Parte specifica- disabilità (PDF)
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Meriam Hassine
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Questi documenti si concentrano su diversi aspetti dei servizi sociali per le persone con disabilità intellettiva. Essi affrontano le competenze degli operatori, la costruzione di relazioni efficaci con le persone e le loro famiglie, l'importanza di un approccio centrato sulla persona, e le limitazioni che le persone con disabilità intellettiva incontrano nella transizione all'età adulta. L'obiettivo è quello di creare percorsi personalizzati e migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità.
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Parte specifica- disabilità 16 La Convenzione delle Nazioni Unite suggerisce agli operatori del settore di riconsiderare i servizi offerti, incoraggiandoli a sfruttare al massimo il contributo e il potenziale creativo delle persone anziché concentrarsi sulle risorse difensive. Questo significa andar...
Parte specifica- disabilità 16 La Convenzione delle Nazioni Unite suggerisce agli operatori del settore di riconsiderare i servizi offerti, incoraggiandoli a sfruttare al massimo il contributo e il potenziale creativo delle persone anziché concentrarsi sulle risorse difensive. Questo significa andare oltre l'approccio tradizionale e aprire delle finestre di dialogo con la rete sociale primaria della persona, comprendendo sia le persone che l'ambiente con cui interagisce. Inoltre, è fondamentale mantenere costantemente alta la motivazione e rinnovare giorno dopo giorno la propria dedizione al lavoro, concentrandosi non solo sugli aspetti positivi ma anche sulla possibilità di migliorare quelli negativi. Gli operatori devono essere in grado di esprimere le proprie opinioni su ciò che ritengono importante, anche se talvolta possono sentirsi come parte di una catena di montaggio in cui il vertice appare come una presenza monolitica. È essenziale promuovere un processo culturale che vada oltre le visioni stereotipate e ideologiche, ancorandosi invece ad aspettative realistiche e rispettando l'autonomia e la complessità delle persone coinvolte. collaborare con la famiglia richiede doti relazionali e comunicative, così come una buona dose di pazienza e accettazione delle situazioni difficili, con l'impegno costante a cercare di migliorarle. Lavorare in équipe offre agli operatori un importante sostegno e stimolo alla creatività, consentendo loro di condividere linguaggi, supervisionarsi reciprocamente e formare un team coeso per la gestione del caso. È cruciale anche imparare a collaborare con altri operatori, delegando compiti e condividendo programmi riabilitativi con familiari, pazienti e colleghi di altri servizi. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 15 Quando parliamo di expertise nel contesto del lavoro sociale, ci riferiamo alle competenze pratiche e tecniche dell'operatore, ma anche a quelle competenze soft, definite abilità di vita, che riguardano le capacità relazionali ed empatiche che gli operatori sociali utilizzano nel loro lavoro. Queste abilità sono fondamentali per definire la relazione d'aiuto e per favorire il processo di cambiamento nelle persone in difficoltà. Inoltre, servono a promuovere il passaggio da un paradigma tecnico centrato sullo svantaggio a un modello sociale della disabilità, riconoscendo l'importanza del contesto. Costruire una relazione solida con la persona e la sua rete sociale primaria è essenziale per condividere contenuti significativi e per facilitare eventuali cambiamenti. Le abilità di base comprendono un equilibrio tra il "saper fare" e il "saper essere", particolarmente importante per gli operatori sociali. La comunicazione gioca un ruolo cruciale in questo contesto. L'utilizzo di domande aperte consente di raccogliere informazioni preziose e di stimolare la riflessione sulla situazione della persona e sulle possibilità di cambiamento. Queste domande possono anche aiutare a individuare risorse all'interno della famiglia o della rete sociale che possono essere utilizzate a supporto della persona. È importante distinguere la relazione d'aiuto nel lavoro sociale da un rapporto amichevole o medico. La relazione d'aiuto deve essere caratterizzata da empatia, rispetto e non deve essere prescrittiva. Gli operatori devono evitare di suggerire soluzioni o correggere eccessivamente il comportamento della persona, rispettando il suo ritmo e la sua autonomia nel processo di cambiamento. Esatto, l'ascolto riflessivo è un'abilità fondamentale nel lavoro sociale che implica non solo l'ascolto attivo ma anche la capacità di riformulare i contenuti espressi dalla persona con disabilità. Questo tipo di ascolto permette di far sentire la persona vista, ascoltata e motivata a esprimersi. Riformulare i contenuti in modo accessibile è utile soprattutto quando la famiglia si confronta con il personale sanitario, in modo da rendere più comprensibili le informazioni. Il riassumere è altrettanto importante, poiché aiuta a focalizzarsi su un argomento concordato, a rielaborare i contenuti e a mantenere la coerenza nel discorso. Inoltre, sostenere la persona significa concentrarsi sui suoi punti di forza e sulle risorse personali, anziché giudicarla o prescriverle soluzioni. L'obiettivo è massimizzare le potenzialità della persona e accompagnarla verso la piena emancipazione nella società. Nel lavoro sociale, è importante evitare alcune trappole della relazione, come la trappola dell'assessment, in cui si inundano le persone di domande senza portare chiarezza, o la trappola dell'esperto, in cui si danno consigli non richiesti e non si rispettano i ruoli definiti. Bisogna anche fare attenzione alla trappola dell'etichettatura, evitando di ridurre le persone a stereotipi o stigmi sociali, e alla trappola delle chiacchiere, cercando di rispettare i tempi e i turni nella conversazione anziché riempire il dialogo con discorsi superflui. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 14.2 Le limitazioni che le persone con disabilità intellettiva incontrano nell'approcciare alla vita adulta riguardano principalmente la difficoltà nella costruzione delle tre "B" di Brown: identità, appartenenza e sviluppo. Nella fase adulta, spesso si osserva una mancanza di progettualità e una disconnessione esistenziale, dovuta in parte alla persistenza di una visione custodialistica dei servizi, focalizzati più sulle prestazioni erogate che sulle persone che ne beneficiano. Questo si traduce in una discontinuità nella presa in carico, una frammentazione negli interventi e una carenza di pratiche abilitative che non considerano solo l'età evolutiva, ma seguono la persona lungo tutto il suo percorso di vita. Inoltre, vi è una tendenza a privilegiare le questioni organizzative dei servizi piuttosto che le esigenze individuali delle persone con disabilità. È fondamentale orientare i servizi verso una visione ecologica e bio-psico-sociale, dove sia l'individuo che il contesto rispondano al benessere reciproco. Ciò implica anche un'analisi approfondita dei bisogni di sostegno di ciascuna persona e la promozione di modelli costruttivi della qualità di vita che tengano conto delle dimensioni personali e dell'esperienza riabilitativa. Gli operatori hanno il compito di stimolare e sostenere visioni nuove e alternative per affrontare il futuro dei giovani con disabilità, contribuendo a riorganizzare i servizi in modo più efficace e centrato sulla persona. Questo richiede un cambio di prospettiva e un impegno costante nell'adattare e migliorare le pratiche di supporto per garantire un'autentica inclusione e partecipazione delle persone con disabilità intellettiva nella vita adulta. È importante considerare l'effetto dell'avanzamento dell'età sulle persone con disabilità intellettiva, poiché può verificarsi un deterioramento cognitivo, sebbene non uniforme su tutte le funzioni cognitive. Tuttavia, è possibile preservare buoni livelli di funzionalità attraverso la vita in ambienti stimolanti e l'esperienza con programmi educativi specifici. La formazione adeguata degli operatori sociali è cruciale per offrire interventi completi e mirati a sostenere le persone con disabilità intellettiva nell'invecchiamento. I servizi del futuro devono essere riprogrammati per concentrarsi sull'identità, il benessere personale, l'appartenenza e l'inclusione sociale. L'approccio centrato sulla qualità della vita sottolinea l'importanza della soddisfazione della persona nel luogo in cui vive e nella sua esperienza quotidiana di sé, evidenziando l'importanza dello spazio e del tempo di qualità con sé stessi e con gli altri. I servizi diurni dovrebbero essere concepiti in modo da integrare le persone con disabilità in varie attività quotidiane, come quelle domestiche, comunitarie, di apprendimento, occupazionali, per la salute e sociali. Inoltre, l'inserimento nel mondo del lavoro per le persone con disabilità non dovrebbe limitarsi al collocamento, ma dovrebbe essere accompagnato da percorsi di promozione alla vita adulta. È essenziale promuovere lo sviluppo e il mantenimento delle abilità, anche in caso di compromissione elevata, per garantire il massimo livello possibile di partecipazione alle attività quotidiane. Superare il modello custodialistico in favore di un approccio centrato sulla persona implica la costruzione di percorsi di significato esistenziale che siano appropriati all'età, alle esigenze e agli interessi della persona. Questi percorsi dovrebbero sostenere la crescita personale e professionale, contribuendo così a una migliore qualità di vita per le persone con disabilità intellettiva. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 14.1 è noto ormai che il passaggio all'età adulta costituisce uno dei momenti cruciali per delineare il futuro della persona ma anche la qualità della vita di quella persona. questo passaggio precedentemente era concepito all'interno di una logica di prevedibilità e di sostenibile matching cioè di sostenibile di allineamento tra le aspettative delle persone poi effettivamente le concrete opportunità offerte dal contesto. questa logica della prevedibilità però purtroppo è risultata essere poco compatibile con i tempi che corrono. adesso La Moderna società ci impone dei cambiamenti rapidi degli sviluppi dell'evoluzione così rapide che certamente gli esseri umani a volte fanno un po' fatica a seguire per cui questa logica dell'accesso dell’età adulta basata sulla prevedibilità del contesto che è piuttosto difficile da attuare già di per sé con tutti i ragazzi figurarsi con i ragazzi con disabilità particolar modo disabilità intellettiva. inoltre, Alcuni studi dimostrano che la probabilità di trovarsi una lunga traiettoria esistenziale ,una traiettoria di sviluppo positiva dipende Certamente dalle abilità E dalle competenze personali ma soprattutto da quel che contesto è in grado di offrire. allora in generale nei confronti dei giovani con disabilità influenzano Ovviamente la transizione l'accesso ai servizi dell'età adulta molto spesso la sola diagnosi disabilità intellettivo oppure di autismo può abbassare le aspettative che i professionisti nutrono per il futuro dei giovani nei diversi indicatori della qualità di vita, per esempio la l'autodeterminazione e l'inclusione sociale cioè in particolare si è visto che i professionisti sembrano attribuire peso minore ai domini dei propri di inclusione sociale e di autodeterminazione. invece sono risultati dei costruirci fondamentali per quanto riguarda poi la qualità di vita di una persona, dunque la sola presenza di una diagnosi viene percepita come un ostacolo nello sviluppo di traiettorie positive di qualità. Allora molto spesso la scuola viene vista come una sorta di ambito protetto, il problema è che quando questi ragazzi veramente finiscono il loro percorso scolastico e le famiglie dei ragazzi con disabilità sono investiti da una grande frustrazione da un senso pieno in qualche modo di incertezza che poi in qualche modo va anche a limitare proprio le loro capacità supportive nei confronti del figlio con disabilità. questo perché nei casi di questi ragazzi gli orizzonti appaiono ancora meno chiari e indefiniti o in certi casi addirittura inesistenti cioè non si prospetta proprio la possibilità che questo ragazzo possa accedere a servizi che caratterizzano l'età adulta che abbiamo visto sono fondamentali per quanto riguarda una una traiettoria esistenziale orientata alla qualità di vita. questo può portare a sentimenti di sfiducia, a sentimenti di rassegnazione addirittura questo soprattutto da parte delle famiglie atteggiamenti iperprotettivi o posizioni rivendicative. Allora in realtà la prospettiva in cui ci vogliamo adesso è quella di proporre un intervento che abbiano assetto metodologico preciso dunque riconducibile a dei modelli che sono stati precedentemente validati, l'intervento psico educativo A matrice comportamentale è quello che riceve più consensi proprio perché permette di sviluppare cioè di andare a concentrarsi molto oltre la menomazione fisica intellettiva delle abilità sociali, le abilità relazionali, le abilità soft e dunque la flessibilità e l’adattabilità. Intanto la definizione di una programmazione che sostenga le persone con disabilità adulta deve prevedere ovviamente degli obiettivi ben precisi. Allora praticamente quando si parla di obiettivi si pensa in qualche modo al risultato che la persona deve preporre però è perlopiù sconosciuto il concetto di titolarità degli obiettivi Cioè nel senso che il raggiungimento o il non raggiungimento degli obiettivi non è la sola condizione di esito ma è il risultante delle prestazioni professionali che sono agite in favore del raggiungimento di un obiettivo e quindi dunque per esempio la titolarità degli obiettivi riguarda anche noi proprio come operatori e questo è un tema fondamentale perché Chiama in causa in quel senso di responsabilità e la motivazione degli operatori che in qualche modo intendono continuare a lavorare di sociale. L'obiettivo poi in realtà rispetto ad una programmazione di interventi verso le persone con disabilità hanno come obiettivo la qualità di vita, se questo obiettivo viene raggiunto o meno Dipende anche dal modo insomma impostare il nostro lavoro affinché questo obiettivo venga raggiunto. anche il concetto di sostegni cioè del sistema di una rete di supporto che deve essere organizzata deve essere progettata al fine di sostenere il percorso di emancipazione delle persone e seguirlo poi nei vari momenti di vita. Per fare ciò è necessaria un analisi di bisogni che puntuale e ritagliata specifica sulla base chiaramente della persona in modo che poi sulla base dell'analisi dei bisogni vengono organizzati un piano di intervento e ci siano progettualità di programmi da intraprendere nei diversi livelli del sistema sociale. Meriam hassine Parte specifica- disabilità 13 La qualità di vita delle persone con disabilità dipende in gran parte dalla capacità di superare i modelli tradizionali di cura e servizi basati sulle strutture, promuovendo invece l'inclusione, la partecipazione e la dignità. Questo approccio è in linea con i principi sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Lavorare per la qualità di vita delle persone con disabilità significa concentrarsi sull'uguaglianza, sulla dignità e sull'inclusione, considerando la complessità della persona nei suoi bisogni e aspirazioni. Questo richiede di programmare interventi riabilitativi basati sul profilo di funzionamento individuale della persona, tenendo conto dei suoi punti di forza e dei suoi punti di debolezza, nonché delle barriere e dei supporti presenti nel suo contesto di vita. È essenziale che la programmazione educativa sia centrata sulla persona, fornendo interventi mirati al potenziamento delle sue capacità e alla strutturazione dei sistemi e dei supporti necessari per il suo processo di emancipazione. Questo coinvolge la progettazione di percorsi all'interno di un progetto di vita che dia significato personale ai valori e agli obiettivi delle azioni riabilitative. Nel processo di programmazione, è fondamentale coinvolgere attivamente la persona con disabilità, facendola diventare protagonista del proprio percorso. La sua motivazione e la sua collaborazione sono cruciali per il successo degli interventi proposti e per il raggiungimento dei suoi obiettivi. Infine, è importante valutare l'efficacia della programmazione educativa per assicurarsi che le attività e gli interventi proposti siano significativi per la persona e che contribuiscano al miglioramento della sua qualità di vita. Questo processo di valutazione continua aiuta a garantire che la programmazione sia adeguata e risponda alle esigenze e alle aspirazioni della persona con disabilità. Il concetto di autodeterminazione è fondamentale per garantire alle persone con disabilità la possibilità di fare scelte libere e consapevoli, indipendentemente dai condizionamenti esterni o interni. Questo concetto va oltre l'autonomia e implica la capacità di comprendere le proprie preferenze e di comunicarle agli altri. Inoltre, l'autodeterminazione include la consapevolezza delle proprie emozioni e la capacità di regolarle, nonché la capacità di prendere decisioni basate sulle proprie preferenze e di comunicarle in modo efficace. Questi tre elementi - autoconsapevolezza, regolazione emotiva e capacità decisionale - sono pilastri fondamentali della programmazione abilitativa e della ricerca di una migliore qualità di vita per le persone con disabilità. Questi aspetti sono strettamente collegati e si influenzano reciprocamente, contribuendo al senso di identità, di appartenenza e di realizzazione personale di ciascun individuo. Il modello di qualità di vita di Schalock integra queste dimensioni emotive e relazionali insieme a quelle più tradizionali legate al benessere materiale e ai diritti. Questo modello considera otto dimensioni della qualità di vita, tra cui il benessere emotivo, le relazioni interpersonali, lo sviluppo personale e l'autodeterminazione. Questo approccio allarga la prospettiva sulla qualità di vita, riconoscendo l'importanza delle relazioni interpersonali, dell'autonomia e del benessere emotivo per il benessere complessivo di una persona. Inoltre, le tre dimensioni individuate da Brown - essere, appartenere e diventare - evidenziano ulteriormente l'importanza del senso di identità, dell'inclusione sociale e del perseguimento di obiettivi personali e di vita. Queste dimensioni si intrecciano e si influenzano reciprocamente, contribuendo alla realizzazione di una vita soddisfacente e significativa per ogni individuo, comprese le persone con disabilità. Integrare modelli di qualità di vita con approcci operativi come il 3C (centralità, continuità, controllo) può migliorare l'esperienza riabilitativa e promuovere una maggiore inclusione e partecipazione delle persone con disabilità. La centralità si riferisce all'importanza di rendere significativa l'esperienza riabilitativa per la persona, rispettando le sue ambizioni, vocazioni e il momento di vita in cui si trova. La continuità implica la coerenza degli obiettivi riabilitativi nel tempo, evitando che siano vaghi o slegati tra loro. Il controllo si riferisce alla partecipazione attiva della persona nell'esperienza riabilitativa, garantendo che sia protagonista e agente rispetto ad essa. Questi principi possono essere applicati sia nella programmazione di interventi riabilitativi che nella definizione di progetti di vita di qualità. È fondamentale riconoscere la complessità della persona e lavorare per potenziare sia il suo senso di identità e appartenenza che gli interventi riabilitativi che rispettino la sua centralità, continuità e controllo. Integrando questi approcci, è possibile sviluppare percorsi di inclusione che tengano conto delle esigenze e delle aspirazioni individuali, promuovendo una migliore qualità di vita per tutte le persone coinvolte. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 12 Assolutamente, il diritto al lavoro per le persone con disabilità non può essere solo una mera formalità, ma deve includere opportunità concrete di lavoro contrattualizzato e retribuito. È essenziale progettare attività che permettano loro di esplorare le proprie vocazioni e ambizioni, incoraggiandoli a credere nelle proprie capacità e a perseguire una vita che sia allineata ai loro interessi e aspirazioni. L'emancipazione e l'inserimento nei ruoli tipici dell'età adulta dovrebbero essere obiettivi chiari e concreti. Inoltre, è importante sottolineare che l'inclusione non deve essere solo una strategia di marketing, ma una vera e propria azione che riflette un cambiamento culturale nel modo in cui consideriamo le persone con disabilità. Dobbiamo guardare a queste persone come cittadini con pari dignità e attivare risorse e competenze che sostengano questa prospettiva. Il barattare diritti con sostegni non è accettabile. Le aspettative sociali e le valutazioni spesso influenzano i processi di inclusione sociale e lavorativa delle persone con disabilità. Le barriere contestuali, che vanno oltre le barriere architettoniche, possono limitare le opportunità di crescita personale e professionale di queste persone e scoraggiare l'iniziativa e l'autonomia. La propensione a promuovere percorsi speciali può rischiare di trasformarsi in un'eterna stagnazione, piuttosto che favorire lo sviluppo e l'emancipazione delle persone con disabilità. È importante offrire opportunità per l'accesso a attività tipiche della loro età e promuovere l'acquisizione di competenze pratiche e sociali che favoriscano l'adattabilità e la flessibilità nell'ambiente in rapida evoluzione di oggi. Infine, è fondamentale evitare atteggiamenti caritatevoli o infantilizzati e promuovere invece un approccio rispettoso che riconosca le capacità e l'autonomia delle persone con disabilità. L'articolo 27 della Convenzione ONU rappresenta un importante passo avanti nel riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità nel contesto lavorativo. Questo articolo sottolinea il diritto alla parità di opportunità nel lavoro, garantendo che le persone con disabilità possano scegliere liberamente il proprio lavoro e mantenersi attraverso di esso. Inoltre, promuove un ambiente lavorativo aperto che favorisca l'inclusione e l'accessibilità per tutti. L'autonomia è un aspetto fondamentale per le persone con disabilità, poiché permette loro di essere protagonisti delle proprie vite. Essere in grado di prendere decisioni autonome e perseguire scopi significativi contribuisce notevolmente alla qualità della vita. L'autodeterminazione, ovvero la capacità di fare scelte libere e autonome, è un elemento chiave che favorisce la crescita personale e professionale. La nuova convenzione sull'inserimento lavorativo nelle cooperative sociali, ex articolo 22, è un ulteriore passo avanti verso l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità. Questa convenzione prevede incentivi per le cooperative sociali che assumono lavoratori con disabilità, promuovendo l'inclusione attraverso l'assegnazione di commesse di lavoro riservate. Le modifiche legislative, come la legge 68 del 1999 e successive modifiche come la legge delega 183 del 2014 (conosciuta come Jobs Act), hanno contribuito a razionalizzare le procedure e gli adempimenti per favorire l'inserimento mirato delle persone con disabilità nel mercato del lavoro. Queste misure sono cruciali per garantire un accesso equo e dignitoso al lavoro per tutte le persone, indipendentemente dalle loro abilità. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 11.2 La normativa vigente richiede alle scuole di fare sempre riferimento a precisi riferimenti normativi per garantire l'inclusione di tutti gli alunni. Anche se le scuole godono di autonomia amministrativa e giuridica, devono comunque prevedere la partecipazione di tutte le parti della comunità scolastica e realizzare interventi veramente inclusivi, che tengano conto delle esigenze specifiche di ogni individuo. Nel contesto della classe, favorire un clima di inclusione in contesti eterogenei implica accettare la complessità delle differenze e cercare di includere tutti nell'ambito di un progetto educativo che mira allo sviluppo del potenziale di ogni studente, indipendentemente dalle loro caratteristiche. L'integrazione scolastica mira a reperire risorse, come insegnanti di sostegno e fondi, per consentire agli studenti di raggiungere obiettivi di autonomia, socializzazione e comunicazione. È un intervento specialistico che agisce sia sull'alunno che sul contesto, stimolando una risposta specialistica. L'inclusione, invece, mira a superare le barriere della partecipazione e dell'apprendimento agendo sul contesto in modo ordinario, senza interventi specifici per singoli individui. Tutti gli studenti sono inclusi indistintamente in qualsiasi luogo e situazione, permettendo loro di partecipare pienamente alla cittadinanza in una società libera. Mentre l'inserimento è unidirezionale e coinvolge il posizionamento di una persona in un particolare gruppo, l'integrazione comincia a permettere uno scambio bidirezionale, ma il destinatario dell'intervento specialistico resta un singolo individuo. Nell'inclusione, l'azione inclusiva coinvolge l'intera comunità educante, diventando un sistema che promuove l'inclusione di tutti. Il quadro normativo che accompagna e protegge il processo di emancipazione delle persone con disabilità è solido e completo. L'articolo 3 della Costituzione italiana sancisce il principio di uguaglianza formale delle persone, mentre l'articolo 34 stabilisce il diritto all'istruzione e l'accesso alla scuola per tutti. La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità impegna gli stati firmatari a garantire forme di integrazione scolastica nelle classi comuni. La legge 104 del 1992, nota come legge quadro per l'assistenza sociale e i diritti delle persone con handicap, è un punto di riferimento fondamentale. Questa legge mira a promuovere il rispetto dei diritti e della libertà delle persone con disabilità, favorendone l'integrazione in famiglia, a scuola, sul lavoro e nella società. Definisce chi sono i soggetti beneficiari e promuove l'integrazione scolastica come obiettivo di sviluppo delle potenzialità della persona. Il piano educativo individualizzato, previsto dalla legge 104, è uno strumento chiave per rispondere ai bisogni educativi speciali degli studenti con disabilità certificata. Questo piano, che include anche un progetto di vita, accompagna lo studente non solo durante il periodo scolastico ma anche oltre, aiutandolo a realizzare le sue massime potenzialità e ambizioni. Il fascicolo personale dell'alunno con disabilità contiene informazioni essenziali come la certificazione ai sensi della legge 104 e la diagnosi funzionale, che descrive il funzionamento globale dello studente. Il profilo dinamico funzionale, redatto dall'équipe scolastica e socio- sanitaria, identifica i bisogni specifici dello studente e serve da base per la creazione del piano educativo individualizzato. La relazione finale e le verifiche periodiche coinvolgono anche la famiglia, assicurando una collaborazione continua e un monitoraggio accurato del percorso educativo dello studente. È essenziale che il dirigente scolastico assuma un ruolo di leadership inclusiva, garantendo che il piano dell'offerta formativa preveda risposte specifiche ai bisogni dei singoli studenti, inclusi quelli con disabilità. Questo processo richiede una riorganizzazione del sistema scolastico che coinvolga tutta la comunità educante e che consideri la presenza degli alunni con disabilità come un'opportunità di crescita per tutti. Il decreto ministeriale 1888 del 2021 rappresenta un importante passo avanti nel fornire linee guida per la formazione obbligatoria del personale docente impegnato con alunni con disabilità. Tuttavia, le modalità organizzative di queste ore di formazione sono state oggetto di critiche, in quanto sono state considerate extra-curricolari e non retribuite. Questo ha messo in ombra il potenziale positivo del decreto, che mirava a promuovere l'inclusione scolastica degli alunni con disabilità e garantire una presa in carico completa e condivisa della loro educazione, senza deleghe esterne. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 11.1 La scuola svolge un ruolo cruciale nel comprendere la rete sociale primaria della persona con disabilità e nel valutare il suo benessere. Gli operatori devono approfondire il rapporto della persona con disabilità con la famiglia e la scuola per ottenere informazioni significative. La scuola rappresenta un momento di emancipazione per tutti i bambini, ma è ancora più importante per quelli con disabilità, poiché può favorire un distacco graduale e sereno dall'ambiente familiare. Tuttavia, è fondamentale evitare dinamiche ossessive o assistenzialistiche che potrebbero limitare le aree di autonomia. La collaborazione tra scuola, famiglia e servizi sociali è essenziale per favorire il progetto di vita della persona con disabilità e accompagnarlo verso l'emancipazione e la piena partecipazione alla cittadinanza. La scuola offre un ambiente ricco di opportunità per lo sviluppo personale e professionale, ma può anche presentare sfide nel processo di integrazione. È importante che tutte le parti coinvolte lavorino insieme per integrare la persona nella comunità e consentirgli di realizzare i suoi sogni e aspirazioni. La scuola non è solo un luogo di apprendimento, ma anche di crescita personale, dove si riconosce l'importanza della socializzazione nello sviluppo delle potenzialità individuali. Anche nel contesto lavorativo, la persona con disabilità dovrà costruire relazioni significative e partecipare attivamente alla società. L'obiettivo ultimo è permettere alla persona di vivere una vita piena e soddisfacente, realizzando un rapporto stabile con il proprio partner e contribuendo alla comunità in cui vive. L'articolo 3 della Costituzione italiana stabilisce il principio di uguaglianza, mentre l'articolo 34 sottolinea che la scuola è aperta a tutti. Questi principi non riguardano solo l'uguaglianza formale, ma anche quella sostanziale che riconosce il diritto di ciascun individuo di essere rispettato nella propria dignità e di avere accesso a un'istruzione che tenga conto delle proprie caratteristiche, vocazioni e ambizioni. La legge 104 del 1992, nota come legge quadro per l'assistenza sociale e i diritti delle persone con disabilità, è un punto di riferimento fondamentale per l'integrazione scolastica e sociale delle persone con disabilità. Questa legge ribadisce il principio dell'integrazione sociale e scolastica come parte essenziale della tutela della dignità umana delle persone con disabilità. La sentenza 215 dell'87 della Corte Costituzionale è considerata la "Magna Carta" dell'integrazione scolastica, poiché ha dichiarato il diritto pieno e incondizionato di tutti gli alunni con disabilità alla frequenza delle scuole di ogni ordine e grado. Questo ha orientato tutta la normativa scolastica primaria e secondaria verso l'integrazione degli alunni con disabilità, indipendentemente dal grado di complessità. La legge 104 del 1992 raccoglie e integra interventi legislativi, diventando un punto di riferimento normativo per l'integrazione scolastica e sociale delle persone con disabilità. Essa sottolinea il diritto soggettivo al pieno sviluppo del potenziale umano delle persone con disabilità, garantendo interventi riabilitativi specifici e promuovendo un approccio educativo e formativo individualizzato. Il profilo dinamico funzionale e il piano educativo individualizzato, stabiliti dalla legge 104, rappresentano i momenti concreti in cui viene esercitato il diritto all'istruzione e all'educazione dell'alunno con disabilità. Questi strumenti personalizzati vengono formulati dalle ASL, dagli enti locali e dalle istituzioni scolastiche per garantire interventi mirati che tengano conto delle specifiche esigenze e capacità dell'alunno. La convenzione ONU del 2009, ratificata con la legge 18 del 3 marzo 2009, mira a superare il modello medico della disabilità e ad abbracciare il modello sociale, che si basa su principi di non discriminazione, pari opportunità, autonomia e inclusione sociale. Questo approccio coinvolge attivamente le persone con disabilità e le loro famiglie, restituendo loro dignità e riconoscendo il contesto culturale e sociale come fattore determinante per il benessere e lo sviluppo delle persone con disabilità. L'articolo 24 della convenzione sottolinea il diritto all'istruzione senza discriminazioni e su base di pari opportunità, garantendo un sistema di istruzione inclusiva a tutti i livelli e lungo tutto l'arco della vita. Questo sistema è finalizzato al pieno sviluppo del potenziale umano, al rafforzamento dell'autostima e al rispetto dei diritti umani, favorendo lo sviluppo delle personalità, dei talenti e delle abilità delle persone con disabilità. La realizzazione di progetti di vita personalizzati coinvolge una partnership e una collaborazione tra enti territoriali, scuole, ASL, cooperative e altre comunità. Questi progetti includono la definizione di obiettivi formativi, l'ottimizzazione delle risorse economiche e umane, e iniziative volte ad accompagnare gli alunni con disabilità verso la vita adulta. La scuola svolge un ruolo fondamentale all'interno della rete sociale che collabora alla definizione del progetto di vita di una persona. Attraverso figure delegate, in particolare il dirigente scolastico, la scuola contribuisce all'attuazione del progetto di vita, come viene esplicitato nel piano educativo individualizzato. Il dirigente scolastico, avendo autonomia organizzativa e didattica, deve garantire che le attività scolastiche rispettino i principi sanciti dalle norme specifiche, soprattutto riguardo all'inclusione sociale e scolastica degli alunni con disabilità. Se la proposta formativa non segue tali principi, può configurarsi come disparità di trattamento e comportare conseguenze legali. Tutte le componenti scolastiche devono collaborare per prevedere un'offerta formativa inclusiva, e il dirigente scolastico inclusivo ha il compito di garantire l'effettivo diritto allo studio per gli alunni con disabilità, promuovendo iniziative per rendere tutte le attività scolastiche inclusive. La leadership inclusiva del dirigente scolastico si manifesta nella promozione di iniziative atte a garantire l'inclusione di tutti gli alunni, traducendo le indicazioni normative in azioni concrete e operative. Inoltre, le metodologie pedagogiche utilizzate, come il Cooperative Learning, che favorisce la collaborazione tra gli alunni durante le attività, sono particolarmente efficaci per favorire l'apprendimento e la socializzazione, soprattutto per i bambini con disabilità. Questi momenti di collaborazione sono fondamentali per la crescita e lo sviluppo personale degli alunni. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 10 La disabilità rappresenta un evento eccezionale nella vita di una persona ed è spesso percepita come ingiusta, specialmente quando è rara. Questo può portare ad un desiderio di cancellare la diversità, che talvolta si trasforma in un'ossessione nei confronti della persona con disabilità. In passato, le persone con disabilità sono state spesso condannate alla segregazione e alla perdita dei loro diritti fondamentali. I genitori possono sperimentare sentimenti di angoscia e frustrazione rispetto al figlio con disabilità, complicati dalle sue esigenze assistenziali. Questi disagi possono essere comunicati alla persona con disabilità, influenzando fortemente la sua percezione di sé stessa e facendola sentire come un peso per la famiglia. Le esperienze vissute di rabbia e frustrazione delle persone con disabilità possono essere interpretate dagli operatori come espressione della loro disabilità, senza considerare l'impatto dei rapporti insoddisfacenti con i genitori e la sensazione di impotenza che queste persone affrontano quotidianamente. Questo può portare a comportamenti di rinuncia depressiva, dove la persona rinuncia a interagire e crescere in base ai propri desideri, generando frustrazione sia nei caregiver che negli operatori nel lungo termine. Al contrario, in altri casi la persona può sviluppare un controllo ossessivo sulla propria situazione, cercando di influenzare le reazioni dei genitori e il comportamento dei fratelli. Un altro tema importante è la mancanza di potere, dove il potere all'interno di una relazione d'aiuto o più in generale nelle relazioni può diventare un problema se non è gestito in modo appropriato. È importante favorire relazioni simmetriche e incoraggiare l'autonomia, anziché mantenere un atteggiamento assistenziale che può limitare i margini di libertà della persona con disabilità. Le famiglie spesso adottano l'approccio del "lascia fare", evitando di valutare il grado di autonomia e il potenziale delle persone con disabilità. Questo atteggiamento può portare alla mancanza di impegno da parte della persona con disabilità, generando sentimenti di rabbia e successivi tentativi di riprendere il controllo della situazione. Nel processo di crescita, la persona con disabilità può passare dal nascondere il desiderio di controllo alla manifestazione di comportamenti psicopatologici quando i genitori cercano di favorire una maggiore indipendenza. È cruciale lavorare sulla comprensione delle aree di autonomia e sostenere l'emancipazione della persona, anziché perpetuare un atteggiamento assistenziale che genera confusione e dipendenza. I bambini con disabilità possono sviluppare resistenza passiva al cambiamento o aumentare le richieste di aiuto per ottenere maggiore coinvolgimento. Spesso si sentono al centro dell'attenzione a causa dei loro bisogni di assistenza, generando un controllo ossessivo che va monitorato e compreso. Questo senso di onnipotenza appresa può rendere la persona dipendente dal controllo degli altri, privandola della dignità e della consapevolezza dei propri margini di libertà e autonomia. È essenziale formare i genitori per riconoscere e supportare le aree di autonomia e abbandonare gli atteggiamenti di potere, affinché il rapporto sia basato sulla reciproca comprensione e crescita. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 9.2 Il processo di accompagnamento della persona con disabilità verso la cittadinanza e l'emancipazione richiede un approccio inclusivo e partecipativo di tutta la famiglia. Il modello biopsicosociale si distingue dal modello riduzionista della cura in quanto coinvolge attivamente tutte le parti interessate nel progetto terapeutico. Per costruire un team efficace, è essenziale che gli operatori dimostrino professionalità, credibilità e solidarietà nei confronti delle persone coinvolte. Questo favorisce la creazione di un'alleanza terapeutica basata sulla fiducia reciproca tra familiari e persona con disabilità. Il modello biopsicosociale promuove un approccio inclusivo che tiene conto di variabili come le risorse del soggetto, i legami familiari, il contesto sociale e la storia del paziente. L'obiettivo generale è promuovere la qualità della vita di tutte le persone coinvolte. Gli operatori devono creare uno spazio di riflessione e dialogo in cui tutti i soggetti possano esprimere i propri punti di vista e sentirsi ascoltati. Questo favorisce un senso di competenza e controllo, aumentando la percezione delle risorse della famiglia e facilitando un'esperienza di alleanza terapeutica e di interdipendenza di fronte alle difficoltà. È importante mantenere i ruoli familiari ben definiti all'interno della struttura familiare, poiché il loro indebolimento può causare problemi gravi. Inoltre, l'evento stressante rappresentato dalla diagnosi di disabilità può rivelare le dinamiche e le modalità di gestione del conflitto all'interno della famiglia, potenziando le strategie di ricerca dell'equilibrio relazionale. In sostanza, l'approccio biopsicosociale mira a coinvolgere attivamente tutte le parti interessate nel processo di accompagnamento della persona con disabilità, promuovendo la partecipazione, la fiducia reciproca e il benessere complessivo della famiglia. La diagnosi di invalidità di un familiare è spesso un evento che coincide con una crisi nel progetto esistenziale dei genitori. Questo può accadere sia quando la famiglia sta aspettando un bambino a cui viene diagnosticata una disabilità, sia quando l'invalidità colpisce un membro già presente nella famiglia. Questo cambiamento negli equilibri interni della famiglia è un momento delicato, specialmente quando uno dei genitori deve rinunciare al proprio progetto per prendersi cura del familiare con disabilità. Le reazioni difensive, gli adattamenti e le scelte esistenziali durante questo periodo possono variare notevolmente da una famiglia all'altra. È importante per gli operatori riconoscere e apprezzare le capacità di adattamento della famiglia, aiutandola a trovare soluzioni che dia senso alla sofferenza soggettiva. Le modalità difensive possono includere il misconoscimento del deficit del familiare con disabilità, lo stress subito dal partner e le limitazioni imposte agli altri figli. Queste forme di misconoscimento possono portare alla negazione delle difficoltà del familiare con disabilità, al sacrificio di un membro della famiglia e alla sottovalutazione delle sue capacità residue. Gli operatori devono lavorare con la famiglia per sfidare queste dinamiche di rinuncia e protezione, promuovendo un linguaggio e un approccio che riconoscano le capacità residue della persona con disabilità. La famiglia è un'organizzazione complessa caratterizzata da diversi individui con ruoli distinti che devono essere rispettati. La diagnosi di disabilità può influenzare e cambiare i dinamismi familiari a seconda della storia e dell'evoluzione della famiglia, comprese l'intimità dei coniugi, l'età dei genitori, il numero di figli e il genere dei figli. Ad esempio, se ci sono due figli maschi di cui uno con disabilità, la famiglia potrebbe proiettare aspettative diverse sul figlio senza disabilità. Inoltre, la famiglia è un contesto dove vengono praticati e giocati i legami familiari, il che influisce sul modo in cui la famiglia affronta la diagnosi di disabilità e gestisce i suoi cambiamenti interni. In famiglia, la negoziazione ruota intorno ai ruoli e alla distribuzione equa, mantenendo una distanza interpersonale. Questi legami sono fortemente vincolanti, strutturati gerarchicamente e basati su processi di attaccamento reciproco. Il tema del potere è centrale nei sistemi complessi come famiglia, scuola e organizzazioni, generando spesso disagio quando non viene gestito efficacemente. Nel contesto della disabilità, il nome della malattia può influenzare i rapporti, ad esempio, i figli con disabilità possono esercitare un potere inconscio sui fratelli. Una diagnosi di disabilità richiede un'equa distribuzione dei ruoli tra padre e madre, considerando le differenze di genere nella concezione delle mansioni. Gli operatori devono ripristinare le dinamiche familiari precedenti alla diagnosi, ascoltando e comprendendo le scelte degli adulti e valutando le esigenze del bambino con disabilità. È essenziale facilitare adattamenti e soluzioni specifiche, coinvolgendo la famiglia nel processo. È importante anche prevenire reazioni difensive o regressive nei fratelli, poiché possono diventare una risorsa nell'età adulta del bambino con disabilità. I comportamenti dei genitori sono modelli per i bambini, quindi è fondamentale fornire un ambiente di supporto e comprensione per favorire la collaborazione e il benessere di tutti i membri della famiglia. Meriam Hassine Parte specifica- Disabilità 9.1 All'interno della famiglia, i rapporti con il padre e la madre svolgono un ruolo cruciale nell'introdurre il senso dell'autorità e nella formazione della nostra identità e dei nostri modelli di comportamento. Le prime esperienze con l'autorità, incarnate dai genitori, sono fondamentali perché ci forniscono i primi esempi da seguire e da interiorizzare. Le dinamiche familiari sono le prime e più significative esperienze relazionali al di fuori delle quattro mura domestiche. Dopo la famiglia, le amicizie giocano un ruolo importante nella costruzione delle nostre relazioni, ma la scuola e gli insegnanti svolgono un ruolo fondamentale come guide nel nostro percorso di crescita e sviluppo sociale. La famiglia, pertanto, rappresenta un'arena primaria per l'apprendimento dei rapporti con le figure di autorità, sia maschili che femminili, che influenzeranno le nostre relazioni per tutta la vita. È essenziale considerare la famiglia come una struttura sociale complessa, all'interno della quale i ruoli sono ben definiti ma possono anche essere soggetti a lotte di potere. Le lotte di potere sono comuni all'interno delle famiglie, poiché i ruoli e le dinamiche possono essere disordinate e soggette a momenti destabilizzanti. In queste situazioni, è importante che gli operatori sociali prestino attenzione e coinvolgano entrambi i genitori nel processo di supporto e consulenza, mantenendo una sensibilità verso le dinamiche conflittuali. è importante riflettere sulle buone pratiche degli operatori sociali, specialmente quando la diagnosi di disabilità si verifica in momenti critici della vita familiare, come durante l'espansione della famiglia. Questo richiede un approccio empatico e sensibile alle esigenze e alle dinamiche specifiche di ciascuna famiglia, per garantire il benessere di tutti i membri e favorire la costruzione di relazioni positive e supportanti. Affrontare il cambiamento all'interno della famiglia dopo una diagnosi di disabilità è una sfida che richiede un approccio sensibile e attento da parte degli operatori sociali. È importante comprendere come era strutturata l'organizzazione familiare prima della diagnosi e come sia cambiata dopo, al fine di individuare i punti di forza della famiglia e scoraggiare eventuali resistenze al cambiamento. L'operatore deve essere in grado di leggere le risorse e le limitazioni della famiglia, considerando anche i tratti distintivi e di personalità delle persone coinvolte. Questo consente di assistere e accompagnare i familiari nel processo di adattamento al cambiamento in modo efficace. Tuttavia, questo può essere complicato poiché le resistenze al cambiamento e i tempi necessari per elaborare il lutto per le aspettative pregresse sono variabili e possono richiedere tempo. La fase anamnestica, durante la quale vengono raccolte informazioni sulle abitudini e gli stili di vita della famiglia, così come sui tratti distintivi delle singole persone, è fondamentale per comprendere appieno il contesto in cui si sta lavorando. È importante suggerire e accompagnare la famiglia nella creazione di strategie creative per migliorare la qualità della vita, non solo del paziente con disabilità, ma dell'intero sistema familiare. Questo approccio non considera la disabilità come uno svantaggio, ma come una sfida relazionale che può essere affrontata e superata attraverso la creazione di un ambiente favorevole e inclusivo intorno alla persona con disabilità. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 8.2 Il concetto di normalizzazione si riferisce all'idea di favorire l'inclusione e l'emancipazione delle persone con disabilità, anziché limitarle o etichettarle in base alle loro differenze. La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità promuove questo approccio, mirando a garantire che le persone con disabilità possano partecipare pienamente alla società e godere dei loro diritti umani senza discriminazioni. Tuttavia, è importante chiarire che la normalizzazione non significa rendere le persone con disabilità "meno disabili". Piuttosto, si tratta di riconoscere e accettare la diversità umana, garantendo che le persone con disabilità abbiano accesso alle risorse e alle opportunità necessarie per condurre una vita dignitosa e autonoma. Nel contesto della Convenzione ONU, la normalizzazione implica anche una critica nei confronti delle pratiche che categorizzano le persone in base al grado di disabilità e limitano il loro accesso ai servizi in base a queste categorie. Ad esempio, i servizi di cura e custodia che classificano le persone con disabilità in categorie di "lieve", "moderata" o "grave" possono perpetuare la discriminazione e l'esclusione. La Convenzione ONU sottolinea che tutte le persone con disabilità devono essere considerate come individui unici, e che i loro bisogni devono essere valutati individualmente. Questo significa che non dovrebbero esserci distinzioni rigide tra i diversi tipi di disabilità o tra i livelli di supporto necessario. Invece, dovrebbero essere adottati approcci personalizzati che tengano conto delle esigenze specifiche di ciascuna persona. Inoltre, la Convenzione ONU incoraggia a considerare la disabilità non solo come una caratteristica individuale, ma anche come il risultato delle barriere ambientali e sociali. Ciò significa che il grado di disabilità di una persona può variare a seconda del contesto in cui si trova e delle risorse disponibili per supportarla. Pertanto, anziché concentrarsi sul grado di disabilità di una persona, dovremmo concentrarci su come rendere gli ambienti e le strutture più accessibili e inclusivi per tutti. Il concetto di normalità, sebbene possa essere considerato politicamente corretto nei social media, è ancora radicato nel pensiero sociale, specialmente quando si tratta di disabilità. La percezione della normalità e della devianza dalla norma è influenzata da rappresentazioni culturali e non può essere quantificata in gradi. Nel contesto della disabilità, la gravità di essa è spesso valutata in base agli aggiustamenti necessari nel contesto per consentire la partecipazione piena della persona. Tuttavia, questa valutazione riduttiva riduce la persona a un oggetto che è considerato solo se richiede pochi aggiustamenti al contesto e può essere assimilato a un funzionamento ideale. La Convenzione ONU, al contrario, promuove il riconoscimento della soggettività della persona e la sua partecipazione attiva nella definizione della propria realtà. Questo significa considerare la complessità dell'individuo, includendo la sua storia, le relazioni e le connessioni culturali. Concentrarsi esclusivamente su una singola caratteristica della persona la riduce a un modello individuale basato sullo svantaggio, che può perpetuare la discriminazione. La Convenzione ONU non mira a ridurre la differenza, ma piuttosto a sfidare i meccanismi sociali che marginalizza la diversità. Questo richiede un cambiamento radicale nella coscienza sociale e nelle istituzioni per garantire un'autentica inclusione e partecipazione di tutte le persone nella società. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 8.1 La convenzione ONU sulle persone con disabilità non si limita a imporre regole o normative, ma piuttosto promuove una pratica costante e continua dei valori sottostanti fino a quando non si inizia a vederli manifestati nella realtà e a costruire insieme risultati tangibili. L'obiettivo è promuovere una costante affermazione dei diritti delle persone con disabilità attraverso un continuo riconoscimento e sforzo di diffusione, intendendo per sforzo di diffusione un'operazione di sensibilizzazione. Per ridisegnare l'universo semantico della disabilità, è necessario rompere con le connessioni precedenti e riflettere sulle limitazioni e contraddizioni associate a queste connessioni. La convenzione mira quindi a ricostruire concrete opportunità, eliminando stereotipi e pregiudizi, per vedere le persone in modo autentico e iniziare a costruire su di esse. Queste opportunità non si limitano solo a occasioni occasionali, ma rappresentano una costruzione specifica della possibilità di vivere la propria esistenza con piena cittadinanza. Per realizzare questo obiettivo, è essenziale considerare la persona nella sua totalità e complessità. Un altro principio fondamentale riguarda l'educazione e la restituzione della dignità alle persone con disabilità, trasformandole da utenti presi in carico sulla base di una diagnosi a soggetti attivi della propria vita. La pratica della cittadinanza diventa quindi possibile senza la necessità di una diagnosi, poiché il riconoscimento dei diritti fondamentali non dovrebbe dipendere da condizioni mediche. Per quanto riguarda la gerarchia dei bisogni di Maslow è un quadro teorico ampiamente utilizzato nelle teorie motivazionali per comprendere i motivatori umani e guidare interventi nel campo della psicologia, dell'educazione e dell'organizzazione aziendale. Secondo la teoria di Maslow, i bisogni umani possono essere organizzati in una gerarchia a piramide, con i bisogni più fondamentali alla base e i bisogni più elevati sulla cima. Alla base della piramide si trovano i bisogni fisiologici, come cibo, acqua, riposo e sicurezza fisica. Sopra di essi, ci sono i bisogni di sicurezza, che includono la sicurezza personale, l'occupazione, la salute e il benessere finanziario. Il secondo livello della piramide riguarda i bisogni psicologici, che comprendono l'appartenenza, l'affetto e l'amore, nonché il rispetto e l'approvazione degli altri. Questi bisogni coinvolgono il desiderio di connettersi con gli altri e di sentirsi parte di una comunità o di un gruppo sociale. Il terzo livello è quello dell'autostima, che include il bisogno di rispetto da parte degli altri, l'autostima, la fiducia in sé stessi e il rispetto per gli altri. Questi bisogni riguardano il desiderio di sentirsi competenti, di avere successo e di essere apprezzati dagli altri. Infine, al vertice della piramide c'è l'autorealizzazione, che rappresenta il desiderio di raggiungere il proprio pieno potenziale, di sviluppare le proprie capacità e di realizzare i propri obiettivi personali. Questo livello coinvolge la ricerca di significato, la creatività, l'autonomia e l'auto-realizzazione. Secondo questa teoria, per raggiungere l'autorealizzazione, è necessario prima soddisfare i bisogni di livello inferiore. Se i bisogni di sicurezza e fisiologici non sono soddisfatti, diventa difficile concentrarsi sui bisogni di livello superiore, come l'appartenenza, l'autostima e l'autorealizzazione. Inoltre, se una persona è bloccata su livelli inferiori della piramide e non riesce a soddisfare i suoi bisogni di base, può essere difficile per essa impegnarsi nel lavoro di cittadinanza e autorealizzazione. Pertanto, per promuovere la partecipazione piena e l'autorealizzazione delle persone, è importante garantire che i loro bisogni di base siano soddisfatti e che abbiano accesso alle risorse necessarie per perseguire i loro obiettivi personali e sociali. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 7 La convenzione ONU rivoluziona il modo in cui consideriamo il lavoro sociale, poiché spinge verso una maggiore dignità e libertà per le persone con disabilità, oltre a sfidare i metodi standardizzati e a promuovere una visione più inclusiva e rispettosa della diversità umana. Una delle sfide principali del lavoro sociale è la necessità di bilanciare la fornitura di servizi e sostegno con il rispetto della dignità e dell'autonomia delle persone con disabilità. Questo significa riconoscere e rispettare le loro individualità, anziché forzarle in schemi predefiniti o diagnostiche che possono limitarne l'autonomia e la libertà. Gli operatori sociali devono essere consapevoli delle contraddizioni nelle pratiche tradizionali, che spesso richiedono di adattare le persone a standard o criteri rigidi, piuttosto che adattare i servizi alle esigenze individuali e uniche di ciascun individuo. Questo può comportare una perdita di autenticità e complessità delle persone coinvolte nel processo di supporto. Per affrontare queste sfide, gli operatori sociali devono possedere non solo competenze tecniche, ma anche competenze "soft" o relazionali. Queste competenze includono la capacità di ascolto attivo, l'empatia e la capacità di stabilire relazioni di parità e rispetto reciproco con le persone assistite. Questo è particolarmente importante nel processo di empowerment, che mira a ridurre il divario di potere tra gli operatori sociali e le persone con disabilità, consentendo loro di assumere un ruolo attivo nel processo decisionale e nel miglioramento della propria qualità di vita. Nel contesto specifico del lavoro sociale con persone con disabilità, ciò implica non solo fornire supporto pratico, ma anche sostenere e promuovere la partecipazione attiva e l'inclusione sociale, indipendentemente dalle loro capacità o caratteristiche individuali. Inoltre, gli operatori sociali devono essere consapevoli delle dinamiche di potere presenti nelle relazioni di aiuto e lavorare per ridurre queste disuguaglianze, anziché perpetuarle. Questo significa evitare di esercitare un controllo eccessivo o paternalistico e invece collaborare con le persone assistite per promuovere il loro benessere e l'autodeterminazione. Il passaggio per diventare un operatore che lavora secondo i principi della convenzione ONU è principalmente un processo di consapevolezza. Questo significa che non si tratta solo di modificare le azioni che l'operatore compie, ma piuttosto di cambiare il modo in cui pensa e comunica il proprio lavoro. Il concetto di "capacity to aspire" si riferisce alla capacità di incarnare il cambiamento suggerito dalla convenzione stessa. Essere in grado di vivere e manifestare il cambiamento diventa un mezzo di trasformazione in sé perché permette di liberarsi da schemi predefiniti e praticare la libertà, sia per sé stessi che per gli altri. Inoltre, implica anche la promozione di un'etica dell'accesso, che riconosce il diritto universale di accedere ai diritti e di essere accompagnati verso la cittadinanza. Lavorare per attuare la convenzione ONU significa sostenere gli altri nel ricostruire la propria soggettività, mentre contemporaneamente impegna l'operatore stesso a mettere in discussione la propria soggettività. Questo non significa semplicemente eseguire un metodo, ma agire come professionisti creativi, cambiando il modo di pensare e raccontare il proprio lavoro, senza necessariamente modificare le attività pratiche svolte. I benefici del cambiamento nel lavoro educativo sono numerosi e significativi. In primo luogo, vi è il riconoscimento della professionalità degli operatori, che deriva dal diritto di essere ascoltati e di proporre attività e interventi adattabili e rispettosi della complessità individuale delle persone coinvolte. Questo favorisce un clima di fiducia nell'organizzazione del lavoro, dando valore alla capacità dell'operatore di organizzare efficacemente le attività per soddisfare le esigenze delle persone coinvolte. Inoltre, vi è un aumento della motivazione degli operatori poiché vengono ascoltati e possono esprimere la propria creatività, confrontarsi con i colleghi e riflettere sulle buone pratiche, il che porta a una maggiore efficacia nell'erogazione dei servizi. Questo è in contrasto con la situazione in cui gli operatori devono seguire schemi prefissati che non si adattano alle esigenze individuali, il che può portare a frustrazione e mancanza di motivazione. Un altro importante beneficio è la prevenzione del burnout, poiché lavorare in modo più flessibile e creativo con individui complessi rende il lavoro più gratificante e rispettoso dei principi fondamentali dell'educazione. Questo processo di cambiamento non solo coinvolge gli operatori nel lavoro con le persone, ma permette loro anche di sviluppare e riconoscere la propria creatività e di creare uno spazio di condivisione delle buone pratiche con i colleghi, favorendo così un clima di lavoro di squadra positivo e collaborativo. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 6 La Convenzione ONU abbraccia pienamente il modello biopsicosociale, che considera una persona non solo dal punto di vista medico, ma anche nei suoi aspetti psicologici e sociali. Questo modello riconosce che le persone hanno aspirazioni, aspettative e progetti di vita, e che il contesto in cui vivono può influenzare sia positivamente che negativamente la loro espressione di sé e le loro potenzialità. La Convenzione ONU si propone come un documento rivolto ai cittadini e mira a considerare la disabilità sotto nuovi aspetti, includendo l'importanza del contesto nella vita delle persone. Si interroga sulla possibilità di accompagnare tutti i cittadini verso la piena cittadinanza, garantendo loro l'esercizio dei propri diritti, con particolare attenzione al contesto sociale, familiare, educativo e lavorativo. Dal punto di vista organizzativo, il modello derivante da questa visione della società mette in evidenza l'importanza dei contesti in cui le persone si trovano a vivere e a interagire. Le organizzazioni, che possono essere famiglie, comunità, aziende o altre forme di gruppi, sono considerate come contesti in cui le persone si muovono e si esprimono. È importante notare che spesso in Italia le organizzazioni sono viste come entità immutabili, ma lavorare sul contesto significa gettare le basi affinché le persone possano esprimere al massimo il proprio potenziale. Nei servizi socioeducativi, l'aspetto organizzativo è fondamentale. Attualmente, i servizi per la disabilità in Italia si concentrano principalmente sul paradigma facility-based, che si basa sulla presenza di strutture dedicate a rispondere ai bisogni delle persone con disabilità. Questo approccio si concentra sulla custodia e la protezione dei soggetti, organizzando servizi che offrono un luogo fisico dove vengono erogate le cure. D'altra parte, il modello community-based non prevede strutture dedicate, ma mira a supportare ogni individuo all'interno della comunità in modo che possa assumere un ruolo educativo, didattico o di supporto. Gli operatori lavorano direttamente nelle scuole, nelle case delle persone o in altri luoghi accessibili a tutti, supportando non solo le persone con disabilità, ma anche le loro famiglie e le comunità in cui vivono. Infine, il modello sociale dello svantaggio riconosce che la complessità delle sfide che le persone affrontano non è dovuta a un problema intrinseco alla persona, ma piuttosto al sistema che le circonda. Di conseguenza, è necessario intervenire su tutte le parti coinvolte nel processo di supporto e inclusione, lavorando per modificare il contesto in modo che tutte le persone possano esprimere appieno il proprio potenziale e godere dei loro diritti di cittadinanza. Il sistema facility-based in Italia si basa su servizi regionali che ricevono finanziamenti per ciascuna persona che frequenta le strutture. Queste strutture hanno un numero massimo di posti disponibili e cercano di riempirli per massimizzare i finanziamenti ricevuti. Il finanziamento è legato alla frequenza della persona nella struttura, il che significa che se una persona decide di frequentare altre attività al di fuori della struttura, la struttura non riceverà finanziamenti per quella persona. Questo sistema non incoraggia la diversità delle attività o la scelta individuale, poiché il finanziamento è legato alla permanenza nella struttura. Di conseguenza, non è nell'interesse della struttura o degli operatori che vi lavorano proporre alternative, poiché ciò potrebbe compromettere i finanziamenti. Inoltre, gran parte delle risorse finanziarie sono assorbite dalla manutenzione e dal funzionamento delle strutture stesse, anziché essere investite direttamente sulle persone e sulle loro esigenze, passioni e ambizioni. D'altra parte, nel modello community-based, il finanziamento è più orientato alla persona e ai contesti in cui vive e interagisce. Le risorse sono indirizzate verso la scuola, la famiglia e altri contesti sociali per sostenere la piena partecipazione e inclusione della persona nella comunità. Questo modello è più compatibile con i principi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, poiché promuove l'uguaglianza e la piena partecipazione di tutti. Tuttavia, il sistema facility-based è ancora ampiamente diffuso in Italia, soprattutto perché gli operatori e i professionisti della formazione sono spesso abituati a pensare in termini di etichette e di approccio medico al disagio, anziché concentrarsi sugli obiettivi di vita e di cittadinanza delle persone. Un altro problema con il sistema facility-based è che le persone tendono a lasciare le strutture solo quando raggiungono una certa età anagrafica, indicando che queste strutture non riescono ad emancipare le persone o a supportarle in modo efficace verso l'inclusione sociale e la piena cittadinanza. In sostanza, il sistema facility-based non riesce a garantire la piena realizzazione dei diritti e delle potenzialità delle persone con disabilità, contrariamente ai principi sanciti dalla Convenzione ONU. Le strutture basate sul modello facility spesso falliscono nel riconoscere il diritto all'emancipazione delle persone e sono intrappolate in un paradigma che si concentra più sulla struttura che sulla persona. Queste strutture devono garantire una serie di requisiti minimi per accogliere persone con disabilità o anziani, e questo può limitare la flessibilità e l'individualizzazione dei servizi offerti. La Convenzione ONU offre un'opportunità per rivedere e riformare il sistema di supporto, spingendo verso un approccio più orientato alla persona e al modello bio-psico-sociale. Questo significa considerare le disabilità e le vulnerabilità come risorse anziché limiti, e adottare un approccio che tenga conto degli aspetti relazionali, vocazionali e delle ambizioni di vita della persona. È essenziale superare il paradigma tradizionale che vede le persone come portatrici di un disturbo, e invece considerare la loro intera persona e tutte le sue potenzialità. I servizi devono trasformarsi da luoghi di protezione e cura a vettori di trasformazione, indirizzando i loro sforzi non solo a ridurre il disagio individuale, ma anche a sostenere e rafforzare i contesti sociali in cui le persone vivono. La Convenzione ONU quindi non richiede la chiusura dei servizi esistenti, ma invita a mantenere la persona e i suoi diritti al centro delle politiche e dei programmi, anziché i servizi stessi. È importante riconoscere che i servizi facility-based non sono adatti a garantire l'uguaglianza, la partecipazione e l'inclusione di tutte le persone, né sono in grado di accompagnare le persone verso la piena cittadinanza. Un elemento importante per l'attuazione della Convenzione ONU è combattere l'ideologia del fattibile che limita le aspirazioni delle persone e le relega a una condizione di dipendenza dai servizi esistenti. Tutte le persone hanno il diritto di scegliere come vivere la propria vita e di avere accesso alle stesse opportunità, indipendentemente dalle loro capacità o disabilità. Inoltre, l'approccio della Coprogettazione capacitante si concentra sul costruire percorsi individualizzati per le persone con disabilità e altre vulnerabilità, considerando le loro aspirazioni e direzioni di vita anziché limitarsi a diagnosticarle e assegnare loro determinati sostegni in base a queste etichette. Questo metodo si differenzia dal tradizionale approccio che tende a considerare le persone in base a una diagnosi predefinita, concentrandosi invece sulle loro esigenze e desideri personali. Questo approccio non è rigido o standardizzato, ma flessibile e adattabile alle esigenze specifiche di ciascun individuo. L'obiettivo quindi è quello di garantire che i servizi offerti rispettino i diritti delle persone e le loro scelte di vita, invece di limitarle o coercirle in percorsi predefiniti. Invece di esercitare un controllo normativo sulle persone, la Coprogettazione capacitante cerca di valorizzare le risorse e le potenzialità di ciascun individuo, permettendo loro di essere attori attivi nella costruzione del proprio benessere e della propria inclusione sociale. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 5 La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità rappresenta un importante documento che mira a promuovere e proteggere i diritti delle persone con disabilità in tutto il mondo. Tuttavia, l'attuazione di queste politiche è un processo complesso e in evoluzione che richiede tempo, sforzi e risorse da parte dei governi, delle organizzazioni non governative (ONG) e della società nel suo complesso. Il primo passo cruciale per l'attuazione della Convenzione è la conoscenza. Questo significa non solo comprendere il contenuto e le disposizioni della Convenzione stessa, ma anche promuovere una migliore comprensione dell'importanza dei diritti umani delle persone con disabilità. La conoscenza è essenziale perché può avere un grande potere trasformativo, soprattutto quando si tratta di cambiare le percezioni e le rappresentazioni sociali delle persone con disabilità. La Convenzione ONU rappresenta una svolta significativa nella storia dei diritti umani, poiché ha posto l'accento sulla disabilità dal punto di vista dei diritti umani, piuttosto che su un approccio assistenziale o caritativo. Questo cambiamento di paradigma ha portato a una maggiore consapevolezza e riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità come parte integrante dei diritti umani universali. L'attuazione della Convenzione inizia con sforzi di sensibilizzazione e educazione. Questo coinvolge la promozione di una maggiore consapevolezza e comprensione dei diritti delle persone con disabilità tra il pubblico in generale, nonché tra gli operatori, i professionisti e coloro che lavorano direttamente con le persone con disabilità. Questi sforzi di sensibilizzazione e formazione spesso portano a cambiamenti nelle politiche e nelle pratiche, poiché gli operatori e gli attori coinvolti acquisiscono una nuova prospettiva basata sui diritti umani. Ciò può comportare la revisione e la riforma di programmi e servizi per meglio rispettare e promuovere i diritti delle persone con disabilità. Un elemento chiave di questa trasformazione è il passaggio da un approccio assistenziale a uno basato sui diritti umani. Invece di vedere le persone con disabilità come soggetti da assistere e curare, si inizia a riconoscerle come individui pienamente capaci di godere dei propri diritti umani e della propria dignità. Questo cambiamento richiede un riesame delle pratiche e delle politiche esistenti per assicurare che rispettino pienamente i diritti delle persone con disabilità. Inoltre, l'attuazione della Convenzione richiede un impegno continuo per coinvolgere attivamente le persone con disabilità e le loro famiglie nel processo decisionale e nello sviluppo delle politiche. Questo garantisce che le politiche siano sensibili alle esigenze e alle prospettive delle persone con disabilità stesse. L'attuazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità non è vista come un processo rapido e preciso, ma piuttosto come un percorso che richiede tempo. Questa gradualità è considerata una forza perché suggerisce la necessità di modelli complessi e su misura per le singole persone. Nel paradigma assistenziale tradizionale, si tende a cercare la replicabilità dei modelli già esistenti per risparmiare tempo e assicurarsi dell'efficacia, indipendentemente dal contesto. La Convenzione ONU invece sottolinea l'importanza di considerare la disabilità alla luce dei diritti umani, compreso il diritto di ogni individuo a un progetto di vita personalizzato. Questi progetti sono complessi e variano a seconda delle persone coinvolte, delle loro famiglie, dei loro percorsi e delle loro aspirazioni. Pertanto, i sistemi progettati per interagire con le persone disabili devono rispettare questa complessità. Per quanto riguarda l'attuazione della Convenzione, si parla di percorsi che devono tener conto non solo dei servizi predefiniti, ma anche della dimensione sociale, culturale, relazionale, economica e geografica del territorio coinvolto. Il concetto di replicabilità dei modelli nel campo socio-educativo nasce da un approccio assistenziale tradizionale, ma questo approccio tende a semplificare e non tiene conto della complessità delle situazioni. Gli sforzi per replicare i modelli tradizionali non sono adeguati per attuare la Convenzione ONU, in quanto non sono in grado di affrontare la complessità delle situazioni e spesso si basano su etichettature e finanziamenti temporanei anziché mirare a una modifica del sistema nel lungo periodo. Inoltre, l'attenzione si sposta spesso alla ricerca di risorse sostitutive anziché alla modifica del sistema stesso. Inoltre per implementare pienamente la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, è essenziale diffonderla a tutti i livelli della società: sociale, politico e culturale. È fondamentale coinvolgere attivamente tutte le parti interessate, compresi operatori, dirigenti, amministratori, famiglie, persone con disabilità, aziende e cittadini. La partecipazione di tutte queste parti è cruciale per il successo e l'efficacia dell'attuazione della Convenzione. Tuttavia, a livello nazionale si osserva spesso una tendenza a delegare le responsabilità o a scaricare le responsabilità su altri attori, come ad esempio le cooperative che potrebbero dover cambiare la propria organizzazione, o i comuni che potrebbero lamentare la mancanza degli strumenti di governo necessari. Questa tendenza può ostacolare il progresso nell'attuazione della Convenzione, poiché implica una mancanza di impegno e responsabilità da parte di tutti i soggetti coinvolti Inoltre un concetto importante è quello di "capacity to aspire", ovvero la capacità di aspirare al cambiamento. Questo concetto si riferisce alla capacità delle persone di intraprendere il cambiamento che desiderano, nell'ottica di un benessere equilibrato. È fondamentale che il cambiamento suggerito dalla Convenzione sia desiderato e supportato da tutte le parti coinvolte. Gli operatori, in particolare, devono riprendersi il potere di aspirare al cambiamento e di agire come agenti del cambiamento nel loro contesto sociale. Essi possono fungere da esempio e guida per le persone con disabilità, incoraggiandole a perseguire i propri obiettivi e a partecipare attivamente alla società. In questo modo, l'operatore diventa non solo un professionista, ma anche un promotore di cambiamento e inclusione sociale. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 4 Operare nelle politiche socio-sanitarie e nei servizi per le persone con disabilità richiede una comprensione approfondita dei cambiamenti nel concetto di disabilità e dell'inclusione sociale, assicurando l'accesso equo ai servizi e il rispetto dei diritti umani fondamentali. Tradizionalmente, la solidarietà implica un legame sociale in cui le persone si sostengono reciprocamente attraverso azioni altruistiche e di condivisione. Tuttavia, quando si applica alle persone con disabilità, questa solidarietà può diventare problematica se non è accompagnata da una consapevolezza dei diritti delle persone con disabilità e delle barriere che ancora esistono nella società. Un esempio che viene citato riguarda la situazione in cui qualcuno compie un atto di solidarietà verso una persona con disabilità, ad esempio aiutandola a superare una barriera architettonica. Sebbene l'atto in sé possa essere considerato altruistico e solidale, evidenzia anche una mancanza di accessibilità che viola i diritti fondamentali della persona con disabilità. Questo mette in luce una discrepanza tra l'ideale di solidarietà e la realtà delle disuguaglianze e delle violazioni dei diritti delle persone con disabilità. Quando la solidarietà è associata alla disabilità, tende a perdere il suo carattere reciproco e a concentrarsi su azioni che non rispettano più questo principio. Questa narrazione rischia di confondere solidarietà e diritti. È importante ricollocare la solidarietà all'interno di un contesto umano e non permettere che questa deviazione semantica sostituisca concetti fondamentali come diritti, bontà, fragilità, merito e gratitudine nel discorso sulle politiche socio-sanitarie e sui servizi per le persone con disabilità. Inoltre la narrazione centrata sulla solidarietà, piuttosto che sui diritti, rischia di esasperare l'idea della meritevolezza delle persone con disabilità, imprigionandole in una retorica che le separa dal resto della società. Viene introdotto il concetto di "inspiration porn", coniato da attivisti come Stella Young, che denuncia lo sfruttamento delle persone con disabilità per fini motivazionali o di esaltazione. Questo fenomeno si manifesta attraverso discorsi motivazionali che utilizzano le esperienze delle persone con disabilità come esempi di successo per tutti, implicando che se loro ce l'hanno fatta, chiunque può farcela. La critica non è rivolta agli atti di solidarietà in sé, né alla solidarietà come principio, ma al fatto che tali gesti possano mascherare le vere violazioni dei diritti delle persone con disabilità. È importante riconoscere che il problema principale risiede nella mancanza di accesso ai diritti fondamentali, nonché nell'assenza di un sistema che possa garantire tali diritti in modo sistematico. La solidarietà è importante per la coesione sociale e la reciprocità, ma non può sostituire un sistema che funzioni adeguatamente. Pertanto, quando si osservano atti di solidarietà, è essenziale riflettere anche sulle violazioni dei diritti che possono sottendere tali gesti, e sull'incapacità del sistema di affrontare efficacemente le sfide che le persone con disabilità incontrano quotidianamente. La solidarietà non deve essere vista come un sostituto dei diritti, ma come un complemento nel promuovere una società inclusiva e rispettosa delle differenze. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 3 Il linguaggio ha un valore altamente simbolico e le parole hanno un potere trasformativo perché orientano il pensiero e influenzano le percezioni e le relazioni tra le persone. Utilizzare un linguaggio inclusivo è fondamentale perché il linguaggio stesso può perpetuare o contrastare le discriminazioni, in particolare quelle rispetto alle persone con disabilità. Quando parliamo di "abilismo", ci riferiamo a tutte le discriminazioni rispetto alle persone con disabilità. Il problema con il linguaggio abilista è che perpetua l'idea che le persone con disabilità siano inferiori, contribuendo così a darne una visione stereotipata e distorta. Molte parole che indicano una disabilità vengono utilizzate in modo dispregiativo, come se essere diversamente abili fosse qualcosa di negativo o inferiore. Questo tipo di linguaggio non solo alimenta il pregiudizio e la discriminazione, ma conferma anche la visione distorta della disabilità come una caratteristica intrinsecamente negativa. Lo stigma deriva dal fatto che le persone con disabilità vengono descritte unicamente sulla base delle loro caratteristiche fisiche, mentali o intellettuali, ignorando la loro identità e i loro diritti come cittadini. È importante riconoscere che una violazione dei diritti di una persona è grave indipendentemente dalle sue caratteristiche personali. Per combattere il linguaggio abilista, la prima cosa da fare è prendere consapevolezza del problema e iniziare a utilizzare un linguaggio inclusivo. Questo significa riconoscere che non tutte le persone sono abili, ma che esistono persone con disabilità che meritano rispetto e pari opportunità. Utilizzando un linguaggio che rispetta la dignità e l'uguaglianza di tutte le persone, si contribuisce a contrastare lo stigma e a promuovere una cultura più inclusiva e rispettosa delle diversità. inoltre le parole hanno un grande potere nella comunicazione. Possono essere utilizzate in modi che costruiscono muri o punti di distanza tra le persone, oppure possono aiutare a comprendere meglio i problemi e ad avvicinare le persone. È importante essere consapevoli del modo in cui si utilizzano le parole per evitare fraintendimenti o offese. Le stesse parole possono essere appropriate in certi contesti e inappropriati in altri, portando a confusione o addirittura a offendere. La precisione nel linguaggio è fondamentale per una comunicazione civile e rispettosa. Utilizzare un linguaggio rispettoso è parte integrante della pratica dei diritti, specialmente quando si tratta di questioni legate alla disabilità. Questo aiuta a preservare gli interessi e la dignità delle persone con disabilità. La disabilità non è solo una condizione individuale, ma è influenzata dal contesto in cui la persona vive e interagisce. Questo contesto può essere sia un facilitatore che una barriera per l'inclusione e la partecipazione delle persone con disabilità nella società. Nonostante gli sforzi di organismi internazionali e altre istituzioni per promuovere un linguaggio rispettoso e inclusivo riguardo alla disabilità, persistono ancora termini e descrizioni obsolete e offensivi, specialmente nei documenti ufficiali e nelle leggi. Questo può contribuire a perpetuare stereotipi e pregiudizi nei confronti delle persone con disabilità e influenzare negativamente la loro rappresentazione sociale. Sebbene la Legge 104 del 1992 e il Decreto Legge 216 del 2003 abbiano lo scopo di tutelare i diritti delle persone con disabilità, il linguaggio utilizzato in queste leggi può essere considerato stigmatizzante. Ad esempio, l'uso della parola "handicappata" o "portatrice di handicap" può ridurre la persona alla sua condizione fisica o intellettuale anziché riconoscere la sua individualità e dignità. Anche nei media e nella ricerca, si riscontra spesso l'uso di parole e espressioni stigmatizzanti per descrivere le persone con disabilità. Questo contribuisce a perpetuare stereotipi e pregiudizi anziché promuovere un'immagine rispettosa e inclusiva delle persone con disabilità. Le statistiche mostrano che le persone con disabilità sono spesso vittime di violenze e aggressioni fisiche. Questi dati evidenziano la necessità di una maggiore consapevolezza e azione per proteggere i diritti e la sicurezza delle persone con disabilità. Franco Bomprezzi osserva che i principi di rispetto della diversità e inclusione non sono sempre applicati correttamente né diffusi in modo ampio tra i suoi colleghi giornalisti. Ciò suggerisce la necessità di un impegno più forte e diffuso per promuovere una comunicazione rispettosa e inclusiva riguardo alle persone con disabilità. È importante riconoscere che ogni persona con disabilità è unica e che non esistono standard o situazioni identiche. La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità non fornisce standard rigidi proprio perché mira a garantire il rispetto dei diritti delle persone con disabilità in tutte le loro singole esperienze e sfide. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 2 La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità rappresenta un documento di grande importanza che ha avuto un impatto significativo sulla comunità scientifica e quella degli attivisti. Questo trattato ha introdotto una nuova prospettiva riguardo alla disabilità, suggerendo una revisione dei percorsi, dei metodi di attuazione e delle leggi riguardanti questo tema. In precedenza, le questioni legate alla disabilità erano spesso affrontate esclusivamente nell'ambito medico e psicopedagogico, ma la Convenzione ONU ha cercato di ampliare questo quadro, spingendo per una visione più ampia e inclusiva. Ciò che rende la Convenzione ONU unica è che è il primo trattato sui diritti umani ad aver coinvolto direttamente le rappresentanze dei diritti delle persone con disabilità nel processo di redazione. Questo ha incoraggiato la partecipazione e il confronto durante la sua stesura, rappresentando un esercizio pratico di condivisione di idee e opinioni. L'obiettivo finale della Convenzione era creare un nuovo paradigma attraverso cui guardare alla disabilità: quello dei diritti umani. Questo cambiamento di paradigma si basa sul principio di universalità dei diritti e sull'interdipendenza tra di essi, un principio già sancito nel 1993. La Convenzione ONU non è semplicemente un elenco di diritti o principi, ma mira a cambiare il modo in cui la società vede e affronta la disabilità, sottolineando l'importanza di vedere la disabilità alla luce dell'universalità dei diritti umani. Inoltre, la Convenzione elimina la giustificazione per la violenza e la discriminazione contro le persone con disabilità, sottolineando che la disabilità non è la causa di tali violazioni, ma la giustificazione stessa. Questo significa che le persone con disabilità devono essere trattate con gli stessi standard e procedure di coloro che non hanno disabilità. La Convenzione non impone una lista di regole o standard dall'esterno, ma fornisce piuttosto una cornice di riferimento per comprendere e affrontare l'esclusione e la discriminazione che le persone con disabilità affrontano nella società. Un punto chiave della Convenzione è l'idea che la disabilità non sia il problema, ma piuttosto il modello di disabilità che perpetua gli abusi e la discriminazione. Essa sottolinea l'importanza di rimuovere le barriere di ogni tipo - sia fisiche che ambientali, comunicative o attitudinali - che impediscono alle persone con disabilità di partecipare pienamente alla vita della comunità. Inoltre l’assemblea generale ha adottato il primo trattato sui diritti umani del XXIII secolo, che si concentra sulla protezione e promozione dei diritti delle persone con disabilità. Esso rappresenta un cambiamento significativo nel modo in cui il mondo considera e tratta le 650 milioni di persone con disabilità. Una delle caratteristiche principali di questo trattato è la possibilità di cambiare il paradigma del pensiero riguardo alla disabilità. Tradizionalmente, la disabilità è stata vista come uno svantaggio intrinseco e strutturale, un dato di fatto che persiste in ogni contesto. Tuttavia, negli ultimi vent'anni, questa prospettiva è cambiata grazie anche alla convenzione delle Nazioni Unite (ONU) sui diritti delle persone con disabilità. Secondo questa nuova visione, la disabilità non è un dato immutabile, ma dipende dal contesto. La convenzione non protegge le persone con disabilità perché sono intrinsecamente fragili, ma perché sono discriminate. Definire una persona come vulnerabile non significa che sia necessariamente fragile, è il sistema sociale e culturale che crea condizioni di marginalità e discriminazione. Ragionare in termini di discriminazione anziché di fragilità porta a un cambiamento nel modo in cui si comprende la catena causale della marginalità. Ciò consente di immaginare nuove possibilità d'azione e scenari di inclusione sociale. In sostanza, questa nuova prospettiva sulla disabilità promuove una visione più ampia e inclusiva, spingendo verso una società che riconosce e valorizza la diversità e che lavora attivamente per rimuovere le barriere che impediscono alle persone con disabilità di partecipare pienamente alla vita sociale ed economica. Quando si osserva una persona che si ritiene fragile, ci sono due approcci possibili per cambiare la situazione. Uno è quello di lavorare per ridurre la sua fragilità, rendendola più simile alle persone considerate "normali". L'altro approccio è quello di offrire degli strumenti che compensino le sue difficoltà, permettendole di raggiungere obiettivi che altrimenti sarebbero difficili da raggiungere. Tuttavia, non è sempre chiaro se queste proposte siano effettivamente in linea con un livello minimo di cittadinanza. Se si considera la fragilità come il risultato della discriminazione, la narrazione cambia. In questo caso, anziché cercare di "normalizzare" la persona, si cerca di cambiare il meccanismo che giustifica la discriminazione. Si tratta di un cambio di paradigma che mira a garantire pari diritti e piena cittadinanza, indipendentemente dalle caratteristiche della persona. Si propone un'idea innovativa di disabilità che promuove attivamente l'uguaglianza e la piena accessibilità per tutte le persone, indipendentemente dalle loro capacità. Questo rappresenta un cambiamento di paradigma, passando da una visione assistenzialista e riabilitativa a una che promuove la cittadinanza e la libertà per le persone con disabilità. Il termine "paradigma" viene usato per descrivere un insieme di idee condivise che influenzano la nostra comprensione del mondo. Il cambio di paradigma riguardante la disabilità passa dall'assistenzialismo alla promozione dei diritti e della cittadinanza piena per le persone con disabilità. Affinché questo nuovo paradigma sia efficace, deve essere condiviso da tutta la comunità. Tutti devono partecipare alla costruzione di un significato condiviso e alla sua attuazione, altrimenti non sarà possibile realizzare appieno i diritti e la piena cittadinanza per le persone con disabilità. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 1.2 Partendo con l’articolo 2 della Costituzione Italiana che stabilisce i principi fondamentali sui quali si basa la Repubblica Italiana. Riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come individuo sia all'interno delle comunità sociali. Ciò significa che ogni persona ha diritti intrinseci che devono essere rispettati e tutelati, sia a livello individuale che all'interno della società in cui vive. Inoltre, sottolinea l'importanza della solidarietà politica, economica e sociale, indicando che i membri della società devono essere solidali tra loro per garantire il benessere comune e il progresso sociale. Invece l'art. 3 della Costituzione Italiana sancisce il principio dell'uguaglianza di fronte alla legge e la pari dignità sociale di tutti i cittadini italiani. Questo significa che nessuno può essere discriminato sulla base di caratteristiche personali come il sesso, la razza, la religione, l'orientamento sessuale o lo status socioeconomico. Inoltre, l'articolo afferma che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impedendo loro di svilupparsi pienamente come individui e partecipare attivamente alla vita della comunità. Con la legge 180 del 13 maggio 1978, la legge Basaglia, rappresenta una pietra miliare nel campo della salute mentale in Italia. Introdotta da Franco Basaglia, ha abolito i manicomi e ha promosso un approccio alla cura delle malattie mentali basato sulla deistituzionalizzazione e sulla reintegrazione sociale dei pazienti. La legge ha sancito il diritto dei pazienti di essere trattati con dignità e rispetto, e ha promosso la creazione di servizi di salute mentale comunitari, riducendo così lo stigma associato alla malattia mentale e migliorando la qualità della vita dei pazienti. Mentre la legge 104 del 1992 conosciuta anche come "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate", è stata introdotta per garantire i diritti e il benessere delle persone con disabilità in Italia. La legge prevede una serie di misure di sostegno, come l'assistenza domiciliare, l'accesso facilitato all'istruzione e al lavoro, e l'adattamento dell'ambiente per favorire l'autonomia e l'inclusione sociale delle persone con disabilità. Inoltre la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali è uno dei trattati internazionali più importanti per la protezione dei diritti umani in Europa dove l’art. 14 proibisce la discriminazione nei confronti di un individuo in relazione a qualsiasi dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione. Questo articolo sottolinea l'importanza del principio di non discriminazione come fondamento per la protezione dei diritti umani. Tuttavia la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani non menziona esplicitamente le persone con disabilità, ma si riferisce a "altra condizione" in riferimento alle forme di discriminazione. Questo ha portato molte nazioni, tra cui l'Italia, a promulgare leggi e proposte legislative specifiche per affrontare la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità. Il Disegno di Legge ZAN in Italia è un esempio di tale iniziativa e propone misure volte a prevenire e contrastare la discriminazione e la violenza basate su vari fattori, tra cui il sesso, il genere, l'orientamento sessuale, l'identità di genere e la disabilità. Questo disegno di legge cerca di ampliare le leggi esistenti, come la legge Mancino, e di introdurre aggravanti per le discriminazioni legate alla disabilità e ad altri fattori. Il collegamento tra cittadinanza e diritti umani è importante, come evidenziato nell'art. 15 che sottolinea il diritto di ogni individuo a una cittadinanza e il divieto di privare arbitrariamente qualcuno della sua cittadinanza. La cittadinanza viene considerata un elemento chiave nell'appartenenza a una comunità e nel godere dei diritti e dei doveri che ne derivano. Poi le regole standard per il raggiungimento delle opportunità per le persone con disabilità adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite sottolineano l'importanza di superare gli ostacoli sociali e culturali che hanno storicamente isolato le persone con disabilità e ritardato il loro pieno sviluppo. Queste regole forniscono linee guida per promuovere l'inclusione e garantire pari opportunità per le persone con disabilità. Inoltre la Convenzione ONU sulle Persone con Disabilità quindi è un trattato internazionale che afferma che tutte le persone, indipendentemente dalle loro condizioni, dovrebbero godere pienamente dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Questo include il diritto alla cittadinanza e alla partecipazione piena ed effettiva nella società senza discriminazioni. La definizione di "disabilità" fornita dalla convenzione non è considerata come un'etichetta, ma piuttosto come una condizione di salute che può includere minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine, e che può essere influenzata dall'interazione con varie barriere che possono impedire la partecipazione piena ed egualitaria nella società. Mentre il Modello Sociale della Disabilità derivante dall'approccio inglese "Social Model of Disability", supera il tradizionale modello medico che enfatizza la menomazione fisica o psichica della persona. Invece di concentrarsi sulla condizione individuale, il modello sociale considera le barriere ambientali e sociali che possono limitare la partecipazione delle persone con disabilità nella società. Infine l’Icf approvata dall'Assemblea Mondiale della Salute nel 2001 rappresenta un paradigma di interazione tra la persona e l'ambiente, dove l'ambiente include il contesto personale, naturale, sociale e culturale. Questo approccio riconosce le potenzialità delle persone tenendo conto del contesto in cui vivono e operano. L'ICF è utilizzato dalle Agenzie di Sanità Locali come protocollo per valutare e classificare il funzionamento umano legato alle condizioni di salute. Nonostante le indicazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) abbiano chiarito che la disabilità dipende dal contesto, la società continua spesso a percepire la disabilità come una deviazione dalla norma. Le persone con disabilità hanno bisogno di un ambiente adatto che possa ridimensionare le limitazioni causate dalla loro condizione. Quindi questi principi e strumenti, come la Convenzione ONU sulle Persone con Disabilità e l'ICF, mirano a promuovere l'inclusione sociale e a superare le barriere che impediscono alle persone con disabilità di godere appieno dei loro diritti umani e partecipare pienamente nella società. Meriam Hassine Parte specifica- disabilità 1.1 L'espressione "persone con disabilità" è una formulazione utilizzata dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità adottata nel 2006 e entrata in vigore in Italia nel 2009. Questa convenzione rappresenta uno sforzo globale per promuovere, proteggere e garantire i diritti umani delle persone con disabilità, oltre a promuovere la loro piena partecipazione e inclusione nella società. L'ONU quindi utilizza l'espressione "persone con disabilità" per promuovere un linguaggio inclusivo e rispettoso nei confronti delle persone che vivono con disabilità. Questo termine è stato scelto per sostituire espressioni obsolete come "disabili" o "handicappati", che possono essere considerate offensive o limitanti. Inoltre è preferibile l'uso di "persone con disabilità" perché sottolinea il rispetto e la dignità delle persone anziché concentrarsi solo sulla loro disabilità. Questo contribuisce a promuovere un approccio più inclusivo e centrato sulla persona. Quindi le persone con disabilità sono individui con dignità e diritti umani intrinseci dunque utilizzare un linguaggio rispettoso riflette questo principio e aiuta a promuovere una maggiore uguaglianza e inclusione. L'espressione "persone con disabilità" mette l'accento anche sul fatto che la disabilità è solo una parte dell'identità di una persona, non la definizione totale di chi sono. Questo linguaggio aiuta a sottolineare che le persone con disabilità sono individui unici con una vasta gamma di esperienze, talenti e capacità. Quindi utilizzare un linguaggio inclusivo può contribuire a creare un ambiente più accessibile e accogliente per le persone con disabilità, incoraggiando una maggiore partecipazione e integrazione sociale. Quindi si deve stare attenti all’utilizzo dell'espressione "persone con disabilità" piuttosto che altre espressioni e con questo approccio si mira a rimuovere le barriere che possono impedire alle persone con disabilità di partecipare appieno all'esperienza educativa e lavorativa. Infatti l'ONU utilizza questa espressione per promuovere un linguaggio rispettoso, centrato sulle persone e inclusivo, che rifletta i diritti e la dignità delle persone con disabilità. è importante perché promuove un linguaggio inclusivo e rispettoso, che riconosce prima di tutto la dignità e l'umanità delle persone. Sottolinea inoltre che le persone con disabilità non sono definite esclusivamente dalla loro disabilità, ma sono individui pienamente capaci di contribuire alla società e di godere dei loro diritti umani in modo pieno e uguale. Meriam Hassine Alimentazione 39 Le malattie trasmesse dagli alimenti possono avere conseguenze significative sulla salute, sia a breve che a lungo termine. La prevenzione di queste malattie è fondamentale e può essere raggiunta attraverso informazioni adeguate e pratiche alimentari corrette. Uno dei principali fattori che contribui