNA, se queste mutazioni non vengono riparate possono essere trasmesse alle cellule figlie e portare all’insorgenza del cancro; UVC (poco penetranti), UVB (penetranti), UVA (molto penetranti). Il tumore basocellulare NON dà metastasi ed è meno maligno rispetto a quello spinocellulare perché NON porta alla morte Il tumore spinocellulare metastatizza e porta alla morte 𝑑𝐸 𝑝𝑒𝑟𝑑𝑖𝑡𝑎 𝑑𝑖 𝑒𝑛𝑒𝑟𝑔𝑖𝑎 𝐾𝑒𝑉 LET (Linear Energy Transfert) = = = 𝑑𝑙 𝑡𝑟𝑎𝑔𝑖𝑡𝑡𝑜 𝜇𝑚 o < LET > capacità di penetrazine (raggi X e raggi ) o > LET < capacità di penetrazione (elettroni, particelle , protoni e neutroni) EBR (Efficacia Biologica Relativa) dose di radiazione ionizzante necessaria per determinare gli stessi effetti o danni causati da una dose standard di raggi (200KeV) Le cellule più sensibili alle radiazioni ionizzanti sono le labili perché sono sempre in continua divisione. 2a. Adattamenti cellulari La cellula NON è un ambiente statico: le cellule sono in grado di adattarsi a un nuovo ambiente, modificando i propri parametri e dopo che lo stimolo è cessato la cellula è in grado di ripristinare i propri valori. Gli adattamenti prevedono meccanismi come: - Rigenerazione - Iperplasia n - Ipertrofia V es. miocita che viene stimolato durante l’attività fisica con una richiesta maggiore di ATP e O2 e subisce un ingrandimento della cellula - Ipoplasia n - Ipotrofia V - Metaplasia: sostituzione con altri tipi cellulari Cellule: Labili si riproducono continuamente es. epiteli e midollo osseo Stabili sono per la maggior parte della loro vita in stato di quiescenza ma se stimolate riprendono il ciclo di divisioni es. epatociti, fibroblasti, endotelio e cellule muscolari lisce Perenni incapaci di dividersi es. neuroni Cellule staminali cellule indifferenziate che mantengono per tutta la vita sia la capacità di rinnovarsi sia la capacità di dare origine a uno o più tipi di cellule; vivono in una nicchia circondate da cellule stromali o Totipotenti o Pluripotenti Aplasia mancanza vera e propria per mancato sviluppo di un organo o tessuto Atrofia riduzione acquisita delle dimensioni delle cellule, dei tessuti e degli organi Atrofia celebrale mancato apporto ematico legato all’invecchiamento (fisiologico) ma amplificato in soggetti con malattie aterosclerotiche o degenerative (patologico); un ridotto apporto di sangue al cervello causa una diminuzione dei neuroni perché le cellule non ricevono più sangue e quindi anche nutrienti Metaplasia modificazione di tessuto differenziato in un altro tessuto differenziato; processo reversbile, avviene solo nelle cellule capaci di replicarsi es. esofago di Barrett, metaplasia del connettivo o Diretta o Indiretta I fenomeni di metaplasia sono tutti reversibili se le condizioni vengono ripristinate, ma col tempo possono anche cronicizzarsi 2b. Accumuli cellulari Cause biologiche di una malattia: o Microparassiti INFEZIONI o Macroparassiti INFESTAZIONI La presenza di un parassita che possa infettare il nostro orgiasmo può determinare reazioni di infiammazione acuta o infiammazione cronica. Progressi regressivi o degenerazioni accumulo nella cellula o interstizio di sostanze normalmente non (o poco) presenti, provocando lesioni biochimiche; si possono verificare guasti metabolici. Disturbi funzionali con alterazioni morfologiche DEGENERAZIONI Malattia degenerativa insieme di lesioni ad andamento cronico che hanno raggiunto l’evidenza clinica Rigonfiamento torbido cellule aumentate di volume “rigonfie” e il loro citoplasma ha perso la trasparenza, presentandosdi opaco, “torbido” opacità data dalla presenza di mitocondri rigonfiati (numerosi e piccoli granuli di natura proteica). o Sede: intracellulare o Metabolismo coinvolto: proteico e idrico o Organulo leso: mitocondrio o Organi più colpiti: fegato, rene, miocardio o Cause: agenti tossivi, stati di ipossia e ischemia Degenerazione vacuolare cellule con aumento di volume limitato, contenenti nel citoplasma cavità rotondeggianti, irregolari, otticamente vuote (vacuoli); degenerazione microvacuolare, macrovacuolare, vescicolare. o Sede: intracellulare o Metabolismo coinvolto: proteico o Organulo leso: lisosoma o Organi più colpiti: fegato, rene, miocardio o Cause: ipossia Degenerazione idropica le cellule sono fortemente rigonfiate a causa del notevole aumento del contenuto in acqua e il citoplasma appare pallido e omogeneo o Sede: intracellulare o Metabolismo coinvolto: idrico-salino o Organulo leso: membrana citoplasmatica o Organi più colpiti: rene (epitelio), endoteli o Cause: carenze di potassio, shock, sostanze tossiche, ustioni, malattie virali e batteriche Accumulo di lipidi quando piccole gocce di lipidi si trovano nel posto sbagliato o in quantità sbagliata; trigliceridi, acidi grassi, colesterolo e suoi derivati ( aterosclerosi), fosfolipidi (figure mieliniche) Lipofaneresi alterazione post-mortale in cui la comparsa di goccioline lipidiche senza aumento di lipidi indica una diversa distribuzione di grassi nella cellula 1. STEATOSI O DEGENERAZIONE GRASSA (reversibile) accumulo di trigliceridi e/o acidi grassi in cellule non ne contengono; un fegato steatotico aumenta di molto le sue dimensioni e anche il suo peso normale, il fegato normale tende ad avere colorazione tendente al rosa forte tendente a rosso mentre un fegato steatotico assume una colorazione giallastra o Steatosi macrovescicolare grosse gocce che contengono trigliceridi o Steatosi microvescicolare piccole gocce che contengono acidi grassi 2. CIRROSI EPATICA (irreversibile: stadio estremo della steatosi) malattia cronica ad andamento lento e progressivo caratterizzata da un’intensa fibrosi; la causa della steatosi permane nel tempo e dunque si instaura un processo di infiammazione cronica che innesca un processo di fibrosi, con produzione di tessuto fibrotico che con il tempo andrà a soffocare il tessuto epatico e a suddividere la struttura del fegato in tanti lobi STEATOSI determinate geneticamente: Morbo di Wolman, Abetalipoproteinemia STEATOSI da sovraccarico lipidico (dieta iperlipidica, diabete mellito, aumentata biosintesi degli acidi grassi) STEATOSI da carenza di proteine o Kwashiorkor (lipidi non smaltiti) STEATOSI da carenza di fattori lipotropi (smaltimento lipidico insufficiente e alterazione del metabolismo lipidico) STEATOSI da inibizione della sintesi proteica (avvelenamento da Amanita phalloides, -amanitina, e Aspergillus flavus, aflatossine) STEATOSI da blocco della secrezione (causata da colchicina, vinblastina, falloidina con blocco di tubulina) STEATOSI da iperossidazione lipidica (formazione di perossidi, composti chimici contenenti il legame O-O, danneggiano molecole biologiche) STEATOSI da abuso di alcool etilico (acetaldeide è tossica se contenuta in concentrazioni elevate) 3. DEGENERAZIONI EXTRACELLULARI il materiale si accumula all’esterno delle cellule Degenerazione ialina (materiale con aspetto omogeneo e translucido, accumuli di proteine di origine plasmatica che in seguito a processi infiammatori attraversano la barriera vasale e precipitano nel tessuto connettivo) Degenerazione fibrinoide (precipitazione di componenti della sostanza fondamentale e interazione con proteine di origine plasmatica; si riscontra in processi di infiammazione acuta o cronica, forme gravi di ipertensione o malattie di natura immunitaria) Degenerazione amiloide o Amiloidosi accumulo extracellulare di un materiale di natura proteica che appare debolmente eosinofilo ed estremamente amorfo, costituito da fibrille lineari, formate da due filamenti avvolti, rigide e non ramificate e associate a una componente pentagonale con forma a “ciambella”; le catene polipeptidiche dell’amiloide sono orientale perpendicolarmente rispetto all’asse della fibrilla e assumono una configurazione a -foglietto (la costituzione a -foglietto è tipica degli organismi vegetali e comporta un problema per l’organismo animale per quanto riguarda la digestione). Materiale proteico fibrillare 95%, componente P (glicoproteina del siero di natura globulare) e altre glicoproteine 5%. Precursori proteici normali con configurazione ad -elica: [ipotesi 1] subiscono processi di frammentazione che nel momento in cui polimerizzano formano catene polipeptidiche di tipo , [ipotesi 2] non vi è corretto assemblaggio e vanno incontro a misfolding o Amiloidosi localizzata APP, precursore glicoproteico della membrana plasmatica delle cellule neuronali) o Amiloidosi sistemica (amiloidosi primarie, amiloidosi secondarie) SAA, proteina del siero associata all’amiloide o Amiloidosi ereditaria SSA, precursore associato al siero MORBO DI ALZHEIMER forma di degenerazione amiloide, disordine degenerativo progressivo della corteccia cerebrale con esordio in età senile; riduzione di peso e volume dell’encefalo, ipotrofia della corteccia e ampliamento dei solchi e fessure della corteccia, aree o placche di amiloide e cellule con lunghi fasci anomali nel citoplasma. Forma familiare a esordio giovanile e forma sporadica a esordio senile; cure o terapie: inibitori dell’acetilcolina esterasi, antinfiammatori, farmaci antiossidanti, farmaci per il disturbo comportamentale ENCEFALOPATIE SPONGIFORMI malattie neurodegenerative caratterizzate da presenza nel sistema nervoso di depositi di sostanza amiloide e quindi di -fibrille; aspetto spugnoso, determinano turbe psicologiche e forme di demenza. Patogenesi: Proteina prionica costitutiva PrPc ad -elica (fisiologica, innocua) Proteina prionica patologica PrPres a -fibrille (patologica, simile all’amiloide), in gran parte resistente all’azione delle proteasi (esperimento di Western blot) 4. ACCUMULO DI PIGMENTI sostanze coloranti particolate, insolubili, che formano delle sospensioni Esogeni: o Fuliggine ANTRACOSI in tessuto polmonare: accumulo di polveri di carbone, porta a infiammazione cronica (con fibrogenesi), necrosi o Carbone o Tatuaggi Endogeni: o Melanina pigmento privo di Ferro prodotto dai melanociti e immagazzinato nei melanosomi che viene trasferito alle cellule epiteliati circostanti (cheratinociti) disponendosi attorno al nucleo perché ha il ruolo di schermare il DNA e proteggerlo dalle radiazioni; Albinismo (malattia che porta alla distruzione della melanina), Melanomi (tumori dei melanociti) o Emosiderina il Ferro, trasportato dalla transferrina, che non viene utilizzato può depositarsi sottoforma di Ferritina o Emosiderina (pigmento derivato dall’emoglobina) o Lipofucsina pigmenti di origine lipoproteica che derivano dall’interazione tra lipidi e proteine a livello citoplasmatico formando dei polimeri misti; si possono osservare come granuli di colore giallo, giallo-bruno e marroncino chiaro negli epatociti, nel miocardio e nel SNC 3a. Necrosi Lesione cellulare: Reversibile * Irreversibile (danno acuto o danno cronico) morte cellulare: NECROSI APOPTOSI *= punto di non ritorno passaggio da un danno reversibile a uno irreversibile Sensibilità cellulare cronologia dei cambiamenti biochimici e morfologici nel danno cellulare DANNO MITOCONDRIALE: si evidenzia attraverso il danneggiamento della membrana mitocondriale a livello della quale si creano pori di transizione (canali) 1) H+ exit pH ATP Necrosi 2) Liberazione nel citoplasma di citocromo c Apoptosi DEPLEZIONE DI ATP : in mancanza di O2 i tessuti riducono la produzione di ATP mediante il processo di Glicolisi (utilizzando come fonte metabolica il glucosio plasmatico e le riserve di glicogeno), perciò col tempo si assiste a un esaurimento delle riserve di ATP, che innesca la riduzione dell’attività della pompa Na+/K+ con accumulo intracellulare di Na+ e Ca++ e perdita di K+ con ingresso di H2O ( rigonfiamento che porta a lisi cellulare), a un aumento della velocità delle reazioni glicolitiche che porterà ad un accumulo di acido lattico con conseguente riduzione di pH intracellulare (pH) (alterazione della cromatina e denaturazione proteine), e a una riduzione della sintesi proteica a causa di un distacco dei ribosomi dalle membrane del RE ALTERAZIONI LEGATE ALL’OMEOSTASI DEL CALCIO: se uno dei meccanismi di regolazione del gradiente di calcio non funziona correttamente e si verifica un aumento della concentrazione di Ca2+ citosolico avverrà l’attivazione di Proteasi (danni alla MP), Fosfolipasi (degradano fosfolipidi), Endonucleasi (frammentazione DNA cellulare) e ATPasi (consumo riserve ATP) e danni alla membrana mitocondriale che possono portare alla liberazione del Citocromo C e indurre apoptosi o diminuzione delle riserve di ATP DANNO DA RADICALI LIBERI: specie chimiche con unico elettrone spaiato situato nell’orbitale più esterno la cui pericolosità sta nella loro forte instabilità e reattività poiché interagiscono con composti organici inducendo a loro volta trasformazione in radicali liberi innescando reazioni a catena - Radicale superossido (O2 -) - Radicale idrossilico (OH -) - Perossido di idrogeno (H2O2) Nel nostro organismo grazie a meccanismi antiossidanti questi radicali vengono neutralizzati, ma se provengono da fonti esogene possono reagire con le macromolecole: o Perossidazione lipidica danno membrane organelli o Ossidazione delle proteine funzionamento anomalo o Ossidazione DNA mutazioni ALTERAZIONI DELLA PERMEABILITA’ DELLA MEMBRANA: causate da aumento di Ca2+ citosolico ( attivazione proteasi e fosfolipasi), diminuzione di O2 disponibile ( diminuzione sintesi fosfolipidi), ROS ( perossidazione lipidica, perdita di lipidi) NECROSI complesso di alterazioni che si associano a morte cellulare (morte per cause non naturali) causate dalla progressiva azione degradativa di enzimi litici, si osservano estroflessioni di membrana, rigonfiamento del RE e dei mitocondri portando a disgregazione della membrana, degli organelli e del nucleo, causando la fuoriuscita all’esterno del contenuto e richiamo delle cellule infiammatorie (l’aspetto più importante della necrosi è che richiama un PROCESSO INFIAMMATORIO); l’aspetto morfologico della necrosi è il risultato dei processi di denaturazione delle proteine e della digestione enzimatica della cellula (enzimi di origine endogena autolisi. Enzimi di origine esogena eterolisi) Alterazioni enzimatiche: - Aumento eosinofilia - Aspetto più trasparente - Citoplasma vacuolato - Masse concentriche di fosfolipidi (figure mieliniche) Alterazioni nucleari: - Picnosi rimpicciolimento nucleo anche in APOPTOSI - Carioressi frammentazione nucleo - Cariolisi dissoluzione nucleo solo in NECROSI 1. Necrosi coagulativa Necrosi ischemica (infarto del miocardio) Necrosi caseosa 2. Necrosi colliquativa Infezione batterica Infarto cerebrale (rammollimento cerebrale ascesso cutaneo) GANGRENA necrosi massiva di vaste aree tissutali morte per disturbi ischemici - Gangrena secca (fenomeno di evaporazione dei liquidi) - Gangrena umida (infezione batterica su gangrena secca) - Gangrena gassosa (superinfezione di una ferita da parte di batteri anaerobi) STEATONECROSI NON è una condizione di necrosi ma una situazione in cui gli eventi di morte cellulari sono associati a massiccia distruzione di materiali di natura lipidica Evoluzione del focolaio necrotico: perdita di tessuto lieve perdita di tessuto estesa calcificazione Ripercussioni sistemiche della necrosi: dolore, febbre, leucocitosi, aumento nel sangue di enzimi che provengono dalle cellule morte Test del Trypan Blue (per la conta vitale) colorante che può penetrare all’interno della cellula quando la sua membrana è rovinata Test colorimetrico dell’MTT saggio di citotossicità di tipo colorimetrico, valutazione dell’efficienza mitocondriale; MTT = sale di tetrazolio, che se messo a contatto con le cellule viene ridotto dalle deidrogenasi mitocondriali e determina la formazione di cristalli di formazano che si depositano a livello dei mitocondri in cellule vitali (colorazione violacea) 3b. Apoptosi APOPTOSI morte cellulare programmata, processo per eliminare le cellule invecchiate e mantenere costante la quantità di cellule che compongono un tessuto; le cellule sono indotte al suicidio nel corso del quale avviene degradazione DNA, delle proteine citoplasmatiche e nucleare, NON attiva processo infiammatorio Apoptosi fisiologica: - Distruzione programmata nell’embriogenesi - Involuzione ormone-dipendente nell’adulto (cellule endometriali) - Eliminazione cellulare in popolazioni di cellule proliferanti - Eliminazione di cellule che hanno esaurito utilità, potenzialmente pericolose, citotossiche Apoptosi patologica: - Danno al DNA - Malattie virali - Neoplasie Caratteristiche biochimiche dell’apoptosi: o Attivazione delle Caspasi proteine di una famiglia di cisteina proteasi suddivise in due classi (Caspasi iniziatrici e Caspasi effettrici), normalmente in forma inattiva (pro-enzimi) che vengono attivate in seguito da processi di rottura enzimatica o Rottura del DNA o Alterazione della membrana e ricognizione fagocitaria Quando si rileva la presenza di caspasi (attive) significa che è in corso un processo di apoptosi. La membrana delle cellule apoptotiche espone sullo strato esterno residui di FOSFATIDILSERINA (residui fosfolipidici) che consentono il riconoscimento da parte dei Fagociti. Fasi dell’apoptosi: Fase di innesco Controllo e integrazione Fase comune di esecuzione Rimozione delle cellule morte Due tipi di vie che innescano il processo di apoptosi: 1. VIA ESTRINSECA o DI RECETTORI DI MORTE innescato da stimoli esterni percepiti da “recettori di morte cellulare” (Fas e Recettore del TNF) innescando il processo apoptotico e attivando proteine con ruolo di attivazione delle caspasi 2. VIA INTRINSECA o MITOCONDRIALE normalmente fattori di crescita stimolano la produzione di proteine anti-apoptotiche come BCL2 (N.B. questa famiglia comprende sia proteine che inibiscono l’apoptosi che proteine che la stimolano) e BCLX che regolano la permeabilità delle membrane mitocondriali e impediscono la fuoriuscita di proteine; quando si assiste all’attivazione di sensori del danno e di stress questi attivano gli effettori della famiglia BCLX (BAX, BAK) che inducono l’apoptosi (attivazione caspasi iniziatrici, trasmissione segnale a caspasi effettrici, formazione estroflessioni di membrana e corpi apoptotici che espongono all’esterno recettori specifici di fosfatidilsiderina per richiamare i fagociti) Ricorda!! - Induzione apoptosi attraverso via mitocondriale intervento dei sensori ed effettori della famiglia BCL2 induzione fuoriuscita proteine mitocondriali - Attivazione dei recettori di morte conduce direttamente all’attivazione delle caspasi 4. Infiammazione È la risposta al danno dei tessuti vascolari, il suo scopo è recapitare leucociti e fluidi nella sede del danno; le “cellule sentinella” sono presenti nei tessuti in numero limitato per avvisare e richiamare quelle che ci sono nei vasi sanguigni. Ruolo infiammatorio reclutare cellule con capacità fagocitaria dal sangue all’area danneggiata Emostasi processo che consente la coagulazione e quindi la chiusura dell’emorragia Mediatori chimici dell’infiammazione segnali che richiamano nella sede di danno le cellule della difesa e il plasma ESSUDATO infiammatorio costituito dalle cellule della difesa (leucociti) e dai liquidi emessi dai vasi Il tessuto danneggiato libera mediatori chimici che diffondono verso i vasi sanguigni circostanti, provocando la reazione vasale e cellulare: formazione di essudato costituito da cellule e liquido. Diapedesi migrazione dei leucociti Tumefazione essudazione (fuoriuscita) di cellule e liquidi a cui consegue il dolore INFIAMMAZIONE risposta a cause di tipo generico il cui obiettivo fisiologico è quello di difendere l’organismo, ha lo scopo di circoscrivere, eliminare e riparare (non è una patologia vera e propria); è una risposta abbastanza generica, aspecifica che segue degli eventi standard Cellule e proteine implicate nella risposta infiammatoria: LEUCOCITA POLIMORFONUCLEATO eliminazione microbi e tessuto morto LINFOCITI risposta immunitaria MONOCITI eliminazione microbi e tessuto morto; si distribuiscono nei tessuti dove si trasformano diventando MACROFAGI MASTOCITI fonte di mediatori dell’infiammazione, azione fagocitaria CELLULE ENDOTELIALI fonte di mediatori dell’infiammazione PIASTRINE fattori della coagulazione PROTEINE PLASMATICHE produttore di mediatori dell’infiammazione, eliminazione di microbi, fattori della coagulazione e chininogeni PROTEINE DELLA MATRICE EXTRACELLULARE E CELLULE COME FIBROBLASTI processo di riparazione Formula leucocitaria: o NEUTROFILI nucleo trilobato o polilobato, granulazioni piccole e numerose (lisosomi, fagosomi e corpi residui), colore giallastro o EOSINOFILI nucleo bilobato e citoplasma chiaro, granulazioni più grosse, colore rosa o rosso vivo o BASOFILI scarse e voluminose granulazioni, basofilia Infiammazione ACUTA la riparazione del tessuto segue la riparazione del danno; decorso rapido CRONICA distruzione e riparazione del tessuto avvengono contemporaneamente; decorso lento - Infiammazione cronica granulamentosa le cellule giganti vanno a disporsi attorno all’agente infettivo e sostituiscono il tessuto danneggiato con un nuovo tessuto Edema infiammatorio liquido ricco di cellule, neutrofili 4a. Infiammazione acuta 1. Modificazione del calibro dei vasi e del flusso sanguigno 2. Aumento della permeabilità con formazione di essudato Fenomeni vascolari 3. Migrazione leucocitaria 4. Fagocitosi Fenomeni cellulari REAZIONE TRIPLICE: 1. Vasocostrizione 2. Vasodilatazione (causata da mediatori dell’infiammazione come l’istamina e l’ossido di azoto), a cui seguono aumento della permeabilità del vaso, fuoriuscita di essudato che aumentano viscosità del sangue * 3. Stasi e marginazione leucocitaria *La permeabilizzazione vascolare è un degli elementi fondamentali del processo infiammatorio. Nel corso di una reazione infiammatoria: o Pa o o Uscita di liquidi e formazione di essudato Le cellule endoteliali all’esterno sono circondate da periciti, in grado di fagocitare e di organizzare le cellule endoteliali: l’endotelio rappresenta una barriera di permeabilizzazione. Tipi di permeabilizzazione vascolare: 1. Contrazione delle cellule endoteliali “risposta immediata transiente o transitoria”, determinata da mediatori come l’istamina e la bradichinina che si legano ai recettori delle cellule endoteliali attivando vie che vanno a fosforilare proteine endoteliali come la miosina, che si contraggono 2. Riorganizzazione del citoscheletro delle cellule endoteliali risposta ritardata prolungata, intervengono mediatori come l’interleuchina 1 (IL-1) o fattori di necrosi tumorale (TNF) che aumentano la permeabilità vascolare a causa di una riorganizzazione interna del citoscheletro 3. Danno endoteliale ritardato risposta ritardata prolungata, in seguito all’esposizione a un agente dannoso (scottature, radiazioni) 4. Lesione endoteliale diretta es. lesioni necrotiche, ustioni gravi o infezioni dovute a batteri litici 5. Lesione endoteliale mediata da leucociti la funzione dei leucociti è aderire all’endotelio, tuttavia c’è la possibilità che in questa fase i neutrofili liberino ROS che causano danni alle pareti e determinano il distacco endoteliale 6. Angiogenesi formazione di nuovi vasi sanguigni, costituiti però da cellule endoteliali fragili e immature L’aumento della permeabilità può essere causato da: o Risposta immediata transitoria Portano alla fase di MIGRAZIONE LEUCOCITARIA o Risposta immediata sostenuta o Risposta immediata prolungata EDEMA accumulo di liquido extravascolare nei tessuti interstiziali o nelle cavità sierose come ESSUDATO o TRASUDATO - ESSUDATO liquido infiammatorio extracellulare con elevata concentrazione proteica contenente proteine plasmatiche e cellule ematiche e con peso specifico elevato; aumento della permeabilità dei vasi - TRASUDATO liquido con basso contenuto di proteine e con peso specifico ridotto determinato da alterazioni omeostatiche delle forze emodinamiche NO aumento della permeabilità dei vasi Chemiotassi movimento di una cellula richiamata da una sostanza I neutrofili si muovono lungo un gradiente chemiotattico con una velocità di 30m/min ROULEAUX aggregati che i globuli rossi tendono a creare in una situazione di processo infiammatorio con lo scopo di - schiacciare i leucociti contro la parete aiutandoli ad aderire - non rischiare di fuoriuscire da un endotelio permeabilizzato In una situazione di infezione da parte di alcuni microbi le prime cellule attivate sono i MACROFAGI CIRCOLANTI “SENTINELLA”. Vi è poi l’attivazione dei macrofagi tissutali, delle cellule endoteliali e dei mastociti in grado di produrre mediatori dell’infiammazione ed esporre proteine di superficie. Quando i macrofagi vengono attivati si producono citochine pro-infiammatorie e chemochine che hanno funzione chemiotattica; le citochine pro-infiammatorie inducono un’infiammazione delle cellule endoteliali, le quali espongono sulla superficie molecole di adesione come la P-selectina, la E-selectina, l’ICAM-1 o PECAM-1. La P-selectina è in grado di riconoscere una glicoproteina modificata che si trova sulla parete dei leucociti e qui avviene il primo contatto tra i leucociti e le cellule endoteliali; importanti le chemochine perché si legano a proteoglicani sulla parete delle cellule endoteliali e, una volta legati a recettori sui leucociti (integrine), i proteoglicani ne determinano l’attivazione. I leucociti adesi all’endotelio diventano in grado di rispondere alle chemochine, mettendone in moto l’apparato citoscheletrico: queste cellule iniziano a invaginarsi per attraversare l’endotelio e quando si trovano nella matrice extracellulare inizia il loro processo chemiotattico. Ricapitolando: 1. P-selectina Legame reversibile 2. E-selectina 3. Chemochina-proteoglicano 4. Integrina a bassa affinità integrina ad alta affinità ICAM-1 5. PECAM-1 attivazione citoscheleto invaginazione Legame irreversibile 6. CHEMIOTASSI RECETTORI ACCOPPIATI A PROTEINE G a 7 domini proteici transmembrana e in grado di riconoscere: - Chemochine (esistono anche recettori per le citochine infiammatorie) - Peptidi di origine batterica - Mediatori lipidici RECETTORI TOLL-LIKE (TLR) riconoscono strutture e tossine di origine batterica es. endotossina batterica dei Gram-negativi o i LPS RECETTORI DI FAGOCITOSI e RECETTORI PER LE OPSONINE consentono la fagocitosi dei microbi opsonizzati da parte dei leucociti OPSONIZZAZIONE la superficie del bersaglio viene rivestita con proteine plasmatiche es. immunoglobuline; l’anticorpo funzione come un ligando: - La parte Fab riconosce e si lega all’organismo (braccia) - La parte Fc sporge e si incastra sui recettori di membrana del fagocita (coda) FAGOCITOSI processo mediante il quale alcuni leucociti sono in grado di inglobare materiali esterni all’organismo, microrganismi, detriti cellulari per poi procedere alla loro degradazione enzimatica ed eliminazione 1. Riconoscimento e attacco (mediante recettori9 2. Ingestione (pseudopodi e inglobazione in fagosomi, fago-lisosoma) 3. Uccisione e degradazione (enzimi lisosomiali e proteine ad azione citotossica, molecole ad azione antiossidante Burst ossidativo aumento improvviso del consumo cellulare di O2 con la conseguente produzione di radicali liberi (ROS) MECCANISMI BATTERICIDI OSSIGENO-DIPENDENTI: o ENZIMA MIELOPEROSSIDASI (MPO) liberato all’interno dei fago-lisosomi dei neutrofili, trasforma il Perossido di idrogeno in Ipoclorito (HOCl) potente agente antibatterico H2O2 HOCl o ANIONE SUPEROSSIDO O2- e RADICALE IDROSSILE OH- hanno attività battericida MECCANISMI BATTERICIDI OSSIGENO-INDIPENDENTI: o LISOZIMA attacca legame NAM e NAG della PC batterica o DEFENSINE peptidi tossici per i batteri o PROTEINA BASICA MAGGIORE DEGLI EOSINOFILI (cationica) citotossica per i parassiti che attaccano gli eosinofili o LATTOFERRINA proteina che lega il Ferro sottraendolo ai microrganismi che lo usano come fattore di crescita o PROTEINA CATIONICA BPI (Proteina Permeabilizzabile Battericida) attiva una fosfolipasi che degrada i fosfolipidi di membrana dei microrganismi SUPPURAZIONE processo che porta alla formazione di pus che a seconda della localizzazione è denominato - EMPIEMA raccolta circoscritta di pus in una cavità naturalmente esistente - ASCESSO raccolta circoscritta di pus in una cavità neoformata dell’organismo - FLEMMONE essudato purulento che diffonde invadendo il tessuto circostante Esiti dell’infiammazione: 1. RISOLUZIONE 2. INFIAMMAZIONE ACUTA 3. INFIAMMAZIONE CRONICA 4. FIBROSI Mediatori chimici dell’infiammazione gruppo di sostanze generate nel focolaio infiammatorio che modulano la risposta infiammatoria e sono capaci di indurre vasodilatazione, aumento della permeabilità vascolare e chemiotassi dei leucociti; derivati da cellule o di origine plasmatica AMINE VASOATTIVE mediatori preformati in granuli secretori; sostanze a basso peso molecolare caratterizzate da una capacità di azione immediata e a vita breve: ISTAMINA: - Ampio spettro d’azione - Contenuta in granuli dei MASTOCITI del tessuto connettivo, nei BASOFILI e nelle PIASTRINE circolanti - Secreta per degranulazione in risposta a diversi stimoli - Funzioni: contrazione cellule muscolari lisce, dilatazione arteriole, aumento permeabilità vascolare SEROTONINA (5-idrossitriptamina): - Sostanza del siero che aumenta la pressione - Contenuta in PIASTRINE (uomo), mastociti (roditori) - Rilasciata in risposta all’aggregazione piastrinica e in presenza di PAF - Funzioni: aumento permeabilità, contrazione arterie, dilatazione arteriole, stimolazione fibroblasti ENZIMI LISOSOMIALI: - LISOSOMI contengono diversi tipi di enzimi rilasciati in ambiente extracellulare attraverso degranulazione - Contenuti in GRANULOCITI NEUTROFILI e MONOCITI/MACROFAGI - Funzioni: partecipano ai processi infiammatori Tipi di granuli nei NEUTROFILI: o Granuli primari o azzurrofili o Granuli secondari o specifici o Granuli terziari ricchi in gelatinasi o Vescicole secretorie ACIDO ARACHIDONICO acido grasso insaturo (20C) rilasciato a partire dai fosfolipidi di membrana grazie alla FOSFOLIPASI (PLP) successivamente metabolizzato da CICLOSSIGENASI e LIPOSSIGENASI MEDIATORI SINTETIZZATI EX-NOVO: o Mediatori derivati da fosfolipidi di membrana eicosanoidi e PAF (fattore di attivazione delle piastrine) o Metaboliti dell’acido arachidonico o eicosanoidi CICLOSSIGENASI: LIPOSSIGENASI: - Prostaglandine (PG-) - Lipossine (LX-) - Prostacicline - Leucotrieni (LT-) - Trombossani (TX-) Vasocostrizione TX-A2, LT-C4, LT-D4, LT-E4 Vasodilatazione PG-I2, PG-E1, PG-E2, PG-D2 Aumento permeabilità vascolare LT-C4, LT-D4, LT-E4 Chemiotassi, adesione, leucocitosi LT-B4, HETE, LX- OSSIDO NITRICO (NO) gas diffusibile prodotto dalla L-Arginina (agisce su cellule vicine a quelle che lo hanno prodotto) per azione della NO Sintetasi (NOS), in 3 isoforme: - eNOS (NOS endoteliali) NOS costitutive - nNOS (NOS neuronali) - iNOS (NOS inducibili) NOS inducibile L’NO (innescato anche nel fenomeno dell’angiogenesi) induce vasodilatazione, riduzione dell’adesione e dell’aggregazione piastrinica, inibizione di aggregazione e secrezione di molecole vasocostrittrici. All’interno dei fagolisosomi l’NO viene prodotto insieme alle ROS per uccidere microbi fagocitati. CITOCHINE proteine solubili che modulano l’attività di cellule e tessuti mediante legame a specifici recettori; agiscono come mediatori chimici in diverse reazioni sia infiammatorie che immunitarie. Differiscono dagli ormoni perché NON sono prodotte da cellule specializzate e non sono prodotte in un organo singolo - INTERLEUCHIINE amplificazione risposta infiammatoria Monochine Linfochine - CHEMOCHINE chemiotassi Interleuchine pro-infiammatorie importanti: Interleuchine anti-infiammatorie importanti: TNF- IL-6 IL-1 TNF- (?) IL-6 IFN (IFN-) TNF o FATTORE DI NECROSI TUMORALE capacità di indurre la necrosi tumorale, prodotto in risposta a processi infiammatori di tipo acuto contro batteri e altri patogeni; favorisce l’adesione e il reclutamento di leucociti, la permeabilizzazione e migrazione e induce i leucociti a produrre altri mediatori (interleuchine e chemochine) INTERLEUCHINA 1 (IL-1) mediatore centrale dell’infiammazione e della fibrosi, agisce su tutte le cellule degli organi ed è coinvolta nella patogenesi INTERLEUCHINE 6 (IL-6) prodotta in quasi tutti i tipi di cellule del sistema immunitario e delle cellule stromali, ha un ruolo nel metabolismo dei lipidi e nelle reazioni dell’immunità innata oltre che un ruolo pro-infiammatorio protettivo nelle infiammazioni; N.B. IL-6 ha azione sia pro-infiammatoria che anti-infiammatoria a seconda della situazione IL-1 e IL-6 sono AGENTI PIROGENI ENDOGENI in grado di indurre la febbre attraverso l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi andando a stimolare la produzione delle prostaglandine (PG); effetti sistemici protettivi: febbre, induzione della produzione di proteine della fase acuta, aumento della fagocitosi IFN o INTERFERONI interferiscono con lo sviluppo di infezioni virali; 3 classi: - IFN-1 - IFN-2 (IFN-) - IFN-3 INTERLEUCHINA 10 (IL-10) citochina anti-infiammatoria prodotta dai linfociti B e T attivati, è in grado di inibire la sintesi di citochine pro-infiammatorie e quindi ha attività opposta CHEMOCHINE citochine a basso peso molecolare che hanno 2 funzioni: stimolano reclutamento leucociti, controllano migrazione cellulare MEDIATORI DI ORIGINE PLASMATICA: Il FATTORE IX o FATTORE DI HAGEMAN è il punto comune di attivazione e connessione dei vari sistemi del plasma. 1. SISTEMA DEL COMPLEMENTO meccanismo di difesa dell’immunità innata, le sue funzioni sono: favorire le opsonizzazioni, favorire la fagocitosi, attivare funzioni pro-infiammatorie, rimuovere dei complessi immuni; le molecole del complemento circolano in forma inattiva e si attivano a cascata durante il processo di infiammazione, sono costituite da due frammenti: uno più grande che si lega al bersaglio e uno più piccolo che con l’attivazione diffonde lontano dal sito e modula le risposte infiammatorie. 3 vie dell’attivazione del complemento: - Via classica anticorpi Igm e Igg + antigeni solubili o antigeni sulla superficie della cellula bersaglio - Via alternativa o properdenica attivazione diretta della componente C3 - Via della Lectina dipendente (Lectina legante Mannosio) legame Lectina-Mannosio senza la presenza di anticorpi Indipendentemente dalle 3 vie l’evento cruciale è sempre l’attivazione della COMPONENTE C3 che determina l’attivazione delle altre molecole del complemento. “Complesso di attacco alla membrana” struttura macromolecolare formata dall’interazione sequenziale delle molecole del complemento; ordine di azione: C1, C4, C3, C2 (C5, C6, C7, C8, C9). Questo complesso forma un grande canale consentendo a ioni e molecole di diffondere nella membrana e causarne la lisi 2. SISTEMA DELLE CHININE o SISTEMA CHININA-CALLICERINA sistema di proteine del sangue implicate in processo infiammatorio, controllo della pressione arteriosa, coagulazione; avviene una cascata enzimatica di attivazione perché la callicerina origina dalla pre-callicerina, che è attivata dal fattore IX o fattore di Hageman CHININE piccoli peptidi che si formano dai chininogeni per azione di enzimi chiamati CALLICERINE 3. SISTEMA DELLA COAGULAZIONE può essere attivato attraverso: VIA ESTRINSECA VIA INTRINSECA Il sangue è esposto a tessuti extravascolari ricchi di un Attivata dal FATTORE IX o FATTORE DI HAGEMAN fattore tissutale (tromboplastina) che induce che porta all’attivazione del FATTORE X e alla l’attivazione del FATTORE COMUNE o FATTORE X conversione della Protrombina in TROMBINA Convergono sulla produzione della TROMBINA La trombina trasforma il FIBRINOGENO (solubile nel plasma) in FIBRINA (forma spontaneamente del polimeri). uubuib FIBRINA forma una rete che intrappola le cellule per favorire la coagulazione del sangue, poi la sua azione dovrà essere interrotta attraversi la FIBRINOLISI Sistema fibrinolitico tra le componenti del coagulo vi è il plasminogeno (inattivo) che viene convertito in plasmina con il compito di degradare la fibrina e fermare il processo di coagulazione 4b. Infiammazione cronica È una risposta di lunga durata alla lesione in cui l’infiammazione attiva, la distruzione del tessuto e i tentativi di riparazione procedono simultaneamente. INFIAMMAZIONE ACUTA: INFIAMMAZIONE CRONICA: CELLULE PLURINUCLEATE (granulociti, neutrofili) CELLULE MONONUCLEATE (macrofagi, linfociti B e T) Cause dell’infiammazione cronica: o Infezioni persistenti o Esposizione prolungata o accidentale ad agenti esogeni ed endogeni potenzialmente tossici o Malattie da ipersensibilità MACROFAGI fanno parte dei sistema dei fagociti-mononucleati che è costituito da cellule originate nel midollo osseo, si distribuiscono nel tessuto connettivo e in alcuni organi (cellule di Kupffer, macrofagi elveolari, cellule della microglia); queste cellule derivano da un precursore comune che poi darà origine ai monociti circolanti, essi escono dal sangue e migrano nei vari tessuti dove si differenziano nei vari tipi di macrofagi. Dopo l’attivazione secernono prodotti biologicamente attivi per eliminare egenti lesivi e iniziare il processo riparativo LINFOCITI essenziali nelle risposte immunitarie umorali e cellulo-mediate, si suddividono in: - Linfociti B maturano in plasmacellule e producono anticorpi - Linfociti T cellule regolatrici (T helper, T suppressor) e cellule effetrici (ipersensibilità ritardata, risposta linfocitaria mista, cellule K); Linfociti T CD4+: Linfociti Th1, Th2, Th17 PLASMACELLULE (derivano dal Linfociti B) sintesi e secrezione di anticorpi, infiammazione cronica MASTOCITI legano le immunoglobuline di tipo E (IgE), contengono granuli elettron-densi FIBROBLASTI cellule coinvolte nell’infiammazione cronica che intervengono durante il processo riparativo In base al tipo di agente che innesca l’infiammazione cronica possono verificarsi due tipi di risposte infiammatorie chiamate RISPOSTE POLARIZZATE, che dipendono dalla tipologia dei linfociti T helper coinvolti: 1. RISPOSTA POLARIZZATA DI TIPO 1 attivata dall’infezione da parte di micobatteri, miceti e listerie - Attivazione reciproca tra MACROFAGI e TH1 - I macrofagi attivati secernono IL-12 - che a sua volta attiva IFN- - che attiverà a sua volta i macrofagi - inducendoli a produrre MEDIATORI 2. RISPOSTA POLARIZZATA DI TIPO 2 in caso di reazioni allergiche o in presenza di protozoi - Interazione continua tra MACROFAGI e TH2 - questi ultimi producono IL-4, IL-5, IL-3 - che attivano a loro volta i macrofagi GRANULOMI NON IMMUNOLOGICI (da corpo estraneo) distribuzione confusa dei nuclei IMMUNOLOGICI distribuzione ordinata dei nuclei Le cellule che si trovano all’interno dei granulomi contengono: o MACROFAGI o LINFOCITI o CELLULE GIGANTI RICORDA! La loro presenza nei preparati indica che c’è un’infiammazione granulamentosa o PLASMACELLULE o FIBROBLASTI Mediatori chimici dell’infiammazione cronica: - Fattori del complemento attivato - Chemochine Reclutamento continuo dei macrofagi - Fattore di crescita derivato dalle piastrine - Citochine Immobilizzazione dei macrofagi nel focolaio infiammatorio - Lipidi ossidati Aumento PIROGENI ENDOGENI aumento PROSTAGLADINE (via delle ciclossigenasi) PROSTAGLANDINE PIROGENI agiscono sulla produzione di neurotrasmettitori a livello dell’ipotalamo (centro PIROGENI termoregolatore) ESOGENI: ENDOGENI: Citochine (rilasciate Sostanze batteriche dei leucociti) o Fattore di crescita dei fibroblasti produce matrice extracellulare o Fattore di crescita dell’endotelio vascolare angiogenesi o Interleuchina 1 (IL-1) proliferazione dei fibroblasti PROTEINE DELLA FASE ACUTA (PFA) proteine normalmente non presenti o presenti in quantità basse la cui concentrazione plasmatica aumenta in seguito a eventi infiammatori, prodotte nel fegato - PROTEINA C REATTIVA (CRP) - SIERO AMILOIDE A (SAA) - FIBRINOGENO VELOCITA’ DI ERITROSEDIMENTAZIONE (VES) indicatore non specifico di uno stato infiammatorio dovuto alle proteine della fase acuta (Fibrinogeno e Fibrinectina) LEUCOCITOSI aumento dei globuli bianchi (15.000/20.000 contro 7.000/10.000 valori normali) Innalzamento neutrofili Innalzamento cellule mononucleate Innalzamento eosinofili - Leucocitosi neutrofila (infiammazione acuta) infezione batteriche - Leucocitosi linfomonocitaria (infiammazione cronica) infezioni virali - Leucocitosi eosinofila reazioni allergiche Infiammazione eccessiva: - Allergie - Malattie autoimmuni - Malattie neurodegenerative 4c. Guarigione Prevede due fenomeni (spesso è una combinazione tra entrambi): 1. RIGENERAZIONE o IPERPLASIA COMPENSATORIA* proliferazione delle cellule di un tessuto sopravvissute al danno e differenziazione in strutture specializzate (proliferazione delle cellule parenchimali) 2. RIPARAZIONE o CICATRIZZAZIONE quando la perdita di una sostanza è consistente e le cellule parenchimali sono incapaci di rigenerare (proliferazione delle cellule mesenchimali), formazione di cicatrice connettivale con deposizione di collagene CELLULE LABILI proliferazione continua RIGENERAZIONE CELLULE STABILI quiescenti ma in grado di proliferare se stimolate CELLULE PERENNI quiescenti e incapaci di proliferare RIPARAZIONE * = avviene nel fegato, dove in condizioni fisiologiche gli epatociti sono cellule stabili o quiescenti; la loro capacità replicativa si esprime nel caso in cui gli epatociti vengano danneggiati e si manifesti una riduzione della massa epatica. Questi epatociti, in risposta a delle citochine, entrano nella fase di priming, ed è necessario entrare nella fase di progressione stimolata da fattori di crescita (tra cui HFG e TGF) e questa è irreversibile; l’epatocita compie uno o due cicli cellulari dopodiché interverranno altri fattori di crescita (tra cui TGF) che inibiranno la crescita degli epatociti (fase di quiescenza) bloccando la loro proliferazione. CELLULE STAMINALI popolazione di cellule in grado di autoreplicarsi oppure dare origine ad altri tipi di cellule differenziate; ad ogni ciclo mitotico viene generata 1 cellula identica alla cellula madre e con capacità di proliferazione e 1 cellula che può differenziarsi Tessuti molto vascolarizzati tendono a guarire più velocemente rispetto a tessuti con scarso apporto ematico perché i vasi favoriscono il movimento cellulare, l’apporto di nutrienti e ossigeno al tessuto. Elevati livelli di ORMONI GLUCOCORTICOIDI circolanti esplicano un’attività antinfiammatoria e accelerano il processo di guarigione. ANGIOGENESI processo fisiologico importante per la riparazione stimolato da condizioni di IPOSSIA e fattori di crescita e mediatori, determina lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni. Le cellule sottoposte a ipossia mettono in atto meccanismi per reclutare FATTORI HIF (Fattori di Trascrizione Inducibili da Ipossia) 1. GEMMAZIONE aumento della permeabilità dovuto alla presenza di acido nitrico (NO vasodilatazione) e fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF aumento permeabilità vascolare; contrastato dall’angiopoietina-1, che inibisce il processo) per cui le cellule endoteliali allentano tutte le giunzioni cellulari favorendo la fuoriuscita delle proteine pllasmatiche; gemmazione migrazione delle cellule endoteliali 2. RIMODELLAMENTO DELLA ECM E MIGRAZIONE EC le EC si muovono grazie alle metallo- proteasi (MMP) che degradano la membrana basale/matrice e favoriscono la fuoriuscita delle cellule (le cellule endoteliali escono ordinatamente: Tip cell è la cellula leader, Stalk cell tutte le altre cellule dietro); angiotensina e angiostatina hanno carattere inibitorio 3. PROLIFERAZIONE DELLE EC si formano strutture tubulari 4. FORMAZIONE DEL LUME E ORGANIZZAZIONE TRIDIMENSIONALE mediatori come VEGF e MMP, inibitori come trombospondina 5. STABILIZZAZIONE DEL VASO NASCENTE PERICITI cellule che servono a stabilizzare e dare solidità al vaso; PDGF fattori di crescita che favoriscono il reclutamento dei periciti 6. REGRESSIONE DEL VASO rimozione degli stimoli angiogenici, riduzione del flusso ematico - Proteine connettivali fibrose (collagene III, I, V, IX, Matrice extracellulare: Membrana basale elastina) Matrice interstiziale- Proteoglicani e acido ialuronico - Oligoproteine di adesione (integrine, selectine, cadeine) Guarigione delle ferite: 1. Formazione del coagulo e innesco della reazione infiammatoria 2. Migrazione e proliferazione fibroblasti e cheratinociti - Per prima intenzione 3. Angiogenesi e formazione tessuto di granulazione - Per seconda intenzione 4. Deposizione orientata di collagene e formazione cicatrice (regressione edema, dell’infiltrato leucocitario e neo- vascolarizzazione) CICATRICE tessuto di colorazione pallida, 5. privo di vasi edella Fenomeno costituito da fibroblasti contrazione allungati immersi in una della ferita matrice costituita da collagene di tipo I 6. Guarigione e riacquisizione proprietà meccaniche della cute 7. Disidratazione strati superficiali (“crosta” o “escara”) Contrazione della ferita fenomeno che avviene nel caso di ferite particolarmente estese (ferite di seconda intenzione) e che serve a far riavvicinare il più possibile i lembi di una ferita riducendone l’estensione; richiede che ci siano i MIOFIBROBLASTI esprimono -actina, hanno capacità di contrarsi ULCERA lesione locale della superficie di un organo o tessuto prodotta dall’eliminazione di tessuto necrotico infiammato, che NON tende a guarire spontaneamente; due stadi: acuta (polimorfonucleati), cronica (fibroblasti e mononucleati) - Erosione lesione confinata alla mucosa - Escavazione lesione più profonda Perforazione se l’acido gastrico causa un danno esteso l’ulcera penetra nella parete FIBROSI eccesso di deposizione di collagene e dei componenti della matrice; risultato finale di un processo di fibrogenesi innescato da un’infiammazione Con la STEATOSI, un processo reversibile, nel momento in cui gli epatociti cominciano a essere occupati all’interno di lipidi, innescano un processo di infiammazione cronica; se questo continua nel tempo, evolverà e determinerà la formazione di setti fibrosi nel parenchima epatico. Questi inizieranno a occupare gli spazi del fegato e andranno a schiacciare gli epatociti, innescando un’ulteriore lesione cellulare. I setti fibrosi ostacoleranno l’arrivo di nutrienti e ossigeno dai vasi sanguigni, scatenando anche un fenomeno di ipossia; l’innesco della FIBROSI può diventare un processo irreversibile CIRROSI Aspetti patologici della riparazione delle ferite: o Inadeguata: - Deiescenza (riapertura ferita o cicatrice) - Ulcerazione (mancanza di un tratto di rivestimento epidermico) o Esagerata: contrazione della ferita (contrattura) o Eccessiva: cheloidi (eccessiva produzione di collagene), cicatrici ipertrofiche 6. Tumori Crescita alterata in modo ereditario e relativamente autonomo di un tessuto, NON è trasmesso da genitore a figlio ma da cellula madre a cellula figlia; 4 aspetti principali: 1. Afinalistici 2. Atipici 3. Autonomi 4. Aggressivi TUMORI BENIGNI TUMORI MALIGNI - Crescita definita - Crescita rapida - Non infiltranti - Infiltranti - Non fuoriescono dalla membrana - In grado di metastatizzare e nella quale crescono condurre a morte NEOPLASIA (sinonimo di tumore) massa abnorme di tessuto la cui crescita supera in maniera scoordinata quella dei tessuti normali progredisce anche dopo la cessazione degli stimoli (a differenza dell’IPERPLASIA) Forme dei tumori benigni delle superfici di rivestimento: o Polipo sessile forma di clava, senza prolungamento o Polipo peduncolato forma di clava, con prolungamento (peduncolo) o Papilloma escrescenza con numerose espansioni digitiformi ADENOMI tumori BENIGNI che ADENOCARCINOMI tumori derivano dalle ghiandole MALIGNI che derivano dalle ghiandole DIFFERENZIAZIONE grado di somiglianza morfologica e funzionale tra le cellule parenchimali neoplastiche e le corrispondenti cellule normali o TUMORI BEN DIFFERENZIATI tipico dei tumori BENIGNI o TUMORI SCARSAMENTE DIFFERENZIATI O INDIFFERENZIATI tipi dei tumori MALIGNI Crescita rapida: - Aumenta la basofilia citoplasmatica - I nucleoli aumentano di dimensioni e di numero - Il contenuto di glicogeno è elevato ANAPLASIA espressione morfologica della malignità Aspetti atipici: PLEOMORFISMO CELLULARE E NUCLEARE RAPPORTO NUCLEO-CITOPLASMA INVERTITO PRESENZA DI 1 O PIU’ NUCLEOLI MITOSI ATIPICHE CELLULE NEOPLASTICHE GIGANTI POLARITA’ DI CRESCITA INVERTITA SECREZIONI DISORDINATE Tutte le cellule tumorali esprimono le TELOMERASI enzima che consente di allungare le stremità dei cromosomi e permettere la replicazione del DNA; normalmente nelle cellule differenziate la telomerasi è inattiva Anomalie di comportamento: IMMORTALITA’ PERDITA DELLA DIPENDENZA DA ANCORAGGIO PERDITA DELL’INIBIZIONE DA CONTATTO PERDITA DELL’ORIENTAMENTO DIPENDENTE DA SUBSTRATO DIMINUITA NECESSITA’ DEI FATTORI DI CRESCITA Alterazioni funzionali e biochimiche: Motilità e chemiotassi molti tipi di cellule neoplastiche sono in grado di muoversi come le amebe Rispetto alle cellule normali, le cellule tumorali hanno bisogno di un maggiore rifornimento di ASPARGINA. Alterazioni relative alla superficie cellulare: Ridotta adesione intercellulare favorisce una maggiore proliferazione Comunicazione intercellulare compromessa Aumentata sensibilità dell’agglutinazione mediata da lectine* Tendenza a rilasciare delle molecole di superficie *LECTINE proteine in grado di legare carboidrati Struttura dei tumori: PARENCHIMA neoplastico STROMA non neoplastico: - Tessuto connettivo - Vasi anomali, molto permeabili, cellule endoteliali con alto tasso mitotico - Moderato infiltrato infiammatorio - Miofibroblasti DISPLASIA maturazione cellulare anormale 1. SITUAZIONE NORMALE Se la situazione fisiologica viene alterata possono manifestarsi: 2. IPERPLASIA 3. GRADO MEDIO 4. CARCINOMA IN-SITU (neoplasia pre-invasiva) 5. TUMORE INVASIVO Nel momento in cui un tumore diventa clinicamente evidente ha completato la maggior parte del suo ciclo vitale. 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑐𝑒𝑙𝑙𝑢𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑡𝑢𝑚𝑜𝑟𝑎𝑙𝑒 = 𝑝𝑒𝑟𝑑𝑖𝑡𝑎 𝑐𝑒𝑙𝑙𝑢𝑙𝑎𝑟𝑒 Metodo per lo studio della crescita cellulare nei tumori: - Conteggio delle mitosi su sezioni istologiche - Utilizzo di marcatori specifici della proliferazione - Marcatura radioattiva in vivo delle cellule in divisione - Conteggio delle cellule in fase S del ciclo cellulare in citofluorimetria ANGIOGENESI DEI TUMORI formazione di nuovi vasi a partire da vasi preesistenti, necessaria per garantire il rifornimento di O2 e sostanze nutritive ed eliminare sostanze di rifiuto del metabolismo; in condizioni fisiologiche è regolata da un equilibrio tra fattori pro-angiogenici e angiogenici. Neoplasie in fase di accrescimento sono in grado di liberare il “Fattore di Angiogenesi Tumorale” (TAF) che stimola la genesi di nuovi vasi SWITCH ANGIOGENICO punto in cui l’equilibrio all’interno del tumore tra i fattori angiogenici e i fattori pro-angiogenici si sposta verso questi ultimi FATTORI FATTORI INIBITORI ANGIOGENICI Trombospondina-1 VEGF Angiostatina TGF- Endostatina -FGF Vasostatina TNF Angiogenina PGE1 PGE2 SISTEMA LINFATICO costituito da una serie di vasi linfatici e linfonodi con la funzione di drenaggio dei fluidi corporei in eccesso, sorveglianza immunlogica; la linfoangiogenesi è implicata nel processo di crescita e invasione tumorale LINFONODO SENTINELLA in ogni catena linfatica, il primo linfonodo che può essere stato invaso METASTASI tumore secondario che cresce a distanza da quello primitivo e che ha preso origine da cellule distaccate e trasportate lontano - I tumori MALIGNI invadono ma NON sempre metastatizzano - Anche i tumori BENIGNI crescono e si espandono ma NON metastatizzano e NON invadono Ricorda!! CARCINOMA IN-SITU tumore primario VIE DI DISSEMINAZIONE DELLE METASTASI: PER CONTIGUITA’ PER VIA CELOMATICA (colpite pleura, pericardio e peritoneo) LINFATICA CARCINOMI EMATICA SARCOMI PER VIA CANALICOLARE TUMORI GHIANDOLARI PER VIA SUBARACNOIDEA TUMORI CEREBRALI MECCANISMO DI INVASIONE DELLA MEMBRANA BASALE DELLE CELLULE TUMORALI: 1. PERDITA GIUNZIONI CELLULARI rottura legame cellule-cellula e caderine 2. DEGRADAZIONE MEMBRANA BASALE 3. MIGRAZIONE con la produzione di metallo proteasi la cellule tumorale si fa strada attraverso il collagene degradato 4. INGRESSO NEL VASO SANGUIGNO le cellule tumorali iniziano a stimolare il processo di neo- angiogenesi già nel momento in cui si trovano allo stadio di carcinoma in-situ secernendo fattori solubili 5. INTERAZIONE CON LE CELLULE DEL SISTEMA IMMUNITARIO 6. EMBOLO COSTITUITO DA CELLULE TUMORALI formazione di emboli di cellule tumorali è favorita dalle integrine 7. ADESIONE ALLA MEMBRANA VASALE E FUORIUSCITA DAL VASO fenomeno dell’extra- vasazione e successivamente proteasi plasmatiche dissolvono l’embolo, poi possono aderire singolarmente alle cellule endoteliali e grazie a PSEUDOPODI accedono alla MB sub-endoteliale e fuoriescono dal torrente circolatorio; le cellule tumorali producono il FATTORE AUTOCRINO DI MOTILITA’ (AMF) in grado di riconoscere e legare le altre cellule tumorali 8. FORMAZIONE DELLA METASTASI micro-metastasi, poi la proliferazione avviene grazie a fattori di crescita e chemochine; solo poche cellule tumorali che escono dai vasi sono in grado di dividersi, la maggior parte di queste entrerà in fase di quiescenza 9. ANGIOGENESI Basta soltanto 1 cellula tumorale sopravvissuta per dare origine alla metastasi. Molto tumori possono essere lesivi localmente ma raramente danno origine a metastasi, diversamente da altri più invasivi es. carcinoma basocellulare è invasivo localmente ma raramente origina metastasi a differenza del carcinoma spinocellulare. Le cellule tumorali possono migrare in gruppo oppure individualmente: o Movimento collettivo le cellule dei carcinomi conservano l’adesione cellula-cellula e danno origine a lunghi cordoni o a foglietti di cellule tenute da giunzioni intracellulari rinforzate sul lato citoplasmatico da filamenti di actina; al fronte ci sono le “cellule guida” che utilizzano integrine per legare il substrato su cui migrano e contemporaneamente secernono delle PROTEASI per degradare la matrice e farsi spazio nello stroma o Movimento individuale: - Movimento mesenchimale cellula tumorale con forma allungata fusiforme (morfologia delle cellule mesenchimali) a causa del legame con la matrice extracellulare attraverso i “punti focali di adesione” - Movimento ameboide cicli di espansione e retrazione del corpo cellulare dati da attività di polimerizzazione e depolimerizzazione di filamenti di actina; cellule tumorali più veloci e quindi metastatizzano più velocemente Le cellule tumorali che derivano da LEUCEMIE, LINFOMI o da TUMORI DI ORIGINE MESENCHIMALE normalmente utilizzano una modalità di diffusione metastatica singola I CARCINOMI invece normalmente invadono seguendo una modalità collettiva La strategia di TRANSIZIONE EPITELIO-MESENCHIMA è utilizzata per favorire il processo di migrazione e invasione cellule epiteliali del CARCINOMA perdono le caratteristiche delle cellule epiteliali e acquistano quelle delle cellule mesenchimali; una volta colonizzato il nuovo tessuto o organo attivano il processo inverso di TRANSIZIONE MESENCHIMA-EPITELIALE per riacquisire le caratteristiche epiteliali. CAF o TAF (FIBROBLASTI ASSOCIATI AL TUMORE) tipologia di cellule che possono contribuire alla crescita del tumore attraverso la produzione e il rilascio di chemochine e fattori di crescita; possono avere origine sia da fibroblasti normali che da fibroblasti geneticamente alterati SWITCH ANGIOGENICO la cellula neoplastica dormiente inefficientemente vascolarizzata può entrare in fase di crescita esponenziale La massa tumorale può crescere e le cellule centrali potranno anche essere schiacciate e trovarsi in un’area di ipossia e mancanza di nutrienti; anche le masse neoplastiche per sopravvivere necessitano di CO2, nutrienti e di smaltire i metaboliti. L’induzione dell’IPOSSIA in una massa tumorale non produce alcun effetto positivo è considerato un fattore prognostico negativo perché si tratta di un fattore stimolante l’angiogenesi: in queste condizioni il tumore assume maggiori capacità di metastatizzare. Ogni cellula del nostro organismo è in grado di adattarsi alle condizioni ipossiche grazie a FATTORI PROTEICI INDUCIBILI DALL’IPOSSIA in grado di stimolare un forte numero di geni bersaglio: tra questi ci sono geni che codificano per PROTEINE APOPTOTICHE o ENZIMI DELLA GLICOLISI ANAEROBIA. MACROFAGI ASSOCAITI AL TUMORE (TAM) macrofagi in grado di produrre fattori di crescita, citochine e altri enzimi per promuovere l’angiogenesi, l’invasione e la formazione di metastasi o CELLULE STAMINALI TUMORALI (CST) o CANCER STEM CELLS (CSC) elementi staminali in grado di generare neoplasie; subendo mutazioni danno origine a cellule tumorali. Cellule staminali tumorali originano da alterazioni genetiche che possono avvenire a carico di una cellula staminale normale, oppure derivare da un evento trasformante a carico di una cellula progenitrice che permette loro la capacità di autorinnovarsi. Le CST, a differenza delle cellule che costituiscono la massa tumorale e che sintetizzano ATP attraverso la glicolisi, conservano la capacità di produrre energia anche grazie al processo di FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA alla quale accoppiano l’ossidazione degli acidi grassi la resa energetica è maggiore Le neoplasie sono costituite da popolazioni eterogenee di cellule neoplastiche Modelli per le neoplasie: o MODELLO STOCASTICO o CASUALE numerose mutazioni casuali che portano alla comparsa di nuovi cloni di cellule neoplastiche dotate di caratteristiche diverse o MODELLO GERARCHICO o STAMINALE la trasformazione neoplastica ha origine in cellule staminali mediante un processo di de-regolazione della proprietà di autorinnovamento o MODELLO DINAMICO le cellule tumorali derivano sia dalla pressione selettiva del microambiente che da mutazioni in grado di riprogrammare le cellule differenziate Agenti causali o eziologici: Agenti chimici cancerogeni Agenti fisici (radiazioni) Virus oncogeni (DNA o RNA) IPOTESI GENICA presuppone che la massa tumorale derivi dall’espansione clonale di una singola cellula progenitrice che ha subito un danno genetico 1. Alterazioni a carico del DNA 2. Le alterazioni non vengono riparate 3. Le neoplasie hanno origine monoclonale 4. Le alterazioni colpiscono dei geni regolatori specifici 5. Il processo di cancerogenesi è multifasico e progressivo Queste alterazioni a carico del DNA NON avvengono in geni casuali, ma esistono 4 classi di geni regolatori dell’attività cellulare che rappresentano dei bersagli selettivi per la trasformazione neoplastica: 1. ONCOGENI 2. ONCOSOPPRESSORI 3. GENI CHE CONTROLLANO L’APOPTOSI 4. GENI CHE CONTROLLANO LA RIPARAZIONE L’accrescimento è dato dal prevalere delle cellule che proliferano rispetto a quelle che vanno incontro ad apoptosi. 1. ONCOGENI geni che causano tumori, varianti alterate di mutazioni dirette o di alterazioni di protooncogeni (geni che promuovono la proliferazione cellulare); mutazioni all’interno di questi geni possono generare oncogeni e i loro prodotti prendono il nome di oncoproteine, che hanno un’attività biologica simile a quella del prodotto del protooncogene, ma che è alterata/abnorme: Alterazioni/mutazioni nella struttura del gene: MUTAZIONI PUNTIFORMI (RAS) (proteina traduttrice del segnale) la famiglia delle proteine RAS lega la GUANOSIN-TRIFOSFATO (GTP) e prendono anche il nome di PROTEINE G*. Nelle cellule tumorali ci sono varie mutazioni di RAS che portano le proteine RAS mutate a rimanere intrappolate nella forma attiva (legame con GTP); con questa forma i segnali mitogeni sono sempre attivi e quindi anche le cellule con RAS mutato sono continuamente stimolate a proliferare RIARRANGIAMENTI CROMOSOMICI Alterazioni quantitative nella regolazione dell’espressione del gene: TRASLOCAZIONI CROMOSOMICHE (MYC) AMPLIFICAZIONI GENICHE *= nello stato inattivo le proteine RAS legano il GDP; la stimolazione delle cellule da parte dei fattori di crescita porta alla fosforilazione del GDP a GTP, determinando dei cambiamenti conformazionali della proteina RAS, che passa allo stato attivo. Quando RAS è attiva stimola i regolatori della proliferazione a valle ossia la cascata delle PROTEIN CHINASI ATTIVATE DAI MITOGENI (MAP- chinasi) che si riversano nel nucleo e portano segnali per la PROLIFERAZIONE CELLULARE I geni mutati di questi oncogeni si comportano solitamente come ALLELI DOMINANTI. Gli oncogeni comprendono: o Fattori di crescita o Recettori dei fattori di crescita o Proteine coinvolte nelle vie di segnalazione intracellulari o Fattori di trascrizione o Cicline e CDK proteine espresse ciclicamente nel ciclo cellulare che guidano il passaggio attraaverso le diverse fasi 2. ONCOSOPPRESSORI geni che codificano per proteine in grado di controllare la proliferazione cellulare inibendola (antioncogeni); gli alleli mutati degli oncosoppressori si comportano come ALLELI RECESSIVI PROTEINA P53 proteina che svolge una funzione importante nel riconoscere lesioni a carico del DNA e innescare risposte che favoriscono la riparazione del danno e l’inibizione della proliferazione. Come avviene la riparazione del danno: innanzitutto è necessario bloccare il ciclo cellulare, p53 attiva l’espressione di p21(inibitore della CDK) che determina l’arresto della cellula in G1, a questo punto p53 favorisce l’attivazione di sistemi di riparazione e nel caso la riparazione fallisca viene indotta l’apoptosi (i geni pro-apoptotici vengono SEMPRE attivati da p53). P53 può inoltre attivare MIR34 ( particolare miRNA, piccole sequenze di RNA capaci di interagire con uno specifico mRNA) in grado di inibire la trascrizione dei geni che portano la cellula alla quiescenza o senescenza, e di inibire la trascrizione dei geni anti-apoptotici spingendo la cellula mutata ad andare incontro ad apoptosi in questo modo si impedisce che la cellula mutata si divida e trasmetta la mutazione alle cellule figlie. Se la cellula presenta una p53 mutata o assente, la riparazione, l’apoptosi e la senescenza non avverranno e dunque la cellula mutata fisserà la mutazione trasmettendola alle cellule figlie VIA DELL’APC/-CATENINA (Poliposi Adenomatosa del Colon) classe di oncosoppressori la cui funzione è sottoregolare i segnali di stimolazione della crescita; APC è un fattore della VIA DI SEGNALAZIONE WNT (ruolo nel destino cellulare, adesione, polarità della cellula) e una sua funzione importante è la sottoregolazione della -CATENINA quando APC non riceve segnali da WNT degrada la -catenina e ne previene l’accumulo nel citoplasma attraverso la formazione di un complesso macromolecolare; in questo modo la -catenina non potrà spostarsi nel nucleo per attivare i fattori di trascrizione che stimolano la proliferazione cellulare. Le cellule che hanno perso APC (es. cellule tumorali) si comportano come se fossero sottoposte a una segnalazione continua da parte di WNT. Inoltre, la -catenina si lega alla E-CADERINA responsabile del mantenimento dell’adesione cellulare la perdita di inibizione da contatto per mutazione dell’asse -catenina-E- caderina è una delle caratteristiche dei tumori: LA PERDITA DELLE CADENINE FAVORISCE IL FENOTIPO MALIGNO GENE RB e RETINOBLASTOMA il gene Rb e la sua proteina relativa hanno un ruolo importante nel controllo del ciclo cellulare, in particolare nel checkpoint G1-S. In mancanza di segnali di proliferazione la proteina Rb si trova in forma ipofosforilata e complessata col FATTORE DI TRASCRIZIONE E2F in queste condizioni non avviene la trascrizione dei geni che consentono il passaggio alla fase S e il ciclo è BLOCCATO. Segnali da INIBITORI DELLA CRESCITA Segnali da FATTORI DELLA CRESCITA (p53, TGF-) Rb IPOfosforilata Rb IPERfosforilata da complessi ciclina/CDK Rb/E2F E2F libera BLOCCO PROLIFERAZIONE NO PROLIFERAZIONE SI’ transizione G1-S transizione G1-S Le mutazioni a carico del gene Rb determinano l’insorgenza del RETINOBLASTOMA: Familiare 1 allele Rb mutato, 1 allele Rb normale ( mutazione) Sporadico o acquisito 2 alleli Rb normali 2 mutazioni ALTRI GENI COINVOLTI: o microRNA o Resistenza all’apoptosi o Acquisizione di potenziale replicativo o Alterazione dei meccanismi di riparazione del DNA e instabilità genomica CANCEROGENESI: 1. REAZIONE DI INIZIO interazione diretta o indiretta tra l’agente chimico, fisico o virale e il DNA; esercitata dall’AGENTE INIZIANTE 2. PROMOZIONE 3. PROPAGAZIONE AGENTE INIZIANTE composto di natura chimica, fisica o virale la cui interazione diretta o indiretta con il DNA causa la comparsa di una mutazione nella cellula (CELLULA INIZIATA) AGENTE PROMUOVENTE agente NON cancerogeno incapace di agire direttamente o indirettamente con il DNA cellulare, ma capace di determinare la proliferazione delle cellule iniziate I ASSENZA tumore P+P+P+P+P+P ASSENZA tumore I+P+P+P+P+P COMPARSA tumore I P+P+P+P COMPARSA tumore P+P+P+P+P+P+I ASSENZA tumore I + P + P ASSENZA tumore I = Agente AGENTI Iniziante CANCEROGENI DIRETTI AGENTI CANCEROGENI INDIRETTI P = Agente Promuovente Si comportano come composti ELETTROFILI e Diventano cancerogeni nel momento in cui la loro quindi reagiscono con composti NEUTROFILI struttura subisce delle modificazioni come il DNA IDROCARBURI AROMATICI POLICICLICI ACILANTI cedono il gruppo acilico (PHA) ALCHILANTI cedono il gruppo alchilico AFLATOSSINA B1 - CLORURO DI VINILE (angiosarcoma) - CICLOFOSFAMIDE (farmaco chemioterapico CANCEROGENESI CHIMICA DMES o SISTEMA ENZIMATICO MICROSOMIALE l’attivazione metabolica dei cancerogeni avviene grazie a dei sistemi enzimatici nelle membrane del RE CANCEROGENESI FISICA RADIAZIONI IONIZZANTI RADIAZIONI ECCITANTI EMANAZIONE DI RADON CANCEROGENESI VIRALE Trasformazione cellulare indotta da virus (VIRUS ONCOGENI A DNA o A RNA) Virus oncogeni a DNA: VIRUS DI EPSTEIN-BARR (EBV) è associato all’insorgenza del LINFOMA DI BURKITT (variante del Linfoma di Hodgkin) e il CARCINOMA NASO-FARINGEO, oltre che agente eziologico della MONONUCLEOSI VIRALE l’interazione tra il Virus EBV e il RECETTORE CD21 DEI LINFOCITI B consente la penetrazione del virus che determina una mutazione che porta ad una iperespressione del GENE MYC, determinando una forte risposta proliferativa e quindi la crescita di un clone neoplastico HUMAN PAPILLOMA VIRUS (HPV) virus a DNA circolare appartenenti alla famiglia Papoavirus, associati a CARCINOMI DELLA CERVICE E DELLA REGIONE GENITALE (tumore a trasmissione sessuale) nel momento in cui il Virus HPV infetta l’individuo integra il suo DNA nelle cellule ed esprime le sue proteine: La PROTEINA E6 stimola la degradazione della proteina p53 (ubiqitinizzazione) La PROTEINE E7 lega la proteina Rb fosforilandola Virus oncogeni a RNA o RETROVIRUS: HTLV-1 e HTLV-2 associati alla comparsa di LEUCEMIA A CELLULE T e di LINFOMI; questi virus, oltre ai geni gag, emv e pol contengono anche il gene tax che codifica per la proteina TAX importante per la replicazione virale e in grado di attivare la trascrizione dei geni della cellula ospite importanti per funzioni anti-apoptotiche, per il controllo della trascrizione, della replicazione o della riparazione HIV-1 e HIV-2 agenti eziologici della SINDROME DA IMMUNODEFICIENZA ACQUISITA, NON sono considerati virus oncogeni, però causano uno stato grave di immunideficienza favorendo la comparsa di tumori (SARCOMA DI KAPOSI) definiti tumori opportunistici Sviluppo di un’infezione da HIV: 1. Infezione 2. Fase asintomatica 3. AIDS VIRUS DELL’EPATITE B (HVB) e DELL’EPATITE C (HVC) HVB è un virus a DNA ed è l’agente eziologico dell’Epatite B, mentre HVC è un virus a RNA e agente eziologico dell’Epatite C, entrambe culminano frequentemente con la comparsa del CARCINOMA EPATICO; l’infezione cronica da parte di HVB o HVC e quindi l’induzione di un’EPATOPATIA CRONICA evolve in CIRROSI e in seguito in CARCINOMA EPATICO CANCEROGENESI DA MICRORGANISMI HELICOBACTER PYLORI batterio e agente responsabile dell’ULCERA GASTRICA, e correlato anche all’insorgenza del CARCINOMA GASTRICO perché l’infezione da parte di questo batterio determina l’insorgenza di infiammazione IMMUNITA’ INNATA L’IMMUNITA’ INNATA e i suoi meccanismi costituiscono una prima barriera di difesa, mentre l’IMMUNITA’ ADATTIVA può essere scatenata in un tempo successivo. Cellule coinvolte: GRANULOCITI POLIMORFONUCLEATI MACROFAGI CELLULE NATURAL KILLER (NK) TETRAXINE come la PROTEINA C REATTIVA DELLA LECTINA CITOCHINE INFIAMMATORIE come IL-1 e il TNF In alcuni casi la condizione infiammatoria precede lo sviluppo di una forma tumorale. CELLULE DELL’IMMUNITA’ INNATA CELLULE DELL’IMMUNITA’ ADATTIVA MONOCITI, MACROFAGI, CELLULE NK LINFOCITI B e T MACROFAGI ASSOCIATI AL TUMORE (TAM): Azione antitumorale Azione pro-tumorale Nelle prime fasi della cancerogenesi la risposta ha un ruolo positivo, ma nel momento in cui questa non è efficace allora i TAM favoriscono l’angiogenesi e la produzione di fattori di crescita, favorendo lo sviluppo tumorale. TNF, IL-1, IL-6 mediatori pro-infiammatori del microambiente tumorale; N.B.!! questi mediatori possono a volte favorire la risposta immunitaria, mentre altre volte favoriscono la progressione neoplastica TEORIA DELLA SORVEGLIANZA IMMUNOLOGICA il sistema immunitario elimina le cellule che vanno incontro a trasformazione neoplastica perché le cellule immunitarie sono in grado di riconoscere degli ANTIGENI presenti sulle cellule tumorali MHC Complesso Maggiore di Istocompatibilità La MEMORIA IMMUNOLOGICA è una caratteristica tipica delle cellule dell’immunità SPECIFICA. LA RISPOSTA IMMUNITARIA PREVALENTE ALL’INTERNO DEI TUMORI E’ COSTITUITA DA LINFOCITI T CD4+ E CD8+ (azione citotossica). Le cellule tumorali preferiscono utilizzare come risorsa di energia la GLICOLISI ANAEROBIA producendo grandi quantità di ACIDO LATTICO L’ACCUMULO DI LATTATO NELLE CELLULE TUMORALI SEMBRA FAVORIRE IL PROCESSO DI INVASIONE EFFETTO PASTEUR EFFETTO WARBURG In presenza di aria (ossigeno) e glucosio le In presenza di aria (ossigeno) e glucosio le cellule normali respirano correttamente e NON cellule neoplastiche in taluni casi possono producono acido lattico ridurre la respirazione ma SEMPRE producono acido lattico (GLICOLISI ANAEROBIA) I parametri per quantificare il grado di malignità dei tumori sono: o GRADO livello di differenziazione delle cellule tumorali e mitosi osservate nell’area tumorale I differenziamento di grado alto II differenziamento di grado medio III differenziamento di grado basso IV cellule indifferenziate X grado di differenziazione non definibile o STADIO dimensione del tumore primitivo, entità della sua disseminazione ai linfonodi regionali e presenza o assenza di metastasi T (tumore) dimensioni del tumore N (linfonodo) eventuale invasione dei linfonodi regionali M (metastasi) eventuale presenza di metastasi a distanza 6a. Emostasi e Trombosi EDEMA stravaso di acqua negli spazi interstiziali EMORRAGIA fuoriuscita di sangue dai vasi in seguito alla loro rottura; esterna o interna EMATOMA accumulo di sangue all’interno del tessuto EMORRAGIE: o EMATOMI accumulo di sangue all’interno del tessuto o PATECCHIE piccole emorragie associate a un aumento della pressione intravascolare o PORPORA emorragie poco più grandi o ECCHIMOSI ematomi sottocutanei di maggiori dimensioni, solitamente compaiono dopo un trauma; nell’ecchimosi gli eritrociti vengono degradati e fagocitati dai macrofagi, allora l’emoglobina viene convertita in BILIRUBINA (colorazione blu-verde) che infine viene convertita in EMOSIDERINA (marrone-dorato) o EMOTORACE, EMOPERICARDIO, EMOPERINEO (…) grandi accumuli di sangue nelle cavità dell’organismo EMOSTASI Il suo scopo è indurre rapidamente una coagulazione localizzata nel sito di un eventuale danno vascolare. TROMBOSI risultato di un’attivazione inappropriata dell’emostasi con formazione di un TROMBO in un vaso danneggiato; controparte patogenica dell’emostasi FIBRINOLISI processo opposto dell’emostasi FASI DELL’EMOSTASI: 1. VASOCOSTRIZIONE causato da meccanismi riflessi neurogeni; rilascio di ENDOTELINA, potente vasocostrittore 2. EMOSTASI PRIMARIA attivazione piastrine con rilascio dei granuli secretori che attirano altre piastrine: formazione TAPPO EMOSTATICO 3. EMOSTASI SECONDARIA fattore tissutale e piastrine attivano la CASCATA DELLA COAGULAZIONE con scopo l’attivazione della TROMBINA converte FIBRINOGENO in FIBRINA che forma una rete che cattura piastrine e cellule 4. TROMBO e FATTORI ANTITROMBOTICI tappo solido che impedisce emorragia 5. A) FIBRINOLISI B) TROMBOSI L’equilibrio fra proprietà anti-coagulanti e pro-coagulanti dell’endotelio regola il processo emostatico. PIASTRINE se circolanti sono dischi circondati da membrane lisce che esprimono sulla superficie recettori glicoproteici della famiglia delle INTEGRINE; attivatori piastrinici: COLLAGENE TROMBINA ADP ADRENALINA PROTEOGLICANI CASCATA DELLA COAGULAZIONE serie di conversioni enzimatiche che modificano i pro-enzimi inattivi in enzimi attivati e culminano con la formazione della TROMBINA per permettere la conversione del fibrinogeno in fibrina; è suddivisa in due vie che convergono con l’attivazione del FATTORE X o FATTORE COMUNE: VIA INTRINSECA inizia con l’attivazione del FATTORE XII o FATTORE DI HAGEMAN e porta all’attivazione del FATTORE X VIA ESTRINSECA inizia con l’attivazione di un fattore tissutale, la TROMBOPLASTINA, che induce l’attivazione del FATTORE X FIBRINOLISI una volta avvenuti tutti gli eventi della coagulazione a un certo punto verrà attivata la cascata fibrinolitica per limitare le dimensioni del coagulo finale: vi è la produzione della PLASMINA derivante dalla degradazione enzimatica del suo precursore circolante inattivo ossia il plasminogeno; la plasmina va a DEGRADARE LA FIBRINA TROMBOSI Si verifica quando i meccanismi emostatici si attivano in modo inappropriato e quindi all’interno dei vasi si sviluppano delle masse solide (trombi). I componenti sono gli stessi del tappo emostatico: piastrine, fibrina, globuli rossi e leucociti, ma disposti in modo diverso. La trombosi dipende da 3 alterazioni TRIADE DI VIRCHOW: 1. Alterazione della parete vascolare o danno endoteliale 2. Alterazione del flusso sanguigno che può essere rallentato o turbolento 3. Alterazione del sangue o iper-coagulabilità Turbolenza TROMBOSI CARDIACA o ARTERIOSA Stasi TROMBOSI VENOSA TROMBO massa solida che si forma nel cuore e nei vasi durante la vita a partire dai costituenti del sangue Trombi piastrinici Trombi rossi Trombi di fibrina o bianchi Formazione di un trombo: Mentre scorrono lungo il vaso le piastrine sono più concentrate in prossimità dell’endotelio perché sono gli elementi corpuscolati più piccoli. Quando le piastrine superano la valvola di una vena vengono catturate dal vortice retrostante della valvola, si aggregano e sedimentano sulla parete. Una volta attaccate alle pareti le piastrine si attivano, si rigonfiano, si distendono, diventano adesive e richiamano altre piastrine che si ammassano su di esse; dallo strato di piastrine spuntano filamenti di fibrina che intrappolano i globuli rossi. Il processo si ripete continuamente formando strati su strati di piastrine, il trombo (misto) si accrescerà e acquisirà una STRUTTURA STRATIFICATA DI ZAHN. LINEE DI ZAHN alternanza di strati chiari di piastrine mischiati con un po’ di fibrina e di strati più scuri contenenti un maggior numero di globuli rossi Destino di un trombo: o OCCLUSIONE o EMBOLIZZAZIONE o RISOLUZIONE o ORGANIZZAZIONE o RICANALIZZAZIONE EMBOLO massa intravascolare di natura solida, liquida o gassosa che viene trasportata dal sangue in una sede lontana dall’origine CID = COAGULAZIONE INTRAVASCOLARE DISSEMINATA determina una comparsa improvvisa di TROMBI DI FIBRINA diffusi nel microcircolo 6b. Aterosclerosi Parete arteriosa: Tonaca avventizia (più esterno) - Tessuto connettivo Tonaca media - Tessuto muscolare Tonaca intima - Endotelio Cellule coinvolte nell’aterogenesi: o Cellule endoteliali o Monociti/macrofagi o Linfociti T (CD4 e CD8) e NK o Fibrocellule muscolari lisce o Piastrine ARTERIOSCLEROSI indurimento e ispessimento della parete arteriosa: 1. Sclerosi calcificata mediale 2. Arteriolosclerosi 3. ATEROSCLEROSI patologie a carico delle arterie di grosso e medio calibro che iniziano nella tonaca intima dove produce placche ripiene di materiale necrotico ATEROMA* *= ATEROMA serie complessa di modificazioni della TONACA INTIMA delle arterie, ad evoluzione necrotica, in cui le componenti cellulari sono la proliferazione cellulare, un’aumentata formazione di matrice extracellulare, depositi di lipidi e alterazioni della tonaca media PLACCHE ATEROSCLEROTICHE determinano un’alterazione del flusso ematico; struttura: CORE NECROTICO CENTRALE detriti cellulari, cristalli di colesterolo, cellule schiumose, calcio CAPPUCCIO FIBROSO cellule muscolari lisce, macrofagi, cellule schiumose, linfociti, collagene, elastina, proteoglicani, angiogenesi CELLULE SCHIUMOSE macrofagi che hanno accumulato lipidi al loro interno fagocitando LDL normale e ossidato; stadio iniziale dello sviluppo delle placche aterosclerotiche COLESTEROLO: o HDL LIPOPROTEINE AD ALTA DENSITA’ buono o LDL LIPOPROTEINE A BASSA DENSITA’ cattivo PROCESSO DI FORMAZIONE DELLE PLACCHE ATEROSCLEROTICHE: 1. DANNO ENDOTELIALE DEI VASI ARTERIOSI 2. DISFUNZIONE ENDOTELIALE 3. ACCUMULO DI LIPIDI NELLA TONACA INTIMA 4. ATTIVAZIONE DELLE CELLULE ENDOTELIALI 5. FAGOCITOSI DI LDL DA PARTE DEI MACROFAGI 6. INNESCO DEL PROCESSO INFIAMMATORIO A CARICO DELLA PARETE VASALE 7. INNESCO DEL PROCESSO FIBRINOGENICO RIPARATIVO 8. FORMAZIONE DELLA PLACCA ATEROSCLEROTICA Possibili complicanze alle quali può andare incontro la placca (a carico delle pareti delle grandi arterie): o RIDUZIONE DEL CALIBRO O LUME VASALE o MODIFICAZIONI DELLE PLACCHE: - Ulcerazione e rottura della placca - Trombosi - Emorragia - Calcificazioni - Dilatazione aneurismatica