Summary

Questo documento esplora la fisiologia vegetale, studiando i processi e il funzionamento delle piante nell'interazione con l'ambiente. Viene analizzata la struttura e la funzione della cellula vegetale, includendo la parete cellulare, il vacuolo, i cloroplasti e i plasmodesmi. Il documento approfondisce anche le vie di trasporto di acqua e ioni, e diverse forme di plastidi.

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FISIOLOGIA VEGETALE La fisiologia vegetale è lo studio dei processi delle piante, del loro funzionamento nell’interazione con l’ambiente fisico (abiotico) e biologico (biotico) che le circonda. Le peculiarità della cellula vegetale sono la parete cellulare, il vacuolo e il cloroplasto e i plasmodes...

FISIOLOGIA VEGETALE La fisiologia vegetale è lo studio dei processi delle piante, del loro funzionamento nell’interazione con l’ambiente fisico (abiotico) e biologico (biotico) che le circonda. Le peculiarità della cellula vegetale sono la parete cellulare, il vacuolo e il cloroplasto e i plasmodesmi, questi ultimi tagliano la parete e mettono in comunicazione i citoplasmi di cellule adiacenti. LA CELLULA La parete cellulare ha morfologia molto variabile in cellule di tessuti diversi, ma anche all’interno dello stesso tessuto ci sono morfologie diverse tra le cellule, ad esempio lo sclerenchima ha pareti più spesse perché ha funzione di sostegno ai vasi floematici e xilematici, mentre nella corteccia, la parete è più sottile, perché non si deve dare sostegno ai vasi. Differenza dei tessuti vascolari: Xilema: elementi dei vasi (tracheidi), cellule allungate, morte con pareti ispessite e lignificate. Trasporto di acqua e soluti dalle radici alle foglie. Floema: elementi dei tubi cribrosi (cellule cribrose), cellule vitali prive di nucleo e vacuolo. Trasporto di linfa elaborata, dei fotoassimilati nelle regioni sink della pianta, ovvero delle regioni che appunto richiamano i fotosintati. Le pareti secondarie sono meno spesse rispetto a quelle dello xilema. Oltre che a dare sostegno la parete ha anche il compito di mantenere la forma, è responsabile dell’architettura della pianta e di conferire una forza meccanica; inoltre, si occupa anche dell’espansione cellulare; infatti, la parete permette lo sviluppo della pressione del turgore. La parete cellulare fa da barriera fisica per patogeni e acqua; tuttavia, ci sono comunque dei patogeni che hanno delle cellulasi che rompono la parete. Essa svolge anche un ruolo di segnalazione e ha un ruolo nel riconoscimento. La parete cellulare è importantissima per il trasporto di acqua; nelle radici, abbiamo la suberina idrofobica nella regione delle bande del Caspary, abbiamo il cortex e poi abbiamo l’endodermide (cellule che formano un ciclo) che contiene i vasi conduttori e queste bande. Le bande del Caspary sono ricche di suberina. Abbiamo diverse vie di trasporto di acqua e ioni: via apoplastica: è un sistema continuo di pareti cellulari e spazi aeriferi intercellulari dei tessuti della pianta, la sostanza passa e va all’interno della radice. via simplastica: è un sistema continuo citoplasmatico collegato da dei canali, i plasmodesmi. Via transmembrana: abbiamo proteine specifiche altamente selettive per l’acqua che ne consentono il trasporto Quando si arriva all’endodermide vi è un blocco da parte delle bande della via di trasporto apoplastica e quindi le sostanze devono passare attraverso la membrana plasmatica, le bande bloccano la via perché sono formati da suberina che è idrofobica. PLASMODESMI Il simplasto è il trasporto che avviene tra cellule adiacenti, trasporto continuo tra citoplasma e cellule 1 adiacenti uniti da canali, cioè i plasmodesmi; si formano dei veri e propri canali all’interno delle cellule che mettono in connessione due citoplasmi di cellule adiacenti. Questi plasmodesmi sono circondati dalla membrana plasmatica, sono costituiti da tubulo centrale proteico (desmotubulo) che è fatto da reticolo endoplasmatico. Si formano delle cavità tra RE e questo tubulo centrale che permettono il passaggio di molecole di piccole dimensioni (< 800 daltons), non si sa il perché ma passano anche proteine virali di movimento (10 KDa); forse ha un movimento intrinseco che permette di allargare un po’ questi pori. Le linee orizzontali nell’immagine sono dei desmotubuli → permettono la continuità tra due citoplasmi, se li guardiamo trasversalmente, formano dei pori all’interno della parete. Praticamente, la parte centrale è avvolto da RE e tante piccole proteine (forse anche actina) che formano delle spirali che ruotando permettono di selezionare le particelle che possono passare in queste cavità. Quindi, abbiamo la membrana del plasmalemma e all’interno il desmotubulo plasmatico. Questi tubuli potrebbero aprirsi e chiudersi con l’aiuto dell’actina. VACUOLO Il vacuolo occupa circa il 90% della cellula, è un grosso sacco che contiene molti soluti all’interno ed è circondato da una membrana, cioè il tonoplasto. La membrana del tonoplasto contiene all’interno un sacco pieno di liquidi. Il succo contiene acqua e tanti soluti e serve soprattutto durante le fasi di distensione cellulare, la parete è primaria e si può modificare, può occupare più spazio generando una porzione di turgore all’interno della cellula che spinge e fa crescere la cellula stessa. Il vacuolo può occupare quasi tutto il volume della cellula, molto spesso è ricco di succhi vacuolari che contengono pigmenti. Funzioni: accumulo di acqua, ioni inorganici, acidi organici, enzimi, zuccheri, pigmenti, metaboliti secondari, ma anche proteine che possono formare corpi proteici. Inoltre, genera una pressione di turgore, cioè preme contro la parete che permette la distensione cellulare e permette il portamento ortotropo delle piante erbacce, ovvero un andamento verticale che fa sì che la luce che colpisce entrambe le lamine sia la stessa. La plasmolisi fa sì che la cellula si afflosci, è il risultato della separazione del citoplasma dalla parete cellulare a causa della perdita di acqua. La membrana e la parete sono semipermeabili a piccoli soluti e quindi l’acqua può passare (c’è osmosi) → gradiente di concentrazione. CLOROPLASTO l cloroplasto è il sito dove avviene la fotosintesi. È un organulo tipico delle cellule vegetali ed ha una membrana che contiene all’interno una componente liquida che è lo stroma nel quale ci sono delle membrane, cioè i tilacoidi, il sito dove avviene la fotosintesi. Nell’immagine vediamo 2 una doppia membrana, all’interno dello stroma abbiamo i tilacoidi con una regione dove ci sono dischi appressati →i tilacoidi impilati formano il granum e poi ci sono le lamelle stromatiche che uniscono i grana tra di loro. Le membrane hanno composizione un po’ diversa rispetto alle altre, in quanto contengono l’apparato fotosintetico che permette le reazioni alla luce della fotosintesi, vi è una distribuzione sito specifica nelle membrane. In particolare, si vede l’ATPasi, complesso enzimatico che si trova esclusivamente dentro le lamelle stromatiche, è un enzima che si espone verso l’esterno e non riuscirebbe stare in quella zona così appressata (dei grana). Nella zona appressata, ci sono quasi esclusivamente complessi integrali di membrana (stanno dentro la membrana del tilacoide interamente). In particolare, i responsabili della fotosintesi si trovano a livello di grana. L’ATPasi a livello di lamelle è la proteina responsabile della formazione del ATP che serve per l’organicazione della CO2 che avviene durante la fase al buio della fotosintesi e permette la formazione di glucosio (avviene a livello dello stroma), è operata dal ciclo di Calvin-Benson. La fase luminosa passa attraverso dei fotosistemi e avviene a livello dei tilacoidi. I fotosistemi I e II si trovano all’interno di granum. All’interno dei cloroplasti ci sono plastoglobuli che sono protuberanze che escono fuori dalla membrana tilacoidale, formanti da un singolo strato lipidico, sono il sito dove vengono sintetizzati gli enzimi coinvolti nella fotosintesi e permettono la produzione di lipidi di membrana che vanno poi a rimpiazzare gli strati lipidici dei tilacoidi e fanno sì che i tilacoidi siano funzionanti. I plastochinoni sono trasportatori di elettroni, indispensabili nella fase luminosa, ci sono quindi anche porzioni a monostrato lipidico. Dentro i cloroplasti e i tilacoidi, ci sono anche degli acidi nucleici, vi è un genoma plastidiale, DNA sotto forma di nucleoide vicino ai tilacoidi. Vi è una comunicazione tra genoma plastidiale e genoma nucleare. Nelle membrane plastidiali (anche i tilacoidi) ci sono i glicolipidi (non fosfolipidi → no gruppo fosfato), in particolare glicosilgliceridi. Esempi sono →monogalattosildiacilglicerolo (MGDG), digalattosildiacilglicerolo (DGDG) che non sono cariche, sulfoquinovosildiacilglicerolo (SQDG) che invece è carico. Quindi, nei fosfolipidi abbiamo due molecole di acido grasso, unite al glicerolo, unito ad un gruppo fosfato che può essere unito per esempio alla colina (fosfaditilcolina), mentre nel cloroplasto non abbiamo il gruppo fosfato, ma ad esempio abbiamo il glicerolo che è legato direttamente a uno zucchero che può essere una semplice molecola di galattosio (monogalattosildiacilglicerolo). Ci possono essere anche per esempio due molecole di galattosio, in entrambi i casi ci troviamo di fronte a lipidi neutri. Le membrane a volte possono essere anche principalmente neutre. Ci sono diverse vie di sviluppo dei plastidi. Abbiamo cloroplasti, leucoplasti e cromoplasti. Il punto di partenza è il proplastidio che si trova nelle cellule meristematiche → dentro le radici in accrescimento ci sono delle cellule che si stanno espandendo e il plastidio è una forma primordiale. Nell’altra immagine si possono vedere già dei plastidi che si stanno sviluppando e formando tilacoidi, in questo caso ci troviamo in una cellula del mesofillo di una giovane foglia, all’interno ha già iniziato a sviluppare le membrane in forma tilacoidale. Non si distinguono ancora bene lamelle e grana. Se noi prendiamo la stessa pianta e dalla luce la portiamo al buio, le membrane scompaiono e si formano al posto dei cloroplasti degli ezioplasti, nei quali abbiamo agglomerati cristallini che sono come primordi delle membrane, sono detti corpi prolamellari, ovvero strutture cristalline tipica degli ezioplasti. Se esposti a luce vanno incontro a disgregazione, fusione e allungamento a formare i tilacoidi. Nelle radici, abbiamo gli amiloplasti che sono sempre plastidi, ma si sviluppano in maniera diversa. Si può immaginare un ciclo del plastidio: la foglia verde ha tanta clorofilla e fa fotosintesi. Man mano che si va avanti, verso l’autunno, si ha una variazione di colore che è anche associata alla quantità di tilacoidi che vengono disgregati, la clorofilla diminuisce e aumentano altri pigmenti come i caroteni e i pigmenti della senescenza. 3 Quindi, partiamo da un proplastidio che si può differenziare e prendere diverse vie → una via possibile è quella di formazione di ezioplasti che hanno corpi prolamellari che esposti alla luce man mano si disgregano e vanno a formare delle lamelle primordiali fino a formare i tilacoidi che si differenziano in grana e in lamelle stromatiche portando alla formazione del cloroplasto maturo. La clorofilla deve essere sintetizzata in maniera sincrona con le membrane, essa ha bisogno di luce per essere sintetizzata. La clorofilla assomiglia molto al nostro gruppo eme, è un tetrapirrolo con al centro un atomo di magnesio (mentre nell’eme abbiamo il ferro). Nelle angiosperme, l’enzima necessario per l’attivazione della clorofilla (che ha bisogno di luce) da protoclorofillide (forma inattiva) che è incolore, è la POR (protoclorofillide ossido-reduttasi) che catalizza un’ossidoriduzione e la trasforma in clorofilla. Nelle gimnosperme, abbiamo anche sostituti di questa POR. I proplastidi possono evolvere anche in amiloplasti a seconda di dove si trovano. Se siamo nelle foglie, nelle porzioni epigee, abbiamo cloroplasti. L’amiloplasto si trova soprattutto nei tuberi a livello di radice, dove vi è bisogno di accumulo di amido che viene accumulato a livello di granulo cristallino dentro gli amiloplasti. Una forma di senescenza dei proplastidi è il cromoplasto → può essere un cloroplasto che è andato in contro a senescenza e la clorofilla si è degradata e ha lasciato posto ad altri pigmenti, come il carotene o tannini. I plastidi possono essere distinti in colorati (si trovano soprattutto nella fase di senescenza→ cromoplasti) o non colorati (leucoplasti). Nel cromoplasto sono presenti soprattutto beta caroteni e tannini. I principali leucoplasti sono gli amiloplasti → industria alimentare. L’amido si usa per creare i sacchetti biodegradabili e come additivo per i farmaci. L’amido è in grado di richiamare acqua. La plastica chimica, dura molto nel tempo, questo è un problema soprattutto nell’Oceano Atlantico. I sacchetti biodegradabili sono soprattutto fatti di amido di granoturco. Quello di mais è quello più economico. L’amido assomiglia molto alla cellulosa, ma ha legame alfa 1,4 di glucosio, è formato da amilosio (20% amido, lunghe catene lineari di glucosio legate insieme da legame alfa 1-4) e amilopectina (70%, legami alfa 1,6 che formano ramificazioni). L’amido è molto abbondante nei tuberi e nell’endosperma dei cereali. Il Mater-Bi è una bioplastica che si ottiene grazie all’amido vegetale e poi viene glicerato in una vasca di poliestere sintetico che è degradabile. Tra il poliestere sintetico abbiamo due molecole principali: il polibutilene additato che ha veloce degradazione, dall’altra parte abbiamo il PBT è formato da lunghe catene polimeriche (polibutilene tereftalato) che ha più lenta degradazione→ servono per fare da legante all’amido e formare le bioplastiche. Il PET (polietilentereftalato) →ha etilene e non il butilene attaccato al tereftalato. FOTOSINTESI: ASPETTI EVOLUTIVI I primi organismi fotosintetici probabilmente si sono evoluti nelle fasi iniziali della storia evolutiva della vita e molto probabilmente usarono agenti riducenti come idrogeno e zolfo, piuttosto che acqua (fotosintesi anossigenica). La capacità biochimica di utilizzare l'acqua come fonte di elettroni nella fotosintesi si è evoluta in un antenato comune agli attuali cianobatteri (fotosintesi ossigenica). Batteri e alghe sono organismi fotosintetici ossigenici importanti per la nostra sopravvivenza. La fotosintesi è iniziata miliardi di anni fa, ma i primi organismi non erano ossigenici, erano acquatici e non rilasciavano ossigeno. All’origine tutti gli organismi fotosintetici sono in grado di utilizzare la luce solare per fare una reazione da cui si ricava energia. I primi non contenevano clorofilla, ma erano in grado di fare una reazione di ossidazione con H2S per produrre zolfo. I primi organismi si sono evoluti dai solfobatteri che facevano una fotosintesi anossigenica. Successivamente si sono evoluti i cianobatteri che sono sempre organismi procariotici, utilizzano energia solare per ossidare molecole di acqua e produrre ossigeno come prodotto di scarto. Le alghe sono state i primi organismi fotosintetici eucariotici che si sono evoluti. Dalle alghe verdi si è poi passati alle piante. La fotosintesi è un processo di trasformazione di 4 energia luminosa in energia chimica. L’organismo prende CO2 (carbonio inorganico) e lo converte in zucchero (carbonio organico), rilasciando ossigeno, grazie a molecole d’acqua che vengono ossidate da proteine. Esiste anche la fotosintesi dei solfobatteri che non usano acqua ma H2S per produrre zolfo e zuccheri. Viene sempre utilizzata la luce per innescare le reazioni redox. Quindi la fotosintesi ossigenica è operata da alghe, cianobatteri e piante, quella anossigenica dai solfobatteri. →CO2 + H2O → (CH2O) + O2. La fostosintesi non è un processo peculiare delle piante; infatti, nei solfobatteri il substrato non è l’acqua, ma l’acido solfidrico. →CO2 + H2S → (CH2O) +S. Evoluzione della fotosintesi ossigenica: 3,8 miliardi di anni fa abbiamo le prime evidenze di vita, cioè i primi organismi procarioti, mentre 3,5 miliardi di anni fa sono comparsi i cianobatteri che rilasciavano O2 che era tossico perché reagiva con molecole riducenti, l’atmosfera era ancora anaerobica. All’inizio facevano molta fatica. I cianobatteri sono riusciti ad aprire una nicchia ecologica. L’ossigeno era un prodotto all’inizio tossico per altri organismi. Quindi, 3,5 miliardi di anni fa abbiamo avuto una stasi evolutiva → la fotosintesi ossigenica aveva un ruolo minore nella biosfera microbica per la difficoltà di mantenere condizioni “microaerofile” relativamente stabili in ambiente con composti ridotti. O2 prodotto riutilizzato all’interno dei metabolismi microbici, senza scambio con l’ambiente circostante. I batteri che sono sopravvissuti hanno colonizzato ambienti più grandi, l’O2 veniva rilasciato in acqua e in atmosfera, ciò ha portato al vantaggio della fotosintesi ossigenica. Quindi, 2,5 miliardi di anni fa, abbiamo la radiazione dei cianobatteri e prima salita dell’O2 sulla terra. I cianobatteri ebbero successo per un vantaggio energetico della fotosintesi ossigenica e per un vantaggio nella competizione per la produzione di O2 potenzialmente tossico. Dai cianobatteri vi è stato un balzo in avanti con gli organismi eucarioti. (2,2-1,8 miliardi di anni fa). 1,2-1 miliardi di anni fa, compaiono i primi eucarioti fotosintetici (alghe). L’ossigeno sale ai livelli attuali. Mezzo miliardo di anni fa sono comparse le prime piante terrestri. Se guardiamo l’evoluzione di organismi fotosintetici (base su DNA), si è visto che inizialmente si sono evoluti i batteri, tra cui i cianobatteri che sono Gram – che hanno un sistema fotosintetico localizzato a livello dei tilacoidi e hanno dei pigmenti. Tra questi batteri si sono evoluti anche i batteri sulfurei. Abbiamo una prima diramazione e poi si passa alle prime forme eucariote, prima unicellulari e poi pluricellulari. Gli organismi fotosintetici si sono evoluti dalle alghe verdi per l’incorporazione di cianobatteri tramite endocitosi. Dalle alghe verdi, si sono evolute le piante terrestri. 5 Origine dei cloroplasti →La teoria endosimbiotica suggerisce che i batteri fotosintetici furono acquisiti (mediante endocitosi) dalle prime cellule eucariotiche per formare le prime cellule vegetali. Pertanto, i cloroplasti potrebbero essere batteri fotosintetici che si adattarono alla vita all'interno delle cellule vegetali. I cloroplasti possiedono il loro DNA, separato dal DNA nucleare delle loro cellule ospiti e i geni in questo DNA plastidiale sono simili a quelli dei cianobatteri. Quindi, i batteri fotosintetici primordiali sono stati acquisiti attraverso endocitosi in una cellula eucariote non fotosintetica/eterotrofica e hanno formato le prime cellule fotosintetiche primordiali. In seguito all’endocitosi del cianobatterio, viene persa la membrana più esterna. Si pensa poi ad una seconda endocitosi all’interno di una seconda cellula che ha fatto sì che questa prima cellula eucariotica primordiale fotosintetica venga inglobata da una seconda cellula eucariotica con il suo nucleo. Il risultato è una cellula vegetale in cui vi è una doppia membrana del cloroplasto che deriva dal cianobatterio e la cellula eucariotica che ha il suo nucleo, mentre un nucleo vestigiale si trova all’interno del plastidio e deriva dalla prima simbiosi. Il cloroplasto ha un suo genoma plastidiale → Scambio di informazioni e regolazione tra genoma plastidiale e nucleare (formano complessi proteici). Evoluzione delle piante terrestre → All’origine le piante si sono originate intorno 365 milioni di anni fa da una cellula ancestrale. Le prime piante che si sono evolute non erano piante terrestri, avevano bisogno di acqua soprattutto per la riproduzione. Le prime piante che si sono evolute sulla terra sono le briofite che erano piante non vascolari, non hanno vere proprie foglie e radici, non hanno tessuti di sostegno e crescono poco in altezza e sono principalmente i muschi, poi abbiamo anche le epatiche e le antocerote. Tutte queste necessitano di acqua per riprodursi. Con la comparsa della lignina (nelle felci) e dei tessuti di sostegno, le piante riescono a crescere in altezza e sono praticamente già svincolate dall’acqua. 300 milioni di anni fa compaiono le piante a seme. Le piante a seme sono piante vascolari, hanno un modo nuovo di riprodursi, infatti, il seme non necessita d’acqua, possono vivere anche in ambienti più aridi. Le gimnosperme hanno seme nudo senza involucro. La maggior parte delle piante da fiore appartiene alle angiosperme. Le principali piante che popolano la terra sono piante a fiore, ci sono circa 250000 specie diverse. Tra le piante gimnosperme, le più comuni sono le conifere e anche la sequoia. Ci sono anche circa 12000 specie diverse di felci. Le altre sono meno rappresentate. Nelle piante non vascolari, i muschi sono abbondanti. 6 Queste piante hanno bisogno di un sistema di raccolta di luce che permetta di sfruttare l’energia luminosa, soprattutto per quanto riguarda i componenti dello spettro solare. Hanno una lunghezza d’onda tra 400 e 700 nm che è detta luce fotosinteticamente attiva. Alcuni pigmenti si sono evoluti per riuscire a sfruttare la luce tra i 400 e i 700 nm. La luce arancione è la luce solare. Dello spettro solare solo una componente è utilizzata dalle piante. Tra il sole e la superficie terrestre abbiamo masse d’acqua in atmosfera che assorbono la luce solare; quindi, la pianta non è in grado di assorbirla tutta. In rosso, si vede quando la luce riesce a colpire la superficie terrestre. Di tutta la luce che colpisce la terra, la pianta riesce sfruttare tramite pigmenti che assorbono tra 400 e 700 nm. In acqua la luce solare penetra ancora meno (cianobatteri → hanno pigmenti fotosintetici idonei per raccogliere luce in certe lunghezze d’onda). A seconda degli organismi, abbiamo quindi diversi pigmenti fotosintetici. Ci sono pigmenti a base di tetrapirroli e molecole a base di isoprenoidi. Alcuni fanno fotosintesi clorofilliana, cioè hanno vari pigmenti, ma il maggioritario è la clorofilla, altri non clorofilliana, tra questi ci sono quelli che usano altri pigmenti, principalmente batterio-rodopsina utilizzata dai batteri per la fotosintesi non clorofilliana. Nella fotosintesi clorofilliana, i principali tetrapirroli sono rappresentati dalle clorofille e dalle batterioclorofille che sono clorofille primordiali che hanno un tetrapirrolo con dentro magnesio. Tutte contengono dei tetrapirroli con magnesio al centro. I tetrapirroli possono essere ciclici oppure lineari. Quelli ciclici prendono il nome di porfirine e contengono magnesio al centro, se i 4 anelli sono disposti in modo lineare prendono il nome di ficobiline che sono tipiche dei cianobatteri e alghe rosse, non vi è magnesio al centro. I carotenoidi (caroteni e xantofille) sono degli isoprenoidi. Gli isoprenoidi sono idrocarburi che possono avere fino a 40 atomi di carbonio nella catena lineare e hanno tanti doppi legami coniugati, il beta carotene è il più comune carotenoide. Tra i carotenoidi abbiamo le xantofille. I caroteni non sono ossigenati, mentre le xantofille sono ossigenate. Gli isoprenoidi sono idrofobici. Gli isoprenoidi ci sono anche nella fotosintesi non clorofilliana, ma hanno struttura un po’ diversa. Il principale pigmento è la batterio-rodopsina che ha colore purpureo ed è comune a batteri nelle saline. Se passiamo vicino alle saline ci vedono rosa per questi batteri in cui si accumula la rodopsina. Assorbono lunghezze d’onda diverse. I pigmenti fotosintetici sono presenti nelle membrane tilacoidali dove avvengono le reazioni della fase luminosa della fotosintesi. Le clorofille assorbono principalmente nel blu e nel rosso tra i 400 e i 750 nm circa e sono tra i principali pigmenti delle piante. Il beta- carotene riesce ad estendere lo spettro luminoso che le 7 piante riescono a sfruttare, riesce ad estendere verso i 500 nm lo spettro di assorbimento. La batterioclorofilla a che riesce assorbire sia basse lunghezze d’onda che alta, poi abbiamo anche la clorofilla d che è presente in certi cianobatteri. La ficoeritrobilina è una ficobilina presente nei cianobatteri e assorbe tra i 500 e 600 nm. Ogni molecola ha un range di assorbimento specifico. Vediamo le foglie verdi perché nel verde non assorbe luce. I pigmenti non sono liberi ma sono sempre legati a proteine. La luce deve essere convertita in energia chimica nella fotosintesi, l’energia che assorbe la trasferisce a centri proteici dove poi avvengono le reazioni catalitiche. Si possono innescare danni fotossidativi per questo sono legati a proteine presenti sulle membrane tilacoidali. I pigmenti hanno bisogno di “qualcosa” su cui scaricare l’energia. Le clorofille assomigliano molto all’eme. Il tetrapirrolo ha 4 anelli pirrolici ed ognuno termina con un N, nella clorofilla abbiamo un atomo di Mg, mentre nell’eme abbiamo il ferro. Poi ci sono delle catene legate al tetrapirrolo che possono essere diverse. La sintesi avviene in modo diverso tra animali e vegetali, ma vi è un precursore comune che è ALA (l’acido 5- aminolevunilico). Il precursore origina a partire da glicina + succinil-coA nell’eme, quindi in animali, lieviti, funghi, mentre nei batteri, cianobatteri e nelle piante è l’acido glutammico che origina ALA. Via biosintetica della clorofilla →avviene a livello del cloroplasto nella pianta, alcuni enzimi sono nell’involucro del cloroplasto, altri a livello della membrana tilacoidale. Ci sono più di 12 enzimi che portano a questa via biosintetica, gli enzimi devono agire in maniera concertata e regolata, perché non devono esserci rilasci di intermedi di clorofilla o di clorofilla libera da proteine nel cloroplasto, perché possono reagire con l’ossigeno rilasciato dal cloroplasto attivo creando danni fotossidativi. Ci sono 4 fasi principali. Il precursore è ALA che è prodotto per conversione di una molecola di acido glutammico, poi due molecole di ALA vengono condensate a formare porfobilinogeno (PBG) che ha già un anello porfirinico. 4 di queste molecole devono reagire insieme per condensazione per formare il tetrapirrolo. La magnesio dilatasi introduce un atomo di magnesio al centro. Si forma così la protoclorofillide a. In contemporanea, all’ingresso di un atomo di magnesio, si è formato un anello definitivo. Quindi, ci sono 4 anelli porfirinici a fare questo tetrapirrolo. Poi viene aggiunto anche un quinto anello, l’anello e, che deriva da acido proprionico il 8 quale ciclizza e forma l’anello E che è caratteristico delle clorofille. In questa fase, la clorofilla non è ancora attiva. Per assorbire la luce ha bisogno di una reazione che avviene sull’ anello d dove vi è un doppio legame che deve essere ridotto. Su questo doppio legame, opera la protoclorofillide ossidoreduttasi (POR) che deve ridurre il doppio legame. In seguito a riduzione, la molecola può assorbire luce. Quindi, il passaggio dalla protoclorofillide a alla clorofillide a è mediata da POR. Dato che si tratta di un’ossidoreduttasi, ha bisogno del NADH deve cedere i protoni per fare la riduzione e ha bisogno anche della luce. In assenza di luce, l’enzima non funziona. L’ultimo passaggio è la trasformazione della clorofillide in clorofilla. La clorofilla ha una lunga catena pirrolica (coda del fitolo) che deve essere aggiunto all’anello d grazie alla clorofilla sintasi tramite un legame covalente. Il fitolo serve perché è altamente idrofobico e si può ancorare ai tilacoidi. Nelle Angiosperme la luce diventa un fattore determinante per la biogenesi delle membrane tilacoidali: la mancanza di luce impedisce infatti la formazione di clorofille. Così quando germogli di Angiosperme vengono fatti crescere al buio, nei tessuti potenzialmente verdi in grado di formare cloroplasti alla luce, si differenziano invece ezioplasti. Questi differiscono dai cloroplasti per organizzazione ultrastrutturale, composizione e funzionalità. Mancano infatti di tutti i complessi pigmento-proteina dell’apparato fotosintetico. Nelle piante vascolari inferiori ed in alcune Gimnosperme, la differenziazione dei cloroplasti, con la formazione ed organizzazione del sistema tilacoidale e la concomitante sintesi di clorofille può avvenire sia alla luce che al buio. I plastidi, quindi, restano in forma di ezioplasti e sono molto diversi da un punto strutturale e non sono in grado di fare fotosintesi. Tra le felci, la differenziazione dei cloroplasti può avvenire sia alla luce che al buio. In tutte le angiosperme, vi è bisogno di luce perché avvenga questo processo. Alla luce, si attiva la POR che lega le proteine che fanno i processi fotosintetici e rendono distribuiti i tilacoidi, formando i grana. Se noi abbiamo ancora la protoclorofillide senza luce, non viene attivata la POR e quindi abbiamo ancora dei tilacoidi che sono degli abbozzi che sono detti corpi prolamellari che possono evolvere poi in tilacoidi quando sono esposti alla luce. Reazioni della fase luminosa della fotosintesi: all’interno dei tilacoidi ci sono ancorati dei complessi proteici e avviene un trasferimento elettronico che permette un trasferimento di elettroni dall’acqua. Gli elettroni si ricavano dall’acqua che viene ossidata fino alla molecola finale che deve essere ridotta. Nella fase finale della fotosintesi, vi è produzione di molecole riducenti principalmente NADPH. La produzione di NADPH è mediata da una serie di trasportatori elettronici che ricavano elettroni dall’acqua che viene ossidata e produce protoni che si trovano sul lato interno dei tilacoidi che acidificano e muovono l’ATPasi nei tilacoidi per produrre ATP sul lato stromatico. L’acqua viene ossidata per effetto della clorofilla a presente nel fotosistema II. Abbiamo una serie trasportatori elettronici fino alla ferrodossina che è in grado di trasferire gli elettroni al NADP che riesce a ridursi a NADPH. Il sistema dei trasportatori elettronici si può vedere anche come uno schema Z. Il trasporto avviene nei tilacoidi secondo un potenziale di energia. Le molecole di clorofilla A sono legate al fotosistema I e al fotosistema II. I centri di reazione sono importanti perché avvengono le reazioni di riduzione e ossidazione e per la produzione di molecole di NADPH. Abbiamo P680 per il fotosistema II e P700 per il fotosistema I. Esistono anche altri pigmenti che trasferiscono energia alle molecole di clorofilla che sono 9 presenti nei fotosistemi. Tra i due fotosistemi, abbiamo vari trasportatori elettroni, tra cui il citocromo B6F che è un complesso proteico che recepisce elettroni che vanno dal 2 all’1, abbiamo per esempio piccole molecole di trasporto che sono ioni, come il plastochinone. Quindi, all’interno della catena, abbiamo due clorofille fondamentali all’origine dei due fotosistemi. Esistono quindi tanti intermedi elettronici che trasportano elettroni, lo scopo finale è produrre del NADPH che serve poi nella fase oscura per organicare la CO2. Nella fase luminosa, vengono ossidate molecole di acqua con rilascio di O2 che viene rilasciato in atmosfera. Le molecole di clorofille vanno nel centro di reazione dei fotosistemi, in cui avvengono anche le reazioni catalitiche. La luce deve quindi essere assorbita da altre molecole che hanno come funzione quella di assorbimento e trasferimento per risonanza di energia al centro di reazione. Questi pigmenti che hanno capacità di assorbire energia e trasferirla al centro di reazione sono delle clorofille (A e B) e dei carotenoidi che non sono liberi, ma legati a proteine. Quindi si formano dei sistemi proteici antenna che sono sistemi antenna detti pigmento-proteina. Servono per il trasferimento di energia per risonanza fino alle clorofille che si trovano nel centro di reazione. I sistemi antenna si sono evoluti, infatti nei cianobatteri erano diversi rispetto a quelli nelle piante. I centri di reazioni sono comuni a tutti gli organismi, il fotosistema uno e due hanno molecole speciali di clorofilla a. Ciò che è cambiato di più non è il centro di reazione, ma il sistema antenna. I cianobatteri e le alghe rosse hanno un sistema antenna che è estrinseco. I fotosistemi sono conservati e si trovano all’interno della membrana, la porzione antenna è tutta esterna quindi idrofilica nei batteri, mentre nelle piante è intra-membrana. Questo fa differenza anche a livello strutturale nei tilacoidi. L’antenna esterna è molto più grande come dimensione e ha delle proteine che legano pigmenti. Le principali proteine sono i ficobilisomi di due tipologie, abbiamo al centro l’alloficocianina, poi si vedono tante proteine a bastoncini costituiti da ficoeritrobilina e la ficocianina. La ficocianina lega la cianina che è un pigmento fotosintetico, la ficoeritrina ha l’eritrina legata. Le ficobiline sono tetrapirroli lineari che non contengono Mg all’interno. I ficobilisomi possono essere legati anche al fotosistema I nei cianobatteri. Mentre, il principale pigmento del fotosistema II è la clorofilla a. Nelle alghe verdi e nelle piante abbiamo un sistema antenna integrale di membrana. Ci sono delle proteine idrofobiche che costituiscono un sistema complesso (complex) per l’assorbimento della luce. I pigmenti sono diversi. Le proteine che prendono parte del sistema antenna sono le LHC A/B, A sta per fotosistema I, B per fotosistema II. Sono indicati dei geni per le proteine LHCA 1,2,3,4,5 che sono subunità proteiche che formano il fotosistema I, sotto sono indicati i geni per le LHCB dal 1 al 7 per il sistema antenna del fotosistema II. Vi è una differenza nella struttura dei tilacoidi. I tilacoidi nel cianobatterio occupano quasi tutta la cellula. Vi è sempre uno spazio tra una membrana e l’altra. Nella cellula vegetale, abbiamo dei tilacoidi molto addensati a formare i grana e poi delle lamelle stromatiche di collegamento alle zone dove ci sono tilacoidi. La grossa differenza è legata all’ingombro sterico che c’è a livello di sistema antenna. Nel caso delle piante, c’è una distribuzione di sistemi antenna legati al fotosistema II principalmente che sono integrali di membrana e quindi permettono 10 l’avvicinamento massiccio dei tilacoidi. Il fotosistema II con il suo sistema antenna va a posizionarsi a livello di grana. Organizzazione del cloroplasto →avviene a livello di membrana, abbiamo dei dischi appressati che prendono il nome di grana e poi abbiamo le lamelle stromatiche. Il cloroplasto ha un suo DNA che codifica per delle proteine plastidiali. Anche i ribosomi sono collegati ai tilacoidi. Ci sono anche dei plastoglobuli indicati in nero che sono estroflessioni del tilacoide monostrato e sono responsabili della sintesi di membrana, abbiamo i plastochinoni che trasportano elettroni e altre classi di molecole che vengono sintetizzate in base a situazioni di stress. Quindi, il cloroplasto è molto indipendente. Le reazioni della luce avvengono all’interno dei tilacoidi, mentre quelle al buio nello stroma. Le reazioni legate alla fase luminosa portano alla produzione di NADPH e ATP (gradiente di protoni). Da un punto di vista evolutivo, queste due reazioni avvengono rispettivamente sui tilacoidi e nello stroma, ma ci sono 3 vie metabolica dell’organicazione della CO2. Abbiamo piante C3, C4 e CAM a seconda della via metabolica. La C3 è la più vecchia ed è quella presente nella maggior parte piante, la C4 e la CAM hanno sviluppato strutture diverse a livello della foglia come adattamento a certi ambienti. Le crassulacee sono piante CAM che vivono in luoghi desertici. Le piante C4 sono soprattutto le graminacee. A livello dello stroma, la RUBISCO (riduce la CO2) agisce in maniere diversa. Mentre la fase luminosa passa attraverso questi 4 grossi complessi proteici (fotosistema II, citocromo, fotosistema I e ATPasi). A livello della foglia, la maggior parte delle piante è costituita da fotosintesi C3, con tessuto a palizzata, i fotosintati passano attraverso le venature del floema. L’organicazione della CO2 avviene in seguito all’assorbimento di CO2 e gli stomi sono aperti di giorno. Le piante C4, come le graminacee (mais), hanno una guaina del fascio, cioè una fascia di cellule che si trovano vicino ad una nervatura e che formano una serie di corona. In queste piante, avviene una divisione spaziale nella fase di organicazione → la CO2 viene assorbita a livello del mesofillo. La prima fase è la formazione di molecole acide (intermedi) a 4 atomi di carbonio (C4), poi vengono trasportate nelle cellule della guaina del fascio dove la CO2 viene rilasciata ed entra nel metabolismo di Calvin-Benson. È un vantaggio, perché per perdere meno acqua hanno bisogno di tenere gli stomi parzialmente aperti e quindi riescono ad avere un bilancio tra CO2 e acqua → la RUBISCO fissa la CO2, ma funziona anche come molecola ossigenasica, può usare come substrato l’O2. Quindi, nella guaina del fascio ove vi è l’enzima, sono lontane dal mesofillo dove la CO2 entra. Quindi, il primo prodotto stabile dell’organicazione della CO2 è un acido a 4C; ad alte temperature, l’attività ossigenica della RUBISCO è favorita rispetto a quella carbossilante, quindi l’efficienza della CO2 diminuisce, allora queste piante concentrano la CO2 nelle cellule della guaina del fascio, dove è localizzata la RUBISCO riducendo l’attività ossigenica dell’enzima. Le piante CAM, le crassulacee che vivono in ambienti aridi, per esempio, hanno adottato un sistema in cui riducono il problema della traspirazione. Gli stomi di giorno sono chiusi quindi limitano perdite legate alla traspirazione. La notte prendono la CO2 perché hanno gli stomi aperti, si formano molecole intermedie che vengono rilasciate di giorno nel ciclo di Calvin. Di giorno, riescono a fare l’organicazione dello zucchero. Questo ha portato ad un’anatomia diversa della foglia. Le foglie possono avere adattamenti fogliari, che, oltre alla fotosintesi, servono per altre funzioni. I viticci sono foglie per il supporto e servono per ancorarsi, le spine che sono foglie evolute, hanno funzione di protezione, ci sono foglie con parenchima aerifero che accumulano acqua (piante grasse) → accumula acqua, ci sono 11 foglie che gemmano e servono per la riproduzione e poi ci sono foglie che hanno funzione protettiva del fiore. FOTOSINTESI Tilacoidi: sede delle reazioni di cattura dell’energia luminosa. Stroma: sede delle reazioni che utilizzano l’energia luminosa per sintetizzare i carboidrati. Durante periodi di intensa fotosintesi, parte dei carboidrati viene accumulata come amido che di notte viene riconvertito in saccarosio ed esportato ai tessuti che non fotosintetizzano tramite i traslocatori di membrana → energia protonica. La luce è un’onda elettromagnetica ed è una piccola parte di un ampio spettro continuo di radiazioni, lo spettro elettromagnetico. La luce all’interno di un campo elettrico si propaga ad alta velocità. Tutte le radiazioni incluse in questo spettro viaggiano sotto forma di onde e sono costituite di particelle di energia chiamate fotoni. Ogni fotone contiene una determinata quantità di energia chiamata quanto. La lunghezza d’onda e frequenza dell’onda sono molto importanti →ci dicono quanti picchi ci sono in un determinato momento. La velocità della luce è frequenza x lunghezza d’onda. L’energia di un fotone è E=h·v →Legge di Planck (h=6,626x10-34Js). Più è alto lambda, più è bassa la frequenza. L’energia luminosa, affinché possa essere utilizzata dai sistemi viventi, deve essere prima assorbita. Un pigmento è qualsiasi sostanza che assorbe luce. Le sostanze appaiono di colore diverso a seconda delle lunghezze d’onda che assorbono o riflettono. Il pomodoro non assorbe nel rosso. Lo spettro di assorbimento è l’assorbimento di luce da parte di una sostanza o di un pigmento a varie lunghezze d’onda. La clorofilla a è comune a tutti gli organismi ha un picco massimo nel blu e 650 nm nel rosso. Lo spettrofotometro è usato per percepire l’assorbanza della luce. Ogni pigmento ha uno spettro ben definito. Abbiamo una sorgente luminosa (luce visibile) che poi si scompone nei suoi componenti, passa luce attraverso un prisma e questa arriva al campione, a questo punto se il campione assorbe luce una parte della luce incidente viene assorbita, mentre una parte viene trasmessa. Si può misurare attraverso un fotorilevatore la quantità di luce assorbita. Si può misurare attraverso la variazione della lunghezza d’onda l’assorbimento del campione. Lo spettrofotometro mette in relazione la concentrazione di un soluto con l’assorbanza da una molecola. Fa passare in una dimensione di 1 cm la luce, una parte è assorbita e l’altra trasmessa; quindi, si può osservare la quantità di luce assorbita nel campione. A → asse y (assorbanza) →L’assorbanza è uguale alla quantità di luce incidente diviso intensità di luce trasmessa. Può essere trasmessa in relazione della legge I0/I. Essa può essere messa in relazione alla concentrazione del pigmento che assorbe la luce (legge di Lambert e Beer) A= ε (coefficiente di estinzione molare, varia a seconda di l0) x c (concentrazione della molecola) x l (cammino ottico che la luce deve attraversare). Se io voglio calcolare la concentrazione di un estratto dalla foglia, estraggo per 12 prima cosa i pigmenti (esempio clorofilla) → estraggo pigmenti con solventi messi all’interno di un recipiente di vetro → si ottiene un colore verde, si ha come risultato uno spettro di assorbimento che ha dei picchi della clorofilla nel rosso e nel blu. L’assorbanza ha un valore relativo. Si colpisce il campione fino a che non si raggiunge un picco di assorbanza massima. L’assorbanza è data dall’intensità di I0/I in scala logaritmica; quindi, è il log di questo rapporto. Se è zero, il rapporto è lineare. In questa maniera, si può mettere in relazione l’assorbanza con la concentrazione di clorofilla. Si può ricavare la concentrazione, conoscendo l’assorbanza. Si possono quindi valutare quanti pigmenti sono presenti a livello di diversi tessuti. Il beta carotene assorbe 450-550. Quantitativamente l’assorbanza ci fornisce anche un’informazione sulla quantità del pigmento. Usando uno spettrofotometro sono stati estratti pigmenti standard, in cui in base alla lunghezza d’onda vediamo il picco di assorbimento massimo. La clorofilla a e b hanno dei picchi nel rosso e nel blu. Sono i pigmenti principali presenti nelle piante. La A forma il centro di reazione, mentre la B il sistema antenna. Il beta-carotene ha uno spettro di assorbimento tra 450 e 500 nm. I carotenoidi assorbono in questo spettro non solo il beta-carotene, ma anche altri pigmenti, come le xantofille che sono ossigenate. La batterio-clorofilla A assomiglia molto alla clorofilla come struttura molecola, ma ha una differenza a livello di anello pirrolico, permette di assorbire a oltre i 700 nm. La clorofilla D ha picco di assorbimento intorno a 700 nm, è presente nei cianobatteri. Permette di allargare lo stato di assorbimento →i batteri possono colonizzare più nicchie. La ficoeritrobilina (tra 500 e 600 nm) è tipica dei cianobatteri e delle alghe rosse. Efficacia relativa delle diverse lunghezze d’onda della luce sui processi che richiedono luce (es. fotosintesi, fioritura). Lo spettro di assorbimento (in rosso) è fatto su un estratto di cloroplasto con tutti i suoi pigmenti → spettro totale di tutti i pigmenti. Lo spettro di azione permette di determinare l’efficacia della lunghezza d’onda luce, in questo caso si basa sul tasso di sviluppo di ossigeno → si ossida l’acqua liberando ossigeno e ci sono dei pigmenti che assorbono l’energia luminosa per permettere le reazioni. Si guarda l’efficacia relativa delle diverse lunghezze d’onda sul processo di evoluzione di ossigeno si può appunto capire la relazione tra l’evoluzione di ossigeno in questi organismi e il tipo di pigmenti che gli organismi hanno. Sul grafico, sulla y abbiamo l’assorbanza, sulle x la lunghezza d’onda, si vede come si modifica la capacità di evolvere l’ossigeno. Se diamo colori diversi alle diverse lunghezze d’onda della luce ad un campione che assorbe la luce e andiamo a vedere l’assorbimento della luce e la capacità del campione di evolvere O in dipendenza di diverse lunghezze d’onda, abbiamo uno spettro di azione. Possiamo vedere se i due spettri sono sovrapponibili oppure no. La capacità di evolvere ossigeno si misura con degli elettrodi. Sono stati confrontati spettri di assorbimento e spettri di azione, si è visto che sono abbastanza sovrapponibili, se non che nelle clorofille cambia la regione tra 450 e 550, che è la regione dove assorbono i caroteni. Le clorofille che assorbono i picchi massimi sono anche responsabili dell’evoluzione di ossigeno perché sono legati al centro di reazione e quindi ai fotosistemi, mentre i caroteni sono pigmenti accessori. La fotosintesi ossigenica evolve ossigeno in atmosfera. Poiché nella fotosintesi ossigenica i pigmenti assorbono tra 400 e 700 nm, questa porzione dello spettro viene definita: radiazione fotosinteticamente attiva (PAR). I principali pigmenti sono le clorofille, i carotenoidi e le ficobiline sempre legati a proteine legate a tilacoidi. Le clorofille: Clorofilla a: è presente in tutti gli organismi con fotosintesi ossigenica, è l’unica presente nei centri di reazione; Clorofilla b: caratteristica degli organismi fotosintetici verdi (piante vascolari, briofite, alghe verdi, Euglenoidi); 13 Clorofille c1, c2: pigmenti accessori in diversi gruppi algali (Diatomee, Feofite). Batterioclorofille: presenti nei batteri con fotosintesi anossigenica (batteri sulfurei), alcune fanno parte dei centri di reazione Clorofilla d: pigmento presente in alcuni cianobatteri Le clorofille d e f sono state scoperte da poco. Sono presenti nei cianobatteri, assorbono bene a lunghezza maggiore di 700 nm. La clorofilla D è anche presente nei centri di reazione. La d è fotosinteticamente attiva, si indica con P740. La clorofilla f riesce ad assorbire nel rosso lontano, ciò permette a questi cianobatteri di vivere sotto a vegetazione, in acqua, dove ci sono piante che fanno ombra. Si dice che questi organismi con clorofilla d e f si siano adattati al “far red“che generalmente non è sfruttabile dalle piante. Tutte le clorofille appartengono alla famiglia delle porfirine. Possiedono un anello tetrapirrolico ciclico con un atomo di Mg coordinato al centro. Possiedono un quinto anello aliciclico ciclopentanoico. Le clorofille si distinguono A e B, in base al gruppo metile o aldeidico come sostituente. La batterioclorofilla è un po’ diversa perché ha un sostituente diverso. La componente porfirinica ha dei cambiamenti quando la clorofilla passa dallo stato basale allo stato eccitato. I doppi legami presenti nell’anello porfirinico cambiano lo stato energetico, permettono il passaggio da uno stato basale ad uno eccitato. La clorofilla a e la b si distinguono per l’assorbimento → questa differenza è appunto dovuta ad un sostituente diverso. I carotenoidi sono lunghe catene lineari con tanti doppi legami coniugati e vengono sintetizzati da batteri fotosintetici e non fotosintetici, cianobatteri, alghe, piante superiori, lieviti, funghi, animali invertebrati. I vertebrati non sintetizzano carotenoidi e dipendono dai carotenoidi assunti con la dieta per produrre l’importante classe di sostanze definite Retinoidi. Noi dobbiamo quindi assumerli con la dieta, perché non abbiamo il sistema enzimatico per controllarli. Tra i retinoidi abbiamo il retinale (pigmento visivo) e il retinolo (vitamina A) e l’acido retinoico (controllo morfogenesi). Le assumiamo con il beta carotene. Svolgono due funzioni: − assicurano l’assorbimento della luce in ambiti spettrali non adeguatamente coperti dalle clorofille; − sono importanti nella protezione degli apparati fotosintetici dal danno ossidativo; Tutti questi carotenoidi nelle piante formano tanti doppi legami alternati, mentre le xantofille sono ossigenati e funzionano spesso da pigmenti accessori presenti nei fotosistemi (neoxantina, violaxantina e luteina). A livello mondiale, abbiamo una carenza di beta carotene che provoca avitaminosi A. La carenza di beta- carotene nella dieta provoca Avitaminosi. La carenza di vitamina A è diffusa nei Paesi in via di sviluppo e nelle popolazioni povere dei Paesi sottosviluppati. Il fabbisogno di vitamina A (RDA = Recommanded Dietary Allowance) è soddisfatto da 6 mg di beta-carotene al giorno. Il suo rifornimento con la dieta ha effetti benefici sulle popolazioni che soffrono di avitaminosi A. Uno studio condotto in Nepal ha dimostrato che il rifornimento di RDA ha ridotto del 50% la mortalità femminile correlata alla gravidanza. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il miglioramento della nutrizione portante alla produzione di vitamina A potrebbe evitare la morte di più di 2.000.000 di persone all’anno. Per la maggior parte bambini in età prescolare. In Nepal, cibando le persone con betacarotene si è abbassata del 50% la mortalità di donne in gravidanza. Uno dei modi è utilizzare integratori vitaminici prodotti, per esempio, attraverso le alghe verdi che accumula tantissimo beta-carotene, viene cresciuta all’interno di bioreattori per scopi industriali che viene poi somministrato come integratore alimentare. Vi è una sorgente luminosa per illuminare l’alga che deve crescere. Dunaliella salina (Chlorophyta) produce quantità elevate di beta-carotene. Viene coltivata come fonte di “provitamina A”, come integratore alimentare per risolvere stati di avitaminosi A. Abbiamo anche le golden potato che sono una varietà di patata arricchita di beta-carotene, il cui contenuto di provitamina A è stato aumentato di circa 3.600 volte, tramite tecniche di ingegneria genetica. Bastano 250 grammi di "golden potatoes" per assumere il 50% di vitamina A della dose giornaliera consigliata (RDA), a fronte di 14 una quantità pari a 900 Kg della varietà originaria (la Desirée). La patata costituisce la quarta fonte alimentare di calorie per l'alimentazione umana, dopo il grano, il riso ed il mais; appartiene alla famiglia delle Solanacee (come i peperoni, i pomodori e le melanzane) e l'uomo ha cominciato a coltivarla circa 2.000 anni fa, sulle montagne del Sudamerica. Le ficobiline sono presenti in cianobatteri e alghe rosse. Sono tetrapirroli lineari, hanno porfirine legati in maniera lineare, ha biline legate a proteine nei tilacoidi. La ficocianina e la ficoeritrina sono i due pigmenti principali. La ficocianina ha un picco di assorbimento a circa 700 nm. Quando una molecola di clorofilla assorbe della luce, gli elettroni pi- greco dell’anello porfirinico passano ad un livello energetico superiore, detto stato eccitato. Una molecola allo stato basale viene colpita da un quanto di energia che assorbe luce, ciò fa sì che un elettrone pi-greco passi ad uno stato energetico superiore. Lo stato eccitato può essere di singoletto o di tripletto. Nello stato eccitato di singoletto abbiamo lo stesso spin dell’elettrone, nello stato eccitato di tripletto abbiamo spin opposto. Lo stato eccitato di singoletto dura 10-9 secondi, dura meno di quello di tripletto, decade in qualche nanosecondo, viene riemessa energia che però è inferiore rispetto a quella di eccitazione, trasmessa sotto forma fluorescente che ha una lunghezza d’onda maggiore rispetto alla luce incidente. Quando decade nello stato di tripletto di solito si ha fosforescenza. La clorofilla ha due stati eccitati. Uno superiore (blu) e uno inferiore (rosso). Quello inferiore si ottiene quando si ha luce incidente, quello superiore si ha quando si colpisce la clorofilla e viene assorbita luce blu, questa ha una lunghezza d’onda inferiore. Quando la clorofilla va in stato eccitato tende a perdere dell’energia e decadere velocemente allo stato eccitato inferiore rilasciando calore. Quindi viene eccitato dalla luce rossa o dalla luce blu, ritorna poi al suo stato basale per emissione di fluorescenza, la quale ha un picco di emissione che è maggiore alla lunghezza d’onda del picco di assorbimento. Quando gli elettroni ritornano al livello energetico inferiore, o stato fondamentale, l’energia rilasciata ha 3 possibili destini: 1. L’energia viene convertita in calore o in una combinazione di luce e calore (fluorescenza) 2. L’energia (ma non gli elettroni) viene trasferita da una molecola di clorofilla eccitata ad una adiacente: trasferimento di energia per risonanza 3. L’elettrone ad alta energia viene trasferito ad una molecola adiacente (accettore di elettroni), lasciando un ‘buco elettronico’ nella molecola di clorofilla eccitata. Durante il processo di fotosintesi l’energia segue 2 e 3. Quindi, quando un pigmento passa al suo stato basale, l’energia può essere convertita in calore, oppure in una combinazione di luce e calore, la luce può essere riemessa sotto forma di fluorescenza. Gli elettroni possono essere trasferiti ad una molecola adiacente di pigmento in 10-12 secondi. Questo trasferimento avviene per risonanza, è utilizzato dai pigmenti presenti sui sistemi antenna. Tutte le clorofille b che fanno parte del sistema antenna hanno questo metodo di trasferimento. Riescono ad assorbire la luce, passano allo stato di eccitazione e trasmettono l’energia a molecole vicine. Oppure vi è un'altra via → l’elettrone ad alta energia viene trasferito da una molecola a quella adiacente. Vengono trasferiti elettroni, prima veniva trasferita solo energia. Quindi l’elettrone eccitato passa il suo elettrone 15 alla molecola vicina che è un accettore di elettroni. Ciò avviene nei centri di reazione → avviene una reazione in cui non vi è trasferimento non solo di energia, ma anche di elettroni. Sia nella risonanza che nel caso di energia, gli elettroni vengono trasferiti da una molecola all’altra molto velocemente. A questa velocità è molto difficile che la reazione inversa avvenga. Le clorofille e i carotenoidi sono responsabili delle reazioni della luce e non sono mai da soli ma sono legati a proteine, sono nei tilacoidi non sono libere. Le proteine legano i fotosistema II (nel grana) e fotosistema I (nelle lamelle stromatiche). Sono quindi organizzate in strutture chiamate fotosistemi. I fotosistemi sono 2: PSI e PSII. Ogni fotosistema contiene da 250 a 400 molecole di pigmenti e numerose proteine. Qual è la struttura di un fotosistema? complesso antenna: ci sono tante clorofille a e b e carotenoidi. Raccoglie energia luminosa e la convoglia al centro di reazione. Trasferimento di energia per risonanza centro di reazione: contiene clorofilla a che sono in grado di convertire l’energia luminosa in energia chimica. Avviene anche il trasferimento di elettroni. Ci sono complessi detti pigmenti proteine, non si tratta di un legame covalente, i pigmenti sono sempre orientati in una maniera ben precisa e sono legati a complessi proteici. Ci deve essere un orientamento preciso di una molecola rispetto all’altra e anche le distanze devono essere costanti. Tutti e due i fotosistemi hanno questi due complessi, uno costituisce il pigmento antenna, quello più periferico con clorofilla a e b e carotenoidi. L’ energia viene convogliata verso il centro di reazione per risonanza, mentre nel centro di reazione abbiamo solo clorofilla a che converte energia luminosa in energia chimica. La molecola di clorofilla è il donatore e trasferisce elettroni o energia ad una molecola accettore. Il fotosistema II è un centro dimerico con tanti sistemi antenna. La luce quando colpisce il sistema, colpisce prima la porzione esterna delle antenne; quindi, le molecole di pigmenti che sono carotenoidi, clorofilla a e b, sono molto vicine e sono associate a proteine. La luce è assorbita da queste molecole e l’energia, la risonanza si trasmette in una certa direzione, tra le diverse molecole che formano il sistema antenna. L’energia dal sistema antenna passa al centro di reazione dove vi è una molecola speciale di clorofilla a che permette la separazione di carica. Nel fotosistema II abbiamo una molecola di clorofilla detta P680, mentre nel PS I è detto P700. I due fotosistemi lavorano in serie. L’acqua è ossidata grazie all’assorbimento di energia luminosa. Il donatore principale di elettroni è l’acqua, l’ossidazione dell’acqua a livello di PS II prende il nome di fotolisi. La luce colpisce contemporaneamente entrambi i fotosistemi. Eccitano la clorofilla a che passa l’energia alle molecole vicine. La molecola di clorofilla a che perde il suo elettrone (P680) torna allo stato basale, prendendo elettroni che derivano dalla fotolisi dell’acqua. Poi questi elettroni 16 passano dal fotosistema II al fotosistema I. Anche P700 si è eccitato grazie alla luce ed ha perso un elettrone. La lacuna elettronica su P700 viene colmata dagli elettroni che arrivano dal PS II. Il NADP si trasforma in NADPH. Si sono generati anche protoni durante la reazione luminosa. La lacuna elettronica nel PSII viene colmata dall’acqua, nel PSI dagli elettroni. Questo è un primordiale sistema a Z. LO SCHEMA Z DELLA FOTOSINTESI Si mette in relazione il trasferimento elettronico con il potenziale redox. Nel PSII abbiamo P680 che è una molecola che è in grado di donare degli elettroni. La reazione redox è riducente andando verso l’alto e ossidante verso il basso. Il PSII assorbe luce rossa e il PSI assorbe luce rosso lontana. Quando la luce rossa colpisce P680 trasferisce un elettrone perché viene eccitato. A livello di PSI quando viene assorbita luce rossa lontana, la molecola di clorofilla a è in grado di passare ad uno stato energetico superiore, rilasciando un forte riducente quando si trova nella fase eccita. Rilascia anche un debole ossidante. Abbiamo un forte ossidante a livello del fotosistema II. Il forte ossidante a livello del PS II riesce ad ossidare molecole d’acqua che si trovano vicino al centro di reazione. Quando P680 passa ad uno stato energetico eccitato, genera questo forte ossidante in grado di ossidare molecole di acqua, vengono rilasciati 4 protoni, 4 elettroni e delle molecole di ossigeno. Siamo nella porzione cataliticamente attiva (porzione OEC) dove avviene la fotossidazione dell’acqua. Nel fotosistema I, P700, quando viene assorbita luce nel rosso lontano, si eccita e genera un forte riducente che ha un potenziale redox tale da permettere la riduzione di molecole di NADP+ a NADPH. Gli elettroni che vengono persi durante l’ossidazione dell’acqua passano ai centri di reazioni e vanno a colmare la lacuna elettronica di P680 (che ha perso il suo elettrone). In P700, la lacuna elettronica deriva dall’assorbimento nel rosso lontano. Quando P680 perde il suo elettrone per passarlo in una catena di trasporto degli elettroni, la lacuna elettronica di P700 viene colmata da questi elettroni. I potenziali redox permettono questo trasporto di elettroni. Questa catena di trasporto va in questa direzione, perché il potenziale redox lo consente. Intanto, l’elettrone che esce da P700 riesce a ridurre il NADP+. Le reazioni avvengono nell’arco di picosecondi. Dettaglio delle reazioni chimiche coinvolte nel trasferimento elettronico nella fotosintesi; Eccitazione della clorofilla a nel centro di reazione e riduzione del primo accettore di e- (feofitina); Flusso di e- attraverso i fotosistemi II e I; Ossidazione dell’H2O come fonte principale di elettroni; Riduzione dell’accettore finale di e- (NADP+). Ci sono tanti intermedi che hanno il compito di trasportatori di elettroni, si tratta di molecole chimiche componenti dei due fotosistemi (esistono anche componenti intermedi che non fanno parte dei fotosistemi). L’eccitazione della clorofilla a nel centro di reazione del PS II permette il trasferimento di elettroni e la riduzione del primo trasportatore che è la feofitina, il primo accettore di elettroni. L’acqua è la prima fonte di elettroni che va a colmare la lacuna di P680. Il fotosistema I accetta gli elettroni che derivano dal fotosistema II per colmare la lacuna e passa i suoi elettroni al NADP+ attraverso una serie di trasportatori. In mezzo, abbiamo quindi una serie di trasportatori elettronici che servono per accettare e trasferire elettroni al passaggio successivo. Quando il PS II viene colpito dalla luce rossa, si forma la 17 lacuna elettronica nel P680 che viene colmata dagli elettroni che provengono dal complesso OEC (complesso che evolve ossigeno → ossida acqua e ricava elettroni). Gli elettroni passano da OEC attraverso un mediatore che è una tirosina z (indicata con Yz) e dal centro di reazione del PS II passano alla molecola di clorofilla a che è privata dal suo elettrone. L’elettrone che viene donato da P680 passa ad una feofitina. Alla fine passa attraverso dei trasportatori chinonici QA e QB che trasferiscono elettroni al citocromo B6F che contiene proteine che contengono all’interno delle porzioni che sono in grado di assorbire elettroni perché sono ricche di citocromi che hanno strutture chimiche che permettono l’accettazione di elettroni. In seguito, gli elettroni passano alla plastocianina che è una fibroproteina che contiene rame. Ci troviamo nel lume tilacoidale, essa è in grado di muoversi e trasferire elettroni al P700 che ha una lacuna da colmare. Il P700 può poi perdere un elettrone e quindi abbiamo di nuovo una serie di elettroni → A0 e A1, il quale è di nuovo un chinone. Poi gli elettroni passano attraverso un complesso di 3 Fe-zolfo e alla fine arrivano alla ferrodossina che è una piccola proteina che è in grado di passare elettroni dal lato stromatico della membrana tilacoidale verso FNR (ferrodossina NADP+ reduttasi). In questo modo, vengono trasferiti elettroni a NADP+ che viene ridotto a NADPH. Qual è il meccanismo che consente il trasferimento dell’energia verso il centro di reazione? Solo nel centro di reazione avviene un trasferimento di elettroni. Il meccanismo che consente il trasferimento dell’energia verso il centro di reazione è dato dalle molecole che servono come sistemi antenna che facciano da accumulatori di energia e che trasferiscano energia per risonanza ad un centro di reazione. Questi sistemi antenna sono costituiti da carotenoidi, clorofilla a e b. Hanno come compito quello di assorbire la luce, accumulare energia e trasportarla verso il centro di reazione → è in grado di svolgere una funzione catalitica proprio perché vi è un accumulo di energia. L’energia si sposta attraverso i pigmenti del complesso antenna da un gradiente di energia maggiore a uno minore. I carotenoidi trasferiscono energia per risonanza alla clorofilla B eccitata che passa poi l’energia sempre per risonanza alle molecole di clorofilla A che sono uguali a P680, però non si trovano dentro ai centri di reazione. Durante, il trasferimento di energia, la luce viene assorbita e man mano che viene trasferita da 18 una molecola all’altra, una parte di energia assorbita è persa come calore, questi pacchetti di energia persi sono anche necessari per mantenere la reazione in avanzamento. Il centro di reazione assorbe sempre a lunghezze d’onda che sono maggiori rispetto a quelle dei pigmenti esterni. Quindi, Il trasferimento di energia verso il centro di reazione è assicurato dal minore stato energetico necessario ad eccitare i pigmenti via via più vicini al centro di reazione, durante il trasferimento una parte dell’energia viene persa come calore. La luce ancora prima della clorofilla B viene assorbita dai carotenoidi (assorbono intorno ai 550 nm). È la clorofilla a che passa energia alla clorofilla a e i carotenoidi la passano alla B. La clorofilla a passa l’energia a P680. Le molecole di clorofilla a sono diverse perché sono legate in modo diverso a delle proteine. Siamo a lunghezze d’onda maggiori e abbiamo ancora una perdita di energia. P680 ha energia sufficiente per trasferire un elettrone ad un accettore. Questa modalità di +trasferimento di energia prende il nome di effetto imbuto → si parte da tante molecole che assorbono a più alta energia a tante molecole che assorbono a più bassa energia, fino a quando tutta l’energia accumulata passa a P680 del PS II. Il PS II assorbe bene fino a 680 nm. Oltre i 680 nm assorbe bene il fotosistema I. [CHE COS’è UNA REAZIONE FOTOCHIMICA domanda esame] Caratteristiche degli eventi fotochimici PSI produce un forte riducente capace di ridurre il NADP+ ed un debole ossidante, il PSII produce un forte ossidante in grado di ossidare l’acqua e un debole agente riducente in grado di ridurre l’agente ossidante prodotto dal PSI. Gli eventi fotochimici avvengono al livello dei centri di reazione, le molecole di clorofilla non fanno nessuna reazione fotochimica. Nelle antenne avviene il trasferimento di energia per risonanza. La reazione fotochimica è il trasferimento di elettroni nel centro di reazione. Quando vi è un assorbimento di energia si forma un forte ossidante e un debole riducente ne PS II. Nel fotosistema I abbiamo sempre un assorbimento di luce rossa lontana. Il forte ossidante generato nel fotosistema 2 può essere ridotto dall’elettrone prodotto dalla fotolisi dell’acqua. Come si forma l’ATP? Durante il trasferimento di elettroni abbiamo anche accumulo di protoni che servono per ridurre il 19 NADP+ a NADPH. Inoltre, nella fase luminosa vi è produzione di ATP, tramite l’ATP SINTASI (grosso complesso proteico) che si trova nei tilacoidi e in grado di produrre, grazie ad un gradiente protonico che si forma sul lato luminale del tilacoide, ATP sul lato stromatico che serve poi per l’organicazione della CO2 nella fase oscura. L’ATP prodotto dall’ATPasi sfruttando il gradiente di protoni prende il nome di fotofosforilazione. Come viene generato il gradiente protonico? P680, quando ossida l’acqua, produce protoni e quindi genera il rilascio di protoni a livello del lume tilacoidale. Questi protoni si accumulano all’interno del lume tilacoidale, man mano che l’acqua viene ossidata e generano un gradiente protonico. I protoni derivano anche dal citocromo B6F che lavora in contemporanea a dei plastochinoni. Gli elettroni dall’acqua passano al PS II e poi sono trasferiti alla feofitina. Dopo la molecola di feofitina passano a dei Plastochinoni, piccole molecole che si muovono bene all’interno del doppio strato lipidico. Esse funzionano bene sia nel trasferimento di elettroni che di protoni → trasportano protoni dallo stroma al lume. Lavorano a stretto contatto con il citocromo B6F. Questo gradiente protonico acidifica tanto il lume tilacoidale, il pH può arrivare anche a 4. Fuori abbiamo pH 7. Questo gradiente di potenziale è un potenziale elettrochimico che serve all’ATP sintasi per produrre ATP. Il trasferimento di elettroni dalla fotolisi dell’acqua e ad opera dei plastochinoni ha generato una forza motrice. L’ ATP sintasi è un canale → la membrana forma proprio un poro, mentre la porzione esterna è formata da una porzione che la fa ruotare. Man mano che nell’ATPASI passano elettroni verso l’esterno si innesca un moto rotativo che fa compiere un giro intorno a sé stessa e estrude dei protoni verso l’esterno e produce ATP. Vi è similarità fra flusso elettronico fotosintetico nei cloroplasti accoppiato alla traslocazione di protoni e quello respiratorio in batteri e mitocondri. I batteri sulfurei furono i primi a compiere la respirazione cellulare e hanno un centro di reazione simile a quello del PS II. I protoni si generano dalla fotolisi dell’acqua. La produzione di protoni è anche legata a trasportatori, i plastochinoni che sono molecole idrofobiche, mobili all’interno della membrana tilacoidale → prendono il nome di QA e QB dal sito di legame del PS II. La feofitina è una molecola di clorofilla che non ha magnesio accetta l’elettrone da P680 e ne passa uno a molecole di plastochinoni che possono essere legati alla proteina D1 o D2 del centro di reazione del PS II. Il sito VA è il sito di legame del plastochinone alla proteina D1, mentre il VB quello per la proteina D2. I plastochinoni possono andare a ricevere due elettroni alla volta e anche due protoni. Li trasportano verso il citocromo B6F che contiene tanti siti di legami per i plastochinoni. Ha due citocromi b e un citocromo c detto però 20 f, contiene anche gruppi eme → che hanno doppi legami. Hanno anche un centro per legare elettroni fatto da metalli Fe-zolfo. Il plastochinone può quindi accettare 2 elettroni alla volta che trasferisce al citocromo b6f. Quando il plastochinone ha sia due elettroni e due protoni viene ossidato (primo ciclo di ossidazione), rilasciando due protoni nella membrana tilacoidale e trasferendo un elettrone alle proteine ferro zolfo e poi citocromo f e alla plastocianina, l’altro lo passa al citocromo b e si prepara per trasportare questo elettrone verso altri plastochinoni che possono essere presenti nel sito. Un secondo plastochinone che si trova lì vicino a questi siti di trasferimento, può accettare altri due protoni dallo stroma e quindi ridursi completamente e diffondersi nella membrana. Quindi, prima si forma un chinone con un solo elettrone nel primo ciclo, nel secondo ciclo questo chinone riceve il secondo elettrone e viene ridotto. Tra il PS II e il PS I vengono passati due elettroni in questo sistema di trasferimento e 4 protoni dallo stroma al lume, mentre i due protoni arrivano dalla molecola che era già presente nel sito durante il trasferimento lineare, altri due protoni vengono presi dallo stroma e traslocati al lume tilacoidale grazie a questo secondo ciclo elettronico del plastochinone. Prima passa da una forma completamente ossidata a una forma semi-ridotta in cui ha già accentato elettroni, ma non ancora protoni, al secondo ciclo viene completamente ridotto → ha gli elettroni disponibili sugli O in grado di legare i protoni. I complessi proteici delle reazioni luminose sono il PS II, il citocromo b6f, PS I e l’ATP sintasi. Strutture atomiche → si sa nel dettaglio come funzionano, si vede la disposizione degli atomi, si possono vedere i centri catalitici. Negli ultimi anni, questi complessi sono stati molto studiati. Il fotosistema II è un enzima che fa reazioni di ossidoreduttasi. Ossida l’acqua generando O2 ed elettroni che finiscono nella catena di trasporto. Il plastochinone è un accettore degli elettroni e dei protoni. Si tratta di un enzima detto acquaplastochinone-ossidoreduttasi che riduce il plastochinone a plastochinolo. Dal plastochinolo gli elettroni passano al citocromo B6F che è di nuovo un grosso complesso di membrana che fa di nuovo un’ossidoriduzione e prende elettroni dal plastochinolo che viene ridotto, trasferisce gli elettroni alla plastocianina. Il citocromo B6F è di nuovo un enzima detto plastochinolo-plastocianina-ossidoreduttasi. Il PSI fa un’altra ossidoriduzione. Gli elettroni vengono presi dal PS I dalla plastocianina che li passa alla ferrodossina → plastocianina-ferrodossina- ossidoreduttasi. Gli elettroni passano attraverso queste molecole che sono legate a complessi proteici, i quali sono enzimi (ossidoreduttasi appunto). L’ATP sintasi è un enzima multiproteico che sintetizza ATP sul lato stromatico utilizzando i protoni che derivano dall’acidificazione del lume tilacoidale. È una pompa protonica → passa protoni che vanno secondo un gradiente elettrochimico, attivano il motore idrofilico che ruotando catalizza la sintesi di ATP da ADP trifosfato. Questi complessi lavorano in serie trasportando elettroni. Ad oggi, si conosce come funzionano perché si conoscono le strutture atomiche. Le tecniche principali per ottenere strutture atomiche sono: la cristallografia raggi X e la crio-microscopia elettronica Cryo- 21 EM. Quando abbiamo grossi complessi, se si riescono a purificare dalle membrane questi complessi, si riescono ad ottenere, nella cristallografia a raggi x, dei cristalli proteici che sono disposizioni ordinate a reticolo cristallino. Una volta che formano cristalli possono andare ad essere oltraggiati da sorgenti di raggi x, che colpendo il reticolo cristallino, portano alla formazione di un pattern di diffrazione → si va a vedere come i raggi x ingrandiscano la materia biologica. In base a questi pattern, si possono ottenere informazioni sulle distanze tra i diversi atomi presenti nelle molecole. Armstrong (10^-10) è la misura per misurare le distanze atomiche. A risoluzione atomica, si riescono a vedere come sono legati gli atomi all’interno del sito catalitico, si è capito che il PS II è il responsabile della fotossidazione dell’acqua. Siamo sotto ai 3 Armstrong per quanto riguarda le distanze. Si estraggono proteine dalle membrane, si cristallizzano, ma analizzarli a raggi x non è molto semplice. Le informazioni a livello atomico non si riescono ad ottenere con questa tecnica, soprattutto quando i complessi sono molto grossi o molto dinamici. Si usa allora la Cryo-EM che utilizza microscopia elettronica. Attraverso questa tecnica si può lavorare su delle proteine che sono in soluzione. Le proteine sono estratte e mantenute in soluzione nel loro flacone di estrazione vengono osservate con ME ad alta frequenza che acquisisce tante immagini delle particelle proteiche in soluzione. Le immagini ottenute sono bidimensionali 2D e sono raccolte in migliaia su delle particelle e poi si ricostruiscono. Sommando tutte le informazioni delle immagini bidimensionali si arriva alla struttura 3D mediante metodi computazionali → single particle analisys. Un’altra tecnica più intermedia che consente di avere informazioni più qualitative è la NMR (spettroscopia di risonanza magnetica nucleare). Lavora bene su liquido e su particelle più piccole e dà informazioni ad alta risoluzione. È una risonanza che va a vedere la distanza degli atomi sulla base delle proprietà e risonanze dei loro nuclei. Funziona bene solo con proteine sotto i 40 kilo-dalton. Abbiamo visto che vi è un accumulo di protoni e quindi acidificazione a livello di lume tilacoidale; quindi, spesso vi è una variazione di almeno 2 valori tra pH interno ed esterno alla membrana, questa variazione è molto importante per alcuni meccanismi. Nelle membrane anche tilacoidali, ci sono dei carrier che permettono di avere un accumulo di cariche positive nel lume, c’è anche un carrier del potassio che va nell’altro senso, in questa maniera vi è un bilancio di cariche. Struttura atomica ottenuta tramite raggi x del PS II. Abbiamo un core interno. Nei cianobatteri si trova in forma dimerica, due monomeri tenuti insieme, in ogni monomero all’interno sono presenti le proteine D1 e D2 che sono le due proteine principali a cui si legano molti trasportatori elettronici. Poi abbiamo CP43 e CP47 sono due antenne. Si chiamano così perché legano clorofilla, sono antenne interne del centro di reazione e legano clorofilla. Dentro il centro di reazione abbiamo la parte catalitica che si trova verso il lume tilacoidale e prende il nome di oxigene evolving protein, che è costituito da delle proteine estrinseche. Il core è idrofobico. Il core del PS II è fortemente conservato sia nei batteri che nelle piante. Mentre le proteine presenti nel lume si scambiano di parte dai cianobatteri alle piante. Nei cianobatteri OEC è fatto da 3 subunità PSB O, V e U. (PS B indica le proteine del fotosistema II). PS U e V sono tipiche dei cianobatteri, mentre nelle piante sono sostituite da PSB P e U che sono le proteine intrinseche del fotosistema II e legano il sito catalitico responsabile della produzione di O2, esso è fatto da 4 atomi di Mn e un atomo di calcio (Mn4Ca). Nel lume avviene la fotolisi dell’acqua. I protoni vanno ad acidificare il lume e l’O2 esce nell’atmosfera. Tutti i vari trasportatori sono legati alle componenti proteiche del fotosistema II. Nel PS II abbiamo P680 che serve per la separazione di carica, una molecola di feofitina (clorofilla senza Mg al centro), poi gli elettroni vengono distribuiti attraverso la catena a QA (sito di legame del plastochinone sulla proteina D2) e a QB (sito di legame del plastochinone sulla proteina D1). Il flusso di elettroni 22 dall’acqua fino a QB ha anche bisogno di un atomo di Fe tra QA e QB per direzionarlo bene. Il ferro è non eme e lega anche del bicarbonato che serve per velocizzare questo trasferimento. Il plastochinone si sgancia e va verso il citocromo B6F e quindi avviene la riduzione da plastochinone a plastochinolo tramite trasferimento elettronico. Sul lato luminale viene ossidata l’acqua, attraverso il Calcio-manganese, il Mn passa attraverso stadi di ossidazione crescente, ci vogliono 4 protoni affinché venga rilasciato una molecola di ossigeno e quindi avvenga la fotolisi dell’acqua. Complesso delle LHC II è il sistema più abbondante nei tilacoidi e da solo costituisce il 50% delle proteine dei tilacoidi. È una proteina di membrana che si associa a trimeri, ogni subunità è formata da 3 eliche trans-membrana che legano dei pigmenti. Nel centro di reazione ci sono delle molecole di clorofilla a che legano D1 e D2, 35 clorofille, VS 12 caroteni. Nel complesso antenna, abbiamo molto clorofille b che trasferiscono per risonanza energia alla clorofilla a. Le proteine che costituiscono questi trimeri sono LHCB 1,2,3 (le proteine del sistema antenna si indicano con LHCB e B indica il fotosistema II). Queste proteine legano tanto pigmenti che devono assorbire luce da convogliare verso il centro di reazione. Oltre alle clorofille a e b, ci sono anche dei carotenoidi, tra cui xantofille (ficoxantina). Con questi pigmenti siamo dentro ai tilacoidi. Questi trimeri si associano ai centri di reazione, devono trasferire energia luminosa verso il centro di reazione. PSII-LHCII è un grosso complesso, in cui si vede il PS II che ha il centro di reazione collegato all’antenna esterna. Ha una porzione interna alla membrana con una piccola parte sporgente che è OEC. Dall’alto, al centro, abbiamo il centro di reazione che collega i dimeri e ci sono anche delle proteine linker tra dimeri e centro di reazione. È il più grosso complesso di cui si conosce la struttura atomica. Scoperta tramite la tecnica CRYO-EM → in condizione criogeniche, le immagini acquisite per dare poi immagini in 3D derivano dal campione congelato, in azoto liquido. Essendo una struttura molto grossa e dinamica (in base alla luce che assorbono), è difficile ottenere una struttura atomica precisa →Grossi complessi di membrana che arrivano al mega dalton. Le proteine del centro di reazione stanno nella porzione interna. In viola, sono segnati come strongly bound trimer e sono legati in maniera stretta al centro di reazione, mentre quelli in verde indicati come moderately bound trimer sono legati in maniera un po’ più lassa, perché sono più periferici. Questi trimeri si differenziano a livello di composizione proteica. Le proteine LHCB 4,5,6 sono monomeriche e legano i trimeri al centro di reazione e permettono il passaggio di energia luminosa verso il centro di reazione. Il complesso si chiama C2S2M2 perché ha due centri di reazione, ci sono due trimeri S e due trimeri M. Queste antenne sono altamente mobili → a seconda della quantità della luce che la pianta deve assorbire, modula l’antenna esterna, questo lo fa, sganciando trimeri attraverso le proteine monomeriche che funzionano da ancore. Il citocromo B6F è un altro grosso complesso proteico. È un citocromo bc (2 eme b che servono nel ciclo 23 del plastochinone-plastochinolo e un eme c che è chiamato f). Tra i due eme b e il c, vi è una proteina che contiene ferro-zolfo (ammasso) detta Riskie →è una proteina che serve per trasferire elettroni che devono andare verso la plastocianina. Anche qui si conosce bene la struttura atomica, come

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