Summary

This document provides an overview of the origins of the Italian language, tracing the evolution from Latin to the Italian dialects. It explores the concept of Vulgar Latin, and the factors behind its transformation. The document details the emergence of the various dialects and touches on the linguistic insights gained through the study of historical documents.

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Le origini del volgare L’impero romano d’Occidente crolló nel 476 a.C e il latino scomparve come lingua viva (parlata da tutti) tra il 600 e l’800 d.C.: in questo periodo nascono le lingue romanze. Le lingue romanze nascono dal latino volgare (latino parlat...

Le origini del volgare L’impero romano d’Occidente crolló nel 476 a.C e il latino scomparve come lingua viva (parlata da tutti) tra il 600 e l’800 d.C.: in questo periodo nascono le lingue romanze. Le lingue romanze nascono dal latino volgare (latino parlato) e NON dal latino classico. Latino classico: lingua della letteratura (es.: poesia Virgilio, prosa Cicerone) Latino volgare: latino parlato nell’Impero, non solo dagli strati più bassi della popolazione, ma da tutti (con delle differenze a seconda del luogo dell’Impero); non ci sono documenti in cui si parla di latino volgare, è una definizione dei linguisti. Essendo il latino volgare diffuso in una zona d’europa abbastanza ampia presentava differenze (Il latino si diffonde nei territori dell’impero e si sovrappone alle lingue parlate dalle popolazioni conquistate). Per questo le lingue romanze che ne derivano hanno una base comune e caratteristiche simili MA presentano differenze. Era inoltre una lingua parlata quindi sottoposta maggiormente al cambiamento. Queste varietà di latino volgare presenti in Europa erano numerose all’interno della stessa penisola italiana, per cui quando si avvia la trasformazione dal latino volgare non si forma subito una lingua italiana, bensì nelle varie aree/regioni si creano tanti volgari, che chiamiamo dialetti dal 1612. Romània è il nome popolare con cui si indicava l’Impero (area romanza nel suo complesso). Il latino poi subisce un’evoluzione, soprattutto a seguito di due eventi storico-sociali importanti: - la diffusione del Cristianesimo (es1.: a ‘verbum’ si sostituisce parola da ‘parabola’ —> forma che subentra con il cristianesimo, inizialmente con un significato religioso ma poi sempre più neutro; es2.: ‘angelo’ che in latino significava messaggero, con l’avvento del cristianesimo assume il significato che conosciamo oggi) - invasioni barbariche (es.: termini longobardi come guancia, panca, palla) Questi cambiamenti riguardano il lessico, il livello della lingua più suscettibile. Le fonti del latino volgare Un problema che i linguisti devono affrontare è la ricostruzione del latino volgare, dal momento che, per la sua origine orale, si dispone di poche testimonianze scritte. Si ricorre necessariamente alla comparatistica o linguistica comparativa → per ricostruire una lingua di partenza non del tutto attestata si confrontano vari esiti nelle lingue romanze che derivano dal latino volgare e si cerca di ricostruire un’ipotetica forma del latino volgare. Spesso parole che seguono questo procedimento portano l’asterisco. Quali sono i documenti del latino volgare? Abbiamo testi in cui sono presenti alcuni tratti del latino volgare (non scritti interamente in latino volgare) Iscrizioni e graffiti di Pompei (79 d.C.) Opere di autori cristiani (con tratti del parlato) Satyricon di Petronio (27-66 d.C.): nell’opera il personaggio Trimalcione utilizza volgarismi Appendix Probi,III-IV sec. d. C. (Appendice di Probo: appendice alla grammatica di Probo): lista di parole corrette, con a fianco la parola considerata scorretta (latino vs latino volgare): ○ speculum non speclum ○ vetulus non veclus ○ columna non colomna ○ vinea non vinia ○ viridis non virdis —> Concetti di norma e di errore = i linguisti quando studiano la storia e la struttura di una lingua prendono in esame i concetti di norma ed errore. La norma è l’insieme di regole di una lingua, l’errore è l’allontanamento da esse. Perché in una lingua servono regole grammaticali? perché la comunicazione funziona attraverso un sistema di regole condiviso. Può succedere che, con il passare dei secoli, la norma cambi, quindi in un determinato momento una forma venga considerata corretta, ma qualche secolo prima/dopo no. Le forme che poi sono state adottate sono quelle del latino volgare: da un errore si è generata la forma italiana. Prima che una forma cambi serve tempo: ci sono usi grammaticali corretti nel 700 e 800 ma oggi sbagliati, e si nota soprattutto con il sistema verbale (forme del congiuntivo “che io batti” oggi considerate errori). L’appendice alla grammatica di Probo ci fa riflettere sul fatto che le regole possano cambiare nel corso del tempo. La nascita delle lingue romanze L’atto di nascita ufficiale delle lingue romanze viene individuato con il XVII canone del Concilio di Tours (voluto da Carlo Magno nell’813→ ci troviamo quindi nell’impero Carolingio): si invitano i vescovi a tradurre le prediche in una rustica romana lingua (lingua più vicina al parlato), in modo che tutti possano comprendere quello che viene detto. Si tratta di una lingua differenziata dal latino: c’è ormai la consapevolezza di codici linguistici differenti. Questa consapevolezza si svilupperà più avanti in Italia: nel 960 d.C con il Placito di Capua. Infatti a livello romanzo, la formazione delle lingue nazionali quali francese e inglese avviene prima rispetto alla situazione italiana/tedesca —> italia e germania non erano ancora nazioni unificate. 842: alla morte di Carlo Magno con i Giuramenti di Strasburgo si sancisce la nascita ufficiale del francese: Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo giurano alleanza contro il fratello Lotario ognuno nella lingua dell’altro (tedesco e francese). Incertezza linguistica 476-960 in Italia: inconsapevolezza della lingua. I testi potrebbero essere stati scritti in latino e contaminati da elementi volgari. Volontà di scrivere in volgare, ma il latino esercita ancora una certa influenza. Il volgare non è usato in maniera consapevole. Per i volgari in Italia non esiste un documento del IX secolo paragonabile ai Giuramenti di Strasburgo. Dobbiamo aspettare il 960 d.C. I primi testi scritti dei volgari in Italia IX-X secolo: testi pratici e della vita di tutti i giorni, atti amministrativi fine XII-inizio XIII secolo: anche testi letterari Problema che abbiamo con i primi documenti scritti: non è facile capire quale lingua vuole utilizzare colui che ha scritto il documento. Indovinello veronese (fine VIII-inizio IX sec.) Presso il margine superiore di un foglio in un codice pergamenaceo più antico (che ora si trova nella Biblioteca Capitolare di Verona) ci sono due note. Una è scritta in latino e l’altra contiene un indovinello sull’attività della scrittura: ‘Spingeva avanti i buoi, arava campi bianchi e teneva un aratro bianco e seminava seme nero’ BUOI = dita PRATO BIANCO = carta BIANCO ARATRO = penna SEME NERO = inchiostro Si considera un testo latino medievale con tratti del volgare perché il latino è ancora molto preponderante. L’Indovinello Veronese viene scoperto casualmente da Luigi Schiaparelli nel 1924. Schiaparelli, storico e paleografo piemontese, rinviene nel Codice LXXXIX (un Orazionale Mozarabico, cioè un libro di preghiere liturgiche adoperato in Spagna e scritto in caratteri visigoti) un appunto scritto a mano sul recto della pagina 3. Il codice è di provenienza spagnola, sicuramente di Toledo, poi portato a Cagliari, in seguito a Pisa, prima di raggiungere Verona. Si suppone che il copista ignoto fosse veronese, data la presenza di tratti tipici del dialetto veronese, e si sia dilettato nel scrivere questo indovinello in un momento di svago. La breve formula latina, vergata da un'altra mano, recita: Gratias tibi agimus omnipotens sempiterne Deus, cioè "Ti rendiamo grazie, Dio onnipotente ed eterno". Iscrizione Catacomba di Commodilla (IX sec.) L'iscrizione della catacomba di Commodilla è un breve testo inciso nella cornice di un affresco nella cripta dei santi Felice e Adautto, all'interno delle catacombe di Commodilla (una basilica), a Roma, Ostiense. Si tratta di un’indicazione per la persona che deve pronunciare la messa di ricordarsi ad un certo punto di non pronunciare le ‘orazioni segrete’ ad alta voce. Ci sono tratti linguistici del latino, ma gli studiosi sono propensi a considerare questo testo volgare: - ILLE: in latino questa forma aveva valore di dimostrativo, ma in questo caso ha la funzione di un articolo→ si tratta di un articoloide (=forma intermedia tra articolo e dimostrativo latino). Un cambiamento importante tra italiano e volgare è proprio l'articolo che non c’era in latino per diventare articolo deve perdere “il”. - DICERE: è una forma del latino classico, ma usata anche in molte parlate meridionali - SECRITA: ‘a’ desinenza del neutro plurale latina - Ad vocem → ABBOCE: la seconda B è stata aggiunta successivamente per riprodurre il raddoppiamento fonosintattico (ha sentito che nella pronuncia si dice “avvoce” e non “a voce”, fenomeno che facilita la pronuncia). - V >B: BETACISMO: tratto meridionale Il placito Capuano (960 d.C) Per la prima volta il volgare viene utilizzato in maniera consapevole. Questo testo viene considerato l’atto di nascita del volgare. (nelle frecce parti volgari) Placito: sentenza emessa dal giudice Capuano: prodotto a Capua, Caserta Si tratta di un verbale ed è il primo documento scritto sicuramente in volgare. È un verbale relativo a una causa discussa davanti a un giudice per l’assegnazione di terreni al monastero di Montecassino (il monastero utilizzava quei terreni già da trent’anni). Il giudice Arechisi deve risolvere una disputa territoriale: un signore di Aquino rivuole indietro i terreni che il monastero di Montecassino ritiene come suoi. L’abate di Montecassino, grazie a tre testimoni, ottiene il possesso dei terreni per usucapione (li aveva utilizzati per 30 anni). I tre testimoni si presentano davanti al giudice e ognuno recita una formula. Il verbale viene scritto in latino (lingua della cultura), ma le formule dei testimoni, che ricorrono quattro volte, vengono scritte in volgare (nel verbale è necessario riportare le formule esatte che pronunciano i testimoni, e queste sono appunto formule in volgare). C’è un chiaro contrasto tra latino e volgare in un testo giuridico, quindi ufficiale. Chi ha fatto il verbale si è reso conto di utilizzare due codici linguistici diversi, il latino e il volgare. Scritta in volgare: SAO KO KELLE TERRE, PER KELLE FINI QUE KI CONTENE, TRENTA ANNI LE POSSETTE PARTE S(AN)CTI BENEDICTI “So che quelle terre, entro quei confini che qui si descrivono, trent’anni le ha posseduto il monastero di San Benedetto” → per indicare il suono velare [k] in questi primi testi si usa sia il grafema ‘k’ che ‘c’, in latino non c’era la k come grafema. In volgare si sente l’esigenza di usare il grafema k per l’influenza dei popoli germanici e anche perché nel passaggio dal latino al volgare si formano le consonanti affricate quindi servono grafie diverse per distinguere i suoni k e ʧ. Ora in italiano il grafema c rappresenta due fonemi, [k] velare e [ʧ] affricata palatale. → fenomeno tipico dell’italiano parlato è la dislocazione a sinistra perché sposto a sinistra il complemento oggetto. In questa formula sposta “quelle terre” a sinistra. Dopo il 960 testimonianze di testi volgari si trovano in tutta Italia. In particolare dall’XI secolo, in seguito alla nascita dei comuni e alla conseguente importante attività politica amministrativa (si scrivono soprattutto testi notarili, giuridici, atti provenienti da tutta Italia quindi caratterizzati da volgari diversi): - POSTILLA AMIATINA (1087) - TESTIMONIANZA DI TRAVALE (1158) - CARTA PICENA (1193) Si diffondono poi anche testi religiosi: - Per esempio la FORMULA DI CONFESSIONE UMBRA (1037-1080) - ISCRIZIONE DI SAN CLEMENTE (fine XI secolo) Iscrizione di San Clemente (Basilica di Roma): «un antico fumetto» È il racconto del miracolo di San Clemente: Clemente ha convertito al cristianesimo la moglie di un patrizio pagano, Sisinno. Per punire Sisinno di essersi arrabbiato con Clemente, Clemente lo rende momentaneamente cieco e sordo. Per vendicarsi, Sisinno porta con sé tre schiavi, ma quando provano a catturare Clemente, questo si trasforma in una colonna. Sisinno ordina ai suoi tre servi di legare e trascinare il santo. Alle raffigurazioni sono stati aggiunti frammenti di dialogo come in un moderno «fumetto». È un esempio di lingua parlata. Il santo parla latino (lingua nobile) Il pagano, anche se patrizio, parla in volgare (e usa parolacce) Gli schiavi parlano in latino volgare Dunque i primi testi volgari sono tutti extra Toscana. - Il primo testo toscano è della fine XI e inizio XII secolo: CONTO NAVALE PISANO, testo che ha a che fare con il settore marittimo; - 1211: primo testo fiorentino: FRAMMENTI DI UN LIBRO DI CONTI DI BANCHIERI FIORENTINI (frammenti di un libro in cui viene registrata l'attività amministrativa di banchieri fiorentini). C'è un ritardo a firenze nell’uso del volgare fiorentino perché è soprattutto con l'evoluzione in Italia della civiltà comunale che Firenze diventerà un comune importante dal punto di vista sociale, economico, politico e poi culturale. Così nel 250/300 Dante ecc iniziano a scrivere testi letterari in volgare fiorentino. Dal 1100/1200 parliamo di volgari comunali= si affermano dei volgari in Italia diversi a seconda dei comuni, destinati ad un uso pratico. A livello letterario bisogna aspettare circa la seconda metá del 200. Il 200 - Nascita della letteratura, in un contesto di esigenza dell’uso del volgare per l’affermazione della civiltà comunale. La letteratura riguarda le tematiche della lirica amorosa, diffusasi nelle corti della Francia meridionale (Provenza) e poi espansa all’Italia. - In Francia prende il nome di poesia provenzale occitanica (in lingua d’oc) ed è la poesia dell’amor cortese (cioè dell’amore nelle corti). - in Italia questo tipo di lirica riscuote talmente tanto successo che i poeti provenzali venivano ospitati nelle corti italiane. La lingua d'oc dei poeti provenzali influenza molto alcuni poeti italiani che scrivono anch'essi in lingua d’oc oppure inseriscono nelle proprie poesie dei provenzalismi. - Nel Duecento il volgare comincia a essere utilizzato anche in ambito letterario, dando luogo a una tradizione di lingua poetica in volgare. - oltre alla letteratura nascono i volgarizzamenti = traduzioni in volgare di testi latini. Per fare in modo che un testo latino letterario fosse fruibile da tutti veniva tradotto in volgare. A livello linguistico, non si tratta di semplici traduzioni, ma di un'operazione di arricchimento / regolarizzazione del volgare. C’erano forme latine che ancora in volgare non avevano un corrispondente e per tradurre integralmente i testi venivano coniate nuove parole in volgare. I volgarizzamenti sono stati nel 200 un'operazione di arricchimento del lessico importante, oltre che di regolarizzazione di determinate strutture sintattiche; Scuola poetica siciliana L'evento più importante dal punto di vista linguistico è la nascita e la grande importanza della scuola poetica siciliana, un movimento letterario sorto in Sicilia all'incirca tra il 1220 e il 1266 presso la corte siciliana dell'imperatore Federico II di Svevia. La poesia della Scuola siciliana costituisce la prima produzione lirica in un volgare italico e di cui abbiamo ampia testimonianza. In Sicilia alla corte di Federico II, Imperatore del Sacro Romano Impero (1220-1250), il volgare siciliano viene utilizzato da letterati e poeti che formano la Scuola Poetica Siciliana; L’ambiente, la Magna Curia, è aperto alla filosofia, al diritto, alla letteratura; I poeti della corte sono funzionari imperiali (giuristi, notai…) che nel tempo libero si dedicano alla letteratura e che formano un gruppo poetico che condivide la stessa lingua e gli stessi temi; Il tema delle poesie è l’amore; I poeti e lo stile Lo stesso Federico II è autore di liriche e di un trattato di falconeria (De arti venandi cum avibus: l’argomento è la caccia con il falcone) Uno dei più importanti esponenti della Scuola Poetica Siciliana è GIACOMO DA LENTINI (chiamato il Notaro perché era un notaio), inventore del sonetto Sonetto: 2 quartine e 2 terzine (14 versi tutti endecasillabi). Schema metrico ABAB ABAB (quartine) e CDC DCD (terzine) Canzone Madonna, dir vi voglio (BNCF, ms Palatino 418 - ora Banco Rari 217, c. 21v) Il modello della Scuola poetica siciliana è la poesia provenzale, la tradizione dei trovatori Imitazione dei temi (amor cortese, tema cavalleresco) Imitazione della metrica provenzale (canzone, sestina...) La lingua della Scuola è il siciliano illustre, un volgare colto, di registro alto, ripulito da tutti i localismi ed elementi bassi della lingua. Inoltre per innalzare il registro vengono inseriti numerosi latinismi e provenzalismi, le due lingue considerate più illustri. Il provenzale è così influente solo in questa fase mentre è tipico di secoli successivi il voler alzare il registro linguistico attraverso l’uso del latino. Le parole provenzali si riconoscono dal suffisso -anza, per esempio speranza, danza e allegranza. Si sceglie per esempio amanza invece di amore e amistanza invece di amicizia. La ricostruzione del volgare siciliano → in alto sono rappresentate le vocali latine (10 vocali, 5 lunghe e 5 brevi), mentre in basso le vocali siciliane (5 = mancano le vocali chiuse). questo ci dice molto a livello linguistico perché le poesie siciliane non sono arrivate a noi nella loro forma originale siciliana ma in versione tradotta in toscano. Dei copisti delle poesie siciliane nel farlo non hanno riportato fedelmente le parole siciliane originali ma le hanno ‘corrette’ in toscano. Probabilmente erano copisti toscani, percepiscono come errori alcune forme del siciliano e quindi traducono in toscano queste poesie. Per questo motivo le poesie che noi abbiamo della scuola poetica siciliana NON sono linguisticamente originali, bensì sono nella loro versione toscanizzata. Infatti nel manoscritto riportato precedentemente di Giacomo Da Lentini non sono presenti le vocali del siciliano. Per ricostruire la veste originale delle poesie siciliane utilizziamo il LIBRO SICILIANO posseduto da un filologo del Cinquecento, Giovanni Maria Barbieri, che conteneva alcuni frammenti copiati correttamente in modo originale da siciliano. Questo libro è andato perduto, ma Barbieri trascrive alcuni testi: la canzone di Stefano Protonotaro PIR MEU CORI ALLIGRARI e un frammento di una canzone di Re Enzo (figlio di Federico II). Prima strofa della canzone… Pir meu cori alligrari, →qua ci sono le vocali siciliane, aperte, presenza forte delle vocali i e U chi multu longiamenti senza alligranza e joi d’amuri è statu, mi ritornu in cantari, 5 ca forsi longiamenti ca forsi levimenti da dimuranza turniria in usatu di lu troppu taciri; e quandu l’omu ha rasuni di diri, 10 ben di’ cantari e mustrari alligranza, ca senza dimustranza joi siria sempri di pocu valuri: dunca ben di’ cantar onni amaduri. I codici che tramandano le poesie siciliane tradotte in toscano sono: 1) Canzoniere Vaticano Latino 3793 (Biblioteca Apostolica Vaticana) 2) Laurenziano Rediano 9 (Biblioteca Laurenziana, Firenze) 3) Palatino 418 (ora Banco Rari 217) (BNCF) Questi codici contengono anche poesie scritte da altri poeti toscani tra cui Guittone d’arezzo. Il codice Laurenziano è dedicato gran parte a Guittone d’Arezzo. Per secoli si è pensato di leggere le poesie siciliane in originale ma in realtà si trattava della versione toscanizzata. Ci sono dei segnali di ciò: - La rima imperfetta, che si trova nella versione toscanizzata(nella versione originale c'è invece la rima perfetta) Giacomo da Lentini (Vat. Lat. 3793) → versione toscanizzata Madonna, dire vi voglio come l’Amore m’à preso; inver lo grande orgoglio che voi bella mostrate, e’ no m'aita. Oi lasso, lo me’ core, Ch’è 'n tante pena miso, che vede che si more per non amare, e tenolosi a vita. Quando il copista ha ‘tradotto’ (copiato erroneamente) dal siciliano al toscano, ha sostituito ‘priso’ con preso (versione toscana) ma ha mantenuto ‘miso’ (la forma ‘meso’ in toscano non esiste, la forma corretta è ‘messo’ ma sarebbe stata metricamente scorretta). Anche Dante cade in questa trappola di toscanizzazione delle poesie siciliane, perché scrive un’opera sulla lingua, De vulgari eloquentia (1303-1305). De vulgari eloquentia, I, XII, 4: [Trad.] ‘e poiché il regno era in Sicilia, accadde che tutto ciò che i nostri predecessori produssero in volgare si chiami siciliano: un uso che anche noi conserviamo, e che i nostri posteri non saranno capaci di mutare’ In quest'opera Dante parla delle caratteristiche da seguire quando si vuole scrivere e parlare in volgare, pertanto passa in rassegna i vari volgari italiani e sul siciliano da un giudizio positivo in riferimento alla sua tradizione letteraria. Lui dice = Ciò che viene prima rispetto alla produzione letteraria del 200 lo si deve ai siciliani. MA Dante non sa che le poesie siciliane erano state toscanizzate. Dante dà giudizi negativi a quasi tutti i volgari, tranne al siciliano. L’aspetto che secondo Dante era positivo della scuola poetica siciliana era aver cercato di non usare una lingua strettamente locale, ma invece condivisa da tutta la regione, ed è quello che vorrebbe fare lui con la sua poesia e con lo stilnovo in generale. Secondo Dante bisogna uscire dal volgare strettamente locale, critica alcune forme usate solo a firenze, perché serve una lingua il più possibile condivisa per la diffusione delle poesie. Dal 500 in poi grazie a Barbieri e al suo libro si comincia a ricostruire la lingua siciliana. In seguito alla morte di Federico II nel 1250 finisce l’esperienza della scuola poetica siciliana. Tutta l’area della magna curia in sicilia perde importanza. I copisti diffondono le poesie siciliane in tutta Italia e i poeti siculo toscani vengono imitati in tutta Italia. Il prestigio del fiorentino Dal 1250 comincia ad affermarsi l’importanza del volgare fiorentino che avrà un ruolo fondamentale per la storia della lingua italiana. Si tratta di un prestigio che tarda ad arrivare perché tutti i testi che vengono scritti tra l'anno 1000 e 1100 sono per la maggior parte extra Toscani (al massimo pisani). Dalla seconda metà del 200 inizia l’importanza politica ed economica della città di Firenze. Tuttavia il volgare fiorentino non è ancora usato per scopi letterari, bensì per motivi pratici lavorativi dai banchieri, notai, mercanti e artigiani. In quel periodo nascono a Firenze,ma poi anche in altre zone d'Italia, delle scuole (scuole d'abaco= strumento dell'apprendimento) in cui si insegna al ceto mercantile a leggere, scrivere e fare calcoli affinché possano svolgere al meglio il proprio lavoro. La lingua che si insegna è appunto il volgare fiorentino, mentre in altre regioni d'Italia il ceto mercantile continuava a comunicare in latino. Se in questa prima fase il fiorentino è usato soprattutto a fini pratici, le cose cambieranno senz’altro con la fine del 200 e gli inizi del 300: il contesto florido dal punto di vista politico-economico sarà motivo di successo culturale. Firenze diventa un importante centro culturale e il volgare fiorentino diventa la lingua della letteratura. Le caratteristiche socio-politiche della Firenze del Duecento hanno contribuito alla formazione di figure come Dante, Petrarca e Boccaccio e saranno soprattutto loro, le Tre Corone, a rivestire un ruolo importante nella formazione della lingua nazionale. Scriveranno in fiorentino le loro 3 grandi opere. Dunque la fortuna della lingua fiorentina del 300 la si deve alle basi che vengono gettate nel duecento dal punto di vista economico e politico. Con il fiorentino trecentesco si avvia il processo di formazione di una lingua nazionale. Perché proprio il volgare fiorentino viene considerata la lingua di partenza per la formazione di una lingua nazionale (l'italiano)? Perché si tratta del volgare più vicino al latino, quindi usato anche da chi normalmente scrive in latino ossia i letterati (non solo chi si occupa di letteratura ma anche i dotti che conoscono il latino vs illetterati chi non conoscevano il latino). A livello letterario, prima di Dante (anni 50 del 1200), un personaggio fiorentino di riferimento è Brunetto Latini, il quale si occupa di produzione in prosa e in versi, in volgare e in francese, e di traduzione→ alcune delle sue opere sono Favolello, Tesoretto e Rettorica. Nel 1300 cominciano a Firenze a formarsi importanti autori della letteratura. Cosa succede nel resto d'Italia nel 1200? - Una città molto importante a livello culturale nel 1200 è indubbiamente Bologna. Bologna ha una tradizione di studi sul diritto e sulla retorica (insegna come si scrive e come si parla). Nel De vulgari eloquentia Dante, oltre a parlare bene del siciliano, ha parole positive anche per il bolognese per i personaggi che a bologna c’erano nel periodo e per il contesto culturale importante che aveva ricoperto. - Guido Fava (bolognese; 1190-1243) fu il primo ad applicare, in Italia, le dottrine dell'arte oratoria latina alla lingua volgare e a lui si devono - nella Gemma Purpurea, una raccolta di lettere scritta interamente in volgare ma con latinismi (volgare illustre, modello per i dotti) - i primi tentativi di creare una prosa letteraria in volgare. - I temi cominciano ad allargarsi→ non solo più amor cortese, tradizione cavalleresca ecc ma anche il racconto, la narrativa come il Novellino. Si diffondono quindi altre tipologie testuali come le cronache (Dino Compagni), cioè i racconti di quanto succede in città, ma anche racconti di viaggio (quello più importante di questo periodo è quello di Marco Polo). Questi testi sono importanti a livello linguistico perché arricchiscono il lessico. Per raccontare fatti / oggetti / situazioni nuovi si usano parole che possono derivare da altre lingue o se ne inventano di nuove. Soprattutto i racconti di viaggi richiedono l’ utilizzo di parole lontane dalla quotidianità, che rappresentino elementi esotici. - Il bolognese Guido Guinizzelli (1230-1276) viene considerato l'ispiratore del dolce stil novo con la sua canzone Al cor gentile rempaira sempre amore (il tema è la corrispondenza tra amore e cuore gentile) - A firenze il riferimento è Guido Cavalcanti (1258-1300), amico di Dante. Lui scrive la canzone Donna me prega. - Emergono una serie di importanti letterati tra cui Lapo Gianni, Dino Frescobaldi e Cino da Pistoia. Dante primo teorico della lingua Dante è considerato come il primo letterato ad aver compiuto una riflessione metalinguistica sul volgare con la sua opera De vulgari eloquentia. Il De vulgari eloquentia (L'eloquenza della lingua volgare) è un trattato in lingua latina scritto in esilio tra il 1303 ed i primi mesi del 1305. Pur affrontando il tema della lingua volgare, fu scritto in latino in quanto rivolto principalmente ai dotti del tempo per mostrare loro la bellezza della lingua volgare nella loro lingua, appunto il latino. Inoltre, Dante scrisse in questa lingua per difendersi da eventuali accuse di incultura. Il trattato avrebbe dovuto comprendere almeno quattro libri, ma Dante ne compose soltanto uno e 14 capitoli del secondo. Fu il primo trattato linguistico in italia e in europa, ma fino al 500 non fu un'opera molto conosciuta per l'assenza della stampa. Infatti, dato che l'unico modo per creare altre copie del libro era trascriverlo con gli amanuensi, non circolavano molte copie. L'opera inizia ad essere più conosciuta a partire dal 500 grazie a Trissino, un letterato che nel 1529 la traduce. La traduce a modo suo ,comincerà a circolare in volgare con traduzione fedele solamente più tardi. (Questo problema di diffusione riguarda tutte le opere fino ad invenzione stampa. Chi copia può commettere degli errori e quindi si diffondono copie con errori o anche con correzioni del copista e allora ci sono tante copie che si allontanano sempre di più dell’originale.) Dante scrive quest’opera perché vuole nobilitare l’uso del volgare e vuole fare in modo che venga considerata una lingua prestigiosa che possa essere usata come strumento per la comunicazione letteraria (sia nei testi sia come lingua parlata tra persone colte). Si sofferma sull’origine delle lingue e del linguaggio, attraverso l’episodio biblico della Torre di Babele (Mito per cui della torre di babele si sono formate le varie lingue europee). Con gli strumenti che ha a disposizione ricostruisce la situazione linguistica in europa. Individua 3 gruppi di lingue nell’Europa sud-occidentale: 1) Lingua d’oc (provenzale) 2) Lingua d’oil (antico francese) 3) Lingua del sì (italiano) restringe l’analisi linguistica poi all’italia = Individua 14 volgari d’Italia e li passa in rassegna per capire quale può essere quello illustre (strumento di comunicazione letteraria di alto livello). Ma nessuno lo soddisfa. Salva il bolognese (di Guido Guinizzelli) e il siciliano illustre. Caratteristiche che deve avere il volgare illustre ILLUSTRE: deve illuminare (deve essere ripulito da tratti locali) CARDINALE: deve fare da cardine per gli altri volgari AULICO: dovrebbe essere la lingua usata nell’aula (luogo delle udienze) del Re d’Italia, se l’Italia avesse un re CURIALE: dovrebbe essere la lingua della curia (tribunale o assemblea legislativa)

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