Filosofia del Diritto - Lezione 3 (Slide) PDF

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This document provides lecture notes on legal philosophy, specifically focusing on the concept of legal sanctions. The notes explore different types of sanctions, their purposes, and various theoretical perspectives. It is likely part of an undergraduate-level course in legal studies.

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Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: #insegnamento# Lezione n°: #lezione# Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# 1° Nucleo tematico IL DIRITTO: NATURA, FINALITÀ E FUNZIONI Lezione n. 3 LA SANZIONE GIURIDICA Sessione 0 LA SANZIONE DEFINIZIONE Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: #insegnamento# Lezione n°: #lezione# Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# DEFINIZIONE Per «sanzione» si intende l’effetto giuridico che il diritto riconosce ad azioni umane giuridicamente rilevanti. Nella dottrina contemporanea ha assunto grande rilievo la distinzione tra: SANZIONE NEGATIVA SANZIONE POSITIVA Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: #insegnamento# Lezione n°: #lezione# Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# DEFINIZIONE Per «sanzione» si intende l’effetto giuridico che il diritto riconosce ad azioni umane giuridicamente rilevanti. Nella dottrina contemporanea ha assunto grande rilievo la distinzione tra: SANZIONE NEGATIVA SANZIONE POSITIVA Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: #insegnamento# Lezione n°: #lezione# Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# SANZIONE NEGATIVA La «sanzione negativa» è la conseguenza giuridica negativa che l’ordinamento riconnette ad un’azione antigiuridica, da esso qualificata come illecita. SCOPO: reinserire l’autore di una condotta illecita nella dinamica sociale, ripristinando l’equilibrio tra lui e gli altri consociati. Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: #insegnamento# Lezione n°: #lezione# Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# SANZIONE POSITIVA La «sanzione positiva» è la conseguenza giuridica positiva che l’ordinamento riconnette ad un’azione umana considerata giuridicamente meritevole SCOPO: riconoscere nell’azione del soggetto un’azione meritoria, perché tale da rafforzare efficacemente la dinamica sociale. Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: #insegnamento# Lezione n°: #lezione# Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# Presupposto della sanzione è l’azione umana intesa come comportamento libero e responsabile che sia possibile imputare ad un soggetto agente. Sanzionare significa giudicare un soggetto nell’uso della sua libertà. Corso di Laurea: #corso# Insegnamento: #insegnamento# Lezione n°: #lezione# Titolo: #titolo# Attività n°: #attività# Caratteri della sanzione giuridica La sanzione giuridica è esterna, nel senso che alla violazione della regola si reagisce con un’azione esterna afflittiva. La sanzione giuridica è formale, in quanto è istituzionalizzata (determinata nel quantum, nel soggetto che la irroga, nei tempi e nei modi di irrogarla). LEZIONE 3 SESSIONE 2 LE TEORIE SANZIONATORIE DEL DIRITTO 1 La sanzione nella prospettiva del realismo giuridico Alf Ross (1899-1979) si domanda anzitutto quale tipo di enunciato le norme giuridiche costituiscano e conclude che esse sono direttive con lo scopo di guidare tanto i giudici quanto i cittadini comuni a comportarsi in un determinato modo. “Il rapporto delle norme giuridiche con la forza sta nel fatto che le norme concernono l’applicazione della forza e non che esse sono sanzionate dalla forza”. Egli non nega la normatività del diritto, ma la intende come un tipo di linguaggio che costituisce un fenomeno reale e, solo per questo, valido. Un sistema di norme è valido se “è idoneo a fungere da schema di interpretazione di un corrispondente insieme di azioni sociali, in modo tale che divenga possibile per noi comprendere questo insieme di azioni come un tutto coerente di significato e motivazione e che ne sia possibile la previsione”. Questa idoneità del sistema delle norme a servire da strumento di interpretazione delle corrispondenti azioni è fondata sul fatto che “le norme siano effettivamente osservate in quanto sentite come socialmente vincolanti”. Ross dunque, da buon realista, riduce la validità del diritto alla sua efficacia. Egli vede nella norma una regola giuridica in grado di regolare l’esercizio della forza. 2 La sanzione nella prospettiva normativa Habert L. A. Hart (1907 – 1992) ritiene che l’esistenza delle sole norme primarie, ovvero di comandi imposti da una qualche autorità, non varrebbe a costituire un ordinamento giuridico. Il sistema legale per Hart si compone di norme secondarie e norme primarie. Le prime differiscono dalle per la funzione: infatti, mentre le norme primarie, che stabiliscono i criteri generali di condotta, hanno una priorità logica, pratica e cronologica, quelle secondarie, in quanto rimedi, sono introdotte dopo le primarie. Inoltre le due categorie di norme differiscono per il contenuto: le secondarie, infatti non creano obblighi come le primarie, ma attribuiscono poteri. Risulta evidente, dunque, anche da questo punto di vista, il loro ruolo sussidiario rispetto alle norme primarie. Le norme secondarie sarebbero rimedi alla incertezza, staticità ed inefficacia delle norme primarie; rimedi operanti a livello normativo, vale a dire che non riescono a sopperire mai del tutto alla necessaria indeterminatezza della norma, rimanendo l'interpretazione ed applicazione del diritto l’unica via per rimediare a tale indeterminatezza. Dunque perché l’ordinamento giuridico possa esistere, è necessario che si verifichi una condizione complessa, in cui per l’individuazione delle norme primarie che impongono obblighi sia usata una norma secondaria “di riconoscimento”. Normalmente, secondo Hart, la norma di riconoscimento non è formulata esplicitamente come tale, ma la sua esistenza è rivelata. La norma giuridica enuncia che dato un evento A (illecito), deve seguirgli un evento B (sanzione). 3 È indubbio che la teoria giuridica di Hart risenta fortemente gli influssi del normativismo kelseniano (di cui si parlerà nella prossima lezione), seppur con delle varianti. Hart, infatti, appartiene pure alla corrente giuspositivista. Come Kelsen insiste sul fondamento normativo del sistema giuridico. Tuttavia a differenza di Kelsen, la normatività del sistema non è presupposta, ma ha una natura empirica, fattuale. Dunque, l’autorità del diritto è di tipo sociale. La tesi di Hart viene definita convenzionalista. La dottrina normativistica tradizionale distingue tra norme primarie o precettive e norme secondarie o sanzionatorie: le prime sono quelle che individuano i comportamenti ritenuti illeciti dal diritto, le seconde sono quelle che garantiscono l’osservanza da parte dei consociati delle prime. Hans Kelsen unifica le due categorie di norme. Nella dottrina kelseniana si altera il tradizionale rapporto tra diritto e forza: da struttura che ricorre alla forza per essere garantita, il diritto diviene struttura di regolamentazione e di uso della forza. Nella categoria kelseniana l’illecito è individuabile non a partire dalle norme primarie, bensì solo come fatto che solo in quanto sanzionato può essere definito antigiuridico. 4 Spunti di riflessione critici alle teorie sanzionatorie Come si coniuga il carattere coattivo dell’ordinamento come strumento di prevenzione e la necessaria proporzionalità tra illecito e sanzione? Due aspetti irrinunciabili della sanzione: la sanzione implica un giudizio di valore dell’azione; la sanzione tutela i buoni cittadini. 5 Lezione 3 Sessione 3 LE FINALITÀ DELLA SANZIONE 1 IL CARATTERE RETRIBUTIVO DELLA SANZIONE A cosa è finalizzata la sanzione? È possibile riconoscere almeno tre funzioni della sanzione:  una funzione punitiva, che consiste nel punire il comportamento di colui che viola una norma giuridica e che si traduce in una sorta di cieca vendetta.  una funzione preventiva. Il timore di incorrere in una sanzione scoraggia la violazione delle norme giuridiche. Essa poggia le proprie basi storiche nei testi illuminati del Beccaria che, nei Dei delitti e delle pene, già scriveva che “È meglio prevenire i delitti che punirli”. Secondo questa teoria, infatti, la pena, così come calcolata in astratto dal legislatore, avrebbe la funzione di distogliere i consociati dalla commissione di reati.  una funzione riparatrice. La sanzione, in alcuni casi, obbliga colui che ha violato una norma a ripararne le conseguenze. Tuttavia, essendo finalizzata, alla tutela e alla promozione della coesistenzialità sociale, la sanzione trova in questo suo fine specifico la sua misura intrinseca. Per sua struttura, non può che essere retributiva. La retribuzione, per sua natura, costituisce, rispetto ad un comportamento, una controazione che corrisponde alla natura del comportamento. I segnali prodromici della retribuzione, nella moderna accezione del termine, vanno ravvisati nel rapporto originato dall’atto illecito, che assoggetta il 2 responsabile prima all’iniziativa privata della vittima e, successivamente, ad una riparazione pecuniaria, ragguagliata all’entità del delitto. La sanzione è giuridica proprio perché supera la logica della vendetta e si traduce in una giusta commisurazione della pena alla colpa e del premio al merito. Il criterio retributivo è l’unico che toglie alla commisurazione della sanzione ogni arbitrarietà: è nell’obiettiva gravità dell’illecito che si fonda il quantum della pena. Il riferimento è quindi alla proporzionalità tra l’illecito e la sanzione. Solo la teoria retributiva garantisce che all’interno dell’esperienza giuridica la sanzione adempia alla sua funzione, ossia quella di garantire la coesistenza nel modo in cui è rilevante per il diritto (come simmetria sociale) e solo con strumenti propri del diritto. Varianti della teoria retributiva La teoria retributiva ha poi subìto due varianti. La prima, proposta da Kant, ha una netta impostazione morale. La pena viene vista come un imperativo categorico con la funzione di compensare la violazione di un principio etico, derivante dalla commissione del reato: deve essere dunque punito chi ha infranto la morale comunemente accettata dall’ordinamento e sintetizzata nelle leggi. Tale variante kantiana è andata incontro ad aspre critiche, fondate principalmente sul presupposto che uno Stato di diritto non possa ammettere la coincidenza tra diritto e morale, perché “non ogni condotta moralmente riprovevole è assunta a 3 condizione di una pena, e […] non ogni condotta assunta a condizione di una pena è moralmente riprovevole”. Altra variante della teoria retributiva è quella proposta da Hegel. Il filosofo, concentrando la sua attenzione sulla riaffermazione simbolica dell’ordine giuridico violato, è ben lontano da ogni riferimento etico di stampo kantiano. Si parla in questo caso di retribuzione giuridica che consiste nell’inflizione di un male (la pena) all’autore del reato per compensare il male (il reato) che l’ordinamento ha subìto con la violazione di una sua norma. Ecco quindi che da un’analisi circa la teoria retributiva viene in risalto come la retributività non risulta avere alcun connotato teleologico circa la pena, attenendo invece alla sua essenza. La teoria retributiva, partorendo il principio di proporzionalità, ha dato alla luce quello che si è rivelato la colonna portante della teoria rieducativa cristallizzata nella Costituzione all’articolo 27. La pena, infatti, per potere rieducare un colpevole non può che essere avvertita come giusta, e la pena è giusta quando risulta proporzionata al reato commesso. 4

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