Esame di Filologia Germanica PDF
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Il documento riassume la dispensa I dell'esame di Filologia Germanica, focalizzandosi sul poemetto apocalittico Muspilli. Il testo analizza la forma germanica e i riferimenti biblici del poema. Inoltre, il documento descrive il contesto storico e culturale in cui è stata creata l'opera, e la sua relazione con la letteratura cristiana e le figure chiave dell'epoca.
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***[ESAME DI FILOLOGIA GERMANICA - RIASSUNTO DISPENSA I -- LM37]*** Muspilli nome che evoca miti germanici e biblici: titolo di un poemetto apocalittico, assegnato in età moderna da Andreas Schmeller, che ne scelse il termine più misterioso (v.57): ricorda **mùspellsheimr**, la dimora dei giganti d...
***[ESAME DI FILOLOGIA GERMANICA - RIASSUNTO DISPENSA I -- LM37]*** Muspilli nome che evoca miti germanici e biblici: titolo di un poemetto apocalittico, assegnato in età moderna da Andreas Schmeller, che ne scelse il termine più misterioso (v.57): ricorda **mùspellsheimr**, la dimora dei giganti di fuoco, il cui capo Surtr (etimologicamente "Nero"), causerà la fine del mondo mediante un incendio (carmi mitologici scandinavi) e dall'altra **mutspelli**, l'apocalisse biblica a cui fa cenno il poema antico sassone Heliand. L'opera ribadisce il connubio tra diverse culture in quanto il contenuto è cristiano, ma la forma poetica è germanica, il verso lungo allitterante. Il poemetto antico alto tedesco, di area bavarese, è stato copiato in *scriptio continua* nelle pagine e negli spazi vuoti di un manoscritto del IX secolo che trasmette un sermone latino, il testo è frammentario, in quanto l'inizio e la fine erano stati trascritti sul retro delle copertine del codice (perse), e a tratti le parole sono illeggibili poiché fu versato un reagente chimico che lo ha scolorito. L'opera è difficile da studiare, manca di una struttura unitaria, la versificazione è irregolare, l'inchiostro sbiadito non permette di decifrare tutte le lettere, inoltre l'amanuense si dimostra inesperto (secondo alcuni si tratta del re Ludovico il Germanico per le numerose oscillazioni ortografiche e per la mancata o erronea separazione di alcune parole, forse non calcolando spazio sufficiente per accogliere tutta l'opera). Edizione scelta per l'analisi: curata da Braune, Ebbinghaus (1994). Il Muspilli è trasmesso da un unico testimone, il codice pergamenaceo **Clm 14098** conservato nella **Staatsbibliothek di Monaco** di Baviera. Si tratta di un volume composito fattizio, poiché vi sono assemblati insieme una miscellanea latina (Sammelschrifthand) del secondo terzo del **XIV secolo**, dedicata a scritti di Bernardo di Chiaravalle, Davide di Augusta e Aurelio Agostino e un manoscritto del **IX secolo**, destinato al *Sermo de Symbolo contra Judaeos, paganos et Arianos* di **Quodvultdeus** (o pseudo-Agostino) vergato **tra l'821 e l'827**, tra le cui pagine è stato copiato in un secondo tempo, da altra mano, il Muspilli. Le pergamene del Sermo accolgono infatti i versi del poemetto in spazi e pagine vuote (non era insolito secondo Schneider che i testi minori in volgare, venissero copiati in pagine vuote di codici destinati ad altre opere). Le pergamene del Sermo accolgono i versi del poemetto in pagine e spazi vuoti: occupano tutto il f. 61r (l'opera latina inizia sul f.61v) e continuano sulle pagine finali, ff.119v e 120r e di nuovo in piena pagina sui ff.120v e 121r. Il componimento è mutilo: se ne conservano 103 versi o 105; ma quando il manoscritto originario venne rilegato insieme all'altro, si persero sia il foglio di guardia anteriore che quello posteriore, sui quali si presume fossero riportati l'inizio e la fine dell'opera. Testo *acefalo* dalla prima frase, di cui restano soltanto le ultime parole, ma sull'ampiezza della parte iniziale non vi sono certezze: potrebbero mancare tra i venti e trenta righi. Si ipotizza che il manoscritto sia giunto al monastero di **Sant'Emmerano di Ratisbona**, o che sia stato trascritto in quel luogo, ai tempi del regno di Ludovico il Germanico, anche se non vi sono notizie certe. L'unico riferimento presente nel manoscritto utile a contestualizzarlo è una **dedica in distici** vergata alla fine del trattato Contra Judaeos, paganos et Arianos con cui apprendiamo che **Adalramo**, arcivescovo di Salisburgo dall'821 alla sua morte, donò il volume a Ludovico il Germanico. La dedica risale quindi a prima **dell'836** (morte di Adalramo), ma poiché nei distici l'appellativo di Ludovico è "puer" (bambino, giovane), possiamo ipotizzare che l'omaggio sia avvenuto nei primi anni dell'incarico arcivescovile di Adalramo e più precisamente intorno all'825. Di fatti lo stretto legame politico tra l'impero e l'arcidiocesi di Salisburgo era stato suggellato nell'824 con il conferimento all'arcivescovo del prestigioso pallio per mano del papa Eugenio II e Adalramo potrebbe aver ricambiato negli anni immediatamente successivi con il volume del Sermo, cogliendo l'occasione della nuova carica di duca e re di Baviera e della Marca Orientale assunta dal giovane Ludovico proprio nell'825 (già prevista da suo padre Ludovico il Pio nella *Ordinatio Imperii dell'817*). Questa datazione costituisce il terminus post quem per fissare l'epoca di trascrizione del Muspilli (IX secolo). È possibile che il manoscritto sia stato prodotto nell'ambiente arcivescovile di Salisburgo e che la famiglia reale, una volta ricevuto il volume, lo abbia portato a Ratisbona, nella biblioteca del monastero di Sant'Emmerano. Infatti, Ratisbona era sede di una delle residenze di Ludovico il Germanico e si hanno testimonianze che il re frequentasse questo luogo di culto, che era di diretta dipendenza imperiale. Non si può escludere, che la trascrizione del sermone latino si avvenuta direttamente in questo monastero, che ai tempi ospitava uno degli scriptoria più importanti della regione. Meno incerto sembra il luogo di redazione del Muspilli. Gli anni della carica arcivescovile di Adalramo corrispondono a quelli in cui i Carolingi estesero l'opera evangelizzatrice in territorio sassone: dopo le prime azioni intraprese da Carlo e la fondazione del **vescovato di Brema (788**), l'impresa proseguì sotto Ludovico il Pio, fino alla nascita del **vescovato di Amburgo nell'831**, che divenne il più importante snodo delle missioni per portare il cristianesimo in Europa settentrionale. Inoltre il fronte era aperto da est: Avari, bulgari, popoli slavi; Adalramo era in prima linea per la conversione degli slavi, in particolare nell'820 si spinse fino a Nitra in Slovacchia, dove fondò una chiesa. Lì i rapporti erano già stretti con i germanici: il principe di Nitra, Pribina, era sposato con una principessa bavarese e vi erano dei nobili di lingua tedesca nella sua Corte. Si può presupporre che l\'arcivescovo parlasse slavo e ciò giustifica la presenza di fonti di area slava (il sangue di Elia che innesca l\'apocalisse). Epoca della riforma carolingia: nel **789** con la **Admonitio Generalis**, Carlo aveva imposto lo studio del latino e delle sacre scritture. Carlo stesso era interessato ai testi sacri ma anche ai *barbara et antiquissima carmina laici*, mentre disprezzava i *poetica carmina gentilia*. I suoi ideali culturali furono ripresi dal nipote Ludovico il germanico (rex literatus) e sostenuti da **Rabano Mauro**, abate di Fulda e arcivescovo di Magonza, che fu allievo di Alcuino di York, il dotto che era stato chiamato da Carlo a dirigere la Schola Palatina. Rabano Mauro presiedette tre sinodi (assemblee), coinvolgendo inizialmente monaci e il clero puntando alla comprensione e diffusione di testi dottrinali fondamentali come i Vangeli, le preghiere e le formule di confessione; successivamente si avviò la laicizzazione della cultura. Le opere fondamentali di questo periodo sono: - [HELIAND] poema in antico sassone di quasi 6.000 versi lunghi allitteranti (**IX secolo**); - [LIBER EVANGELORIUM] **Otfrid di WeiBenburg**, epopee di più di 7.000 versi in volgare, **dell'870**. La prima "armonia evangelica" ad aver ispirato gli attori dei due poemi biblici in volgare germanico era stata redatta dal poeta siriaco **Taziano**: [DIATESSARON] (dai quattro) una silloge di quattro Vangeli redatta in greco o siriaco, nota negli ambienti religiosi franchi del IX secolo in versione Latina; il lavoro venne realizzato **nell'830** presso il monastero di Fulda, uno degli scriptoria più vivaci del tempo. Il Sermo contra Judaeos viene ascritto ad Agostino, ma probabilmente fu redatto dal suo discepolo, vescovo di cartagine e padre della Chiesa, **Quodvultdeus** che rese l'opera una riforma moralizzatrice delle istituzioni dell'epoca. Quodvultdeus operava a Cartagine negli anni in cui la regione nordafricana era invasa dai vandali guidati dal re Genserico (dipinto come precursore dell\'anticristo); fu costretto a fuggire in Italia e la sua opera era per trasmettere il messaggio che solo la chiesa avrebbe potuto proteggere i fedeli dagli oppressori e garantire ai cristiani la libertà in terra e la vita eterna. Si cercava di risvegliare il senso di giustizia così come nella teodicea di Agostino: nella città di Dio, il suo maestro aveva ricordato che sin dall\'inizio dei tempi il signore aveva separato la luce dalle tenebre, dando vita anche ad altre opposizioni che il fedele doveva imparare a distinguere, come la verità e la menzogna. Centrale nell\'opera di Quodvultdeus e del tempo è la rappresentazione del CHRISTUS IUDEX, colui che racchiude in sé tutti gli opposti in quanto Dio incarnato, con una natura umana e divina insieme. (Dualità: falsità-verità, morte-vita, lutto-gioia) concetto particolarmente diffuso nell\'epoca carolingia, nella sovrapposizione del giudice terreno e divino. Il ruolo dei vescovi e degli arcivescovi in epoca carolingia era fondamentale, ed aveva anche valore politico; il prelato poteva esigere la *correctio* del clero e del re (vigilava soprattutto sulle azioni del re il cui potere era riconosciuto se è considerato equo). Adalramo forse era preoccupato di rammentare a Ludovico, i principi morali dettati dalla chiesa, in quanto il padre anni prima si era sbarazzato dei suoi parenti che ritenne una minaccia al suo potere nella sua *Ordinatio Imperii* dell'817, fino al tragico episodio del nipote Bernardo, che fece accecare e torturare fino alla morte. Nell\'**822**, il sinodo di Attigny, costrinse Ludovico il Pio a compiere un atto di penitenza; a ciò si aggiunse la corruzione dei giudici e del clero che aveva indebolito il governo, tant\'è che Carlo Magno, nell'**802** aveva emanato il **Capitulare missorum generale di Acquisgrana** per condannare l\'abuso di potere da parte dei tutori della legge. Nell'**829**, anche Ludovico il Pio dovette rinnovare la condanna con il **Capitulare missorum Wormatiense.** In questo contesto si diffonde la letteratura visionaria e dunque sermoni, trattati e narrazioni in cui si immaginava l\'eterno castigo, il **timor D**ei. - Gregorio Magno **Dialoghi**, in particolare **De Valeriani patricii sepultura**; - Orléans Teodulfo (760-821) una figura importante alla Corte di Carlo Magno e del figlio; scrisse un\'invettiva "**Versus contra iudices**", nota anche come "**Paracensis ad iudices**", poesia satirica di quasi 1000 versi, in cui denunciava l'infrazione della norma rectituidinis. - Isidoro di Siviglia, i cui scritti raggiunsero l\'Irlanda nel VII secolo; - Valafrido di Strabone nell'826 completa e traspone in esametri "**Visio Wettini**" di Reichenhau Heito, che aveva raccontato le visioni del monaco Wetti, che riguardavano le punizioni temporanee inflitte le anime destinate al paradiso (Carlo Magno per i peccati carnali); - **Muspilli** affinità con il sermo per contenuto e si ipotizza che sia stato redatto ai tempi della consegna di Adalram del sermo. Anche lì vi è il riferimento alla corruzione, la figura del Christus iudex, il climax dell\'opera è Cristo al tribunale con il suo esercito invincibile. Lo scopo era impartire delle norme comportamentali, sia ai lettori, ma specialmente al re che poteva ambire alla saggezza tramite la **imitatio Christi** principio etico di Agostino. La paternità dell\'opera è incerta: si pensa ai collaboratori di Adalramo, o comunque gente che facesse parte della Corte del re, o dell\'ambiente ecclesiastico. In ogni caso si tratta di un esperto di dottrina cristiana, di poesia e metrica. Pubblico: **GroBvolk** persone vicino alla Corte esperte di questioni legali e militari. Il Muspilli appartiene alla letteratura apocalittica ed escatologica; riferimenti pseudoepigrafici (dal greco falsa e iscrizione, si intende l\'attribuzione di un\'opera a un autore non responsabile della stesura del testo in questione) riguardano la figura dei saggi del mondo (uueroltrehtuuison) con la funzione di legittimare la profezia del duello tra Elia e l\'anticristo, prodromo (anticipante) l\'apocalisse. Si tratta di un **discorso parenetico**, di una predica in versi, uno stile che si diffonderà dal proto medio. Riferimenti alla giustizia nell'opera riflettono il genere del **memento mori dell'XI secolo**, oltre che al **Wessobrunner Gebet** della letteratura antico alto tedesca, che tratta della creazione del mondo (immagini dell\'albero sradicato, v.51 che fa da contraltare al vuoto cosmico descritto nella preghiera, in cui gli alberi non esistevano ancora). Temi riferibili ai **Novissimi cristiani** (morte, giudizio particolare e universale, inferno, paradiso e nell\'apocalisse sono trattati in modo disorganico). L\'opera è una cornice sul destino ultimo dell\'individuo e dell\'umanità intera: la parte centrale è il duello tra Elia e l\'anticristo che causa l\'apocalisse; escatologia individuale: comportamento di vita di ognuno e la giustizia dell\'uomo; escatologia universale: rammenta al peccatore il contrappasso. Vige la concezione alto medievale, secondo cui la condotta viene valutata due volte: una subito dopo la morte e una al momento del giudizio finale, quando i giusti e gli empi saranno separati e destinati al paradiso o all\'inferno. Disorganicità **due brevi intermezzi che riguardano il tribunale**, che mettono in rilievo la giustizia umana e divina che costituisce il filo conduttore dell\'opera. Due proprietà di Dio **onniscienza e onnipotenza**. Grazie all\'onnipotenza, Dio convoca l\'assemblea cui nessuno si può sottrarre; mentre l\'onniscienza riguarda Cristo che è conoscitore di tutti i peccati del mondo. Si tratta di una **narrazione e monito** al contempo immagine della contesa delle anime che mostra le conseguenze del peccato e l\'apocalisse. Muspilli ha più matrici. Opere di letteratura cristiana, è un mosaico di testi disparati e fa pensare che l\'autore fosse un erudito. La ricerca è complessa per la fitta presenza di apocrifi; - L\'anima contesa tra angeli buoni e cattivi fino all\'anima peccatrice che implora invano pietà, nel Muspilli (vv.26-27), sembra ispirarsi alla **VISIO PAULI** apocalisse apocrifa del II-III secolo d.C., che prende spunto dalla seconda lettera ai corinzi, in cui Paolo narra di essere stato rapito in paradiso. La Visio Pauli ispira anche altre opere come i dialoghi di Gregorio Magno, Dante e anche i manoscritti di epoca carolingia. La Visio Pauli ha influenzato anche la letteratura visionaria irlandese, in particolare la **Vita sancti fursei** del missionario irlandese San Furseo, vissuto nel VII secolo, che cade in una sorta di catalessi che gli provoca delle visioni di tre angeli che lo portano nell\'aldilà, ma poi appaiono dei diavoli che cercano di aggiudicarselo primo caso di contesa tra angeli e diavoli. - Riferimento al Christus iudex nei Vangeli a) Matteo: Cristo assiso in trono e accompagnato dagli angeli separa i giusti dagli empi in base al loro comportamento in vita; b) profeta Daniele l\'avvento del messia e la salita al trono di Dio e del figlio; c) apocalisse di Giovanni incendio finale, distruzione degli astri e degli elementi naturali, lo squillo della tromba e la confezione dei propri segreti (rif. Anche alla sibilla Eritrea nella città di Dio di Agostino e presente anche nel Sermo). - Un altro topos della letteratura profetica è il concetto di DIES IRAE, DIES ILLA, ispirato a Sofonia; - tra le fonti apocrife vi è l\'apocalisse di Baruc pseudo epigrafe, in quanto Baruc, segretario di Geremia, era vissuto nel VI secolo a.C, mentre il testo risale al II sec. d.C. circa. Baruc è accompagnato da un Angelo in un viaggio ultra mondano fino al tempio celeste e sul percorso incontra diavoli e altri angeli; esiste una versione greca e una siriaca, poi tradotta in paleo slavo, ma è probabile che ne esistesse anche una Latina; - collegamento con il poema antico inglese Christ III, trasmessa da un solo testimone della seconda metà del X secolo, ma potrebbe essere coevo al Muspilli. Si ipotizza che il poema si opera di Cynewulf e che l\'autore fosse stato influenzato dal suo contemporaneo Alcuino). Corrispondenza nei vv. 51-54 dei cataclismi con il Christ, dove però compaiono le stelle invece che la luna. - Simbolo della Croce nell'escatologia canonica appare negli antecedentia, cioè appare in cielo come luce abbagliante per annunciare la venuta nel Regno di Dio; oppure nei concomintantia iudicium, ovvero viene portata dagli angeli perché i peccatori, intimoriti dalla sua vista, prendono coscienza delle loro colpe. Un altro riferimento della Croce: influsso del trattato di Rabano Mauro "In honorem Santa Crucis"; - legame con il carme antico inglese The Dream of the Rood background della visione della Croce, simile alla letteratura visionaria delle missioni irlandesi mistica della Croce; - tema del sodalizio tra parenti che trova riscontri anche nella città di Dio, che cita i 70; disgregazione dei parenti (Vangelo di Marco). - Agostino nella città di Dio Elia comparirà prima del giudizio universale (come profetizza Malachia); - nella tradizione paternalistica, l\'anticristo riesce ad uccidere Elia ed Enoc, che risolvono dopo tre giorni grazie agli angeli Gabriele e Michele; mentre nel Muspilli è diverso: il sangue di Elia, gocciolando sul terreno, dà il via ai cataclismi che simboleggiano una violazione del giudizio di Dio: la fine del mondo è provocata dal sovvertimento delle regole del duello. Il mancato trionfo di Elia serve ad ammonire i fedeli che la forza fisica non è sufficiente per ambire alla salvezza, ma si doveva rimettere alle istituzioni giuridiche ed anche affidarsi alla legge di Dio. Convertere cambiare spirito e modo di comportarsi. ***[Apocalisse]*** Avviene con il sangue di Elia (v.50) quanto è fragile l\'uomo e instabile l\'equilibrio delle forze della vita; metafora per spiegare anche chi è giusto e aspira la vita eterna può costituire una minaccia per l\'umanità. Fonti dell'episodio: - Apocalisse siriaca dello pseudo-Metodio (fine VII secolo) matrice apocalittica occidentale, come l\'ascesa dell\'anticristo e i cataclismi apocalittici. Riferimento al sangue di Elia ed Enoc che dà fuoco alla terra che è di tradizione tarda e di provenienza russa ed è assente nelle fonti greche e latine (tale riferimento può essere associato ad Adalramo e al suo contatto con le emissioni nell'Europa orientale). - Formulae hispanicae in modum symbolii Formulario spagnolo dell'VIII secolo, destinato ad allievi secolari, che definisce in modo ortodosso la Trinità e tratta temi escatologici, tra cui la lotta di Elia ed Enoc contro l\'anticristo. - Apocalisse di Giovanni e profezia della Sibilla Eritrea. ***[Titolo]*** Andreas Schmeller curatore della editio princeps (1832) sceglie il titolo Muspilli basato sul termine che si trovava al v. 58, oggi 57. La forma scelta è una sua ricostruzione del nominativo basata su quella del testo, il dativo singolare muspille. ESCATOLOGIA branca della teologia, filosofia o della riflessione religiosa che si occupa degli eventi ultimi o finali, sia a livello personale che cosmico. Il termine significa "ultimo" o "finale" e logia: "studio" o "discorso", che esplora temi come la fine del mondo o dell'universo, la morte e ciò che accade dopo, il destino dell'umanità o dell'individuo. APOCALITTICA genere di scrittura presente in testi religiosi, caratterizzato da visioni simboliche. Altre proposte di intitolazione: Vom Jungsten Gericht (sul giudizio universale), Die beiden Gerichte (i due tribunali) che si concentrano maggiormente sul tema dell'escatologia individuale e /o universale. Il sostantivo muspilli è difficle da interpretare poiché è scarsamente documentato nelle diverse lingue germaniche antiche: in antico alto tedesco è un hapax (dal greco "detto una sola volta", si riferisce ad una parola o un'espressione che compare una sola volta all'interno di un determinato corpus testuale) e in antico inglese non è attestato. Tuttavia, la sua presenza in area antico sassone nel poema biblico Heliand (metà del IX secolo) e in Scandinavia in più passi dell'edda poetica (codex regius) e dell'edda in prosa di Snorri Sturluson (codex upsaliensis) datati tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo. Gli studiosi hanno interpretato il termine in chiave pagana (fonti nordiche) e in chiave cristiana (Heliand). Due attestazioni nel poema antico sassone Heliand: **mȗdspelles** e **mȗtspelli**; nel primo caso il termine è usato in un contesto chiaramente apocalittico (finché la potenza del muspilli non giungerà sugli uomini, la fine di questo mondo) e nella seconda ricorda alcuni passi biblici in cui il giorno del Signore è paragonato a un ladro che arriverà di notte inaspettatamente: quindi nello Heliand il riferimento del nome muspilli è per la fine del mondo o giudizio universale. Nella letteratura antico nordica il termine emerge nel contesto cosmologico pagano: **Mùspellsheimr**, dimora non distante dagli inferi, dei giganti di fuoco, i quali, quidati da Surtr (etimologicamente "il Nero"), daranno il via all'incendio finale. Una variante di Muspellsheimr è anche il semplice **Mùspell**, che in miti più antichi, poteva indicare gli abitanti di Muspellsheimr.ū Krogmann ipotizza che il termine fosse giunto in Islanda negli anni 981-85 con la missione del vescovo sassone Friedrich e che questi vi avesse introdotto la formula allitterante **mūđspelles** **megin** (il potere del muspilli), usata dai predicatori per infondere nel popolo in timore della fine del mondo, che sarebbe giunta nel vicino anno Mille. La locuzione entrò a far parte della tradizione eddica, ma in forma modificata, con **megir** "figli" e tale variazione raffiugra i Ragnarok, ovvero le varie fai del destino ultimo degli dèi: **Muspells lydir** (genti di Muspell) e **Muspells synir** (figli di Muspell). Tutte le attestazioni sono attinenti alla fine del mondo mediante fuoco e distruzione. - Antico sassone: **mȗdspelles** e **mȗtspelli,** il morfema **mūt-, mūd,** potrebbe significare "bocca" e la lingua antico sassone rientra nell'isoglossa ingevone per cui il morfema **mūt-, mūd** potrebbe derivare da un germ**. munϸ-,** che ha subito sincope (fenomeno fonetico o morfologico che consiste nella caduta di uno o più suoni all\'interno di una parola) di nasale davanti a fricativa e allungamento di compenso della vocale precedente (as. **mūth**, anche con occlusione della dentale **mūt**, **mūd**). 1. Perdita della nasalità prima delle consonanti fricative nelle lingue ingevoni, le consonanti nasali (m, n) cadono prima delle fricative (f, s) lasciando una vocale lunga o dittongo. Ex: germ. gans (oca) ing. Ant. Gos fris, goes ing. Mod. Goose; 2. Sistema verbale riduzione della flessione verbale rispetto ad altre lingue germaniche occidentali, ad es, nelle lingue anglo-frisoni si osserva una maggiore tendenza a perdere forme distinte per la persona nei verbi rispetto al tedesco; 3. Formazione del plurale dei sostantivi uso del suffisso -s per indicare il plurale (ingl. Mod.), mentre in altre lingue germaniche occidentali sono comuni altri tipi di plurale (Katze/Katzen). 4. Fenomeno della palatalizzazione in alcune lingue anglo-frisoni, si verifica la palatalizzazione delle consonanti velari (k e g) davanti a vocali anteriori (i, e ). Ex: Kirche church. - La forma [antico alto tedesca] presenta la vocale radicale **i** innalzata, quindi si potrebbe pensare che nell\'opera bavarese il termine abbia subìto un\'evoluzione indipendente dalle altre fonti. Considerando la possibilità che il termine originariamente avesse la vocale radicale **e**, esso si potrebbe ricondurre alla radice del verbo germ. **spell-ōn** "raccontare", da cui in antico alto tedesco il sostantivo **spell** "discorso", il verbo **gotspellōn** "evangelizzare" e il sostantivo **gotspel** "Vangelo". In [antico sassone] il verbo non è attestato, ma lo è il sostantivo: **spell** "discorso" e **godspell** "Vangelo". La forma innalzata **muspille** trasmessa dal nostro poemetto non può quindi derivare dal germ. **spell-ōn.** Lo stesso vale per il termine trasmesso dalle fonti nordiche: non può derivare direttamente da questa forma germanica, perché da essa si sviluppa il verbo **spjalla "parlare"** e il relativo sostantivo **spjall** "detto". La presenza invece della vocale e non franta porterebbe l\'ipotesi che in area scandinava il termine non fosse né un calco né un composto creatosi autonomamente, ma che vi fosse giunto come prestito diretto della variante sassone. Se consideriamo invece come punto di partenza la forma antico alto tedesca in i, **-spill** sarebbe riconducibile al verbo germ. **spelϸ-jan/spelđ-jan** "distruggere, uccidere, rovinare", con innalzamento provocato dalla semi vocale chiusa j del suffisso verbale, che porta ad attestazioni in antico alto tedesco, in antico sassone e in antico nordico. Poiché il verbo appartiene alla I classe debole, l\'eventuale sostantivo derivato dal verbo potrebbe avere solo vocalismo i come nel Muspilli, e non in e come nello Heliand e nei passi eddici: in questo caso la forma in e dovrebbe derivare da un verbo ger. **spalϸ-jan/spalđ-jan** con il tipico grado apofonico (cambiamento vocalico della radice) **a** dei verbi deverbativi che subisce metafonia palatale **a \> e.** Si noti che il verbo antico nordico **spilla** "distruggere" può appartenere, oltre che alla I classe debole, anche alla II **(**germ**, spelϸ-ōn**). In questo caso la radice non subirebbe innalzamento, ma di nuovo frattura, con esito sojalla, anche nel relativo sostantivo derivato spjall, omonimi di quelli che hanno la semantica del "raccontare". Il vocalismo porta ad escludere che il composto fosse sorto in area scandinava indipendentemente dalle fonti continentali. **Metafonia palatale** fenomeno linguistico che si verifica quando una vocale cambia la sua qualità in seguito alla presenza di un suono palatale (cioè un suono prodotto nella parte anteriore del palato) in una parola, di solito nelle vicinanze o alla fine di una radice verbale o nominale. In antico alto tedesco e in inglese antico, la metafonia palatale era visibile nei cambiamenti delle vocali nelle radici verbali, soprattutto nei verbi forti. Ad esempio: - Verbo: *singan* (cantare) in proto-germanico: - Preterito: *sang* (con metafonia palatale). - *singan* → *sang* mostra il cambiamento della vocale dalla *i* alla *a* influenzata dalla consonante palatale (*ng*). **Verbi nelle lingue germaniche** 1. **verbi forti:** formano il *passato* (preterito) e il *participio passato* modificando la vocale della radice attraverso un fenomeno chiamato apofonia (cambiamento vocalico), senza l\'aggiunta di un suffisso per indicare il passato. Questo tipo di coniugazione è tipico delle lingue germaniche, a partire dal protogermanico. Non usano suffissi dentali (*-t* o *-d*) come nei verbi deboli. La radice verbale cambia in modo sistematico, e i cambiamenti vocalici sono organizzati in gradazioni (a, o, i). 2. Verbi deboli: formano il **passato** e il **participio passato** aggiungendo un **suffisso dentale** (*-t* o *-d*) alla radice. A differenza dei verbi forti, non subiscono cambiamenti vocalici, ma piuttosto si affidano a suffissi per indicare il passato. 3. Verbi misti (detti anche **verbi semi-deboli**) sono una categoria che unisce le caratteristiche dei verbi forti e deboli. Hanno una base verbale che cambia parzialmente (come nei verbi forti) ma formano il preterito e il participio passato aggiungendo un suffisso dentale (come nei verbi deboli). Dunque combinano l'apofonia della radice con l'aggiunta di un suffisso (-t o -d). **Classi verbali** **Classe** **Caratteristiche** **Esempio** **Presente** **Preterito** **Participio Passato** ------------------ --------------------------------------------------------- ----------------------- ---------------------- ------------------------ ------------------------ **Verbi forti** Cambiamento apofonico della radice (cambiamento vocale) *singan* (cantare) singan (io canto) sang (io cantai) gesungen (cantato) **Verbi deboli** Aggiunta di un suffisso dentale (-t o -d) *arbeiten* (lavorare) arbeiten (io lavoro) arbeitete (io lavorai) gearbeitet (lavorato) **Verbi misti** Combinazione di apofonia e suffisso dentale *denken* (pensare) denken (io penso) dachte (io pensai) gedacht (pensato) **Classi deboli** a. **Prima classe debole** (o **classe I**) In questa classe i verbi formano il preterito e il participio passato aggiungendo il suffisso *-t* alla radice, senza modificare la vocale. - **Presente**: *spillen* (io gioco) - **Preterito**: *spilte* (io giocai) - **Participio passato**: *gespilt* (giocato) Questi verbi generalmente seguono un modello regolare con il suffisso *-t* che è applicato alla radice del verbo. b. **Seconda classe debole** (o **classe II**) Questa classe include verbi che hanno una **radice irregolare**, ma il suffisso *-d* o *-t* viene aggiunto per formare il preterito e il participio passato. **Verbo**: *kunnan* (\"sapere\") - **Presente**: *kunnan* (io so) - **Preterito**: *kunnte* (io seppi) - **Participio passato**: *gekunnt* (saputo) Alcuni verbi della seconda classe potrebbero includere una piccola variazione nelle radici, ma sono comunque regolari nell\'aggiungere il suffisso per formare il passato. - **Classe III debole** (o **classe III**) questa classe include verbi che non subiscono cambiamenti significativi nella radice per formare il passato. Tuttavia, ci possono essere piccole variazioni come la **metafonia** o l\'aggiunta di suffissi diversi per formare la forma passata. **Esempio**: - **Presente**: *schreiten* (io cammino) - **Preterito**: *schritt* (io camminai) - **Participio passato**: *geschritten* (camminato) Questo tipo di classe potrebbe anche vedere un\'interazione con altre forme di **consonanti** palatali o variazioni simili, anche se la regolarità nel suffisso *-t* resta prevalente. - L'altra possibilità è che il sostantivo non fosse sorto in un contesto cristiano, ma che avesse origine pagana. Lo storiografo franco Eginardo, nei suoi Annales, registra per l\'anno 772 la distruzione, da parte di Carlo Magno, di un totem venerato dai sassoni chiamato Erminsul, assimilabile all\'albero cosmico nordico Yggdrasill. Il Dio Odino è presente sia nel secondo incantesimo di Merseburg antico alto tedesco, sia nella seconda formula battesimale basso tedesca e lo Heliand chiama il destino Wurd, che corrisponde al nome di una delle tre dee nordiche del fato, la Norna Urđr. Per questo non possiamo escludere che il termine antico nordico mùspell dell'escatologia pagana, sebbene sia sopravvissuto solo in fonti scandinave, forse invece diffuso anche tra i sassoni e le popolazioni in germanica dell\'impero carolingio. Un termine della mitologia pagana sarebbe stato fatto proprio dall\'autore dello Heliand per illustrare la fine del mondo cristiana agli ascoltatori sassoni (elemento spell che ha valore di "fato", oltre che "distruzione"). - Mū potrebbe significare "bocca" e se riconduciamo -spill alla radice del verbo raccontare, il composto si potrebbe tradurre con raccontare con la bocca. Considerando che nel Muspilli il termine appare nel contesto del giudizio universale, è plausibile che il nome indichi la formulazione di un verdetto o di una profezia. - Se invece all\'elemento -spell/spill si assegna il significato di distruggere, il riferimento sarebbe all\'uccisione mediante la bocca. Haubrichs pensa che il composto sia una kenning (una metafora complessa o una perifrasi che sostituisce una parola con una descrizione poetica o con un\'espressione più elaborata; solitamente è costituito da una combinazione di due parole che insieme danno un nuovo significato) per indicare Cristo ho il giudizio universale, con riferimenti biblici; tuttavia la sua teoria si scontra con il fatto che la kenning è uno stile ma caratteristico della sua poesia antico nordica e antico inglese, con qualche caso sporadico nell'Heliand, tuttavia manca nella letteratura antico alto tedesca. - Il termine muspilli indicherebbe la distruzione del mondo inteso anche materialmente come terra su cui vive l\'uomo. È poco plausibile che nel muspilli l\'immagine sia quella dell\'uccisore con la bocca, perché nell\'opera bavarese il contesto in cui compare il termine è escatologico, non apocalittico, dunque sembra più appropriato interpretarlo con "Cristo adveniente" o "giudice del giudizio universale". Pensando al contesto della parusia in cui il termine è utilizzato nel Muspilli, appare ancora meno probabile che esso abbia raggiunto l\'area scandinava mediato dall\'alto tedesco, dato che la semantica è più vicina all\'ambito apocalittico del testo sassone che non al contesto del giudizio universale. Dunque il significato del nome non è chiaro né dal punto di vista fonologico, ne semantico, ma è possibile che si tratti di una serie di rielaborazioni diverse per ogni comunità linguistica ricevente, di un termine o un\'espressione già non più comprensibile all\'epoca LESSICO Manganella giudica il lessico del Muspilli "estremamente limitato e scarso", osservando che alcuni termini ed espressioni sono ripetitivi, anche se usati a volte con semantica diversa, come sostantivo ding, dink (vv.10,26,80) che può significare "cosa" o "tribunale", oppure l\'aggettivo uuenag nei sintagmi uuenaga sela "l'anima afflitta" v.28 e der uuenago man "il pover'uomo" v.66. Il lessico strettamente religioso non è predominante, in quanto vengono impiegati alcuni termini specifici del cristianesimo, più precisamente di prestiti: engil, paradis, tiuval, alamousa, kruzi, Krist, antichristo, Elias e Satanazas. Tra i prestiti è da includere anche peh, usato come metonimia dell\'inferno; altri nomi sono calchi, che hanno assunto un valore cristiano come sela, got, hella e altri hanno conservato una valenza laica, come himil, kuning e soprattutto alcuni hanno significato sia giuridico che religioso, rispecchiando quel doppio binario tra mondo e al di là, tra giudizio terreno e giudizio divino che funge da filo conduttore dell\'opera. La duplice valenza laica e religiosa si può riscontrare anche nella semantica del lessico giuridico; le stesse sacre scritture usano una terminologia giuridica, come nella seconda lettera ai corinzi, in cui l\'apostolo Paolo afferma che tutti dobbiamo comparire dinanzi al tribunale di Cristo. Dunque nell\'opera vi sono dei calchi semantici della terminologia del diritto germanico: - Sostentivo rahha nella locuzione az rahhu stantan (v.35), che tra i suoi significati ha anche quello di "punizione", Che può essere sia un verdetto del tribunale degli uomini, sia la sentenza divina; - Uirina (v.25) e suo derivato uirinlih (v.10), Che dal significato di "crimine" passa a quello di "peccato". - Verbo stuen (v.25), anche nel composto stuatago (v.55), che può indicare i due tipi di giudizio. - Un\'altro termine con doppia valenza è l\'aggettivo suntig "peccatore", dove il peccato etimologicamente non è altro che "qualcosa che è avvenuto"; - I verbi arsten "risorgere" e arteilen "giudicare", in cui è il prefisso a modificare la semantica generica ("stare" e "dividere") della base - Buozen "espiare", Che letteralmente significa "migliorare"; - I sostantivi uuizi "inferno" (in origine "condanna"), mahal "assemblea, tribunale", suona "giudizio", uuarch "malvagio" e altifant "antico nemico". - perr questo motivo nel Muspilli troviamo dei riferimenti ambigui al giudice che non sappiamo se abbia natura terrena o divina (himiliskin gote v29 e mahtigo khuninc v.31) e Al tribunale che può essere interpretato come umano o celeste (suona, ding, mahal). - Anche il significato del composto uueroltrehtuuison è duplice: nel testo queste personalità svolgono un ruolo importante di introduzione alla parte apocalittica e anche esse si collocano tra la sfera religiosa e quella giuridica: immaginiamo dei saggi esperti di diritto, che operano con integrità e rettitudine e custodiscono sia le tradizioni giuridiche che la verità dottrinale. Vi sono nel Muspilli anche espressioni che sono di ambito esclusivamente legale, come il sostantivo eigan (v.12) che si riferisce al possesso di beni; kosa (v.40), un prestito dal latino che indica l\'oggetto del dibattimento; marha (vv.60, 61) un territorio imperiale periferico con giurisdizione amministrativa, miata (vv.67, 72), che indica qualsiasi forma di ricompensa o remunerazione; infine mord (v.93), il reato di omicidio. Nel testo emergono anche tre collocazioni specifiche: daz mahal kipannan "convocare l'assemblea" v.31), den pan furisizzan ("disertare l'appello", v.33) e az rahhu stantan "rendere conto di" v.35. Si scorgono persino alcuni gesti simbolici della prassi giuridica, come la testimonianza delle parti del corpo della vittima ai vv. 91-92. Colpisce un numero relativamente elevato di termini bellici, che potrebbero confermare che il pubblico apparteneva alla classe nobile o guerriera: heri "esercito", pagan "combattere", kisindi "schiera", wafanan "armare", wig "battaglia", khenfo "duellante", kreftic "forte", stritan "combattere" e arwartan "ferire" queste scelte lessicali dell\'autore possono essere comprese se si considerano i destinatari dell\'opera: giudici religiosi e laici, missi dominici (dal latino "inviati del Signore", erano funzionari imperiali incaricati dai sovrani carolingi di controllare e amministrare i territori dell\'impero), membri della Corte e il re stesso che erano sicuramente a pezzi alle espressioni tecniche del diritto ma che conoscevano anche le attività guerresche e i fondamenti della dottrina cristiana. METRO E SINTASSI il manoscritto, a causa della scriptio continua, non svela nulla dell\'impianto versificatore del Muspilli. A partire dalla editio princeps di Schmeller (1832), si è sempre pensato che l\'opera fosse composta con il verso lungo alterante tipico della tradizione germanica; tuttavia la certezza che l\'opera fosse in poesia non è dimostrabile. Ogni unità sintattico-se mantica si estende su più versi, creando enjambement, sia perché alcune delle parole utili a chiarire la deissi e la coesione, come congiunzioni o pronomi, sono ormai illeggibili. Anche la posizione della cesura (pausa) non è sempre chiara, come al v.44. La presenza di alcune iniziali rubricate ha dato lo spunto a Minis di supporre che il componimento fosse diviso in strofe di circa 5 versi ciascuna, sulla base di un presunto schema numerologico. Secondo lo studioso infatti nei primi 17 versi, escluso il verso 13, si intravedono tre strofe di ampiezza simile, ognuna delle quali esprimerebbe in modo enfatico un pensiero con chiuso, ripreso e sintetizzato dall\'ultimo semi diverso. La versificazione del Muspilli è atipica, in quanto il poemetto presenta alcuni versi lunghi allegranti che possiamo definire regolari, cioè con due parole lettera anti nel primo semiverso e una nel secondo, come il verso chiave 57, quello che riporta il termine del titolo: dar ni mac denne mak andremo helfan uora demo muspille (allora un parente non potrà aiutare l\'altro nel muspilli), dove il verbo mac e il sostantivo mak del primo emistichio allitterano con il termine muspille in chiusura del secondo. Tuttavia qui vediamo che nel secondo emistichio lo schema è x a, cioè la parola allitterante è quella più a destra, in questo caso per mettere in evidenza il termine muspille, ma in genere lo schema più comune è a x. Seguono il modello x a anche i vv. 15, 30, 58, 59, 62 e 78. Altri versi presentano nel secondo emistichio, lo schema a a. Sono possibili anche versi in cui allitterano una parola nel primo semiverso e due nel secondo (v.3), oppure in cui l'allitterazione manca del tutto nel primo semiverso, mentre il secondo è costituito da sole due parole allitteranti. Tra le varie anomalie notiamo che nell\'opera può allitterare anche una parola grammaticale (come l\'avverbio kerno, v.20 o il pronome uuielihan, v.66) e forse possiamo includere qui anche kilihaz, v.32, dove è il prefisso che allittera con queman e chunno. L\'opera segna il passaggio alla rima finale che verrà utilizzata definitivamente da Otfrid nel suo Liber Evangelorium; alcuni versi presentano infatti rima finale interna ai due emistichi, ma ancora in presenza di allitterazione, come il v.37, che introduce il duello tra Elia e l\'anticristo: daz hortih rahhon dia uueroltrehtuuison (io udii i saggi del mondo raccontare questo) dove rahhon allittera con reht e rima con uuison. In alcuni versi si ravvisa già la struttura a quattro accenti che diventerà poi predominante nel periodo medio, come al v.40: khénfun sìnt so kréftìc, diu kosa ist so mihhil, il già citato v.61: diu màrha ist farprunnan, diu sela stet pidungan e il v.62: ni uuéiz mit uu\^u pùazè: so uérit sì za uuìzè. Altri versi sono prosastici, ma con un abbozzo di schema metrico, come il verso 13, che ha ritmo giambico (ritmo poetico basato sulle sequenze di sillabe brevi e lunghe. È caratterizzato da una struttura binaria in cui una sillaba debole (non accentata) è seguita da una sillaba forte): die prìngent sìa sar ùf in himilo rìhi. I versi del Muspilli sono spesso senza regole e vi sono diversi metri; la presenza di rima finale è il segnale che la poesia antiqua alto tedesca si stava evolvendo abbandonando progressivamente il verso lungo allitterante. La coesistenza nel Muspilli di più stili rifletterebbe le tappe delle rielaborazioni dell\'opera nel tempo, quindi i casi di rima finale sarebbero una prova di datazione tarda del poemetto, vicino all\'epoca di Otfrid, come confermerebbe la presenza di una stessa espressione nelle tue opere (v.14). La familiarità del pubblico con la oral poetry di contenuto laico ne ha favorito la contraffazione da parte dei religiosi: la sua brevità suggerisce che fosse un\'opera di tradizione orale che poi ha trovato forma scritta. Questa tesi potrebbe essere confermata dal primo emistichio del v.37 daz hortih rahhnon, dove la prima persona singolare ih allude a un cantore e il verbo horen "udire" fa pensare a dei versi declamati. Secondo altri questi irregolarità potrebbero essere un indizio della presenza di interpolazioni oppure il segnale che l\'opera sia composita e che si basi su più antigrafi eterogenei. Considerando gli argomenti trattati che oscillano fra il mondo umano e divino, non è inverosimile che anche il suo stile possa essere una combinazione di prosa e poesia, quasi a rappresentare le due sfere. I versi lunghi allitteranti possono alternare infatti con frasi in prosa, la cui sintassi è particolarmente d\'effetto. I vv. 94-98 costituiscono un raro esempio di frase complessa che consiste in una principale (dar ni ist eo so listic man) seguita da una relativa (der dar iouuiht arliuhan megi), una consecutiva (daz er kitarnan megi tato dehheina), una finale (niz al fora demo khuninge kichundit uuerde) e un'avversativa (uzzan eri z mit alamusanu furimegi/enti mit fastun dio uirina kipuazti). Si osservano anche delle costruzioni enfatiche adatte alla predicazione, come il verbo in posizione iniziale ([suilizot] lougiu der himil "brucerà di fiamme il cielo" v.53; [prinnit] mittilagart "arderà il mondo" v.54; [uerit] denne stuatago in lant, / [uerit] mit diu uuiru "verrà dunque il giorno del giudizio sulla terra/ andrà con il fuoco, v. 55-56 e la dislocazione a sinistra [hus] in himile, [dar] quimit imo hilfa kinuok "una casa in cielo, là gli giunge sufficiente conforto" v.17, in cui il referente hus, oltre a essere in posizione marcata, è ripreso anaforicamente dell\'avverbio dar. Questo verso è interessante anche perché allo stesso tempo segue il regolare metro germanico, con allitterazione di h-, che collega due sostantivi nel primo emistichio e uno nel secondo. Sono costruzioni enfatiche anche le catafore (fig. retorica che consiste nell\'uso di un elemento linguistico che anticipa un\'altra parte del discorso, successivamente specificata) dei vv.19, 37 e 48, che spostano il focus sul referente posto al verso successivo, imponendo un enjambement: daz in [es] sin muot kispane, / [daz] er kotes uuillun kerno tuo "che il suo animo lo sproni a [questo]: / a compiere di buon grado la volontà di Dio" (vv. 19-20), dove il pronome es anticipa l\'oggettiva successiva; [daz] horthih rahhon dia uueroltrehtuuison, / [daz] sculi der antichristo mit Eliase pagan "io udii i saggi del mondo raccontare questo, / che l\'anticristo si batterà con Elia" (vv.37-38), dove il pronome co referente è in posizione accentuata all\'inizio del v.37, ma induce a concentrarsi sul duello tra Elia e l\'anticristo al verso successivo; infine doh uuanit [des] uilo... gotmanno / [daz] Elias in demo uuige aruuartit uuerde "Eppure molti uomini di Dio ritengono [questo], che Elia sarà ferito nella battaglia" (vv. 48-49), dove di nuovo troviamo il pronome, questa volta il dimostrativo des, che anticipa l\'oggettiva seguente. DATAZIONE E DIALETTO Per quanto riguarda la datazione dell\'opera si può ipotizzare che la redazione sia avvenuta negli anni giovanili di Ludovico il germanico, per una uguale funzione moralizzatrice del sermo donatogli. Il richiamo a **diu marha** (vv.60-61), una tipica circoscrizione di confine carolingia, non aiuta nella determinazione degli anni di redazione dell\'opera, in quanto potrebbe riflettere sia la situazione politica stabilita nell\'817 dalla Ordinatio imperii di Ludovico il Pio, sia il periodo successivo alla sua morte (840), quando i suoi tre eredi Ludovico il germanico, Carlo il calvo e Lotario si scontrarono per l\'attribuzione dei territori fino al trattato di Verdun dell'843. Per la trascrizione del poemetto nel codice di Monaco si può pensare a un periodo più tardo successivo alla morte di Ludovico il germanico (876), quando ormai il volume non era più percepito come dono e un copista, Forse un membro della Corte imperiale si sentì libero di riutilizzarlo. Si è ipotizzato che sia stato Ludovico stesso o sua moglie Emma ad aggiungere il poemetto tra le pagine del sermone, in questo caso l'876, anno di morte di entrambi, sarebbe il terminus ante quem per la redazione e trascrizione dell\'opera. Tuttavia quest\'ultima teoria non ha avuto molto seguito, sia perché nel testo si noterebbe un maggiore influsso della varietà francofone da loro parlata, sia perché è improbabile che Ludovico abbia voluto sciupare il dono ricevuto. Tentativi di individuare un\'epoca più precisa basandosi sulle numerose varianti lessicali, morfologiche e ortografiche sono destinati a fallire perché le oscillazioni all\'interno di tutti questi aspetti possono avere cause sia geografiche che cronologiche, fornendo informazioni contraddittorie. Sappiamo con certezza che il codex unicus è una copia di un antigrafo (originale), perché se il tasto fosse stato trascritto a memoria, l\'aspetto linguistico sarebbe più omogeneo. L\'analisi può svolgersi solo sul piano temporale e geografico: per esempio il verbo suannan, suonann (giudicare) è effettivamente tipico del tedesco superiore, ma nell\'opera è stato usato tre volte anche il suo sinonimo (ir-, ar-) teilan, che è più diffuso nei testi francofoni. Indicazioni lessicali Bergmann citata termini molto comuni come bald, firbtinnan, irfurben, heiz e huggen, che sono presenti nel Muspilli, ma che sono specifici solo di Otfrid di WeiBenburg (area francofone) r di Notker di San Gallo (area alemanna); oppure kempfo e loug, Caratteristici della traduzione di Taziano (area francofone) e ancora di Notker; oppure merren e bimidan, tipici di Taziano e Otfrid. Particolari somiglianze si notano soprattutto tra Muspilli e Liber Evangelorium, che non solo condividono la formula binaria (v.14) ma sono le uniche due opere che usano i nomi antikristo e satanas. Altrettanti termini sono invece a specifici del lessico cristiano arcaico di area tedesca superiore: himilzungal (firmamento, v.4), stuen (espiare, v.25), haren (invocare, v.27); Forse non è casuale che questi siano concentrati nella prima parte dell\'opera mentre più avanti sarebbero stati soppiantati da espressioni provenienti da missioni anglosassoni. Dunque si comprende che si tratta di una tradizione testuale stratificata. ***[Allitterazione]*** Nel verso 62 è evidente la allitterazione della semivocale labiale. Poiché nel Muspilli sono presenti i casi di all\'interazione anche di parole grammaticali, il pronome **uuiu** fornirebbe un\'ulteriore conferma che l\'opera non possa essere sorta prima della fine dell\'ottavo secolo: infatti originariamente esso iniziava per spirante (germ. hwe-), ma già nei manoscritti più antichi la consonante iniziale era attestata irregolarmente soprattutto in area superiore. Dato che uuiu qui allittera con altre parole inizianti per semivocale, la frase può essere stata formulata solo dopo la caduta dell\'aspirazione iniziale. Simile è il caso della frase al v.82, doveil verbo lossan allittera con il sostantivo leuuo: anche in questo caso l\'allitterazione è possibile solo dopo che quest\'ultimo ha perso l\'ispirazione iniziale (germ. hlaiwa), fenomeno che si verifica nello stesso periodo. Le allitterazioni pardisu: pu (v.16) e pehhes: pina: piutit (v.22) sembra non rafforzare l\'ipotesi dell\'origine tedesca superiore dell\'opera, poiché pardisu, pehhes e pina sono prestiti con l\'iniziale sorda originaria, che può allitterare solo con termine che hanno subito la mutazione alto tedesca b \> p. Tuttavia Bergmann fa notare che gli stessi prestiti sono attestati anche con la sonora, per cui questi esempi sarebbero possibili anche con l\'occlusiva b senza l'assordamento tipico del tedesco superiore, cosa che lascerebbe aperta l\'ipotesi dell\'influsso del francofone (renano meridionale) nell'antigrafo o nel testimone del Muspilli. Bergmann dubita che le parole allitteranti aiutino a stabilire il dialetto dell\'opera e che essa sia stata composta sin dall\'inizio in una lingua mista "Mischsprache", se si immagina come ambiente di redazione la cerchia della nobiltà carolingia, dove sicuramente c\'erano molti contatti tra parlanti più dialetti. Fissare la datazione di eventuali stratificazioni è impossibile perché il testo potrebbe essere stato scritto o copiato da un estensore non inesperto, ma anziano, avvezzo ad usi ortografici arcaici. ***[Tracce morfologiche]*** La morfologia non è di particolare aiuto per stabilire luogo e datazione del Muspilli. Le desinenze non forniscono indicazioni univoche sull\'origine del testo: nella flessione debole di nomi e aggettivi incontriamo soprattutto la desinenza -un, che è più diffusa nel tedesco superiore, ma anche la desinenza -on, che è più frequente in francone, anche se le oscillazioni sono diffuse in testi di vari dialetti. Anche il pronome personale accusativo singolare nella forma abbreviata in (v.19) rispetto a inan (v.45) è più comune in francofone. Dal punto di vista cronologico, abbiamo la conferma che l\'originale non possa risalire a prima dell\'inizio del nono secolo, perché non c\'è più nessuna desinenza del dativo plurale in -m; dall\'altra parte abbiamo un arcaismo, il pronome dimostrativo genitivo singolare desse (v.103) con flessione interna (des-), invece che esterna (aat. Desse-s), attestato nell'Isidoro e inoltre testimonianze arcaiche meridionali. ***[Variazioni fonetiche]*** Nel IX L\'evoluzione fonetica è molto dinamica e quindi mancano ancora regole ortografiche stabili; per questo motivo la presenza o assenza di una variante e la sua frequenza, non costituiscono una prova certa di datazione o di collocazione dialettale. Il Muspilli è una sfida proprio perché a volte prevale una forma, con pochissima attestazione di questa variante, ed altre volte ne prevale un\'altra. Nel Muspilli troviamo esiti di seconda rotazione consonantica portati all\'estremo che confermano la coloritura bavarese, o comunque tedesca superiore: le occlusive sonore b, g si assordano; la occlusiva sorda p, nei casi in cui subisce la regolare affricazione, si spirantizza in f dopo liquida e nasale; la occlusiva sorda k si affrica. - b \> p a inizio parola: prinnan (v.26), parno (v.33), perga (v.51); all'interno di parola dopo vocale: upiles (v.70), lepenten (74a); in fine di parola lip (vv.14, 41, 82); - g \> k (kk, ck, c) a inizio parola: kerno (v.20) e rehtkernon (v.42); all'interno di parola dopo vocale: likkan (v.3), huckan (v.23); in fine di parola: tac (v.1), kinuok (v.17). in Finale l\'occlusiva può evolversi ulteriormente fino ad affricarsi (uuarch v.39, enihc v.52, piehc v.60), che sarebbe un tratto molto tardo; - p \> pf \> f: khenfun (v.40), helfan (vv.43,57); l'affricata si semplifica in f già nel corso del IX secolo; - k \> kh (ch, h, kkh) a inizio parola: khuninc (v.31), chunno (v.32); all'interno di parola, soprattutto dopo r: marha (vv.60, 61, 79), kimarchot (vv.77) nella geminata: uuechant (v.80), quekkhen (v.86). anche Nei prestiti vi possono essere rese diverse: la grafia ch in Christ (v.101) e antichristo (vv.38,44) potrebbe essere una semplice variante grafica di k; in chruci (v.100) la grafia ch è da considerare più recente di kh. - Le oscillazioni che non presentano il mutamento fanno pensare a un influsso francone (soprattutto renano) sebbene tali varianti siano state attestate anche in area superiore: ad es. habet (v.66) / hapet (vv.69, 99); gote (vv. 27, 29) / kotes (v.20), ding (v.10 / dink (v.26) e diversi casi di prefisso gi / ki, come gihalot (v.7) / kihalont (v.11). - Vocalismo evoluzione tra VIII e IX secolo. a. Germ. **ai** si evolve nell'aat. in **ei** (Tranne quando segue r, w, h, che provoca la monottongazione in **ē**, come in germ saiw(a)lō \> aat. Sēla (vv. 2, 6, 28, 61); tuttavia nel Muspilli sono presenti alcuni casi di ē anche in un contesto fonologico diverso: ēnich (v.52), stēn (v.55), e hēligo (v.101), che dovrebbero presentare l'evoluzione ei (einig, heilig, stein): si tratta di casi non insoliti proprio nei dialetti più riconoscibili nel Muspilli, ovvero il bavarese e francone. b. Il germ. **au** passa a **ou** nel corso del IX secolo; nel testo vi sono due forme arcaiche: lauc (v.23) e augit (v.102), ma già touuan (v.1), poum (v.51), lougiu (v.53) e houpit (v.91). c. Evoluzione del germanico **eu**, visibile in fonti dell'VIII secolo, che ha esiti diversi secondo l'area dialettale: in francone eu \> eo \> io quando la vocale della sillaba successiva è aperta o semichiusa, mentre quando è chiusa, l'esito è più chiuso eu \> iu. d. La vocale germ. ō si evolve in aat nel corso del IX secolo nel dittongo ua -- uo, con forme che si alternano con una predominanza di ua in alemanno e francone renano meridionale, e uo in bavarese e francone. Nel Muspilli coesistono suonu (vv.65, 71, 99°), suonnan (v.85) accanto a suannan (v.74 a ) e suanari (v.74); similmente troviamo pluot (v.50), guotero (v.88), ma anche puaze (v.62), kipuazti (v.98), e gipuazzit (v.99). quindi non si può far risalire l'originale a prima dell'inizio del IX secolo perché nel testo la dittongazione del germ. ō è già compiuta. e. Anche gli esiti della vocale germ. ē coesistono nell'opera: quelli più diffusi nel IX secolo sono ia e ie, con un progressivo aumento di quest'ultimo, indebolito rispetto all'altro. Nel Muspilli si incontrano entrambe le possibilità: per es. hiar (v.30), miatun (v.72), ma anche piehc (v.60). la presenza di ie può far pensare a una datazione tarda, ma la grafia è già attestata nella prima metà del IX secolo. f. Gli indebolimento sono spesso un\'utile indizio di recenziorità del testimone, com\'è il caso della preposizione za, che si conserva con vocalismo pieno in tre casi (vv. 7, 23, 62) a fianco di 9 casi in cui è già indebolita in ze (vv. 27, 34, 63, 65, 71, 77, 80, 89, 99°). g. La mancanza di metafonia palatale di a breve, perché è impedita dal nesso liquida + consonante, invece, è un tratto molto evidente in bavarese, che è presente anche nel muspilli: kistarkan (v.42), aruuartit (v.49), marrit (v.67), kitarnit (v.68) e nel superlativo altist (v.22). ***[Oscillazioni grafiche ]*** - Fricativa labio dentale sorda espressa da f oppure u, anche per scrivere la stessa parola, come fora (v.96) e uora (vv.35,57), finstri (vv.10, 14) e uinstri (v.25), oppure fuir (vv.10, 21) uuir (v.59) e uuiru (v.56). Altre parole iniziano indifferentemente per f o u. L\'alternarsi dei grafemi si verifica anche in caso di iniziale dopo prefisso, come arfurpit (v.59) / piuallan (v.46), oppure all\'interno di parola dopo vocale, come kitriufit (v.50) / auar (vv.11, 82). In realtà queste oscillazioni rientrano nei numerosi casi di varianti coesistenti nel testo. In alcune parole si incontra una geminata che non si giustifica né etimologicamente né fonologicamente: arteillan (v.86), suannan (v.74°), suonnan (v.85). Questa è grafie alternative non hanno alcun valore per stabilire la datazione del testo perché nel telesco superiore affiorano anche in epoca arcaica. ***[Le incertezze del copista]*** I casi in cui l'amanuense sembra aver avuto esitazioni sono numerosi. La lettera h è quella che egli ha sbagliato più spesso tanto che si è pensato che l\'estensore fosse romanofono. L\'errore più frequente che compie è la prostesi: i casi sono hauar invece di auar (vv.11,82), heuigon invece di eu(u)igon (v.41), heo invece di eo (vv.60,94) e hiouuiht invece di iouuiht (v.94). La mano sbaglia persino il nome Elias, scrivendolo helias (v.41) e hlias(es) (vv.49,50). Il caso contrario, l'aferesi di h, è solo uno : apet invece di hapet (v.99). Il copista sembra aver avuto difficoltà anche a tracciare il numero esatto di aste delle lettere u, uu e i, così che spesso è caduto una lettera, più raramente ne è stata aggiunta una o le due sono state confuse; ulteriore dimostrazione che il testo è stato copiato da un\'altro manoscritto. I casi prostesi sono solo due: iist invece di ist (v.10), e uuora invece di uora (v.35); il copista ha aggiunto un'asta anche in uula, invece di uilo (v.48) e in uurina invece di uirina (v.98). più frequente è la sincope di i, che si riscontra in k(i)uuinnit (v.8), uu(i)rdit (v.39), uu(i)ze (v.62) e qu(i)mit (v.89); quest\'ultimo esempio però è dubbio perché la parola è stata scritta molto vicina al margine esterno del f.121v ed è illeggibile. Per la semivocale labiale, invece di uu troviamo la u semplice in u(u)elih(a) (v.34,64), kiu(u)erkot (v.36), u(u)eiz (v. 66), u(u)iht (v.90) e u(u)az (v.93). In altri contesti la grafia u per indicare la semi vocale labiale e comune se preceduta da una consonante (suilizot, v.53) oppure quando la semivocale è seguita da vocale (touuan, v.1 e uunt, v.46). Altre sviste riguardano le lettere n e r: i due casi di sincope finst®i (v.14) e ui(n)ger (v.92) potrebbero essere stati causati anch\'essi dalla difficoltà del copista di vedere bene il numero di aste, mentre l\'unica ha poco per il testo (piualla(n) v.46) deriva forse da una dimenticanza del copista di sciogliere un segno di abbreviazione della nasale. Artruknnet invece, emendato in artruknent (v.52), può essere interpretato sia come erroneo raddoppiamento di n e accidentale caduta di nasale nella desinenza, oppure come metatesi delle lettere ne/ en. Due errori di trascrizione si sono generati inoltre quando il copista è andato a capo: Una volta la mano ha ripetuto daz alla fine del rigo e all\'inizio di quello successivo (f.120v), mentre poco più sopra ha sillabato rihc/che (rihhe, v.35). Il primo caso è una dittografia (ripetizione involontaria), mentre nel secondo caso possiamo considerarlo alla stessa stregua, anche se la ripetizione riguarda la resa di h con due varianti grafiche, hc e ch. La manutenzione sembra poco esperto non solo per non aver saputo gestire lo specchio di scrittura, ma anche per aver separato alcune parole in modo errato e per aver staccato dei morfemi che avrebbero dovuto formare un composto: f.61r, rigo 16, si legge himi lorihi invece di himilo rihi (v.13) e sul f.121r, rigo 58, prinnitmit tilagart invece di pronnit mittilagart (v.54). Queste imprecisioni potrebbero rafforzare l\'ipotesi che lo scriba non fosse madrelingua tedesco e che quindi avesse difficoltà a riconoscere le parole. Le incertezze emergono anche con la negazione ni: poiché nel manoscritto le parole sono spesso molto ravvicinate tra loro e le lettere non presentano sempre la legatura, è difficile giudicare se la particella ni si ha scritta attaccata o staccata. ***[Gli emendamenti ]*** le operazioni che il filologo compie per sanare il testo sono di vario tipo; gli errori più comuni sono sempre la caduta o l\'aggiunta di più lettere in tutte le posizioni; anche la mancanza di **a** potrebbe essere interpretato come errore d(a)z v. 67, in quanto l\'abbreviazione si diffonderà solo nel tardo medioevo. Si possono incontrare nel testo anche metatesi e casi di sostituzione di lettere che potrebbero provenire da un'erronea lettura dell'antigrafo, come domo invece di demo (v47) o uurant invece di uarant (v.79). La compressione della scrittura può aver portato anche a delle aplografie (demanne, emendato in demo manne, v.63, e mannohhein, emendato in manno nohhein, v.72). Nel caso di alcune lacune causate dai danni alla pergamena e all\'inchiostro non resta che la divinatio. Infatti, la pergamena, specialmente quella dei fogli di guardia che dovevano proteggere il libro, è di bassa qualità e ha contribuito a rendere illeggibili molte lettere; l\'inchiostro si è sparito per il trascorrere del tempo e a causa delle sostanze chimiche utilizzate a inizio 800 dal bibliotecario di Monaco Bernhard Joseph Docen, il quale avrebbe voluto fare a fiorire i pigmenti, ma che invece la guastati del tutto. A causa di queste lacune sono numerose le lettere da integrare, sta aiutandosi con il contesto a partire dalla prima parola dell\'opera (si)in, la cui iniziale non si riesce a leggere. Un ulteriore esempio simile è to(d) (v.14). ***[Aspetti paleografici]*** Le caratteristiche paleografiche (lo studio delle caratteristiche della scrittura antica, in particolare la sua forma, evoluzione e utilizzo nel tempo. La paleografia è la disciplina che analizza i manoscritti e altre testimonianze scritte per comprendere la storia della scrittura e il contesto culturale in cui è stata prodotta) del Sermo e del Muspilli sono molto diverse. L\'opera Latina è vergata in una minuscola Carolina ben tratteggiata: il ductus è posato, con parole e righe spaziate; le minuscole sono in capitale rustica, usata anche per scrivere la dedica. I margini della pagina sono molto ampi: il dispendio di pergamena conferma che il manoscritto potesse essere un dono prezioso. Esso si è preservato fino ad oggi in queste perfette condizioni, a parte poche tracce di una mano del XVI secolo sul f.120r. La raffinatezza del codice è guastata solo dall\'inserzione del Muspilli: a parte le righe scritte sui margini inferiori dei ff.119v e 120r, che sono eseguite con un tratto abbastanza curato, le pagine che riportano il Muspilli prima e dopo il sermone latino contrastano per il ductus irregolare e l\'aspetto disordinato, senza tratti riconducibili a una scuola scrittoria identificabile. Il copista è stato giudicato inesperto anche perché sembra non aver saputo calcolare sufficiente spazio per trascrivervi l\'opera completa, con il procedere della copiatura in scriptio continua, le righe e le parole si infittiscono e occupano tutti i margini, tanto che le lettere più vicine alla rilegatura sono spesso indecifrabili ed altre risultano tagliate a metà orizzontalmente. Si osserva che la differenza di ductus nelle righe trascritte sui margini inferiori dei ff. 119v e 120r, redatti dalla stessa mano del resto del Muspilli ma contratti molto più posati e lettere più spaziate tra loro, potrebbe non essere casuale: le parole riportate in questi punti del manoscritto in modo calligrafico esprimono il monito cruciale che chi non ha agito correttamente in vita non potrà sperare nella clemenza divina, e che è necessario compiere la volontà di Dio per evitare di bruciare nella pece. Si noti anche questo passo e trascritto appena sotto la preghiera conclusiva del sermone latino, come se l'amanuense avesse voluto abbinare i due passi affini. Nel Muspilli alcune iniziali sono maiuscole; nessuna è usata nei nomi propri, secondo l\'uso scrittorio dell\'epoca e tutte indicano un inizio di frase. Sono riconoscibili come maiuscole, in base ai tratti tipici della scrittura Carolina, due S: una sul f.61r, rigo 6 (Sorgen, v.6) e una sul f.120v, rigo 35 (So, v.31); una N in fondo al f.1214, rigo 77 (Ni, v.72) e diversi casi di D: le prime iniziano solo sul f.120v, righi 39, 41, 52 (Dar, v.35, Daz, v.37, Doh, v.48), mentre le altre si concentrano tutte sull\'ultima pergamena: sul f.121r, righi 61, 66, 70, 74 (Dar, v.57, Diu, v.61, Denne, v.65, Daz, v.68) e sul f.121v, righi 82, 83, 85, 90, 91, 97, 101, 102 (Denne, v.75, Daz, v.76, Denne, vv. 77, 79, 85, 87, Dar, v.94 e di nuovo Denne®, vv.99 e 99°). Si deve perciò escludere che le iniziali avessero la funzione di segnalare una pausa di lettura o la scansione delle frasi nella recitazione, come dimostra soprattutto il caso delle congiunzioni Daz, che non sono a inizio frase. Lo stesso vale per la punteggiatura usata in modo incoerente; si nota un ampio utilizzo dal puntino per separare tra loro le parole, ma a volte esso le separa singolarmente, a volte a gruppi. Un altro segno di interpunzione impiegato senza un\'evidente logica è la virgola, mentre il punto e virgola si incontra prima delle iniziali maiuscole. A causa dell'infittirsi del testo e delle righe sugli ultimi fogli, la punteggiatura si riduce e talvolta separa gruppi di parole più lunghi, ma non sparisce del tutto. Il copista non usa abbreviature, solo sporadicamente utilizza il segno & per indicare la terminazione verbale -et (f.120r, rigo 31 haret, v.27); f.120v, rigo 41 (hapeta, v.36), f. 121r, righi 67, 73, 75, 76 (stet, v.61, habet, v. 66, hapet, v.69) e f. 121v, rigo 102 (hapet, v.99). A volte quando si accorge di un errore, la mano opera alcune piccole proiezioni inserendo in opice la lettera dimenticata v.96), oppure riscrivendo, calcando con la penna la lettera giusta sopra quella errata (v.7 e v.8 dove la o è riscritta sopra una h). ***[Principali trascrizioni ed edizioni ]*** lo studio del manoscritto e incomincia nel 1817, anno in cui il bibliotecario della allora Konigliche Hofbibliothek di Monaco di Baviera, Bernhard Josef Docen, staccò dal codice alle pagine relative al Muspillii e avvisò Jacob Grimm della sua scoperta. Docen versò dei reagenti chimici, che peggioreranno lo stato dell\'inchiostro macchiando irrimediabilmente la pergamena, anche se forse sul momento il bibliotecario riuscì a leggere qualche parola nei punti più critici prima che l\'inchiostro sparisse del tutto. Questo gli permise di eseguirne la prima trascrizione, alla quale però non fece seguire alcuna edizione; il suo lavoro si perse e fu recuperato e pubblicato da Conrad Hofmann nel 1866. I fogli staccati da Docen vennero ritrovati nel 1830, due anni dopo la sua morte, furono segnalati dal filologo berlinese Massman, ad Andreas Schmeller, che così potè curarne la prima edizione. La editio princeps di Schmeller (1832) è un lavoro molto accurato: ogni passo del testo è accompagnato dalla relativa edizione diplomatica e traduzione in tedesco moderno. L\'edizione riporta anche fedelmente la punteggiatura e altri segni visibili sul manoscritto. Tuttavia per colmare le lacune delle parole illeggibili Schmeller fu costretto a operare molte congetture. Prima di Massman e Schmeller, anche Wilhelm Wackernagel (1839) compì un\'edizione del Muspilli. Ad oggi si possono consultare anche l'edizione di Haug, Vollman (1991), Schlosser (2004), Muller (2007) e Santoro (2022). La base di Haug, Vollman è Steinmeyer (1916). TESTO, TRADUZIONE E COMMENTO L'edizione di Braune, Ebbinghaus (1994) è la più diffusa tra studenti e studiosi. È il testo numero XXX (pp.86,89) dell'Althochdeutsches Lesebuch di Wilhelm Braune, pubblicato per la prima volta nel 1875. L\'antologia ha avuto molta fortuna; a partire dalla nona edizione del 1928, la cura del volume è passata a Karl Helm, mentre a partire dalla quattordicesima edizione del 1962 l\'antologia è curata da E.A. Ebbinghaus, il quale ha decisamente ampliato l\'apparato critico che era disponibile fino alla tredicesima edizione. In apparato si trovano indicate le lezioni e le lacune del manoscritto, oltre che alle differenze di lettura dei loci critici da parte di altri filologi. Si deve tenere presente tuttavia che nel testo non si distinguono i tipi di intervento: Ebbinghaus indica con il solo corsivo sia le integrazioni di lettere, sia emendamenti e congetture più sostanziali, rimandando all\'apparato critico per capire cosa è attestato nel manoscritto. ***[La traduzione e il commento]*** la nuova traduzione proposta tiene conto delle scelte interpretative delle edizioni tedesche più recenti: Schlosser (2004), Haug, Vollman (1991) e Muller (2007), e soprattutto di quelle italiane; a parte quella di Baragiola (1882), corretta dal punto di vista interpretativo, ma non letterale è composta in un italiano ormai arcaico, è interessante il confronto con le traduzioni di Mazzuoli Porry (1964) e Manganella (1966), che si discostano uno dall\'altra per alcune scelte lessicali e soprattutto per il diverso modo di interpretare i termini selida (v.15) e uueroltrehtuuison (v.37). Entrambe le traduzioni cercano di risolvere la frequente ripetizione nel testo della congiunzione denne: si tratta di un connettivo molto usato anche da Otfrid per esprimere l'idea di futuro, ma in italiano può essere reso in modo più vario con "allora", "quindi", "poi", anche se ogni scelta porta a una sfumatura di significato diversa, perché la frase assume di volta in volta valore finale o temporale o condizionale. Una difficoltà di traduzione è costituita dal verbo **sculan**, che può svolgere la funzione di ausiliare del futuro oppure avere l\'accezione del dovere, della necessità; in generale il dubbio è consistito nel decidere se tradurre con un verbo coniugato al presente o al futuro in mancanza di un avverbio o di una congiunzione che desse indicazioni chiare. Non è necessario rendere il testo tradotto solo con verbi al futuro, per evitare la cacofonia delle troppe forme tronche dell\'italiano e perché in antico alto tedesco non era necessario rispettare la consecutio temporum come il latino. Anzi l\'uso alternato di presente futuro può rimarcare il discorso dell\'opera, che è sempre a cavallo tra il mondo reale contingente e l\'aldilà che attende l\'uomo. Analisi del testo Sin mutilo. Aggettivo possessivo, manca il referente, probabilmente l'uomo Piqueme verbo (-pi) queman "venire". A causa della lacuna non si capisce perché sia coniugato all'ottativo presente (corrisponde al congiuntivo, per esprimere desideri, possibilità e concessioni. Ex: possa accadere). Si può ritenere possibile che sia stato usato per esprimere il futuro con valore iussivo (uso del futuro verbale in cui si esprime un comando, esortazione o regola), ben attestato nella traduzione francofone del Taziano.