Economia delle Imprese e dei Mercati (2) PDF

Summary

These notes cover a course on Business and Market Economics. The course includes elements of macro and microeconomics and covers topics such as consumer behaviour, business, competition, game theory, market failures, regulation and competition policy. The notes also discuss the concept of industrial economics and the different schools of economic thought.

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11/11 Introduzione del corso. Questo corso è il più trasversale. Si parlerà di macro e micro economia. 36 ore di corso. Lezioni in presenza senza obbligo di frequenza. ogni 2 punti per 15 domanda e una domanda aperta per arrivare alla lode. Consigliata la simulazione d’esame. No ‘p...

11/11 Introduzione del corso. Questo corso è il più trasversale. Si parlerà di macro e micro economia. 36 ore di corso. Lezioni in presenza senza obbligo di frequenza. ogni 2 punti per 15 domanda e una domanda aperta per arrivare alla lode. Consigliata la simulazione d’esame. No ‘penalizazzione per domanda sbagliata, tempo a disposizione 30 min. 17 GENNAIO primo appello, puoi iscriverti entro 3 giorni prima. Libri di testo NON obbligatori: -Cabral, Economia Industriale, Carocci, 2018 -Tommaso, RUbini, barbieri, Tassinari, Economia e politica industriale, il Mulino, 2021 MACROARGOMENTI: Il programma è lo stesso sia da frequentanti che per i non frequentanti Parte prima (Fondamenti di microeconomia): -Introduzione e contesto generale; -Consumatore; -Impresa; -Concorrenza, equilibrio ed efficienza; -Cenni di teoria dei giochi; Parte seconda (Fondamenti di politica della concorrenza) -Fallimenti del mercato; -Regolamentazione; -Politica della concorrenza Parte terza (Economia della concorrenza) -Concetrazioni orizzontale o fusioni; -Restrizioni e concentrazioni verticali; -Prezzi predatori e antitrust -Differenzazione di Prodotto 12/11 PARTE PRIMA Fondamenti di Microeconomia Introduzione generale al contesto La microeconomia si concentra sul comportamento che adottano i singoli soggetti economici, Consumatore e Imprenditore: Consumatore: il consumatore quando decide di effettuare un qualsiasi acquisto lo fa perchè deve soddisfare un bisogno. Questo bisogno lo va a soddisfare tramite l’utilità del bene che va ad acquistare. La valuta di scambio può essere moneta o baratto Il baratto era uno scambio diretto ed il metodo più veloce per commerciare, ma con il tempo si rivela inefficiente, perché non va a soddisfare la “Doppia Coincidenza dei Bisogni e Desideri". Ovvero che se io produco un qualsiasi tipo di bene che al consumatore non serve, e io ti vendo un bene che a te non serve questo risulta inefficiente. Il denaro viene creatore per ovviare a questa inefficienza e quindi è un metodo di scambio INDIRETTO, poichè c’è la controparte del Denaro. In principio come mezzo di scambio avevamo solo le monete (doro, argento, rame) e con il tempo, proprio per la difficolta di portarsi dietro un elevato numero di monete, viene creata la Banconota. Ma perchè Banconota? “Nota di Banco”, ovvero, quando vennero create erano agganciate all’oro come valore, e quando nasceranno le prime banche nel mondo (1^ Italia), si depositerà l’oro nelle banche e vi daranno una nota di colore con scritto sopra quanto oro vi è stato depositato. Imprenditore: Si parla di diritto commerciale e codice civile, quello italiano ha due versioni quella del 1865 (derivante dai codici napoleonici) e 1942. Nell’articolo 2082, definizione di imprenditore. Quel complesso di beni (materiali e immateriali) attraverso cui l’imprenditore svolge l’attività d’impresa (questa boh devi controllarla ^) E’ imprenditore chi esercita in modo PROFESSIONALE l’attività di impresa e va a ricavare dei profitti da questa Il nostro codice civile non ci da la definizione di impresa perchè è già sottolineata nell’articolo 2082 OUTPUT QUANTITA’ = F(K,l) INPUT E’ l’imprenditore che va a definire l’output (profitto) ottimale della sua azienda, e vi sono due inp LA MACROECONOMIA= Si concentra sul funzionamento del sistema economico dei singoli paesi nel suo complesso. Va a studiare gli indicatori principali che ci danno una fotografia dello stato di benessere del paese. Il primo sostanzialmente più importante è il PIL (Prodotto Interno Lordo) Un’altro indicatore è la bilancia dei pagamenti o commerciale: si intende sostanzialmente tutto quello che un paese esporta meno quello che un paese importa. Queste grandezze si dicono GRANDEZZE AGGREGATE perché vengono messe assieme per monitorare lo stato di salute del PAESE. Quando parliamo di economia e di scienze economiche non si parla di scienze esatte. I grandi economisti utilizzano due principali metodologie di osservazione, per trarre conclusioni e informazioni. Vi sono due metodi per trarre conclusioni: IL METODO INDUTTIVO Dove si parte dal particolare fino al generale (osserviamo comportamenti reali della società) (raccogliamo i dati, analizzati e generalizzati) (dai comportamenti dei dati si stabilisce una teoria economica) IL METODO DEDUTTIVO Si parte dalle teorie economiche (enunciate e validate) (si formulano e testano delle ipotesi) (dopo si va a fare la verifica dei comportamenti reali) Queste analisi economiche possono essere di tipo POSITIVO o NORMATIVO !!! Analisi Positiva = Abbiamo l’economista che si limita ad osservare e a descrivere la realtà per quello che è. Quindi ad esempio un’indagine di raccolta dati si limita a riportare i dati senza entrare nel merito del provvedimento, ovvero, va semplicemente a dirci quando avviene un EVENTO l’analisi positiva va a definire la causa e l’effetto. Sostanzialmente fa solo la fotografia. Ad esempio, l’ISTAT ogni anno va a definire la fotografia di alcuni settori (es. tasso di disoccupazione) CAUSA ( EVENTO ) EFFETTO Analisi Normativa: Non si limita a raccogliere dati ed ad osservare ma esprimere anche dei giudizi per andare a crescere il benessere collettivo. E’ volta ad individuare le scelte migliori Es. Banca d’Italia fa dei REPORT dove ci dice la fotografia della situazione di quel paese in quel momento e ci va anche a suggerire delle migliorie su quello che si potrebbe fare. Che cosa si intende per ECONOMIA INDUSTRIALE? Si definisce così la disciplina che si interroga sulle possibili regole della gestione delle Industry. Industry è un termine anglosassone che intende sia l’impresa che anche il mercato nel complesso che include tutte le aziende di quel settore. Quindi la E.I si occupa del funzionamento dei mercati, in particolare del modo in cui le imprese competono tra di loro. Ci potrebbero essere dei settori in cui non c’è concorrenza e quindi vi sono aziende troppo potenti e a volte c’è un Abuso di Potere di mercato, la E.I prova a bilanciare questa esigenza. Si canalizza sul comportamento dei singoli attori, ma soprattutto sulle interdipendenze tra questi attori, studiando come esse evolvono nel tempo, trasformando la struttura dell’industria, dell’economia e della società. Quando invece si parla di POLITICA INDUSTRIALE, come suggerisce la parola si parla di scelte politiche in campo economico. Il compito è quello di evitare conseguenze negative derivanti dalla detenzione di potere di mercato da parte delle imprese. A tal proposito le politiche pubbliche possono essere suddivise in due grandi categorie: 1. Regolamentazione: Quando lo stato interviene per regolamentare, attraverso certi strumenti, le inefficienze di un certo mercato (es Price CAP) 2. Antitrust: Delle autorità (Politica della concorrenza) che si occupano di garantire e salvaguardare l’interesse del consumatore. (es. l'AGCM è intervenuta nel caso FERRAGNI per pubblicità ingannevole) Tra le politiche di regolamentazione e antitrust, possono venire adottate politiche mirate a particolari imprese o gruppi di imprese. Tali norme rientrano sotto l’etichetta di politica industriale, il cui scopo ultimo è quello di rafforzare la posizione di mercato di un’impresa o di un settore in particolare nei confronti delle imprese estere. Il patto di stabilità vincola i propri paesi a non poter spendere più di un tot. di denaro ogni anno quando i singoli paesi vanno a vociferare la legge di bilancio. la politica industriale in genere non è ben vista dagli economisti in quanto è l’intervento statale a decretare il successo di alcune imprese o interi settori industriali. Vi sono 3 filoni di scuole di pensiero economico principali, per loro non c’è bisogno di intervento politico in economia perchè è auto regolante, la richiesta e l’offerta si dovrebbero bilanciare a vicenda. esse sono; La prima è quella che segue la corrente di GAINS la seconda è quella che deriva dalla scuola economica di chicago (steve licks) la terza è quella della scuola economica austriaca, (mengher) PARADIGMA STRUTTURA-COMPORTAMENTO-PERFORMANCE (SCP) Molti economisti vanno ad analizzare i settori industriali, quindi secondo questo paradigma le strutture di mercato, (si intendono, 1. Concorrenza Perfetta 2. Monopolio 3. Oligopolio 4. Concorrenza Monopolistica), va a influenzare i comportamenti delle imprese operanti nel mercato stesso che a loro volta influenzano le perfomance delle imprese perché si basa sul presupposto che esista un nesso causale fra le suddette componenti. 1 e 2 difficilmente possono succedere 3 e 4 invece si trovano più frequentemente Vi sono due indicatori che ci danno idea del mercato stesso; 1. Grado Concentrazione (quante imprese ci sono in quel determinato mercato) 2. Quota di Mercato ( Detenuta dalla singola impresa all’interno di quel mercato) INSERIRE GRAFICO PAGINA SLIDE DEL SCP Struttura: mercati contendibili, in cui è facile entrare e uscire Va a influenzare i comportamenti dell’impresa: gli obbiettivi economici di prezzo, brand, education, ricerca e sviluppo, decidere se cogliere o meno: prendere accordi con altre imprese nel mercato stesso: non sono ammesse salvo rari casi / decidere se effettuare qualche fusione con imprese omogenee o meno; i risultati influiscono su quelli economici. INSERISCI APPUNTI RUBATI FINO A INTERNI E ESTERNI INSERIRE SCHEMA DELLE 5 FORZE DI PORTER (succedanei o sostituti sono dei beni che sono differenti che hanno le stesse caratteristiche per soddisfare il bisogno del consumatore) es. SMARTPHONE 13/11 Le teorie di impresa: La teoria neoclassica 1- ADAM SMITH 2- WILLIAM JEVONS 3- ALFRED MARSHALL 4- RICHARD COASE Questi signori sono 4 economisti che ognuno a suo modo sono andati a teorizzare delle componenti importanti del pensiero economico. ADAM SMITH Nel 1700, al tempo della prima rivoluzione industriale, lui economista inglese considerato da tutti il padre dell’economia moderna, nonché colui che ha teorizzato la teoria neoclassica dell’impresa. 1776 scrive “The Wealth of the Nation”, in cui si domanda da che cosa dipende la ricchezza di una nazione/stato (durante appunto la prima rivoluzione industriale quindi settore metallurgico). La risposta che si da è che questa ricchezza dipende dalla sua capacità di organizzare il lavoro, quindi sostanzialmente la CAPACITA’ DI ORGANIZZARE IL LAVORO è l’offerta produttiva. TEORIA NEOCLASSICA = Intende spiegare la determinazione del prezzo e della quantità del prodotto offerto sulla base dell’ipotesi di massimizzazione del profitto. Quindi Smith andava a teorizzare con la teoria neoclassica lo studio della trasformazione della società, e va ad evidenziare come la diversità del lavoro è l’estensione del mercato, ovvero la possibilità di scambiare bene e servizi, fossero gli aspetti più rilevanti di questo cambiamento. Poichè con la R.I inizia a cambiare l’organizzazione delle AZIENDE La divisione del lavoro permette di aumentare la produttività grazie alla maggior attività e capacità di giudizio che i lavoratori acquisiscono andando a specializzarsi nelle varie fasi del prodotto. La determinazione del prezzo secondo smith è tutta in capo del produttore e Determinata dall’offerta WILLIAM JEVONS = 1800 - INGHILTERRA Al contrario di Smith sostiene che il valore di un bene dipende dalla soddisfazione che il consumatore trae dall’utilità del bene stesso. Jevons è considerato un economista MARGINALISTA, ovvero utilità marginale. In economia, microeconomia nello specifico, marginale è tutto quello che deriva da un unità aggiuntiva di uno stesso bene. Quindi l’impresa è fatta da costi e ricavi. Costi di differenti tipi. Costi marginali = C’ è = Costi variabili + Costi fissi (es. Mi servono 1kg di farina, che io non ho subito, magari ho 100/200gr, e mi serve sto 1kg di FARINA, che è il nostro OTTIMO, e il 1kg di farina soddisfa il mio bisogno, se io supero la quantità di questa farina, quella è l’unità aggiuntiva in ECCESSO dello stesso bene, quindi quando io vado a superare la quantità di un bene che mi serve, l’utilità di quel bene stesso) ALFRED MARSHALL = Economista Inglese (seconda metà 800) Sostanzialmente va a mettere tutti d’accordo, teorizza quella che poi diventerà “LEGGE DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA”, INSERISCI FOTO DELLA TABELLA DOMANDA OFFERTA LOLOL Una delle strutture di mercato è quella di EQUILIBRIO PERFETTO, in cui essa deriva dall’incrocio delle curve di domanda e di offerta. Anche se nella pratica accade raramente. Per Marshall, risulta CENTRALE il concetto di interazione tra domanda e offerta. In questa visione, il prezzo e la quantità sono determinati in maniera congiunta dal comportamento di imprese e consumatore LA LEGGE NEOCLASSICA = A lei non interessa com’è strutturata un’impresa al suo interno, lei va a considerare un’impresa come una BLACK BOX, perchè a quel tempo non interessava sapere come erano organizzate le imprese ma ci concentrava sul valore di un bene, il prezzo e la quantità. Proprio per questo motivo la teoria neoclassica dell’impresa è un elemento della teoria dei prezzi. Nel contesto neoclassico l’impresa è rappresentata come una frizione di produzione che trasforma un input in un output: Y=f(x) Y= quantità che viaggia in funzione dei nostri input. Questi input divergono nel breve e nel lungo periodo Non c’è differenza tra imprenditore e impresa, l’imprenditore è l’impresa, perché è colui che sceglie la combinazione ottimale di input e output che massimizzano i profitti. Se un'impresa ha i costi superiori ai ricavi non riesce a stare sul mercato, ed è costretta ad uscirne. Questa cosa si chiama ECONOMICITA’ ECONOMICITA’ = RICAVI < COSTI CRITICHE DELLA TEORIA NEOCLASSICA Herbert Simon, è il primo economista che va a criticare la T.N, è padre dell’economia COMPORTAMENTALE, che studia come l’investitore va ad agire in base a quanto è disposto o meno ad assumersi certi rischi, di conseguenza avversione o propensione al rischio. Quindi Simon, va a muovere critiche alla T.N sostenendo che mostrava un’attenzione sproporzionata all’analisi degli scambi piuttosto che a quella dell’impresa internamente. Quindi non vengono approfonditi gli obiettivi, che determinano le attività della impresa, né la complessità dell’organizzazione delle imprese. Neanche l’incertezza e l’informazione imperfetta in cui operano le imprese, ovvero in uno scambio dove ci sono due parti può accadere qual volta che, compratore o venditore non abbiano le stesse informazioni per effettuare questo scambio, tipicamente le informazioni sono sbilanciate a favore del venditore (Anche chiamata ASIMMETRIA INFORMATIVA). E neanche come nella realtà le imprese assumono le proprie decisioni, questo perché le teorie economiche si basano su comportamenti RAZIONALI che poi nella realtà non sono, perchè vige la regola del profitto. SVILUPPI DELLA TEORIA DI IMPRESA: CASO AMERICANO La teoria di impresa si è evoluta nel tempo, cercando di inseguire i cambiamenti osservati nella realtà. In particolare alcuni degli sviluppi sulla T.d.I si ispirano a eventi americani. La quale agli inizi del novecento diventa rilevante sia per la nascita di imprese integrate verticalmente sia per l’influenza che l’economia americana ha nel globo integrazione orizzontale = serve alle imprese (di grandi dimensioni) per acquisire dei possibili competitor che possano andare a sottrarre delle quote di mercato. (es. FACEBOOK che acquista INSTAGRAM/WHATSAPP) (colosso che compra possibili concorrenti) Integrazione verticale = utilizzata dalle imprese quando vogliono ottenere il controllo e accorciare la FILIERA PRODUTTIVA, ovvero i fornitori a monte o i distributori a valle che va a produrre il prodotto dell’impresa tutto quel processo che un'impresa svolge o a monte o a valle (in gergo economista) a monte ha i fornitori, mentre a valle (molte) non distribuiscono in modo diretto il prodotto ma vanno a chiedere l’ausilio di alcuni distributori. (es. SPACEX ha integrato verticalmente alcuni attori della filiera produttiva nella loro compagnia) L’impresa americana di inizio novecento, è infatti molto diversa dall’impresa con cui si confrontava Adam Smith nell’inghilterra di fine settecento. Sono gli anni del TAYLORISMO in nord America che segnano una trasformazione dell’impresa che mette al centro l’organizzazione scientifica del lavoro. Viene infatti riorganizzato il ciclo produttivo secondo criteri di ottimizzazione economia. Progressiva spaccatura tra proprietà e management Le imprese che nel 700/800 erano detenute da un singolo proprietario iniziano ad avere più azionisti. Quindi il “capitale” di un'impresa inizia ad essere detenuto da molteplici individui, questo fa sì che il management prenda molto più potere. (es. In Italia la FIAT nel 900, l’idea è di 9 aristocratici, quasi il 99% però apparteneva al senatore AGNELLi che muore nel ‘45, il FIGLIO (edoardo agnelli) muore giovanissimo in un incidente, quindi GIANNI AGNELLI si ritrova giovanissimo a capo della FIAT e gli viene affiancato un tutore, VITTORIO VALLETTA, fin quando Gianni ha l’esperienza necessaria affinchè possa prendere anche scelte manageriali) Le Teorie Comportamentali Partono dall’ipotesi che le imprese non abbiano obiettivi propri, emergono dalla contrattazione tra una pluralità di gruppi e individui, GLI STAKEHOLDER, ovvero gli azionisti, che sono quelle figure che hanno un interesse economico a far andare bene l’azienda, poiché acquistano una parte delle quote e aiuto l’azienda così che loro abbiano un compenso economico. Ogni decisione ha luogo in situazioni di incertezza e razionalità limitata. La Teoria dei Costi di Transazione = Sono quei costi che nascono sia prima o dopo una transazione ovvero un'ipotesi di scambio tra due o più soggetti Va a teorizzare negli anni 30, in quanto sulla scia dell’esperienza americana alcuni studiosi cercando di chiarire le ragioni della nascita stessa delle imprese e della loro crescita. La teoria dei costi di transazione mette al centro dell’analisi le relazioni che si instaurano all’interno delle imprese. L’esistenza dei costi di transazione c’è solo perché i contratti necessari a concludere una transazione di mercato sono CONTRATTI INCOMPLETI perchè si deve andare a ricercare un accordo tra le due parti. Quindi quasi ipotizzava che organizzare il lavoro in un'impresa (tramite contratti di lavoro) permette di ridurre una serie di costi di transazioni e incertezze che nascerebbero andando a contrattare di volta in volta i dettagli delle prestazioni oggetto della transazione. AZZARDI MORALI - Casco = una tipologia assicurativa che va a coprire chi commette l’incidente stradale anche se ha torto. Garanzia assicurativa contro gli agenti atmosferici. Franchigia= quella parte di danno che rimane in carico dell’assicurato, per evitare che chi acquista una polizza tenga dei comportamenti opportunistici poco prudenti. (Es. Chi acquista una polizza, magari cambiando compagnia, magari ha già la macchina bollata di grandine, e va a stipulare l’assicurazione con questa garanzia per farsi riparare la macchina) Es. Lato venditore: - Tutte le azioni in ambito di consulente finanziario, es gli investimenti. tipicamente chi va a stipulare un investimento si fida del suo venditore , ci può essere il caso che questa figura spinga più un prodotto che un altro solamente per una questione di commissioni che beneficiano di più chi va a sottoscrivere il prodotto. 18/11 - Definizione di Mercato - La curva di Domanda e da che cosa dipende (Solitamente dal PREZZO DEL BENE STESSO, PREZZI DI ALTRI BENI, REDDITO, DAL CONTESTO SOCIALE E/O AMBIENTALE) - Elasticità della Domanda Rispetto al Prezzo Il Consumatore La funzione di Domanda: Il Mercato In economia con la parola mercato viene intesa l'istituzione, ovvero un insieme di regole che vanno a definire il perimetro entro il quale avvengono lo scambio di beni e/o servizi. (INSERIRE TABELLA DOVE SI INCROCIANO DOMANDA E OFFERTA) Il Mercato è il luogo dove si incrociano domanda e offerta, dove venditori e consumatori trovano un accordo su uno scambio di un prodotto. Tipicamente se si incrociano si crea una situazione di equilibrio. LA CURVA DI DOMANDA In Economia si dice che è inclinata negativamente, quando noi abbiamo un prezzo 1 e la quantità domandata è 1. Se il prezzo si abbassa la quantità di domanda si alza. Quindi sarò obbligato ad acquistare un prodotto se il suo prezzo si abbassa. La funzione della domanda di mercato per un prodotto o un servizio mostra la relazione tra prezzo di mercato e numero delle unità di prodotto o servizio che i consumatori desiderano acquistare a quel prezzo. Noi siamo disposti a spendere un certo prezzo per un determinato bene, se il prezzo si alza drasticamente noi saremo meno propensi ad acquistarlo. I fattori che determinano la quantità sono diversi: 1. Il prezzo del bene stesso (TABELLA INSERISCI SLIDE) Quanto minore è il prezzo di un bene tanto maggiore sarà la quantità domandata, se il prezzo aumenta si presume che nessun consumatore razionale accrescerà la quantità acquistata, viceversa se il prezzo diminuisce. Ognuno di noi ha una curva di domanda, chiamata DOMANDA INDIVIDUALE, quando poi dobbiamo andare a capire se quel determinato mercato funziona o meno, bisogna sommare tutte le domande individuali, la loro somma si dice DOMANDA AGGREGATA per un determinato bene o servizio. 2. Il prezzo di altri beni In microeconomia i beni si possono definire in 3 modi. - Beni indipendenti (La variazione del prezzo del primo non avrà effetto sulla quantità domandata del secondo) (es. pane/sigarette) - Beni sostituti (Quei beni che consentono al consumatore di soddisfare il proprio bisogno, indipendentemente se ne usi uno o un’altro) (es. CocaCola/Pepsi) (Un aumento del prezzo del primo bene diminuirà la richiesta di quel bene lì aumentando quello della concorrenza) - Beni Complementari (Il bene complementare di eccellenza sono le scarpe, es. con due destre non me ne faccio niente, ne ho bisogno di una dx e una sx per completare la mia richiesta) (tutti quei beni che spesso vengono consumati assieme, un aumento del prezzo del primo genererà una diminuzione della domanda del bene stesso sia un calo della domanda del secondo bene) (es. Benzina/Automobili) Quando un prezzo di un bene cambia si dice che c’è un CAMBIAMENTO DELLA CURVA DI DOMANDA 3. Il Reddito del Consumatore La quantità domandata di un bene dipende inoltre dal reddito degli individui, e la direzione della variazione dipende dal livello del reddito. Al contrario di prima, quando la domanda di un individuo dipende dal proprio reddito, non avremo più un spostamento lungo la curva, ma proprio LO SPOSTAMENTO DELLA CURVA (sinistra = diminuisce ; destra = cresce). Questo rapporto tra reddito e curva di domanda, in microeconomia, viene rappresentato dalla CURVA DI ENGEL.(Inserisci Tabella slide) Partendo dall’ipotesi che se abbiamo reddito zero allora non ci sarà domanda, man mano che il nostro reddito aumenta il bene che ci interessa acquistare aumenterà di conseguenza. In questo tratto della curva (y,1 e y,2) vi sono i Beni NORMALI, mentre tra (y,2 e y,3) il nostro reddito aumenta ancora ma la quantità domandata del bene che ci interessa rimane costante, perchè abbiamo raggiunto la nostra utilità: però succede che la domanda di questo bene inizia a diminuire, poiché ci si sposta a beni di qualità maggiore/lusso. (es. il tonno in scatola, prezzo tipicamente basso, quindi quando guadagno di più mi prendo il tonno fresco, quindi per me il tonno in scatola diventa un bene INFERIORE) Funzione di Domanda ed Elasticità Si indica con la lettera greca Epsilon (E). L’elasticità è la sensibilità della domanda rispetto alla variazione percentuale del prezzo. Ovvero, se il prezzo del pane aumenta del 1% di quanto aumenterà la domanda? Sostanzialmente il rapporto tra la variazione percentuale della quantità domanda e la variazione percentuale del prezzo. La formula: E = VAR. %QUANTITA’ / VAR. % PREZZO = Delta x Q/Q /deltaP/P (quantità) ps. Lucilla chiedi a qualcuno meglio sta roba perchè non ci hai capito un cazzo!!! Matematicamente, ed in economia, il termine variazione si rappresenta con la lettera greca DELTA. Il concetto di elasticità è legato alla pendenza della curva di domanda, (TABELLA) quindi tipicamente noi possiamo avere delle curve più rigide (es. primo caso) o delle curve un pò più piatte (secondo caso). Tipicamente per le curve più rigide l’elasticità (pendenza curva di domanda) per tutti quei beni che sono strettamente necessari, quindi se il prezzo di quel bene aumenta la quantità domandata non varierà di molto. Es. il pane che se passa da 50cent a 1eur a KG la quantità che consuma una famiglia non varierà. Al contrario per i beni frivoli/di lusso (sfizi) la curva di domanda sarà leggermente più piatta, perché se diminuiscono i prezzi di poco la domanda aumenterà di tanto. Vi sono dei casi limite però. Quando l’elasticità della domanda è pari ad 1, si dice elasticità unitaria. 1 è tipicamente il centro della curva e il valore medio dell’elasticità. Ma se essa è inferiore ad 1, tendente a zero, si dice che la curva di domanda è INELASTICA fino a dei casi limite in cui Elasticità = 0 in cui si dice COMPLETAMENTE INELASTICA. Dall’altra parte se è maggiore di 1 si dice che la domanda è ELASTICA o casi limite in cui è COMPLETAMENTE ELASTICA (Tendente ad infinito) Quali sono questi Casi Limite? INELASTICA = Per qualsiasi prezzo la mia quantità non cambia, ci potra essere anche una variazione importante di prezzo ma la quantità che io domanderò per quel bene sarà sempre la stessa (es. BENZINA e ORO) ELASTICA = E’ una domanda che si verifica quando noi siamo determinati a spendere un prezzo per una tipologia di bene o servizio, se il prezzo si trova al disopra o al disotto di quello che noi possiamo spendere si dice che la domanda SI ANNULLA. E= Variazione percentuale della quantità domandata ____________________________ Variazione percentuale del prezzo Dati (DELTA)P, ovvero la variazione del prezzo tra due punti della curva di domanda del mercato e (DELTA)Q, ovvero la variazione corrispondente della quantità domandata, la variazione percentuale della quantità domandata è (DELTA)Q/Q e la variazione percentuale del prezzo è (DELTA)P/P La Teoria del comportamento del consumatore Ovvero come i consumatori distribuiscono i propri redditi tra differenti beni e servizi per massimizzare il proprio benessere. Sostanzialmente viene suddivisa in tre step 1. Preferenze del consumatore, quindi le ragioni per cui le persone preferiscono un bene rispetto all’altro. 2. Vincoli di Bilancio, il proprio reddito. I consumatori valutano i prezzi andando a disporre di redditi limitati che vanno ad implicare un tetto alla quantità di beni che si possono acquistare 3. Scelte del consumatore, quindi il consumatore sceglie di acquistare combinazioni di beni che massimizzano la loro qualità di vita. Quindi serve comprendere le scelte dei consumatori per comprendere la domanda. (es. Smartphone e Cover ) 19/11 -Curva di offerta prezzo, tecnologia, scelte del management -Surplus del consumatore e del produttore) -Curve dei costi di imprese / massimizzare il profitto La funzione di Offerta la funzione di offerta del mercato indica la quantità di beni o servizi che le imprese sono disposte ad offrire in rapporto ad una serie di fattori tra cui; il prezzo, i fattori produttivi, e altri elementi. La curva di domanda è inclinata negativamente, mentre quella di offerta è inclinata positivamente, perché secondo la legge dell’offerta se il prezzo di un bene aumenta la nostra impresa è disposta ad offrire maggiore quantità. Ma perchè? In Economia vi sono dei cicli, se la domanda del consumatore è alta, ovvero una grande domanda, il prezzo di quel bene aumenterà. Se c’è un eccesso di domanda la nostra impresa dovrà produrre più quantità di quel bene/servizio. (TABELLA “LA FUNZIONE DI OFFERTA”) Ogni impresa per stare sul mercato deve sopportare una serie di costi, tipicamente può succedere che l’impresa per offrire quel bene/servizio decide di coprire prima i COSTI FISSI. Il secondo grafico mette a confronto la curva di domanda con quella di offerta. Quando la curva di domanda si sposta o verso destra o sinistra, anche quella di offerta fa la stessa cosa, con la sola differenza che il suo spostamento avviene in base al prezzo dei fattori produttivi di una impresa. Se un'impresa deve produrre un certo prodotto vi sono i Costi di Produzione, che possono variare con il tempo. Se diminuiscono, l’impresa sarà disposta ad offrire maggiore quantità di bene per ogni livello di prezzo quindi si sposta verso DESTRA. Al contrario invece se i nostri Costi di Produzione tendono ad aumentare (tipicamente quando c’è uno shock dei costi di energia). La funzione di offerta però può dipendere anche da altri fattori: 1. Gli obiettivi dell’impresa, scelte dei manager dell’impresa. Es. Stellantis che ha deciso di produrre meno in italia alcuni suoi modelli e di produrre di più in altri paesi. E questa è una scelta dei manager 2. La tecnologia. Stellantis negli ultimi hanno con i loro stabilimenti a Mirafiori stanno facendo un cambio da linee di produzione adatte per modelli con motore a scoppio con la transizione nell’elettrico. Questo cambio però non è immediato e richiede tempo. In quelle fasi può capitare che l’azienda vada a produrre meno quantità di quel bene/servizio. 3. Il Prezzo dei beni correlati, che sono quelli che vengono prodotti sfruttando quasi completamente le linee produttive esistenti (ma non del tutto) Es. Le autovetture classiche e veicoli commerciali. Se si alza il prezzo dei veicoli commerciali tendo a venderne di più ma devo leggermente modificare le mie linee produttive 4. Le aspettative, sempre decise dai manager in base a cosa decide il mercato. Cosa proporre in base agli scudi di mercato. Qua rientra il Marketing. 5. Altri fattori particolari come, eventi atmosferici (es. Emilia Romagna, importanti settori industriali) o le condizioni del 2020, che possono influenzare il mercato. Surplus del consumatore e Surplus del Produttore Quando le curve si incrociano (domanda e offerta) significa che i mercati vanno a cercare un equilibrio, quello in cui si incrociano viene definito equilibrio di mercato. Il mercato tende da solo a ricercare il suo equilibrio, ma se il prezzo è più alto rispetto a quello al quale il consumatore è disposto a comprare si crea una eccedenza di offerta. ( Surplus delle Imprese ) La curva di domanda identifica la massima disponibilità a pagare dei consumatori per ciascuna quantità di prodotto, mentre la curva di offerta indica il prezzo minimo a cui le imprese sono disposte a offrire ciascun livello di output. Si può quindi definire prezzo di equilibrio quel prezzo in corrispondenza del quale la quantità di domanda è uguale alla quantità di offerta. (TABELLA SURPLUS CONSUMATORE PRIMA 1) Quanto appena detto in microeconomia viene definito rispettivamente, in Alto (p1) SURPLUS DEL CONSUMATORE, ovvero tutto quello che ha risparmiato. Allo stesso modo, in Basso (p2) abbiamo quello che si chiama SURPLUS DEL PRODUTTORE, allo stesso modo del prezzo di equilibrio tutte le imprese offriranno ad un prezzo superiore rispetto a quello minimo messo nella curva di offerta. La Massimizzazione dei profitti e le curve di costo Il Breve Periodo - Il prodotto - I costi - I Ricavi Il profitto in economia è indicato con la lettera greca (Pi) ed è dato dalla differenza tra il ricavo totale e il costo totale. (Pi) = (p x q) - (c x q) Dove p è il prezzo unitario, q è la quantità e c è il costo unitario di produzione. Il costo marginale è il costo aggiuntivo che l’impresa spende per produrre un’unità aggiuntiva di prodotto. Il ricavo marginale è il ricavo derivante dalla vendita di un'unità aggiuntiva di prodotto. L’impresa per andare a produrre il suo output ha appunto due input, IL CAPITALE E IL LAVORO. Quindi viene definita “Funzione di Produzione” la relazione tra gli input utilizzati e gli output ottenuti in un determinato arco di tempo, importante perché si ha IL BREVE PERIODO, IL LUNGO PERIODO e IL LUNGHISSIMO PERIODO. q = g (L, K) G= Growth, fattore di crescita, crescita di capitale, e L = Lavoro Questo vale nel lungo periodo, perché entrambi i fattori produttivi sono variabili, al contrario nel breve periodo, il capitale invece è fisso. Breve Periodo = L’impresa può variare solo la quantità di Lavoro e non il capitale; (1-3 anni) Lungo Periodo = L’impresa può variare la quantità di entrambi i fattori produttivi (3-5 anni) Lunghissimo Periodo = L’impresa può modificare anche la tecnologia adottata. (5+ anni) Nel breve periodo l'impresa non può modificare il capitale impiegato, quindi può solo decidere quale sia la quantità ottimale di lavoro da utilizzare. - Prodotti : Nel breve periodo ci sono 3 grandezze fondamentali; 1. Prodotto Totale, quantità prodotta durante un certo intervallo di tempo usando tutti gli input. 2. Prodotto Medio, quantità di prodotto realizzato in media da ogni unità di lavoro 3. Prodotto Marginale, rapporto tra la variazione nel PT e un'unità aggiuntiva dell’input variabile. Vige una legge che è stata Teorizzata da DAVID RICARDO che si chiama, Legge dei rendimenti decrescenti, ovvero, dato un input fisso in questo caso il capitale, andando ad aggiungere un'unità aggiuntiva di lavoro, si arriverà dove il livello di produzione aumenterà, ma aumenterà in maniera minore finchè non diventerà decrescente. Questo è il motivo per cui le due curve iniziano a decrescere. Gli impianti nel breve periodo risultano essere efficienti quando viene massimizzato il PM, ovvero dove si vanno ad intersecare le due curve. - I costi : Quando si parla di costo, ci si riferisce al COSTO OPPORTUNITA’, che include tutto ciò a cui si rinuncia a fronte di una determinata scelta aziendale. COSTO ECONOMICO = COSTO OPPORTUNITA’ Tre grandezze fondamentali = 1. Costo Totale, 2. Costo Medio Totale, il costo totale da sostenere per produrre una data quantità di prodotto, diviso il numero di quantità prodotte (chiamato anche COSTO UNITARIO) 3. Costo Marginale, aumento di costo che deriva da (Lucilla ricopia dalle slide che sto mona skippa) (INSERISCI TABELLA DOPO I COSTI) La capacità produttiva ottimale nel breve periodo è il livello di produzione che corrisponde al livello minimo del costo medio totale di breve periodo, ovvero dove il costo medio totale interseca il costo marginale. IL LUNGO PERIODO: Sia capitale che Lavoro sono variabili, quindi tutti i fattori produttivi sono variabili. Quindi la prima decisione che prende l’impresa è identificare quale sia la combinazione ottimale di lavoro e capitale, ovviamente andando a sostenere il costo più basso possibile. Questo viene chiamato PRINCIPIO DELLA MINIMIZZAZIONE DEL COSTO. La seconda decisione invece riguarda l’identificazione della quantità ottimale da produrre sulla base dei costi. (Tabella n1 lungo periodo) Infine, la forma ad U che caratterizza la curva di costo medio di lungo periodo è legata ai RENDIMENTI DI SCALA, ossia alla relazione esistente tra la variazione degli input e la corrispondente variazione degli output. Esse si raggiungono quando si riesce a produrre un’unità di prodotto in più ad un unità di costo in meno. Diseconomie di scala, invece è semplicemente il viceversa. LA CONDIZIONE DI MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO: (Lucilla ti adoro, d’ora in poi per oggi ti segno solo gli argomenti perchè sono stanca in culo te li fai passare da giorgia) C’è una tabella. 20/11 CONCORRENZA, EQUILIBRIO ED EFFICIENZA -Concorrenza Perfetta -Monopolio La TEORIA NEOCLASSICA DELL'IMPRESA suddivide le strutture di mercato in 4 tipologie. concorrenza perfetta e monopolio sono agli estremi, perché nel mercato avvengono raramente. Soprattutto la prima, nella realtà non esiste, viene fatta vedere perchè va a massimizzare il surplus del consumatore e del produttore. (TABELLA TIPOLOGIE DI FORME DI MERCATO) In concorrenza perfetta abbiamo un numero elevato di imprese che sono piccole e omogenee. Condizione di entratan, é barriere di ingresso che di uscita, e i prodotti sono o identici o molto simili tra loro (il consumatore non è disposto a spendere un prezzo superiore a quello del mercato perché ritiene che le caratteristiche dei prodotti non siano abbastanza importanti per una differenziazione di prezzo). Oligopolio ha un numero di imprese poche (2/3) se abbiamo 2 imprese si chiamerà duopolio. La differenza tra c.p e monopolio è che nel monopolio c’è solo un impresa, non ci sono condizioni di entrata e il prodotto ha una differenziazione completa. CONCORRENZA PERFETTA = E’ una struttura di mercato caratterizzata dal contemporaneo verificarsi di tutte le seguenti condizioni: 1. Sul mercato un numero elevato di consumatori 2. Sul mercato operano numerose piccole imprese dette price taker che sono omogenee tra di loro. Ovvero che in c.r proprio perchè il prodotto di ogni impresa è identico alla concorrenza, le imprese non riescono a stabilire un proprio livello di prezzo. Quindi price taker perchè prendono il prezzo come viene (es. Prodotti Agricoli) 3. Il prodotto è standardizzato o indifferenziato, il consumatore non è disposto a spendere un prezzo maggiore per un prodotto che considera simile ad un altro. 4. Simmetria Tecnologica, tutte le imprese hanno a disposizione la stessa tecnologia 5. Simmetria Informativa, tutti hanno a disposizione le stesse informazioni per valutare le caratteristiche del prodotto. 6. Non esistono barriere di ingresso o di uscita. (es. Barriera di Ingresso = un livello di costo di produzione molto basso, quindi imprese che ci vogliono entrare non riusciranno a produrre con costi più elevati rispetto a chi è già nel settore. Come IKEA) (es. Barriera di Uscita = io impresa che voglio uscire, per uscire decido di vendere i miei impianti, ma per imprese molto settoriali, quindi che vengono prodotti specifici, è difficile vendere questi impianti. Un’altro esempio può essere quando alcune aziende tentano di delocalizzare le proprie imprese.) (SCHEMA CONCORRENZA PERFETTA) La singola impresa è Price Taker, ossia non riesce da sola a influenzare il prezzo del bene/servizio che è determinato unicamente dall’interazione tra domanda e offerta di mercato. L’impresa quindi fronteggia una domanda detta ORIZZONTALE. LA CONCORRENZA PERFETTA NEL BREVE PERIODO (tabella il breve periodo in concorrenza perfetta) Tipicamente, la condizione per massimizzare il profitto è che il ricavo marginale (RM) sia uguale al costo marginale (CM). In un mercato di concorrenza perfetta, le imprese non possono influenzare il prezzo, che è fissato dal mercato. Pertanto, il ricavo marginale è uguale al prezzo. La condizione per massimizzare il profitto diventa quindi: Prezzo = Ricavo Marginale = Costo Marginale. Quindi la quantità ottimale per l’impresa sarà determinata nel punto in cui il prezzo (o ricavo marginale) è uguale al costo marginale (CM). Questo è il punto in cui l'impresa massimizza il profitto o minimizza le perdite. Se, per la quantità prodotta, il prezzo di mercato è superiore al costo medio totale (CMT), l’impresa otterrà un profitto economico. Se invece il prezzo di mercato è uguale al costo medio totale, l’impresa sarà in una situazione di pareggio (profitto nullo). Se il prezzo scende al di sotto del costo medio totale, l’impresa subirà perdite. Tuttavia, continuerà a produrre se il prezzo è superiore al costo medio variabile (CMV), per coprire almeno i costi variabili nel breve periodo. Se il prezzo scende al di sotto del costo medio variabile, l'impresa interrompe la produzione, perché non riuscirebbe a coprire nemmeno i costi variabili. Queste sono di breve periodo, quindi le imprese riescono ad avere dei profitti, essendo che la CR è un mercato dove non c’è una BARRIERA DI INGRESSO altre imprese vorranno entrare nel mercato. Se esse entrano però il nostro P(rezzo) tenderà ad abbassarsi. Al contrario se abbiamo delle perdite in CR, a meno che il mercato non riesca a stabilire da solo il proprio equilibrio, delle imprese potranno uscire dal mercato liberamente. Se in CR delle imprese escono dal mercato si riduce l’offerta, quindi scarsità di prodotto e di conseguenza il prezzo aumenterà. IL LUNGO PERIODO IN CONCORRENZA PERFETTA Nel lungo periodo le imprese in concorrenza hanno profitti definiti nulli. Con l’espressione “Profitto Nullo” si fa riferimento al concetto di profitto economico, il quale tiene conto anche dei costi opportunità. Ovvero l’opportunità che si tralascia a seguito di certe scelte aziendali. Secondo la teoria neoclassica, attraverso questo sistema di prezzi che il mercato riequilibra in automatico, si dice che in c.r si raggiunge il massimo benessere sociale complessivo. E’ l’unica struttura di mercato in cui il Surplus del compratore è = al surplus del consumatore. Si riscontra molto raramente nella realtà però. MONOPOLIO Nel monopolio, a fronte di una pluralità di consumatori, l’offerta è nelle mani di un’unica Impresa ed esistono elevate barriere agli ingressi di concorrenti potenziali, ossia il mercato si dice NON CONTENDIBILE. (al contrario è CONTENDIBILE) Vi sono diverse tipologie di Monopolio; 1. Monopolio legale = Per legge è dato a una determinata impresa. Quando si parla di sigarette, la rivendita di sali e tabacchi è sia vendita legale che Monopolio di stato. 2. Monopolio Tecnologico = L’unica produttrice di quel settore è un’impresa che ha una tecnologia in grado di andare a monopolizzare il settore ma non sempre questa tecnologia può essere più performante di quella che hanno a disposizione altre imprese. (es. Microsoft che usa quelle che vengono definite Esternalità di Rete, anche non avendo la best technologia, se entra per primo nel mercato, avrà un bacino di utenza più elevato) 3. Monopolio Naturale = Servizi di pubblica utilità, quindi anche nel settore energetico (gas, luce etc..). Molto spesso è più conveniente lasciar produrre quel servizio ad un singolo piuttosto che aprire il mercato a più imprese. Poichè la singola riesce a sostenere e a far sostenere costi minori rispetto al fatto di aprire il mercato a più concorrenti. (es. Enel) A differenza della c.r dove le imprese sono PRICE TAKER, nel monopolio il monopolista ha il massimo livello di potere di mercato, ed è quindi in grado di fissare il prezzo del proprio prodotto. Questo potere viene chiamato PRICE MAKER. Ovvero che influenza il prezzo. Nel monopolio il prezzo dipende dalla quantità e viceversa. Massimizzazione del profitto nel monopolio: La prima cosa che deve fare l’impresa è capire quanta quantità andare a produrre, quindi prima di ogni cosa l’impresa cercherà la QUANTITA’ ottimale, che ormai sappiamo trovarsi tra costo marginale e ricavo marginale. La quantità ottimale potrà essere venduta ad un PREZZO DI MONOPOLIO. Ovviamente l’impresa potrà anche vendere la sua quantità ad un prezzo (PA) che però non sta massimizzando il profitto. Tutti i monopoli hanno dei limiti però e causano un inefficienza allocativa, poiché il monopolista, per mantenere il prezzo elevato, tende a produrre meno rispetto alla quantità ottimale che si avrebbe in concorrenza perfetta. Di conseguenza, il benessere totale risulta ridotto, dando origine a quella che viene chiamata perdita secca. Questa perdita rappresenta una riduzione dell’efficienza economica che non avvantaggia né i consumatori né il produttore. Inoltre, l'assenza di concorrenza spinge il monopolista a concentrarsi su iniziative volte a mantenere il proprio potere di mercato, piuttosto che a innovare o migliorare la produzione. Questo comportamento, noto come ricerca di rendita (o rent-seeking), implica che i profitti generati dal monopolio vengano utilizzati per consolidare la propria posizione dominante, invece di essere reinvestiti in modo produttivo nell'economia. 25/11 Concorrenza monopolistica e oligopolio due strutture di mercato che si chiamano tecnicamente “di concorrenza imperfetta” - Concorrenza Monopolistica La concorrenza monopolistica presenta molte similitudini con la concorrenza perfetta, ma con alcune differenze significative. Caratteristiche principali: Alto numero di produttori: Come nella concorrenza perfetta, il mercato è caratterizzato da un elevato numero di imprese che operano. Basse barriere all'entrata: L'ingresso nel mercato è relativamente semplice, il che favorisce la competizione. Obiettivo del profitto: Le imprese mirano alla massimizzazione del profitto. Tuttavia, nel lungo periodo il profitto tende ad essere nullo, come avviene nella concorrenza perfetta. Differenza principale: il prodotto Nella concorrenza perfetta il prodotto è indifferenziato, mentre nella concorrenza monopolistica è differenziato. Questa differenziazione può avvenire grazie a: Caratteristiche tecniche: I prodotti possono variare in termini di qualità, design o funzionalità. Servizi aggiuntivi: Ad esempio, l'assistenza post-vendita o altri elementi che migliorano l'esperienza del cliente. Pur avendo le stesse caratteristiche di base per soddisfare il bisogno del consumatore, questi prodotti non sono sostituti perfetti, ma sostituti stretti. Ciò significa che possono soddisfare lo stesso bisogno, ma con differenze che li rendono unici agli occhi dei consumatori. Il markup Grazie alla differenziazione, le imprese possono applicare un markup (un rincaro rispetto ai costi) senza temere una drastica riduzione delle vendite. Questo è possibile poiché i consumatori percepiscono i prodotti come distinti e sono disposti a pagare un prezzo leggermente più alto per le caratteristiche specifiche offerte. Breve e lungo periodo Breve periodo: Le imprese possono realizzare profitti grazie al markup. Lungo periodo: Come nella concorrenza perfetta, i profitti tendono a diventare nulli. Questo accade perché: ○ Nuove imprese entrano nel mercato, aumentando la concorrenza. ○ La domanda per ogni impresa si riduce. Per restare sul mercato, le imprese producono una quantità inferiore rispetto alla capacità ottimale dei propri impianti, accettando di non sfruttarli al massimo. Applicazioni pratiche Nella realtà, i mercati in concorrenza monopolistica sono molto diffusi. Alcuni esempi includono: Ristoranti: Ogni ristorante offre un'esperienza unica, con piatti, atmosfera e servizi differenti. Parrucchieri: Ogni salone offre stili, trattamenti e servizi personalizzati. Piccole attività locali: In molti settori, i consumatori possono scegliere tra diverse opzioni che soddisfano lo stesso bisogno ma con caratteristiche differenti. - L’Oligopolio L’oligopolio è un mercato caratterizzato dalla presenza di un numero limitato di imprese che offrono prodotti simili tra loro. Alcuni esempi sono: Coca-Cola e Pepsi nel settore delle bevande gassate. Cola Cao e Nesquik nel mercato dei preparati per bevande al cioccolato. Le imprese in oligopolio devono tenere conto delle decisioni delle concorrenti quando definiscono la quantità da produrre. Questa condizione si chiama interdipendenza e rappresenta una caratteristica distintiva di questo mercato. Non c'è un numero massimo di imprese che definisce l’oligopolio, ma tutte le imprese sono pienamente consapevoli delle strategie delle concorrenti. Esempi di oligopolio Settore automobilistico: Le principali case automobilistiche si dividono il mercato, come mostrano le quote di mercato del 2019 (esempio con grafico). Mercato cinese: Un esempio rilevante è rappresentato dalla BYD, azienda leader nella produzione di veicoli elettrici. Determinazione dei prezzi e delle quantità In oligopolio, per determinare il prezzo e la produzione, le imprese fanno delle ipotesi sulle possibili reazioni dei rivali rispetto alle proprie decisioni. Queste ipotesi sono chiamate variazioni congetturali. Le imprese in oligopolio possono scegliere tra due strategie: 1. Competere con i rivali. 2. Attuare forme di collusione, cioè accordi tra imprese per fissare i prezzi. La collusione può portare a situazioni simili al monopolio, ma è spesso illegale e sanzionata dalle autorità antitrust. Questi accordi collusivi sono detti cartelli. Esempi di cartelli: Nel mercato farmaceutico si verificano frequentemente, ma vengono severamente puniti. Rottura dei cartelli: Quando una delle imprese rompe l’accordo, si parla di "scartellamento". Un esempio particolare è l’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries), che non è un cartello tra imprese ma un accordo tra Stati. L’OPEC decide: La produzione di barili di petrolio. Il prezzo di vendita e di esportazione. Talvolta, i paesi membri riducono la produzione per far aumentare il prezzo del petrolio rimanente. Tipologie di oligopolio non cooperativo 1. Duopolio di Cournot: ○ Le imprese decidono la quantità da produrre. 2. Duopolio di Stackelberg: ○ Una delle imprese prende la decisione per prima, ottenendo un vantaggio competitivo. 3. Duopolio di Bertrand: ○ Le imprese competono sui prezzi per ottenere un vantaggio di mercato. 26/11 Teoria dei Giochi La teoria dei giochi è un insieme di modelli formali che analizzano situazioni di conflitto o interazione strategica tra diversi soggetti, detti giocatori. Ogni giocatore prende decisioni interdipendenti, ovvero tiene conto delle azioni o reazioni degli altri partecipanti. Negli ultimi anni, è diventata uno strumento fondamentale per le imprese, specialmente nei mercati oligopolistici. Tipologie di giochi Giochi simultanei: Tutti i giocatori prendono le loro decisioni contemporaneamente (esempio: sasso, carta, forbice). Giochi sequenziali: I giocatori prendono le decisioni uno dopo l’altro, seguendo un ordine preciso (esempio: scacchi). In ogni gioco, il risultato di ciascun giocatore dipende sia dalle sue scelte sia da quelle degli altri. Elementi chiave della teoria dei giochi 1. Payoff: Il risultato ottenuto dal giocatore, che può rappresentare utilità, profitto o premio. 2. Strategia: Il piano d’azione del giocatore, volto a massimizzare il proprio payoff. 3. Cooperazione o non cooperazione: I giochi possono essere: ○ Cooperativi: I giocatori collaborano per raggiungere obiettivi comuni. ○ Non cooperativi: Ogni giocatore agisce in modo indipendente. Vantaggio della prima mossa Nei giochi sequenziali, il giocatore che agisce per primo spesso ottiene un vantaggio competitivo, influenzando le decisioni degli avversari. Contributi alla teoria dei giochi Adam Smith: Ha introdotto il concetto di strategia dominante. John Nash: Ha sviluppato il concetto di equilibrio di Nash, migliorando le teorie precedenti. Strategie dominanti La strategia dominante è quella che garantisce il miglior risultato per un giocatore, indipendentemente dalle scelte degli altri. Non tutti i giochi presentano una strategia dominante. In assenza di questa, il miglior risultato dipende dalle decisioni degli altri giocatori. Cosa significa? Una strategia dominante è una scelta che garantisce il miglior risultato possibile per un giocatore indipendentemente dalle decisioni degli altri. Se esiste, è una strategia "sicura" e preferibile da seguire. Esempio pratico: Immagina due aziende che decidono se investire in pubblicità. Se fare pubblicità aumenta sempre i ricavi per entrambe, indipendentemente dalla decisione della concorrente, allora fare pubblicità è una strategia dominante. Mercati reali: In mercati come quello tecnologico (es. smartphone), alcune aziende come Apple o Samsung scelgono sempre di investire in pubblicità. Questo perché, anche se la concorrenza non lo facesse, il loro ritorno sull'investimento rimarrebbe positivo. Non tutti i giochi hanno strategie dominanti però. In molti casi, il miglior risultato dipende strettamente dalle scelte degli altri, il che rende la decisione più complessa e meno ovvia. Dilemma del prigioniero Uno dei giochi più noti per spiegare le interazioni strategiche nei mercati oligopolistici è il dilemma del prigioniero, teorizzato da John Nash nel 1951. Il caso del dilemma del prigioniero Due prigionieri accusati di un reato devono decidere se confessare o meno, senza poter comunicare tra loro: Se uno confessa e l’altro no, chi confessa ottiene uno sconto di pena mentre l’altro riceve una condanna massima. Se entrambi confessano, ricevono una pena moderata. Se nessuno confessa, ricevono una pena minima. Cosa significa? Il dilemma del prigioniero illustra come decisioni individuali razionali possano portare a risultati collettivamente peggiori rispetto a una cooperazione. Esempio pratico: Due aziende che vendono lo stesso prodotto (es. compagnie aeree) decidono se abbassare i prezzi o mantenerli alti. ○ Se entrambe abbassano i prezzi: Margini di profitto ridotti per entrambe. ○ Se una abbassa e l'altra no: Chi abbassa guadagna quote di mercato a scapito della rivale. ○ Se entrambe mantengono i prezzi alti: Margini di profitto più alti per entrambe (cooperazione implicita, anche se illegale in molti mercati). La scelta razionale per ciascuna azienda è abbassare i prezzi (confessare), ma il risultato ottimale sarebbe mantenerli alti (non confessare). Equilibrio di Nash L’equilibrio di Nash si verifica quando ogni giocatore prende la decisione migliore possibile date le scelte degli altri. Questo equilibrio non sempre coincide con il massimo benessere collettivo, ma rappresenta una soluzione stabile, in cui nessun giocatore ha incentivo a cambiare strategia. Caratteristiche: Può essere dominante o meno, a seconda del gioco. Mostra come i giocatori, agendo nel loro interesse, tengono conto delle scelte altrui. Applicazioni della teoria dei giochi La teoria dei giochi è utilizzata per analizzare numerose situazioni strategiche, come: Concorrenza tra imprese: Ad esempio, nei mercati oligopolistici. Politiche economiche: Collaborazione o conflitto tra Stati. Strategie militari e negoziazioni: Dove le decisioni di una parte influenzano quelle dell’altra. 27/11 Equilibrio di Pareto e Mercati Rilevanti Equilibrio di Pareto L'Equilibrio di Pareto rappresenta una situazione in cui è impossibile migliorare il benessere di un individuo senza peggiorare quello di un altro. Questo principio si applica in diversi ambiti, come l'economia, la distribuzione delle risorse e la teoria dei giochi. Esempio pratico: Immagina un mercato con due beni, A e B, e due consumatori, X e Y. X possiede 6 unità di A e 4 di B, mentre Y ha 4 unità di A e 6 di B. Una redistribuzione delle risorse che aumenta la soddisfazione di X (ad esempio, dandogli 7 unità di A) peggiorerebbe quella di Y, che perderebbe una quantità equivalente. L'efficienza di Pareto si verifica quindi quando ogni risorsa è allocata in modo tale da non poter rendere qualcuno meglio senza danneggiare qualcun altro. Paradosso di Monty Hall Un esempio di gioco controintuitivo è il cosiddetto Paradosso di Monty Hall, famoso per il cambio di variabile e l'apparente illusione probabilistica. Questo paradosso mette in luce come decisioni apparentemente razionali possano rivelarsi errate a causa di bias cognitivi o illusioni probabilistiche. Riferimenti culturali: il paradosso viene trattato nel film 21 (Blackjack). Mercato rilevante e misure di concentrazione Per valutare il livello di concorrenza di un mercato, è fondamentale determinare l'ampiezza del mercato rilevante, ovvero i confini entro cui operano le imprese che competono tra loro. Definizione di mercato rilevante Le imprese che offrono beni o servizi strettamente sostitutivi appartengono allo stesso mercato rilevante, distinguendosi da quelle che non competono direttamente. Esempio pratico: Il settore dei bar. Nel 2007, il decreto Bersani ha abolito la normativa sulle distanze minime tra attività concorrenti, modificando la struttura del mercato. Test SSNIP Per definire i confini del mercato rilevante, le Autorità Antitrust utilizzano il test SSNIP (Small but Significant and Non-transitory Increase in Price), che valuta l'effetto di un aumento di prezzo del 5-10%: Se la domanda non diminuisce: il prodotto non ha sostituti stretti e quindi manca concorrenza. Se la domanda diminuisce: il prodotto ha sostituti stretti e rientra in un mercato competitivo. Questo metodo è chiamato anche test del monopolista ipotetico, in quanto simula il comportamento di un monopolista per valutare il livello di concorrenza. Misurare la concentrazione del mercato Una volta definiti i confini del mercato rilevante, è necessario valutare il grado di concentrazione, ovvero la distribuzione e numerosità delle imprese: 1. Rapporto di concentrazione ○ Misura la quota di mercato detenuta dalle imprese più grandi rispetto alla dimensione totale dell'industria. ○ Formula: Sommatoria delle quote di mercato delle imprese all'interno del mercato. 2. Indice di Herfindahl-Hirschman (HHI) ○ Si calcola sommando i quadrati delle quote di mercato di tutte le imprese presenti. ○ Può assumere valori: - Minimo: indica un mercato molto frammentato. - Massimo: indica un mercato altamente concentrato. ○ Limiti: il calcolo richiede l'accesso ai dati di fatturato delle imprese, rendendolo complesso in alcune situazioni. EFFICIENZA 02/12 FALLIMENTI DEL MERCATO E REGOLAMENTAZIONE Un mercato, quando fallisce, ha un governo di turno che interviene con politiche industriali. Una prima possibile giustificazione dell’intervento di politica industriale è legata alla presenza di fallimenti di mercato. Quando i mercati falliscono l’equilibrio che si raggiunge sul mercato può non essere il migliore possibile per la società. I principali motivi per cui un mercato fallisce sono i seguenti: 1. Esternalità 2. Beni pubblici 3. Asimmetria Informativa 4. Mercati non Competitivi. In questi casi, i governi possono intervenire attraverso politiche di regolamentazione per correggere le inefficienze e sostenere gli attori economici. Un mercato è considerato in equilibrio quando domanda e offerta si eguagliano, e in condizioni di concorrenza perfetta, le imprese sono price taker (accettano il prezzo di mercato). In un mercato efficiente, l’obiettivo è raggiungere l’ottimo paretiano, un concetto che definisce una situazione in cui non è possibile migliorare il benessere di un soggetto senza peggiorare quello di un altro. Adam Smith, con il concetto di "mano invisibile", descriveva il mercato come un meccanismo che, attraverso le scelte dei consumatori e dei produttori, organizza le risorse in modo efficiente. Tuttavia, questi meccanismi possono fallire, ed è in questi casi che l’intervento del governo diventa necessario per ristabilire l’efficienza o correggere le distorsioni. 1. Primo caso di mercati non Efficienti: E’ il caso in cui ci sono delle ESTERNALITA’. Semplicemente l’attività di un individuo genera delle ricadute (spill-over) che in maniera non intenzionale hanno un effetto positivo/negativo sull’attività di altri individui che però non partecipano allo scambio, quindi soggetti terzi non coinvolti. Queste possono essere o negative o positive: Abbiamo otto tipologie di esternalità: - negativa (produttore-produttore); l’attività di un azienda ha ricadute negative su quella di un’altro produttore. In caso di esternalità negative, molto spesso chi le produce non paga per il danno arrecato, quindi il costo sociale negativo per la collettività. (es. inquinamento atmosferico. - Positiva (produttore-produttore); Un'azienda al suo interno può muovere comandi di ricerca e sviluppo per portare ad un innovazione. Oppure molto spesso è il caso in cui un azienda va ad erogare corsi di formazione (per i propri dipendenti e/o altre aziende). Quindi in questo caso l’erogazione di programmi di formazione ha ricadute positive su altri produttori. In questo caso molto spesso le aziende non sono retribuite per il beneficio che portano. - Negativa (produttore-consumatore); Produttore che ha ricadute negative sui consumatori (discoteche e inquinamento acustico) - Positiva (produttore-consumatore); Il produttore genera benefici sul consumatore senza che questi siano obbligati a pagarne il prezzo.(es. wifi del bar gratuito). - Negativa (consumatore-consumatore): attività di un utente, che magari posta FAKE NEWS, potrebbe generare un’opinione sbagliata negli altri utenti. - Positiva(consumatore-consumatore);In questo caso il comportamento corretto di un consumatore ha ricadute positive su altri consumatori (volontariato) - Negativa(consumatore-produttore); ci si riferisce ai comportamenti privati che causano un danno ad attività produttive senza che chi li ha provocati venga chiamato a rispondere. (es. raccolta differenziata non fatta bene). - Positiva(consumatore-produttore); il comportamento del consumatore determina o meno il successo del produttore, andando a generare per il produttore ricadute POSITIVE (es. recensioni sui prodotti in modo onesto) Le esternalità hanno un costo, definito costo sociale. L’esempio principale è l’inquinamento. In assenza di uno specifico intervento pubblico, le esternalità positive non vengono remunerate e difficilmente si paga un costo per produzione di esternalità negative. La conseguenza è la sovrapproduzione di esternalità negative e la sottoproduzione di esternalità positive. Il costo sociale legato alla presenza di esternalità positive e negative può essere rappresentato graficamente. I costi sociali delle esternalità In presenza di esternalità la letteratura dei fallimenti del mercato legittima il soggetto pubblico a intervenire per garantire che le esternalità positive e negative vengano prodotte in quantità socialmente ottimali e desiderabili, attraverso: - Supporto a chi genera esternalità positive tutelando i diritti, ad esempio tramite sussidi e/o sgravi fiscali, o a scoraggiare chi produce esternalità negative ad esempio attraverso tasse e/o sanzioni - Politiche in segmenti di particolare interesse come ad esempio interventi a favore della ricerca e dell'innovazione o interventi di natura ambientale che mirano a ridurre l’inquinamento. Alla fine di limitare esternalità negative, come l’inquinamento, i governi possono intervenire innanzitutto attraverso la regolamentazione. In primo luogo si potrebbe fissare un tetto massimo a ciascuna produzione che utilizza prodotti inquinanti, tuttavia nella pratica è complicato andare a definire il livello di produzione per ogni impresa. In secondo luogo più frequentemente si pongono limiti all’emissione di sostanze dannose per l’ambiente nei processi produttivi e si lascia alle imprese la scelta di come gestire tale limite, investendo in tecnologie adatte a prevenire oppure in tecnologie che, ex post, ove possibile possano ripulire l’ambiente. 1. Protocollo di Kyoto (INTRODUZIONE DI MECCANISMI PER ANDARE A RIDURRE LE EMISSIONI) (GLI STATI CON EMISSIONI IN ECCESSO POTEVANO DONARE PARTE DELLE EMISSIONI A CHI ERA SOTTO SOGLIA) (OPERARE IN MANIERA CONGIUNTA) 2. Caso Ilva IMPOSTE PIGOUVIANE Accanto alla regolamentazione, per limitare l’inquinamento il soggetto pubblico può inoltre intervenire attraverso la tassazione. In questo quadro sono particolarmente rilevanti le imposte pigouviane, dal nome dell’economista Arthur Pigou che per primo le ha teorizzate e esposte. Per quanto riguarda le esternalità negative, le imposte pigouviane spingono il costo privato verso l’alto avvicinandolo a quello sociale. Mentre è prevista la possibilità di assegnare sussidi ai produttori di esternalità positive. Hanno un duplice effetto. 1. Incentivano il produttore a limitare l’esternalità negativa prodotto: 2. Generano un gettito fiscale per l’autorità pubblica. Vi è però il rischio che a seguito di questa imposta le imprese potrebbero decidere di scaricare parte di quest’onere. In caso i mercati falliscono siamo in presenza dei BENI PUBBLICI 2. macro categorie I beni privati: un bene per cui noi paghiamo un prezzo I beni pubblici: tipicamente gratuito ma soprattutto le caratteristiche di esso sono principalmente due: 1. non è escludibile: Una volta che il bene è disponibile, non è possibile (o non è conveniente) impedire ad altre persone di utilizzarlo. Ad esempio, un lampione stradale illumina la strada per tutti, e non è pratico impedire a qualcuno di beneficiare della luce. (es. sistema sanitario pubblico) (casino aule in uni POOOOOOOROCOCOCOCOCAZZ che mi volevi cacciare dalla cazzo di aula mongoloide, eh si mi escludevi dall’aula ma perchè non c’era un cazzo di posto per sedermi) 2. non è rivale: Il consumo del bene da parte di una persona non riduce la possibilità per altri di utilizzarlo. Ad esempio, la difesa nazionale protegge tutti i cittadini, indipendentemente dal numero di persone che ne beneficiano. Quando le due condizioni di non rivalità e non escludibilità sono entrambe pienamente soddisfatte siamo di fronte a un bene pubblico puro. Es. un Faro. Al contrario quei beni in cui le condizioni di non escludibilità o di non rivalità non sono perfettamente soddisfatte vengono denominati beni misti, i quali essere a loro volta suddivisi in beni club ( per la dad, mi escludi se fai lezione online e io non ho un pc) e beni comuni(prato verde in cui porti a pascolare i tuoi animali). La simultanea presenza delle condizioni di non rivalità e non escludibilità, tipica dei beni pubblici puri, può però generare comportamenti opportunistici. Ad esempio, i cosiddetti free-riders (consumatori opportunisti) beneficiano del bene pubblico senza contribuire alla sua produzione. Questo rischio può scoraggiare chi produce il bene pubblico, rendendo difficile la sua sostenibilità. LA TRAGEDIA DEI BENI COMUNI In caso di libero ed eccessivo sfruttamento di un bene (es. pascolo) da parte di una comunità (che aumenta continuamente il numero di animali che vengono portate su uno stesso terreno), prima o poi tutta la comunità sarà danneggiata. (perché ogni animale potrà mangiare sempre meno, producendo di conseguenza sempre meno). L'asimmetria informativa insieme all’azzardo morale è una delle due problematiche chiavi relative alla teoria dell’agenzia. Al centro di tale teoria vi è il cosiddetto rapporto principale-agente, ossia un tipo di relazione in cui l’agente si trova ad operare in favore del principale, ma gli interessi dei due possono risultare conflittuali o divergenti e il principale non ha possibilità di osservare o verificare completamente le azioni dell’agente. Questa situazione può portare l’agente ad adottare comportamenti opportunistici che massimizzano il proprio interesse a scapito di quello del principale. 3/12 Fondamenti di Politica della concorrenza Normative Antitrust - Politica della concorrenza e normativa. Cosa vuol dire la parola Trust? In Economia e diritto ha due significati diversi. In Diritto; il trust è un istituto di diritto anglosassone, quindi tipicamente da due paesi che hanno il sistema giuridico basato sul Common Law, (uk e usa), è una metodologia per andare a effettuare pianificazioni o accessorie o gestioni patrimoniali. In Economia; è considerato come una concentrazione, quindi antitrust diventa anti concentrazione in un determinato settore. Quindi per evitare che una o altre imprese abbiano un elevato grado di concentrazione in questo settore e di conseguenza potere di mercato. Dove queste varie autorità antitrust intervengono? quali sono le loro aree? Le autorità antitrust devono andare a garantire che in un determinato mercato ci sia abbastanza concorrenza. Se la concorrenza manca devono andare a: 1. Mitigare gli effetti di una possibile posizione monopolistica 2. O altri casi dove vanno a contrastare i tentativi di monopolizzazione o gli abusi di posizione dominante. Quindi le nostre autorità prima vanno ad analizzare la concorrenza nel mercato, e in base ai risultati dichiarano se questa mancanza di concorrenza non sia giustificabile sui piani dei costi. Come situazione in cui il Monopolista (naturale in questo caso) è più conveniente avere due o più aziende che erogano lo stesso servizio. Alcuni paesi però sono stati tolleranti nei riguardi delle concentrazioni di potere economico: soprattutto negli stati uniti di inizio 900 iniziavano a formarsi imprese in settori determinanti, come quello petrolifero, si sono preoccupati in maniera scarsa del livello di prezzo e dei consumi. Quando le antitrust sono più permissive lo fanno con l'obiettivo di favorire la nascita dei “Campioni Nazionali”, ovvero imprese di interesse pubblico su cui, in particolare momenti, quelli stati puntano per rinsaldare l’economia del paese. (es. Italia negli anni 60 con Enel, Alitalia etc…) In più con il Monopolio naturale è più conveniente lasciare queste imprese, perché producono a prezzo inferiore rispetto alla presenza di due o più imprese. Le varie autorità antitrust sono incaricate di: - Valutare attentamente le questioni legate alla determinazione del mercato rilevante (Confini geografici di determinate imprese) - La misurazione dell’effettiva concentrazione di mercato - La possibile esistenza di Monopoli naturali Tipicamente i due dati che si consultano per vedere se un'impresa in un mercato ha o meno una posizione dominante sono; 1. Grado di Concentrazione per le prime 4 imprese di quel settore, se queste hanno un grado di concentrazione maggiore al 60%, sicuramente una è dominante rispetto alle altre. 2. Quota di Mercato di ogni singola impresa, se questa è maggiore del 30% anche qui ci sarà un abuso di dominanza. Le autorità intervengono in 3 casi: - Quando c’è un abuso di mercato o di posizione dominante - Le fusioni o le acquisizioni che vanno a diminuire le possibilità della concorrenza - Le pratiche restrittive della concorrenza, quindi particolari accordi tra imprese. L’abuso di Potere in un Mercato E’ quella condizione in cui le imprese per qualche ragione sono giunte anche indipendentemente dalla loro volontà ad occupare una posizione dominante, le conseguenze? L’impresa di sicuro essendo dominante dovrà decidere se fissare un prezzo che è nettamente più alto del costo marginale. L’altra conseguenza è quella di avere un vantaggio competitivo, che in questo caso è dato dal fatto che sostanzialmente la concorrenza è quasi pari a 0. (es. Alibaba e Facebook). Nella pratica però, molto più spesso, le Autorità antitrust si pongono l'obiettivo di valutare e promuovere la presenza di un livello di concorrenza sostenibile (workable competition). Ovvero le autorità vanno a vedere che in quel mercato ci sia un livello di quantità di beni di servizio abbastanza sufficiente ad un prezzo definito GIUSTO, così per non andare a influire sulla profittabilità delle aziende. Le fusioni e le acquisizioni! Le politiche di controllo di queste sono volte a prevenire il crearsi di mercati non competitivi, e di condizioni di eccessiva concentrazione di mercato. Questo perché le fusioni possono essere o orizzontali o verticali, quelle che tipicamente sono più attenzionate sono quelli di tipo verticali. L'autorità antitrust è chiamata a valutare se la proposta formulata da due o più produttori di fondersi in una singola impresa vada a creare una situazione di dominio di mercato. (es. Amazon che compra tutte le robe). Le pratiche restrittive della concorrenza si vanno a verificare quando due o più produttori possono adottare comportamenti coordinati o intese per ridurre il livello di concorrenza nel mercato e, conseguentemente, incrementare i propri profitti ai danni del consumatore Questi accordi sono Orizzontali quando coinvolgono imprese della stessa industria o mercato O Verticali quando coinvolgono industrie diverse ma della stessa filiera produttiva Normativa Antitrust negli USA SONO IL PAESE CHE DA PIU’ TEMPO GODE DI UNA NORMATIVA ANTITRUST Queste sono le principali 3 leggi su cui ancora oggi si basa la loro normativa; 1. Sherman antitrust act del 1890, considerata la più antica legge antitrust del mondo moderno ed era, e ancora, suddivisa in due sezioni principali. La prima parla delle politiche restrittive della concorrenza, quindi le imprese non possono prendere accordi tra di loro per evitare il commercio con imprese di uno stesso stato o diverso paese. La seconda sezione riguarda le posizioni di monopolio, in cui il raggiungimento in maniera illegale di una posizione monopolistica è vietato per legge, tuttavia questa posizione se raggiunta per meriti di impresa a volte può essere tollerata. 2. Il Clayton Antitrust Act del 1914, regola le fusioni e acquisizioni, e implementa altre piccole norme non comprese nello Sherman, come i casi in cui ci possono essere accordi di vendita in esclusiva o la fissazione di prezzi diversi per prodotti identici (discriminazione di prezzo) 3. Il Federal Trade Commission Act del 1914, quella che si occupa di andare a controllare il livello di concentrazione di mercato o su singole imprese o ??? (non è importante lucilla dai chiedi a qualcuno) Ovviamente nel corso degli anni la innovativa antitrust è stata applicata con più o meno intensità, da chi governava il paese. Tipo Regan che faceva delle minchiate, infatti negli 80 gli stati uniti stavano na merda economicamente. La normativa antitrust in Europa e in Italia: un confronto Nel primo dopoguerra, le economie europee erano relativamente chiuse e non esisteva ancora il Mercato Unico Europeo. Durante questa fase, le decisioni economiche dei governi tendevano a favorire le imprese nazionali, con l’obiettivo di promuovere i "campioni nazionali". Tuttavia, a partire dagli anni '50, con l'avvio dei processi di integrazione economica e la creazione del Mercato Unico, la normativa antitrust europea ha cominciato ad allinearsi al modello statunitense, al fine di favorire la concorrenza all’interno di questo nuovo mercato. Antitrust europea oggi Oggi, a livello europeo, non esiste una vera e propria autorità indipendente per la concorrenza. Il compito di applicare la normativa antitrust è svolto dalla Direzione Generale della Concorrenza della Commissione Europea, che si occupa delle imprese situate negli Stati membri che operano anche in altri Stati dell'Unione Europea. Tuttavia, per le imprese che operano solo a livello nazionale, si applicano le leggi nazionali. Le norme fondamentali della politica antitrust europea sono contenute nel Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE). Gli articoli principali sono: Articolo 101: disciplina gli accordi tra imprese, vietando quelli che limitano il libero scambio e la concorrenza all’interno del mercato unico europeo. Articolo 102: riguarda l'abuso della posizione dominante da parte di una o più imprese. Articoli 107 e 108: regolano gli aiuti di Stato. In particolare, l'articolo 107 vieta gli aiuti da parte degli Stati membri che distorcono la concorrenza, mentre l'articolo 108 stabilisce che la Commissione Europea è l’autorità competente per decidere sull’autorizzazione degli aiuti di Stato. La normativa antitrust in Italia In Italia, la prima legge antitrust è stata introdotta nel 1990, a causa del forte intervento statale nell’economia durante il periodo del Secondo Dopoguerra. Durante quel periodo, molte delle imprese italiane di successo erano pubbliche, e la politica industriale favoriva la creazione di grandi imprese statali, rendendo difficile l'introduzione di una legge contro i monopoli. Solo alla fine degli anni '80, l'Italia ha iniziato a pensare a una normativa antitrust, portando alla legge n. 287 del 1990, intitolata "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato". L'applicazione di questa legge è affidata all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che è un organo collegiale, indipendente nelle sue decisioni (art. 10). La legge si ispira alla normativa antitrust europea e regola: Abuso di potere dominante; Intese tra imprese; Concentrazioni di imprese (fusioni e acquisizioni). Gli articoli principali della legge italiana sono: Articolo 2: disciplina le intese tra imprese. Articolo 3: vieta l’abuso di posizione dominante. Articolo 4: regola la concorrenza derivante da intese tra imprese. Articoli 5 e 6: disciplinano le concentrazioni di imprese a seguito di fusioni e acquisizioni. In Italia, la normativa antitrust si occupa anche di pubblicità ingannevole, come nel caso delle pubblicità controverse legate a personaggi famosi, come nel caso della Chiara Ferragni. 04/12 STRATEGIE DI PREZZO La teoria neoclassica vuole che un'impresa punti sempre alla massimizzazione del profitto, nella realtà le cose però sono più complicate, le imprese non riescono sempre a massimizzare il profitto, ci sono situazioni nelle quali l’impresa se ha potere di mercato può andare a stabilire il livello dei prezzi dei propri prodotti. Quindi se la teoria neoclassica diceva che la massimizzazione del profitto sta nell uguaglianza tra costo marginale e ricavo marginale nella realtà spesso non è così: le situazioni dove le imprese possono andare ad agire sul prezzo sono 4: 1. Determinazione del prezzo tramite il COST PLUS PRICING, questo metodo viene applicato quando le imprese tendenzialmente hanno difficoltà a reperire le informazioni per la propria curva di domanda, quindi difficoltà sulle intenzioni di acquisto dei consumatori. Questo metodo parte dai costi totali dell’impresa diviso la quantità => Costi unitari, quindi costo per unità di prodotto, e in base ad esso decide se applicare una % di Ricarico (Markup) => Costo unitario + %Markup => Prezzo di Vendita Questa metodologia ha vantaggi e svantaggi; Per i vantaggi è molto semplice perchè una volta che si capisce il prezzo unitario per singole quantità non ha bisogno di sapere con esattezza la sua curva di domanda, ma applica solo la percentuale in ricarico. Inoltre non ha bisogno di una gran mole di informazioni di potenziali clienti, sostanzialmente permette di raggiungere una stabilità dei prezzi, e facendo così aumenta anche la gradibilità dell’impresa a livello sociale. Invece per gli svantaggi: Le imprese sono composte da diverse unità. Queste possono essere centri di costo o di ricavo, tipicamente quando sono di costo tra le varie unità dell’impresa i costi devono essere calcolati correttamente, quindi IMPUTATI CORRETTAMENTE. C’è difficoltà ad applicare questo metodo anche perchè a volte il costo medio può variare se varia la Quantità (output). E’ più difficile applicarlo per imprese con prodotti altamente differenziati (multiprodotto), ed è difficile applicarlo in mercati altamente concorrenziali. (Es. IL MONOPOLISTA, azienda unica che ha assolutamente un vantaggio di prezzo nel suo mercato di riferimento) 2. La seconda strategia consiste nella DISCRIMINAZIONE DI PREZZO, ovvero l’applicazione da parte dell’impresa di un prezzo diverso per la stessa tipologia di prodotto. Non viene considerata Discrimanzione DP se si applica un prezzo diverso a prodotti con caratteristiche diverse. Quindi vendere lo stesso prodotto a prezzi diversi a seconda delle caratteristiche di chi acquista e della quantità (es. Olio, quello di semi cheap, quello di oliva pricey). Vi devono essere alcune condizioni per considerare tale una discriminazione di prezzo: - il prezzo netto, il prezzo al netto dei costi unitari, quindi se un prodotto un costo unitario uguale e questo costo andrà a provocare una differenza di prezzo (DISCRIMANZIONE) - Se invece il costo unitario per prodotto è diverso (NO DISCRIMANZIONE) - Impresa deve avere potere di mercato (DISCRIMINAZIONE) - Impossibile praticare l’ARBITRAGGIO, ovvero l’acquisto di un bene ad un prezzo basso e la successiva rivendita di questo bene a un prezzo più alto - Impresa deve poter identificare all’interno del proprio mercato dei segmenti in cui suddividere i propri clienti - Le imprese cercano di far sì che i clienti facciano un autoselezione sul proprio segmento di riferimento Ci sono 3 tipologia di discriminazione di prezzo: 1^ GRADO= Viene anche detta o PERSONALIZZATA o PERFETTA, perché l’impresa va ad applicare un prezzo diverso per ogni singolo cliente. Quindi il prezzo che l’impresa applica è anche la massima disponibilità a pagare del cliente. Nella pratica la discrimanzione di prezzo di primo grado è più facilmente applicabile quando l’impresa: - Ha un rapporto personale con ciascun cliente (es. Banche e Assicurazioni) - E’ in grado di definire accordi specifici per ogni transazione dopo aver raccolto informazioni sulla capacità di spesa del cliente (es. vendita automobili) - Ha pochi clienti, quindi un numero limitato per i quali opera su commessa. 2^ GRADO= Viene detta anche DI GRUPPO, si basa sulla quantità quindi, consiste nell'applicazione di un prezzo unitario(diverso) a seconda della quantità acquistata. (es. ECOMMERCE). Un’altro esempio di discriminazione di secondo livello sono tipo le Tessere Fedeltà o Raccolte Punti, perchè così di invogliano ad acquistare le quantità del prodotto per cui vengono raccolti dei punti. Anche le applicazioni di tariffe di gas e luce, dette anche tariffe a due o più parti. 3^ GRADO= La più utilizzata, e l’impresa sa che per un determinato prodotto all’interno del mercato, ci sono clienti che hanno una disponibilità a pagare diversa. Quindi si suddivide la curva di mercato in segmenti. Perché l’impresa lo fa? Perché sa che ci sono dei potenziali clienti che hanno una elasticità della domanda rispetto al prezzo diversa. Può essere fatta attraverso diversi modi: - Intertemporale; come i beni durevoli tecnologici, es. apple che lancia un prodotto sul mercato, essendo tecnologico, c’è una platea di consumatori patiti di tecnologia che verrà il primo giorno del lancio, a prescindere dal prezzo. Mentre alti clienti aspetteranno che il prezzo scenda, o l’uscita del modello successivo. I beni non durevoli, come l’acquisto di biglietti concerti, chi acquista prima ha il vantaggio di acquistare i biglietti ad un prezzo inferiore, invece chi aspetta la data acquista ad un prezzo maggiorato. - Differenti Marche; se si va a fare la spesa, in molti supermercati, una stessa marca può avere un prodotto di punta e dei prodotti discount con una marca secondaria, come il riso della marca Scotti, che fa anche riso discount con la marca Selex. Prodotto identico e discriminato di prezzo tramite marche diverse - Coupon e buoni sconti; anche qui una certa quantità per una certa spesa e ci regalano sconti per altri prodotti. - Building (vendite abbinate o collegate); anche questa varia spesso quando si parla di beni durevoli, anche qui tecnologici, ti vendo iphone, poi mac, poi assicurazione, icould, etc… 3. Prezzi e comportamento Competitivo: I prezzi predatori e i prezzi limite sono due metodologie che vengono utilizzate al fine di evitare l’entrata di nuovi concorrenti o di favorire l’uscita dal mercato di altri. In questo caso, in ambo le metodologie, qui non si massimizza il profitto ma a volte può anche arrivare ad una situazione in cui può riscontrare vere e proprie perdite. La scelta di usare queste strategie è spesso giustificata dalla presenza di elevate barriere d’uscita, le quali rendono più difficile il ritiro dal mercato. - I PREZZI PREDATORI: Chi li può attuare? Le aziende (INCUMBENT) che si trovano nelle condizioni di potere di mercato, tipicamente un monopolista. Quindi va a ridurre il prezzo dei propri prodotti ad un livello molto basso, spesso inferiore anche ai costi, così fa sì che altre imprese non riescano ad entrare in quel mercato. E’ interessante anche il fatto che le imprese fuori dal mercato, potenziali entranti, per ovviare a questa situazione possono attuare diverse strategie: 1. I potenziali concorrenti prima di entrare nel mercato stringano accordi per praticare un prezzo inferiore a quello predatorio con i potenziali futuri clienti. 2. Possono cercare la fusione con l’impresa dominante nel settore, le autorità antitrust però hanno gli occhi molto vigili, perché queste fusioni a scopo di monopolio sono vietate. Convenzionalmente si è stabilito che un prezzo è predatorio quando è inferiore al costo marginale di breve periodo. Perchè se questo prezzo è inferiore significa che l’impresa ha un intento diverso da quello di MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO NEL LUNGO PERIODO - I PREZZI LIMITE, strategia di prezzo più alto al quale l’impresa può andare ad ottenere dei guadagni che non sono il massimo, facendo sì che nel mercato entrino nuovi concorrenti. Per evitare che potenziali entranti riescano ad ottenere extra profitti all’impresa dominante conviene ridurre il prezzo, portandolo appena al di sotto del punto minimo della curva di costi medi del concorrente, che non avrà quindi più convenienza ad entrare sul mercato. Dal momento che entrambe le strategie di prezzo evidenziate possono determinare forti danni alle imprese concorrenti, a volte non è necessario che vengano effettivamente implementate per raggiungere l’effetto voluto, ma è successivamente la minaccia della loro messa in atto. 4. Quando lo stato va ad imporre un prezzo di tetto massimo. In cui vi sono 2 situazioni. Quando c’è una diminuzione dell’offerta da parte delle imprese o un eccesso di domanda da parte dei consumatori. - La funzione di offerta: Riduzione dell’offerta della quantità prodotta - L’Aumento della domanda a causa di eventi esogeni. Prezzi MINIMI: settore senza barriere all’entrata ma con barriere all’uscita, chi è dentro non riesce ad uscire per esempio per i costi elevati di vendita degli impianti (produttori agricoli spesso). Ipotizziamo zero barriere di ingresso ma molte in uscite, i produttori continuano a produrre ma ad un livello di costo superiore al guadagno. In questo caso interviene lo stato va ad applicare delle misure come l’acquisto di questi lotti vuoti. 10/12 ALLEANZE STRATEGICHE Sono accordi di cooperazione tra due o più imprese autonome, che hanno come oggetto quello di andare a finalizzare lo sfruttamento di specifiche sinergie. Molto spesso si cerca una cooperazione su progetti di sviluppo. Le sinergie che queste società possono realizzare sono di 3 tipologie: - MODULARI = In primis, una delle due aziende mette a disposizione la propria tecnologia nel processo produttivo, e la seconda azienda ( o altre ) intervengono post la prima e vanno a sviluppare un’altra singola fase del processo produttivo. IN questo caso le due aziende tengono separate le diverse fasi del processi produttivo - SEQUENZIALE = La prima azienda produce una fase del processo produttivo e poi trasferisce alla seconda i risultati della prima fase, e la seconda, riprendendo la fase della prima azienda, va a sviluppare in sequenza, la seconda (o altre fasi) fase del processo produttivo - RECIPROCHE = Le imprese sviluppano insieme (entrambe apportano tecnologica, capitale, prodotti) e sviluppano assieme le diverse fasi di un prodotto e/o servizio. Le restrizioni verticali, a differenza delle FUSIONI VERTICALI, le due entità vengono separate e fanno riferimento a contratti di medio/lungo termine che pongono restrizioni o condizioni a imprese collegate tra di loro verticalmente. Possono essere viste come una valida alternativa alle fusioni verticali. L’alleanza strategica coinvolge le imprese che mettono d'accordo per ANDARE A condividere risorse per raggiungere un obiettivo comune, come una singola fase del processo produttivo (CONTRATTO INCOMPLETO). Perchè viene stipulato un contratto in cui si va a stabilire sia il coordinamento organizzativo delle attività comuni, ma né i doveri né le responsabilità nella condotta delle singole imprese. E soprattutto è incompleto perché nel tempo non si considerano i fattori che possono andare a mutare. Da un punto di vista tecnico se parliamo di piccole/medie imprese, ha più senso avere un alleanza strategica perché comporta meno costi e la fusione non è irreversibile. Le principali alleanze strategiche sono le: Joint venture : E’ un accordo mediante il quale, due o più imprese, si impegnano a collaborare al fine di andare a perseguire un obiettivo comune. Viene spesso utilizzata per entrare in mercati esteri dove l’impresa non è ancora riuscita a penetrare. La prima cosa che si deve assicurare è quella di avere impianti produttivi e in secondo luogo, ci sono imprese che sviluppano benissimo il processo produttivo a monte e poi si devono affidare a terzi per commercializzare il prodotto a valle. La joint venture viene usata per assicurarsi una rete commerciale idonea in quei mercati dove l’impresa non è direttamente presente. Tipicamente con gli investimenti rischiosi e che richiedono cospicua somma di capitale, a fine di poter dividere le eventuali perdite/utili tra più soggetti. Vi sono due tipologie: 1. A livello formale si tratta di un contratto tra due o più parti, che non implica la costituzione di un nuovo soggetto giuridico, dal momento che le imprese coinvolte restano formalmente separate (UNINCORPORATED JOINT VENTURES) 2. A volte può assumere anche forma societaria, per cui è prevista la costituzione di una nuova società dotata di propria personalità giuridica (INCORPORATED JOINT VENTURES) Come tutti i contratti, se nel tempo mutano le condizioni, questo accordo può essere interrotto. Soprattutto se le condizioni previste dal contratto diventano irrealizzabili. (ES. In Cina, il mercato cinese per le auto era molto chiuso, e il governo cercava grandi partnership con case automobilistiche che volessero trasferire tecnologia nel paese. In cambio il governo forniva all’impresa l’accesso al proprio mercato. Inizialmente le J.V non andavano a buon fine fino a quando negli anni 90/00 VOLKSWAGEN consentì a questa cosa) Consorzi: Un contratto tra due o più imprese che creano una struttura organizzativa comune finalizzata a specifiche funzioni aziendali, come la produzione o la distribuzione. Generalmente prevede un'assemblea con funzioni deliberative, e un organo direttivo con compiti di gestione e controllo Tipicamente usati dalle imprese medio/piccole, non si parla di due o tre imprese ma tipicamente fino a 50/60 imprese. Possono essere di tre tipologie: 1. Consorzi anticoncorrenziali: quando due o più imprese decidono di dare vita ad un consorzio per andare a diminuire la concorrenza nel proprio mercato di riferimento. 2. Consorzi di cooperazione aziendale: si coopera tra di loro per sviluppare nuovi prodotti/servizi 3. Consorzi di servizi: si va effettuare grandi quantità di acquisti dei propri input nei processi produttivi a un costo inferiore. Tipicamente nel caso del consorzio lo scopo può essere perseguito attraverso la costituzione di una nuova società dotata di propria personalità giuridica (SOCIETA’ CONSORTILE) (es. I consorzi di tutela della IGP) Accordi di franchising: Il franchising abbiamo due soggetti. Due imprese indipendenti, la prima FRANCHISOR e la seconda FRANCHISEE. In questo accordo il primo va a cedere al secondo il diritto di utilizzare un processo produttivo piuttosto che un marchio, o semplicemente concede i diritti di utilizzare un proprio prodotto, in cambio di un corrispettivo periodico (canone mensile tipicamente) che si chiama ROYALTY. Il Franchising è tipicamente il soggetto che cede questo diritto, dove va a predisporre un contratto dove si scelgono i prezzi, i servizi offerti, la localizzazione e soprattutto le modalità di marketing, a cui il FRANCHISEE dovrà attenersi durante lo svolgimento della propria attività. 1. Franchising aziendale: Dove il primo soggetto vende al franchisee non solamente un prodotto ma tutto il proprio format aziendale. Quindi anche la formazione dei dipendenti, come effettuare le campagne di marketing, come ricercare la clientela e le principali tecniche di vendita. (es. agenzie immobiliari e agenzie di viaggio. Come bluvacanze che ha una sua rete di network i quali sono affiliati in franchising, hanno il diritto di uso del nome) 2. Franchising di prodotto o marchio: Dove il franchisee opera in maniera più indipendente, piomme. Va ad utilizzare il prodotto o il marchio ma stabilisce autonomamente i servizi post-vendita. (es. Concessionarie di Auto, che rivendono le macchina)(Negozi di elettronica che rivendono iphone) Caso McDonald’s Franchising per eccellenza Ha una rete di franchising che corrisponde al 85% dei propri punti vendita, quindi è concesso in franchising a giovani imprenditori che si occupano della gestione. MCDONALD va a scegliere in maniera puntigliosa a chi dare la gestione, infatti oltre ad avere un sacco di soft-skills, il soggetto deve avere una serie di requisiti. 1) Avere disponibile un capitale di almeno 250K 2) Età compresa tra 32 e 49 anni 3)Trasferimento residenza nella città del punto vendita Il costo complessivo per un franchising McDonald's equivale a 800K IVA ESCLUSA. Costo alto perc

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