L’EDUCAZIONE SOCIALE (S. Tramma) PDF
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Summary
Questo documento esplora l'educazione sociale, definendola non solo come processi formali, ma come ogni tipo di apprendimento in contesti storici e sociali specifici. L'analisi considera diverse fonti, tra cui la storia del costume e la narrativa, per comprendere le trasformazioni dell'educazione sociale nei decenni recenti. Si pone attenzione al territorio e alle sue influenze.Il focus è sull'universalità e la specificità dell'educazione.
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# L’EDUCAZIONE SOCIALE (S. Tramma) - L'educazione non può essere considerata tale solo quando è connessa a processi che raggiungono, o intendono raggiungere, alcuni esiti di apprendimento ritenuti positivi e auspicabili in un dato contesto storico. - Educazione è tutto ciò che produce apprendimento...
# L’EDUCAZIONE SOCIALE (S. Tramma) - L'educazione non può essere considerata tale solo quando è connessa a processi che raggiungono, o intendono raggiungere, alcuni esiti di apprendimento ritenuti positivi e auspicabili in un dato contesto storico. - Educazione è tutto ciò che produce apprendimento, in termini di acquisizione, scoperta, trasformazione e produzione di saperi, atteggiamenti, comportamenti, valori, e ciò a prescindere dall'auspicabilità individuale o sociale di quegli stessi apprendimenti. - Esiste un'educazione definibile informale/sociale/ diffusa nella quale sono compresi: gli aspetti informali delle esperienze formali e universalmente riconosciute come educative, i mezzi di comunicazione di massa, i gruppi dei pari, le associazioni, le Chiese, ecc.; inoltre l'educazione sociale comprende l'assetto urbanistico e l'organizzazione territoriale dei quartieri, le migrazioni, le trasformazioni dei ruoli connessi alle appartenenze di genere, le trasformazioni del lavoro, il web, la comunicazione politica, il "galateo" informale, ecc. ## 1. L'educazione è dappertutto - A prescindere dal senso e dalle funzioni che le vengono attribuite, l'educazione ha due dimensioni, quella universale e quella particolare. - Per quanto riguarda la sua dimensione universale, l'educazione è sempre riconducibile all'apprendimento di qualcosa che, per quanto riguarda la sua dimensione particolare, è collocato in un certo tempo e in un certo luogo, quindi con obiettivi, didattiche, intenzioni, modi, luoghi, soggetti coinvolti, contraddizioni storicamente situati. - Tutto ciò prescinde dal tema della valutazione e del giudizio di non auspicabilità esprimibile nei confronti degli obiettivi, dei contenuti e delle modalità di apprendimento. - Infatti, bisogna considerare educative anche quelle esperienze che producono apprendimenti considerati non virtuosi e socialmente non compatibili. - Secondo una definizione più ampia, educazione sociale è l'insieme dei processi educativi che coinvolgono gli individui, gruppi e collettività per tutta la durata della loro esistenza, un insieme al cui interno sono presenti e interagiscono esperienze con forti connotazioni di formalità e intenzionalità, e altre esperienze con intenti educativi meno espliciti, consapevoli e dichiarati. - Secondo una definizione più circoscritta, l'educazione sociale viene fatta coincidere con l'educazione informale, ossia quella che, a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana, con l'educazione diffusa, con quella comunitaria e con quella extrascolastica. - L'educazione non è riconducibile totalmente alle due esperienze considerate fondamentali, la scuola e la famiglia, poiché esse costituiscono solo in parte a costruire le storie formative dei soggetti a cui si rivolgono. - Una parte rilevante dello scenario generale di apprendimento degli individui è costituita dalle esperienze educative non ufficiali, informali e comunitarie (sistemi relazionali con esiti apprenditivi tra soggetti stabilmente residenti in un territorio limitato e legati da vincoli reciproci). - L'educazione sociale agisce poiché fornisce ai soggetti coinvolti in qualità di educatori o educandi alcuni saperi e competenze strutturali di base che interagiscono con quelli formalmente loro assegnati, per quanto riguarda sia l'essere formatori, sia l'essere formandi. ## 1.1 il tempo e il luogo - Il piano d'analisi. L'esperienza educativa può essere osservata e analizzata ponendosi a distanze diverse. - Lo sguardo pedagogico-sociale è grandangolare, cioè esamina e commenta i processi educativi tentano di collocarli all'interno di uno scenario sufficientemente ampio per cogliere le ricadute sulle vite delle persone, che è quello del territorio. - Il territorio è il luogo dove i processi di urbanizzazione, industrializzazione, globalizzazione, ecc. diventano vita concreta delle persone e anche il piano dove questi processi assumono una forma riconoscibile. - Le fonti e gli sguardi. Per tentare di analizzare le caratteristiche e le trasformazioni dell'educazione sociale in questi ultimi decenni è necessario far ricorso a diverse fonti e a diversi sguardi disciplinari. - In primo luogo, si fa ricorso alle fonti storiche, ossia alle storie generali del costume, del rapporto tra i generi, delle buone maniere, della produzione, del lavoro, ecc. - Inoltre, ci si rivolge alla narrativa intesa come reportage biografico e autobiografico, valorizzandone la capacità di analisi dei vissuti e la capacità degli autori e delle opere di sintetizzare efficacemente e rendere possibile la descrizione e la comprensione di un periodo, un clima, un fatto, un ambiente. (es. si comprende molto della shoah dal Diario di Anna Frank). - Oltre alle precedenti, le fonti sono costituite da ricerche in ambito sociologico e psicologico, che consentono di individuare le componenti pedagogiche e educative, esplicite e latenti, degli assetti e dei fatti sociali. - Ci si rivolge anche alla storia della pedagogia e dell'educazione, soprattutto in quelle componenti più attente alla dimensione sociale delle idee, delle istituzioni e dei fatti dell'educare. - Periodi e periodizzazione. II tentativo di ricostruire parzialmente i processi che hanno portato l'educazione sociale ad essere quella che oggi è non comporta l'individuazione di periodi storici collocati in sequenza o nettamente distinti, caratterizzati da elementi originali e da linee di continuità che attraversano i vari periodi. L'impresa sarebbe sia impossibile per la quantità di materiale che dovrebbe essere rintracciato che inopportuna. - È ## 2. La "grande trasformazione" dal dopoguerra alla società dei consumi - "Fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani", è una frase che viene spesso ripetuta per indicare la necessità di creare consenso nazionale attorno a processi trasformativi stimolati da una minoranza o di favorire il sorgere di una adesione sufficiente ad accettare qualche cambiamento di ordine politico, culturale, organizzativo o tecnico. - Alle sue origini, questa frase indica il processo di unificazione nazionale, il quale ha reso necessario un programma educativo di massa e di lungo periodo per fare in modo che le persone aderissero a tale progetto e al nuovo status quo politico- istituzionale e culturale. - Molte volte, dall'unificazione in poi, si è sentita la necessità di formare gli italiani attraverso azioni educative consapevoli e intenzionali, talvolta dotate anche di progettualità pedagogica dichiarata e visibile: dall'unificazione alla Grande Guerra, dopo il "biennio rosso", durante la dittatura fascista. - Nell'immediato dopoguerra e durante la Resistenza, si attiva una fase di disordine educativo-sociale nella quale interagiscono più soggetti, intenzioni, esperienze, in cui nessuna istituzione o organizzazione possa esercitare un'egemonia culturale e educativa sulla società. Da questo periodo in poi si dissolve progressivamente la pensabilità di un progetto educativo generale e si attivano progetti educativi di massa attuati da diversi soggetti promotori, tra cui l'associazionismo a carattere politico e sindacale indipendente dal potere statale. - Dopo il ventennio fascista e la guerra si è trattato non solo di formare dei cittadini con un sufficiente senso di appartenenza a una nazione diversa da quella precedente, ma di ri-formare tali cittadini attraverso una serie di azioni che li indirizzasse verso un modello di cittadinanza moderatamente democratica. - A questo proposito la Costituzione della Repubblica ha assunto una grande importanza. La Costituzione, oltre ad essere la legge fondamentale dello stato, è un progetto politico di lungo periodo che scaturisce dai conflitti e dalle mediazioni delle forze politiche e culturali che avevano combattuto il fascismo, ed è anche un manifesto educativo che indica quali valori e comportamenti debbano essere appresi dagli italiani. - Un progetto educativo importante, diffuso principalmente attraverso la scuola, e affiancato da altri progetti educativi palesi, dotati di una certa intenzionalità, come quello della Chiesa e quello delle organizzazioni socialiste e comuniste di massa. ## 2.1 Rifare gli italiani - Si è trattato di un'educazione alla modernità, che ha però riscontrato delle resistenze tanto da parte di organizzazioni tradizionali, come la Chiesa cattolica, quanto da parte di organizzazioni più recente, come quelle di sinistra, che criticavano i primi cenni di americanizzazione. - Il diritto di voto alle donne. Un importante cambiamento del primo periodo post- bellico è stato l'acquisizione del diritto di voto per le donne. - A partire dall'estensione dello Statuto albertino al nuovo Regno d'Italia, c'è stato un progressivo allargamento del diritto di voto, fino ad arrivare nel 1918 a riconoscerlo a tutti i cittadini maschi di età superiore ai 21 anni o che avessero prestato servizio militare durante la guerra. - Per le donne bisognerà attendere la fine del gennaio 1945, con il riconoscimento legislativo, e il 1946, prima con le amministrative e poi con il referendum istituzionale, per poterlo praticare. - L'importanza dell'acquisizione del diritto di voto delle donne sta in quanto possa essersi rivelata educativa l'esclusione prima e l'inclusione poi nella partecipazione alle elezioni. Non trascurabile è il valore educativo della persistenza dello status quo, di quell'esistente che conferma se stesso, il proprio senso e la propria validità per il solo fatto di esistere, così come il valore educativo di qualcosa che costituisce la rottura di una normalità autolegittimante, che produce una nuova normalità di segno opposto, un nuovo status quo educativo. - Nel caso del diritto di voto alle donne sono riconoscibili più fasi educative: una fase dell'esistente che educa sé stesso solo per il fatto di esistere, una fase di crisi in cui l'esistente è messo in discussione da stimoli che superano la soglia della compatibilità, e una fase dell'innovazione che genera in una successiva fase una nuova normalità. ## 2.2. La grande trasformazione - Gli anni Cinquanta-Settanta si verifica una grande mutazione, veloce e universale. - Sul piano pedagogico, si tratta di una trasformazione educativa in grado di generare consapevolezza(sapere) e modalità di conoscenza (competenze) su se stessa. In quel periodo diventano accettabili cose che erano state proibite dalla legge, dalla religione, dalla morale corrente, dalle convinzioni sociali e dall'esperienza dei vicini e dei conoscenti. Sono movimenti, anche educativi, che concorrono con l'educazione ufficiale, producendo concezioni della legge, quadri di riferimento morali, relazioni, esperienze completamente diverse dalle precedenti. - L'educazione intenzionale ridimensionata: per esperienze educative intenzionali si intende quelle in cui è presente e operante la volontà di attivare processi che producano nei destinatari degli apprendimenti auspicati da chi li opera. - La principale esperienza intenzionale è la scuola, che tramite i saperi e le competenze che tenta di far acquisire e le didattiche attraverso le quali tenta di farlo, attua il mandato sociale ufficiale che le è stato assegnato. - La scuola però non rielabora e trasforma meccanicamente in progetto formativo dettagliato l'intenzionalità delle normative, ma rielabora anche i contenuti dell'educazione sociale diffusa, innanzitutto attraverso l'agire quotidiano dei lavoratori della scuola e degli studenti, entrambi interessati di esperienze di educazione sociale. All'interno della scuola, infatti, si sviluppano apprendimenti informali riguardanti la percezione e la concezione della scuola stessa, l'immagine di essa e le aspettative che vi ripongono i soggetti che la frequentano, e non è detto che tali immagini e aspettative coincidano con il ruolo attribuito all'istituzione e ai percorsi scolastici. ## 3. La seconda grande trasformazione (o quasi) ### 3.1. Dopo il trentennio - Il cosiddetto trentennio d'oro termina nel 1973, con l'aumento da parte dei paesi dell'OPEC del prezzo del greggio, quando si verifica l'inizio di un decennio di stagnazione e diffusa disoccupazione. - La crisi del petrolio ha delle ricadute educative, soprattutto perché interrompe l'idea di un processo di sviluppo-progresso perenne che avrebbero interessato l'Occidente a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale. Inoltre, impone nello scenario mondiale alcuni paesi del Medio Oriente in posizione non del tutto subalterna alle politiche nazionali ed economiche dei paesi industrialmente sviluppati, più di quanto era successo sino a quel momento. - Nei decenni successivi si avvia un'ulteriore mutazione, in cui all'idea di benessere viene sostituita quella di prosperità, una mutazione che può essere interpretata come il progressivo espandersi del modello di vita americano che penetra anche nei paesi dell'ex blocco sovietico e in altri territorio, diventando il modello di vita di riferimento. È una seconda mutazione (originale, o proseguimento di quelle precedenti) educativa, poiché trasmette valori e modelli di comportamento in parte in continuità e in parte in discontinuità con quelli precedenti. - Dagli anni '80 in poi si verifica una sostanziale modificazione degli ambienti educativi, con una trasformazione dei comportamenti nel quotidiano che riguardano l'insieme dell'esistenza, e che generano la necessità di individuare nuovi criteri per l'analisi e la riprogettazione della propria vita. ### 3.2 I cambiamenti negli stili di consumo - Uno dei cambiamenti più significativi si verifica sul piano degli stili di consumo della popolazione. - I molteplici settori della popolazione, pur avendo diverse possibilità di spesa, possono essere ispirati dallo stesso modello di vita, al quale tentano di adeguarsi. - Per quanto riguarda le abitudini alimentari, il consumo etnico dovuto all'incremento del numero di immigrati e alla loro stabilizzazione, comporta un cambiamento nelle abitudini alimentari, allargando le possibilità di scelta e diminuendo il consumo dei prodotti italiani. Oltre alla riduzione del consumo di prodotti italiani, si verifica un'alterazione del rapporto tra il lavoro e il momento dell'assunzione del cibo. - Il cambiamento negli stili di consumo trave nei modi e nei luoghi d'acquisto la sua massima esplicitazione. Il centro commerciale rappresenta una parziale riduzione della frammentazione, in quanto strumento indicatore dell'identità prevalente, cioè quella di consumatore. Inoltre, è una riduzione della distinzione dei tempi di vita, che fa coincidere una parte del tempo della riproduzione della forza lavoro con una parte del tempo dedicabile allo svago e alle relazioni. La tendenza all'acquisto a distanza non fa che aumentare i livelli di solitudine-individualità del consumatore. - Gli abiti. Uno degli aspetti più espliciti ed evidenti delle modificazioni negli stili di consumo è legato all'abbigliamento. - Fino all'epoca della grande trasformazione, la prevalente funzione dell'abbigliamento nei rapporti sociali era quella di mostrare la propria condizione sociale con sobrietà e una certa uniformità. - L'abbigliamento comunicava l'appartenenza di classe o riconduceva a un gruppo sociale, lasciando prevedere i comportamenti associati a tali appartenenze. - Quello dell'abbigliamento è uno dei piani sui quali il rapporto tra generazioni è maggiormente cambiato: non adeguamento dei giovani ai modelli delle generazioni precedenti e imitazione dei modelli giovanili da parte delle generazioni più anziane. ### 3.3 la modificazione degli assetti educativi generazionali tra le generazioni - Dalla seconda metà del Novecento si sono verificati diversi processi che hanno modificato i modi di lavorare, di viaggiare, di consumare, così come i sistemi di valori e le modalità di conoscenza. Questo ha avuto importanti ricadute sul rapporto tra generazioni, in particolare per quando riguarda la loro componente educativa. La rottura della continuità è avvenuta su due piani: i modi nei quali il sapere è trasmesso e i contenuti del sapere trasmesso. - L'educazione è stata ed è considerata una prassi finalizzata a trasmettere alle generazioni più giovani la cultura utilizzata/prodotta da quelle più anziane: le norme di convivenza, i modi di produrre e di consumare, le visioni del mondo, i valori, i comportamenti opportuni, ecc. Esisteva quindi un diffuso senso sociale che il più vecchio prevalesse sul più giovane, in termini di direzione d'apprendimento e validità del sapere trasmesso. - La trasmissione educativa tra generazioni avviene tutt'ora in più ambiti ed esperienze, ma avviene anche grazie alla narrazione del proprio o dell'altrui passato, si verifica un apprendimento derivante non solo dal vissuto diretto ma anche dal rapporto con la memoria ### 3.4 L'implosione e l'esplosione della famiglia - Nel corso del Novecento è stata travolta da importanti cambiamenti. La crisi che l'ha investita ha molte e interagenti cause: la variazione dei modelli pubblici di condotta sessuale, i cambiamenti intervenuti nei rapporti di coppia e nelle politiche riproduttive, i diversi comportamenti legati all'appartenenza di genere, l'emergere dalla clandestinità dell'omosessualità, i movimenti e le pratiche di emancipazione femminile. È un periodo nel quale entra in crisi l'immagine e la pratica delle vecchie famiglie ispirate da modelli autoritari e in generale la concezione dominante della famiglia, cioè quella cristiana. - La trasformazione della famiglia è scandita anche a livello normativo:l a legge sul divorzio nel 1970, la legalizzazione dei contraccettivi nel 1971, il nuovo diritto di famiglia nel 1975 la legge sull'interruzione volontaria della gravidanza del 1978. - Le norme introdotte negli anni 70 hanno legittimato lo scioglimento di coppie, con figli o senza, con la conseguente possibilità di inaugurare nuove storie familiari. Inoltre, sono entrati a far parte dell'area della normalità educativa altri modelli familiari, come le famiglie omosessuali. - I cambiamenti riproduttivi. Fino a non molto tempo fa la quasi totalità delle nascite avveniva all'interno di famiglie tradizionali, perché era inconcepibile che potessero esservi delle alternative considerate moralmente legittime. Oggi la situazione è radicalmente cambiata e i comportamenti riproduttivi sono inseriti in storie relazionali, individuali e familiari diverse tra di loro. - Si è assistito a una trasformazione dei comportamenti riproduttivi, "da una società che faceva tanti figli ad un anche ne fa pochi e tardi". Le donne in età fertile diminuiscono in termini assoluti e l'età del primo figlio si sposta in avanti così come appare accettabile che alcune donne non abbiano intenzione di procreare. La variazione di tali comportamenti dopo il baby boom comporta una trasformazione anche nell'educazione sociale, si assiste ad un passaggio fondamentale: da una maternità vista come obbligo e destino connesso al genere alla una maternità come possibilità nella vita delle donne. - La diminuzione delle nascite ha avuto come conseguenza la diminuzione delle possibilità di relazionarsi con i coetanei in famiglia, così come è diminuita negli spazi aperti e non regolari, a causa dell'aumento del tempo governato da adulti rispetto a quello da essi non governato. ### 3.5 La nostalgia (non) educante - La memoria sia individuale ma soprattutto quella sociale ha diversi modi per esplicitarsi e cercare di essere comunicata, in particolare può essere il racconto di un'esperienza direttamente vissuta oppure può essere tramandata anche da coloro che non hanno vissuto l'esperienza in prima persona. La memoria è in sè educativa, quando è presente e anche quando è assente, ma è nella forma della nostalgia del passato che trova il suo apice in quanto è comunicazione emotiva di un "passato che non passa", giudicato positivamente. - La memoria è dunque una forma di testimonianza educativa e lo è quando è ingenua, cioè quando non dichiara di voler stimolare dei cambiamenti nei confronti di chi vi entra in contatto. - La nostalgia tende a fornire elementi di orientamento per valutare il presente e compararlo a un passato supposto superiore. ### 3.6. || servizio militare - Il servizio militare obbligatorio in Italia dura da quasi da 150 anni, dal 1961 al 2005. È stata una delle esperienze educative ufficiali e intenzionali più importanti nella storia del paese: per molti decenni quasi tutta la popolazione maschile ha passato un anno o più nelle forze armate. - Ancora adesso, il servizio militare possiede un valore educativo, ma il contratto che si stabilisce è completamente diverso. - Le dimensioni educative dell'esperienza militare obbligatoria sono state molteplici: l'addestramento finalizzato ad acquisire specifici saperi e competenze di tipo tecnico; l'addestramento formale che ha avuto lo scopo di apprendere a eseguire gli ordini, tutti e nello stesso momento; la pratica delle gerarchie chiare e nette, senza possibilità di metterle in discussione; l'educazione alla "Patria". - Accanto a queste dimensioni educative intenzionali ed esplicite ce ne sono altre più informali: l'educazione a un maschilismo senza se e senza ma, l'educazione al nonnismo, lo sperimentare una condizione di isolamento sociale e allo stesso tempo di collettivismo obbligato, l'incontro temporaneo con residenti in zone territoriali diverse. - La sospensione del servizio militare obbligatorio rappresenta un punto di svolta nella storia educativa del paese, anche perché si trasforma il rapporto fra l'insieme della popolazione e le forze armate, che non sono più una destinazione obbligata per gli uomini italiani, ma diventano un'esperienza che coinvolge volontariamente una parte minoritaria della popolazione. - La sospensione ha significato la delega della difesa a un sistema esperto che per poter intervenire negli scenari della contemporaneità ha la necessità di essere professionalizzato e sottoposto al minor controllo sociale possibile. - Un'altra questione di particolare importanza è rappresentata dall'ingresso nelle donne nelle forze armate a partire dall'anno 2000. Le forze armate, con questo atto, si sono rese più moderne e adeguate ai tempi e ai comportamenti di altre nazioni anche per quanto riguarda le questioni di genere, oltre che per l'utilizzo di tecnologie e mezzi innovativi. Inoltre, la scelta si colloca all'interno delle politiche di ampliamento dell'accesso delle donne a settori professionali prima riservati agli uomini. Infine, interessa gli stereotipi di genere, indebolendo la convinzione che la donna non sia in grado, per le sue caratteristiche psico-fisiche, di partecipare attivamente alla guerra. ## 4. dialogo con il territorio ### 4.1 intendere il territorio - Il territorio è uno spazio delimitato da un qualche confine amministrativo, urbanistico o culturale, sufficientemente ridotto e connotato perché coloro che vi risiedono, lavorano o svolgano altre attività possano riconoscerlo come unità distinta rispetto a ciò che lo circonda. Le conformazioni economiche, urbanistiche, sociali e culturali che i territori assumono sono una delle principali esperienze di educazione sociale: educano nella loro mobilità e nella loro immobilità. Il territorio, tramite più esperienze, educa alla già esiste socialità e al tipo di relazioni che vi si svolgono, al concetto e alla pratica di bene comune e di spazio pubblico, alla qualità e alla quantità della prossimità. Educa in connessione con le microculture locali che possono essere rigidamente autoctone o possono invece ricostituire la rielaborazione in loco. Inoltre, educa attraverso la presenza o l'assenza di memorie che lo riguardano. - I territori si sono progressivamente espansi grazie alle possibilità consentite dalla rete di trasporto urbano e grazie alla capacità che hanno i territori di essere legati tra loro dai trasporti provinciali o regionali. I territori diventano sempre più ampi anche attraverso luoghi quali aeroporti, stazioni che consentono di essere in relazione in pochissimo tempo con altre città dello stesso paese o di altri paesi. È una potenzialità di comunicazione che stimola un pendolarismo anche su distanze prima considerate non percorribili nel quotidiano. - Le trasformazioni dei territori. I territori hanno vissuto e vivono quindi importanti trasformazioni che hanno radicalmente modificato anche i loro assetti educativi formali e informali. Tra i principali processi di trasformazione vi è l'urbanizzazione, che ha modificato le reti relazionali, aumentando di conseguenza il rischio di isolamento delle famiglie e dei singoli individui, la speculazione edilizia e la distruzione del paesaggio; infine la mobilità generata dalla motorizzazione di massa, che causato il ridimensionamento del senso, del vissuto e della pratica dei luoghi. - La grande trasformazione ha prodotto una contaminazione a distanza fra i territori, e lo ha fatto attraverso due processi distinti: il primo dovuto allo spostamento di persone che hanno portato nei territori di arrivo comportamenti, abitudini, tratti culturali propri dei territori di partenza; il secondo dovuto ai mezzi di comunicazione di massa che hanno associato a tale contaminazione un processo di omologazione, cioè di offerta degli stessi modelli a tutti i territori. La modernizzazione diffusa ha decretato la crisi irreversibile di culture e di sistemi educativi infornali che ne consentivano la trasmissione alle generazioni successive da parte di quelli precedenti. - La trasformazione post-fordista. In molti quartieri le case popolari, costruite per la classe operaia, si sono trasformati in insediamenti emarginati, per persone con problemi sociali o assistiti privi di altro reddito. Nel quadro delle tensioni generate dalla trasformazione dei territori, si inserisce anche la difficile convivenza tra coorti diverse residenti nello stesso quartiere, problematica legata anche agli attuali processi migratori. - I processi migratori e le trasformazioni territoriali fanno emergere un'educazione sociale nuova, che si svuota progressivamente dell'appartenenza di classe, intesa come quadro valoriale, e si instaura invece un'appartenenza territoriale ed etnica che creano un forte senso di identità collettiva e nulla vale il fatto di vivere una condizione comune per creare una condivisione di aspettative e bisogni che vada oltre le frammentate appartenenze etniche. ### 4.2. La forma del territorio: la città educante - Per un lungo periodo la città moderna ha educato alla solidità di un certo modo di produrre, di lavorare, di realizzare profitti, di confliggere, di organizzare e vivere i tempi e gli spazi. - Attualmente la citta educa alla mobilità e alla trasformazione continua di molti aspetti della vita quotidiana, a nuovi modi di concepire e organizzare la vita e il lavoro; rispecchia e produce frammentarietà, individualizzazione, spaesamento, mancanza di visioni collettive. - Le caratteristiche architettoniche delle città, i suoi assetti produttivi e le pratiche di consumo, le generazioni che si avvicendano, le fasi di consolidamento e di cambiamento che la interessano educano le persone. - Nella città post-fordista, ai luoghi della produzione subentrano i luoghi residenziali, di servizio o commerciali, e ciò contribuisce a generare la percezione di atteggiamenti, punti di vita, valori che spostano la costruzione di parti importanti della propria identità dal piano della produzione a quello del consumo. - Città dell'altrove, città globalizzata. - La città è stato un luogo con caratteristiche distintive proprie, non replicate e replicabili altrove. Rispetto alla propria, le altre città erano il luogo di un altrove che presentava diverse forme di vita e generava diversi vissuti, possedendo perciò molte implicazioni educative. Con la globalizzazione, questo altrove è progressivamente scomparso. - La città è educativa per la presenza di istituzioni che fanno dell'educare la loro ragion d'essere ad esempio, la scuola o la famiglia, ma anche per la presenza di attività formative di vario tipo, come quelle sportive È quindi educativa perché ospita esperienze educative formali e non formali, e lo è anche perché accanto a tali esperienze ve ne sono di altre, quelle informali e tutte insieme concorrono a creare un sistema educativo diffuso e continuativo. - Tale ricchezza di esperienze educative contribuisce a far assumere alla città il carattere proprio della città, cioè del luogo a elevata concentrazione di esperienze educative differenziate. La stretta connessione tra città e educazione fa sì che le trasformazioni della città determino i cambiamenti nel tessuto educativo, e i cambiamenti nei processi educativi hanno come effetto, in tempi medi o lunghi, anche la trasformazione della città, o quanto meno possiedono la capacità di modificare la percezione e il vissuto della città da parte di chi vi abita. - Le città sono dense di esperienze educative: relazioni tra le persone, organizzazione degli spazi e funzioni a loro attribuite, fatti che vi succedono, ecc. Inoltre, sono dense di messaggi esplicitamente educativi: sono messaggi duraturi e considerati importanti (es. monumenti, targhe) da chi li ha posti per comunicare quella nobiltà di gesti, di sacrifici, di imprese che dovrebbero contribuire a costruire quadri valoriali di riferimento e modelli di comportamento per i cittadini di quel territorio. - Ma nel territorio, vi sono anche quelli intenzionalmente destinati a durare poco, come le pubblicità. - Infine, anche la comunicazione politica ha progressivamente utilizzato altri canali, che vanno oltre i semplici manifesti nei periodi di campagna elettorale, cioè le manifestazioni finalizzate a far apprendere ai partecipanti e non, qualcosa sulla bontà delle posizioni espresse dalle organizzazioni stesse e all'effettiva capacità di raggiungere i propri obiettivi. - La città aperta. La città è anche spazio aperto, che registra profonde modificazioni nelle funzioni e nelle modalità di fruizione. Con la diminuzione d'importanza dello spazio aperto, che era stato di particolare rilevanza durante il fascismo e negli anni Cinquanta-Settanta, si assiste sia alla sua privatizzazione cioè alla sua riconduzione in aree chiuse e regolate, sia alla movida, cioè alla fruizione superficiale di un affollato spazio pubblico. - La città educa per quel che vi accade o per quel che non vi accade, ma anche per come è stata pensata, progettata, e per come tali progetti sono stati trasformati in assetti urbanistici. "Chi progetta spazi progetta comportamenti", ma i comportamenti progettati non sempre si ottengono, e a volte sono proprio i comportamenti a riprogettare gli spazi, aperti o chiusi che siano. Ad esempio, alcuni quartieri progettati come luoghi destinati a ospitare soggetti con comportamenti e relazioni socialmente compatibili, diventano invece zone a forte tasso di marginalità e devianza. - Il quartiere. Il quartiere è un luogo delimitato da un qualche confine di vario tipo, che però non sempre coincide con quello vissuto dai soggetti che vi hanno o che vi hanno avuto a che fare. II quartiere può avere anche dimensioni e confini diversi da quelli amministrativi, urbanistici e storici. - Nell'edificazione dei nuovi quartieri si sono manifestate intenzionalità educative implicite ed esplicite, soprattutto nei periodi di grandi trasformazioni sociali, quando accanto al tema della necessità di nuove abitazioni si associava quella di condurre gruppi di popolazione verso comportamenti funzionali ai cambiamenti sociali e alle nuove organizzazioni degli spazi urbani. - Il quartiere è contemporaneamente risorsa e problema: è luogo di relazione ma anche di segregazione, di riconoscimento indennitario e di etichettamento. - Le periferie. La periferia è spesso associata alle aree poste ai margini della città, caratterizzate da problemi di vario tipo che incidono sulle storie formative dei soggetti individuali e collettivi, ma anche zone centrali della città possono essere considerate periferiche. La periferia è un'area a rischio è interessata per definizione dal disagio e inoltre spesso popolata da adolescenti: la maggior parte degli interventi educativi nelle periferie sono infatti di carattere preventivo e riabilitativo nei confronti degli adolescenti. - Le periferie problematiche sono quelle zone che più di altre hanno vissuto i processi di urbanizzazione e le ondate migratorie, e sono costituite, in particolare, dai quartieri di edilizia residenziale pubblica. Sono zone caratterizzate da un disagio tale da contrassegnare le persone e i corsi di vita che, totalmente o in parte, vi si svolgono. - In termini pedagogici, le periferie educano le persone che vi risiedono come quelle che non vi risiedono, forniscono materiale interpretativo della realtà e di se stessi che sarà rielaborato dai soggetti anche in base al tipo di altri saperi e competenza che progressivamente acquisiranno nel corso della loro esistenza. La scuola, ad esempio, può educare i soggetti a percepire diversamente il proprio rapporto con le periferie fornendo strumenti conoscitivi e autoriflessivi; - ma è altrettanto vero che anche la periferia può educare la scuola e percepirsi come insufficiente rispetto al compito istituzionalmente affidatole. ### 4.2 I processi migratori - Migrare sempre, migrare ovunque. Le migrazioni sono esperienze individuali e collettive, fin dalla nascita della specie umana l'uomo ha sempre avuto la necessità di espandersi fino a raggiungere e scoprire tutti i contenenti. - / processi migratori sono fenomeni complessi e per questo motivo devono essere analizzati in tutta la loro complessità. La scuola è stata ed è, soprattutto con i processi migratori attuali, il luogo delle competenze di base, in particolare comunicative, delle nuove generazioni nate in Italia da genitori stranieri e arrivate al loro seguito; ed è anche uno dei principali luoghi di mediazione delle diversità, nel quale si verifica una multiculturalità di fatto, anche con forti tratti di interculturalità. - Al di là della scuola, le migrazioni producono un ampiamento della multiculturalità di fatto, che influisce sulle politiche nazionali più o meno di tipo interculturale, assimilazionista, multiculturale: - Modello assimilazionista: educazione intenzionale finalizzata a far acquisire i valori e i comportamenti della cultura locale di arrivo dei migranti e/o dei loro discendenti; - Modello multiculturale: educazione finalizzata a far acquisire modelli e comportamenti riconducibili a quelli della cultura e delle normative del paese di arrivo, da una parte, ma dall'altra mantenendo quelli del gruppo d'origine. - Modello interculturale: pone l'attenzione sull'integrazione equilibrata, ovvero non annulla le diversità, ma che comporta un continuo scambio tra le culture immigrate e la/e cultura/e del ## 5. Educazione e politica ### 5.1 L'esplosione della politica - In contesti sociali complessi diventa difficile ritenere che esista un'educazione ufficiale, cioè finanziata direttamente dallo Stato, che domini tutto lo scenario sociale, esercitandovi una sorta di capillare egemonia. In qualsiasi società, in realtà oltre a quella ufficiale, agiscono altre educazioni che contribuiscono a comporre lo scenario e in alcuni casi indeboliscono quella ufficiale. Sono educazioni diverse, i cui contenuti, le prassi, il peso mutano nel corso del tempo e in relazione ai luoghi e ai tempi in cui si situano, ma hanno comunque come caratteristica ### 5.2 La post-politica - Al giorno d'oggi appare evidente oggi il netto calo di interesse dei cittadini nei confronti della politica; il suo non essere più ritenuta guida virtuosa dei processi nazionali e internazionali comporta anche una diminuzione della sua importanza quale componente del sistema di educazione sociale. La riduzione d'importanza della politica e delle sue potenzialità educative non è dovuta solo al suo presunto fallimento rispetto alla capacità di rappresentare interessi particolari e generali, ma anche ai processi di frammentazione sociale, di individualizzazione dei corsi di vita e al progressivo prevalere dell'ideologia e della ricerca di soluzioni individuali rispetto a quelle collettive. - La dialettica tra individuo e collettività è sempre stata uno dei principali interessi dell'educazione e della pedagogia, in particolare la teorizzazione del prevalere degli interessi dell'uno rispetto all'altro, la ricerca dell'integrazione fra le due dimensioni e la circolarità possibile e auspicabile. Oggi assistiamo a un prevalere dell'individuo sul collettivo, e questo crea una crisi e un disinteresse dei cittadini nei confronti della politica, che subisce una riduzione di autonomia e ### 5.3 II nemico di turno - Una presenza che permane nella società è il nemico. Nella seconda parte del Novecento il nemico di turno è stata l'URSS e più in generale il comunismo. In seguito, il comunismo è stato sostituito dall'islamismo radicale e più nello specifico dal' ISIS. Le differenze tra i due nemici di turno sono notevoli: nel primo caso la contrapposizione era tra due visoni del mondo diverse, ognuna delle quali possedeva propri territori e zone d'influenza, armamentario convenzionale e atom