Monitoraggio e Valutazione Qualità Servizi Educativi PDF

Summary

Il documento analizza la valutazione della qualità dei servizi educativi, esplorando i concetti di sistema formativo e sistema educativo, con esempi di come le interazioni tra diverse componenti possono influenzare il risultato finale. Il testo evidenzia il ruolo dell'educatore e la relazione tra formazione, educazione e valori, descrivendo differenti livelli di formazione e l'importanza della reciprocità e della complessità.

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CAPITOLO 1—> La valutazione della qualità nei sistemi formativo Il nido, inizialmente era concepito come ludoteca, ma è diventato un sistema formativo a seguito dell’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, che ha reso necessaria l’educazione dei figli. Il sistema formativo viene sollecitato a "no...

CAPITOLO 1—> La valutazione della qualità nei sistemi formativo Il nido, inizialmente era concepito come ludoteca, ma è diventato un sistema formativo a seguito dell’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, che ha reso necessaria l’educazione dei figli. Il sistema formativo viene sollecitato a "non lasciare indietro nessuno", con particolare attenzione alla prima infanzia e al ruolo cruciale della valutazione nelle pratiche educative. In un sistema formativo non vi è una legge di causa/effetto poiché ciò che vale per un bambino potrebbe non valere per l’altro, quindi esistono vari tipi di approcci e non uno solo. -​ Esempio: Se a due bambini viene chiesto lo scambio del gioco non è detto che entrambi siano propensi a condividerlo poiché uno dei due potrebbe essere figlio unico e quindi abituato ad avere tutto per sé. Se l’obiettivo è difficile da raggiungere bisogna cambiare l’approccio. Perché si parla di “sistema” formativo? Il concetto di sistema richiama a qualcosa di complesso, infatti è un insieme di parti in reciproca interazione che agiscono per rendere il sistema distinto dall’ambiente ma non separato da esso. ——> Ogni elemento deve essere analizzato in relazione agli altri, poiché anche una piccola variazione può influire sull’intero sistema, evidenziando il principio di reciprocità perché ci deve essere uno scambio di relazioni. Il funzionamento del sistema dipende dalla capacità di leggere questa reciprocità. -​ Esempio, in una coppia, se uno dei due è stanco, l’intera relazione ne risente. Analogamente, in un nido, anche un solo educatore che non segue la linea condivisa può compromettere l’equilibrio dell’intero sistema. Cos’è il “sistema” educativo? Il sistema educativo si basa sulle relazioni tra studenti, insegnanti e famiglie, regolate dal grado di vicinanza e presenta precise proprietà: -​ non sommatività—> le parti non si sommano ma interagiscono; -​ totalità—> una singola parte modifica tutto il sistema; -​ retroazione—> può essere positiva o negativa a seconda dell’esito del cambiamento. Una retroazione positiva si verifica quando un cambiamento avviene con successo, portando a un progresso nella relazione. Al contrario, se il cambiamento non si realizza, si parla di retroazione negativa. esempio: in una coppia, quando uno dei due partner esprime un bisogno, l’altro può fare un passo indietro per favorire un cambiamento. Se questo passo indietro porta a una crescita o a una soluzione condivisa, si tratta di retroazione positiva. Tuttavia, se il passo indietro non porta a nessun cambiamento o miglioramento, si ha una retroazione negativa, caratterizzata da stallo o regressione. -​ morfogenesi—> avviene dopo la retroazione positiva, portando a un cambiamento significativo e costruttivo nella relazione. esempio: nell’ambito scolastico, un ingresso al nido fissato alle 8.30 potrebbe richiedere adattamenti per rispondere a nuove esigenze. Se queste non vengono soddisfatte, non si genera una morfogenesi né un nuovo equilibrio. -​ equifinalità—> sostiene che un’azione non garantisce necessariamente un risultato specifico, poiché lo stesso obiettivo può essere raggiunto attraverso percorsi diversi. Nel sistema educativo, è fondamentale riconoscere queste differenze e distribuire le finalità in modo equo. esempio: nell’apprendimento dell’inglese, un bambino timido e uno esposto alla lingua fin dalla nascita potrebbero ottenere risultati simili, ma attraverso approcci differenti. Il concetto di complessità si riflette così anche sul monitoraggio del sistema educativo. La teoria generale dei sistemi di Von Bertalanffy considera il mondo come una continua interazione mettendo l’accento sull’aspetto globale della conoscenza. Per comprendere non bisogna adottare né una prospettiva riduzionista né olistica. Ciò che occorre è l’organizzazione ricorsiva di Morin dove la comprensione del sistema passa dalle parti al tutto e viceversa, quindi la linearità è sostituita dalla circolarità (perché se le cose che sto facendo non stanno funzionando devo cambiarle, in modo che tutti arrivino all’obiettivo finale). Secondo Morin l’organizzazione ricorsiva è alla base del pensiero complesso, il quale accetta il caos, mette in discussione certezze e riconosce il ruolo dell’osservatore. L’ordinamento scolastico si basa proprio su questi principi. 1.1 Educazione e formazione: quale legame di Maria Tiso Nel corso degli anni, i termini educazione e formazione sono stati assimilati e sovrapposti tra di loro. La tendenza è stata quella di differenziare i significati rinviando: -​ la formazione include l’istruzione e l’acquisizione di regole; l’educazione si concentra sui valori e sull’aspetto etico, ma le sue dimensioni possono variare a seconda delle persone. Pur essendo distinti, educazione e formazione NON sono opposti ma sono strettamente legati e devono coesistere perché non basta solo l'istruzione ma è necessario creare anche una forma di educazione e per favorire una crescita completa. FORMAZIONE La formazione si concentra su valori e crescita personale ed è un concetto molto più ampio rispetto all’educazione, considerata una sottocategoria della formazione. Copre una vasta gamma di significati e non è immediata o concreta. Si adatta ai cambiamenti del contesto e al tempo e si basa su due principi: -​ culturale riguarda lo sviluppo integrale del soggetto in tutti i suoi aspetti (intellettuali, morali, estetici, spirituali e civici); -​ professionale si concentra sulle conoscenze, abilità e competenze richieste nel mondo del lavoro. Bateson indica tre livelli di apprendimento che vengono sviluppati da Baldacci e affiancati a tre diversi ordini di formazione: -​ FORMAZIONE DI PRIMO ORDINE Si riferisce al protoapprendimento e fa riferimento all’acquisizione di conoscenze e abilità. Se queste competenze riguardano saperi scolastici, si parla di istruzione; se invece riguardano ambiti professionali, si tratta di formazione professionale. Esempio: conosco la ricetta del tiramisù. Ma tutti quelli che conoscono la ricetta sono in grado di fare il tiramisù? Se mi fermo alla prima forma, allora parliamo di conoscenza ma se la metto in pratica diventa abilità. L’educazione qui è implicita perché è all’interno della formazione; -​ FORMAZIONE DI SECONDO ORDINE Si riferisce al deuteroapprendimento e riguarda lo sviluppo di competenze. Questa fase fa sì che il professionista non possieda solo conoscenze e abilità, ma anche competenze. Esempio: si diventa competenti attraverso l’esperienza personale come quando provi a fare un piatto attraverso una ricetta. Posso però trovarmi davanti a delle difficoltà come intolleranza al lattosio o mancanza di ingredienti. Se sono in grado di ottenere un buon risultato posso definirmi competente, altrimenti non lo sono. -​ FORMAZIONE DI TERZO ORDINE È una formazione che mira ad adottare nuove abilità mentali, abitudini e comportamenti, uscendo dalla mentalità chiusa e si è pronti a “mettersi in gioco”. Esempio: se in un nido entra una nuova educatrice con una formazione più “fresca” rispetto ad un’altra ma non è aperta a suggerimenti del contesto in cui si trova e pensa che tutto ciò che dice è legge, non entra in gioco un nuovo abito mentale. EDUCAZIONE L’educazione è un processo intenzionale, progettato per influenzare azioni e comportamenti in una dimensione valoriale. Molto spesso pensiamo che la formazione è qualcosa di superiore all’educazione, dato che associamo la formazione all’istruzione.. ma “il sapere” in termini di educazione e formazione sono collegati alle fasce di età. L’educazione è progettata quando stiamo sviluppando un sistema di regole e di autonomia. Se ciò non viene fatto, non si mette in atto l’intenzionalità perché non sono chiari gli obiettivi dove vogliamo portare i bambini. -​ esempio: per ogni genitore può essere importante trasmettere una regola o una determinata azione.. come al ristorante i bambini devono far silenzio. L’educazione è formazione educativa perché bisogna insegnare ai bambini ad essere autonomi. Non parliamo di conoscenze in termini di acquisizione, ma di formazione educativa attraverso l'intenzionalità. Se ciò non avviene, può nascere una forma di un’anarchia totale. -​ esempio: dobbiamo far capire ai bambini cos’è l’igiene orale per renderli autonomi. Come si fa? Facendo vedere ai bambini come si lavano le mani. Cosa differenzia l’educatore professionale da quello sociale? Lo studio perché progettiamo un percorso sulla base dei studi. Il resto viene da regole di convivenza civile. 1.2 Nascita e sviluppo delle istituzioni scolastiche come organizzazioni complesse Il concetto di “scuola come sistema” si riferisce alla scuola come un’organizzazione complessa che adotta dinamiche e strategie simili a quelle del mondo economico e aziendale. Questo modello implica che le scuole stanno passando da modelli gerarchici tradizionali a strutture più fluide e flessibili grazie ai vari mutamenti sociali ed economici. La metafora della “liquidità” di Bauman descrive come le scuole, pur subendo trasformazioni, abbiano modificato finalità e strutture per adattarsi ai tempi. Crispiani evidenzia tre principi per un’organizzazione scolastica efficace: -​ razionalità—> implica l’ottimizzazione delle risorse per ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo, in modo programmato e non casuale; -​ formalizzazione—-> implica l’adozione di procedure, regole e norme esplicite per raggiungere obiettivi definiti; -​ conseguimento degli scopi—-> rappresenta la missione di un’organizzazione. Nel 1976, Weick introduce nel suo articolo «Le organizzazioni scolastiche come sistemi a legame debole» una metafora per descrivere come le scuole siano organizzazioni con legami deboli e non gerarchici: -​ Paragona l’organizzazione scolastica a una partita di calcio senza regole definite, in cui ogni partecipante (dirigente, insegnanti, studenti, genitori) ha un ruolo indeterminato. In un’azienda, ognuno ha un ruolo chiaro e un obiettivo comune (come non perdere il posto di lavoro), ma nella scuola non tutti condividono lo stesso fine, creando una rete di “legami deboli”. Questi legami sono dovuti alla presenza di persone, non di prodotti, e la scuola deve quindi costruire un clima collegiale che riconosca obiettivi comuni per evitare la deriva e garantire il buon funzionamento del sistema.. per esempio in un asilo non tutti gli educatori vanno d’accordo, ma in questo modo si va alla deriva. La scuola diventa “una scuola di massa” cioè un’entità che risponde ai bisogni sociali di tutti gli studenti. In questo nuovo contesto, la scuola viene paragonata ai modelli aziendali, in particolare per la sua complessità e per l’importanza di soddisfare le esigenze dei “clienti”, che in questo caso sono gli studenti e le loro famiglie. Tuttavia, mentre nelle aziende esiste una relazione causa-effetto chiara (ad esempio, un’azienda può avere un effetto deterministico, quando un prodotto ben realizzato si vende), nel sistema educativo questa relazione non è così immediata, poiché il successo educativo dipende dalle persone e dai loro bisogni individuali. L’introduzione dell’autonomia scolastica (Legge n. 59/1997) ha rappresentato un cambiamento significativo nel sistema scolastico italiano, perché ha dato maggiore libertà alle scuole facendo sì che potessero organizzarsi il calendario e le attività in modo flessibile ma tutto ciò suscitò delle preoccupazioni perché si pensava che la scuola stava diventando una sorta di azienda. Romeo e Scurati però evidenziano che la scuola deve rimanere fedele ai valori pedagogici, mostrando attenzione allo sviluppo dell’individuo e non deve essere gestita come un’azienda, ma tradurre i suoi valori educativi in regole operative pratiche per garantire il coordinamento interno. Solo in questo modo la scuola può migliorare e rendere autonomo l’individuo. 1.3 Possibili modelli organizzativi delle istituzioni formative Esistono 5 modelli organizzativi che illustrano diverse pratiche del processo educativo e diverse prospettive sulla gestione e l’organizzazione scolastica. -​ immagine razionale burocratica: si basa su un ordine prestabilito e standardizzato, con una chiara suddivisione di compiti e dei ruoli. La scuola è vista come un qualcosa di rigido che deve seguire regole e procedure ma in questo modo si riduce l’autonomia e la discrezionalità degli attori. La metafora è l’organigramma, dove ogni ruolo è definito in base a un ordine gerarchico. -​ immagine professione-collegiale: vede il processo insegnamento/apprendimento come complesso e collaborativo, non lineare. Si pone l’accento sulla competenza, responsabilità, consapevolezza ed esperienza degli operatori. In questo modello, la professionalità di ciascun membro è essenziale per il successo comune, con un forte focus sulla crescita professionale continua (lifelong learning). La metafora è lo studio professionale, come quello degli avvocati che collaborano per raggiungere un obiettivo comune. -​ immagine socio-tecnica: considera il processo di insegnamento/apprendimento come vago e indefinibile, con obiettivi chiari ma senza un metodo prestabilito su come raggiungerli. Le diverse parti dell’organizzazione scolastica sono interdipendenti, ognuna con una certa autonomia, ma finalizzate a un unico scopo. La metafora è l’organismo: ogni parte ha una propria autonomia ma insieme influiscono sul funzionamento complessivo. -​ immagine politica: il processo educativo è visto come un terreno di conflitti tra gruppi con motivazioni e interessi diversi. Prevalgono il potere e le strategie, e non esiste una missione chiara e condivisa. La metafora è l’arena, in cui ogni individuo agisce per promuovere i propri interessi. -​ immagine naturale: vede il processo di insegnamento/apprendimento come qualcosa di spontaneo, senza una progettazione. Gli obiettivi sono vaghi e insegnanti e studenti non hanno un piano strutturato. Gli esiti dipendono dalle situazioni contingenti. La metafora è il cestino della spazzatura che rappresenta l’improvvisazione e la mancanza di struttura, con attività che possono sembrare efficaci, ma senza uno scopo definito. Il modello CIPP (context, input, process, product) proposto da Daniel Stufflebeam negli anni 70 è un approccio che viene utilizzato per migliorare i processi educativi e lo sviluppo dell’individuo. Questo modello parte da una visione sistemica mettendola in relazione con il processo valutativo. Uno dei principali vantaggi del modello CIPP è la flessibilità che consente di adattarsi a diversi contesti educativi e alle situazioni impreviste. —- Esempio: Se durante una lezione si perde più tempo su un argomento, l’insegnante può modificare la lezione anche se l’itinerario inizialmente pianificato è stato modificato. Il modello si basa su: -​ valutazione del contesto: identifica i bisogni, i problemi e le risorse per definire obiettivi coerenti con le necessità dei partecipanti. Per far sì che ciò accada bisogna è importante comprendere il livello di competenza degli studenti o le risorse disponibili per fissare obiettivi realistici e mirati. -​ valutazione dei dati in ingresso: verifica le strategie e i piani di lavoro. Un insegnante, ad esempio, quando prepara una lezione, delinea degli obiettivi a prescindere, ma, quando arriva in aula, raccoglie dati dai suoi studenti per capire quali strategie adottare per il miglioramento, basandosi sulle risposte e sulle difficoltà riscontrate. -​ valutazione dei processi: consente il monitoraggio delle attività. Un insegnate, ad esempio, potrebbe coinvolgere gli studenti attraverso dei feedback come “è tutto chiaro?” per verificare se gli obiettivi della lezione si stanno raggiungendo. -​ valutazione dei dati in uscita: consente la verifica a breve e a lungo termine dei risultati sia di quelli raggiunti che quelli inaspettati. 1.4 Origini e significati del concetto di qualità Il termine “qualità” deriva dal latino “qualitas” e indica la proprietà che definisce una persona, una cosa, una situazione o un oggetto in relazione alle sue caratteristiche particolari. La qualità si riferisce alla capacità di un sistema di rispondere efficacemente agli obiettivi prefissati e di impiegare le risorse in modo efficiente per raggiungerli. Il CONCETTO DI QUALITA’ è strettamente legato all’efficacia e all’efficienza dei sistemi formativi, considerati cruciali per garantire una formazione di qualità, promuovere la competitività, lo sviluppo economico e la crescita democratica. Nel contesto educativo, la qualità implica la necessità di fornire formazione di alto livello e in linea con standard riconosciuti, come quelli nazionali o ministeriali. La qualità educativa deve essere centrata sullo studente per promuovere la sua crescita, sulla personalizzazione del servizio e sull’integrazione dei diversi aspetti della formazione. È un processo dinamico e partecipativo che coinvolge tutti gli attori del sistema educativo. Ad esempio, gli enti che offrono formazione devono essere accreditati, garantendo che le loro attività siano valide e riconosciute ufficialmente, un esempio riguarda la formazione post-laurea, in cui alcuni corsi offrono certificati che, se rilasciati da enti non accreditati, non sono validi, compromettendo la qualità della formazione ricevuta. Nel contesto formativo, la qualità si intende come il raggiungimento di risultati adeguati utilizzando in modo ottimale le risorse disponibili. La qualità educativa dipende dalle peculiarità e dai bisogni individuali degli studenti. Si parla di un “sistema integrato” che favorisce la cooperazione tra tutti i soggetti coinvolti (studenti, docenti, famiglie, comunità) e l’ambiente circostante. Nel contesto formativo, la qualità si riferisce all’ottimizzazione del servizio educativo, tenendo conto dei bisogni individuali degli studenti e del loro contesto sociale, familiare e culturale. Essa implica un approccio olistico che promuove non solo il successo accademico, ma anche lo sviluppo personale, relazionale e culturale. Il sistema formativo, concepito come “sistema integrato”, favorisce la cooperazione tra studenti, docenti, famiglie e comunità, valorizzando la persona nella sua totalità e rispettando le sue peculiarità attraverso una pedagogia centrata sulla crescita globale. Il concetto di qualità ha origine nel mondo aziendale, inizialmente incentrato sulla rispondenza del prodotto finale agli standard e sulla sua idoneità all’uso, secondo l’approccio tayloristico. Successivamente, con il Total Quality Management (TQM), la qualità è diventata più ampia, con l’obiettivo di fornire un prodotto di qualità, altrimenti fallisce. In questo modello, anche l’utenza cioè i clienti diventano il principale riferimento per determinare la qualità, spostando l’attenzione dalle caratteristiche del prodotto alle esigenze e aspettative del consumatore. Il concetto di qualità nelle aziende industriali e di servizio ha attraversato tre fasi principali, che hanno influenzato anche i sistemi formativi. 1.​ Qualità come rispetto delle specificità: In questa fase, la qualità è intesa come conformità a standard e norme. L’azienda verifica che il prodotto o servizio rispetti determinati requisiti prima della sua distribuzione. Ad esempio, un’azienda che produce maglie verifica che il materiale dichiarato, come il cotone, sia conforme e che non ci siano difetti evidenti prima che il prodotto venga immesso sul mercato. 2.​ Qualità come idoneità all’uso: Questa fase evidenzia il legame tra l’azienda e il mercato, considerando il giudizio del cliente in base alle sue aspettative e alla reale funzionalità del prodotto. Ad esempio, se una maglia in lana non risulta calda o si restringe, il cliente la riterrà non idonea all’uso, indipendentemente dalla conformità alle norme. 3.​ Qualità come soddisfazione del cliente: In questa fase un prodotto è considerato di qualità solo se soddisfa pienamente il cliente. Anche se un prodotto rispetta standard e regole, se il cliente non è soddisfatto, la qualità viene messa in discussione. Questo modello pone al centro il cliente e il suo grado di soddisfazione, rendendo la qualità una questione fondamentale anche per la formazione. Ad esempio, una recensione negativa su un ristorante può far perdere clienti, nonostante il rispetto delle norme igieniche e alimentari. Applicazione ai sistemi formativi Il sistema formativo viene concepito come strumento per favorire una crescita globale, che include aspetti personali, relazionali e culturali. Quando il concetto di qualità viene applicato al mondo scolastico e formativo, si adotta un approccio che considera le scuole come sistemi simili alle imprese, orientate a soddisfare i bisogni dei loro utenti (studenti, famiglie, comunità). Tuttavia, ci sono differenze significative rispetto al contesto economico-aziendale: -​ Cultura e metodi: Nel contesto formativo, la qualità mira al raggiungimento di un risultato adeguato attraverso un uso ottimale delle risorse disponibili. Ad esempio, una scuola deve sfruttare al meglio le risorse come aule, laboratori o palestre per garantire un’esperienza formativa efficace. -​ Variabili non controllabili: Nei sistemi formativi non esiste una relazione diretta di causa-effetto tra processo e risultato perchè ci saranno sempre variabili imprevedibili che influenzano il risultato, come le caratteristiche individuali degli studenti, il contesto socio-culturale e i fattori personali. -​ Adattamento continuo: Nelle aziende, un prodotto di successo può essere mantenuto con minime modifiche per adeguarsi alle mode o alle evoluzioni del mercato. Nei sistemi formativi, invece, ogni anno scolastico o corso formativo richiede un adattamento continuo ai bisogni degli studenti, che cambiano costantemente. -​ Risultati e risorse: La qualità nei sistemi formativi non si misura solo con il risultato finale, ma con la capacità di utilizzare al meglio le risorse per raggiungere gli obiettivi formativi. Non basta, ad esempio, avere una palestra: è necessario sfruttarla in modo efficace per favorire l’apprendimento e lo sviluppo degli studenti. Nel contesto formativo, il concetto di qualità si riferisce all’ottimizzazione del servizio offerto agli studenti, tenendo conto dei loro bisogni individuali e del contesto sociale, familiare e culturale in cui operano. La qualità implica la capacità di diversificare i parametri educativi per rispettare le peculiarità degli studenti e delle loro famiglie, promuovendo una crescita non solo legata agli apprendimenti formali, ma anche allo sviluppo personale, relazionale e culturale. La qualità è strettamente connessa alla pedagogia, disciplina che si occupa dello sviluppo integrale della persona. Il concetto di qualità ha assunto rilevanza politica con l’introduzione dell’obbligo scolastico, che ha reso l’educazione accessibile a tutti e ha comportato un aumento delle spese pubbliche per strutture, materiali, riscaldamento e manutenzione. Per giustificare tali investimenti e allocare le risorse in modo efficace, è diventato fondamentale monitorare la qualità del sistema educativo e introdurre strumenti di valutazione. La valutazione della qualità permette di individuare i settori meritevoli di investimenti e quelli che richiedono miglioramenti, guidando le riforme del sistema educativo. Il concetto di qualità nelle organizzazioni formative è determinato da una serie di fattori che vanno oltre il semplice raggiungimento di risultati da parte dei bambini. La qualità si fonda su vari elementi concorrenti, tra cui: -​ Struttura: la qualità della struttura edilizia, come l’agibilità degli spazi, la predisposizione delle aule e la disponibilità di aree aperte e chiuse. -​ Valori: la dimensione progettuale che guida l’intervento educativo e formativo, tenendo conto delle esigenze dei bambini e delle famiglie. -​ Organizzazione del servizio: l’efficienza con cui vengono gestiti aspetti come le iscrizioni, la comunicazione tempestiva con le famiglie, e la capacità di organizzare preventivamente i servizi. -​ Tempi: la gestione dei tempi prolungati o tempo pieno. -​ Spazi: l’organizzazione degli spazi all’interno della struttura, come aree dedicate alla mensa o agli spazi igienici. -​ Relazioni: la qualità delle interazioni tra adulto e bambino, adulto e famiglia, e tra bambini stessi. -​ Metodologie: le modalità attraverso le quali vengono raggiunti gli obiettivi educativi. -​ Strumenti di osservazione e valutazione: la pianificazione di come si osserveranno i bambini e come si raccoglieranno i dati sulle loro performance, utilizzando schede di valutazione e strumenti adeguati. -​ Famiglie e territorio: la collaborazione con le famiglie e la valorizzazione del contesto sociale e culturale di appartenenza, che arricchisce l’esperienza educativa. -​ Gruppo di lavoro: la competenza del personale coinvolto che collaborano per il buon funzionamento della struttura. -​ Documentazione: la raccolta e rappresentazione dei risultati ottenuti e delle attività svolte, che possono essere utilizzate come base per una futura progettazione educativa. La documentazione include non solo le registrazioni formali, ma anche i lavori dei bambini che testimoniano il raggiungimento degli obiettivi. La qualità viene descritta come un concetto plurale che si costruisce nell’interazione tra chi offre il servizio (come una scuola o un asilo nido) e l’utente che ne fruisce (gli studenti e le famiglie). Ad esempio, in un asilo nido, la qualità del servizio dipende sia dalle risorse e dalle competenze offerte dall’ente, sia dalla soddisfazione delle famiglie e dal benessere dei bambini. Vengono identificati quattro tipi di qualità: -​ qualità attesa: ciò che l’utente si aspetta prima di usufruire del servizio, si basa su ciò che si aspettano di trovare ed è fondata su percezioni. Ad esempio, una famiglia potrebbe scegliere un nido pensando che sia migliore di un altro sulla base di aspettative. -​ qualità progettata: si riferisce alle intenzioni educative e formative espresse in un piano offerto dal servizio, ancora prima dell’erogazione. Ad esempio, una scuola Montessori offre un piano educativo che riflette l’approccio e gli obiettivi che la struttura intende perseguire. Questo piano rappresenta la qualità progettata, cioè ciò che l’ente si propone di realizzare. -​ qualità erogata: riguarda ciò che il servizio offre, durante il progresso di erogazione. Ad esempio, un nido che ha progettato attività educative secondo determinati obiettivi li attua nel quotidiano, e l’utente valuta se le attività sono coerenti con le aspettative. -​ qualità percepita: è la valutazione dell’utente riguardo alla propria soddisfazione dopo aver usufruito del servizio. Ad esempio, il numero di iscrizioni o il feedback delle famiglie riflettono la qualità percepita, che può essere positiva o negativa a seconda della soddisfazione complessiva. La qualità dei servizi educativi è strettamente legata agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030, che mirano a promuovere lo sviluppo umano, la riduzione delle disuguaglianze e la sostenibilità ambientale. Per garantire la qualità, è necessario un impegno collettivo, con una visione progettuale condivisa e un continuo confronto tra tutti i soggetti coinvolti, comprese le famiglie e il territorio. La collaborazione è fondamentale per favorire il loro sviluppo personale, culturale e sociale. Il monitoraggio e la valutazione della qualità del servizio educativo devono essere sistematici e riguardare l’intero processo educativo, non limitandosi al singolo risultato dei bambini. Questo implica la creazione di un sistema di valutazione che permetta di riflettere costantemente su come e perché vengono fatte le cose, per migliorare continuamente la qualità del servizio. La qualità del nido dipende dalla capacità di osservare e misurare gli indicatori di successo. 1.5 Il principio di qualità nella formazione Il principio di qualità nella formazione si basa sulla capacità di rispondere efficacemente ai bisogno degli utenti, garantendo la loro soddisfazione (customer satisfaction). La qualità è un processo di miglioramento continuo e dinamico che tiene conto della complessità del contesto e considera ogni individuo in modo olistico. Esistono varie definizioni di qualità: -​ qualità come eccellenza: ha l’obiettivo di raggiungere un modello ideale rispetto a quello desiderato; -​ qualità come raggiungimento di standard prescritti: raggiungimento di obiettivi in base al modo stabilito da documentazioni nazionali; -​ qualità come adeguatezza al proposito: condivisione di obiettivi; -​ qualità in senso trasformativo: miglioramento del servizio. La dinamicità richiede monitoraggio e valutazione continua per migliorare. La progettazione è il fulcro della qualità e combina intenzionalità (obiettivi) e operatività concreta (azioni). Progettare significa orientare l’azione verso fini precisi senza assumere atteggiamenti rigidi, bensì flessibili. La valutazione è fondamentale e strettamente legata alla progettazione. Attraverso criteri, indicatori e parametri di qualità, consente di analizzare due aspetti: -​ L’efficacia indica il raggiungimento degli obiettivi prefissati. L’efficienza valuta l’uso ottimale delle risorse disponibili, tenendo conto dei costi, dei tempi e del risparmio energetico necessario per generare risultati. Un sistema efficace ma non efficiente non è adeguato, perché risorse sprecate o risultati ottenuti con sforzi eccessivi ne compromettono la qualità complessiva. Esempio: un matrimonio costoso può raggiungere il suo obiettivo (celebrare l’evento), ma se consuma tutte le risorse economiche, manca di efficienza. La qualità è garantita quando efficacia ed efficienza sono equilibrate durante la progettazione. Cosa significa valutare? Valutare significa non solo misurare (quantificare oggettivamente un fenomeno), ma anche interpretare i dati considerando il contesto e il processo. La valutazione tiene conto della complessità e del cambiamento di persone e situazioni. Ci sono momenti fondamentali della valutazione: -​ Misurazione: è una base concreta e stabilisce se un elemento è presente o meno (verificare se un bambino riesce a lavare le mani da solo). -​ Valutazione: va oltre la misurazione, analizzando il percorso svolto e il punto di partenza per raggiungere l’obiettivo. Non basta stabilire se un traguardo è stato raggiunto, ma occorre capire come e da dove si è partiti (valutare il processo che ha portato il bambino a lavarsi le mani, considerando le strategie adottate e gli ostacoli superati). Da diversi anni i servizi pubblici sono obbligati ad essere in possesso di una specifica documentazione che viene utilizzata con lo scopo di pubblicizzare il servizio. L'obiettivo di questa documentazione è presentare il funzionamento del servizio e avviare un processo di costruzione dell’identità di esso attraverso riflessioni ed esperienze attuate dagli attori sociali. Una volta identificato il soggetto bisogna farsene carico. La crescita inizia quando si ha una lente critica al fine di favorire uno scambio in termini di efficacia ed efficienza. Ci sono varie documentazioni quali: il DPCM che pubblicizza il servizio, il PTOF che pianifica l’autonomia scolastica di ogni istituto, affiancato dal RAV che analizza il funzionamento e orienta al miglioramento programmando nuovi obiettivi a breve o a lungo termine. 1.6 Valutazione educativa in termini di equità e inclusività La valutazione educativa è un processo circolare e sistemico che influisce sulla crescita, l’apprendimento e lo sviluppo degli studenti. Si basa sul concetto di efficacia, ossia il raggiungimento degli obiettivi, ed efficienza, intesa come capacità dei processi di generare cambiamenti. Per garantire la qualità del sistema educativo, la valutazione deve: — essere autentica, permette agli studenti di diventare consapevoli delle loro azioni in modo da favorire un continuo miglioramento personale e deve considerare l’intero processo insegnamento e di apprendimento, non solo il prodotto finale. La qualità e l’innovazione del sistema educativo dipendono dall’adozione di una valutazione equa e autentica che supporti gli studenti nella comprensione e nell’ottimizzazione dei propri percorsi di crescita. La valutazione autentica si distingue per la capacità di far riflettere lo studente sul proprio percorso, sulle proprie risorse e sui propri limiti. Un esempio è la richiesta di autovalutazione, in cui lo studente viene invitato a riflettere sulle proprie performance e attribuirsi un voto. Esistono due forme di valutazione autentica: ​ Esterna: condotta da un valutatore esterno, come un collega o un insegnante non coinvolto direttamente. ​ Interna: comprende l’autovalutazione dello studente e la valutazione da parte dell’insegnante che ha seguito il percorso. Per comprendere l’autenticità della valutazione si deve prendere in considerazione il percorso, gli obiettivi, le risorse impiegate e del risultato ottenuto. Essere consapevoli di tutti questi elementi permette di definire una situazione come autentica. Ad esempio, quando un bambino inizia a frequentare il nido, potrebbe sentirsi spaventato dall’ambiente nuovo. Attraverso la ripetizione e il supporto, il bambino acquisisce consapevolezza dell’ambiente, superando il timore e raggiungendo una dimensione di sicurezza. In questo modo, l’apprendimento diventa consapevole e non meccanico. Per rendere la valutazione autentica, è necessario progettare percorsi formativi che non si limitino a trasmettere conoscenze, ma che favoriscano lo sviluppo di competenze e apprendimenti significativi. Ad esempio, cucinare un piatto richiede non solo l’applicazione meccanica di una ricetta, ma anche l’esperienza e la capacità di riconoscere e utilizzare le risorse disponibili per improvvisare. Senza questa consapevolezza, l’apprendimento rimane superficiale. La valutazione equa è strettamente legata al concetto di miglioramento e mira a personalizzare i percorsi formativi per consentire a ogni studente di raggiungere i propri obiettivi. Una valutazione equa non si limita a misurare il risultato finale (valutazione dell’apprendimento), ma pone l’accento sul processo che ha condotto a quel risultato (valutazione per l’apprendimento) affinché ogni studente possa sviluppare appieno il proprio potenziale. L’equità non significa trattare tutti allo stesso modo, ma offrire a ciascuno ciò di cui ha bisogno per raggiungere il successo, rispettando l’unicità e le esigenze individuali. La valutazione equa richiede di progettare insieme agli studenti percorsi formativi che valorizzano i loro progressi, le risorse e i limiti, promuovendo una consapevolezza delle loro azioni. L’obiettivo è sempre il miglioramento continuo, attraverso un approccio basato sul processo e non solo sul risultato. Un sistema educativo equo e inclusivo riconosce che ogni studente ha esigenze diverse: alcuni possono aver bisogno di compiti più semplici, mentre altri di sfide più complesse. La personalizzazione è quindi essenziale, anche in attività pratiche o ludiche, per evitare che qualcuno si senta svantaggiato o omologato. L’equità si distingue dall’uguaglianza, poiché non punta all’omologazione ma alla diversificazione. Non si tratta di standardizzare i percorsi didattici, bensì di personalizzarli, tenendo conto delle caratteristiche individuali di ogni studente. Questo implica offrire stimoli differenziati, adeguandoli a ritmi, capacità e tempi di apprendimento specifici. Un approccio equo evita di appiattire l’insegnamento sul livello degli studenti più in difficoltà, ma punta a coinvolgere tutti, rispettando le loro esigenze e sviluppando le potenzialità di ciascuno. Uguaglianza significa dare a tutti le stesse opportunità, ma non sempre consente di raggiungere gli stessi obiettivi, perché non tutti partono dallo stesso livello. L’equità, invece, si configura come un prolungamento dell’uguaglianza, riconoscendo le differenze e agendo per superarle. -​ Laddove l’uguaglianza registra le differenze, l’equità si impegna a garantire che tutti possano raggiungere il successo, puntando all’efficacia (raggiungimento degli obiettivi) e all’efficienza (ottimizzazione delle risorse per raggiungerli). Come evidenzia Bourdieu, trattare tutti gli studenti come uguali senza riconoscere le disuguaglianze iniziali rischia di consolidare tali disuguaglianze. L’equità, dunque, agisce per colmare queste differenze e promuovere un sistema educativo più inclusivo ed efficace. Dal punto di vista metodologico didattico, due concetti fondamentali e complementari sono: -​ Individualizzazione: mira a garantire che tutti gli studenti abbiano pari opportunità di apprendimento, garantendo l'uguaglianza delle opportunità performative; -​ Personalizzazione: Ogni alunno deve raggiungere i propri traguardi personali, garantendo l’unicità dell’individuo. Entrambi favoriscono autonomia, sviluppo delle abilità metacognitive e piena realizzazione individuale. L’apprendimento, essendo legato a stili cognitivi pluri-processuali, richiede un approccio inclusivo che valorizzi ogni studente. La valutazione inclusiva si articola in: ​ Valutazione nell’individualizzazione: Si concentra su aspetti quantitativi per monitorare il progresso nelle conoscenze, abilità e competenze. ​ Valutazione nella personalizzazione: Promuove l’autovalutazione e la consapevolezza dei propri talenti e punti di forza, stimolando lo sviluppo personale e una co-costruzione democratica del percorso di apprendimento. Tipi di apprendimento: -​ Apprendimento meccanico: si verifica quando lo studente acquisisce informazioni senza un coinvolgimento personale. È un apprendimento limitato nel tempo, poiché le informazioni non vengono interiorizzate ma dimenticate, come accade quando si studia per un esame senza un reale approfondimento. -​ Apprendimento significativo: coinvolge la consapevolezza del soggetto rispetto a ciò che sta imparando. È un processo cognitivo di livello superiore, che consente di applicare le conoscenze acquisite a situazioni simili o nuove, rendendo l’apprendimento duraturo. Il modello della Progettazione Universale per l’Apprendimento (UDL) è un modello psico-pedagogico che mira a personalizzare l’apprendimento per tutti gli studenti, con l’obiettivo di offrire a tutti pari opportunità e condizioni di equità. La valutazione, in questo contesto, non misura solo il risultato finale, ma riflette sull’intero processo educativo, aiutando a comprendere le strategie adottate e come sono stati raggiunti gli obiettivi. Si inserisce in una didattica flessibile, che si adatta alle diverse esigenze e contesti, coinvolge scuola, famiglia, enti locali e associazioni e si basa su tre principi: -​ Mezzi multipli di rappresentazione: Gli insegnanti devono fornire diverse modalità attraverso cui presentare le informazioni, per favorire la comprensione da parte di tutti gli studenti, tenendo conto delle loro differenze cognitive e percettive. -​ Mezzi multipli di azione ed espressione: Ogni studente deve avere la possibilità di esprimere ciò che ha appreso in modi diversi. Questo significa che non ci si limita a valutare solo la produzione scritta o verbale, ma si offre una varietà di modalità attraverso cui gli studenti possono dimostrare le loro competenze. -​ Mezzi differenziati di coinvolgimento: La motivazione e l’impegno degli studenti sono stimolati tramite l’adozione di strategie diversificate. L’idea è quella di mantenere un alto livello di interesse, facendo leva su approcci diversi che rispondano alle motivazioni e preferenze individuali. Un tema centrale è la responsabilità all’interno del sistema educativo: la difficoltà nel fare scuola non è dovuta al sistema, ma alla mancanza di azione e di intervento per modificarlo. Il cambiamento dipende dall’impegno attivo delle persone coinvolte, che devono agire in modo collaborativo, flessibile e innovativo per migliorare il sistema educativo. CAPITOLO 2—> SISTEMA FORMATIVO E AZIONI EDUCATIVE: IL RUOLO DELLA VALUTAZIONE La valutazione è un processo fondamentale per l’azione educativa, funzionale alla regolazione e al miglioramento dell’insegnamento e dell’apprendimento. Essa produce informazioni utili per prendere decisioni coerenti con le esigenze individuali, favorendo la valorizzazione e la motivazione del soggetto (Notti, 2014). In ambito educativo, la valutazione considera gli esiti formativi accettabili dal punto di vista socio-culturale e storico-politico, toccando le dinamiche quotidiane di insegnamento/apprendimento. La sua natura formativa funge da mediazione e comprensione del mondo, permettendo di individuare gli aspetti positivi di una prestazione e costruire il successivo sviluppo. Un ruolo centrale della valutazione è regolare un’azione educativa cioè se necessita di modifiche, intervenendo sul processo di mediazione didattica, ma mantenendo invariati gli obiettivi prefissati. Cambiare gli obiettivi equivarrebbe a negare eventuali errori nella progettazione iniziale; invece, è necessario adattare le strategie per raggiungere quanto stabilito. —— Ad esempio, se un esercizio di vero/falso mostra che il 90% delle risposte non è coerente con i contenuti insegnati, si dovrà modificare la mediazione dell’azione educativa (come il metodo di spiegazione) o fornire materiali aggiuntivi, senza cambiare l’obiettivo. Analogamente, se non si riesce a imparare a nuotare, è necessario cambiare strategia, ma non abbandonare l’obiettivo per dedicarsi a un’attività completamente diversa come la danza. La valutazione richiede un confronto tra ciò che è stato progettato e ciò che è stato realizzato, consentendo di regolare le azioni per ottenere risultati migliori. Deve essere proposta in modo da ridurre l’ansia da prestazione, enfatizzando il percorso di apprendimento e sviluppo personale piuttosto che il giudizio finale. ——Ad esempio, se un esercizio viene percepito come un esame, l’ansia potrebbe ridurre l’entusiasmo nel partecipare. Al contrario, cogliere e valorizzare gli aspetti positivi della prestazione aiuta a mantenere la motivazione e a favorire la crescita del soggetto. In questo modo, la valutazione diventa uno strumento di crescita e valorizzazione, evitando che venga percepita come un momento di stress o esclusivamente punitivo. La valutazione considera l’esito formativo ritenuto accettabile dal punto di vista socio-culturale e del contesto storico-politico (Domenici, 2014): non si limita al processo, ma tiene conto della prestazione effettiva. -​ esempio, un corso di laurea è strutturato per fornire conoscenze, abilità e competenze specifiche che qualificano un individuo come educatore. Il titolo conseguito rappresenta un esito formativo accettabile nel contesto socio-culturale e professionale. La valutazione tiene conto anche del contesto di riferimento e delle esigenze richieste dalla società. -​ Per esempio, si sente dire che alcuni esami vengano “regalati,” ma la valutazione deve bilanciare l’enfasi sul processo con il rispetto di standard richiesti dal contesto professionale. Enfatizzare la processualità significa promuovere equità e inclusione, valorizzando i percorsi individuali senza rinunciare alla coerenza con gli obiettivi. Il processo valutativo è un fatto pedagogico complesso e comprende progettazione, azione, monitoraggio e regolazione. Viene considerato un mezzo di produzione di informazioni e grazie alla capacità di leggere le esigenze individuali, è possibile prendere giuste decisioni. La valutazione coinvolge tutti i soggetti del processo educativo, indipendentemente dal loro ruolo. Gli esiti fanno riferimento anche agli insegnanti, al corso, all’istituzione e ai portatori di interesse, come le famiglie e la società. -​ Ad esempio, se una studentessa non supera un esame, la responsabilità non è solo sua, ma anche della docente, del corso e dell’università. Tuttavia, è necessario bilanciare questa prospettiva con una visione realistica. Se, in una classe di 20 bambini, solo uno non raggiunge i risultati attesi, ciò indica che il lavoro svolto è stato efficace per la maggioranza. Su quell’unico bambino, sarà necessario adottare strategie diversificate, senza stravolgere quanto già fatto, perché il processo ha dimostrato la sua validità. In ambito educativo, la valutazione considera il processo formativo del soggetto. Non si giudica il soggetto in sé, ma la sua prestazione. -​ Ad esempio, se una studentessa non eccelle in una disciplina, non si dirà che è un fallimento, ma che ha lacune specifiche da colmare. La valutazione è processo: -​ Intenzionale: La valutazione è mirata a un obiettivo preciso e si articola in tre fasi: Iniziale: Per comprendere i prerequisiti degli studenti e progettare di conseguenza. Intermedia: Per verificare cosa funziona, cosa no e perché. Finale: Per offrire un riscontro su quanto fatto e sui risultati raggiunti. Ad esempio, se dobbiamo acquistare un vestito per un matrimonio, ci poniamo domande su quale sia il più adatto al contesto. Analogamente, la valutazione deve essere intenzionale, volta a migliorare l’azione educativa. -​ Responsabile: Valutare implica assumersi la responsabilità di esprimere giudizi e prendere decisioni coerenti con quanto osservato. Ad esempio, se si riscontra che un’azione educativa non funziona, è necessario intervenire e modificare le strategie, altrimenti la situazione non cambierà. Questa assunzione di responsabilità comporta scegliere e agire in base alle informazioni raccolte. Essendo intenzionale e responsabile, la valutazione richiede decisioni mirate e coerenti per migliorare il processo educativo. L’atto pedagogico è un’azione intenzionale e responsabile, poiché comporta l’assunzione da parte del valutatore di decisioni consapevoli e l’attribuzione di un valore a una situazione o performance. Questo implica un margine di soggettività, ma anche la necessità di garantire democraticità nella valutazione. La democraticità in ambito valutativo è complessa e coinvolge tre elementi principali: 1.Ruolo del valutatore: Il valutatore svolge un ruolo chiave, poiché le sue scelte individuali possono influenzare il processo. La soggettività del valutatore può portare a valutazioni non pertinenti, in particolare quando non si considerano adeguatamente gli obiettivi e i criteri stabiliti. Un esempio di valutazione non pertinente è quando, in un esame, viene posta una domanda che non è legata agli argomenti trattati nel corso, e lo studente viene bocciato su quella domanda. 2. Le relazione tra i soggetti coinvolti nelle pratiche educative: La valutazione deve coinvolgere tutti gli stakeholder formativi, cioè tutti coloro che hanno un interesse nella situazione. Questo include docenti, studenti, famiglie e comunità locali. Ad esempio, in un nido, oltre agli educatori, il comune è uno stakeholder importante perché ha interesse che il servizio educativo sia adeguato alla domanda del territorio. Quando la valutazione è fatta solo dai vertici senza coinvolgere tutti gli attori, la democraticità è messa in discussione, poiché la decisione viene imposta dall’alto senza tener conto delle esperienze e delle esigenze locali. 3. Esercizio di responsabilità: La valutazione deve sempre basarsi su standard e prerequisiti chiari. Ad esempio, se un insegnante valuta uno studente in base a determinati obiettivi e gli fornisce un voto, deve spiegare chiaramente perché ha attribuito quel punteggio, in che modo ha applicato i criteri e come questi rispecchiano il percorso educativo. Se questa responsabilità non viene assunta, la democraticità della valutazione viene compromessa, poiché il sistema non è trasparente né giustificabile. La logica di fondo della valutazione riguarda il rapporto dinamico tra azione e risultati dell’azione perché ogni valutazione implica un’analisi delle azioni intraprese e dei risultati che esse generano. La valutazione non è solo un riscontro finale, ma un processo che evolve mentre si agisce. —— Esempio: Immagina di dover comprare un vestito per un matrimonio. La tua scelta iniziale si basa su un’idea ideale (un vestito che pensi sia perfetto per l’occasione), ma dopo averlo indossato e partecipato all’evento, valuti i risultati: il vestito è stato comodo? Adeguato per l’occasione? In che modo la tua decisione iniziale si è tradotta nella realtà? Nel processo educativo o progettuale, la valutazione si evolve da un modello di razionalità sinottica (dove si passa dalla conoscenza alla decisione, all’intervento, e infine alla valutazione) a un modello processuale, che considera l’azione in corso e la sua evoluzione. —— Esempio di un progetto di matrimonio: All’inizio, progetti un matrimonio ideale, con una visione perfetta di come dovrebbe essere (ad esempio, un matrimonio in giardino con una tavola imperiale). Ma durante la preparazione ti rendi conto che il numero degli invitati è cambiato (inizialmente pensavi a 150 invitati, ma ora sono 100) e ci sono nuove necessità (cosa succede se piove?). Quindi la tua valutazione in corso ti porta a modificare l’idea iniziale per adattarla alla realtà. L’obiettivo della valutazione è cercare di modificare e migliorare continuamente. Ad esempio, nella valutazione di un insegnante, non si tratta solo di dare un giudizio finale sul suo operato, ma di migliorare costantemente le sue prestazioni. Lo stesso vale per un progetto educativo: la valutazione serve a migliorare il processo formativo e a regolare le azioni per ottenere risultati migliori. Nel corso del tempo, si è evoluto il modello di valutazione da un approccio lineare a uno circolare. In un modello di razionalità sinottica, la sequenza è chiara: prima si conosce una situazione, poi si prende una decisione, si interviene e infine si valuta il risultato, ma la valutazione è solo un passo finale. Esempio: Se devo organizzare una festa di matrimonio, prima conosco i parametri (come il numero di invitati), poi prendo la decisione di usare un tavolo imperiale, lo utilizzo durante l’evento, e alla fine valuto se è stato comodo o meno. Tuttavia, si passa a un modello processuale, dove conoscenza, decisione, intervento e valutazione diventano fasi che si influenzano reciprocamente, in un processo circolare. Non è più una sequenza fissa, ma un continuo adattamento e miglioramento. Esempio: Immagina di organizzare il matrimonio e, inizialmente, decidi di usare un tavolo imperiale. Durante i preparativi, però, ti rendi conto che il numero degli invitati è aumentato, quindi cambi il piano e scegli un tavolo diverso o ne aggiungi uno. Durante l’evento, valuti il cambiamento (ad esempio, se il nuovo tavolo è più comodo) e, alla fine, puoi dare consigli a chi si sposerà dopo di te, condividendo le modifiche che hai fatto e i benefici che ne sono derivati. La critica al modello della razionalità sinottica si fonda su diverse riflessioni che evidenziano la sua limitatezza nell’affrontare situazioni complesse, come quelle sociali e educative. -​ mezzi e fini non sono separabili ma in continuo processo di adattamento tra i due. esempio, se stai organizzando un matrimonio e inizialmente hai deciso di utilizzare un tavolo imperiale per gli ospiti, ma poi il numero di invitati aumenta, i mezzi (il tipo di tavolo) devono essere rivisti in relazione ai nuovi fini (ospitare più persone comodamente). -​ Nessun attore dispone di tempo e risorse per valutare tutte le alternative possibili, quindi sceglie la prima che soddisfa a sufficienza i criteri. esempio: una volta che decidi di utilizzare un tavolo imperiale, non avrai il tempo o le risorse per esplorare ogni possibile alternativa (come tavoli diversi, disposizione degli ospiti, ecc.), quindi si tende a optare per soluzioni che sembrano adeguate al momento, senza la possibilità di esaminare tutte le opzioni. -​ Il modo in cui viene affrontato un problema influenza le soluzioni. Nel modello della razionalità sinottica si tende a dare per scontato che, se si compiono determinate azioni, si otterranno determinati risultati. esempio, si potrebbe pensare che se si studiano 10 ore al giorno, si supererà sicuramente un esame. Tuttavia, questo è un esempio di visione riduttiva, perché non tiene conto di molteplici variabili, come la qualità dello studio, la comprensione dei contenuti, o anche fattori esterni che possono influire sulle prestazioni. Una soluzione, quindi, non è mai una certezza, ma dipende da molteplici fattori che si intrecciano. -​ Complessità sociale e incidenza di percorsi rendono provvisoria qualsiasi soluzioni. esempio: potrebbe essere un docente che si ammala durante l’anno scolastico, e quindi il programma di studi viene alterato, con la necessità di adattarsi a nuove circostanze. Nel modello sinottico, invece, la soluzione è rigida: se il programma prevede di trattare Pirandello, questo deve essere fatto a tutti i costi, indipendentemente dalle circostanze. Se, però, il docente non ha il tempo per arrivare a Pirandello a causa di imprevisti, come un’improvvisa malattia, l’approccio rigido del modello sinottico potrebbe impedire di gestire in modo flessibile la situazione. Invece, un approccio processuale, che riconosce la complessità sociale, accetterebbe la possibilità che alcuni obiettivi non siano raggiunti, ma favorirebbe una lettura più profonda dei contenuti disponibili, adattando gli insegnamenti alle circostanze. 2.1 La valutazione come attribuzione di valore: eticità e responsabilità Dewey riteneva che «ogni condotta che non sia soltanto o ciecamente impulsiva o una routine meccanica, sembra implicare delle valutazioni; e così il problema della valutazione è strettamente connesso con il problema della struttura delle scienze e delle attività umane e delle umane relazioni». In altre parole, tutte le nostre decisioni e comportamenti sono connessi a un processo di valutazione, a meno che non si tratti di azioni dettate da impulsi o routine meccaniche. Non possiamo ridurre l’educazione alla sola verifica degli apprendimenti ma dobbiamo fare riferimento all'Evaluation Research che si interessano anche degli oggetti implicati nel processo di insegnamento/apprendimento. Tutte le attività finalizzate ad un obiettivo hanno bisogno di essere costantemente controllate. La valutazione quindi si colloca nel complesso delle azioni di un sistema educativo che permette l’attribuzione di valore a fatti, procedure ed eventi, in relazione agli scopi che chi valuta intende perseguire. Il concetto di valore introdotto da Dewey nel “Theory of Valuation” affronta per primo il rapporto tra fini e mezzi. I fini quindi inducono a prevedere le attività ritenute necessarie. Per Dewey il fine non è che un mezzo che rende possibile l’attività presente e il valore è dato dalla qualità di questa. Secondo Dewey i fini devono essere progettati alla luce dei mezzi disponibili. Per spiegare ulteriormente questa relazione Dewey fa riferimento all’arrosto di maiale di Lamb: -​ egli racconta, si ricorderà, che la carne di maiale arrostita fu la prima volta gustata quando una casa in cui erano rinchiusi dei maiali fu accidentalmente distrutta da un incendio, Mentre rovistavano tra le rovine, i proprietari toccarono i porci che erano stati arrostiti dal fuoco e si scottarono le dita. Portando impulsivamente le dita alla bocca per raffreddarle, sperimentarono un nuovo sapore. Trovandolo gustoso, da allora in poi si misero a costruire case, a rinchiudervi dei maiali e quindi a farle bruciare In questo caso, il fine (avere carne arrostita) si è adattato attraverso un processo di sperimentazione, e la qualità del fine è stata determinata dal processo che ha reso possibile l’attività (arrostire la carne attraverso l’incendio). Dewey, quindi, rifiuta l’idea che i fini siano predefiniti e separati dai mezzi. La valutazione, in questo senso, non è solo una misura del risultato finale, ma un processo dinamico che coinvolge l’adattamento continuo dei fini in relazione ai mezzi e alle circostanze che emergono durante il percorso. La valutazione in questo contesto diventa un atto responsabile e etico, che tiene conto della qualità del processo e delle sue implicazioni a lungo termine. Continuità tra mezzi e fini La teoria di Dewey sulla continuità tra mezzi e fini suggerisce che il fine di un’azione non sia un obiettivo fisso e predefinito da raggiungere in modo meccanico, ma che rappresenti un processo dinamico che si sviluppa nel tempo attraverso scelte che, di per sé, sono già valutazioni. In questo contesto, i fini non sono soltanto proiettati nel futuro, ma funzionano anche come mezzi che organizzano le azioni nel presente. La relazione tra mezzi e fini, quindi, è fluida e continua, poiché le azioni che compiamo per raggiungere un obiettivo sono strettamente connesse al valore che attribuiamo a ogni fase del percorso, non solo al risultato finale. —-> Per esempio, supponiamo che l’obiettivo che ci poniamo sia quello di dimagrire. Questo fine è proiettato nel futuro, ma nel percorso che intraprendiamo per raggiungerlo facciamo delle scelte quotidiane, come decidere di mangiare un’insalata invece di una pizza. Ogni volta che compiamo una di queste scelte, stiamo facendo una valutazione che si lega al valore che attribuiamo al nostro obiettivo di dimagrire. Se, però, guardiamo solo al fine e non consideriamo il percorso — ad esempio, se pensiamo solo se siamo dimagriti o meno senza considerare come ci siamo comportati durante il processo (come concedersi una pizza al matrimonio) — stiamo perdendo di vista la continuità tra mezzi e fini, considerando solo un giudizio finale. Secondo Dewey, i fini assumono una doppia funzione. Da una parte, sono obiettivi proiettati nel futuro che ci spingono a compiere azioni nel presente. D’altra parte, sono anche mezzi procedurali, in quanto regolano e guidano le nostre azioni mentre ci avviciniamo al raggiungimento dell’obiettivo. Questo implica che i fini, per essere significativi, devono essere continuamente regolati in base alla qualità delle azioni che intraprendiamo lungo il percorso. La valutazione, quindi, non deve essere vista come un giudizio finale su ciò che è stato raggiunto, ma come un processo di attribuzione di valore che guida e perfeziona le nostre azioni. ——-> Un altro esempio utile per comprendere questa continuità è quello del superamento di un esame. L’obiettivo finale è passare l’esame, ma il valore di questo obiettivo si esprime nelle azioni che compiamo nel presente, come studiare, preparare riassunti e partecipare alle lezioni. Se il valore che attribuiamo a questo fine non guida le nostre azioni, ad esempio se ci prepariamo solo tre giorni prima dell’esame senza riflettere sul significato di un buon apprendimento, allora stiamo riducendo il fine a un semplice risultato finale, senza lasciare spazio alla qualità del processo. In questo caso, la valutazione non è legata al miglioramento del nostro percorso di apprendimento, ma solo a un giudizio sanzionatorio del risultato. Questa prospettiva ha implicazioni anche nel contesto educativo. In una progettazione didattica, gli obiettivi non devono essere valutati solo alla fine del processo, ma è necessario regolare le azioni del presente in modo che conducono a quel fine. Se le azioni non sono guidate da un giudizio di valore, ma solo dall’improvvisazione, allora la valutazione si riduce a un semplice giudizio del risultato finale, senza un’analisi approfondita del processo che ci ha portato a quel risultato. Questo tipo di approccio non favorisce il miglioramento continuo delle pratiche educative, ma si limita a esprimere un giudizio statico. Visalberghi colloca il nesso messo/fine su una linea temporale: nel presente i mezzi e nel futuro i fini. 1.​ I fini quindi hanno una doppia funzione: sono fini collocati nel futuro ma sono anche mezzi procedurali perché organizzano le azioni del presente; L’etica, come disciplina, si occupa di valori e norme che guidano il comportamento umano, e la valutazione rivela questo aspetto etico perché implica l’espressione di giudizi basati su una dimensione valoriale. La valutazione, infatti, non si limita a un semplice giudizio finale, ma è strettamente legata a un processo che deve essere tecnicamente ben fondato per essere valido ed efficiente. La valutazione è anche una questione di tecnica, nel senso che bisogna sapere come fare per esprimere un giudizio di valore che sia il più oggettivo possibile. -​ Un esempio pratico per comprendere questo aspetto è quello della cucina. Se vogliamo cucinare una ricetta, ma non conosciamo gli ingredienti o il metodo giusto, sarà difficile ottenere un buon risultato. Allo stesso modo, quando si esprime un giudizio di valore, è necessario seguire delle procedure adeguate che possano rendere il processo il più oggettivo possibile. Questo significa che la valutazione non deve essere solo un giudizio di valore, ma un processo continuo che porti al miglioramento, utilizzando gli strumenti più appropriati. La valutazione deve essere orientata al cambiamento e richiede: -​ strumenti e condizioni che assicurino l’efficienza senza perdere di vista l’obiettivo primario, ovvero il giudizio sul valore di un oggetto, attività o comportamento. Per esempio, se voglio misurare la febbre, la mano non è uno strumento adeguato, ma un termometro. Analogamente, in ambito educativo è fondamentale utilizzare gli strumenti giusti per quella valutazione. Se gli strumenti didattici sono cambiati, come nel caso dell’introduzione di nuove modalità di insegnamento, gli obiettivi e le modalità di valutazione devono adeguarsi a questi cambiamenti. -​ La valutazione non può mai essere neutrale perché quando si usano metodi oggettivi per raccogliere dati, l’interpretazione di questi dati implica comunque una valutazione soggettiva. Per esempio, se un insegnante osserva una prova scritta di un esame, anche se i criteri di valutazione sono chiari, l’interpretazione del risultato implica una scelta soggettiva che si fonda su un valore. Il valutatore deve essere consapevole del motivo per cui sta scegliendo uno strumento piuttosto che un altro, e deve spiegare queste scelte ai valutati. Nel rapporto formativo tra valutatore e valutato hanno un rapporto di dipendenza l’uno dall’altro. Ogni decisione presa dal valutatore incide sull’esperienza del valutato, e ogni risposta o comportamento del valutato ha un impatto sulle progettazioni future. Questo rapporto dipende dal dialogo continuo e dal reciproco adattamento. ——-> Un esempio pratico è che nonostante tutte le spiegazioni, un bambino potrebbe non comprendere che in autunno il colore delle foglie cambia. Se l’insegnante non percepisce questa difficoltà o non esplora la ragione per cui il bambino non comprende, non sarà in grado di adattare il suo approccio. Allo stesso modo, se l’insegnante non considera la concezione del bambino (per esempio, che le foglie non cambiano colore) e la riduce a una sua fantasia senza approfondirla, non sta davvero leggendo le scelte del bambino. In questo caso, la relazione educativa non è veramente dialettica e non permette un miglioramento reciproco. Un altro aspetto centrale è la valorizzazione della dimensione relazionale e comunicativa del processo educativo. La mediazione, cioè il modo in cui si comunicano gli stimoli, è fondamentale per il successo dell’apprendimento. L’insegnante deve riflettere su cosa, come e perché comunica un determinato contenuto. Questo significa che l’insegnante deve creare una relazione chiara con il valutato, spiegando non solo cosa sta succedendo, ma anche il perché si sta facendo una certa attività. Ad esempio, se un insegnante organizza una lezione sull’ape e sulla produzione del miele, deve prima spiegare ai bambini il motivo dell’attività, per evitare che restino confusi sul perché stanno facendo quella determinata cosa. La comunicazione deve essere chiara anche nel momento della valutazione, in modo che il valutato capisca su quali basi viene giudicato. Le priorità tra il valutatore e il valutato possono essere differenti. Mentre il valutato potrebbe essere focalizzato esclusivamente sull’obiettivo immediato, come il superamento di un esame, il valutatore ha una responsabilità più ampia, che include il considerare l’intero processo di apprendimento e il benessere del valutato. La responsabilità del valutatore è infatti quella di progettare l’esperienza educativa per gli altri, di calibrare le scelte in base alle esigenze e ai progressi degli studenti, e di fornire feedback che li aiuti a crescere, non solo a raggiungere un risultato finale. L’insegnante deve quindi essere consapevole delle proprie scelte pedagogiche e formative, adattando le sue azioni in base ai bisogni dei suoi studenti, e non limitarsi a un giudizio finale. 2.2 Accountability e improvement: le logiche della valutazione La valutazione è un processo che aiuta a regolare e orientare l’azione del soggetto verso un obiettivo. -​ Ad esempio, se devo organizzare una cena e ho poco tempo, la valutazione mi guiderà nella scelta di ricette e ingredienti più veloci, così da raggiungere il mio scopo in modo efficace. È un costrutto complesso e oggi non si parla più di valutazione ma di processo valutativo che ha una visione più inclusiva e realistica. Si basa: -​ sulla logica di controllo—-> consente di verificare conoscenze e abilità e si rivolge a coloro che hanno appreso un progetto formativo. Qui l’operatore educativo riesce a rappresentare una mappa del percorso. La domanda è: cosa hanno appreso gli studenti? -​ sulla logica di sviluppo—-> valuta i presupposti per l’apprendimento e si interroga sui valori dei processi educativi favorendo l’osservazione critica e l’analisi. La domanda è: ci sono le premesse affinché si promuova apprendimento? Queste sue logiche sono complementari tra di loro ed insieme restituiscono l’idea di valutazione come un costrutto in continua evoluzione. Castoldi collega la logica di controllo e di sviluppo a due componenti chiave di un progetto educativo: -​ la standardizzazione—> (logica di controllo) verifica che gli apprendimenti raggiungano dei standard. Essa viene definita come valutazione di sistema e rivolge l’attenzione alle istituzioni scolastiche. -​ la personalizzazione—-> (logica di sviluppo) valuta i percorsi personali e tiene conto delle differenze individuali di un bambino. Le due logiche di controllo e sviluppo si affiancano nella prospettiva decisionale per generare un miglioramento, sotto il concetto di accountability e improvement che sono diventati fondamentali nei programmi di valutazione: -​ Accountability (controllo) riguarda la responsabilità e la trasparenza delle decisioni e scelte fatte, rendendo evidenti le relazioni tra azioni e risultati. Ad esempio, se una scuola ha investito 10.000 euro in computer, l’accountability implica verificare se questi strumenti siano effettivamente utilizzati o lasciati inutilizzati. -​ Improvement (miglioramento) si riferisce alla capacità di produrre cambiamenti positivi nel sistema educativo. Ad esempio, l’acquisto dei computer è valutato non solo per verificarne l’uso, ma per vedere se ha effettivamente migliorato il sistema formativo. Da qui nascono altri due concetti cioè: -​ l’efficacia—> misura la capacità di un’azione ducati a e di raggiungere o meno un determinato scopo. -​ l’efficienza—-> misura il rapporto costi-benefici necessario per il raggiungimento di un determinato obiettivo. Un’azione educativa è efficace se consente di perseguire l’obiettivo ed è efficiente se l’obiettivo si ottiene senza risorse eccessive. Nonostante però a volte i parametri di efficacia e di efficacia vengano soddisfatti, non sempre si può parlare di azione educativa come nel caso della DAD che è stata semplicemente un’azione istruttiva. 2.3 Approcci e metodi in ambito valutativo La valutazione educativa necessita di criteri e norme per orientare l’azione, ma il suo sviluppo è influenzato dai cambiamenti storici e sociali, rendendo difficile aderire a un singolo paradigma. ——Stame preferisce usare il termine “approccio” anziché “paradigma”, poiché quest’ultimo implica rigidità e sostituzione di modelli, mentre un approccio è più flessibile e consente la coesistenza di diversi modelli. In ambito educativo, non esiste un unico paradigma, come nel comportamento, ma diverse teorie possono convivere, come il comportamentismo e il costruttivismo. —— Galliani opta per il concetto di “categoria”, invece di paradigma, per descrivere i modelli di valutazione, sottolineando l’importanza di avere un linguaggio comune per la valutazione educativa. Entrambi gli autori propongono un approccio che non si limita a un paradigma fisso, ma piuttosto a teorie e modelli di riferimento in continua evoluzione. La difficoltà del mondo educativo di confrontarsi con la realtà ha fatto nascere paradigmi diversi. Stame e Galliani individuano tre approcci principali alla valutazione educativa: positivista, pragmatista e costruttivista. —-> Nell’approccio positivista, per Stame la valutazione è una comparazione tra quanto programmato il risultato ottenuti; per Galliani la valutazione e misurazione del risultato/prodotto. ——> L’approccio pragmatista si concentra sulla qualità: per Stame, la valutazione garantisce il raggiungimento di uno specifico livello formativo in relazione a standard di qualità; per Galliani la valutazione si basa sulla qualità dell’esperienza educativa e delle interazioni. ——> Nell’approccio costruttivista, Stame considera la valutazione come un processo di crescita e il risultato va spiegato in un’ottica pedagogica, mentre Galliani vede la valutazione come un atto negoziato basato sulla condivisione di significati comuni tra gli stakeholder. Quando si parla di teorie della valutazione, alcuni sostituiscono il termine “paradigma” con “approccio” (secondo Stame) o “categoria” (secondo Galliani), per riflettere meglio l’evoluzione delle teorie in base ai tempi e alle esigenze. La ricerca educativa ha sviluppato diversi metodi valutativi, distinti in approcci: -​ Il metodo quantitativo-statistici—-> si basa sulla certezza dei dati e su un modello ipotetico-deduttivo per spiegare e misurare fenomeni educativi attraverso dati numerici, spesso ottenuti con disegni sperimentali e analisi statistica. Influenzato dalla docimologia di Piéron, questo approccio si concentra sulla misurazione uniforme dei comportamenti umani, classificabili e confrontabili, nonostante le differenze individuali. Tuttavia, questo tipo di valutazione è stato criticato perché tende a normalizzare l’apprendimento, riducendolo a voti e classifiche, e rischia di trascurare la complessità dell’esperienza educativa. -​ Il metodo qualitativo-ermeneutici—-> adotta un approccio induttivo e olistico, cercando di comprendere il significato dei fenomeni nel loro contesto e di valorizzare le esperienze individuali e le dinamiche relazionali. Questo metodo è caratterizzato dalla descrizione dettagliata di casi particolari e mira a cogliere l’interdipendenza tra i fenomeni e il contesto educativo, valorizzando la processualità e la complessità delle esperienze educative. La ricerca qualitativa è considerata particolarmente utile per descrivere come le competenze si trasferiscano e si sviluppino attraverso i processi di apprendimento. Il metodo si applica in situazioni educative attraverso lo studio di caso, che parte da un piccolo gruppo di soggetti per analizzare un fenomeno e poi estendere le conclusioni a situazioni simili. Ad esempio, studiando il ritardo nel percorso di studi, si esaminano le cause comuni (come la distanza dall’università o difficoltà in alcuni corsi) per proporre soluzioni che possano ridurre il fenomeno su scala più ampia. NASCITA DELLA DOCIMOLOGIA E CRITICHE ALLA VALUTAZIONE TRADIZIONALE La docimologia nasce come teoria della valutazione, in risposta alla soggettività che caratterizzava i giudizi di valore nelle valutazioni scolastiche. Inizialmente, senza criteri uniformi, i punteggi assegnati alle prove erano altamente discrezionali, con esaminatori che attribuivano punteggi molto diversi per la stessa prova. Un esempio di questo approccio è lo studio condotto dallo studioso francese Pieronne, che analizzò gli esami delle scuole superiori e scoprì queste disparità. La docimologia, quindi, si sviluppa per creare criteri e tecniche oggettive per la valutazione. Tuttavia, con l’emergere della docimologia, si passò da un estremo di soggettività a un tecnicismo rigoroso, che tendeva a ridurre l’apprendimento a una dimensione numerica, senza considerare la soggettività dei processi di apprendimento. Questo approccio ha portato a critiche verso la valutazione tradizionale, cercando un equilibrio tra oggettività e soggettività, combinando metodi quantitativi e qualitativi. Inizialmente, c’è stata una contrapposizione tra le scienze esatte, favorevoli a metodi oggettivi, e il metodo qualitativo, che enfatizzava l’importanza dell’esperienza e della soggettività. Nel XX secolo, i metodi quantitativo-sperimentale e qualitativo-ermeneutico si sono contrapposti in un dibattito focalizzato su differenze ontologiche, epistemologiche e metodologiche. In ambito educativo, però, ciascun metodo offre vantaggi per cogliere l'unicità di ciascuna azione educativa. —-I dati quantitativi favoriscono il confronto (esempio, esame a risposta multipla, se due studenti ottengono lo stesso punteggio, entrambi hanno superato la prova ma non si possono cogliere le differenze nel loro apprendimento). —-i dati qualitativi descrivono le differenze (esempio, osservare i comportamenti di un bambino all’asilo permette di capire meglio la qualità dell’apprendimento). Inoltre, i disegni sperimentali (metodo quantitativo) e l’indagine ermeneutica (metodo qualitativo) si completano: -​ I disegni sperimentali sono utili per favorire e migliorare l’azione didattica, ad esempio, l’uso della LIM. -​ L’indagine ermeneutica esplora il vissuto scolastico. La verifica delle ipotesi conferma o meno le scelte progettate tramite metodi quantitativi, mentre l'indagine induttiva tratta le variabili delle esperienze individuali tramite metodi qualitativi; Le variabili e indicatori quantitativi offrono modelli affidabili per analizzare i processi educativi, mentre la rappresentazione olistica qualitativa esplora l’interconnessione tra fenomeni e contesto, come nel caso di una scuola che utilizza la LIM con successo grazie a fattori contestuali. I due approcci, quantitativo e qualitativo, non sono alternativi, ma si completano e collaborano poiché insieme possono descrivere e analizzare la complessità del processo formativo. Notti suggerisce di distinguere tra “misura”, che riguarda i dati quantitativi certi, e “valutazione”, che implica un’interpretazione qualitativa. L’approccio “combinatorio creativo” permette di unire le potenzialità di entrambi i metodi, favorendo la capacità critica e l’apertura al cambiamento. Tale integrazione migliora la funzione regolativa della valutazione, contribuendo a elevare la qualità dell’istruzione. ——domanda esame: legame tra progettazione e valutazione. La valutazione non serve solo a sanzionare ma anche a migliorare CAPITOLO 3→ VALUTARE PER MIGLIORARE. Il legame tra progettazione e valutazione Educare significa creare le condizioni perché il ragazzo possa venir fuori gradualmente e affermare la propria identità. La valutazione è un processo di raccolta e interpretazione dei dati che porta ad un giudizio e successivamente ad un’azione. La valutazione è un fatto pedagogico e indaga sulla struttura e sugli elementi, sui fattori individuali e di gruppo e sugli aspetti organizzativi e metodologici. Per Dewey grazie alla teoria della valutazione si nota come il processo valutativo sia importante per l’attività progettuale. Il processo valutativo serve all’educatore a riflettere e osservare e di individuare efficacia ed efficienza. Progettualità e valutazione guidano lo sviluppo ponendosi in una posizione di circolarità. Nel processo di valutazione, l’azione fornisce nuove informazioni che vengono confrontate con le premesse iniziali. Questa è un tipo di valutazione situata perché è connessa alle pratiche sociali e attiva processi di cambiamento. La valutazione è complessa e accompagna l’intero processo formativo. Il processo valutativo è formato da tre processi diversi: -​ valutazione ex ante, all'inizio dell'azione progettuale; -​ valutazione in itinere, durante lo svolgimento progettuale; -​ valutazione ex-post, al termine dell'attività progettuale. Nonostante ci sia la valutazione ex-post, ciò non implica che ci sia una conclusione del processo, bensì è una premessa per il lavoro successivo. Infatti come afferma la Falcinelli la valutazione ha dentro una storia che è rappresentata dall’azione educativa. La collegialità è un elemento fondamentale e prevede la capacità di saper lavorare in gruppo e di valorizzare punti di vista diversi. 3.1 La progettazione educativa Progettare comporta attività rivolte al futuro partendo da riflessioni sul presente. La creatività è la chiave del processo educativo per dare senso e valore alle azioni avanzando ipotesi. Sono con creatività da un lato e rigore metodologico dall’altro, la progettualità può diventare unione tra teorie e prassi. Notti definisce la formazione come un processo volto all’acquisizione dei fondamenti della cultura e della personalità. La formazione quindi rappresenta il risultato di un'azione finalizzata a rispondere ai bisogni del soggetto e agli obiettivi specifici. Con il passare del tempo si è assistito ad una nuova riflessione su processi di apprendimento con una matrice costruttivista passando così da un approccio oggettivistico a un approccio soggettivistico passando poi a sua volta dalla programmazione alla progettazione. Con l’attuazione dell’autonomia e la scuola pensata come organizzazione cambiando i punti di osservazione, gli attori e i significati delle parole e così inizia il percorso della progettazione. Diversamente dalla progettazione, la programmazione assume una funzione più di carattere politico che pedagogico non coinvolgendo i docenti. La progettazione invece coinvolge tutti partendo quindi dalla programmazione e interpretando le indicazioni adattandole ai bisogni dei soggetti in formazione. La progettazione educativa è fondamentale per qualsiasi intervento educativo, poiché indica la strada da seguire. Essa nasce come un percorso ipotetico e creativo, che deve poi concretizzarsi in azioni reali e significative, adattandosi al contesto specifico e alle sue esigenze. La progettazione combina creatività e rigore metodologico: non è semplice improvvisazione, ma richiede pianificazione precisa e adattabilità.Per esempio, progettare una festa implica immaginare come realizzarla, ma anche considerare risorse, vincoli e fattibilità. Nel contesto del nido, la creatività è indispensabile, soprattutto quando le strutture non sono ideali, richiedendo flessibilità e capacità di adattamento rispetto a quanto inizialmente pianificato. Progettazione, attuazione e valutazione sono strettamente connesse e rappresentano le fasi di ogni azione formativa: -​ Progettazione: l’idea creativa e la pianificazione. -​ Attuazione: la messa in pratica del progetto. -​ Valutazione: il monitoraggio e la verifica dei risultati rispetto agli obiettivi iniziali. Questo ciclo continuo riflette il legame tra progettazione e valutazione, essenziale per garantire interventi educativi efficaci e mirati. Il percorso evolutivo dei sistemi educativi è passato da programma a programmazione, fino a giungere alla progettazione: -​ Programma: Inizialmente, il docente seguiva indicazioni ministeriali uniformi per tutti. Obiettivi e contenuti erano stabiliti a livello nazionale, senza considerare le specificità dei contesti o dei soggetti. -​ Programmazione: Si riconosce che ogni scuola, in base alle risorse e al contesto territoriale, deve adattare gli obiettivi. I docenti elaborano insieme una programmazione più adeguata alle esigenze dell’istituto. -​ Progettazione: Con la legge sull’autonomia scolastica, ogni ente formativo ha la possibilità di organizzarsi autonomamente. Il ministero fornisce indicazioni e obiettivi generali per le fasce d’età, ma il docente, considerando i bisogni specifici dei bambini, elabora progetti personalizzati. Per la fascia 0-3, in Italia non esistono linee guida specifiche come per la fascia 3-6, che si basa sui campi di esperienza. Tuttavia, per garantire la continuità educativa, è necessario predisporre attività che consentano di acquisire i prerequisiti per la scuola dell’infanzia. L’attività di progettazione si svolge con: -​ analisi dei bisogni formativi—> è la fase di prelazione dell’intervento formativo dove si raccolgono le informazioni sui bisogni e sugli individui e operano tre soggetti cioè committente, cliente e formatore; Si deve fare riferimento sia ai bisogni oggettivi sia a quelli soggettivi dove in quest’ultimo sarebbe preferibile procedere in due direzioni, il primo momento dedicato alla raccolta delle informazioni, alla cosiddetta utenza potenziale e un secondo momento dedicato ai soggetti -​ definizione degli obiettivi di apprendimento—> di parte da obiettivi generali per individuare poi quelli più specifici. I primi si riferiscono a l'interiorizzazione e metabolizzazione di nuove forme e alle trasformazione della persona nella sua totalità. Gli obiettivi specifici invece identificano il comportamento precisando le condizioni e i criteri. Secondo Mager la significatività degli obiettivi educativi e di apprendenti sia generali che specifici significa saper rispondere a tre domande: cosa dovrebbe essere in grado di fare l’allievo? I contesti dove dovrebbe farlo? Come deve essere in grado di farlo? Qui è importante la tassonomia cioè una categoria che identifica una gerarchia di processi mentali, affettivi e motori sia semplici che complessi. La più nota è la tassonomia di Bloom. Le modalità di apprendimento vengono divisi in tre domini: cognitivo, affettivo e psicomotorio. -​ articolazione dei contenuti—-> significa prevedere ciò che i soggetti devono conoscere per raggiungere gli obiettivi stabiliti. Capperucci sostiene che lavorare sui contenuti significa portare gli alunni alla costruzione di nuovi significati giungendo a forme di comprensione personale. -​ individuazione delle risorse—-> successivamente viene valutata l’adeguatezza delle risorse umane. Le risposte umane della docenza, del personale tecnico amministrativo e della dirigenza, sono fortemente influenzate dalla politica. -​ descrizione dei risultati attesi—-> prevede che siano redatti con coerenza rispetto agli obiettivi di apprendimento. Il docente stabilisce metodologie e strategie da mettere in atto a seconda degli obiettivi formativi. -​ predisposizione degli strumenti di monitoraggio e verifica—-> portano al processo valutativo della formazione. Qui la fase di attuazione prevede: trasparenza delle informazioni, interattività della comunicazione, qualità della didattica e funzionalità del monitoraggio. La fase di valutazione prevede la verifica dell’analisi degli esiti formativi. In fase valutativa si ragiona in termini di efficacia cioè il grado di conseguimento degli obiettivi ed efficienza cioè l’impiego attuato delle risorse disponibili comparando gli esiti agli obiettivi prefissati. La progettazione educativa nei servizi per la prima infanzia è un processo in cui tutte le fasi si collegano tra loro, e ogni aspetto deve essere accuratamente pianificato. Ad esempio, senza un’attenta analisi dei bisogni, gli obiettivi rischiano di non essere adeguati al contesto e alle esigenze dei bambini e delle famiglie. Anche i tempi devono essere considerati: se si prevede un’attività che richiede preparazione, come indossare grembiuli per dipingere, bisogna calcolare il tempo necessario per questa fase. All’interno dei servizi della prima infanzia il ruolo della progettazione risulta centrale attraverso “il progetto educativo (PE)”, un documento centrale che costituisce la “carta d’identità” della struttura dove si possono distinguere due livelli progettuali che si definiscono attraverso: -​ Il progetto educativo di servizio— risponde a criteri di macroprogettazione ed è un punto di riferimento per i nidi del territorio. -​ Il progetto educativo del nido— risponde a criteri di microprogettazione e mette a confronto bambini educatori e genitori. Gli elementi che non possono mancare nel progetto educativo del nido sono: -​ organizzazione gestionale—> condivisione tra tutti i livelli della struttura del progetto; -​ programmazione educativo-didattica—-> espone le scelte educative; -​ formazione professionale—-> deve essere intesa non come un obbligo, ma come un’opportunità per migliorare le competenze necessarie a rispondere alle sfide educative. Domanda: perché progettazione e valutazione sono strettamente legate? Progettazione e valutazione sono strettamente legate poiché si influenzano reciprocamente, creando una relazione di circolarità. Non è possibile progettare senza valutare e viceversa, perché la valutazione accompagna e dà senso alla progettazione. Durante ogni fase della progettazione, la valutazione assume funzioni specifiche: permette di determinare obiettivi, azioni e strumenti per monitorare, correggere e trarre conclusioni. La circolarità emerge attraverso una funzione retroattiva: il tempo finale della valutazione diventa il punto di partenza per una nuova progettazione, utilizzando i riscontri ottenuti dalla precedente. Questo processo è efficace solo se c’è collegialità, ovvero un confronto tra tutti gli operatori per condividere risultati, criticità e limiti, al fine di predisporre una progettazione migliorata. Nei nidi, il modello progettuale più comune si basa su una cornice narrativa, che funge da sfondo per le attività educative. Ad esempio, attraverso una storia come Cappuccetto Rosso, si costruiscono significati e si definiscono obiettivi educativi, inserendo le attività in un contesto fantastico e ludico che coinvolge i bambini. 3.2 Le logiche della progettazione Castoldi sostiene che ogni modello di progettazione risponde o alla logica della razionalità tecnica o alla logica della complessità. La logica della razionalità tecnica si basa su una progettazione lineare, in cui si presume che ogni azione porti razionalmente a un risultato previsto. In questo approccio, si dà per scontato che ciò che è stato progettato in modo ragionevole produrrà gli esiti desiderati, senza interrogarsi sul processo. Si valuta inizialmente per scegliere gli obiettivi e i materiali adeguati e alla fine per misurare i risultati, ma non si considera il valore formativo della valutazione. Ad esempio, la scelta di un libro si basa solo su una valutazione iniziale della sua adeguatezza rispetto agli obiettivi. La logica della complessità, invece, abbandona la linearità e adotta una visione circolare e flessibile. Qui la progettazione viene continuamente messa in discussione e adattata. La valutazione ha un ruolo formativo e accompagna tutto il processo: si valuta per progettare, durante il monitoraggio continuo, alla fine per trarre un bilancio e, successivamente, per riprogettare in base ai risultati ottenuti. Questo approccio permette una costante riflessione critica e un miglioramento continuo del processo educativo. La presenza di più fattori e variabili evoca un fare riflessivo da parte dell’intera comunità. Paparella ritiene che la progettazione assume la crescita della persona come valore e come fine dell’intenzionalità educativa. Solo chi è pesante può volare mentre ciò che è leggero si lascia semplicemente trasportare, quindi un progetto educativo non può che essere pesante. È indispensabile che chi progetta abbia riferimenti entro cui svolgere l’azione progettuale: -​ Partecipazione cioè tutti gli stakeholder coinvolti (educatori, famiglie, bambini) devono partecipare attivamente. -​ Flessibilità: tiene conto degli imprevisti. Ad esempio, se un’attività pianificata per un mese richiede più tempo, è necessario adattarla. Se i bambini sono nervosi e l’attività non funziona, bisogna riformularla. È importante essere flessibili anche nei confronti degli orari per agevolare i ritmi delle famiglie. -​ Concretezza: La progettazione deve essere semplice ma orientata a obiettivi realizzabili e specifici. -​ Adeguatezza: Le attività devono essere adattate al contesto e alle caratteristiche dei destinatari. Ad esempio, la scoperta dell’autunno sarà diversa per bambini di età diverse (10, 24 e 36 mesi). -​ Continuità: può essere verticale quando c’è un collegamento tra i diversi livelli formativi (es. nido e scuola dell’infanzia) o orizzontale quando coerenza tra obiettivi, risorse e attività nello stesso contesto educativo. Ad esempio, se i bambini non amano sporcarsi, non si ripropone subito l’attività, ma si lavora gradualmente per far superare loro il disagio. La continuità richiede condivisione e documentazione tra educatori, come diari o registri che tracciano le attività svolte e i progressi. L’assenza di documentazione porta a interventi disconnessi e frammentati, compromettendo la progettualità educativa. La valutazione accompagna il progetto in tutte le sue fasi e ciò avviene sulla base di tre parametri: -​ Analisi della coerenza esterna: confronto tra i dati del progetto e gli standard nazionali o locali. Avviene l’organizzazione degli spazi, ambienti e risorse rispetto agli standard di riferimento. Esempio: se uno standard prevede la presenza di un giardino e questo manca, si valuta se e come è possibile creare uno spazio verde. -​ analisi della coerenza interna: confronto tra i dati progettuali e i risultati attesi rispetto alle simulazioni. Si verifica se le attività realizzate stanno producendo i risultati previsti. Esempio: ci si aspettava un certo risultato da un’attività, ma i riscontri possono essere diversi, portando a un ripensamento della progettazione. -​ analisi della della sostenibilità: confronto tra il progetto e i vincoli di sistema (tempi, spazi, risorse). Si valutano eventuali ostacoli strutturali o organizzativi che influiscono sulla realizzazione del progetto. Esempio: un ritardo nell’appalto della mensa può cambiare le attività previste; un’ala inagibile di una struttura limita gli spazi disponibili. La valutazione oggi diventa modalità rigorosa e processo di ricerca dove l’elemento soggettivo e l’elemento probabilistico sono controllati. 3.3 Il monitoraggio continuo: le funzioni della valutazione All’interno del panorama educativo la valutazione assume un ruolo importante per il miglioramento continuo degli studenti. È un processo che monitora i progressi e il feedback assume un ruolo centrale poiché favorisce la crescita individuale. La valutazione è un processo circolare e ha varie funzioni: funzione diagnostica, funzione formativa, funzione sommativa. -​ La funzione diagnostica valuta il contesto e i bisogni di tutti ed è una valutazione da effettuare con cura per progettare un intervento di qualità. Ad esempio, un insegnante potrebbe verificare le competenze di base degli studenti all’inizio dell’anno scolastico per stabilire se siano già pronti per affrontare un determinato argomento o se occorrono attività propedeutiche. La diagnosi include domande come: “Quali sono le conoscenze pregresse degli studenti? Quali strumenti o supporti sono necessari? Quali sono i bisogni specifici del contesto?”. -​ La funzione formativa permette di reperire informazioni per comprendere lo stato di avanzamento del processo di insegnamento e apprendimento e consente il continuo rimodellamento dell’intervento educativo. La funzione formativa della valutazione si affianca a quella di monitoraggio continuo che attraverso il feedback permette la raccolta dei dati che consentono di seguire gli studenti nel tempo e supportare le loro difficoltà personalizzando gli interventi formativi e ottimizzando i processi di apprendimento. In caso, la valutazione non è lineare, ma circolare: si osserva costantemente l’andamento dell’intervento e, se necessario, si rimodella il progetto in base alle esigenze emerse. Ad esempio, se in una lezione prevista sull’uso delle mappe concettuali gli studenti mostrano difficoltà, l’insegnante potrebbe decidere di rimodellare l’attività, proponendo esercizi più semplici o introducendo strumenti visivi. Questa funzione rende l’intervento educativo flessibile e adattabile, senza cambiare gli obiettivi, ma modificando le strategie per raggiungerli. L’obiettivo è “dare forma” all’azione educativa, garantendo che questa sia sempre in linea con i bisogni degli studenti. -​ La funzione sommativa verifica il raggiungimento degli obiettivi con i vantaggi derivati, gli effetti sul contesto istituzionale e sociale. FEEDBACK Il feedback è un elemento fondamentale nel monitoraggio continuo, in quanto permette di osservare e comprendere i risultati di un’azione, interrogandosi sui motivi dei successi o delle difficoltà riscontrate. I feedback sono più efficaci quando segnalano esplicitamente agli studenti gli errori facendoli riflettere e correggendoli prima che diventino abituali. I feedback positivi indicano quali aspetti vanno mantenuti e quelli negativi quali aspetti vanno modificati. Il feedback offre agli insegnanti un quadro dettagliato del livello di apprendimento della classe e consente di individuare anche lacune e difficoltà permettendo di rimodellare così la progettazione. Per essere efficace, il feedback deve avere tre caratteristiche: -​ Tempestività: deve essere immediato. Ad esempio, se in un’attività didattica ci si accorge che uno strumento (come le tempere) non funziona, è necessario intervenire subito per modificare l’approccio. -​ Concretizzazione: deve fornire indicazioni precise su cosa va bene o meno e su come migliorare. Ad esempio, se un bambino manifesta un comportamento ripetitivo in presenza della madre, è importante analizzare il feedback e agire concretamente per capire e affrontare la situazione. -​ Positività: deve essere costruttivo, non limitandosi a giudizi negativi (es. “hai preso 4”), ma offrendo spunti per crescere, come indicazioni su cosa manca e come colmare le lacune. Un feedback di qualità evidenzia non solo il livello di una prestazione, ma anche i punti da migliorare e le azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi. Ad esempio, in una prova intermedia, il docente dovrebbe non solo assegnare un voto, ma spiegare quali aspetti devono essere approfonditi per raggiungere il livello desiderato, trasformando così l’attività in monitoraggio continuo e valutazione formativa. Continuità nei sistemi formativi La continuità è fondamentale per garantire coerenza e fluidità nel percorso educativo: ​ Continuità verticale: riguarda la progettazione degli obiettivi e delle attività in modo che ogni sistema formativo (es. nido, scuola dell’infanzia, scuola primaria) si colleghi al successivo, facilitando il passaggio degli studenti. ​ Continuità orizzontale: si riferisce all’allineamento tra discipline o aree di esperienza all’interno dello stesso contesto educativo. Ad esempio, in una scuola, gli insegnanti di diverse materie devono lavorare con obiettivi comuni, mentre nel nido si opera su campi di esperienza integrati. La continuità, sia verticale sia orizzontale, garantisce un approccio coordinato, con obiettivi condivisi e modalità operative coerenti tra educatori e personale scolastico. Questo assicura che il processo educativo sia unitario e orientato verso il progresso formativo degli studenti. 3.4 Il rapporto tra misurazione e valutazione Il rapporto tra misurazione e valutazione è essenziale per costruire strumenti che permettano di ottenere una valutazione il più possibile oggettiva. La misurazione riguarda la raccolta sistematica e quantitativa dei dati ed è un’operazione che associa simboli numerici a oggetti o eventi, seguendo regole precise che determinano

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