Appunti di Fisiologia Vegetale / ESONERO 1
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Questi appunti trattano le caratteristiche delle piante, la loro autotrofia e la vita sedentaria, le strutture di trasporto, meccanismi di difesa, risposta alla luce e gravità, i ritmi circadiani, la risposta agli stimoli stressanti. Sono inoltre descritti i diversi tipi cellulari e i processi biochimici coinvolti.
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Lezione 30/09/2024 CARATTERISTICHE DELLE PIANTE: tutta la vita sulla terra dipende dalle piante, la nostra vita è fondata su contributi che le piante danno al nostro vivere; Le piante rappresentano la fonte primaria di molecole carboniose che servono agli animali, sono importanti per la nostra al...
Lezione 30/09/2024 CARATTERISTICHE DELLE PIANTE: tutta la vita sulla terra dipende dalle piante, la nostra vita è fondata su contributi che le piante danno al nostro vivere; Le piante rappresentano la fonte primaria di molecole carboniose che servono agli animali, sono importanti per la nostra alimentazione, intervengono nella regolazione del clima; sono importanti per i nostri fabbisogni energetici (si parla di bioenergia), sono fonte di risorse rinnovabili, anche nella medicina sono importanti, si parla degli effetti farmacologici; più di un terzo dei farmaci deriva dalle piante o dalle modificazioni delle molecole delle piante (fitoterapia). Gli organismi pluricellulari fotosintetici (piante superiori), sono costituiti da cellule eucariotiche con grandi vacuoli (grande peculiarità), un’altra peculiarità è la parete cellulare; la fotosintesi la compiono anche i batteri, quindi questa non caratterizza le piante, ma ciò che le caratterizza sono alcune caratteristiche cellulari. Caratteri fondamentali: · autotrofia= sono i produttori primari del pianeta, usano l’energia solare per convertirla in energia chimica · vita sedentaria= sono sessili e sedentarie, la loro modalità di accrescimento è particolare, cercano il più possibile di esplorare il mondo esterno per ricavare nutrienti, si sono evolute per crescere verso risorse essenziali come la luce, l’acqua · strutture di trasporto per l’acqua, soluti e nutrienti che anche loro stesse producono = si parla di xilema e floema; i trasporti attraverso queste vie non sono mossi da pompe, ma sono processi che seguono delle leggi chimico-fisiche, si tratta di processi passivi, non ci sono pompe attive o organi contrattili; xilema (basso verso l’alto, una direzione, porta l’acqua prelevata dalle radici verso l’alto; ci sono eccezioni come quelle piante sommerse, la prendono ovunque) e floema (in più direzioni, trasporta metaboliti, carboidrati e ormoni) · non hanno la possibilità di fuggire = le piante hanno evoluto meccanismi di difesa dai pericoli, sono meccanismi fisici e chimici, ma anche nella regolazione del metabolismo ci sono delle peculiarità che garantiscono risposte rapide ed efficienti; strategie biologiche date dall’intelligenza biologica con aggiustamenti della fisiologia o della posizione; · rispondono alla luce alla gravità, infatti la luce definisce le modalità di accrescimento; la luce ha 2 ruoli: -luce fotosintetica per sintetizzare carboidrati -la luce morfo genica per definire come una pianta cresce e si sviluppa; fotoperiodo= le piante riconoscono la lunghezza del periodo di buio e luce nell’ambiente, come la durata del giorno (ritmi circadiani); le piante percepiscono le stagioni regolando la fioritura (riproduzione); germinazione e fioritura sono regolate dal fotoperiodo; sentono l’umidità nell’ambiente, che è un fattore che controlla come l’acqua si muove nella pianta; stimoli stressanti come la T, gli erbivori; le piante rispondono alle concentrazioni di CO2 (per la fotosintesi, è il substrato), per esempio l’etilene è l’ormone gassoso delle piante, cioè un segnale regolatorio; Patogeni della parte aerea o radicale: le piante rispondono ai microrganismi benefici e malefici; rispondono alla qualità del suolo; La pianta risponde a tutti questi stimoli con una complessa segnalazione: ES: molte famiglie geniche che nell’uomo sono composte da 10 o 5 membri, nelle piante ce ne sono 1000 all’incirca, si parla di ridondanza genica che permette delle modulazioni molto fini dei processi; · crescita indeterminata= nuovo fusto o rami vengono formati, grazie a delle zone con cellule capaci di dividersi e di differenziarsi, si tratta dei meristemi (apicali, ecc…) · parete cellulare= sostegno meccanico e dona impermeabilità; interviene anche nella regolazione dello sviluppo o della crescita; struttura unica delle piante, molto spessa e complessa; si distingue il nome della cellula vegetale priva di parete, dalla cellula intera detta PROTOPLASTO Prima del 2000, si è molto utilizzata l’arabidopsis thaliana come modello, è una piantina piccola, si può crescere in celle climatiche di piccole dimensioni, ha un genoma piccolo, è autofertile, ciclo vitale breve, facilita gli studi genetici; prima pianta ad essere stata sequenziata!! Ci sono molti ecotipi ormai (cioè, sono genotipi diversi di arabidopsis evoluti in posti diversi del pianeta, e hanno quindi caratteri peculiari), columbia 0 è stato il primo genotipo ad essere sequenziato; LA CELLULA VEGETALE: grande diversità/variabilità di forme e funzioni · vacuolo= nelle piante prendono e assumono dimensioni che lo fanno diventare un organello peculiare; · plastidi= cloroplasti · Golgi/ RE = sono comuni a quelli animali, ma hanno peculiarità funzionali · dimensioni varie= la parete cellulare ha una struttura che permette di raggiungere notevoli dimensioni, ma queste possono variare: le cellule meristematiche sono piccole, hanno una parete sottile; le cellule epidermiche sono come tessere di un puzzle, arrivano a diametri di 75 micron; le cellule parenchimatiche 150 e gli elementi xilematici 300 micron. DIMENSIONI E FORME GARANTITE DALLA PARETE CELLULARE Per studiare tutto questo: le dissezioni spesso si facevano con metodi di frazionamento cellulare: 3 step principali -> distruzione del tessuto, centrifugazione differenziale e centrifugazione del gradiente di densità; quando noi dobbiamo localizzare molecole o strutture dobbiamo applicare questi metodi, che data la presenza della parete è più difficoltoso rispetto alla cellula animale, infatti ci costringe ad usare metodi duri per ottenere omogenati (tramite frullatore); ma ci sono metodi che ci preservano l’integrità dei vari organelli nell’omogenato; ci sono metodi di centrifugazione differenziale che separano per la dimensione o la densità i vari organelli sottoponendoli a una forza centrifuga sempre maggiore; Nel caso di mitocondri o nuclei dobbiamo stare attenti nella tappa di omogenizzazione, rompendo meccanicamente (omogenizzazione) gli organelli si preservano, MA non si possono preservare le membrane; infatti, queste si rompono e si formano dei pezzettini che si richiudono a formare vescicolette, MICROSOMI, distinguibili per densità, hanno composizione di proteine diversa e si possono separare per densità, (possono essere di membrana plasmatica o del RE): CENTRIFUGAZIONE DIFFERENZIALE con il blender: · a velocità basse (600) si possono recuperare i nuclei · a 2000 gravità recupero i cloroplasti · poi mitocondri (10.000) · poi restano i microsomi nel natante (velocità alte, macedonia delle membrane di tutta la cellula), poi posso separarle tra di loro in base alla densità: centrifugazione isopicnica (isodensità), sfrutta la densità degli organelli; Es: Omogenato con i microsomi, questi si separano in base alla densità, ma ho bisogno di ultracentrifuga con tubi particolari (orizzontali) per ottenere risultati/separazioni migliori. Ad oggi moltissime nuove tecniche, come l’utilizzo di enzimi che rompono la matrice extracellulare separando i diversi tipi cellulari, abbiamo i citometri a flusso che separano le cellule in base a delle caratteristiche, come quelle dimensionali, anche tecniche omiche su singola cellula; ma non avremo mai qualcosa di totalmente puro! MEMBRANE cellulari= hanno diversa composizione in base a quali molecole sono legate, cioè quali proteine; doppio strato lipidico, dove si trovano proteine estrinseche e intrinseche, glicoproteine. I glicani (non hanno una localizzazione omogenea nella cellula) delle glicoproteine nella membrana plasmatica (o detta plasmalemma) sono esterni, mentre nel vacuolo interni! La membrana nucleare, che è in continuità con il RE, ha un lume con strutture proteiche che consentono la comunicazione con i citosol. La membrana plasmatica trattiene, assorbe o esclude sostanze. RE: rete di collegamento delle membrane interne in cui avviene la maturazione delle proteine, sintesi di lipidi e trasporto proteico. Formato da tubuli e cisterne appiattite (che avvolgono il materiale nucleare, detta membrana nucleare); Ha varie funzioni, partecipa alla maturazione di proteine NON citosoliche, cioè quelle che stanno nei vari compartimenti (come nel tonoplasto (membrava vacuolo)), nel trasporto delle proteine (Golgi/RE); Esiste quello: · liscio= rappresenta il sito di sintesi dei lipidi e di processi biochimici che tendono a modificare le proteine · rugoso= associati ha i ribosomi (i quali rappresentano i siti della sintesi delle proteine da esportazione), ed è quello in cui i polipeptidi nascenti, vengono fatti passare tramite la membrana del RE, dove l’N-terminale del polipeptide ha una sequenza segnale (idrofobica) che viene tagliata durante il trasferimento e la proteina matura (senza sequenza) la troviamo nel RE, e se non ci sono altri segnali, questa verrà secreta, per andare in altri compartimenti deve avere altre sequenze segnale; ricapitolando una proteina per entrare nel rer deve avere una sequenza N-terminale, durante la traslocazione viene tagliata tale sequenza, abbiamo la proteina matura; se deve essere localizzata in altri compartimenti necessita di altri segnali di riconoscimento, altrimenti verrà secreta; Le proteine che entrano nei mitocondri o in altri plastidi hanno sequenze diverse, questo perché i plastidi hanno 2 membrane, una interna e una esterna, quindi hanno 2 sequenze bipartite, una per oltrepassare la prima membrana e la seconda sequenza per la seconda membrana; Dal gene alla proteina: nel nucleo avviene la trascrizione del DNA, si ha così l’mrna, che dovrà a seguito di una serie di modificazioni, abbandonare il nucleo ed essere traslocato nel citosol dove avverrà la traduzione a livello dei ribosomi, durante la sintesi della catena polipeptidica, nella catena nascente emerge una sequenza di segnalazione N-terminale; per quanto riguarda la sintesi proteica sui ribosomi legati al RER, il polipeptide entra nel lume del RE, la sequenza segnale viene riconosciuta da un fattore SRP, il quale si lega al recettore SRP, una volta avvenuto il riconoscimento la catena polipeptidica attraversa il traslocone, entra nel RE, e terminata la traduzione interviene una peptidasi del segnale che rimuove la sequenza segnale N-terminale, ora la proteina è matura, viene immagazzinata in una vescicola di trasporto diretta verso l’apparato di Golgi dove avverranno ulteriori modificazioni. Tecnica di riconoscimento di proteine subcellulari = GFP (proteine fluorescenti, dove fondo il gene reporter (gene che mi permette di capire la funzione e dove si trova quel gene grazie alla colorazione) al gene della proteina in questione in un organismo mutante per quel gene); faccio produrre alla cellula/alla pianta delle proteine e ne vedo la localizzazione in vivo, ho bisogno di microscopi confocali; ci sono molti derivati della GFP (come la RFP), si studia anche la dinamica della localizzazione della proteina, cioè dove si sposta, magari se do uno stimolo va altrove, a riposo invece sta nel citosol! TRAFFICO VESCICOLARE: Le proteine secrete dal RE vengono portate tramite vescicole nella faccia cis dell’apparato di Golgi, nel quale vengono modificate ulteriormente grazie alla presenza di cisterne ricche di enzimi importanti per compiere modificazioni come la glicosilazione (aggiunta di catene oligosaccaridiche), e infine (gemmazione) vanno verso la membrana plasmatica sempre tramite vescicole con la quale si fonderanno; Mentre il lume del reticolo è continuo, le cisterne del Golgi hanno un lume distinto. Flusso e comunicazione tra le cisterne avviene grazie alle vescicole (trans, le più distali, guardano verso il lato esterno, cioè quello citoplasmatico, cis invece sono quelle rivolte verso il RE, verso il centro; tra le cis e le trans ci sono le cisterne intermedie dette di transizione); la natura di queste cisterne è dinamica e transiente, una nuova cisterna si forma per fusione di queste vescicole che vengono incorporate nella membrana del Golgi; si ha una continua formazione di cisterne cis e attraverso il processo di gemmazione, ai margini laterali delle cisterne si formano delle vescicole che si staccano da una cisterna e si fondono sulla membrana della cisterna successiva versando al suo interno il contenuto. Una struttura è apparentemente stabile perché non cambia oppure perché è sottoposta a processi dinamici che mantengono stabile la struttura: questo è lo stato stazionario, cioè un equilibrio immobile, indica una situazione dinamica (processi) che mantiene la struttura/quello stato; il Golgi è quindi una struttura dinamica con un suo stato stazionario. La natura di queste cisterne è dinamica e transiente (si forma con emissione di vescicole) GOLGI: a volte distinguiamo una struttura ancora più esterna al Golgi, il TGN (trans Golgi network) una struttura dinamica, una complessa rete di membrane e vescicole che rappresenta il punto in cui le proteine, a partire dalla zona trans del Golgi, vengono spedite nella loro precisa destinazione in base alla tipologia di vescicola, una sorta di HUB vescicolare; il Golgi oltre alla funzione della modificazione proteica (come quella glicosidica), ha anche una funzione di produzione di polisaccaridi/componenti matriciali che faranno la parete cellulare (emicellulose e pectine formano nella parete la matrice); La cellulosa si sintetizza invece nella superficie del protoplasto; altre funzioni sono: -biosintesi dei polisaccaridi sulla superficie cellulare -modificazione delle glicoproteine destinate alla superficie cellulare e ai vacuoli -accetta e modifica le membrane dal RE e dal plasmalemma (m.p.) per endocitosi QUINDI: nell’Apparato di Golgi si formano i polisaccaridi di parete, i componenti polisaccaridici matriciali della parete, parliamo di pectine ed emicellulose, chiaramente anche le glicoproteine che verranno spedite nei giusti compartimenti; Lezione 02/10 PLASMODESMI: nonostante la cellula vegetale abbia la parete, le cellule vegetali comunicano tra di loro grazie a due meccanismi: · la porosità della parete: la parete non è compatta, è porosa; la parete non è una barriera che impedisce la comunicazione tra cellule! Ma la comunicazione tra cellule adiacenti è garantita soprattutto da: · plasmodesmi: sono dei canali in senso fisico e non in senso proteico, sono canali circondati da plasmalemma che attraversano la parete cellulare e mettono in contatto il citosol di due cellule adiacenti; questo passaggio (il canale) è foderato di membrana plasmatica, la quale è continua con la membrana plasmatica della cellula adiacente, le membrane plasmatiche sono quindi continue; All’interno di questo passaggio/canale (plasmodesmi) abbiamo delle strutture fra cui il tubulo che viene dal RE, detto desmotubo (attraversa il plasmodesma), è in continuità con il RE. Ci sono poi tante proteine, o meglio un organizzazione di proteine all’interno del desmotubulo, alcune sono nel desmotubo, cioè dentro, alcune foderano l’esterno della membrana del desmotubulo e proteine che foderano la membrana plasmatica; ci sono delle briglie proteiche che connettono le proteine esterne al desmotubulo sulla membrana plasmatica, sono proteine contrattili (proteine piolo), possono allungarsi o accorciarci regolando la dimensione di questo passaggio; questo significa che la dimensione dello spazio per il passaggio di molecole tra il citosol di una cellula e il citosol della cellula adiacente è variabile e sottoposto a regolazione. In alcune piante c’è una struttura particolare detta annulo; i plasmodesmi spesso sono raggruppati sulla superficie della cellula, e il numero di plasmodesmi che connette due cellule è legato alla loro interazione funzionale, più interagiscono tra di loro + plasmodesmi ci saranno. L’ampiezza del passaggio delle molecole (le quali possono attraversare il plasmodesma nella regione delimitata dal plasmalemma e dal desmotubo) è vincolata dalle proteine contrattili (proteine piolo), (si parla di SEL), si è visto che fino a 1000Dalton, le molecole possono attraversare lo spazio tra la membrana e il desmotubulo; **i virus, cioè i complessi proteina/acido nucleico virali, possono attraversare i plasmodesmi, ma sono più grandi di 1000DA; capito questo si è capito che il SEL è regolabile, quindi l’ampiezza del passaggio può essere allargata, e in questo caso, è il virus stesso che provvede ad allargare questo SEL, ci sono delle proteine dette del movimento, codificate dal virus, che aumentano la taglia di esclusione molecolare dei plasmodesmi, in questo modo i virus si diffondono nella pianta passando da cellula a cellula attraverso il floema; -alcuni plasmodesmi si formano durante la citochinesi: quando si forma la parete, alcuni tubuli del RE rimangono intrappolati nella piastra cellulare e danno origine ai plasmodesmi, altri si formano invece de novo; I plasmodesmi hanno diversa morfologia, possono essere semplici o ramificati, questo dipende dall’attività metabolica della cellula. La continuità del citoplasma tra due cellule è assicurata dai plasmodesmi (non in tutte le cellule, alcune non hanno plasmodesmi); la continuità citoplasmatica è detta SIMPLASTO, il quale si distingue dall’APOPLASTO, che è il compartimento continuo della parete cellulare: · SIMPLASTO= sistema continuo di citosol collegati dai plasmodesmi · APOPLASTO= compartimento continuo in tutta la pianta, sistema continuo al di fuori della membrana plasmatica che include le pareti cellulari; gli spazi aeriferi intercellulari dei tessuti vengono considerati come apoplasto, che interessano il movimento di molecole allo stato gassoso e non liquido VACUOLO: è presente sono nelle cellule vegetali. è un organulo delimitato da una membrana semipermeabile detta TONOPLASTO, una membrana che deriva dal Golgi e contiene trasportatori specifici e proteine; All’interno del vacuolo c’è un succo vacuolare che ha una composizione diversa da quella del citosol (è più ricco di proteine) che contiene enzimi, acqua, ioni inorganici, acidi organici, metaboliti secondari + talvolta inclusioni solide; è una struttura dinamica: la sua composizione e funzione cambia a seconda dell’attività della cellula. I vacuoli occupano il 90% del V cellulare: a partire da una cellula meristematica vediamo piccoli vacuoli, ma a mano a mano che matura si ingrandiscono fino a fondersi in un unico vacuolo che schiaccia il citosol sulla membrana plasmatica a livello della periferia. Funzioni: · riduzione dei costi relativi all’amplificazione della superficie di contatto pianta/ambiente e incremento dell’efficienza della pianta nell’acquisizione dei nutrienti -> se una cellula vegetale deve ingrandirsi, se fosse piena di citosol, avrebbe bisogno di spendere tanta energia per accrescersi, il vacuolo, che ha meno proteine, ma è pieno di acqua e soluti, consente un espansione della cellula a basso costo, perché non ha organelli ecc…; le cellule possono diventare grandi senza consumare troppa E · funzione osmotica (insieme al citosol e alla parete cellulare): regola le concentrazioni di soluti e di H2O perché contiene molti trasportatori nel tonoplasto, questi sono pompe/canali (simporto, antiporto, uniporto) fondamentali per le relazioni osmotiche tra citosol e vacuolo. Decide dove va l’acqua tra due membrane; quindi, la funzione osmotica è importante per: -da sostegno meccanico generando turgore (quando la pianta è idratata, ha le cellule turgide, cioè, hanno una pressione idrostatica positiva garantita dall’interazione tra protoplasto e parete, non scoppia la cellula, è vincolata dalla componente elastica della parete). Il turgore è fondamentale per il mantenimento della forma (no nelle piante legnose, hanno pareti spesse e si reggono da sole; quelle erbacee hanno bisogno del turgore altrimenti si afflosciano); -il turgore è la forza guida dell’espansione cellulare che poi è diretta dalla parete cellulare (generazione della forza motrice necessaria per la crescita cellulare); -per il funzionamento degli stomi (chiusura e apertura); -movimento reversibile (per esempio in alcune piante il movimento dei rami, che durante il giorno solo aperti e durante la notte si chiudono, questo è legato ai cambiamenti di turgore di cellule dette pulvini, le quali si trovano alla base dei rametti) e irreversibile (legato alla dinamica di crescita, per andare verso la luce ad esempio) di parti della pianta · funzione di accumulo nel citosol e nell’apoplasto: organello di accumulo di ioni, acidi organici (prodotti per regolare il PH citosolico), zuccheri e molecole come i metaboliti secondari, amminoacidi; alcuni metaboliti accumulati hanno funzione di riserva energetica, vengono scisse quando necessario per fornire energia · accumulo di metaboliti con funzione di riserva · accumulo di metaboliti secondari: importanti per l ‘interazione pianta-ambiente, vengono prodotti dalla pianta e accumulati nel vacuolo, poiché tossici per la pianta stessa; si parla di metabolismo secondario, ad oggi si parla di metabolismo specializzato · funzioni litiche: hanno la stessa funzione dei lisosomi; la pianta non ha apparato escretore, quindi gli scarti sono accumulati nel vacuolo TURGORE CELLULARE: pressione di turgore il vacuolo e la parete svolgono un ruolo importante nel determinare la tonicità (rigidità) della cellula vegetale; · c’è una pressione idrostatica positiva, pressione di turgore (la cellula è rigida, turgida) quando si trova in ambiente ipotonico; la pressione dell’acqua nel vacuolo viene controbilanciata dalla rigidità della parete cellulare che determina questa pressione di turgore. La pressione idrostatica positiva del protoplasto viene controbilanciata dalla resistenza opposta dalla parete cellulare (elastica) · in un ambiente isotonico (equilibrio, non c’è movimento di acqua) la cellula non ha più la pressione idrostatica positiva; · in ambiente ipertonico, il protoplasto si contrae, perde acqua, si raggrinzisce; il protoplasto si stacca dalla parete (tranne dove è ancorato ai plasmodesmi), altrimenti la membrana plasmatica si stacca dalla parete -> si arriva alla condizione di PLASMOLISI (in ambiente ipertonico, soluti più concentrati fuori, pressione maggiore fuori, l’acqua esce), la plasmolisi se prolungata nel tempo porta alla morte della cellula. Tutto questo è dovuto all’osmosi e al movimento dell’acqua per osmosi; la parete cellulare si oppone al continuo richiamo di H2O nel vacuolo, se non fosse così si avrebbe lo scoppio della cellula. **perché l’acqua si muove? OSMOSI: ambiente isotonico: concentrazione dei soluti interna uguale a quella esterna ambiente ipotonico: concentrazione dei soluti interna maggiore di quella esterna ambiente ipertonico: concentrazione dei soluti interna minore a quella esterna a differenza della cellula vegetale, nelle cellule animali i globuli rossi, per esempio scoppiano (in condizione ipotonica), questo non avviene nelle cellule vegetali grazie alla pressione di turgore. **forza motrice per la distensione cellulare: la pressione di turgore esercitata dal vacuolo in maniera uniforme sulla parete cellulare rappresenta la forza guida dell’accrescimento delle cellule vegetali TONOPLASTO: è una membrana semipermeabile, a doppio strato lipidico; · Regola gli scambi tra vacuolo e citosol · presenta più glicolipidi (galattolipidi) e meno fosfolipidi; · Ha molte proteine integrali intramembrana (proteine carriers, pompe protoniche e canali) ed enzimi. · Alcune glicoproteine del vacuolo sul tonoplasto hanno i glicani all’interno del vacuolo e non verso il citosol (hanno quindi oligosaccaridi rivolti verso il succo vacuolare): i glicani delle proteine nelle cellule non guardano mai nel citosol (internamente); · acquaporine · Trasportatori unidirezionali (di un anione, per esempio, dal citosol al vacuolo, va dentro; un anione può attraversare le membrane solo tramite l’aiuto di proteine, perché sono carichi, non passano per diffusione semplice) · simportatore (porta due molecole nella stessa direzione) · ci sono gli antiportatori (2 mol in direzione opposta) · poi ci sono le pompe (proteine che portano le molecole controgradiente con spesa di energia), tutti questi trasportano H+, perché nella pianta la distribuzione diseguale di protoni è una fonte di energia utilizzabile per regolare i fenomeni di trasporto stessi. SUCCO VACUOLARE: contiene: acqua, sali inorganici (la composizione dipende dal terreno in cui vive la pianta), acidi organici come l’acido malico (abbondante nelle mele) che è un acido debole che viene rilasciato nel citosol per aggiustare le variazioni di ph quando serve (se diviene troppo basico), ristabilizza l’omeostasi del ph allorché il citosol si basifica; oppure l’acido citrico (nel limone); oppure polisaccaridi come inulina (polimero del fruttosio); amminoacidi, proteine di riserva (nei semi) o enzimatiche (idrolitiche), e lipidi. Le proteine solubili sono molto più diluite nel succo vacuolare rispetto a quelle solubili del citosol!!! CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO: l’accumulo di ossalato di calcio (sale insolubile in H2O) comporta la formazione di questi cristalli; quindi l’ossalato precipita nel vacuolo formando dei cristalli, cristalli di varia natura in base al loro metabolismo; OMEOSTASI E PH: sono i trasportatori protonici (pompe protoniche) a determinare la diversa concentrazione di protoni tra vacuolo e citosol determinando un PH diverso tra i due compartimenti. -differenze di ph nei vari compartimenti nella cellula: (peculiarità delle cellule vegetali) -APOPLASTO (compartimento) e VACUOLO= ph acido, 5.5 -CITOSOL= ph di 7.2 Questa differenza di protoni induce una differenza di potenziale elettrico tra i compartimenti tra apoplasto e vacuolo: il citosol ha più cariche negative e ha una differenza di potenziale più negativo con l’ambiente esterno o con il vacuolo (il vacuolo ha pompe che sputano protoni dentro e questo crea un potenziale elettrico negativo nel citosol) Potenziale elettrico compartimenti: -CITOSOL -> tra esterno e interno è -120 millivolt, l’interno è più negativo rispetto all’esterno -VACUOLO -90millivolt; il vacuolo è più positivo rispetto al citosol (il citosol ha più cariche negative rispetto al vacuolo e all’apoplasto). PH VACUOLARE: il succo vacuolare ha un PH acido e questo si mantiene grazie alle pompe protoniche nel tonoplasto, che attraverso l’idrolisi di ATP forniscono protoni al succo, acidificandolo, ma allo stesso tempo ricordiamo che permette anche di mantenere il PH citosolico costante (7); Riserva di ioni: nel vacuolo vengono accumulati molti ioni inorganici, questi vengono accumulati nel vacuolo mediante trasportato attivo tramite trasportatori specifici presenti nel tonoplasto. Funzioni litiche e accumulo di sostanze di riserva: · enzimi litici nel vacuolo (idrolasi acide o glicosidasi) = il vacuolo ha una funzione analoga a quella dei lisosomi delle cellule animali; sono importanti per il riciclaggio e la digestione dei componenti molecolare della cellula. Metaboliti secondari: il vacuolo svolge anche delle funzioni escretrici di metaboliti o sostanze tossiche per la cellula stessa, ma che hanno un ruolo importante nella difesa della pianta! esempio di segregazione-> i glicosidi cianogeni (mandorla amara) sono molecole carboniose legate a zuccheri che hanno un atomo di N legato con C attraverso triplo legame; queste molecole una volta tolte dagli zuccheri, danno un intermedio instabile che rilascia cianuro; se venissero idrolizzate nel citosol sarebbero pericolose per la cellula stessa, per questo vengono accumulati nel vacuolo. Questi metaboliti hanno una funzione di difesa per la pianta, contro per esempio gli erbivori. RISERVA DI METABOLITI: metaboliti di diverso tipo come amminoacidi, zuccheri, proteine, ma anche pigmenti che conferiscono la colorazione a fiori e frutti; ECCEZIONE-> i carotenoidi, nonostante siano pigmenti colorati non sono accumulati nei vacuoli ma nei plastidi!!! CORPI PROTEICI: nei semi disidratati (ricino), questa funzione di riserva deve essere implementata, i vacuoli si specializzano nell’accumulo di proteine, e vengono chiamati corpi proteici (o granuli di aleurone); durante la maturazione del seme si ha l’accumulo di proteine di riserva nel vacuolo nei corpi proteici. Nei semi queste proteine vengono idrolizzate per formare amminoacidi ed energia durante la germinazione. (questo processo è importante fino a quando non si attiva la fotosintesi) All’interno del corpo proteico abbiamo: · matrice amorfa: albumine (nelle dicotiledoni e cereali) · cristalloide: proteine globulari (globuline, legumine nelle leguminose) · globoide: formato da fitina, sale di calcio o magnesio/potassio e inositolo esafosfato (acido fitico); è la principale forma di riserva di P e inositolo, oltre che cationi. fitina (non proteica, principale forma di deposito di fosforo) = inositolo in cui gli ossidrili sono esterificati con gruppi fosfato, cioè un complesso di inositolo esafosfato con legati tutti gli ioni positivi. È un deposito di ioni e di fosfato per il seme in germinazione, verranno rilasciati durante la germinazione; problema della fitina: noi mangiamo i semi, ma la fitina sequestra gli ioni positivi, quindi sequestra il ferro, è quindi un fattore anti-nutrizionale. (Inositolo =è un poliolo costituito solo da OH, non è un chetoso o un aldoso.) -I corpi proteici sono abbondanti nei semi delle leguminose -lectine: proteine di riserva e di difesa, legano specifici polisaccaridi riducendo l’assorbimento degli zuccheri da parte dei predatori! Formazione corpi proteici: attraverso il Golgi, le proteine si localizzano nel vacuolo, che a sua volta man mano cresce e si specializza in vacuolo di riserva per proteine e fitina, si forma così il corpo proteico. In alcuni casi si formano direttamente dal RE, ma in questo caso non avvengono modificazioni che avverrebbero sul Golgi (glicani) ORGANULI CHE DERIVANO DAL SISTEMA DI ENDOMEMBRANE: · corpi oleosi o oleosomi = organelli che accumulano lipidi · perossisomi · gliossisomi corpi oleosi o oleosomi (oleosine + trigliceridi): durante lo sviluppo del seme molte piante sintetizzano trigliceridi sottoforma di olio che si accumula negli oleosomi, si trovano soprattutto nei semi (riserva di alimento) e nel pericarpo di alcuni frutti grassi come l’avocado o l’oliva. Non sono circondati da una doppia membrana, ma da un monostrato fosfolipidico di membrana che deriva dal RE (teste polari dei fosfolipidi verso il citosol e le code idrofobiche verso l’interno dove sono accumulati i grassi) + proteine sulla superficie dette oleosine che impediscono la fusione degli oleosomi; i lipidi vengono accumulati sottoforma di trigliceridi, sono esteri neutri (non carichi) del glicerolo in cui al posto degli atomi di H dei gruppi ossidrilici ci sono 3 catene di acidi grassi. Vacuoli lipidici= oleosomi: spesso sono vicini ad altri organelli, i gliossisomi (perossisomi specializzati) e mitocondri, questo perché l’utilizzo dei trigliceridi coinvolge anche questi organelli, i trigliceridi devono essere metabolizzati nei gliossisomi e nei mitocondri (energia). Genesi oleosoma: si forma dal RE, perché la biosintesi degli acidi grassi vede un ruolo importante del RE (i trigliceridi si formano nel RE), ma la loro biosintesi comincia nei plastidi, i quali poi interagiscono con il RE per fare i diversi oleosomi; quando raggiunge la dimensione critica, l’oleosoma si stacca dal RE -> processo complesso simile alla gemmazione. MICROCORPI: hanno funzioni metaboliche specializzate: · perossisomi (microcorpi delle foglie) = sono presenti nelle cellule verdi perché svolgono la fotorespirazione, processo metabolico associato alla fotosintesi; sono più piccoli dei mitocondri, organelli sferici, circondati da una singola membrana canonica, hanno matrice granulare e a volte fibrillare; caratterizzati da reazioni ossidative che generano H2O2(tossica), infatti sono organelli ossidativi: molti pensano che prima che ci fosse l’endosimbiosi con i mitocondri, le reazioni ossidative della cellula venissero svolte dai perossisomi, poi queste funzioni ossidative si sono spostate nel mitocondrio; i perossisomi sviluppano H2O2 che è tossica tramite enzimi che rimuovono atomi di H da specifici substrati organici, MA questi organuli contengono un enzima catalasi che degrada l’H2O2 in H2O e O2 e la catalasi rappresenta fino al 25% del contenuto proteico di questi organelli. Possiamo avere la cristallizzazione della catalasi che è visibile (questi cristalli) nel perossisoma. Le loro caratteristiche dipendono dal tessuto, vari tipi di microcorpi: · Perossisomi fogliari: nelle foglie delle piante C3 giocano un ruolo importante nella fotorespirazione (associato al CICLO C2 della fissazione del carbonio), associati alle cellule che svolgono fotosintesi · Gliossisomi: nei semi oleosi in germinazione partecipano alla mobilitazione delle riserve lipidiche (trigliceridi, deposito di energia, soprattutto in frutti e semi), sono associati ad oleosomi e mitocondri; catabolizzano le sostanze lipidiche depositate nell’oleosoma (trigliceridi), l’acido grasso poi entra nel gliossisoma (si parla di beta ossidazione negli animali, nelle piante la beta ossidazione avviene nei perossisomi/gliossisomi), partendo dai trigliceridi arriviamo al saccarosio, meccanismo che converte energia (lipidi/ trigliceridi) in carboidrati; le piante preferiscono un metabolismo carboidratico piuttosto che lipidico, quindi se hanno i lipidi, li convertono in carboidrati recuperando l’energia contenuta nei lipidi; · Uricosomi: nei noduli delle leguminose (quando stabiliscono una simbiosi, con la simbiosi con dei batteri rizobi, azotofissatori, utilizzano l’azoto atmosferico trasformandolo in ammoniaca, organicano l’ammoniaca su scheletri carboniosi = molte molecole azotate, e al loro metabolismo partecipano questi microsomi) sono coinvolti nel metabolismo di sostanze azotate che vengono prodotte do microrganismi simbiontici Lezione 04/10 FOTORESPIRAZIONE (CICLO C2), perossisomi (la vedremo più avanti): perossisomi fogliari = sono coinvolti nel ciclo C2 che coinvolge cloroplasti, mitocondri, citosol (e perossisomi) ORGANELLI SEMIAUTONOMI (hanno un loro genoma che è circolare, ha una sua traduzione proteica; il genoma circolare non è in singola copia ma presente in multiple copie, soprattutto nei plastidi); · Mitocondri: ha le stesse funzioni dei mitocondri nelle cellule animali; -sono pleiomorfici, cioè, hanno forme differenti, e il loro numero varia a seconda della cellula; -hanno una doppia membrana (la membrana interna ha delle evaginazioni, creste) + matrice interna + uno spazio intermembrana tra le due membrane; -sono semiautonomi, hanno un proprio genoma circolare; -organulo dove avviene la respirazione cellulare, dove si utilizza O2 e si forma CO2 (sia piante che animali); sono la centrale energetica; oltre all’energia contenuta nelle molecole che entrano e vengono degradate nel mitocondrio, serve a formare potere riducente e ATP, si parla dell’ATPasi protonica che sintetizza ATP; -ipotesi endosimbiontica dell’origine del mitocondrio: si pensa che sia dovuta ad un’antica simbiosi tra un batterio e un altro microrganismo, e la stessa cosa accade per i plastidi, sono il risultato di un’ancestrale simbiosi tra due cellule (un cianobatterio è stato incorporato nella cellula eucariotica) · Plastidi: classe eterogenea di organelli che possono convertirsi da una forma ad un'altra; sono semiautonomi - hanno un loro genoma, si dividono per scissione binaria (anche i mitocondri) - quelli presenti nelle cellule molto giovani (meristematiche) si chiamano protoplastidi, forme giovani di plastidi - se la piantina cresce (detta plantula) al buio, i protoplastidi si convertono in ezioplasti (dette piantine eziolate), quando invece arriva la luce i plastidi vanno incontro a maturazione, gli ezioplasti formano i cloroplasti, oppure si ha la conversione a plastidi in colore; - leucoplasti (biosintesi di lipidi, terpeni; non sono fotosintetici) non hanno colorazione, fra cui distinguiamo: - i plastidi si possono trasformare anche in organelli che accumulano amido, gli amiloplasti (quelli della radice, nell’apice radicale, contengono molto amido impacchettato e fungono da organelli che percepiscono la gravità, essendo densi, sedimentano nella cellula, e la sedimentazione genera segnali sul citoscheletro che generano una cascata del segnale per regolare la sua crescita a seconda della gravità, questi non sono solo nella radice; si chiamano statoliti e le cellule che li contengono sono gli statociti) - alcuni plastidi accumulano anche alcuni tipi di proteine - anche goccioline lipidiche (elaioplasti) - alcuni accumulano pigmenti, detti cromoplasti (carotenoidi, licopene (rosso)) - alcuni cloroplasti possono convertirsi in cromoplasti (hanno funzioni vessillifere, nei fiori, nei frutti, danno colore) PROTOPLASTIDI: plastide bambino, il precursore di tutti gli altri plastidi, infatti sono nelle cellule meristematiche; hanno uno stroma denso, hanno ribosomi procariotici (è semiautonomo il plastidio, quindi ha una sua traduzione!); Ha un sistema di membrana meno sviluppato rispetto a cloroplasti, formato da un ammasso di tubuli membranosi; la duplicazione dei plastidi è simile a quella dei batteri, per scissione, poi una volta formato matura… Vediamoli meglio… CLOROPLASTI: sono verdi, contengono clorofilla; hanno una struttura membranosa ben organizzata, sono la sede della fotosintesi; -le membrane formano i GRANA che sono formati dall’appressamento di cisterne formate da sacculi appiattiti, questi sacculi non sono isolati, sono estroflessioni di un unico sistema membranoso che si organizza in sacculi impilati, il loro lume quindi è continuo all’interno di questi sacculi, detti tilacoidi (membrane), è continuo anche con il lume delle membrane che collegano tra loro i diversi grana, parliamo quindi di tilacoidi granali (sacculi) e tilacoidi intergranali che collegano tra di loro i sacculi; il lume è continuo e distinto dall’esterno che è lo stroma; ha diverse funzioni: sono coinvolti oltre che nella fotosintesi, anche nella sintesi dei lipidi che viene avviata nei plastidi, ma anche nella sintesi di tetrapirroli (che compongono l’eme e la clorofilla) e sintesi di terpenoidi (via detta MEP); -tutte le proteine coinvolte non sono codificate solo dal genoma del plastide, infatti questo contiene pochi geni, vengono quindi codificate nel nucleo e poi importate nei plastidi; a 2000 gravità vengono sedimentati i plastidi (più piccoli del nucleo) Immagine molecole: clorofilla A e clorofilla B, la clorofilla è un tetrapirrolo chiuso con un atomo di Mg coordinato al centro, ha un quinto anello ciclopentanonico e ha una catena lipidica idrofobica detta fitolo, è una catena terpenica, e questa serve per far interagire le membrane tilacoidali o proteine con la clorofilla (ancora la clorofilla alle membrane tilacoidali); -A e B differiscono per la catena laterale legata all’anello 2, c’è un CH3 in A e un gruppo aldeidico nella clorofilla B, CHO -> questa variazione porta a delle differenze nell’assorbimento di lunghezze d’onda della luce differenti CROMOPLASTI: sono colorati grazie alla presenza di pigmenti, come i carotenoidi (abbondanti) e sono responsabili della colorazione di frutti, fiori, radici (carote); sono terpeni (carotenoidi). -si sviluppano dai proplastidi o mediante differenziamento dei cloroplasti. LEUCOPLASTI: sono coinvolti nella sintesi di lipidi e metaboliti (terpeni); sono incolore, non hanno la struttura membranosa complessa dei cloroplasti, contengono plastoglobuli (gocce lipidiche) a volte; sono circondati da un RE liscio che collabora alle biosintesi (si scambiano metaboliti). AMILOPLASTI (statoliti): non sono pigmentati, non hanno tilacoidi, hanno grossi granuli di amido; in particolare nella cuffia della radice, sono presenti in cellule dette statociti e loro vengono chiamati statoliti, servono per percepire la gravità: le radici crescono verso il basso, il fusto verso l’alto perché sentono la gravità. EZIOPLASTI: plastidi che si sviluppano in piantine cresciute al buio; -contengono il precursore incolore della clorofilla (la protoclorofillide, giallino) e hanno una struttura membranosa cospicua ma non tilacoidale, non hanno tilacoidi ma tubuli detto corpo pro lamellare (struttura quasi cristallina); quando sono sottoposti alla luce, vediamo la dissoluzione del corpo pro lamellare, con le membrane che si organizzano a formare i grana (si ha un allungamento che porta alla formazione dei tilacoidi, poi si formeranno i grana), e membrane intergranali, formando così il cloroplasto; DIVISIONE DEI PLASTIDI: le cellule che si dividono rapidamente (meristematiche) hanno meno cloroplasti con alto numero di copie del genoma, quelle che si dividono lentamente hanno n di cloroplasti maggiore ma meno copie del genoma. Immagine: transizione degli ezioplasti da corpo pro-lamellare a struttura che diviene cloroplasto: le membrane si allungano, divengono tilacoidi e piano piano si formano i grana… PARETE CELLULARE: vediamo il protoplasto all’interno, circondato dalla parete che ha spessore variabile a seconda dello stadio di sviluppo. · Formata da polisaccaridi (90%) ma ci sono anche proteine e composti fenolici (quando la cellula differenzia possono poi diventare molto più abbondanti). · Se degradiamo enzimaticamente (tramite cellulasi, emicellulasi e pectinasi) la parete e mettiamo il tessuto in un mezzo isosmotico, possiamo recuperare il protoplasto privo di parete; poichè vengono liberati i protoplasti, questi sono in grado di riformare nuova parete dopo un po' di tempo. Funzioni: · Agisce da esoscheletro, determina e mantiene la forma e la grandezza della cellula · Da supporto e resistenza meccanica · Permette la creazione della pressione di turgore (assieme al vacuolo): senza parete la cellula scoppierebbe, quindi, la sua componente elastica è importante; (pressione di turgore di 2 ATM) · Responsabile dell’architettura della pianta · Ruolo metabolico perché contiene molti enzimi · Ruolo nella segnalazione: dalla parete si possono liberare oligosaccaridi con funzione regolatoria (oligosaccarine); i complessi polisaccaridi di parete, possono rilasciare frammenti con funzioni regolatorie, i frammenti possono venire dalla pectina per esempio. · Difensa dai patogeni: è una barriera, che può essere rinforzata dopo l’attacco del patogeno tramite la deposizione di lignina e callosio · Permeabile all’acqua e ai soluti · Forma l’apoplasto ANATOMIA DELLA PARETE: immagine con più cellule adiacenti: mostra il protoplasto circondato dalla parete, ma questa è già una cellula con parete secondaria, la quale è più interna rispetto alla primaria, la quale è più interna rispetto allo strato esterno, che è lamella mediana di natura pectica (detto cemento), tiene insieme due cellule, togliendola do vita al processo di macerazione (cioè la separazione delle cellule); tutte le cellule hanno la lamella e la parete primaria, ma non tutte hanno la parete secondaria (come le cellule meristematiche) Lamella mediana: unisce cellule adiacenti, formata da pectina; parete primaria: unica parete presente nelle cellule giovani, ma in quelle differenziate la troviamo con parete secondaria (a volte) -si trova tra la lamella e la secondaria; -nelle dicotiledoni è formata per il 35% di pectina, 25% di emicellulosa, 25% cellulosa e 8% di proteine; le monocotiledoni hanno molte meno pectine -molto idratata e flessibile, non è compatta, è porosa, rete tridimensionale porosa!!! -Le giunzioni tra più cellule sono anch’esse molto ricche di pectina; -fibrille di cellulosa che sono circondate da polisaccaridi, emicellulose (connettono le microfibrille) e il tutto è circondato da pectine, che quindi rappresentano lo strato più esterno, ma secondo questo vecchio modello la pectina non interagisce con la cellulosa, MA in realtà può interagire anche con essa! Il nuovo modello afferma che la pectina può prendere contatti con la cellulosa, invece il vecchio modello diceva che solo l’emicellulosa poteva ricoprire la cellulosa. parete secondaria: depositata dopo la parete primaria, è più vicina alla membrana plasmatica; molto robusta e spessa, da supporto meccanico; -contiene molta + cellulosa rispetto alla primaria ma meno emicellulosa e pectine, -oltre alla cellulosa possiamo trovare la lignina (polimero impermeabile), come le cere, la cutina e suberina (cutina e cere sono nella cuticola) = sono molecole idrofobiche, e quindi la parete secondaria è poco idratata. -È spesso depositata a strati: vediamo le fibrille di cellulosa orientate parallelamente ma a volte gli strati successivi hanno le fibrille orientate in modo diverso COMPOSIZIONE: il Golgi è un sito della biosintesi dei polisaccaridi che formano pectina ed emicellulosa · Fase microfibrillare: cellulosa, circondata da matrice amorfa: · Fase di matrice: cemento amorfo (che contiene ferro, cioè cellulosa), emicellulose e pectine Schema slide: nella cellula matura, la lamella mediana è la più lontana dalla membrana plasmatica 4 zuccheri importanti nella parete: -Glucosio: aldozucchero a 6 atomi di C, con un legame emiacetalico può ciclizzare e convertirsi nella forma a sedia dove il carbonio aldeidico può presentare 2 configurazioni: quella alfa dove l’ossidrile del C1 è sotto il piano dell’anello (quando OH è in basso), oppure la forma beta quando l’ossidrile si trova sopra al piano dell’anello; queste configurazioni sono importanti perché quando formano polisaccaridi, una delle due configurazioni viene congelata a seguito della formazione di legami glicosidici, infatti il glucosio può formare legami alfa o beta con un altro zucchero; -Galattosio: differisce dal glucosio solo al C4 -Acido galatturonico: simile al galattosio ma con il carbonio al C6 sottoforma di gruppo carbossilico (COOH) -Fruttosio CELLULOSA: è una struttura omogenea, è un beta 1,4 glucano (residui di glucosio legati tramite legami glicosidici beta 1,4) e le catene di cellulosa formano microfibrille Emicellulose e pectine sono invece molto eterogenee, molto complesse; contengono molti zuccheri diversi con molti tipi di legami glicosidici; (le emicellulose contengono nelle dicotiledoni soprattutto xiloglucano...), le pectine contengono tratti di acido galatturonico e altri tipi di complessi/frammenti uniti tra di loro. FASE MICROFIBRILLARE CELLULOSA: forma microfibrille; -è depositata in modo parallelo in uno strato, ma se vediamo lo strato sotto, si ha un orientamento perpendicolare, quindi la direzione di deposizione della cellulosa varia da strato a strato; -20-40 catene del beta 1 (C anomerico),4 (NO C anomerico) (legame che si forma tra residui di glucosio) glucano (polisaccaride che fa la cellulosa) formano una microfibrilla; sono molto resistenti alle forze tensili, hanno quindi il ruolo dell’acciaio nel cemento armato; - la differenza tra il legame beta 1,4 tra i residui di glucosio della cellulosa e quello alfa 1,4 dell’amido: amido e cellulosa hanno struttura diversa anche se sono formate da glucosio, e questo diverso legame rende le catene di cellulosa più compatte rispetto all’associazione delle catene di amido (meno compatto) -Catene di cellulosa: più catene interagiscono con legami H, poi formano quindi microfibrille ,le quali sono formate da regioni dove la cellulosa è molto compatta (cristallina quasi) e regioni più amorfe, meno compatte -> gli enzimi attaccano le zone meno compatte durante la degradazione! Una cellula non potrà mai crescere in direzione parallela alle fibre di cellulosa perché sono inestensibili, a meno che le fibrille non scorrano; la crescita della cellula è perpendicolare all’orientamento delle microfibrille di cellulosa FASE MATRICIALE: emicellulose: legano tra di loro le microfibrille di cellulosa, sono polisaccaridi NON carichi, non hanno zuccheri acidi; i -interagiscono con la cellulosa tramite legami H -possono essere ramificate (xiloglucano, abbondante nelle dicotiledoni, ramificato, ma la catena principale è la stessa della cellulosa, solo che è ramificato; xilano; glucomannano (glucosio + mannosio)); -una catena di emicellulosa può saltare da una cellulosa all’altra; Pectine: formano gel idratati, è capace di fare gel, questa proprietà è importante per l’architettura della parete; -sono formate da zuccheri polari o acidi (acido galatturonico per esempio), queste cariche servono per la gelificazione; -sono i polisaccaridi di parete + solubili e + esterni -sono molecole ramificate, non in tutta la lunghezza, poiché sono polimeri a blocchi, nel senso che una catena di pectina è formata dal susseguirsi di più blocchi diversi e questi blocchi sono per esempio: l’omogalatturonano, una catena di acido galatturonico con legami alfa 1,4; invece ramnogalatturonano 1, 2 e arabinogalattani sono zuccheri NON carichi; àquindi pectina: un blocco è non ramificato, altri blocchi sono pochi o molto ramificati; -ci sono tantissimi zuccheri diversi nella pectina, ognuno di questi può essere legato con un legame glicosidico diverso, quindi grande varietà di legami degli zuccheri delle pectine ma anche nelle emicellulose. Omogalatturonano: sembra la porzione più semplice e banale della pectina, poiché è tutto acido galatturonico; è formato da un susseguirsi di residui di acido galatturonico legati con legami glicosidico alfa 1,4; -ogni acido galatturonico può non avere il carbossile al C6 come COH, cioè nella forma carbossilica acida, può essere esterificato con metanolo o etanolo a formare residui metilati o acetilati; nelle piante, l’acido galatturonico è esterificato per il 40% con il metanolo normalmente; quando il carbossile non è esterificato ed è carico negativamente, (ph acido della parete), può formare ponti calcio portando un organizzazione di molecole di omogalatturonano legate da ponti calcio (macromolecole), sono legami quindi ionici: -la gelificazione di pectina dipende dalla formazione di questi ponti calcio tra catene adiacenti, e queste strutture vengono dette scatole di uova (dove l’uovo è il calcio che organizza le molecole adiacenti), questa capacità di formare scatole determina la struttura porosa della parete e ne regola la sua porosità! Questi ponti calcio (queste scatole), sono alla base della capacità della lamella mediana di tenere insieme le cellule, attraverso formazione di questo tipo di gel! **trimarcatura con molecole fluo: sezione di fusto di tabacco, il colore blu colora la cellulosa (pareti primarie), il rosso e il verde indicano due zone distinte dell’omogalatturonano metilato e no; questa marcatura si fa tramite anticorpi monoclonali che ci permettono di distinguere zone egg boxes da quelle che non lo sono. RAMNOGALATTURONANO 1: formato dalla catena primaria data dall’alternanza di glucosio e ramnosio, presenta ramificazioni RAMNOGALATTURONANO 2: ha molti zuccheri diversi, la base è una catena di acido galatturonico e poi ramificazioni con zuccheri diversi -Uno ione fondamentale nel contribuire a strutturare la parete è il BORATO, può legare gli RG2 formando dei ponti di borato; le cellule cresciute in assenza di borato hanno pareti fragili e sottili! Con le sue ramificazioni la pectina determina la porosità della parete: fra queste ramificazioni abbiamo -> galattani (polimeri di galattosio) arabinogalattani o arabinani, sono ramificazioni che contribuiscono alla porosità, l’unica componente acida è l’acido galatturonico, gli altri sono tutti zuccheri non carichi PROTEINE DI PARETE: · Proteine strutturali: abbiamo proteine che sono formate da unità ripetute, HRGP (queste proteine formano ponti covalenti tra di loro, bloccando la struttura della cellulosa, delle microfibrille, sono proteine che servono a irrigidire la parete; quando sono state scoperte sono state chiamate estensine (nome dato proprio perché sei pensava servissero per l’espansione della parete), ma in realtà irrigidiscono la parete, hanno il nome opposto rispetto a quello che fanno, sono anche dette proteine ricche in idrossiprolina; HRGP, proteine in cui c’è la prolina che poi viene ossidrilata, idrossiprolina; -poi si è visto che l’estensine rafforzano e irrigidiscono la parete, non la rendono estensibile; infatti, le estensine formano legami covalenti con le loro tirosine irrigidendo la parete tramite le perossidasi; in caso di patogeni, la parete viene rafforzata con lignina e con queste proteine!!) -PRP, GRP, anche loro due hanno funzione strutturale; tutte e tre queste proteine appena secrete sono solubili, poi a mano a mano che la cellula matura o si trova in stress divengono insolubili; · Proteine enzimatiche: sono varie: -una classe è quella degli enzimi ossidativi, le perossidasi per esempio, che fanno i legami covalenti tra le tirosine delle estensine -enzimi idrolitici per la degradazione dei legami dei polisaccaridi di parete, cellulasi ad esempio -> la parete, soprattutto nelle cellule in crescita o metabolicamente attive, sono in continuo rimodellamento, è sempre necessario risistemare la parete = fattore di regolazione della pianta -enzimi per l’espansione cellulare, transglicosidasi -anche altre proteine intervengono nell’espansione, sono l’espansine, non sono le estensine!!! -gli enzimi idrolitici per la degradazione della parete (dei legami dei polisaccaridi), sono enzimi che troviamo anche nei patogeni, perché per entrare nei tessuti vegetali devono rompere le pareti… -enzimi che degradano l’omogalatturonano, costituito da residui di acido galatturonico legati tramite legami alfa 1,4 glicosidici; si parla di endoenzimi che tagliano i legami glicosidici all’interno oppure exoenzimi che tagliano a partire dall’estremità non riducente e questi quindi sono enzimi idrolitici; abbiamo anche le pecta-liasi che tagliano lo stesso tipo di legame alfa 1,4 dell’acido galatturonico, ma non sono idrolitici perché introducono un doppio legame tra il C4 e il C5 del residuo rilasciato. -l’espansine: in ambiente acido con espansine, si è visto che la parete diventa più espandibile; un tempo si credeva che rompessero i legami a H tra le componenti polisaccaridiche della parete, ma in realtà la stechiometria ci dice che non può essere, hanno un’altra funzione, si è visto che sono in grado anche di legare la pectina, quindi l’ipotesi è che le espansine si vadano a collocare/interferire con alcuni legami importanti della parete dove sono coinvolte le emicellulose e le pectine, ma ancora non abbiamo prove! Con la parete primaria abbiamo finito… LIGNINA: parliamo di parete secondaria; NON è polisaccaridica, è un polimero di composti fenolici (fenilpropanoidi) che derivano da quella via che parte dalla fenilalanina (via dei fenilpropanoidi), perché la fenilalanina è un C6-C3, un anello fenolico con un C3 che è un propano per questo fenilpropanoidi, derivano dalla fenilalanina; composto impermeabile che irrigidisce la cellula, viene depositato quando la cellula ha finito di maturare oppure quando la cellula è attaccata da un patogeno per difesa; quando nella cellula matura e inizia a depositare lignina, questa va a sostituire i componenti matriciali idrolifici della parete (pectine e cellulose) elimina H2O e componenti matriciali. -è costituita da 3 componenti di base, i monolignoli: sono alcoli fenolici che attraverso una polimerizzazione radicalica formano questa rete tridimensionale idrofobica; sono l’alcol P cumarilico, alcol coniferilico e alcol sinapilico è Abbiamo altri componenti idrofobici sulla superficie della pianta ma anche in tessuti specializzati: cutina, cere, suberina: quando li troviamo sulla superficie della pianta formano la cuticola, che evita l’eccessiva perdita di H2O, e fungere da barriera meccanica contro gli agenti esterni CUTICOLA: depositata a strati al di sopra delle cellule epidermiche, dall’altro verso il basso: -cristalli di cera epicuticolari -pellicola di cere epicuticolari -cuticola -strato cuticolare -parete cellulare -ecc… La cutina è fatta da acidi grassi idrossilati a media lunghezza, un acido grasso con degli ossidrili; Le cere sono catene lineari carboniose idrofobiche, oppure esteri di acidi grassi non più carichi, o acidi grassi a lunga catena o alcoli a lunga catena (sono più complesse della cutina) *** sono catene carboniose lunghe che possono essere ossidrilate come nella cutina o neutre come nelle cere! La suberina: forma la corteccia degli alberi e alcuni ispessimenti importanti per la fisiologia della pianta, come la banda del Caspary presente a livello del tessuto radicale nell’endodermide, e abbiamo anche qui acidi grassi ossidrilati o acidi dicarbossilici; -SUGHERO: formato da suberina; il concetto di cellula è nato dopo aver visto il sughero; -suberina prodotta in risposta allo stress in una patata, per difesa SINTESI PARETE: è nella biosintesi di emicellulose e pectine (componenti matriciali polisaccaridici di parete), è coinvolto il Golgi che si polimerizzano all’interno, arrivano al trans Golgi, e poi al trans Golgi network dove poi arriva alla membrana plasmatica e avviene l’esocitosi e vanno in parete, poi questi vengono modificati per formare la rete tridimensionale; Abbiamo la cellulosa sintetizzata all’esterno della cellula da complessi enzimatici che si trovano nella membrana plasmatica, detti rosetta, un esamero di 6 particelle ognuna formata da 6 cellulosa sintasi A, questi polipeptidi sono codificati dai geni CESA; è un esamero di questi cesa, che sono dei polipeptidi che hanno sito catalitico, si parla di complessi di cellulosa sintasi! -nelle cellule ci sono più geni che codificano cellulose sintasi A, c’è una famiglia genica di CESA, in arabidopsis ci sono 10 paraloghi di cesa (cioè, geni duplicati con origine evolutiva comune, gli ortologhi sono quelli corrispondenti in specie diverse, i paraloghi sono omologhi, ma si riferisce ai membri di una famiglia genica di una pianta!) derivati per duplicazione e diversificazione di geni antenati; esiste l’enzima SuSy che prende il saccarosio, UDP, scinde il legame glicosidico del saccarosio e forma UDP-glucosio + fruttosio; è stato fatto un lavoro che ha evidenziato la presenza di questo enzima durante la maturazione di un pomodoro (verde) che chiaramente deve espandersi, accrescersi, quindi è normale che questo enzima sia abbondante poiché forma UDP-glucosio è una subrosetta sintetizza più di una catena di cellulosa (subunità di rosetta, 6 siti), per rosetta si intende un complesso di rosette, cioè 6 rosette, che hanno 36 siti catalitici, infatti un complesso (rosetta) forma 36 filamenti, perché è un esamero di rosette; quindi, ciascuna forma 36 filamenti = 1 microfibrilla; nelle cellule ci sono più geni che codificano cellulose sintasi A, famiglia ridondante! poi ci sono le vescicole dal Golgi che portano emicellulose e pectine; è A livello biochimico, la sintesi parte da zuccheri, cioè da nucleotidi di fosfozuccheri (NDP- zucchero), in particolare, molecole che consistono di un pirofosfato, uno zucchero pentoso (ribosio) e una base azotata variabile; si tratta di esteri dell’acido pirofosforico con un nucleoside (uridina); quindi -> il mattone fondamentale per la sintesi di polisaccaridi di parete è l’NDP-zucchero, il quale si forma partendo da zuccheri monofosfato, dal nucleotide trifosfato (NTP), e poi si stacca un pirofosfato dall’NTP, e si forma un pirofosfato nuovo, con il fosfato dello zucchero e il fosfato alfa del nucleotide, per questo gli enzimi sono detti pirofosforilasi, staccano un pirofosfato dal nucleotide; UDP-D-glucosio: importante per la biosintesi, deriva dalla scissione del saccarosio -gli zuccheri sono attivati per la biosintesi in questo modo, questo perché la semplice fosforilazione dello zucchero non fornisce abbastanza energia per la polimerizzazione, e il NDP-zucchero contiene più energia libera rispetto ai semplici zuccheri-p; una volta che ho l’NDP-zucchero, avviene la polimerizzazione; La polimerizzazione avviene sull’estremità non riducente del polisaccaride, il precursore che è un NDP-zucchero trasferisce il monosaccaride alla catena polisaccaridica in crescita, si forma il polisaccaride (N+1) con liberazione dell’NDP, gli enzimi si chiamano polisaccaride sintasi e sono legati alla membrana del Golgi NDP-zucchero + polisaccaride (n) à NDP + polisaccaride (n+1) Quindi lo zucchero attivato ha più energia rispetto a uno zucchero fosforilato, perché questa reazione libera più energia! ***Il processo è complesso, ci sono molti enzimi nel genoma di una pianta molto piccola come Arabidopsis deputati alla biosintesi della parete. Nel Golgi, per esempio, l’omogalatturonano (pectina acida), è tutto metilato; viene sintetizzato in forma metilata (vedi prima), e questi gruppi metili vengono aggiunti dopo la polimerizzazione, poi viene demetilata fuori, forse perché il COH è un gruppo reattivo e quindi durante la sintesi bisogna impedire che esso reagisca con i componenti del Golgi; una volta secreto, ci sono poi enzimi detti esterasi, pectina metil esterasi, che rimuovono molti dei metili o acetili, una parte viene tolta, e una parte (metilata) viene chiaramente lasciata è CELLULOSA: la membrana plasmatica contiene questi complessa rosetta, e i componenti che formano la struttura a rosetta stanno nella faccia interna della membrana plasmatica, mentre l’elemento centrale che invece è integrale della faccia interna della membrana; nella rosetta avviene la sintesi della cellulosa, la rosetta contiene più siti catalitici, si forma direttamente una microfibrilla; l’orientamento delle microfibrille di nuova sintesi è perpendicolare all’asse di crescita della cellula, e questo orientamento è importante perché le microfibrille di cellulosa non sono estensibili, vengono sintetizzate in una cellula che deve espandersi in modo direzionale o parallelo, la cellula non si può espandere lungo la direzione di deposizione di cellulosa ma solo perpendicolarmente; si possono separare ma non estendere le microfibrille; l’orientamento delle microfibrille è importante quindi per dar forma a una cellula in sviluppo, e questo è guidato dai microtubuli che si trovano sotto la membrana plasmatica, nel citosol; se trattiamo con un depolimerizzante dei microtubuli (orizalina), dissolviamo i microtubuli, e le fibrille di cellulosa si depongono casualmente; quindi, i microtubuli sono essenziali; oppure si utilizza la GFP (colorazioni/marcature) dove vediamo che i microtubuli sottostanti, sono disposti esattamente come si muove la cellulosa sintasi e le rosette -secondo alcuni modelli, se guardiamo la catena lineare beta-1,4 del glucano della cellulosa, vediamo che i residui di glucosio sono orientati in modo da essere disposti uno 180° dall’altro; quindi, anche se la catena è un omopolimero di glucosio, in realtà la cellulosa, è fatta dalla ripetizione di unità di 2 atomi di glucosio orientati uno in modo diverso rispetto all’altro, il dimero di glucosio di chiama cellobiosio, e si dice quindi che la cellulosa è un polimero di cellobiosio; l’unità strutturale della cellulosa è costituita dalla ripetizione di unità di cellobiosio, e sono tutti diglucosio, ma con orientamento diverso -video 1: i precursori vengono dal citoplasma, dall’interno, quindi l’apparato enzimatico li prende e sintetizza poi la cellulosa fuori; i microtubuli creano delle corsie e nella membrana fluida i complessi delle rosette si muovono in queste corsie; quindi, la deposizione è dettata dai microtubuli! -video 2: à-all’interno della cellula si trovano microtubuli nelle zone dove avviene la sintesi di cellulosa, sono ancorati alla membrana plasmatica, e sono deposti in modo parallelo alla deposizione di cellulosa, non è casuale! -la forma NDP utilizzata per la sintesi di cellulosa è l’NDP-glucosio, ma non deriva dal lavoro delle pirofosforilasi menzionate in precedenza, ma da quello di un altro enzima che agisce sul saccarosio: saccarosio sintasi, prende il saccarosio, lo spezza e forma l’UDP-glucosio; anche se la sintesi di cellulosa avviene a partire da un NDP-zucchero, l’enzima non è una pirofosforilasi! SINTESI LIGNINA: il suo precursore è la fenilalanina, dalla quale tramite la via dell’acido scichimico si formano i precursori della lignina La via che porta alla fenilalanina: nelle piante avviene la sintesi di fenilalanina, tirosina e triptofano che sono amminoacidi che noi non possiamo sintetizzare; la sintesi di questi include una via metabolica detta dell’acido scichimico dal nome di un intermedio, scikimato, i precursori sono 2 composti del metabolismo primario, fosfenolpiruvato e eritrosio-4-fosfato che si condensano, il primo viene dalla glicolisi, l’altro dalla via del glucosio fosfato; tutto questo porta alla sintesi di corismato che viene poi convertito attraverso due rami principali, una via porta al triptofano e l’altra alla fenilalanina e alla tirosina che non è altro che una fenilalanina ossidrilata; questa via a noi fornisce amminoacidi che noi non produciamo, è quindi molto importante. -dalla fenilalanina si arriva alla produzione di monolignoli che formano la lignina, tramite un meccanismo di polimerizzazione meccanica: abbiamo il monolignolo, delle ossidasi di questi monolignoli che si chiamano LACCASI, e queste sottraggono un protone lasciando un elettrone spaiato, convertono il monolignolo in un radicale, siccome c’è un anello fenolico, benzenico legato ad un ossidrile, l’elettrone fa parte degli orbitali pigreco delocalizzati e questo elettrone nella molecola si muove lungo l’anello e l’ossigeno dell’ossidrile, e quando due radicali si incontrano, si forma un legame covalente, che può essere in varie posizioni, questo spiega perché abbiamo una struttura complessa -alcuni enzimi coinvolti nella biosintesi si trovano nel RE, guardano fuori, nel citosol, non nel lume del RE è A livello citologico: la nuova parete si forma nel piano equatoriale durante la citochinesi, la parete si forma all’interno e non è ancora connessa alla vecchia parete, viene sintetizzata dal centro verso l’esterno e i componenti si assemblano spontaneamente, altri si assemblano grazie a enzimi; abbiamo una struttura microtubulare, che si forma in corrispondenza di dove si formerà la nuova parete, il fuso mitotico si dissolve, e si forma questa struttura detta “fragmoplasto”; al centro di questa struttura si vede la fuoriuscita di tante vescicole che piano piano formano delle vescicole più grandi fino a fondersi, e questa è la nuova parete in formazione detta piastra cellulare (ha un lume che guarda verso il citosol e un lume che contiene polisaccaridi, il callosio è un glucano simile alla cellulosa, ma ha legami beta 1,6 non 1,4), i primi componenti della piastra cellulare sono callosio (viene poi tolto) e UDP-glucosio; le vescicole che formano la piastra cellulare presentano questo guscio proteico di clatrine. -il fragmoplasto struttura microtubulare da dove si forma la piastra cellulare, la piastra si estende dal centro verso la periferia fino ad accordarsi con la parete vecchia dividendo i due nuclei neoformati; controlla la formazione del setto di divisione detto piastra cellulare. Una volta completato il setto, il fragmoplasto scompare e ricompare il citoscheletro corticale, cioè i microtubuli che formavano il fragmoplasto vanno a formare di nuovo quelli della cellula, cioè i microtubuli corticali IMMAGINE piastra cellulare in formazione in giallo, microtubuli viola e qua si vede la struttura reticolata perché si devono ancora fondere tutte le vescicole che vengono dal RE e dal Golgi, camminano lungo i microtubuli e si raccolgono a livello del fragmoplasto, poi si fondono; i microtubuli non sono continui tra le due estremità, tutti si interrompono a livelli della piastra cellulare (sono paralleli fra loro), solo pochi sono collegati e saranno loro i precursori dei desmotubuli dei plasmodesmi, però questi si possono formare de novo anche in altre fasi cellulari -a differenza della cellula animale dove si forma il setto contrattile che stringe al centro la cellula, nelle piante abbiamo un setto che si forma dal centro alla periferia e taglia poi la cellula in due LA PARETE è UNA STRUTTURA STATICA? NO, è dinamica e sottoposta a continua degradazione e rimodellamento quando una cellula è metabolicamente attiva e funziona con la cooperazione della parete (comunicazione cellula-cellula); il rimodellamento c’è durante la germinazione dei semi o la maturazione dei frutti, la formazione delle radici, anche dove c’è tutta la parte di tessuto che si sta sviluppando; anche i patogeni possono degradare la parete, hanno un arsenale dedicato per fare breccia della parete e invadere il tessuto, parliamo di enzimi degradativi della parete CWDEs, cellulasi, peptidasi… -quando un patogeno deve degradare la parete, essendo che la componente più esterna è data da pectine, produce pectinasi, poi produce le emicellulasi e poi le cellulasi; questi enzimi rilasciano anche zuccheri come fonte di carbonio per il patogeno. C’è un grosso studio su questi enzimi per scopi biotecnologici. Gli enzimi pectici sono quelli che degradano le pectine; questi enzimi non tagliano la pectina metilata, ma solo quella non metilata! L’acqua nelle piante erbacee genera il turgore che dà la forma alle piante, per mantenerne la forma! La pianta è conservativa nei confronti dell’acqua, la cuticola previene la sua perdita, ma la pianta deve scambiare gas per la fotosintesi, quindi un po' ne perde, ma ci sono gli stoni (aperture regolabili) attraverso i quali avviene l’ingresso di CO2 e l’uscita dell’acqua; Grazie alla polarità dell’acqua, le molecole di acqua, hanno una grande capacità di interazione tra di loro tramite legami a H, ma formano questi legami anche con le pareti in cui loro si trovano, sono dette proprietà di coesione (tra loro) e di adesione (con le pareti), queste forze di coesione fanno si che l’acqua si organizza in goccia con la sua forte tensione superficiale! Le forze di coesione sono molto forti; Energia libera dell’acqua = potenziale idrico (PSI), poi lo rivedremo; è composita perché una componente dipende dalla P, un’altra dalla gravità, e un'altra dalla presenza di soluti. TRASPORTI NELLA PIANTA: i trasporti riguardano l’acqua, ma non solo, anche i soluti, perché nella pianta abbiamo un flusso di acqua continuo che va dal suolo verso l’alto, alla chioma, per poi continuare nella parte aerea, questo flusso comporta un flusso di soluti disciolti nell’acqua; quindi, l’acqua consente il prelievo di soluti dal suolo e il trasporto di questi soluti essenziali in tutta la pianta! Si parla di soluzione (acqua + soluti) in generale il movimento di una particella dipende da tre fattori diversi: è L’energia in gioco, cioè l’energia cosa fa andare da una parte e dall’altra? In che direzione? L’energia termodinamicamente si esprime con il concetto di energia libera di Gibbs, ma noi l’energia assoluta del sistema non possiamo misurarla mai, possiamo misurare solo differenze di energia, e quindi si parla di deltaG, si riferisce a un sistema, se ci riferiamo a una mole di sostanza, il deltaG è chiamato delta Mu, e questo si chiama potenziale elettrochimico; i sistemi viventi richiedono costante presenza di energia libera, i processi sono endoergonici (per avere una struttura ordinata abbiamo bisogno di energia) ENERGIA LIBERA DI GIBBS= energia disponibile per compiere lavoro, dipende dall’energia per molecola e dal numero di molecole, se si riferisce a una mole di sostanza è detto potenziale elettrochimico, si misura con Joules/mole; il potenziale elettrochimico, come l’energia, non può essere misurato come valore assoluto, possiamo misurare solo le variazioni di potenziale elettrochimico tra due stati diversi a T costante, cioè per movimenti/trasformazioni che avvengono a T costante. Formula del potenziale elettrochimico applicabile a tutte le sostanze (anche all’acqua): Mu0 = componente non misurabile a= concentrazione espressa in molalità, è l’attività della sostanza, se parliamo di un soluto, l’attività di un soluto per soluzioni diluite corrisponde alla concentrazione ed è espressa in molalità (moli di soluto * 100gr di solvente), teniamo conto che quando le soluzioni sono diluite la molalità coincide con la molarità P/V= v non varia per una sostanza specifica, p è un valore relativo, non assoluto; se la sostanza si trova a P atmosferica questo valore è 0; F= componente elettrica, importante quando parliamo di ioni, molecole cariche z= quando la sostanza è neutra è 0 -m-g-h: componente gravitazionale: l’energia libera in alto è più alta di quella in basso, una molecola si muove da energia più alta a un’energia più bassa -> questo è spiegato da m - g – h: dove H è l’altezza rispetto al livello del mare, g è l’accelerazione di gravità e m è la massa della sostanza è la velocità del movimento è la distribuzione delle molecole all’equilibrio una volta che la molecola ha smesso di muoversi (per effetto delle differenze di energia libera) ACQUA E TRASPORTO IDRICO: anche qui l’espressione del potenziale chimico può essere applicata, ma viene adattata per esprimere più facilmente la condizione dell’energia libera dell’acqua -Mu0= potenziale standard riferito all’acqua pura a P atmosferica e alla T considerata; per convenzione è 0 -a= qui viene inteso come frazione molare dell’acqua, per convenzione è 1 per l’acqua pura, ma va da 1 a 0, 0 per un liquido che non ha acqua; il Volume di una mole d’acqua è 18*10-6 m(cubi) * mole-1 -MANCA ZTF = perché l’acqua non è carica!! è si divide tutto per questo volume molare dell’acqua!!! Lezione 09/10 TECNICHE DI LABORATORIO: vedremo il protocollo dell’analisi della parete cellulare. Il protocollo consente di estrarre dalla parete cellulare i polisaccaridi di parete, di trasformarli in monosaccaridi, per poter ottenere l’analisi della composizione monosaccaridica della parete; perché facciamo questo? Questa composizione monosaccaridica non è standard, subisce modifiche in risposta a degli eventi, come la risposta alla presenza di patogeni (parliamo di stress biotico o abiotico), oppure la crescita e lo sviluppo della pianta, es: -foglia di una pianta adulta -foglia di una pianta senescente **la composizione monosaccaridica subisce dei cambiamenti La parete cellulare è composta da una componente fibrillare (cellulosa) e una componente matriciale (emicellulose e pectine). Si utilizza una pianta modello in uno stadio adulto (arabidopsis): La prima cosa da fare è la preparazione del tessuto di cui voglio estrarre le pareti cellulari: si preleva il campione, il tessuto, ed è un passaggio che richiede molta delicatezza, infatti, si procede prelevando la foglia tenendo la punta della foglia e con una forbice taglio il picciolo; la foglia prelevata va inserita in un tubo di plastica (eppendorf), e questo eppendorf viene immerso in azoto liquido, questo procedimento va fatto velocemente, dal momento in cui prelevo la foglia e la taglio, creo stress e questo può innescare delle risposte all’interno del tessuto alterando il risultato che otteniamo; andiamo poi a congelare la situazione presente in quel momento nel tessuto (con l’azoto liquido). Poi il campione viene analizzato oppure si può conservare nei congelatori (-180°) Successivamente si inserisce una biglia di metallo all’interno del tubo di plastica, viene inserito all’interno del macchinario (retshmill maschine), un agitatore meccanico potente che sheckera i campioni a contatto con la biglia che permette di ottenere una polvere. ora devo purificare le pareti tramite AIS (solido insolubile in alcool); per ottenere questa frazione si usano degli alcoli: -primo passaggio -> in etanolo -secondo passaggio -> in cloroformio metanolo -terzo passaggio -> in acetone 1) preparo una soluzione al 70% di etanolo, e si riscalda a 60°, poi la inserisco all’interno del campione con una micropipetta; una volta inserito l’etanolo si vortexa, si usa lo strumento vortex che consente di sheckerare i campioni affinché tutta la polvere entri in contatto con l’etanolo inserito; poi si lasciano agitare i campioni su un oscillatore meccanico a T ambiente, poi si procede con una centrifuga, e la cosa importante è bilanciare correttamente i campioni, quindi se ho due campioni devo porre i due campioni ai poli opposti, devo separali per evitare la rottura del rotore; al completamento della centrifugazione avrò dei campioni dove si sono separate le fasi: è avrò pellet è e avrò surnatante (è verde, perché lo scopo dell’etanolo è quello di eliminare i pigmenti e alcune componenti proteiche non necessarie, tolgo tutto quello che non serve al di là della parete) ripeto il passaggio nuovamente, poi si procede con i passaggi successivi. 2) uso una soluzione cloroformio etanolo 1:1, entrambi questi alcol non possono essere usati dall’operatone nel bancone poiché sono sostanze pericolose, si usano sotto cappa chimica che produce un flusso che allontana i fumi dell’alcool dall’operatore ed è anche presente un vetro protettivo; aggiungo la soluzione ai campioni e poi vortexo i campioni a T ambiente, poi centrifugo; anche qui il processo viene ripetuto due volte, si rimuove il sopranatante e conservo il pellet. Vediamo che è molto più chiaro rispetto a prima… (sto pulendo a mano a mano) 3) preparo una soluzione di acetone all’80%, anche qui si lavora sotto cappa; poi vortexo, centrifugo, si scarta il surnatante e si utilizza un altro strumento, un insufflatore di azoto che serve ad asciugare il pellet molto più velocemente. -L’acetone serve per ripulire il pellet dai residui di sostanze utilizzate in precedenza, dal cloroformio e metanolo; essendo una sostanza volatile, posso lasciare ad asciugare il pellet a T ambiente, oppure per accelerare il processo uso l’insufflatore di azoto. Una volta ripetuto questo step per due volte, avremo un pellet che contiene solo le pareti cellulari; lo step successivo è quello di deamilazione -> durante la fotosintesi vengono prodotti molti zuccheri in quantità superiore rispetto alla necessità della pianta; quindi, gli zuccheri in eccesso vengono stoccati sottoforma di granuli di amido (amilosio e amilopectina, sono formati da monomeri di glucosio, e se non rimuoviamo i granuli di amido la lettura della composizione monosaccaridica verrebbe alterata) il primo passaggio del processo di deamilazione è: 1)Si utilizza un buffer che contiene sodiazide, è un veleno utilizzato perché non altera la lettura della composizione monosaccaridica del campione, si usa perché poiché negli step successivi lascio i campioni per 24h ad una T di 37° che può favorire la proliferazione batterica, questa sostanza permette quindi al campione di rimanere pulito. 2)Una volta aggiunto il buffer, incubo i campioni a 70° per 10 minuti; questo permette di gelatinizzare i granuli di amido, poi i campioni si mettono in ghiaccio (per rendere più lasso l’amido, questo è importante per lo step successivo, dove viene utilizzata l’alfa-amilasi, che è l’enzima che degrada l’amido, lo rendo più accessibile) 3)l’enzima viene aggiunto e i campioni vengono incubati a 37° per 24h. 4)Al termine delle 24h, centrifugo i campioni e rimuovo il surnatante; poi si fanno dei passaggi di lavaggio del pellet tramite H2O, si vortexa e si centrifuga ogni volta per rimuovere il surnatante; si usa acqua bidistillata, è acqua ultra-pura; 5)una volta ottenuto il pellet si sospende nuovamente nell’acetone all’80%, si vortexa e si lasciano nuovamente ad asciugare i campioni a T ambiente o tramite l’insufflatore di azoto. Sono step molto ripetitivi, cambia la soluzione, ma di base il procedimento è sempre lo stesso. àQUINDI abbiamo ottenuto la frazione AIS, cioè tutto ciò che non si è solubilizzato in alcol: le pareti cellulari, e le abbiamo anche deamilate! -video -> termoblock consente di mettere i campioni a T elevate, è fatto di cubi metallici che raggiungono T alte e poi posso metterli nel ghiaccio per raffreddare i campioni Adesso noi abbiamo ottenuto le pareti cellulari, ma abbiamo i polisaccaridi e per continuare ad analizzare la componente monosaccaridica dobbiamo idrolizzare i polisaccaridi in monosaccaridi tramite l’acido trifluoroacetico (TFA), si ottiene una frazione insolubile (cioè il pellet composto di cellulosa) e una frazione solubile (surnatante) di emicellulose e pectine, cioè quella che interessa a noi, quindi ora la nostra attenzione sarà rivolta non più al pellet ma al surnatante, perché queste componenti sono solubili nel TFA. Successivamente, una volta ottenuta la frazione solubile avrò i monomeri contenuti sia nelle emicellulose che nelle pectine, e posso procedere con l’analisi della composizione monosaccaridica tramite HPLC: 1. Innanzitutto, inserisco nei campioni l’acido trifluoroacetico (TFA) e si incuba per 90 minuti a 120° 2. poi i tubi di plastica vengono messi nell’insufflatore di azoto per rimuovere il TFA 3. si aggiunge isopropanolo 4. si ripongono nuovamente nell’insufflatore di azoto per ripulire il pellet e rimuovere i residui di TFA 5. si aggiunge H2O ultra-pura per risospendere i monomeri di emicellulose e le pectine in soluzione 6. centrifugo i campioni, e ottengo 2 fasi, il pellet e il surnatante (dove ci sono i monosaccaridi di emicellulose e le pectine) 7. prelevo il surnatante (facendo attenzione a non toccare il pellet) e lo trasferisco in nuovi tubi di plastica. -dobbiamo partire da un materiale di partenza omogeneo tra i vari campioni: i campioni devono avere lo stesso peso per una corretta lettura monosaccaridica, altrimenti avrò letture diverse dovute non alla presenza di una composizione diverso, ma di pesi diversi, infatti si usano delle bilance analitiche, sono molto sensibili, anche alle vibrazioni! à QUINDI, abbiamo: -preparato il tessuto -purificato le pareti -rimosso i granuli di amido -idrolizzato i polisaccaridi in monosaccaridi -abbiamo ottenuto la frazione solubile in TFA, cioè i monosaccaridi di emicellulose e pectine Ora siamo pronti per analizzare la composizione monosaccaridica tramite l’utilizzo dell’HPLC, è una cromatografia, uno strumento complesso: è il campione, prima di essere inserito nell’HPLC deve essere filtrato, deve essere più pulito possibile perché il campione verrà inserito nel campionatore è degli aghi prelevano una quantità precisa del campione che viene pompato all’interno di una colonna, che è la fase stazionaria dello strumento; successivamente vengono pompati degli eluenti, che sono la fase mobile è i monosaccaridi, all’interno del campione vengono distinti in base alla loro interazione con la colonna, alcune componenti avranno dei tempi di ritenzione più lunghi altri più corti, e sulla base di queste interazioni viene detectato un segnale che appare sul monitor come un picco: ottengo uno spettro con diversi picchi, per capire ogni picco a cosa corrisponde si usano degli standard, cioè monosaccaridi noti e a concentrazione nota posti assieme al campione, quindi siamo in grado di capire di quale monosaccaride si tratta e siamo in grado di dedurre la quantità di questo monosaccaride; esempio pratico: delle foglie di arabidopsis sono state infettate con un fungo, questo fungo causa nel tempo una lesione che va ad alterare la composizione monosaccaridica della foglia; vengono eseguiti tutti gli step visti fin ora e poi viene analizzata la composizione monosaccaridica al tempo 0, 24h, 48h, 72h; **il grafico ci permette di comparare la quantità di ogni singolo monosaccaride ai vari tempi, e quello che vediamo è che l’acido galatturonico diminuisce con il procedere delle ore; -possiamo dedurre che l’infezione con il fungo causa una diminuzione dell’acido galatturonico, che si protrae nelle prime 48h dell’infezione, successivamente si ha una sua stabilizzazione; quindi, il fungo si espande più lentamente perché la pianta innesca delle risposte di difesa che tamponano l’azione degradativa del fungo; gli altri zuccheri, gli altri monomeri aumentano, questo avviene perché i dati sono riportati in percentuale molare, quindi se diminuisce uno, le altre componenti aumentano. Durante l’esercitazione non possiamo usare l’HPLC, ma faremo un altro saggio: SAGGIO GOPOD: permette di rivelare la quantità di glucosio nel nostro campione: è preparo i miei campioni è estraggo le pareti è i monosaccaridi e alla fine valuto la quantità di glucosio. il reagente gopod è formato da due enzimi, la perossidasi e la glucosio ossidasi: - avviene un’ossidazione del glucosio presente nel campione che da come prodotto di scarto l’acqua ossigenata che reagisce a sua volta con la perossidasi - vediamo un cambiamento del colore della soluzione che verrà letto letto con lo spettrofotometro, e la lettura ci darà valori diversi a seconda della colorazione e quindi della quantità di glucosio iniziale presente -quello che si fa è preparare una curva standard, perché per capire quanto glucosio c’è nel campione devo avere un punto di riferimento; quindi, lo creo io à creando dei punti sulla curva standard aggiungendo quantità note di glucosio al reagente gopod: **quindi avrò un tubo di plastica dove avrò 0 glucosio e avrò solo il reagente gopod (campione bianco), poi creo diversi tubi di plastica, in uno metto una certa quantità di glucosio, in quello successivo il doppio e in quelli successivi ancora più glucosio, così che quando leggo la curva standard, ottengo una retta di taratura. - mi occupo dei campioni preparati, ogni campione viene letto due volte, questo perché viene letto a due concentrazioni diverse, una il doppio dell’altra, questo per capire se il saggio è venuto bene, preparo due tubi di plastica e al momento della lettura, quello che ha la concentrazione doppia effettivamente restituisce un valore che è circa il doppio dell’altro, effettivamente è andato tutto bene, e il valore letto è affidabile; -preparati i campioni, effettuo un’incubazione di 20 min a 50° per permettere al gopod di far avvenire queste due reazioni citate prima; -poi nei tubi di plastica si trasferiscono le soluzioni in delle piastre che vengono poi inserite nello spettrofotometro e vengono lette a una lunghezza d’onda nota 510nm; è in realtà io già prima dell’utilizzo dello spettrofotometro posso capire se ho lavorato bene, perché è un saggio colorimetrico, vedo quindi i pozzetti che saranno via via sempre più rossi, più scuri; quindi, la quantità di glucosio sta aumentando, e la stessa cosa vale per i nostri campioni: quello con la concentrazione maggiore sarà molto più scuro dell’altro. una volta ottenuti i valori dei nostri campioni, vedremo da come da questo valore possiamo risalire alla quantità iniziale di glucosio tramite formule matematiche. Lezione 11/10: eu rivede questa lezione basandosi sugli appunti di Lucre Lezione 11/10/2024 L’espressione generale del potenziale elettrochimico, è un’espressione applicabile a qualunque tipo di sostanza, serve per descrivere le variazioni di energia legate a una reazione o al movimento di una molecole, cioè a qualunque fenomeno che comporta variazioni di energia; elementi a cui dobbiamo prestare molta attenzione: P = differenza pressione - pressione atmosferica; pressione assoluta V = volume parziale molare della sostanza; è un numero, ed è quello che si usa per convertire l’espressione generale per applicarla all’acqua. Devo convertire l’espressione generale per poterla applicare all’acqua e descriverne il suo movimento, dove il termine relativo al campo elettrico, cioè (zEF) sparisce, perché l’acqua non è carica; quindi rimangono gli altri 3 termini, il termine μ0 indica il potenziale elettrochimico standard alla T considerata, alla P atmosferica e alla concentrazione/attività unitaria della sostanza, qui noi questo termine lo spostiamo dall’altra parte, e poi dividiamo tutti i termini per il volume parziale dell’acqua: nell’espressione del potenziale elettrochimico riferito all’acqua, ci sono delle convenzioni: -μ0= se lo spostiamo o meno è irrilevante, poiché per convenzione si assegna il valore di 0, valore che non incide sui calcoli; - L’attività dell’acqua viene espressa come frazione molare, e non come attività o concentrazione, uguale a 1 per l’acqua pura, ed inferiore a 1 nelle soluzioni! -il volume parziale molare dell’acqua è -M= massa dell’acqua è 18 **essendo sparito il termine relativo al campo elettrico, non si chiama più potenziale elettrochimico ma potenziale chimico dell’acqua il valore del potenziale chimico dell’acqua diviso il V molare parziale dell’acqua dà un parametro detto potenziale idrico Potenziale idrico: cosa esprime? È un’espressione quantitativa dell’energia libera associata all’acqua per unità di volume, si misura in joule/m cubo (unità di misura che è un’unità di pressione perché corrisponde a MPa) ed esprime il potenziale dell’acqua a compiere lavoro; si può dire che è l’energia per unità di volume necessaria per trasportare l’acqua reversibilmente e isotermicamente da un punto del sistema a un secondo punto di riferimento; quindi noi con questa divisione noi esprimiamo l’energia libera associata all’acqua, non con unità di energia ma di pressione! **1 atm= 0,1 MPa il potenziale idrico è espresso come la differenza fra il potenziale idrico in un determinato stato (Mu diviso V) e il potenziale idrico in condizioni standard (sempre mu diviso V) diviso il volume molare parziale dell’acqua; **questi tre termini sono dipendenti da: dalla concentrazione dell’acqua, sebbene espressa in frazione molare dalla pressione relativa a cui si trova l’H2O dipende dall’altitudine rispetto al livello del mare dell’acqua (cioè dalla gravità) -le differenze del potenziale idrico definiscono la direzione del flusso idrico attraverso le membrane cellulari e i tessuti e gli organi della pianta; -Il delta psi è analogo al deltaG, l’H2O si muove sempre da regioni a potenziale idrico più altro verso regioni a psi idrico più basso SPONTANEAMENTE; all’equilibrio i potenziali idrici dell’acqua dal punto di partenza a quello di arrivo, sono uguali; -La misura del Potenziale Idrico consente di valutare lo stato idrico della pianta; quando si abbassa il potenziale idrico le piante vanno incontro allo stress idrico -Il delta psi è la forza motrice per il movimento dell’acqua, abbiamo detto che l’acqua spontaneamente si muove da psi più alti verso psi più bassi, quindi per descrivere il movimento dell’acqua, consideriamo la differenza del potenziale idrico dal punto di partenza al punto di arrivo. Ai diversi termini possiamo associare dei simboli: -psi con s (potenziale osmotico) -psi con p (potenziale di pressione) -psi con g (potenziale gravitazionale) questi termini possono essere espressi anche in altri modi: -nel caso del potenziale di pressione V e V se ne vanno e rimane P; -nel caso del potenziale gravitazionale, abbiamo che m/V si esprime con RO che è la densità dell’acqua -il termine dipendente dalla concentrazione, vede l’ingresso di un simbolo, il pigreco per pressione osmotica (-) Il potenziale idrico globale è la sommatoria del componente osmotico, di pressione e gravitazionale, c’è un altro componente ma non è calcolabile in modo univoco. Il potenziale osmotico si può esprimere anche come la concentrazione dei soluti disciolti nell’acqua, non solo in funzione della frazione molare dell’acqua; ***quando non c’è soluto la frazione molare dell’acqua è 1 Equazione di van’t Hoff = ; mette in relazione la pressione osmotica di una soluzione, con la concentrazione del soluto, generalmente espressa come osmolalità (moli di soluti totali disciolti in 1 Kg di acqua, assimilabile all’osmolarità (moli di soluto disciolte in 1 L di acqua) per soluzioni diluite) Vediamo una equivalenza, il termine di prima, con un – davanti è uguale a RTCs, cioè uguale alla pressione osmotica, legata a una data concentrazione di soluto disciolto in acqua; → quindi psi con s si esprime sia in funzione della concentrazione di soluto che della frazione molare dell’acqua ** Se pigreco è uguale a -R T In aw / Vw, è vero anche che in termini positivi è uguale a - RTCs (pressione osmotica) -il segno meno indica che i soluti disciolti riducono il potenziale idrico dell’acqua in una soluzione; quindi ogni volta che c’è un soluto il potenziale idrico dell'acqua diminuisce: quando abbiamo due soluzioni separate da una membrana, che hanno concentrazioni diverse, l‘acqua si muove verso quella che ha più concentrazione di soluti. Osmometro: misura la pressione osmotica generata dalla presenza di soluti; l’acqua tende a muoversi verso la soluzione; il pistone può essere usato per contrastare la forza con cui l’acqua tende a entrare, blocca l’ingresso di H2O, la pressione che applichiamo per controbilanciare la diffusione dell’acqua osmotica verso la soluzione più concentrata, ecco questo è il valore della pressione osmotica; quindi noi possiamo calcolare PSI (s) se sappiamo la concentrazione di soluto in una soluzione; quando abbiamo dei soluti il potenziale osmotico è sempre minore di 0, negativo; quando non ci sono, il potenziale osmotico dell’acqua pura è 0; ***il potenziale osmotico di una soluzione è sempre minore di 0; quindi il potenziale osmotico va da negativo a 0 (potenziale osmotico dell’acqua pura) Esercizi sul potenziale osmotico: vedi bene!!!! : Psi P si riferisce alla pressione idrostatica e si misura come differenza con la pressione atmosferica → quindi per l’acqua a pressione ambientale: **a differenza di quello osmotico, può avere valori negativi, nulli o positivi (indica che l'acqua, tende a muoversi, come nel caso del rubinetto, l’acqua ha una pressione idrostatica positiva che la fa uscire); -l’acqua sia in soluzione che allo stato puro a pressione atmosferica, non ha pressione idrostatica! -Ma il potenziale di pressione può essere anche negativo = quando l’acqua è sottoposta a una forza di pressione (una suzione), nella pianta abbiamo lo xilema che ha acqua sottoposta a forza di tensione proveniente dall’alto, legato alla traspirazione. La pressione di turgore è una pressione idrostatica positiva che esiste all’interno delle cellule, fenomeno che vede l’ingresso dell’acqua per effetto osmotico ma la resistenza elastica della parete ferma l’effetto di questa pressione idrostatica; → la pressione idrostatica positiva all’interno della cellula è la pressione di turgore ( da 0,5 a 1 MPa) il potenziale di pressione (pressione idrostatica) è negativo invece all’interno dello xilema quando è attiva la traspirazione (si parla di tensione o pressione idrostatica negativa) La pressione di turgore è importante per: dare forma alla pianta per l’espansione delle cellule grazie alla pressione di turgore (tutto sempre in relazione con la parete cellulare che supporta l’estensione, senza, la cellula esplode); **quando il PSIp (potenziale di pressione) = 0 → la pianta appassisce! La plasmolisi è quel fenomeno che osserviamo se prendiamo l’ epidermide di cipolla immersa in soluzione ipertonica, dove l’acqua esce dalla cellula per andare nella soluzione, la cellula perde H2O, e si contrae (la membrana), la membrana plasmatica si stacca dalla parete cellulare tranne a livello dei plasmodesmi, lì non può contrarsi, perché i plasmodesmi hanno la membrana plasmatica in continuità tra le due cellule. Le cellule vegetali si comportano come osmometri: -soluzione ipotonica → si gonfia la cellula -soluzione isotonica → pressione idrostatica = 0 -soluzione ipertonica → perdita di acqua, plasmolisi DINAMICHE DI VARIO TIPO: A) acqua pura a pressione atmosferica, potenziale di pressione 0, potenziale osmotico 0 e potenziale idrico 0; B) soluzione 0,1 Molare di saccarosio: potenziale osmotico di 0.244 MPa, pressione idrostatica 0; e questo è il potenziale idrico (vedi foto) C) prendo una cellula flaccida in soluzione di saccarosio 0,1M; dati slide, non c’è pressione idrostatica (la cellula è flaccida); potenziale di pressione 0, potenziale osmotico 0.732 MPa; Metto la cellula flaccida in una soluzione ipotonica, l’acqua entra nella cellula perché la concentrazione dei soluti è maggiore e faccio arrivare il sistema all’equilibrio (l’acqua che entra e esce è la stessa, movimento bilanciato), ma in questo caso abbiamo la pressione di turgore, la cellula è turgida con l’ingresso dell’acqua, la parete non la fa scoppiare, la resistenza opposta dalla parete equilibra la pressione idrostatica della cellula, quindi abbiamo che il potenziale osmotico è simile, è come se pur gonfiandosi non cambia il suo potenziale osmotico, perché le variazioni di V sono piccole; invece quello che cambia è il potenziale di pressione, è positivo, è una cellula turgida, 0.488 (mezza atmosfera), come si calcola? per differenza, noi sappiamo la concentrazione di saccarosio e quindi conosciamo il potenziale osmotico fuori, conosciamo il potenziale osmotico dentro (viene dato) e la componente del potenziale di pressione, dato che la cellula è all’equilibrio, significa che il suo potenziale idrico che è uguale a quello della soluzione esterna, meno il potenziale osmotico all’interno della cellula, ottengo il potenziale di pressione D) Aumento della concentrazione di saccarosio, 0,3M, il potenziale osmotico della soluzione aumenta, qui abbiamo la cellula flaccida dove il potenziale di pressione = 0; potenziale gravitazionale = è l’effetto della gravità sul potenziale idrico, dipende dall’altezza dell’acqua, incide per le piante molto alte. (RO) = densità dell’acqua, g la gravità e h l’altitudine **ad un'altezza di 10 m (colonna d’acqua di 10 m) ha alla base un potenziale gravitazione di 0,1 Mpa (1 atm); quarta componente: il potenziale di matrice, Psi m, non è nell’espressione perché non si calcola in termini semplici come per gli altri 3; -riguarda l'acqua che si trova nei dintorni di particelle o macromolecole che possono essere polari o cariche, l’acqua è polare, quindi queste particelle esercitano delle forze sull’acqua, la superficie (sia negativa che positiva) della particella attrae l’acqua, l’acqua è un dipolo, l’acqua quindi subisce delle forze di attrazione/ di absorbimento; quando la molecola viene absorbita, significa che vicino a