Lezione 4 Sessione 0 - L’Ordinamento Giuridico - PDF

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This document provides an overview and analysis of the Italian legal system. It examines different sources of law and principles that form Italy's legal framework.

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Lezione 4 Sessione 0 L’ORDINAMENTO GIURIDICO E IL SISTEMA DELLE FONTI DEL DIRITTO 1 LE FONTI DEL DIRITTO Comunemente si definiscono “fonti del diritto” l’insieme degli atti e dei fatti che un ordinamento giuridico o un determinato contesto socio-cultural...

Lezione 4 Sessione 0 L’ORDINAMENTO GIURIDICO E IL SISTEMA DELLE FONTI DEL DIRITTO 1 LE FONTI DEL DIRITTO Comunemente si definiscono “fonti del diritto” l’insieme degli atti e dei fatti che un ordinamento giuridico o un determinato contesto socio-culturale reputano idonei a modificare o innovare l’ordinamento stesso. Atti giuridici o comportamenti materiali, quindi, che concorrono a introdurre nuove norme, a modificarle o a rinnovarle nel corso del tempo. Il codice del 1942 recepisce l’elaborazione della dottrina, che aveva raggiunto la sua maturazione nella costruzione gradualistica di Kelsen e della Scuola di Vienna e si era imposta anche in Italia, introducendo una novità: la gerarchia delle fonti. L’art. 1 delle Preleggi perde così la sua capacità di descrivere l’intera struttura gerarchica del sistema delle fonti, statuendo che “Sono fonti del diritto: 1) le leggi; 2) i regolamenti; 3) [le norme corporative]; 4) gli usi”. (Il r.d.l. 9-8-1943, n. 721 ha soppresso l'ordinamento corporativo). L'elencazione delle fonti, contenuta nell'articolo in esame, conserva la propria validità anche a seguito della successiva entrata in vigore della Costituzione Repubblicana. Si tratta di un elenco particolarmente scarno, che dovrà essere integrato da:  principi fondamentali e diritti inviolabili sanciti dalla Costituzione della Repubblica Italiana (c.d. “nucleo rigido”);  Costituzione della Repubblica Italiana, leggi costituzionali e di revisione costituzionale, altre fonti di rilievo costituzionale (diritto primario della Comunità Europea e dell’Unione, convenzioni internazionali); 2  fonti primarie (leggi ordinarie dello Stato e atti aventi forza di legge, leggi regionali);  fonti secondarie (regolamenti governativi, regolamenti regionali e degli enti locali);  usi e consuetudini. 3 Gli elementi costitutivi dell’ordinamento giuridico Gli elementi costitutivi di un ordinamento giuridico possono essere individuati nei concetti di unità, autonomia, esclusività, coerenza e completezza.  UNITÀ Il requisito della unità allude all’esigenza che l’ordinamento giuridico sia riconducibile, direttamente o indirettamente, ad un’unica norma fondamentale. Nel contesto degli ordinamenti giuridici contemporanei, si tende ad identificare tale elemento originario nella costituzione, intesa come esito di un processo produttivo extra-ordinem. Il concetto della costruzione a gradi dell’ordinamento giuridico, di matrice kelseniana, allude all’esigenza di una strutturazione appunto “a gradi” – nell’ottica di un sistema dinamico – delle norme giuridiche le quali, mediate dall’esercizio di potere degli organi preposti, risultino le une e le altre interconnesse in un sistema gerarchico e riconducibili ad un identico fondamento originario.  AUTONOMIA L’elemento dell’autonomia allude alla necessità che l’ordinamento sia in grado di determinare, autonomamente, i proprio criteri di esistenza. Da un punto di vista diacronico, il variare nel tempo dei sistemi giuridici costringe questi ultimi a porre in essere dei correttivi affinché riescano ad adeguarsi alle modificazioni dei contesti sociali di riferimento.  ESCLUSIVITÀ Strettamente connesso all’elemento dell’autonomia è il requisito della esclusività. Nel momento in cui un ordinamento risulta autonomo sarà anche 4 necessariamente esclusivo, in quanto volto a considerare irrilevanti le norme di altri ordinamenti. Ad esse semmai potrebbe riferirsi attraverso forme di delegazione o di rinvio. Se l’autonomia è determinata dalla qualificazione di specifici criteri di appartenenza, l’impossibilità, da parte di sistemi esterni, di soddisfare questi stessi criteri, sancisce l’esclusività dell’ordinamento.  COERENZA Il requisito della coerenza attiene ad una dimensione logico-normativa nelle relazioni tra norme. Un ordinamento si dimostra incoerente nel momento in cui si verificano delle antinomie, ossia quando ad una medesima fattispecie fattuale vengono ricondotte due o più conseguenze giuridiche tra loro incompatibili. Dal punto di vista storico i sistemi giuridici contemporanei hanno cercato di ovviare a tali inconvenienti sancendo specifiche disposizioni giuridiche che intervengano nel momento in cui si concretizzi una antinomia: il criterio gerarchico, il criterio cronologico e il criterio di specialità.  COMPLETEZZA Come la coerenza, anche la completezza raffigura una un’aspirazione cogente. Un ordinamento lo si definisce incompleto allorché ad un determinato fenomeno fattuale non sia ricollegabile alcuna conseguenza giuridica. L’ordinamento, cioè, si troverebbe incapace a rispondere normativamente. In particolare, secondo Bobbio “un ordinamento è completo quando non si verifica mai il caso che ad esso non possano dimostrarsi appartenenti né una 5 certa norma né la norma contraddittoria. Volendo specificare, l’incompletezza consiste nel fatto che il sistema non comprende né la norma che proibisce un certo comportamento né la norma che lo permette”. Parallelamente Bobbio afferma che “la coerenza è un’esigenza ma non una necessità dell’ordinamento, nel senso che […] un ordinamento giuridico può tollerare norme incompatibili nel suo seno senza venir meno” laddove, invece, “la completezza è una condizione necessaria per gli ordinamenti in cui valgono queste due regole: 1) il giudice è tenuto a giudicare tutte le controversie che si presentano al suo esame; 2) è tenuto a giudicare in base ad una norma appartenente al sistema”. 6 Lacune e antinomie nell’ordinamento giuridico Le lacune hanno a che vedere con il dogma della completezza dell’ordinamento, le antinomie sollevano il diverso problema della coerenza dell’ordinamento. I due problemi - quello delle lacune e quello delle antinomie - sono espressione di istanze contrapposte, ma simmetriche. Entrambe fanno riferimento all’incompiutezza dell’ordinamento. In un caso è un’incompiutezza per esuberanza, in un altro si tratta di un’incompiutezza per deficienza. Nell’ipotesi della lacuna, nell’ordinamento vi sono meno norme di quelle che dovrebbero esserci, sicché il compito dell’interprete è di integrare la mancanza. Nel caso dell’antinomia, invece, vi sono più norme di quelle che dovrebbero esserci, sicché il compito dell’interprete consiste nel sopprimere il troppo. Le lacune In estrema sintesi, esistono varie tipologie di lacune:  lacuna “normativa” quando una determinata fattispecie concreta non può essere decisa per la mancanza nell’ordinamento di una norma che la disciplini;  lacuna “assiologica, ideologica o valutativa” quando, sulla base di considerazioni etico-politiche, manca nell’ordinamento una norma giusta, ossia una norma che dovrebbe esserci;  lacuna “tecnica” quando manca una norma la cui esistenza sia una condizione necessaria per l’efficacia di un’altra norma. Lacune istituzionali si dice che un ordinamento presenta lacune istituzionali 7 quando –per cause di fatto – viene meno una delle istituzioni che sono essenziali al suo funzionamento;  lacune istituzionale quando –per cause di fatto – viene meno una delle istituzioni che sono essenziali al suo funzionamento. I rimedi dell’ordinamento alle lacune consistono nella eterointegrazione e autointegrazione. L’eterointegrazione opera mediante il ricorso ad ordinamenti diversi e il ricorso a fonti diverse da quella dominante. Laddove sussista una lacuna dell’ordinamento, ovvero manchi una norma giuridica volta a disciplinare un fenomeno/fattispecie concreta, è possibile il rinvio ad ordinamenti precedenti nel tempo, per es. il ricorso di un ordinamento vigente al diritto romano, che ne è stata la matrice storica. In alternativa, è ammissibile il rinvio ad ordinamenti vigenti contemporanei, come nel caso in cui un ordinamento statuale richiami norme di un altro ordinamento statuale o del diritto canonico. Per quel che riguarda il ricorso ad altre fonti diverse rispetto a quella dominante, nel nostro ordinamento in cui fonte predominante è la legge, l’etero integrazione assume la forma del ricorso alla consuetudine considerata come fonte sussidiaria alla legge. Di regola, i sistemi giuridici anglosassoni ricorrono a questa forma d'integrazione più ampiamente che i sistemi giuridici continentali ove non si riconosce, per lo meno ufficialmente, il potere creativo del giudice, salvo in casi 8 espressamente indicati in cui si attribuisce al giudice di emettere giudizi di equità. L’autointegrazione si avvale di due procedimenti, ossia l'analogia e i principi generali del diritto. Per "analogia" si intende quel procedimento per cui si attribuisce ad un caso non regolato la stessa disciplina di un caso regolato in modo simile. L'analogia è certamente il più tipico dei procedimenti interpretativi. Si tratta del procedimento mediante il quale si esplica la tendenza di un sistema giuridico ad espandersi oltre i casi espressamente regolati. L'altro procedimento di auto integrazione è il ricorso ai principi generali del diritto, tradizionalmente si parla, in questo caso di analogia iuris. I principi generali sono norme fondamentali o generalissime del sistema. Le antinomie Si presuppone che in un ordinamento giuridico non ci siano antinomie. Laddove dovessero sorgere antinomie tra le norme giuridiche, i criteri elaborati per la loro risoluzione sono:  Il criterio gerarchico (lex superior inferiori derogat) comporta la prevalenza della norma di grado superiore su quella inferiore, anche quando quest'ultima sia cronologicamente posteriore. Una delle conseguenze della gerarchia normativa è che le norme superiori possano abrogare le inferiori; le norme inferiori, invece, non possono abrogare le superiori. 9  Il criterio cronologico comporta che fra due norme incompatibili sullo stesso oggetto adottate in tempi diversi prevalga la successiva. Nel nostro ordinamento il principio della lex posterior è enunciato dall'art.15 delle Disposizioni preliminari, secondo cui: "Le leggi non sono abrogate che per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti".  Il criterio di specialità comporta che in caso di contrasto tra due norme si deve preferire la norma speciale a quella generale, anche se questa è successiva (lex specialis derogat legi generali). La legge speciale è quella che deroga ad una legge più generale, ovvero che sottrae ad una norma una parte della sua materia per sottoporla ad una regolamentazione diversa (contraria). Il passaggio dalla regola generale a quella speciale corrisponde ad un naturale processo di differenziazione delle categorie e ad una graduale scoperta, da parte del legislatore, di questa differenziazione. Avvenuta o scoperta la differenziazione, il persistere nella regola generale importerebbe il trattamento eguale di persone che appartengono a categorie diverse, e quindi un'ingiustizia. Può accadere che due norme incompatibili siano tra loro in un rapporto cui si possa applicare contemporaneamente non uno solo, ma due o tre criteri. Si verifica un conflitto tra criterio gerarchico e cronologico: quando una norma anteriore - superiore è antinomica rispetto ad una norma posteriore - inferiore. Il conflitto consiste nel fatto che, se si applica il criterio gerarchico prevale la prima; se si applica il criterio cronologico prevale la seconda. Il problema è: quale dei due criteri ha la prevalenza sull'altro? Il criterio gerarchico prevale su quello cronologico. 10 Il che ha per effetto di far eliminare la norma inferiore, ancorché successiva. In altre parole si può dire che il principio lex posterior derogat priori, non vale quando la lex posterior è gerarchicamente inferiore alla lex prior. Si verifica un conflitto tra criterio di specialità e cronologico: quando una norma anteriore - speciale è incompatibile con una norma posteriore - generale. Si ha conflitto, perché applicando il criterio di specialità si dà la prevalenza alla prima norma; applicando il criterio cronologico, si dà la prevalenza alla seconda. In questo caso, lex posterior generalis non derogat priori speciali, ossia il conflitto tra criterio di specialità e criterio cronologico deve essere risolto in favore del primo. Quindi la legge generale successiva non toglie di mezzo la legge speciale precedente. Il che porta ad un'ulteriore eccezione al principio lex posterior derogat priori: questo principio vien meno, non solo quando la lex posterior è inferior, ma anche quando è generalis (e la lex prior è specialis). Si verifica un conflitto tra criterio gerarchico e quello di specialità. Nei due casi precedenti abbiamo visto il conflitto di questi due criteri rispettivamente col criterio cronologico; e abbiamo constatato che entrambi i criteri sono più forti di quello cronologico. Il caso più interessante di conflitto è quello che si verifica quando vengono a contrasto non più uno dei due criteri forti col criterio debole (quello cronologico), ma i due criteri forti tra loro. Non esiste una risposta chiara su quale si debba applicare. La soluzione dipenderà anche in questo caso, come nel caso della mancanza dei criteri, dall'interprete. 11 Lezione 4 Sessione 0 bis L’ORDINAMENTO GIURIDICO E IL SISTEMA DELLE FONTI 1 La natura della consuetudine La consuetudine è la fonte del diritto non scritta per eccellenza. Per definire cosa si intenda per consuetudine, può essere utile il richiamo alla definizione di Carnelutti, secondo il quale in virtù della consuetudine, dove prima non c’era che una sequela di fatti, nasce il diritto. Carnelutti ritiene che una consuetudine possa definirsi giuridica se concorrono a stabilirla degli atti, i quali, attuando la sanzione, hanno carattere giuridico, ossia delle restituzioni o delle punizioni; ma ogni vincolo alla conformità degli atti successivi con gli atti precedenti è escluso. La consuetudine giova affinché i sudditi regolino la loro condotta sulla probabilità che certi loro atti provochino la restituzione o la punizione come si regolano con le altre leggi naturali e nulla più. In conclusione il diritto è negli atti, tra i quali la consuetudine si stabilisce; ma fuor da questo la consuetudine non ha nulla di giuridico in sé”. Gli elementi caratterizzanti la consuetudine sono:  generalità, cioè il comportamento deve essere ripetuto da più persone, in particolare dalla maggior parte delle persone che si trovano nella situazione prevista;  uniformità, cioè la generalità di persone deve comportarsi, in quella situazione, in modo identico o simile (ripetizione);  costanza (o continuità), cioè la ripetizione non deve essere interrotta;  frequenza, cioè deve succedersi a brevi intervalli;  pubblicità, cioè si chiede il riconoscimento di un diritto, non esercitato segretamente, in base ad una regola consuetudinaria consolidata. 2 Per tradizionale e consolidata dottrina, la classificazione della consuetudine è di tipo tripartito: Consuetudine secundum legem: la consuetudine trova la propria legittimazione nella legge, in una norma di diritto positivo; consuetudine praeter legem: la consuetudine nasce e si occupa delle situazioni non previste dalla legge (lacune legislative); consuetudine contra legem: la consuetudine è in contrasto con una disposizione di legge. Per quanto riguarda la collocazione attuale della consuetudine sul piano delle fonti del diritto, l’art. 8 disposizioni preliminari al codice civile dispone che, nelle materie disciplinate dalla legge o dai regolamenti, gli usi hanno efficacia solo in quanto sono richiamati da questi. Esistono tuttavia delle norme che non sono scritte in alcun documento né tanto meno richiamate, che sono seguite in modo costante. Un esempio è rappresentato dalla procedura di consultazione per la formazione del Governo, secondo la quale il Presidente della Repubblica riceve e consulta i segretari dei partiti politici, i Presidenti di Camera e Senato, i Presidenti dei gruppi parlamentari e gli ex Presidenti della Repubblica prima di scegliere la persona a cui conferirà l’incarico di formare un nuovo Governo. 3 Lezione 4 Sessione 2 IL SISTEMA GIURIDICO E LE TEORIE DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO 1 Il sistema giuridico L'ulteriore problema che si presenta è se un ordinamento giuridico, oltre che un'unità, costituisca anche un sistema, ossia se possa correttamente inquadrarsi come un'unità sistematica. Cosa si intende per “sistema"? Per sistema si intende una totalità ordinata, cioè un insieme di enti, tra i quali esista un certo ordine. Perché si possa parlare di un ordine, bisogna che gli enti costitutivi non siano soltanto in rapporto col tutto, ma siano anche in rapporto di coerenza tra loro. Dunque, quando ci chiediamo se un ordinamento giuridico costituisca un sistema, ci stiamo chiedendo se le norme che lo compongono siano in rapporto di coerenza tra loro e a quali condizioni sia possibile questo rapporto. Il diritto si presenta come un ordinamento di regole di tipo diverso. Il complesso delle regole giuridiche si presenta come un sistema che è identificato per la sua fonte originaria. Ad esempio, il sistema giuridico italiano sarà l’ordine sistematico delle regole prodotte secondo le fonti riconosciute dallo Stato italiano. Queste regole sono valide con riferimento a un dato territorio, a un dato tempo e per un certo gruppo di persone. 2 La teoria normativistica di Hans Kelsen Kelsen ha chiarito che le regole possono collegarsi tra loro o sulla base del contenuto oppure sulla base del potere normativo. A titolo esemplificativo, potrebbe farsi riferimento alla regola che vieta di danneggiare il prossimo, dalla quale deriva la regola che vieta l’omicidio. Questa seconda regola è chiaramente implicita nella prima. Tale ordine sistematico è, secondo Kelsen, un’esplicitazione del contenuto della regola fondamentale. Per indicare che tutto il contenuto normativo è già implicitamente dato dalla regola fondamentale, Kelsen parla di “sistema statico”. Se, d'altro canto, adottiamo un punto di vista dinamico, ovvero consideriamo il processo attraverso il quale viene creato l'ordinamento giuridico, allora assisteremo ad atti che creano il diritto (“sistema dinamico”). Nella filosofia che kelseniana il diritto, o l’ordinamento giuridico, è valido perché efficace, ossia perché gli uomini - per una ragione o per l’altra - lo osservano. 3 La riflessione filosofica di Jürgen Habermas (1929-1955) Habermas ha distinto il diritto come medium e il diritto come istituzione. Si tratta di due modi diversi dalla neutralità nei confronti dei contenuti e consiste in un processo di giuridificazione segnato dalla positività, generalità, formalità e uguaglianza giuridica dinnanzi alla legge. Il secondo, invece, ossia il diritto come istituzione, mantiene i legami con le sue radici sociali. La sua giustificazione non è procedimentale Ale no riferita a contesti storici, culturali della pratica sociale. Ad esempio, la famiglia o la scuola, Non sono creazioni di diritto ma formazioni spontanee della vita sociale. I processi giuridici di istituzionalizzazione trasformano le regole informali in regole formali per assicurare una certezza ai rapporti sociali. 4 La teoria istituzionalistica di Santi Romano (1857-1947) Una teoria del diritto anti normativistica, incentrata sul concetto di istituzione, fu sostenuta da Santi Romano ed enunciata nella sua opera intitolata “L’ordinamento giuridico” (1917). Santi romano si pone nello studio del diritto da un punto di vista opposto rispetto a quello di Kelsen; egli muove dall’ordinamento e nell’ambito di questo spiega il diritto. La presa di posizione antinormativistica è specifica: non nega la realtà della norma, ma la inserisce in una realtà più ampia e complessa che è la società. Secondo Santi Romano l’ordinamento giuridico non deve raffigurarsi nel modo kelseniano come sistema di norme, poiché esso non è altro che la società stessa in quanto unità concreta e distinta dalle sue componenti. L’ordinamento è un’unità per sé, come scrive Romano. L’unità, secondo la sua prospettiva, non costituisce una proprietà, una caratteristica, qualcosa che si possa predicare dell’ordinamento, ma piuttosto il modo stesso di darsi dell’ordinamento come tale, il suo porsi come uno. Una “istituzione” non è qualcosa di “dato”: è la sua stessa istituzionalizzazione, è cioè l’insieme di pratiche, meccanismi mediante i quali si definiscono posizioni, rapporti, etc. Nell’opera su richiamata, scriveva “Ogni ordinamento giuridico è un’istituzione e viceversa ogni istituzione è un ordinamento giuridico: l’equazione tra i due concetti è necessaria ed assoluta”. Il processo di istituzionalizzazione, in questo senso, coincide con il realizzarsi del diritto in quanto diritto, cioè con il porsi dell’ordinamento nella sua 5 giuridicità. Questa unità non può essere pensata, per Romano, come proveniente dall’esterno, da altrove. Condizione indispensabile perché vi sia una società è che vi sia una qualche forma di organizzazione interna e, quindi, di ordinamento giuridico. L’organizzazione conferisce al gruppo una struttura e permette di disciplinare l’energia sociale prodotta dall’aggregazione dei singoli componenti del gruppo. Chiaramente ogni istituzione ha i propri obiettivi, ma tutte le istituzioni hanno un elemento in comune ossia sono organizzazioni della forza sociale. Si tratta di organizzazioni che non necessariamente hanno una struttura gerarchica come quella dello Stato. Da qui l’idea di Santi Romano secondo cui l’ordinamento statale conviverebbe con una pluralità di ordinamenti giuridici all’interno e all’esterno, alcuni compatibili e altri non compatibili con lo Stato. Questa teoria si pone agli antipodi delle normativismo kelseniano. Mentre per Kelsen la radice del diritto è la norma, per Santi Romano il diritto è istituzione, ossia un’entità sociale in cui le regole sono solo un aspetto di una totalità organizzata. Tuttavia, riflettendo sulla teoria istituzionalistica, alcuni filosofi contemporanei hanno obiettato che non si possa identificare il diritto con l’istituzione. Ogni società comprende numerose istituzioni di vario genere al suo interno: alcune prodotte dal diritto positivo, altre nate spontaneamente e che ricevono dal diritto una protezione, un riconoscimento. Da ciò deriva la presa di coscienza che il fenomeno istituzionale sia ben più ampio di quello 6 strettamente giuridico. Nei confronti delle istituzioni sociali il diritto svolge un compito di tutela e di controllo e la sua presenza è segno di una valutazione dello stesso fenomeno istituzionale che ha origine nel grembo della vita sociale. Istituzioni e pratiche sociali (Santi Romano) Secondo Santi Romano le istituzioni in senso giuridico hanno i caratteri dell’organizzazione, dell’unità e della stabilità tanto da essere definiti enti sociali. Cosa diversa sono le pratiche sociali, ossia quelle forme di attività umana volte a realizzare valori interni mediante l’individuazione di un modo corretto di fare le cose. Le pratiche sociali non possono essere individuate se non da una prospettiva interna, cioè cercando di comprendere qual è il senso che i partecipanti attribuiscono alle loro azioni e quali regole seguono. In questo senso viene capovolto il modello tradizionale che considera la regola un prior rispetto alla sua applicazione poiché in una pratica sociale la regola esiste perché è seguita nel momento stesso in cui prende forma un’attività sociale cooperativa. 7 Altre dottrine istituzionalistiche: Giorgio Gurvitch (1894-1965) e Giorgio Renard (1876-1943) La teoria sostenuta dal Gurvitch è di origine sociologica e socialistica ed è incentrata sul concetto di fatto normativo. Le comunità in un solo atto generano il diritto e fondano la loro esistenza su di esso. Neanche il Gurvitch considera fatti normativi tutti i gruppi sociali e, dunque, anche il Gurvitch cade nel circolo vizioso, dicendo che sono “attive” le comunità che generano diritto e “passive” quelle che non ne generano (che, pertanto, non sono diritto). Tentò di trasformare l’istituzione in una categoria filosofica il francese Renard, ricollegandola a presupposti metafisici, nell’intento di fondare una dottrina oggettivistica e antivolontaristica del diritto. Tuttavia il risultato fu quello di sovrapporre la filosofia ad una teoria sociologica. 8

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