Libro PEI e ICF PDF
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Questo documento tratta dell'educazione inclusiva per la prima infanzia. Descrive la progettazione dell'inclusione attraverso il PEI (Piano Educativo Individualizzato) basato sull'ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute). Il documento esplora i principi dell'inclusione, i vari aspetti e vari documenti del progetto.
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Nido d’infanzia e progettazione educativa individualizzata Progettare l’inclusione attraverso il PEI su base ICF 1 - EDUCAZIONE INCLUSIVA E NIDO D’INFANZIA Il nido d’infanzia è un servizio inclusivo rivolto ai bambini 0-3 anni, il quale nasce con la legge 1044/19...
Nido d’infanzia e progettazione educativa individualizzata Progettare l’inclusione attraverso il PEI su base ICF 1 - EDUCAZIONE INCLUSIVA E NIDO D’INFANZIA Il nido d’infanzia è un servizio inclusivo rivolto ai bambini 0-3 anni, il quale nasce con la legge 1044/1971, dando da un lato avvio all’era della Early Childhood Education and Care (ECEC). IL DIRITTO ALL’EDUCAZIONE INCLUSIVA L’educazione inclusiva è diventata importante a livello internazionale dagli anni ’90 grazie al riconoscimento dei diritti umani dell’UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia), dell’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la Scienza e la Cultura) e dell’OMS (Organizzazione mondiale per la sanità). L’UNESCO dal 1990 ha iniziato una campagna chiamata “Education For All” (EFA), promuovendo l’accesso universale all’educazione da parte di tutti senza disuguaglianze. Nel 2000 a Dakar ci fu la “World Education Forum” dove ben 164 governi si sono impegnati a raggiungere nel tempo i 6 obiettivi strategici dell’EFA: 1. espandere cura e educazione nella prima infanzia con programmi che devono assicurare salute, nutrizione, igiene, sviluppo cognitivo e sociale; 2. l’istruzione primaria deve essere gratuita e obbligatoria 3. promuovere l’educazione permanente anche di giovani adulti 4. aumentare l’alfabetizzazione degli adulti del 50% 5. raggiungere la parità di genere entro il 2005 e l’uguaglianza di genere 2015 6. migliorare la qualità di istruzione Tutti i programmi dovrebbero focalizzare l’attenzione su tutti i bisogni dell’infanzia e assicurare salute, nutrizione e igiene, nonché sviluppo cognitivo e psicosociale. Nel 2009 l’UNESCO ha elaborato la “Policy Guidelines on Inclusion in Education” in cui viene sottolineata l’importanza dell’educazione inclusiva: la scuola inclusiva è un processo costante che incrementando la partecipazione di tutti porta a un miglioramento di tutto il sistema (= tutta la scuola migliora se c’è inclusività!). Sempre nel 2009 “l’European Agency for Special Needs and Inclusive Education” ha pubblicato delle linee guida per sostenere la partecipazione di tutti a scuola con il titolo di “Principi guida per promuovere la qualità nella scuola inclusiva. Raccomandazioni politiche”: 1. accrescere l’accesso all’istruzione e promuovere la partecipazione dei soggetti a rischio di esclusione, al fine di sostenere il loro massimo potenziale 2. sostenere la formazione del gruppo educativo 3. diffondere una cultura che sviluppi valori di accoglienza e diversità 4. pianificare strutture di sostegno adeguate, accessibili e coordinate 5. creare sistemi di finanziamento adeguati 6. rafforzare politiche chiare e coerenti 7. promuovere una legislazione che conduca un miglioramento dei servizi. Nel 2020 il Consiglio Europeo promuove le Inclusive Education nei paesi in cui non è ancora stato attuato il processo di inclusività a partire proprio dai servizi per la prima infanzia. 1 A marzo del 2021 la Commissione Europea ha adottato la Strategia sui diritti delle persone con disabilità 2021- 2030 (Union of equality: strategy for the rights of person with disability). Nel documento si afferma l’importanza dell’educazione inclusiva dalla prima infanzia che permette di concretizzare obiettivi di valorizzazione delle differenze. IL COSTRUTTO INCLUSIVO NELL’ECEC L’ECEC (Early Childhood Education and Care) è un percorso per i bambini dalla nascita all’istruzione primaria dove vi sono delle norme all’interno di un quadro legislativo nazionale. Da questo momento c’è l’ingresso per i minori all’educazione formale (definita da regole precise, soggetta a un programma da rispettare) a livello internazionale. L’ECEC propongono programmi del livello 0 della “International Standard Classification of Education” (ISCED) e riguardano una componente educativa intenzionale (pensata, studiata e non improvvisata). L’ECEC promuove il diritto di ogni bambino ad avere le opportunità per sviluppare le proprie potenzialità (è un diritto sancito dalla Convenzione delle Nazioni Unite). I vantaggi riconosciuti dall’ECEC interessano l’area: motorio-prassica socio-relazionale comunicativa-linguistica affettiva-emozionale cognitiva Shonkoff e Philips evidenziano che le esperienze educative significative nella fascia 0-6 hanno un'influenza positiva sul futuro personale del bambino e sul suo percorso scolastico e di apprendimento permanente. Questo vale anche per i bambini con disabilità. Perciò partecipare ai servizi prescolari inclusivi, ha un'influenza in termini di sviluppo e qualità della vita. Il World Report On Disability sottolinea come l'accesso all'intervento precoce nella prima infanzia è molto significativo per bambini con disabilità e può ridurre il livello di supporto del loro percorso scolastico. Le evidenze scientifiche documentano come un'educazione di alta qualità per lo 0-6 sia tra le più importanti azioni che possano diminuire le diseguaglianze in futuro. A fronte di queste teorie l’ECEC è visto come un consenso unanime sia a livello nazionale che internazionale e generalmente tutti gli Stati cercano di promuovere l'attuazione con le differenze legate da risorse economiche e culture differenti. IL NIDO COME SERVIZIO INCLUSIVO: PROFILI NORMATIVI E TRAIETTORIE CULTURALI Un asilo di tipo nuovo: il nido come servizio educativo Il nido come servizio educativo che accoglie bambini dagli 0 ai 3 anni, nasce nel 1971 con la legge 1044 ed è inteso come un servizio sociale di interesse pubblico, nato per sostenere la famiglia. La legge 1044 segna un passaggio fondamentale rispetto alle norme che c'erano prima, nate in Italia nel 1925 con l’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia (ONMI). Prima era solo un'assistenza sanitaria per i minori e per le madri per ridurre la mortalità infantile. Questa legge invece istituisce un asilo nido di tipo nuovo (slogan di quel periodo), un servizio non solo assistenziale ma anche educativo. È una conseguenza anche di un movimento femminista molto attivo e dallo sviluppo di una cultura attenta anche ai bisogni relazionali e educativi dei bambini così piccoli. Nei primi anni questi principi hanno faticato a concretizzarsi. Nella stessa legge rimangono dei legami con il passato, infatti il nido viene ancora concepito come un servizio che deve custodire il minore. Nella legge 1044 c'è ancora una concezione in cui convivono vecchia logica e nuovo pensiero, ma il diritto all'educazione già trasforma il bambino in cittadino e non solo come un membro di una famiglia. 2 La legge 1044 nasce dal dibattito sui temi importanti come: maternità come valore sociale educazione come diritto il bambino come soggetto autonomo e portatore di bisogni interconnessione tra famiglia, donna e minore Un aspetto innovativo della legge è che allo Stato spetta il finanziamento, ma la gestione del nido è affidata agli enti locali, quali la regione, che deve occuparsi del coordinamento, la quale coordina tutti i nidi del territorio, e i comuni, che si occupano della gestione diretta del nido. Obiettivo della legge in 5 anni, dal 1972 al 1976, in tutta Italia bisogna inserire al nido almeno il 5% dei bambini sotto i tre anni. costruire 3800 nidi in tutta Italia, obiettivo raggiunto dopo 20 anni, con forti differenze tra nord e centro sud. Nel 1992: Con l'art. 12 della legge 104 (Legge Quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità), viene definito il diritto all'educazione e all'istruzione del soggetto con disabilità da zero a tre anni. Con l'art. 13 della legge 104 si parla dell'integrazione scolastica della persona con handicap e l'ente locale devo organizzare l'adeguamento dell'organizzazione dell'asilo nido per le esigenze di questa persona con disabilità. Il nido diventa quindi un servizio educativo che promuove l’inclusione favorendo lo sviluppo della persona. Nell'art. 12 viene specificata la procedura per l'inserimento del bambino disabile: accertamento della disabilità da parte dell'ASL con documentazione del neuropsichiatra; in seguito, si scrive il profilo di funzionamento secondo i criteri del modello bio-psico-sociale, per poi formulare un progetto individuale e un piano educativo individualizzato (PEI). L'attuazione di queste leggi 1044 e 104 viene fatta dalla regione che in questi anni ha aggiornato varie volte le norme. Legge 285: “Disposizioni per la promozione di diritti di opportunità per l'infanzia e per l'adolescenza.” Questa legge avvia la possibilità di sperimentare nuove forme di servizi per la prima infanzia, anche con la presenza di adulti. Questi servizi sono flessibili e si affiancano al nido, ma non lo sostituiscono, con caratteristiche educative, ludiche, culturali e di aggregazione. Questi servizi sono più flessibili rispetto agli orari e alla possibilità di frequenza e svolgono anche una funzione di supporto. La legge 285/1997, in sostanza, ha permesso di promuovere in modo più capillare il diritto all'educazione per la vitalità delle bambine e dei bambini, in un'ottica di supporto alla famiglia e di implementazione dei processi di inclusione. Il nido inclusivo nel Sistema Integrato ZeroSei Il nido è un servizio inclusivo aperto a tutti i bambini nel rispetto dell'individualità, cultura e religione, con un carattere prevalentemente educativo che permette al bambino di sviluppare le sue potenzialità. La legge 107/2015 istituisce in Italia il sistema integrato 0-6. Questa legge permette al nido di far parte del sistema nazionale di educazione e istruzione. Questo è importante per i servizi italiani perché segna il passaggio da un sistema diviso, 0-3 e 3-6, a un sistema con una prospettiva unitaria 0-6. 3 Nel comma 181 della legge 107 si colloca il gioco al centro delle attività educative, inoltre si sottolinea il ruolo dei servizi come strumento per la conciliazione famiglia-lavoro e la famiglia diventa un partner con cui condividere e progettare il percorso educativo. Per facilitare la continuità educativa, la legge 107 istituisce i poli per l'infanzia. Si tratta di edifici dedicati all'educazione 0-6, i quali si caratterizzano come laboratori permanenti di ricerca, innovazione, partecipazione, apertura al territorio e permettono un miglior utilizzo delle risorse. L'organizzazione dello spazio deve però partire da una riflessione pedagogica e deve essere funzionale all'età. Gli obiettivi definiti dall'ONU (Organizzazione della Nazioni Unite) nell'agenda 2030 vogliono garantire che ogni bambino abbia accesso a uno sviluppo, a un'assistenza e un'istruzione prescolare di qualità. In seguito a questo, la legge 107 cerca di migliorare con l'accessibilità dei servizi e la possibilità di ogni bambino di parteciparvi. Attualmente l'obiettivo del 33% definito con il decreto legislativo n.65/2017 non è stato ancora raggiunto, oggi siamo solo al 26,9%. Linee pedagogiche per il sistema integrato ZeroSei e Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l'infanzia La commissione nazionale per il sistema integrato di educazione e istruzione, grazie a queste leggi ha scritto due importanti documenti: Linee pedagogiche per il sistema integrato ZeroSei (2020): propongono delle riflessioni e delle indicazioni di buone pratiche da attuare che però si devono sviluppare all'interno delle normative che vi sono. Sono organizzate in 6 parti + 1 conclusione. diritti all'infanzia un ecosistema formativo centralità dei bambini curriculo e progettualità = le scelte organizzative coordinate della professionalità le garanzie della governance (quello che tu fai deve essere a norma) Conclusione - uno sguardo positivo al futuro Orientamenti nazionali per i servizi educativi (2021): è il primo documento nazionale rivolto al nido e viene in supporto del completamento delle Linee guida. Affronta nodi tematici nell'ambito dell'educazione e cerca di favorire la creazione di un linguaggio e una cultura condivisa tra i responsabili dei servizi educativi, intese come ente locale, Regione e governo. Sono organizzate in 5 capitoli e 1 conclusione. servizi educativi per l'infanzia diritti e potenzialità dei bambini alleanze educative con i genitori professionalità educativa ambiente accogliente e propositivo Conclusione - Una discussione aperta: finalità, curriculum e progettazione In entrambe questi documenti vi sono riferimenti ai processi inclusivi, dove il personale educativo deve mantenere un continuo dialogo con la famiglia e con le figure sanitarie per permettere un punto di vista interdisciplinare. Per avere l'inclusività è importante la strutturazione di spazi rassicuranti e stimolanti. Inoltre, l'adulto deve promuovere un ambiente educativo che è inclusivo, democratico e partecipativo. SERVIZI EDUCATIVI E DISABILITÀ NELLE NORMATIVE REGIONALI Le leggi nazionali (legge 104, legge 285 e linee pedagogiche) definiscono il nido come un servizio educativo inclusivo, ma poi ogni regione può scrivere delle leggi che servono a interpretare in modo operativo (concreto) queste leggi in base alla realtà del suo territorio. 4 Vedi tabelle 1.1 a pag. 40 del libro per le caratteristiche delle normative regionali. 2 - ICF E MODELLO BIOPSICOSOCIALE La classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF), è stato elaborato dall'OMS. È un modello teorico operativo, e la prima versione nasce nel 2001. La seconda nel 2007 per i bambini e adolescenti e vi è un'ultima versione del 2012 che riunisce le due versioni precedenti, poiché la persona è una sola. Attualmente è adottata da più di 190 Stati membri dell'OMS e l’ICF si caratterizza per alcuni specifici fondamenti e peculiarità. Scopi dell'ICF: 1. Fornisce una base scientifica per descrivere le conseguenze delle condizioni di salute, non descrive la malattia o la etichetta (modello bio-psico-sociale). Ad esempio: l'ICF, non ci dice che Luca ha un disturbo dello spettro autistico, ma descrive quello che fa, non sa, sa fare e non sa fare - è uno strumento finalizzato alla descrizione del funzionamento; non descrive la malattia poiché per quello c'è il DSM, il manuale diagnostico. 2. Stabilisce un linguaggio comune standardizzato (o universalmente valido) per la descrizione del funzionamento dell’, il quale permette il confronto tra paesi, discipline sanitarie, servizi, sanità e periodi storici. 3. Fornisce uno schema di codifica per i sistemi informativi sanitari. Con la pubblicazione dell'ICF nel 2001 si ha un cambio di pensiero, poiché per la prima volta guarda a tutte le persone e al loro modo di funzionare. Chi ha una disabilità non finisce in una categoria separata perché è prima di tutto una persona con un suo funzionamento e tutte le persone hanno un funzionamento; quindi, possono essere descritte con l'ICF. È uno strumento per misurare il funzionamento delle persone nella società, ovvero che il contesto determina il nostro funzionamento. Anche il servizio in cui lavorano gli educatori è un contesto e quindi può fare la differenza nello sviluppo del bambino. È uno strumento che si applica ad un'area più vasta rispetto alla tradizionale e precedente classificazione della salute e della disabilità. Oggi la scuola italiana è obbligata a elaborare i PEI su base ICF. Il PEI a scuola deve essere fatto in base all'ICF per descrivere il bambino in termini di funzionamento. Per la prima volta si tengono conto dei fattori ambientali e contestuali e si parla di salute che non è solo non essere malati o non essere morti, perché la salute è un equilibrio che ognuno di noi vive al di là della sua disabilità. La salute non è assenza di malattia, ma è qualcosa di percepito a livello personale. Ad esempio, si può avere il diabete ma vivere normalmente essendo in salute. Cosa fa l’ICF? descrive la salute e la disabilità in modo completo e neutrale. Neutro poiché non dipende dall'etichetta diagnostica. fornisce i principi per favorire l'integrazione tra la prospettiva pedagogica e sanitaria non viene più analizzato solo il lato medico, ma anche quello pedagogico. Come educatori raccogliamo dei bisogni, descriviamo un funzionamento e poi cerchiamo di rispondere a questi bisogni al di là della diagnosi. 5 LA STRUTTURA DELL’ICF Le informazioni fornite dall’ICF descrivono situazioni relative al funzionamento umano e alle sue restrizioni. L’ICF organizza le informazioni in due parti: la prima parte si occupa di Funzionamento e Disabilità; la seconda riguarda i Fattori contestuali La prima parte è costituita da due componenti una per le Strutture Corporee e le Funzioni Corporee una dalla componente Attività e Partecipazione, che comprende l'insieme delle capacità del soggetto in riferimento allo svolgimento di un determinato compito nell'ambiente circostante La seconda parte è costituita anch’essa da due componenti una per i fattori ambientali, i quali influenzano le componenti sopra descritte; si pala di ambiente fisico e sociale in cui le persone vivono, nonché degli atteggiamenti con cui essi conducono la loro esistenza. una per i fattori personali (sesso, razza, età, educazione ecc..), i quali però non vengono classificati a causa della loro variabilità culturale e sociale. Ogni componente a sua volta viene suddivisa in dei capitoli o anche detti domini Prima parte: funzioni corporee – 8 capitoli/domini strutture corporee – 8 capitoli/domini attività e partecipazione – 9 capitoli/domini Seconda parte: fattori ambientali – 5 capitoli/domini fattori personali – pur non essendo codificati, l’ICF sottolinea la loro importanza nel concorrere a determinare il funzionamento umano, invitando gli utilizzatori a rilevare i fattori personali su propria iniziativa. Tutto ciò compone “il background personale della vita e dell’esistenza di un individuo e rappresentano quelle caratteristiche dell’individuo che non fanno parte della condizione di salute” Ciascuna componente (ogni dominio) viene codificata attraverso codici alfanumerici. Sono organizzati in modo gerarchico con una struttura nidificata organizzata con un massimo di quattro livelli. Ogni codice è costruito seconda una determinata logica uniforme all’interno dell’ICF. Indicano la componente, la categoria, il numero del capitolo considerato (I livello della Classificazione) e la categoria individuale considerata (II livello della Classificazione). A quest’ultima si aggiunge un numero che descrive le esperienze e le azioni di una persona. Il codice si completa poi con uno, due o più numeri dopo il punto decimale che identificano i qualificatori. I qualificatori indicano l’estensione di livello di salute e senza di essi i codici non hanno alcun significato intrinseco. Attraverso i qualificatori ad ogni persona viene associata un livello di funzionamento in relazione a “Funzioni e strutture corporee”, “Attività e partecipazione”, “Fattori ambientali e personali”. La prima parte del codice identifica la componente: B (body, “corpo”) – funzioni corporee S (structure, “struttura”) – strutture corporee D (domain, “dominio”) – attività e partecipazione E (environment, “ambiente”) – fattori ambientali 6 La classificazione include, a conclusione di ogni insieme integrato di categorie appartenenti allo stesso dominio: Una voce con “altro specificato” (codice termina sempre con 8), la quale esprime gli aspetti del funzionamento umano che non possono essere inclusi nelle categorie specifiche. Una voce con “non specificato” (codice termina sempre con 9), la quale esprime aspetti per i quali non ci sono informazioni sufficienti per poterli assegnare una categoria più specifica. Ogni categoria deve essere quindi interpretata a sua volta da dei qualificatori. Definiscono il grado specifico della menomazione (di compromissione) di una funzione o struttura corporea, oppure il grado di difficoltà che una persona incontra nel partecipare a un’attività, oppure descrivono a quale livello un fattore ambientale rappresenti una barriera o un facilitatore. Si esprimono attraverso una stella scala che va da: 0 (“nessun problema”) a 4 (“problema completo”) Se non ci sono informazioni sufficienti per specificare la gravità del problema si utilizza il valore 8, che ha un significato temporaneo in attesa di pervenire a una definizione maggiormente specifica, mentre il valore 9 si utilizza quando una specifica categoria non può essere applicata alla persona. Le funzioni corporee prevedono un solo qualificatore che definisce l'estensione della menomazione da “nessuna menomazione” a “menomazione completa”. Per le strutture corporee sono specificati invece tre qualificatori che definiscono o l'estensione della menomazione, la sua natura e la sua localizzazione. Attività e partecipazione sono specificate da due qualificatori che indicano o la performance, la quale dipende dall'ambiente o la capacità agite dalla persona, che ha l'obiettivo di descrivere il funzionamento della persona in un ambiente standard, ovvero in un ambiente realmente usato per le valutazioni o in un ambiente rete uniforme. o Il qualificatore di capacità definisce il più alto livello di funzionamento che una persona può raggiungere in un dato momento della sua vita in assenza di barriere o facilitatori I fattori ambientali hanno un solo qualificatore che riguarda l'influenza positiva, i facilitatori, o negativa, le barriere, che si hanno sulla persona. La loro specificazione varia sempre su una scala da 0 a 4. I facilitatori sono convenzionalmente preceduti dal più davanti al numero. 7 L’uso dei qualificatori è essenziale per attribuire un significato relativo all’interazione tra l’individuo e i fattori contestuali. Il qualificatore attribuito dovrebbe rispecchiare nel modo più autentico possibile il funzionamento della persona. IL MODELLO BIO-PSICO-SOCIALE Questo schema è complesso perché collega tutte le dimensioni. Si parte dalle funzioni e strutture corporee: parti anatomiche del corpo e come funzionano Poi descrivo le attività che una persona sa fare (leggere, scrivere, parlare ecc.) Poi guardo la partecipazione, cioè il coinvolgimento in una situazione di vita Attività e partecipazione sono connesse ma non sono la stessa cosa. Tutte queste sono influenzate da fattori contestuali i quali si dividono in: Fattori ambientali: ambienti fisici, sociali e culturali Fattori personali: gli aspetti psicologici Tutti questi elementi vengono influenzati a vicenda! L’ICF ci dice che il funzionamento di una persona si può spiegare attraverso questa interconnessione tra, il corpo, tutte le cose che faccio, la mia partecipazione, i contesti e i miei contatti psicologici; funzioni e strutture corporee sono in relazione con → attività e partecipazione; attività e partecipazione sono influenzate dai → fattori contestuali; questa interazione crea le condizioni di salute o malattia che hanno impatto → sul corpo e sulla attività della persona. Il modello bio-psico-sociale è quindi la condizione biologico-corporea dell'individuo, compresi anche gli aspetti psicologici, la quale è in una stretta relazione con i diversi elementi contestuali e sociali intesi come i prodotti, le relazioni e gli atteggiamenti, i servizi, i sistemi e le politiche. Si tratta di un approccio multidimensionale che concepisce la salute non come assenza di malattia, bensì come un processo di armonico equilibrio funzionale, fisico e psichico dell'individuo, dinamicamente interconnesso con il suo ambiente di vita naturale e sociale. Nel modello bio-psico- sociale, l'esperienza di vita è possibile solo attraverso il corpo (cioè, Funzione corporea e Struttura corporea), che è il mezzo per svolgere azioni singole e che tuttavia assumono significato solo in riferimento a interazioni comprensibili e comunicabili (cioè, Attività e partecipazione). 8 Proprio il concetto di azione (attività) indica che il funzionamento umano è descrivibile solo in relazione ai contesti: esso è il risultato di un'interazione multiforme tra persona e ambiente. Il modello biopsicosociale si contrappone al modello biomedico, che attribuisce la malattia principalmente a fattori biologici, come virus, geni o anomalie somatiche, che il medico deve identificare e correggere. Es: una persona può avere una predisposizione genetica alla depressione, ma devono essere presenti fattori sociali, come lo stress estremo sul lavoro e nella vita familiare, e fattori psicologici individuali, come tendenze perfezionistiche, che innescano questo codice genetico per la depressione. Oppure, una persona può avere una predisposizione genetica per una malattia, ma i fattori sociali e cognitivi, secondo il modello, devono intervenire per scatenare la malattia. CAMBIAMENTI NEL TEMPO RIGUARDO ICF E ALTRE CLASSIFICAZIONI L’attuale versione dell’ICF discende da una lunga storia di modelli di salute, malattia e disabilità che sono stati revisionati e ridefiniti nel tempo. Innanzitutto, l’ICF fa parte della “famiglia” delle classificazioni internazionali dell'OMS, che fungono da standard globali per i dati sanitari, la documentazione clinica e l'aggregazione statistica. La famiglia comprende ad oggi l'ICF, la Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie e dei Problemi Sanitari Correlati (ICD) e la Classificazione internazionale degli Interventi Sanitari (ICHI). Nel 1976, l'OMS avvia la redazione della Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli Handicap (ICIDH) pubblicata per la prima volta nel 1980. Essa nasce con l'intento di affiancare l’ICD, prendendo in considerazione le conseguenze di eventuali situazioni disabilitanti dovute a specifiche patologie. La sequenza fenomenologica dell'ICD, ovvero eziologia-patologia- manifestazione clinica, si integra quindi con la sequenza dell'ICIDH, menomazione-disabilità- handicap. Nell'ICIDH: la menomazione è intesa come la perdita o l'anormalità a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche; la disabilità è una limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di eseguire in parte o del tutto un'attività nel modo ritenuto «normale» l'handicap è la condizione di svantaggio, proveniente da una menomazione o da una disabilità, che limita o ostacola la persona nello svolgere un ruolo considerato «adeguato» in relazione all'età, al genere e ai fattori socioculturali. Esiste un flusso unidirezionale tra questi tre elementi che illustra e rispecchia il modello medico della disabilità (definito anche «modello individuale della disabilità»): quest'ultima viene concepita come un esito biologico ed è quindi una dimensione individuale. In questa visione, l'intervento sulla disabilità è improntato all'abilitazione o riabilitazione della persona, al fine di ottenere un adattamento individuale e un cambiamento di comportamento. Sostanzialmente, il ruolo degli aspetti contestuali nel contribuire alla disabilità non è chiamato in causa. L'ICIDH subisce quindi, alla luce di queste criticità, un primo processo di revisione che sfocia nel 1996 nell'ICIDH-2 e, a seguito di ulteriori modifiche, confluisce poi nel 2001 nell'attuale ICF, il quale diviene dunque la classificazione che ufficialmente assume il modello bio-psico-sociale: i costrutti di menomazione, disabilità e handicap vengono accantonati, vengono scelte definizioni più neutre e positive (funzionamento, disabilità) e la disabilità viene considerata come espressione dell'interazione infruttuosa tra la persona e l'ambiente. 9 Parallelamente, dalle importanti critiche sollevate al modello medico-individualista a partire dagli anni Sessanta del Novecento, emerge una visione della disabilità concepita come un prodotto principalmente sociale e non biologico-corporeo. In questa prospettiva, la disabilità è quindi una dimensione comunitaria e non individuale; la persona non necessita quindi di interventi abilitativi o riabilitativi, poiché la disabilità si origina a livello politico e sociale. Questo modello viene assunto all'interno del filone di studio denominato Disability studies. L’ICF propone quindi un modello in cui la salute e la disabilità sono definite come esito di un'interazione tra le condizioni dell'individuo e i suoi contesti di vita. La persona con disabilità è un individuo con specifiche peculiarità che entra in contatto e agisce in un contesto, che è portatore a sua volta di caratteristiche specifiche: la disabilità si ha laddove l'incontro tra individuo e ambiente diviene sfavorevole. NELL’ASILO NIDO (APPUNTI) Il nostro ruolo e la nostra relazione con il bambino stanno nei fattori ambientali Quello che sa fare è l’attività (es. bimbo piccolo ma che arriva a piedi al nido con la mamma) Ogni bambino ha una propria funzione di struttura corporea (es. bimbo ipovedente) Ogni bambino ha propri fattori psicologici (es. bimbo molto caparbio) La famiglia del bambino sta nei fattori ambientali Il fatto che il bambino viene al nido fa parte della partecipazione (es. bimbo disabile che viene al nido è una risorsa). IL NIDO È IMPORTANTISSIMO, fa la differenza soprattutto per i bambini con difficoltà. Bisognerebbe rendere le famiglie più consapevoli di questa ricchezza. IL RUOLO DEL CONTESTO L’ambiente di vita ha un impatto significativo sull’esperienza e influenza in maniera positiva o negativa. Favorire il funzionamento di una persona, vuol dire supportare l’integrazione tra l’individuo e il contesto di vita. Supportare l’integrazione significa progettare i facilitatori e rimuovere le barriere. Es: nella progettazione di uno spazio di una bimba ipovedente si provvederà un’organizzazione chiara degli spazi di gioco e si rimuoveranno elementi architettonici che rendono difficile l’accesso al gioco. Anche l’atteggiamento dell’educatrice influenza la qualità dell’esperienza vissuta dal bambino al nido (anche l’educatrice è un fattore ambientale). Avere nel servizio il prodotto “PEI” permette di sostenere i processi di apprendimento e socializzazione facilitando attività e partecipazione (il PEI è un facilitatore). I fattori ambientali devono essere calati su ogni persona perché un fattore positivo può diventare una barriera per un’altra persona per questo, i fattori ambientali possono essere codificati da persona a persona. Per la codifica esistono tre metodologie diverse: codificati da soli, ovvero senza associati a nessuna componente codificati in relazione alla componente a carattere generale, ovvero funzione, strutture corporee, attività e partecipazione codificati per ogni singola categoria delle componenti in relazione al qualificatore di performance, si valuta nell'ambiente attuale di vita dell'individuo, in presenza appunto dei fattori ambientali Intendere l'ambiente intorno a bambini e bambini come un fattore contestuale e facilitante o barrietante, significa proprio agire il modello biopsicosociale e quindi prevedere che tutti questi elementi possano essere modificati o implementati al fine di migliorare il funzionamento e agire sulla qualità di vita delle persone. 10 L’ICF IN CHE AMBITI PUÒ SERVIRE? Livello individuale: viene usato per descrivere il funzionamento dell'individuo, ad esempio per progettare un trattamento. Livello istituzionale: può essere utilizzato per pianificare e sviluppare le risorse umane e ambientali in un servizio. Livello sociale: utilizzato per definire il criterio di idoneità per l'accesso a un percorso o per promuovere in garantire diritti. Livello di economia e della salute: utilizzato per monitorare e definire i costi di un percorso di cura. Può essere d'aiuto per la produzione di statistiche che favoriscono l'inclusività. AGGIUNTA SLIDES: L’ICF-CY (classificazione internazionale del funzionamento delle disabilità e della salute. Versione per bambini e adolescenti) è stata sviluppata per rispondere all’“esigenza di una versione dell’ICF che potesse essere universalmente utilizzata per bambini e adolescenti nei settori della salute, dell’istruzione e dei servizi sociali”. È un valido strumento nell’osservazione sistematica nel nido e nella scuola dell’infanzia per rilevare informazioni descrittive degli aspetti del funzionamento umano dei bambini/e con disabilità durante le attività di gioco e nell’interazione con l’ambiente circostante. L’osservazione del bambino durante il gioco e le attività ludico-educative rappresenta quindi un’operazione di rilievo per conoscere sia il grado di sviluppo psico-affettivo, motorio, intellettivo e sociale dei bambini, sia le loro attitudini, preferenze, bisogni, paure e desideri. È importante poter disporre di strumenti di osservazione per: rilevare la complessità degli elementi che emergono dall’osservazione del gioco, inteso sia come attività del bambino sia come contesto didattico intenzionalmente organizzato, e anche la loro interazione; dare risalto alle potenzialità del contesto per favorire una programmazione educativo- didattica progressivamente inclusiva; diffondere una metodologia condivisa di raccolta delle informazioni all’interno dell’equipe pedagogica affinché si prendano decisioni fondate su principi di corresponsabilità educativa e indirizzate all’inclusione; utilizzare un linguaggio privo di ambiguità che aiuti gli interlocutori (operatori, insegnanti, neuropsichiatri, famiglie ecc.) a confrontarsi all’interno di un terreno comune; consentire di poter disporre di dati quali-quantitativi sulla didattica del gioco per i bambini con disabilità da 0 a 6 anni basati su standard di ricerca qualitativamente elevati che siano omogenei e confrontabili, anche secondo un approccio flessibile ma fortemente rigoroso, a favore di una conoscenza affidabile e spendibile nelle pratiche operative. L’ICF-CY, ritiene che le attività del bambino e la sua partecipazione alla vita scolastica siano l’esito più elevato di apprendimento e di socializzazione, della migliore interazione vissuta. ICF, DIRITTI E INCLUSIONE Nel periodo in cui si è sviluppato l'ICF vi erano due importanti riflessioni: riconoscimento dei diritti umani delle persone con disabilità aumento dei percorsi inclusivi Nel 1993 le Nazioni Unite hanno elaborato il documento “Standard rules on the equalization of opportunities for persons with disabilities” (regole standard) fondato sui concetti di equità di opportunità e uguaglianza dei diritti. Queste regole standard non sono state efficaci perché non erano regole chiare di raccolta dati. 11 Nel 2006 l'Assemblea generale ha approvato la Convention on the Rights of persons with disabilities (CRPD), che è stata approvata da 184 Paesi, Italia compresa. Questi paesi hanno l'obbligo di attuare la Convenzione e di monitorare i progressi. È uguale alle regole standard del ‘93, cioè promuove i diritti delle persone disabili, ma è più efficace perché la sua approvazione ha delle conseguenze dal punto di vista legale: se non lo metto in atto vado contro la legge. È formato da un preambolo e 50 articoli. Nel preambolo la disabilità è un concetto in evoluzione che deriva dall'interazione tra persone e barriere che ostacolano la sua partecipazione. L'art. 1 definisce la persona disabile come coloro che hanno menomazioni a lungo termine e vi sono barriere che ostacolano la loro partecipazione nell'ambiente. Nei primi 4 articoli si tracciano scopi, definizioni, principi e obblighi generali I 27 articoli seguenti in cui si descrivono le aree di vita all'esperienza si dividono in due gruppi: o Nel primo, gli articoli stabiliscono i principi generali di uguaglianza e inclusione o Nel secondo identificano aree di interesse specifiche con l'indicazione di obiettivi da raggiungere, ad esempio se l'area di interesse alla scuola, tutti i bambini con disabilità devono poter partecipare a quest'ultima. L’ICF, con il suo approccio biopsicosociale, contribuisce all'attuazione della politica di tutela dei diritti delle persone con disabilità, definita dalla CRDP. 3 - IL PROGETTO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO PER IL NIDO D’INFANZIA LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA Il termine progetto rimanda a concetti quale gettare in avanti e orientare il pensiero verso mondi possibili. In ambito educativo, progettare significa anticipare gli effetti che si vorrebbero produrre tenendo conto del bambino, del contesto e delle relazioni. Perciò la progettazione educativa è l'esplicazione dell'intenzionalità educativa (nel senso che io spiego la mia intenzione educativa); prevede due aspetti: Definizione degli obiettivi Verifica e valutazione Obiettivi: sono il punto di arrivo di un progetto vanno definiti in modo chiaro si riferiscono alla crescita della persona umana nella sua globalità la progettazione è basata su obiettivi, evidenzia il significato dell'azione professionale sono organizzatori dell'attività educativa e si inseriscono nell'apprendimento complessivo della persona che si costruisce continuamente diventano sempre più specifici e a volte condivisi con il bambino, il bambino ne diventa consapevole I bambini vengono considerati soggetti attivi e collaborano nella progettazione modificando le cose. Gli educatori sono registi e non trasmettitori e si muovono in una relazione co-evolutiva. Nella progettazione educativa vi è una conversazione costante tra educatore e bambino. - l'educatore porta il contesto dell'esperienza, gli obiettivi, i tempi e i materiali - il bambino introduce elementi innovatori e propone spunti che vanno sempre accolti 12 Catarsi e Fortunati dicono: “la pedagogia degli obiettivi consente di coltivare un atteggiamento democratico nei confronti dei bambini”. I bambini partecipano al processo di educazione. Educazione e democrazia sono in rapporto stretto. La democrazia è l'esperienza partecipata e comunicativa che viene espressa. Nel contesto educativo i bambini sono cittadini in formazione, perciò anche se hanno un ruolo importante nell'esperienza educativa democratica, il contesto educativo deve sostenere la loro capacità di stare in questo rapporto. Minore è la loro età, maggiore è la responsabilità dell'adulto di lasciare a loro questo spazio. Secondo Bochicchio la progettazione educativa deve essere: partecipata, ovvero coinvolgere tutti gli attori del servizio flessibile perché adattata a esigenze che sono in evoluzione concreta, ovvero pensata per rispondere a necessità reali adeguata a rispondere ai bisogni, per seguire obiettivi raggiungibili in continuità sia verticale sia orizzontale o verticale, cioè In dialogo con gli altri ordini di educazione o orizzontale, in dialogo con gli altri contesti di vita del bambino. Catarsi e Fortunati affermano inoltre che: la verifica fa vedere elementi oggettivi, cioè concreti tramite delle prove e questi elementi ci permettono di dimostrare di avere acquisito le competenze che ci si era prefissati la valutazione riguarda invece aspetti più qualitativi e sociali dell'apprendimento e dipende dalla soggettività dell'adulto Verifica e valutazione devono integrarsi ed è importante il momento progettuale per la verifica che viene poi perché è quando scegli l'obiettivo che hai chiaro quale sarà la prova di verifica. Gli orientamenti nazionali sottolineano l'importanza della valutazione, ma anche dell’autovalutazione. Non bisogna valutare solo il risultato del bambino, ma anche come ho raggiunto il mio obiettivo. Nel nido la progettazione deriva dal progetto educativo dei singoli servizi che viene fatto annualmente e in cui si descrivono le idee di servizio, di bambini e di famiglia e permettono di identificare la storia, l'identità e la finalità del servizio. La progettazione educativa che è presente in questo libro è articolata in tre parti: scelte a descrizione del tipo di progettazione annuale progettazione periodica, ad esempio mensile valutazione del soggetto, della progettazione e del servizio La progettazione educativa deve tener conto delle linee pedagogiche per il sistema integrato 0-6 e degli orientamenti nazionali promossi dal ministero dell'Istruzione. Nelle linee pedagogiche per il sistema integrato 0-6 si ipotizza la costruzione di un continuum. È un curricolo nazionale, anche se storicamente veniva utilizzato solo in ambito scolastico. L'idea di curricolo unitario può favorire la costruzione della continuità e favorire la risposta ai bisogni di interessi del bambino. La progettazione educativa individualizzata Nasce dal contesto scolastico e ha come finalità il diritto a percorsi educativi didattici individualizzati e flessibili. Permette una piena inclusione ed è un punto di contatto fra l'apprendimento e il bisogno specifico per il bambino con disabilità. Genitori, insegnanti e professionisti insieme agli alunni costruiscono l'equilibrio. Deve essere capace di supportare il bambino nel percorso culturale generale della classe, mantenendo uno sguardo personalizzato al singolo. Il pei deve permettere un continuo dialogo tra il percorso culturale dei coetanei e i bisogni specifici del bambino. 13 Le parti essenziali di una progettazione individualizzata sono: conoscenza e comprensione del funzionamento del minore nei diversi contesti di vita definizione condivisa, inclusiva degli obiettivi di sviluppo e apprendimento definizione di risorse e strategie per raggiungere gli obiettivi definizione del processo di valutazione e del percorso attivato per raggiungere gli obiettivi Nel nido la progettazione individualizzata deve partire dal progetto educativo e deve essere in linea con le linee pedagogiche e gli orientamenti. La progettazione individualizzata è un processo partecipato con più attori, tra cui la famiglia. Spetta agli educatori impostare quella famiglia una relazione di fiducia reciproca in quanto sono portatori di saperi e strumenti professionali. IL PEI: BUSSOLA E SENTIERO DELLA PROGETTAZIONE EDUCATIVA INDIVIDUALIZZATA Il PEI rappresenta il contenitore della progettazione individualizzata, la sua guida e la sua bussola. Nasce in ambito scolastico, ma è applicabile anche al nido. Ha lo scopo di costruire un punto di contatto tra le esperienze di apprendimento generale e i bisogni specifici dove agevolare la partecipazione al curricolo. Funge da cerniera con il curricolo! Non deve essere il meccanismo di marginalizzazione perché guarda sia gli apprendimenti sia alla partecipazione sociale, ma con un'attenzione specifica al bambino con disabilità. È un documento programmatico in cui viene descritto e organizzato l'intervento didattico con una metodologia chiara, è basato sul funzionamento del soggetto con disabilità che permette la realizzazione del diritto all'educazione e all'istruzione. Viene introdotto per la prima volta in Italia con il decreto 66/2017, modificato poi nel 2019. Questi due decreti sono detti anche “Legge della buona scuola”. Il decreto interministeriale 182/2020 presenta il nuovo modello PEI in cui il nido è escluso, ma molti ritengono che sia utile utilizzare lo stesso modello anche al nido. IL PEI SU BASE ICF È importante che il PEI sia costruito sulla base ICF, perché la visione bio-psico-sociale dei fattori contestuali interni ed esterni alla persona permettono una comprensione più completa del funzionamento del bambino. Alla fine, si è rinunciato a un modello PEI basato sulla ICF per continuità. La descrizione dell'alunno viene eseguita secondo la tradizionale analisi delle quattro dimensioni: Dimensione relazionale dell'interazione e della socializzazione Un'invenzione della comunicazione del linguaggio Dimensione dell'autonomia e dell'orientamento Dimensione cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento Il pei come volano sul progetto di vita Il PEI deve far parte del progetto di vita della persona con disabilità, cioè entrare in comunicazione con i contesti di vita. Dovrebbe stimolare la predisposizione concreta del progetto individuale a unire i diversi programmi e finalizzare gli obiettivi per l'individuo. Ad esempio, è stato istituito il gruppo di lavoro operativo (GLO), una riunione in cui tutte le persone coinvolte nel piano individuale si confrontano sull'andamento degli obiettivi e cercano di costruire una progettazione che parla della scuola ma abbraccia una rete di relazioni e di occasioni di partecipazione che riguarda tutta la vita del bambino. Il PEI deve avere uno sguardo nel qui ed ora, ma anche deve essere capace di aprire degli spazi di progettazione per i percorsi scolastici futuri. 14 Il PEI come strumento di progettualità condivisa Devi avere una progettualità condivisa e verifica dal gruppo docenti e anche tutti gli attori del GLO. Il PEI potrebbe essere veramente un punto di contatto tra servizi, scuola e famiglia. Vi è un ruolo centrale della famiglia che partecipa attivamente alla stesura del PEI portando visioni significative extrascolastiche sulla persona, in quanto ha una conoscenza profonda del bambino con disabilità. Nella scuola secondaria di secondo grado vi è la partecipazione attiva dello stesso studente con disabilità, affinché il loro ruolo nella relazione del PEI possa diventare il più possibile autentico. L'individualizzazione e l'accomodamento ragionevole “Accomodamento ragionevole”, art. 2 della Convenzione: è un insieme di modifiche, adattamenti necessari e appropriati che non impongono un onere sproporzionato ed eccessivo e vengono adottati solo se vi è necessità per garantire alla persona con disabilità il godimento di tutti i diritti e della libertà. Ricerca di un adeguato equilibrio nell'introdurre adattamenti e strumenti speciali per quando è necessari per lo sviluppo del bambino. Il PEI non si chiude a una dimensione individuale, ma si apre al contesto. IL PEI ALL'INTERNO DI UN SISTEMA INCLUSIVO È collegato ad altri due documenti: Profilo di funzionamento: PF Progetto individuale: PI La progettualità deve essere globale, deve coinvolgere tutti i servizi. Il profilo di funzionamento Nel decreto legislativo 66/2017 e 96/2019 viene introdotta l'elaborazione del PF secondo il modello ICF. Il PF viene fatto all'ingresso del bambino nella scuola oppure quando viene certificata una disabilità. Il documento deve contenere la descrizione dell'alunno secondo l'approccio bio-psico- sociale, e individuare anche i fattori che costituiscono facilitatori o barriere. Il PF deve essere fatto dall'unità di valutazione multidisciplinare, UVM, In cui deve esserci la partecipazione della famiglia, coloro che hanno in carico il bambino con disabilità, nonché un rappresentante della scuola. L’UVM è composta da medico specialista, neuropsichiatra, terapista della riabilitazione, assistente sociale e rappresentante dell'ente locale. Il PF sostituisce la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionale. Nel PF viene scritta la tipologia delle misure di sostegno e delle risorse che permettono l'inclusione. Ad esempio, il numero di ore dell'insegnante di sostegno. Il PF è un documento che permette poi l'elaborazione del PEIe del progetto di vita. Ha come obiettivo la conoscenza più estesa e la comprensione più completa dell'alunno, approfondendo la situazione globale della persona e dei suoi contesti di vita, conoscendo i suoi punti di forza e debolezza, ciò che lo facilita e ciò che lo ostacola. Deve essere funzionale alla realizzazione concreta e quotidiana delle attività didattiche educative. Progetto individuale Il PI ha come scopo di realizzare l'inclusione delle persone con disabilità nella vita familiare e sociale, a scuola e al loro lavoro e comprende: PF Prestazione di cura e riabilitazione dell'asl PEI Servizi alla persona del Comune Misure economiche Potenzialità e eventuali sostegni per il nucleo familiare 15 Comprende la progettazione dei servizi a cui provvede il comune ed è importante il raccordo tra PEI e PI per l'inclusione del bambino con disabilità. L'introduzione dell’ICF ha permesso di supportare la progettazione scolastica inclusiva e di far assumere a tutti i documenti un modo di lavorare dinamico che permette la progettazione anche oltre il termine scolastico in prospettiva del progetto di vita della persona con disabilità. Il PI viene elaborato dal Comune di residenza sulla base del PF in intesa con la Asl e viene fatto su richiesta e collaborazione dei genitori. Devono essere chiare le indicazioni di raccordo tra il PEI e il PI che permettano anche la partecipazione di azioni esterne alla scuola, coordinate dall'ente locale, che favoriscano la partecipazione alla vita sociale. Sarebbe importante che i rappresentanti del comune partecipasse al GLO come membro effettivo. 4 - PROGETTARE CON IL PEI Il PEI si presenta in 4 versioni in base all'ordine di scuola. Nella prima parte del PEI ci sono i dati e la diagnosi del bambino poi le 4 dimensioni (osservazione) Questo serve per definire gli obiettivi della progettazione Definisce gli interventi con le strategie, gli strumenti e le modalità sia educative che didattiche Il PEI è un documento dinamico, nel senso che durante il percorso scolastico può cambiare. È fatto in modo da permettere la continuità tra i diversi gradi di scuola. Per questa continuità sarebbe interessante averla già dal nido. L’ORGANIZZAZIONE DEL PEI È formato da una parte introduttiva seguita da 12 sezioni successive Prima parte: identifica il bambino e il servizio a cui partecipa, le date dell'accertamento e della condizione di disabilità, il PF, i vari momenti progettuali. Poi elenca il gruppo di lavoro operativo che parteciperà al GLO con il loro ruolo L'equipe multidisciplinare del nido deve essere composta da: Personale del nido Famiglia Specialisti e terapisti dell'ASL Figure di supporto Specialisti privati Comune SEZIONI DEDICATE ALLA DESCRIZIONE DEL FUNZIONAMENTO Sezione 1: Quadro informativo → situazione familiare Sezione 2: Elementi del PF → sintesi di quanto emerge dai documenti diagnostici Sezione 3: Raccordo con il PI Sezione 4: Osservazione fatta dal team sulle 4 dimensioni Sezione 5: Obiettivi e interventi sulle 4 dimensioni Sezione 6: Osservazioni sul contesto, le barriere e facilitatori SEZIONE 1: QUADRO INFORMATIVO Serve per descrivere il bambino e la situazione familiare e deve essere fatta dalla famiglia. Questa raccolta di informazioni è molto importante perché aiuta a individuare i punti di forza e di criticità che potrebbero essere diversi da quelli individuati dal PF. 16 La presenza di fratelli, di parenti ecc. e le dinamiche familiari sono importanti per realizzare il Quadro delle risorse del nucleo familiare. Sarebbe meglio proporre alla famiglia la raccolta delle informazioni in base al modello bio-psico-sociale. A tal proposito è essenziale individuare una figura di riferimento per raccogliere queste informazioni tramite un’intervista semi-strutturata o un questionario. Esempi di domande: Quali sono le attività in cui il bambino riesce meglio? C’è qualcosa che il bambino chiede di fare o di avere? Chi abita con il bambino? Cosa fa a casa sua, dei nonni, degli amici ecc..? Ci sono elementi che rappresentano per lui un ostacolo? SEZIONE 2: ELEMENTI GENERALI DESUNTI DAL PF La sezione 2 è fatta dal GLO ed è riferita alla sintesi dei dati clinici che vengono elaborati dall'UVM (al nido spesso non si ha a disposizione il documento diagnostico perché il PF viene fatto dalla scuola dell'infanzia). Per compilare questa parte l'equipe deve prendere visione del PF (se c'è) oppure della Diagnosi Funzionale o Piano Dinamico Funzionale, poi deve riportare in modo sintetico gli elementi che caratterizzano il bambino considerando in particolare le 4 dimensioni che poi saranno dettagliate successivamente. Nella seconda parte della Sezione 2 si deve segnalare se nelle fasi successive verranno considerate o meno le 4 dimensioni. SEZIONE 4: OSSERVAZIONI SUL BAMBINO PER PROGETTARE GLI INTERVENTI DI SOSTEGNO DIDATTICO Questa sezione è fondamentale per trovare punti di forza e criticità del bambino. Sono le osservazioni condotte dal gruppo educativo e dovrebbero essere presenti anche nel PEl dedicato al nido. Le 4 dimensioni: → Dimensione A = dimensione della relazione, della interazione e della socializzazione; ne ha 2 tipi: 1. Sfera affettivo relazionale (area del sé, variabili emotivo-affettive, motivazione verso la relazione e l'apprendimento) 2. Sfera dei rapporti sociali con gli altri - gruppo dei pari, adulti - (si osserva la capacità di rispettare le regole, la capacità di giocare, di lavorare, di studiare con gli altri, di condividere l'impegno, i tempi e i risultati con gli altri) → Dimensione B = dimensione della comunicazione e del linguaggio (competenza linguistica intesa come comprensione del linguaggio orale, produzione verbale, uso comunicativo del linguaggio verbale, utilizzo di linguaggi alternativi). È legata alla dimensione A → Dimensione C = dimensione dell'autonomia e dell'orientamento. Si considera l'autonomia della persona e anche l'autonomia sociale (legata agli altri), le dimensioni motorio-prassica (motricità globale, motricità fini) e la dimensione sensoriale (funzionalità visiva, uditiva e tattile). Ha aspetti molto approfonditi nell'ICF perché riguardano l'esecuzione del compito e la routine. → Dimensione D = dimensione cognitiva, neuropsicologica e dell'apprendimento Si guarda la capacità di memoria, la capacità intellettiva, della dimensione spazio-temporale, il livello di sviluppo raggiunto nelle strategie utilizzate per risolvere un compito stile cognitivo, competenze di lettura, scrittura, calcolo, comprensione dei testi ecc. Anche le funzioni cognitive e di apprendimento sono legate alle altre dimensioni e lo sguardo dell'osservatore deve essere preciso e attento ai punti di forza e alla criticità del bambino. Alla fine della Sezione 4 vi è uno spazio per la revisione dell'osservazione (il funzionamento del bambino può anche cambiare). 17 L’osservazione è molto importante nella progettazione educativa perché mette in evidenzia i punti di forza su cui puoi costruire gli interventi educativi. L’osservazione si potrebbe basare su 2 interventi: 1. Osservazione non strutturata con utilizzo del diario di bordo 2. Osservazione strutturata a seguito di una prima osservazione generale che focalizza l'attenzione su alcuni elementi soltanto Osservazione al nido: la proposta dell’observation-project Osservazione = guardare con occhio attento, atteggiamento critico e scientifico un comportamento per poter acquisire delle conoscenze. Nell'osservazione, lo strumento è l’uomo → a secondo dell'approccio metodologico la soggettività può essere un limite o una fonte di ricchezza. Nel 2017, Anne Marie Fontaine ha proposto una modalità operativa per svolgere un progetto osservativo al nido (Observation-project) formata da 4 fasi: 1. Formulazione di una domanda di osservazione 2. Scelta degli indicatori comportamentali o contestuali che vanno rilevati Questi indicatori sono influenzati dal bagaglio di ogni educatrice ed è importante che gli educatori si rendano consapevoli dei filtri con cui interpretano i comportamenti dei bambini perché l'osservazione è condizionata dall'attribuire un senso al comportamento del soggetto ma questo senso è legato al modo con cui viene guardato. Per evitare questo è utile usare degli strumenti osservativi già pubblicati e standardizzati (es. tabelle già pronte) 3. Organizzazione del modo in cui l'osservazione sarà svolta: chi osserva? Quando? Quanto? 4. Analisi dei dati raccolti e la loro interpretazione SEZIONE 6: OSSERVAZIONI SUL CONTESTO – BARRIERE E FACILITATORI L'osservazione del contesto va effettuata tenendo conto della prospettiva bio-psico-sociale dell'ICF. Questo per identificare barriere e facilitatori che ci servono per realizzare gli interventi educativi. Vengono elencati i Fattori ambientali descritti per capitoli nell'ICF (pag. 68 ICF): 1. Prodotti e tecnologia 2. Ambiente naturale e cambiamenti ambientali 3. Relazioni e sostegno sociale 4. Atteggiamenti 5. Servizi e sistemi politiche I fattori ambientali si dividono in contestuali e personali: Fattori personali: sesso, età, razza, stili di vita, abitudine, istruzione I fattori ambientali sono: Barriere = quando sono elementi di rimuovere Facilitatori = quando sono elementi da inserire o da valorizzare nel progetto educativo per creare un ambiente inclusivo Alcuni fattori possono essere barriera o facilitatori a secondo della situazione. Nelle linee guida per il PEI si analizzano 3 cose: 1. Ambiente fisico e fattori legati a prodotti e tecnologie 2. Ambiente sociale 3. Atteggiamenti È più facile individuare facilitatori e barriere di tipo fisico (barriere architettoniche, carenze di tecnologie, locale rumoroso o piccolo), è più difficile l'osservazione di elementi facilitanti o barrieranti del contesto sociale (relazione con le educatrici, relazione con il gruppo dei pari). Rispetto agli atteggiamenti, è importante considerare i facilitatori che promuovono l'inclusione del bambino. 18 L'individuazione della barriera serve per pianificare l'intervento volto a eliminare la barriera o a ridurre il suo impatto negativo, per fare questo spesso serve l'inserimento dei facilitatori. L'osservazione dovrebbe considerare il contesto in maniera globale valutando l'ambiente fisico, organizzativo, relazionale e educativo. Per osservare l'influenza del contesto sul funzionamento del bambino, ci sono strumenti già predisposti. Il TUET è uno strumento che permette la valutazione dell'usabilità dei materiali di gioco per i bambini con disabilità visiva, uditiva e motoria agli arti superiori. La voce dei bambini e delle bambine Nel PEI manca uno spazio per accogliere la voce dei bambini nei vari gradi scolastici (c'è l'autodeterminazione nei gradi più alti). È importante coltivare nel corso dello sviluppo la capacità del bambino di autodeterminarsi, ad esempio: quando sono piccoli esprimono desideri e preferenze e il contesto può attraverso la scelta dargli la possibilità di esprimersi. L'altra cosa è che gli educatori osservino il bambino nella sua individualità in modo da esprimere quello che lui non è ancora in grado di fare. Sarebbe perciò utile che anche al nido ci sia una sezione del PEI dedicata a questa funzione. L'autodeterminazione nello 0-3 Early Childhood Foundations Model for Self-Determination indica gli elementi che facilitano lo sviluppo dell'autodeterminazione dei bambini piccoli con disabilità: 1. Opportunità di esprimere o fare scelte e di impegnarsi per risolvere semplici problemi 2. L'autoregolazione 3. L'impegno Questi sono interattivi e non separati, il compito degli operatori è quello di individuare questi elementi fondamentali in modo che tutti possano fornire un supporto e un sostegno. È importante la collaborazione tra famiglia e professionisti, insieme possono aiutare il bambino a: autoregolare le proprie attività → es. auto calmarsi, risolvere semplici disaccordi; nell'essere in grado di fare scelte semplici→ scegliere una cosa o un'altra a seconda del risultato che si vuole ottenere impegnarsi in alcune risoluzioni di problemi e di prendere alcune decisioni LE SEZIONI DEDICATE ALL’INTERVENTO Le sezioni 5, 7 e 8 riguardano l’inclusione e il coinvolgimento attivo di ogni bambino attraverso una: didattica adattiva apprendimento universale valutazione formativa e inclusiva La progettualità dovrebbe permettere l'attenzione ai bisogni specifici perché il bambino si senta accolto e possa imparare ma deve permettere anche che il bambino si adatti all'ambiente sociale ed educativo di riferimento (al gruppo classe). Il gruppo classe deve avere uno spazio ampio, variegato e universale in cui non sempre bisogna adottare strategie e strumenti speciali (per il bambino) ma inserirlo in una classe in cui il lavoro è stato strutturato, pensato e organizzato per tutti perché quello che è indispensabile per qualcuno può divenire vantaggioso per l'intera sezione → es. c'è un bambino con disabilità motoria e si decide di far fare alla classe lezioni di psicomotricità per tutti. SEZIONE 5: INTERVENTI PER IL BAMBINO – OBIETTIVI EDUCATIVI E DIDATTICI, STRUMENTI, STRATEGIE E MODALITÀ Nella sezione 5 del PEI si chiede di definire in modo dettagliato: l'organizzazione della progettualità specificando obiettivi ed esiti attesi interventi educativi e metodologici → descrivendo le attività, le strategie e gli strumenti la verifica → spiegando i metodi, criteri e gli strumenti utilizzati essendo il PEI un documento "in divenire", nella sezione 5 è prevista una revisione degli obiettivi o perché sono stati cambiati o perché sono stati raggiunti. 19 La scrittura degli obiettivi È uno degli aspetti più difficili della progettazione, perché da qui parte la realizzazione delle attività. La progettazione è un processo fluido e flessibile, che tiene conto del cambiamento e dell'evoluzione del funzionamento del bambino; perciò, gli obiettivi vengono rimodulati e riprogrammati. Devono comunque essere molto chiari. Quando si parla di obiettivi si fa riferimento alla crescita umana della persona, nella sua globalità. Gli obiettivi possono essere generali e specifici: Generali = definiscono in termini generali ma sono operativi (risultato verso il quale si vorrebbe portare il bambino alla fine dell'anno) Specifici = hanno un maggior dettaglio e devono essere operazionalizzati Esempio: obiettivo generale è rispettare le regole, obiettivo specifico è alzare la mano per parlare Caratteristiche degli obiettivi: Precisione = indicazione chiara del cambiamento che si vuole raggiungere Realizzabilità = il cambiamento dev'essere realmente ottenibile Misurabilità = ogni obiettivo deve contenere l'indicazione operativa di quando si possa dire di averlo raggiunto La valutazione va fatta in un'ottica di miglioramento e non delle criticità. SEZIONE 7: INTERVENTI SUL CONTESTO PER REALIZZARE UN AMBIENTE DI APPRENDIMENTO INCLUSIVO È una sezione dedicata alla progettazione dell'intervento per il contesto. Nell'ottica ICF la partecipazione alle attività dipende dal contesto, perciò la progettazione educativa individualizzata deve agire anche sul contesto potenziando i facilitatori e riducendo le barriere per promuovere la partecipazione del bambino. Intervenire sul contest significa organizzarlo e strutturarlo. In questa sezione, sarebbe meglio progettare sia per la persona sia per il contesto, per adottare una modalità ICF. Le Linee guida del PEl ci suggeriscono di individuare non solo dei facilitatori individuali per la persona con disabilità ma anche facilitatori universali, cioè che vanno bene per tutti. Universal Design for Learning (UDL) Nell'UDL i principi della progettazione universale sono state introdotte per la prima volta nel campo dell'architettura, per favorire la progettazione di spazi fisici adeguati a tutte le persone. Per Universal Design (UD) si intende la progettazione di prodotti e ambienti utilizzabili da tutte le persone senza la necessità di adattarle per i disabili. Anche se l'UDL si concentra sull'educazione primaria e sull'istruzione secondaria, potrebbe sostenere anche maggiori possibilità educative anche nell'asilo nido (nell’ECEC). L'UDL applicato all'ECEC implica la progettazione di un curricolo e dei relativi percorsi applicativi in cui tutte le bambine e i bambini, intesi come soggetti protagonisti da sostenere e valorizzare individualmente, possano accedere e impegnarsi in tutte le opportunità di apprendimento, imparare attraverso attività comuni e flessibili e dimostrare il proprio apprendimento attraverso molteplici modalità. I principi dell'UDL sono chiaramente applicabili anche all'ECEC: essi possono guidare i professionisti nella progettazione di percorsi e attività in cui tutti i soggetti abbiano pieno ed equo accesso all'apprendimento e alle opportunità sociali. Un elemento caratterizzante l'UDL è relativo al ridirezionare i processi educativi di insegnamento a partire dalle seguenti traiettorie: le differenze di apprendimento si verificano a tutti i livelli; quindi, è meglio rappresentarle come un continuum invece che organizzarle in categorie; 20 bambine e bambini con disabilità rientrano in questo continuum di apprendimento e non costituiscono una categoria separata; educatrici ed educatori devono adattarsi alle differenze di apprendimento di tutti gli individui, non solo di quelli con disabilità; piuttosto che seguire un curricolo prestabilito, educatrici ed educatori dovrebbero garantire la flessibilità necessaria affinché tutte le differenze siano considerate; le attività e i materiali previsti dovrebbero essere vari e diversificati e non essere presentati attraverso un'unica modalità di utilizzo. L'UDL per essere applicato all'ECEC dovrebbe dunque procedere lungo questi principi: 1. riconoscere che un approccio educativo «a taglia unica» non funziona; 2. comprendere la necessità di progettare curricoli per soddisfare le esigenze di tutte le bambine e i bambini; 3. dichiarare che tutti coloro che sono iscritti ai servizi per la prima infanzia avranno successo nel loro sviluppo e nel loro percorso di apprendimento. SEZIONE 8: INTERVENTO SUL PERCORSO CURRICOLARE In questa parte sono descritti gli interventi per una programmazione didattica personalizzata, che però sappia agganciarsi al curricolo della classe. Anche qui vi è la revisione e la verifica. Anche in questo caso, la verifica è la valutazione dell'efficacia dell'intervento del contesto e non solo agli obiettivi specifici del bambino, ovvero quanto sono stati efficaci gli interventi, le strategie e gli strumenti utilizzati per consentire la partecipazione della bambina e par far sì che l'ambiente di apprendimento sia stato inclusivo. La compilazione della sezione al nido può risultare più difficile perché il curricolo 0-3 anni è diverso dalle scuole degli altri gradi, che sono organizzate in campi di esperienza e in ambiti disciplinari. È richiesto di esplicitare in raccordo tra: percorso della sezione progettazione individualizzata Nella sezione 8 vengono specificati i momenti individualizzati fuori dalla sezione SEZIONE 9: ORGANIZZAZIONE GENERALE DEL PROGETTO DI INCLUSIONE E UTILIZZO DELLE RISORSE Nella sezione 9 si deve spiegare l'organizzazione del progetto di inclusione: Come vengono utilizzate le risorse assegnate o disponibili Quale altre figure professionali ci sono La sezione 9 include: o tabella con orario settimanale o frequenza del bambino o quando vi sarà l'insegante di sostegno o l'educatrice o altre figure o se vi è un orario ridotto e perché o quanto sta il bambino fuori dall'aula da solo o interventi specifici e con quali professionisti Segue una sezione dedicata a interventi e attività extrascolastiche attive (nel nido si parla di extra servizio), cioè attività che fuori dal servizio posso interagire in modo diretto o indiretto all'inclusione. Questi possono essere formali (es. va dalla logopedista) che informali (es. va in oratorio). Anche per queste attività è importante indicare gli obiettivi e la relazione con la progettazione del PEI. Infine, anche qui c'è la revisione. 21 SEZIONE DEDICATA ALLA VALUTAZIONE SEZIONE 11: VERIFICA FINALE/PROPOSTE PER LE RISORSE PROFESSIONALI DI SUPPORTO NECESSARI Questa parte viene fatta alla scuola dell'infanzia durante l'ultima riunione del GLO (fine anno scolastico). Anche al nido, sarebbe importante un incontro finale di valutazione fatto dall'equipe multidisciplinare. Questa sezione è la verifica finale del PEI, vengono descritti gli interventi necessari per garantire il diritto allo studio e alla frequenza per l'anno successivo → prospettiva per il futuro. In questa parte 11 vi è la verifica riassuntiva della sezione 5, della sezione 7 e della sezione 8 in un'ottica di visione sintetica e d'insieme. La valutazione va fatta sull'efficacia dell'intervento e non solo sul raggiungimento dell'obiettivo previsto per il bambino! La revisione deve essere condivisa da tutti, anche le modifiche devono essere accettate e concordate da tutti (quindi, anche mediate e negoziate). SEZIONE DEDICATA ALLA PROSPETTICA SEZIONE 3: RACCORDO CON IL PROGETTO INDIVIDUALE È formata da 2 parti: 1. sintesi del Progetto Individuale (PI) 2. raccordo con il PEI Se non vi è ancora il progetto individuale vi devono essere le indicazioni che il PEl può suggerire per la stesura del PI. Progetto di vita al nido La stesura del PEI al nido può coincidere con il progetto di vita globale perché è ancora centrale l'attenzione dello sviluppo dell'intera personalità del bambino e si può mantenere l'attenzione tra l'interazione delle maturazioni cognitive, motorie e socio-emotive. Si può elaborare progetti con obiettivi legati al tempo presente ma che in realtà abbracciano obiettivi più ampi che si muovono in un'ottica di progetto di vita (es. obiettivo di adesso sto in piedi, obiettivo a lungo termine so camminare e sono indipendente per andare al lavoro). SEZIONE 12: PEI PROVVISORIO PER L’ANNO SCOLASTICO SUCCESSIVO Il PEl è provvisorio per l'anno scolastico successivo. È richiesto di indicare il grado (assente, lieve, medio, elevato, molto elevato) di difficoltà per ciascuna dimensione, tenendo conto dei fattori di contesto. La seconda parte richiede di identificare il tipo di assistenza che sarà necessaria l'anno prossimo per l'igiene, gli spostamenti, la mensa, l'assistenza specialistica nell'area della comunicazione, nell'educazione o nell'autonomia. L'equipe educativa deve indicare se saranno necessari l'anno prossimo arredi speciali, ausili didattici o informatici. Il PEI provvisorio è importante per i bambini che entrano per la prima volta a scuola o quelli che sono stati certificati durante l'anno. La finalità è quella di individuare entro il mese di giugno le risorse necessarie per favorire l'inclusione all'anno successivo. 22