Economia Delle Imprese E Dei Mercati PDF

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Noah Altavilla

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Questo documento presenta le basi dell'economia delle imprese e dei mercati, con un focus su concetti chiave come microeconomia, macroeconomia e teoria neoclassica. Vengono presentati i paradigmi SCP e le 5 forze di Porter. Discute le teorie e i metodi di analisi economica, nonché le politiche industriali e la teoria dei costi di transazione.

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NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA ECONOMIA DELLE IMPRESE E DEI MERCATI 12/11 ECONOMIA Etimologia= dal greco oikonomos, cioè dimora e amministrazione, riferendosi a colui che amministra la...

NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA ECONOMIA DELLE IMPRESE E DEI MERCATI 12/11 ECONOMIA Etimologia= dal greco oikonomos, cioè dimora e amministrazione, riferendosi a colui che amministra la propria casa. Definizione= l’economia è lo studio del modo in cui la società gestisce le proprie risorse scarse (limitate). Scuole di pensiero principali= o Politiche Keynesiane: ideate da John Maynard Keynes o Monetarista: scuola di pensiero associata a Milton Friedman o Scuola economica austriaca Differenze tra microeconomia e macroeconomia Gli argomenti che vengono studiati dalla scienza economica possono essere analizzati da due punti di vista, quello microeconomico e quello macroeconomico. Microeconomia: analizza il comportamento dei singoli soggetti economici (mikròs in greco vuol dire piccolo) e in particolare del consumatore e dell’imprenditore. Ad esempio studia perché un consumatore acquista un certo bene invece di un altro e perché un imprenditore decide di produrlo e di venderlo. Macroeconomia: si concentra sul funzionamento del sistema economico nel suo complesso (makròs in greco vuol dire grande). Ad esempio studia il volume globale dei consumi e dei risparmi, il livello generale dell’occupazione, l’equilibrio della bilancia dei pagamenti di un Paese, e così via per grandezze aggregate. I metodi di analisi delle scienze economiche Ogni scienza può raccogliere informazioni e trarre conclusioni in due modi: con il metodo deduttivo (dal generale al particolare) e con il metodo induttivo (dal particolare al generale). o Metodo induttivo: Si osservano comportamenti reali in società, si raccolgono e analizzano i dati, e si sviluppa una teoria economica. Si parte dal particolare per arrivare al generale. o Metodo deduttivo: Si parte da teorie economiche già convalidate, si formulano ipotesi e si verificano nei comportamenti reali della società. Si parte dal generale per arrivare al particolare. Analisi positiva e normativa ATTENZIONE, DOMANDA D’ESAME Le analisi economiche possono essere positive o normative. o Analisi positiva: L’economista osserva e descrive la realtà senza esprimere giudizi. Ad esempio, raccoglie dati e li presenta così come sono, senza dire cosa sarebbe giusto fare. Descrive le relazioni di causa ed effetto. o Analisi normativa: L’economista non si limita a osservare, ma dà opinioni su cosa sarebbe meglio fare per raggiungere certi obiettivi, come migliorare il benessere della società. Si occupa di trovare le scelte migliori. Cosa si intende per economia industriale? L'economia industriale è la disciplina che studia come gestire al meglio le “industry” e come funzionano i mercati e i settori industriali. Si concentra su come le imprese competono tra loro, analizzando il comportamento delle aziende e le relazioni tra di esse. In particolare, esplora come queste dinamiche cambiano nel tempo, influenzando la struttura dell'industria, dell'economia e della società. Economia industriale vs Politica industriale All'interno dell'economia industriale, le politiche pubbliche sono molto importanti perché cercano di evitare che le imprese abbiano troppo potere di mercato, che potrebbe danneggiare i consumatori o altre imprese. Le politiche pubbliche si dividono in due principali categorie: o Regolamentazione: Norme che stabiliscono come devono comportarsi le imprese. o Antitrust (o politica della concorrenza): Politiche che impediscono alle imprese di abusare della loro posizione dominante nel mercato. Oltre a queste, esistono politiche specifiche che mirano a sostenere alcune imprese o settori, chiamate politiche industriali. Lo scopo di queste politiche è rafforzare la competitività delle imprese, specialmente nei confronti delle aziende estere. Tuttavia, molti economisti non vedono di buon occhio la politica industriale, poiché implica l'intervento dello Stato nel determinare il successo di alcune imprese o settori. 1 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA Paradigma Struttura-Comportamento-Performance (SCP) Molti economisti analizzano i settori industriali usando un approccio chiamato "paradigma struttura-comportamento- performance" (SCP). Secondo questo approccio, la struttura del mercato influisce sui comportamenti delle imprese, che a loro volta influenzano le loro performance. In pratica, esiste una relazione causale tra queste tre componenti. Stigler (1968) diceva che questo modello cerca di studiare: o La struttura delle imprese (numero e dimensione, concentrate o meno), o La causa di questa struttura (come le economie di scala), o Gli effetti della concentrazione sul mercato (come influisce sulla concorrenza), o Gli effetti della concorrenza su prezzi, investimenti e innovazione. Strategic Management: Il modello delle 5 forze di Porter Il modello delle 5 forze di Porter (1980) è un'importante evoluzione del paradigma SCP e si concentra sull’ambiente competitivo delle imprese e sulla gestione strategica di impresa. Le 5 forze che influenzano la competitività di un'azienda sono: 1. Fornitori: Quanto potere hanno i fornitori nell’influenzare i costi e la qualità delle materie prime. 2. Potenziali rivali: L’intensità della concorrenza tra aziende simili. 3. Compratori: Il potere dei clienti nel determinare i prezzi e la qualità dei prodotti. 4. Succedanei: La facilità con cui altre imprese possono entrare nel mercato. 5. Concorrenti: L’intensità della competizione tra aziende simili nello stesso mercato. In sintesi, l'approccio SCP analizza come la struttura di mercato influisce sulle performance aziendali, mentre il modello delle 5 forze di Porter aiuta a capire come diversi fattori competitivi influenzano il successo di un'impresa. 13/11 La teoria neoclassica Definizione di impresa: L'impresa è un'organizzazione economica che produce e scambia beni e servizi, gestendo sia le proprie risorse interne sia i legami con l'esterno. La teoria neoclassica dell'impresa cerca di spiegare come si determinano il prezzo e la quantità di un prodotto, basandosi sull'idea che l'impresa cerca di massimizzare il profitto. o Adam Smith, nel suo libro La ricchezza delle nazioni (1776), è considerato il fondatore della teoria neoclassica. Studiando il cambiamento della società e dell'economia inglese, Smith sottolinea due aspetti chiave: 1. La divisione del lavoro: specializzarsi in compiti specifici aumenta la produttività. 2. L'estensione del mercato: scambiare beni e servizi permette una crescita economica. Smith affermava che l'impresa sostiene dei costi, quindi deve fissare un prezzo di vendita che copra questi costi e generi profitto. Quindi, il prezzo dipende dall'offerta. o W.S. Jevons, un economista marginalista, sosteneva che il valore di un bene dipende dall'utilità che esso offre al consumatore, quindi il prezzo dipende dalla domanda dei consumatori. o Alfred Marshall, economista di Cambridge, nella sua opera Principles of Economics unisce le due visioni precedenti, creando lo schema di Domanda e Offerta. In questo modello, il prezzo e la quantità sono determinati dall'interazione tra il comportamento delle imprese (offerta) e dei consumatori (domanda). La teoria neoclassica non cerca di spiegare l'impresa come un'organizzazione complessa, ma si concentra sulla determinazione di prezzo, quantità e valore dei beni. Per questo motivo, la teoria neoclassica dell'impresa fa parte della teoria dei prezzi. Nel modello neoclassico, l'impresa è vista come una funzione di produzione che trasforma risorse (input) in prodotti (output): Y = f(X). Non c'è differenza tra l'impresa e l'imprenditore, poiché quest'ultimo è colui che decide come combinare input e output per massimizzare i profitti. Critiche alla teoria neoclassica Herbert Simon, premio Nobel per l'economia nel 1978 e fondatore dell'economia comportamentale, criticò la teoria neoclassica, sostenendo che essa si concentrava troppo sugli scambi e poco sull'analisi delle imprese. Secondo Simon, la principale lacuna della teoria neoclassica era che trattava le imprese come una "black box", senza entrare nei dettagli del loro funzionamento. In particolare, la teoria neoclassica non affronta: o Gli obiettivi che guidano le attività delle imprese. 2 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA o La complessità dell’organizzazione interna delle imprese. o L’incertezza e l’informazione imperfetta con cui le imprese operano. o Il modo in cui le imprese prendono decisioni nella realtà. Sviluppi della teoria di impresa: il caso americano La teoria dell’impresa si è adattata ai cambiamenti nel tempo, soprattutto grazie all’esperienza americana. All'inizio del Novecento, le imprese americane si sono evolute, diventando più grandi e integrate, con un impatto sull’economia globale. Rispetto alle imprese dell'Inghilterra del Settecento descritte da Adam Smith, quelle americane erano molto diverse. In quegli anni, il Taylorismo segna una trasformazione delle imprese in Nord America, mettendo al centro l’organizzazione scientifica del lavoro e ottimizzando il ciclo produttivo (in termini di ottimizzazione economica). Progressiva spaccatura tra proprietà e management Le teorie manageriali Le teorie manageriali si concentrano sul ruolo dei manager dentro l’impresa, le loro relazioni con la proprietà e le strategie per allineare i loro obiettivi. All’inizio del Novecento, le grandi e di successo imprese diventano organizzazioni complesse, dove diventa sempre più difficile per un singolo imprenditore/proprietario mantenere il controllo. Così, il controllo dell’impresa inizia a essere diviso tra diverse figure manageriali, mentre la proprietà si diffonde tra azionisti individuali e istituzionali. Le imprese, quindi, non sono più guidate da un imprenditore-manager, ma da manager professionisti, con la proprietà che diventa più diffusa e spesso inattiva. La proprietà divorzia dall’effettivo controllo Le teorie comportamentali Le teorie comportamentali partono dall’idea che le imprese non abbiano obiettivi propri, ma che le loro decisioni emergano dalla contrattazione tra diversi gruppi e individui (stakeholder) con obiettivi spesso contrastanti. Il comportamento finale dell’impresa risulta quindi dai conflitti, negoziazioni e interazioni tra questi gruppi. Inoltre, la teoria comportamentale riconosce che ogni decisione viene presa in situazioni di incertezza e con razionalità limitata. La teoria dei costi di transazione La teoria dei costi di transazione è nata negli anni '30 per spiegare come le imprese si sviluppano. Questa teoria si concentra su come le imprese e i mercati si relazionano tra loro. Secondo Ronald Coase, il principale studioso di questa teoria, i "costi di transazione" sono quei costi che sorgono quando si scambiano beni o servizi, come il tempo e gli accordi necessari per completare lo scambio. Questi costi nascono perché i contratti tra le parti non sono mai perfetti. Le imprese cercano di ridurre questi costi organizzando il lavoro internamente, usando contratti di lavoro, così da non dover negoziare ogni singolo dettaglio ogni volta che fanno uno scambio. In sostanza le imprese servono a semplificare il tutto. 18/11 IL CONSUMATORE Il mercato: la funzione di domanda Definizione di mercato: in economia con la parola “mercato” viene intesa l’istituzione, ossia l’insieme di regole che definiscono il perimetro entro il quale avvengono gli scambi di beni e servizi. Per capire perché un bene ha un determinato prezzo, possiamo vedere il mercato come il luogo dove domanda e offerta si incontrano, cioè dove compratori e venditori si accordano per scambiare un prodotto. La funzione della domanda di mercato mostra la relazione tra il prezzo di un bene e la quantità che i consumatori sono disposti a comprare a quel prezzo. La quantità di prodotto che i consumatori vogliono acquistare dipende da diversi fattori, come:  Il prezzo del bene stesso  Il prezzo di altri beni  Il reddito del consumatore  Altri elementi (fattori ambientali o preferenze dei consumatori) Il prezzo del bene stesso 3 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA Il primo fattore che influisce sulla quantità di un bene che un consumatore vuole comprare è il suo prezzo. Infatti, più basso è il prezzo di un bene, maggiore sarà la quantità che i consumatori vorranno acquistare. Se il prezzo aumenta, di solito nessun consumatore aumenterà la quantità acquistata, e viceversa se il prezzo scende. Ogni persona ha la propria curva di domanda, e la somma di tutte queste curve dà la domanda aggregata di mercato per un bene o servizio. Il prezzo di altri beni La quantità che si desidera acquistare di un bene può dipendere anche dal prezzo di altri beni, in base al tipo di relazione tra di loro.  Beni indipendenti: la variazione del prezzo del primo bene non influisce sulla domanda del secondo.  Beni complementari: sono consumati insieme; un aumento del prezzo del primo bene ridurrà sia la domanda di quel bene che di quello complementare.  Beni sostituti: sono alternativi l’uno all’altro; un aumento del prezzo del primo bene ridurrà la domanda di quel bene e aumenterà quella del secondo. Il reddito del consumatore La quantità di un bene che si vuole acquistare dipende anche dal reddito del consumatore. La relazione tra reddito e quantità domandata è mostrata dalla curva di Engel, che distingue tra beni normali e beni inferiori. FUNZIONE DI DOMANDA ED ELASTICITA’ Elasticità della domanda rispetto al prezzo La quantità domandata di beni può reagire in modo diverso a variazioni di prezzo. Questa sensibilità si chiama elasticità della domanda. L'elasticità dipende dalla pendenza della curva di domanda: la domanda è più sensibile a cambiamenti di prezzo per beni di lusso o frivoli, che hanno curve di domanda più “piatte”, mentre per beni necessari la curva è più ripida. Se ΔP è il cambiamento del prezzo e ΔQ è il cambiamento nella quantità domandata, la variazione percentuale della quantità domandata è ΔQ/Q, mentre quella del prezzo è ΔP/P. LA TEORIA DEL COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE Spiega come i consumatori decidono come spendere il loro reddito tra diversi beni e servizi per stare meglio. Si divide in tre passaggi:  Preferenze del consumatore: le ragioni per cui una persona preferisce un bene rispetto a un altro.  Vincoli di bilancio: i consumatori considerano i prezzi, dato che il loro reddito è limitato e questo fissa un limite alla quantità di beni che possono comprare.  Scelte del consumatore: con le preferenze e un reddito limitato, i consumatori scelgono di comprare beni che li rendono più soddisfatti. Le loro scelte dipendono dai prezzi dei beni, quindi capire queste scelte aiuta a capire la domanda. 19/11 L’IMPRESA Il mercato: la funzione di offerta La funzione di offerta mostra quanta quantità di beni o servizi le imprese sono disposte a vendere in base a vari fattori, tra cui:  Il prezzo dei beni;  I fattori produttivi (come lavoro e risorse);  Altri fattori (come tecnologia, aspettative, ecc.). 4 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA La curva di offerta rappresenta graficamente come la quantità di beni offerta cambia al variare del prezzo, mantenendo costanti gli altri fattori. Di solito, c’è una relazione positiva: più alto è il prezzo, maggiore sarà la quantità offerta. Anche il prezzo dei fattori produttivi influisce sull'offerta. Se il costo di produzione diminuisce (ad esempio per un abbassamento del costo del lavoro o dell'energia), l’impresa offrirà più beni. Altri fattori che influenzano l’offerta sono:  Gli obiettivi dell’impresa;  La tecnologia disponibile;  Il prezzo di beni correlati;  Le aspettative future;  Altri fattori specifici. Surplus del consumatore e surplus del produttore Il mercato è il luogo dove domanda e offerta si incontrano, e dove compratori e venditori stabiliscono il prezzo. La curva di domanda mostra quanto i consumatori sono disposti a pagare per ogni quantità di prodotto, mentre la curva di offerta indica il prezzo minimo a cui le imprese sono disposte a vendere. Il prezzo di equilibrio è quello in cui la quantità domandata è uguale a quella offerta (quantità di equilibrio). Il mercato tende a raggiungere il prezzo di equilibrio attraverso gli aggiustamenti dei comportamenti di venditori e acquirenti. La differenza tra la massima disponibilità a pagare e il prezzo è il surplus del consumatore. Allo stesso modo, al prezzo di equilibrio, le imprese venderanno a un prezzo maggiore di quello minimo, e la differenza è il surplus del produttore. LE CURVE DI COSTO E LA MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO: IL BREVE PERIODO Il profitto (Π pi) è la differenza tra ricavo totale e costo totale: Π = (p x q) – (c x q) dove p è il prezzo unitario, q è la quantità prodotta, e c è il costo per unità di produzione. I profitti sono massimizzati quando si riducono i costi e si aumentano i ricavi. La quantità ottimale da produrre è quella che minimizza i costi. Per trovare la quantità ottimale, bisogna considerare come varia la produzione rispetto agli input, che sono principalmente:  Lavoro (L): numero di operai, manager, ecc.  Capitale (K): macchinari, edifici, terreni, ecc. La funzione di produzione descrive la relazione tra gli input e gli output in un determinato periodo di tempo: q = g (L, K) Per aumentare la produzione, l’impresa deve aumentare gli input, ottimizzare gli impianti esistenti, o usare nuove tecnologie. Ci sono tre scenari: 1. Breve periodo: l’impresa può solo cambiare la quantità di lavoro, non il capitale. 2. Lungo periodo: l’impresa può variare sia il lavoro che il capitale. 3. Lunghissimo periodo: l’impresa può anche cambiare la tecnologia. Il breve periodo Nel breve periodo, l’impresa non può cambiare il capitale, ma può decidere quanta forza lavoro usare. Le tre grandezze principali sono:  Prodotto totale (PT): la quantità totale prodotta in un certo periodo con tutti gli input.  Prodotto medio (PM): la quantità prodotta in media per ogni unità di lavoro (esempio: per ora o per lavoratore).  Prodotto marginale (P'): la variazione nella produzione ottenuta aumentando di una unità il lavoro. La quantità ottimale di lavoro è quella che massimizza il prodotto medio, ovvero quando le curve di prodotto medio e marginale si incrociano. Legge dei rendimenti decrescenti: aumentando sempre più il lavoro, i guadagni in termini di produzione diminuiscono. 5 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA I costi Dal punto di vista economico, il costo si riferisce al "costo opportunità", cioè tutto ciò a cui si rinuncia per fare una scelta. Costo economico = Costo opportunità Le tre grandezze principali sono:  Costo totale (CT): il costo complessivo per produrre una certa quantità di prodotto in un periodo. I costi possono essere variabili o fissi.  Costo medio totale (CMT): il costo totale diviso per la quantità prodotta (costo unitario).  Costo marginale (C'): l’aumento del costo quando la produzione aumenta di una unità. La capacità produttiva ottimale nel breve periodo è quella che minimizza il costo medio totale di breve periodo, cioè dove il costo medio totale interseca il costo marginale. LE CURVE DI COSTO: IL LUNGO PERIODO Il lungo periodo Nel lungo periodo, tutti i fattori produttivi possono essere cambiati. La prima decisione che l’impresa deve prendere è scegliere la combinazione migliore di lavoro e capitale, per ridurre al minimo i costi (principio della minimizzazione del costo). La seconda decisione riguarda la quantità ottimale da produrre, che dipende dai costi. Questo si riflette nella curva di costo medio di lungo periodo (CMLP), che mostra i costi più bassi per ogni livello di produzione. Chiamata Scala efficiente minima. La curva di costo medio di lungo periodo ha una forma a U, che è legata ai rendimenti di scala. Questi indicano come cambiano i risultati (output) al variare degli input (lavoro, capitale). Si distinguono due casi:  Economie di scala: quando aumentare gli input riduce i costi per unità di prodotto.  Diseconomie di scala: quando aumentare gli input aumenta i costi per unità di prodotto. LA CONDIZIONE DI MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO Il profitto è massimo quando il ricavo marginale (R') è uguale al costo marginale (C'), ovvero R' = C'. 20/11 CONCORRENZA, EQUILIBRIO ED EFFICIENZA pt.1 Le tipologie di forme di mercato La struttura di mercato è l'insieme delle caratteristiche che influenzano il comportamento e le performance di acquirenti e venditori. Secondo la teoria neoclassica dell’impresa, le principali forme di mercato sono:  La concorrenza perfetta;  Il monopolio;  La concorrenza imperfetta, suddivisa in: o Oligopolio; o Concorrenza monopolistica. La teoria neoclassica dell’impresa distingue diverse strutture di mercato in base al numero di imprese, alle condizioni di entrata e alla differenziazione del prodotto. Nel caso della concorrenza perfetta, ci sono molte imprese, l’entrata nel mercato è libera e i prodotti offerti sono identici. La concorrenza monopolistica, invece, si caratterizza anch’essa per la presenza di molte imprese e per l’entrata libera, ma i prodotti sono differenziati. Nell’oligopolio il numero di imprese è limitato (poche), l’accesso al mercato è ostacolato da barriere, e i prodotti sono differenziati. Infine, il monopolio è una situazione in cui esiste una sola impresa, l’entrata è completamente bloccata e la differenziazione del prodotto è totale. La concorrenza perfetta La concorrenza perfetta è una struttura di mercato che si verifica quando si rispettano alcune condizioni:  Sul mercato operano numerosi consumatori;  Sono presenti numerose piccole imprese, dette price taker, che non riescono da sole a influenzare il prezzo del bene o servizio offerto, determinato esclusivamente dall’interazione tra domanda e offerta;  Il prodotto è standardizzato o indifferenziato; 6 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA  Vi è simmetria tecnologica, ovvero tutte le imprese hanno accesso alle stesse tecnologie di produzione;  Gli acquirenti dispongono di tutte le informazioni necessarie per valutare le caratteristiche del prodotto;  Non esistono barriere che limitino l’ingresso o l’uscita dal mercato. In un mercato di concorrenza perfetta, la singola impresa (price taker) fronteggia una domanda orizzontale, ossia perfettamente elastica, e non ha alcun potere di influenzare il prezzo, che dipende unicamente dall’interazione tra domanda e offerta. IL BREVE PERIODO IN CONCORRENZA PERFETTA Per massimizzare il profitto, la condizione da rispettare è: R’ = C’ (ricavo marginale uguale al costo marginale). In concorrenza perfetta, il prezzo è costante, quindi anche il ricavo marginale sarà costante e uguale al prezzo. La quantità ottimale da produrre si trova nel punto in cui P = R’ = C’. Se il prezzo di mercato è maggiore del costo medio, l’impresa avrà un profitto; se il prezzo è inferiore, l’impresa subirà delle perdite. IL LUNGO PERIODO IN CONCORRENZA PERFETTA Nel lungo periodo, anche se ci sono guadagni o perdite nel breve periodo, il mercato si aggiusterà e le imprese realizzeranno profitti nulli. Questo significa che, in assenza di profitti extra, le imprese copriranno i costi, inclusi i costi opportunità (come il guadagno che l’imprenditore potrebbe ottenere in altre attività). EQUILIBRIO IN CONCORRENZA PERFETTA Nel mercato concorrenziale, i prezzi segnalano la scarsità o l'eccesso di beni. Le azioni individuali di acquirenti e venditori, orientate a massimizzare il proprio benessere, portano a un equilibrio che massimizza il benessere sociale complessivo. La concorrenza perfetta è la struttura di mercato più efficiente, poiché massimizza sia il surplus del consumatore che quello del produttore. Tuttavia, questa struttura di mercato è molto rara nella realtà. MONOPOLIO In un monopolio, c'è un solo produttore che controlla l'intera offerta, mentre i consumatori sono numerosi. Ci sono anche alte barriere che impediscono l'ingresso di nuovi concorrenti, quindi il mercato non è contendibile. Esistono vari tipi di monopolio:  Monopolio legale  Monopolio tecnologico  Monopolio naturale MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO NEL MONOPOLIO Nel monopolio, l'impresa ha il potere di fissare il prezzo del suo prodotto, diventando un "price maker". Il prezzo dipende dalla quantità prodotta e viceversa. EFFICIENZA: MERCATO CONCORRENZIALE VS MONOPOLIO Il monopolio ha dei limiti. In particolare, crea inefficienza allocativa, riducendo il benessere totale rispetto alla concorrenza perfetta. Questo è dovuto alla "perdita secca", cioè una perdita di efficienza economica che non beneficia né i consumatori né i produttori. Inoltre, l'assenza di concorrenza porta il monopolista a cercare di mantenere il suo potere di mercato e ottenere rendite extra, attraverso attività di "rent seeking". 25/11 CONCORRENZA, EQUILIBRIO ED EFFICIENZA pt.2 La concorrenza monopolistica La concorrenza monopolistica ha alcune caratteristiche della concorrenza perfetta:  Ci sono molti produttori sul mercato.  Le barriere all'ingresso o all'uscita sono basse.  L'obiettivo delle imprese è massimizzare il profitto. Tuttavia, i prodotti non sono identici, ma differenziati, e questo permette alle imprese di fissare prezzi diversi rispetto ai concorrenti. Grazie a questa differenziazione, le imprese possono aumentare il prezzo rispetto ai costi senza perdere clienti. 7 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA Anche in questo tipo di mercato, come nella concorrenza perfetta, a lungo termine le imprese non ottengono profitti. Per rimanere sul mercato, le aziende devono produrre meno di quanto potrebbero, avendo quindi una capacità produttiva in eccesso. I mercati con concorrenza monopolistica, come i ristoranti, sono molto comuni. L’oligopolio L’oligopolio è un mercato con poche imprese che offrono prodotti simili. La caratteristica principale di questo tipo di mercato è l'interdipendenza tra le imprese: ognuna è consapevole delle azioni delle altre. Non è tanto il numero di imprese che definisce un oligopolio, ma il fatto che queste imprese possano influenzarsi a vicenda. In un oligopolio, le imprese prendono decisioni sui prezzi e la produzione tenendo conto di come potrebbero reagire i concorrenti. Questo si chiama "variazioni congetturali". Le imprese possono decidere di competere tra loro o di fare collusione, creando situazioni simili a un monopolio. Quando le imprese si accordano tra loro, formano un cartello, che è illegale e punito dalle Autorità Antitrust. Un esempio di oligopolio con collusione è l’OPEC. CASO OPEC L'OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) è un cartello che riunisce i principali paesi produttori di petrolio. Fondata nel 1960, l’OPEC coordina le politiche petrolifere dei suoi membri per stabilizzare i prezzi, limitando la produzione di petrolio. Sebbene non sia formalmente illegale, le sue pratiche di controllo dell'offerta sollevano spesso critiche, poiché possono influenzare i prezzi globali in modo simile a un monopolio. 26/11 e 27/11 CENNI DI TEORIA DEI GIOCHI La teoria dei giochi La teoria dei giochi studia situazioni in cui diversi soggetti (chiamati "giocatori") prendono decisioni che dipendono dalle scelte degli altri. È utilizzata per analizzare le decisioni interdipendenti tra imprese e altri attori economici. Definizioni:  Gioco: Situazione in cui il risultato dipende dalle decisioni dei giocatori e dalle scelte degli altri.  Payoff: Il valore di un risultato (ad esempio, profitto o utilità).  Strategia: Piano d'azione per partecipare al gioco.  Strategia ottimale: La strategia che massimizza il payoff di un giocatore. Trovare la strategia ottimale può essere difficile, anche quando c'è simmetria e informazione perfetta. Giochi cooperativi o non cooperativi I giochi economici per le imprese possono essere cooperativi o non cooperativi. La differenza principale è che nei giochi cooperativi le imprese possono fare accordi vincolanti, mentre nei giochi non cooperativi no. Quando le imprese in oligopolio prendono decisioni indipendenti senza collaborare, si parla di oligopolio non cooperativo. Indipendentemente dal tipo di gioco, è importante considerare le possibili reazioni dei rivali alle proprie azioni. Strategie dominanti Una strategia dominante è quando un giocatore ha una strategia che è sempre migliore delle altre, indipendentemente dalle scelte dell'altro giocatore. Questa strategia garantisce al giocatore il massimo payoff, indipendentemente dal comportamento dei rivali. Ad esempio, fare pubblicità è una strategia dominante per entrambe le imprese A e B. Ogni impresa ottiene il risultato migliore facendo pubblicità, quindi, se entrambe sono razionali, entrambe decideranno di fare pubblicità. Equilibrio in strategie dominanti: Il risultato di un gioco si verifica quando ogni impresa adotta una strategia dominante. Tuttavia, non tutti i giochi hanno una strategia dominante per ogni giocatore. 8 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA Nel caso dell’impresa A, essa non ha una strategia dominante. La sua scelta dipende da cosa fa l’impresa B. Se B fa pubblicità, A ottiene il miglior risultato facendo pubblicità; se B non fa pubblicità, A ottiene il miglior risultato non facendola. Equilibrio di Nash: Il dilemma del prigioniero Uno dei giochi più usati per spiegare le scelte in un oligopolio è il dilemma del prigioniero. In un oligopolio, ogni impresa cerca di agire al meglio, considerando il comportamento delle altre imprese. Ogni impresa assume che i concorrenti facciano lo stesso. Questo concetto è stato introdotto dal matematico John Nash nel 1951, creando l'equilibrio di Nash, dove ogni impresa agisce nel miglior modo possibile in base alle scelte degli altri. Nel dilemma del prigioniero, se il prigioniero A non confessa, rischia che il suo complice ne approfitti. Confessare è conveniente per entrambi, poiché ognuno teme che l’altro cerchi di trarne vantaggio. Le imprese in un oligopolio spesso si trovano in una situazione simile. Il caso Procter & Gamble P&G si aspetta che i suoi concorrenti scelgano il prezzo di $1,40 e dovrebbe fare lo stesso. Tuttavia, P&G sarebbe più avvantaggiata se, insieme ai concorrenti, scegliesse il prezzo di $1,50. Le imprese si trovano così nel dilemma del prigioniero: qualunque scelta facciano Unilever e Kao, P&G ottiene risultati migliori scegliendo $1,40. Considerazioni L'equilibrio di Nash è non cooperativo, perché ogni impresa sceglie l'opzione che le garantisce il massimo profitto, considerando le scelte dei concorrenti. Il profitto di ciascuna impresa è maggiore rispetto a quello di una concorrenza perfetta, ma inferiore a quello di un accordo collusivo. Tuttavia, il dilemma del prigioniero non porta sempre le imprese a una concorrenza aggressiva e a profitti bassi. A differenza di un prigioniero che ha solo una decisione da prendere, un’impresa può cambiare ripetutamente le sue scelte, osservando e adattandosi alle mosse dei concorrenti. Questo permette alle imprese di costruire una "reputazione" che può favorire la cooperazione tra di loro, invece della concorrenza. Il mercato rilevante e le misure di concentrazione Per valutare la concorrenza di un mercato, è importante definire i suoi confini, ossia quali imprese competono tra loro e quali no. Le Autorità Antitrust usano il test SSNIP (Small but Significant and Non-transitory Increase in Price) per determinare questi confini. Una volta definito il mercato, il livello di concorrenza può essere misurato osservando la concentrazione dei venditori, che si riferisce al numero e alla dimensione delle imprese presenti nel mercato. Un mercato ha alta concentrazione quando poche grandi imprese dominano la produzione. I due principali indicatori di concentrazione sono:  Il rapporto di concentrazione (Cn): la quota di mercato delle prime "n" imprese rispetto al totale del mercato. 9 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA  L'indice di Herfindhal-Hirschman (HH): la somma dei quadrati delle quote di mercato di tutte le imprese. Un HH massimo di 1 indica un monopolio, mentre un HH minimo di 1/N indica che tutte le imprese hanno la stessa quota di mercato. 2/12 FALLIMENTI DEL MERCATO E REGOLAMENTAZIONE I fallimenti del mercato Un motivo per cui può essere necessario un intervento di politica industriale è il fallimento del mercato. Quando i mercati non funzionano correttamente, l'equilibrio raggiunto potrebbe non essere il migliore per la società. I mercati falliscono in caso di:  Esternalità  Beni pubblici  Asimmetria informativa  Mercati non competitivi I governi, con la regolamentazione, la produzione diretta e il sostegno agli attori economici, possono correggere questi fallimenti. L'idea alla base dei fallimenti del mercato è che normalmente le forze di mercato portano a risultati economici efficienti. L'efficienza di Pareto significa che non si può migliorare la condizione di una persona senza peggiorare quella di qualcun altro. Il mercato funziona come un sistema che elabora informazioni attraverso i prezzi. Tuttavia, in certe situazioni, i meccanismi di mercato possono non funzionare, e in questi casi, il governo può intervenire per correggere il mercato attraverso la politica industriale. Esternalità Le esternalità si verificano quando le azioni di una persona influenzano, in modo non intenzionale, altre persone, con effetti positivi o negativi. In particolare, riguardano le azioni di produttori o consumatori che impattano su altri soggetti non coinvolti nello scambio. Le esternalità possono essere di vari tipi, a seconda di chi le provoca e chi ne è influenzato. Tipi di esternalità  Negativa, produttore-produttore: un produttore causa danni a un altro senza pagare per il danno. Esempio: inquinamento atmosferico.  Positiva, produttore-produttore: un produttore beneficia altri senza essere ricompensato. Esempio: attività di ricerca e sviluppo.  Negativa, produttore-consumatore: un produttore danneggia i consumatori. Esempio: rumore di concerti all’aperto.  Positiva, produttore-consumatore: un produttore offre benefici ai consumatori senza farsi pagare. Esempio: Wi-Fi gratuito.  Negativa, consumatore-consumatore: un consumatore danneggia altri consumatori senza pagare il danno. Esempio: fake news.  Positiva, consumatore-consumatore: un consumatore beneficia altri consumatori. Esempio: volontariato.  Positiva, consumatore-produttore: un consumatore provoca un beneficio per un produttore. Esempio: recensioni online.  Negativa, consumatore-produttore: un consumatore danneggia un produttore senza rispondere del danno. Esempio: errata raccolta differenziata. I costi sociali delle esternalità Quando non c'è un intervento pubblico, le esternalità positive non vengono remunerate e le esternalità negative non vengono compensate. Questo porta alla sovrapproduzione di esternalità negative e alla sottoproduzione di esternalità positive. Il costo sociale delle esternalità può essere rappresentato graficamente. La teoria dei fallimenti del mercato giustifica l'intervento pubblico per garantire che le esternalità, sia positive che negative, siano prodotte in quantità ottimali per la società. Gli interventi possibili includono:  Sostenere chi genera esternalità positive, ad esempio con sussidi o sgravi fiscali.  Disincentivare la produzione di esternalità negative, ad esempio con tasse o sanzioni.  Attuare politiche in settori specifici, come la ricerca, l'innovazione o la riduzione dell'inquinamento. 10 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA Regolamentazione Per ridurre le esternalità negative, come l'inquinamento, i governi possono intervenire tramite la regolamentazione. Una prima opzione potrebbe essere quella di fissare un limite massimo alla produzione che utilizza sostanze inquinanti, ma stabilire questi limiti per ogni impresa è difficile. Più frequentemente, i governi pongono limiti sulle emissioni di sostanze dannose nell'ambiente durante i processi produttivi, lasciando alle imprese la scelta di come rispettarli. Le imprese possono investire in tecnologie per prevenire le emissioni o in tecnologie che, se possibile, ripuliscono l'ambiente dopo il danno. Esempi di regolamentazione:  Protocollo di Kyoto  Caso Ilva. Imposte pigouviane Oltre alla regolamentazione, il governo può intervenire attraverso la tassazione per limitare l'inquinamento. Un tipo di imposta particolarmente rilevante è l'imposta pigouviana, proposta dall'economista Arthur Pigou. Queste imposte mirano ad aumentare il costo privato di chi produce esternalità negative, avvicinandolo al costo sociale. Inoltre, è possibile assegnare sussidi a chi genera esternalità positive. Le imposte pigouviane hanno due effetti principali: 1. Incentivano i produttori a ridurre le esternalità negative. 2. Generano un entrata fiscale per il governo. Tuttavia, c'è il rischio che le imprese trasferiscano parte di questi costi sui consumatori finali. Esempio: la Plastic Tax. Beni pubblici I beni e i servizi si dividono in due categorie principali:  Beni privati  Beni pubblici I beni pubblici si distinguono dai beni privati per due caratteristiche principali:  Non rivalità: il consumo di un bene da parte di una persona non impedisce che altre persone possano consumarlo contemporaneamente.  Non escludibilità: una volta che un bene è disponibile per una persona, non è possibile (o conveniente) impedire che altri ne usufruiscano. Quando entrambe le condizioni (non rivalità e non escludibilità) sono soddisfatte, si parla di bene pubblico puro, come un faro. Al contrario, i beni che non soddisfano pienamente una o entrambe le condizioni sono chiamati beni misti, che si suddividono in beni club e beni comuni. Un problema che può sorgere in presenza di beni pubblici è il free riding, ossia il comportamento opportunistico di chi usufruisce del bene senza contribuire al suo finanziamento o alla sua produzione. Questo può portare a una riduzione nella produzione e nel consumo di tali beni, impedendo il raggiungimento di una quantità ottimale socialmente desiderabile. La tragedia dei beni comuni si verifica quando un bene (come un pascolo) viene sfruttato eccessivamente da una comunità. Se ciascun membro della comunità aumenta il numero di animali, alla fine il bene si deteriora, danneggiando tutti, poiché ogni animale avrà sempre meno risorse, riducendo la quantità di carne o latte prodotto. Asimmetria informativa L'asimmetria informativa è uno dei problemi principali della teoria dell'agenzia, insieme all'azzardo morale. La teoria dell'agenzia si concentra sul rapporto principale-agente, una relazione in cui l'agente opera per conto del principale, ma i loro interessi possono essere divergenti. Il principale non ha la possibilità di monitorare direttamente l'operato dell'agente. L'asimmetria informativa riguarda la disparità di informazioni tra le due parti coinvolte in un contratto o scambio. In particolare, si verifica quando una parte possiede più informazioni rispetto all'altra riguardo alle caratteristiche del bene o servizio scambiato. In un mercato, la qualità dei beni e servizi non è perfettamente conosciuta da chi compra e da chi vende, creando un'incompletezza di informazioni. 11 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA Questa asimmetria può portare a selezione avversa, un fenomeno in cui i prezzi non riflettono le differenze di qualità tra i beni. Ciò può comportare risultati socialmente indesiderabili, come nel caso del mercato delle auto usate o delle microfinanze, come nel caso della Grameen Bank. Un intervento pubblico utile potrebbe essere:  Stabilire regole per garantire che i consumatori siano informati in modo completo, chiaro e veritiero sulle caratteristiche dei prodotti. Per quanto riguarda l'azzardo morale, il problema non riguarda tanto l'informazione nascosta, ma le azioni nascoste dell'agente che agisce in modo opportunistico, a scapito degli interessi del principale. Un esempio tipico è nel settore creditizio o nei prodotti assicurativi, dove l'agente può prendere decisioni che favoriscono i propri interessi, ma danneggiano il principale. 3/12 POLITICA DELLA CONCORRENZA E NORMATIVA Le aree di intervento della politica della concorrenza Le politiche per proteggere la concorrenza mirano a:  Garantire la concorrenza in un mercato;  Ridurre gli effetti della mancanza di competizione;  Combattere i tentativi di monopolizzazione e gli abusi di posizione dominante. Le autorità competenti devono:  Analizzare se realmente manca concorrenza nel mercato;  Verificare se questa mancanza è giustificata dai costi di produzione e innovazione, e se va regolata. Alcuni paesi hanno tollerato la concentrazione di potere economico, favorendo la nascita di monopoli e ignorando gli effetti sui prezzi e i consumi. In questi casi, gli interventi hanno mirato a creare:  Campioni nazionali: imprese grandi e efficienti che possano competere sui mercati internazionali;  Monopoli naturali: situazioni in cui un solo produttore è più efficiente nel soddisfare tutta la domanda. L'Autorità antitrust deve:  Definire il mercato rilevante;  Misurare la concentrazione di mercato;  Considerare la possibilità di monopoli naturali. Se viene accertata la scarsa concorrenza, le autorità devono valutare possibili interventi correttivi, che riguardano principalmente: 1. L'abuso di posizione dominante; 2. Fusioni e acquisizioni; 3. Pratiche restrittive della concorrenza. L'Abuso di Potere di Mercato L'abuso di potere di mercato si verifica quando un'impresa, per vari motivi, arriva a occupare una posizione dominante nel mercato. Le conseguenze di questa posizione sono:  La possibilità di fissare un prezzo più alto rispetto al costo di produzione;  Un vantaggio che permette all'impresa di operare senza essere troppo influenzata dalla concorrenza. Esempi: Alibaba, Facebook. Nella pratica, le autorità antitrust si concentrano più spesso sul promuovere una concorrenza sostenibile (workable competition), ossia una concorrenza che, pur non essendo perfetta, funzioni correttamente nel mercato. Le Fusioni e le Acquisizioni Le politiche di controllo delle fusioni e acquisizioni mirano a prevenire la creazione di mercati non competitivi e l’eccessiva concentrazione di mercato. L'Autorità antitrust deve valutare se la fusione di due o più imprese possa creare una posizione dominante e ridurre la concorrenza, danneggiando così l’interesse pubblico. Ad esempio, una fusione orizzontale aumenta la concentrazione di mercato, concentrando la produzione di un prodotto o servizio nelle mani di poche grandi imprese. Esempi: Amazon, Apple, Google, Facebook. Le Pratiche Restrittive della Concorrenza 12 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA Si verificano quando due o più imprese adottano comportamenti coordinati per ridurre la concorrenza nel mercato e aumentare i propri profitti, danneggiando i consumatori. Questi accordi possono essere:  Orizzontali: coinvolgono imprese della stessa industria. In mercati con pochi attori, le imprese evitano la concorrenza sui prezzi (adottando politiche comuni di prezzo) o collaborano su progetti di ricerca e sviluppo (R&D).  Verticali: coinvolgono imprese che operano in fasi diverse del processo produttivo. Queste creano barriere all'ingresso, ad esempio con contratti di vendita esclusivi, accordi territoriali esclusivi o tasse di ingresso. Normativa Antitrust negli Stati Uniti Gli Stati Uniti hanno una lunga tradizione di normative antitrust. Le leggi principali su cui si basa ancora oggi la politica per la concorrenza sono:  Lo Sherman Antitrust Act (1890);  Il Clayton Antitrust Act (1914);  Il Federal Trade Commission Act (1914). In particolare, il Federal Trade Commission Act ha creato la Federal Trade Commission (FTC), un'agenzia incaricata di monitorare, valutare e intervenire nei casi di pratiche restrittive della concorrenza. La FTC si occupa anche della tutela dei consumatori e dei casi di pubblicità ingannevole. A partire dagli anni Settanta, è emerso un approccio che riduceva il ruolo del governo nell'economia, basato su principi neoliberisti. Questo ha influenzato l'applicazione della normativa antitrust, che è diventata più tollerante nei confronti delle concentrazioni di potere economico. Normativa Antitrust in Europa e in Italia In Europa, l'approccio alle concentrazioni di potere di mercato è stato diverso da quello degli Stati Uniti. Nel XX secolo, le economie europee erano ancora relativamente chiuse, con barriere commerciali che rendevano difficile l'integrazione dei mercati. I governi europei adottavano politiche che favorivano la crescita delle imprese, come nel caso dei campioni nazionali. A partire dagli anni Cinquanta, con la creazione del Mercato Unico europeo, la normativa antitrust europea ha iniziato a seguire un modello simile a quello americano, mirando a favorire la competizione nel Mercato Unico. La normativa antitrust europea è applicata dalla Direzione generale della Concorrenza della Commissione Europea e riguarda solo le imprese che operano tra Stati membri. Le imprese che operano solo all'interno di un singolo Stato sono soggette alle normative nazionali. Le principali norme antitrust europee sono contenute nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), firmato nel 2007, e si concentrano su:  Articolo 101: riguarda gli accordi tra imprese;  Articolo 102: vieta l'abuso di posizione dominante;  Articoli 107 e 108: regolano gli aiuti di Stato. In Italia, la prima legge antitrust fu introdotta nel 1990, un secolo dopo lo Sherman Antitrust Act negli Stati Uniti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il governo italiano aveva un ruolo forte nell’economia, sostenendo grandi imprese pubbliche, il che rendeva difficile applicare una politica di concorrenza. Con l’integrazione dell’Italia nell’economia europea negli anni Ottanta, si riaccese il dibattito sull’introduzione di una normativa antitrust. La normativa antitrust italiana fu introdotta con la legge n. 287 del 1990, intitolata "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato". La sua applicazione è affidata all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), un organismo indipendente. La legge si ispira alla normativa europea e si occupa di intese tra imprese, abusi di posizione dominante e concentrazioni di imprese. Gli articoli principali della normativa antitrust italiana sono:  Articolo 2: regola le intese tra imprese;  Articolo 3: vieta l'abuso di posizione dominante;  Articolo 4: disciplina la concorrenza derivante dalle intese;  Articoli 5 e 6: regolano le concentrazioni di imprese, come fusioni e acquisizioni. 4/12 STRATEGIE DI PREZZO La teoria neoclassica afferma che per massimizzare i profitti, il prezzo deve essere determinato quando il costo marginale è uguale al ricavo marginale, indipendentemente dalla struttura di mercato. Tuttavia, nella realtà, i processi decisionali aziendali sono più complessi di quanto suggerisca questa teoria. Spesso, la regola della massimizzazione del 13 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA profitto non è sufficiente a spiegare tutte le scelte relative al prezzo. In alcuni casi, infatti, le decisioni sui prezzi non seguono direttamente questo principio. Il Cost Plus Pricing Le imprese, spesso, utilizzano metodi alternativi per determinare il prezzo dei loro prodotti e servizi, soprattutto quando è difficile ottenere informazioni sulla domanda. Uno dei metodi più comuni è il cost plus pricing, che prevede di calcolare il prezzo partendo dal costo totale e aggiungendo una percentuale (markup) per coprire i costi fissi e ottenere un profitto. Vantaggi del metodo:  Facile da applicare;  Richiede poche informazioni sui costi;  Garantisce una certa stabilità dei prezzi;  Migliora l’immagine sociale dell’impresa. Difficoltà:  Corretta imputazione dei costi;  Il costo medio cambia con l’output, richiedendo una stima della domanda;  Gestione delle imprese che vendono più prodotti;  La concorrenza può influire. La discriminazione di prezzo La discriminazione di prezzo consiste nel vendere lo stesso prodotto a prezzi diversi in base alle caratteristiche dell'acquirente o alla quantità acquistata. Non si tratta di discriminazione di prezzo quando si vendono prodotti simili ma non identici a prezzi diversi, se la differenza è giustificata dalle caratteristiche dei prodotti (ad esempio, olio di semi vs olio d'oliva). La discriminazione di prezzo è possibile solo se sono soddisfatte alcune condizioni:  Il costo per unità di prodotto deve essere uguale;  L’impresa deve avere un certo potere di mercato;  Non deve essere possibile praticare l'arbitraggio;  È necessario identificare segmenti di clienti nella domanda;  I clienti devono essere indotti all’auto-selezione, scegliendo il proprio segmento di riferimento. La discriminazione di prezzo di primo grado La discriminazione di prezzo di primo grado (o perfetta, o prezzi personalizzati) consiste nel far pagare a ciascun cliente un prezzo diverso, basato sulla sua massima disponibilità a pagare. Questo tipo di discriminazione è più facilmente applicabile quando l’impresa:  Ha un rapporto personale con ogni cliente (ad esempio, banche o assicurazioni);  Può definire accordi specifici per ogni transazione, dopo aver raccolto informazioni sulla capacità di spesa del cliente (come nella vendita di automobili);  Serve un numero limitato di clienti e lavora su commissione. La discriminazione di prezzo di secondo grado La discriminazione di prezzo di secondo grado prevede prezzi diversi a seconda della quantità acquistata. Ad esempio, l’impresa può offrire menù o pacchetti dove il prezzo unitario cambia in base alla quantità totale acquistata. In questo caso, i consumatori che acquistano la stessa quantità pagheranno lo stesso prezzo. Altri esempi di discriminazione di secondo grado includono le tessere fedeltà, le raccolte punti e le tariffe a due o più parti (come per energia elettrica o gas). La discriminazione di prezzo di terzo grado La discriminazione di prezzo di terzo grado consiste nell'applicare prezzi diversi in base alle caratteristiche del cliente, indipendentemente dalla quantità acquistata. Questo è il tipo di discriminazione più comune. L’impresa riconosce l’esistenza di gruppi di consumatori con diversa elasticità della domanda e diversa disponibilità a pagare. Per questo motivo, divide il mercato in più gruppi e applica un prezzo diverso a ciascuno. Le modalità attraverso cui viene attuata la discriminazione di terzo grado sono: 14 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA  Intertemporale (prezzi diversi in momenti diversi);  Differenti marche (prodotti simili con marchi diversi);  Coupon e buoni sconto;  Building (vendite abbinate o collegate). Prezzi e comportamento competitivo In alcune situazioni, il prezzo viene fissato per evitare l'ingresso di nuovi concorrenti o per spingere i rivali esistenti a uscire dal mercato. In questi casi, l’impresa potrebbe ridurre i propri profitti o subire temporanee perdite nel breve periodo. L’uso di strategie di prezzo aggressive è spesso giustificato dalla presenza di barriere all'uscita, che rendono difficile per le imprese lasciare il mercato e le spingono a competere in modo molto aggressivo. Le due strategie più comuni sono:  Prezzi predatori;  Prezzi limite. Prezzi predatori Un’impresa adotta una strategia di prezzi predatori quando abbassa il proprio prezzo a un livello molto basso, anche sotto il costo medio, per fare in modo che i concorrenti esistenti escano dal mercato o per impedire l’ingresso di nuovi. Una volta raggiunto l’obiettivo, l’impresa aumenta nuovamente il prezzo. Questa strategia ha successo solo se i potenziali nuovi concorrenti ritengono che l’impresa dominante sia abbastanza forte e aggressiva da sostenere prezzi predatori. Sebbene le leggi antitrust vietino i prezzi predatori, identificarli è difficile, poiché non esiste un metodo universalmente accettato per farlo. In generale, si considera predatorio un prezzo inferiore al costo marginale a breve termine, poiché l’impresa cerca di recuperare le perdite a lungo termine. Prezzi limite L’impresa adotta una strategia di prezzi limite fissando il prezzo più alto che può applicare senza attirare nuovi concorrenti, rinunciando così a una parte di extra profitto. Affinché questa strategia sia efficace, l’impresa dominante deve avere un vantaggio di costo rispetto ai potenziali entranti. Per impedire che nuovi concorrenti ottengano extra profitti, l’impresa dominante riduce il prezzo, portandolo appena sotto il punto minimo della curva dei costi medi del concorrente, così che quest’ultimo non abbia più convenienza ad entrare nel mercato. Poiché entrambe le strategie di prezzo possono danneggiare fortemente le imprese concorrenti, a volte non è necessario implementarle realmente. La minaccia di applicarle può già essere sufficiente per ottenere l'effetto desiderato. Prezzi massimi Non sempre le imprese fissano liberamente i prezzi in base alle proprie scelte strategiche. In alcune situazioni, infatti, lo Stato impone o regola i prezzi. Una di queste è l’imposizione di un prezzo massimo (detto anche calmieramento), che può verificarsi in due casi:  Riduzione dell’offerta e della quantità prodotta;  Aumento della domanda a causa di eventi esterni. 9/12 FUSIONI E ACQUISIZIONI Fusioni e acquisizioni Le fusioni e le acquisizioni consistono nell'unire due o più imprese indipendenti per creare una nuova entità economica. Queste strategie hanno lo scopo di migliorare le performance aziendali e la posizione competitiva. La fusione è quando due o più imprese si uniscono per formare una sola società. L’acquisizione, invece, è un tipo di fusione, in cui un'impresa compra abbastanza azioni di un'altra per controllarla. Una fusione può anche essere una "scalata" (o take-over), quando un’impresa acquisisce il controllo di una società con molti proprietari. Gli amministratori preparano un piano per modificare la struttura societaria, che deve essere approvato dai soci. Le fusioni possono essere di tre tipi: orizzontale, verticale o conglomerale. Le fusioni orizzontali 15 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA La fusione orizzontale coinvolge imprese che offrono gli stessi prodotti o servizi. Questo tipo di fusione può influenzare sia la concorrenza nel mercato, riducendo il numero di imprese attive, sia i costi delle aziende coinvolte, che possono migliorare l'efficienza. Gli effetti principali delle fusioni orizzontali sono due: 1. Concorrenza del mercato: o Riduzione delle imprese in un mercato. o Aumento della concentrazione del mercato. o Maggiore potere di mercato per la nuova impresa. 2. Efficienza produttiva: o Miglioramento dell’efficienza delle imprese coinvolte. o Riduzione dei costi grazie alla razionalizzazione degli impianti e alle economie di scala. La fusione tra il gruppo FCA e il gruppo PSA-Peugeot La fusione tra i gruppi FCA e PSA-Peugeot è stata completata il 16 gennaio 2021. Si è trattato di una fusione alla pari, ma dal punto di vista contabile, PSA è stata considerata l’acquirente e FCA l’acquisito. Tuttavia, dal punto di vista legale, è stato FCA a cambiare nome in Stellantis. Poiché l’operazione avrebbe potuto alterare gli equilibri competitivi e creare una posizione dominante nel settore, è stata necessaria l’approvazione dei tre paesi coinvolti (Italia, Francia e Stati Uniti) e della Commissione Europea, che ha imposto condizioni per garantire la concorrenza. La nuova società è quotata alle borse di Parigi, Milano e New York. Le fusioni verticali La fusione verticale coinvolge imprese che operano in diverse fasi dello stesso processo produttivo. L’obiettivo principale di questo tipo di fusione è ridurre i costi di produzione. La maggiore efficienza si ottiene svolgendo internamente alcune fasi del processo produttivo, invece di affidarsi a transazioni esterne (decidendo se produrre internamente o acquistare da altri MAKE OR BUY). Gli effetti sulle dinamiche concorrenziali del mercato sono più complessi da valutare. Dopo la fusione, l’impresa controlla internamente fasi successive dello stesso processo produttivo per realizzare un bene o servizio. Il processo produttivo può essere visto come una sequenza di attività, chiamata "catena del valore", che comprende tutte le operazioni necessarie per creare e commercializzare un prodotto. Le fasi iniziali del processo sono dette attività a monte (upstream), mentre le fasi finali sono chiamate attività a valle (downstream). Tipologie di fusioni verticali 1. Integrazione a monte (o all'indietro): Avviene quando un'impresa si fonde con un’impresa che opera nelle fasi precedenti del ciclo produttivo, acquisendo il controllo interno dei propri input (materie prime o forniture). 2. Integrazione a valle (o in avanti): Si verifica quando un’impresa si fonde con un’impresa che opera nelle fasi successive del ciclo produttivo, controllando internamente attività che utilizzano i propri prodotti (come la distribuzione o il retail). 3. Sbilanciata: Si parla di fusione sbilanciata quando le capacità produttive delle imprese coinvolte in fasi diverse non sono equivalenti, e l’impresa deve ricorrere a transazioni esterne per ottenere i fattori produttivi necessari. 4. Bilanciata: È una fusione bilanciata quando le capacità produttive delle imprese in fasi diverse sono equivalenti, e non è necessario ricorrere a transazioni esterne per ottenere i fattori produttivi. Le fusioni verticali avvengono quando i costi delle transazioni esterne sono molto più alti di quelli interni all'impresa. I motivi principali per cui una fusione verticale può ridurre i costi sono:  Interdipendenza tecnologica nelle fasi produttive.  Incertezze sulla disponibilità di risorse o sui costi esterni.  Utilizzo di beni capitali specialistici.  Esternalità che influenzano il mercato.  Imposte e controlli sui prezzi di vendita. Le fusioni conglomerali 16 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA La fusione conglomerale coinvolge imprese che producono beni o servizi molto diversi tra loro. Di solito, queste fusioni sono fatte per cercare opportunità di profitto in settori diversi, sfruttando le economie di scopo, cioè la riduzione dei costi grazie alla produzione di beni diversi insieme. L’impresa che nasce da una fusione conglomerale è un’impresa diversificata (o conglomerale), caratterizzata dal fatto di essere multi-prodotto. Esistono tre tipi di diversificazione: 1. Diversificazione orizzontale: L’impresa introduce nuovi beni o servizi, ma si rivolge ancora allo stesso mercato e ai medesimi clienti (collegata nella domanda). 2. Diversificazione correlata: L’impresa crea un nuovo prodotto utilizzando una tecnologia già presente nella propria produzione (collegata nell’offerta). 3. Diversificazione conglomerata pura: L’impresa realizza nuovi prodotti che non sono collegati né nella domanda né nell’offerta. Le fusioni conglomerali sono una strategia per le imprese che operano in settori maturi e ad alta concorrenza, dove la domanda è stagnante. Espandendosi in nuovi settori, queste imprese cercano di diversificare la loro offerta. I principali vantaggi della diversificazione sono:  Riduzione della concorrenza di mercato (tramite sussidi incrociati).  Miglioramento dell’efficienza produttiva (grazie alle economie di scopo).  Riduzione dei costi di transazione.  Miglioramento della posizione dei manager, evitando il fenomeno della "maledizione del vincitore". 10/12 ALLEANZE STRATEGICHE E RESTRIZIONI VERTICALI Le alleanze strategiche Le alleanze strategiche offrono vantaggi simili a fusioni e acquisizioni, ma senza unire la proprietà delle imprese coinvolte. Sono accordi di cooperazione tra aziende indipendenti per sfruttare sinergie specifiche, come progetti di ricerca e sviluppo. Le sinergie possibili includono:  Modulari: ogni impresa lavora su una parte del progetto.  Sequenziali: una impresa completa un’attività che l’altra utilizza successivamente.  Reciproche: le imprese collaborano in modo interdipendente. Restrizioni verticali Sono contratti a lungo termine tra imprese collegate lungo la stessa filiera, che stabiliscono condizioni per il loro rapporto e possono sostituire le fusioni verticali. Caratteristiche delle alleanze strategiche Le imprese condividono risorse e attività per obiettivi comuni, con contratti flessibili e non vincolanti su tutti i dettagli futuri. Questo consente di modificare o interrompere l’accordo nel tempo, a differenza delle fusioni che sono irreversibili. Esempi comuni di alleanze strategiche Joint venture, Consorzi, Accordi di franchising, Contratti di licensing Le joint venture Le joint venture sono accordi in cui due o più imprese collaborano per raggiungere un obiettivo comune, come costruire impianti industriali o creare una rete di distribuzione condivisa. Vengono utilizzate per investimenti costosi o rischiosi, permettendo di condividere costi, rischi e profitti tra i partecipanti. Tipologie di joint venture  Non incorporate (unincorporated): le imprese restano giuridicamente separate e l’accordo non prevede la creazione di una nuova entità.  Incorporate: viene costituita una nuova società con personalità giuridica autonoma. Durata L’accordo termina al raggiungimento degli obiettivi o se questi diventano irrealizzabili. Esempio Un caso noto è quello dell’industria automobilistica in Cina. I consorzi A differenza delle joint venture, un consorzio è un accordo tra due o più imprese per creare una struttura 17 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA organizzativa comune, che gestisce funzioni aziendali specifiche. La struttura tipica include un'assemblea con funzioni decisionali e un organo direttivo per la gestione e il controllo. Tipologie di consorzi  Anticoncorrenziali.  Di cooperazione aziendale  Di servizi Come nelle joint venture, un consorzio può essere creato come una nuova società con personalità giuridica propria (società consortile). Esempio Un esempio sono i consorzi che tutelano i prodotti con Indicazione Geografica Protetta (IGP). Il franchising Il franchising è un accordo tra due imprese indipendenti: il franchisor e il franchisee. Il franchisor concede al franchisee il diritto di usare un processo produttivo, un prodotto o un marchio, in cambio di un pagamento periodico (royalty). Il contratto stabilisce regole su prezzi, servizi, location e marketing che il franchisee deve seguire. Tipologie di franchising  Franchising aziendale: il franchisor cede anche l'intero formato aziendale, con forte interazione tra le parti (esempio: McDonald's).  Franchising di prodotto o marchio: il franchisee è più indipendente e utilizza il prodotto o il marchio, ma gestisce autonomamente i servizi (esempio: concessionarie di auto). I contratti di licensing Un contratto di licensing permette al detentore di una proprietà intellettuale (come un marchio, brevetto o diritto d’autore), chiamato licensor, di cedere il diritto di utilizzo a un altro soggetto, il licensee, che può trarne benefici economici. In cambio, il licensee paga un corrispettivo periodico (fee), solitamente una percentuale sulle vendite ottenute grazie all'uso della licenza. Vantaggi L'uso della licenza può aumentare il valore di un prodotto o servizio, come nel caso di un marchio noto che favorisce la fidelizzazione dei clienti. Termini d’uso L'accordo può specificare i prodotti su cui la licenza si applica, quelli esclusi e le aree geografiche in cui è valida. Le restrizioni verticali Le restrizioni verticali riguardano contratti a lungo termine tra imprese collegate verticalmente, stabilendo condizioni e limitazioni commerciali per armonizzare gli interessi delle aziende indipendenti coinvolte. Le principali forme di restrizioni verticali sono:  Vendita in esclusiva  Prezzo imposto  Esclusiva territoriale  Tasse di ingresso La vendita in esclusiva La vendita in esclusiva è un accordo in cui un fornitore si impegna a vendere un bene o servizio solo a un determinato produttore. Questo può offrire vantaggi competitivi, riducendo la concorrenza e abbassando i costi di produzione. Può anche comportare l’esclusione dal mercato di altre imprese, rifiutando di rifornirle o acquistare da loro. L’esclusione può essere parziale (solo alcune imprese sono escluse) o totale (un’impresa controlla tutti i fornitori o punti vendita). Il prezzo imposto Il prezzo imposto è una restrizione verticale in cui un produttore a monte stabilisce il prezzo di vendita di un bene o servizio ai clienti finali, attraverso l’imposizione di un prezzo minimo (price floor) o massimo (price ceiling) ai dettaglianti a valle. Questa pratica garantisce alle aziende produttrici che i prodotti vengano venduti a un prezzo fisso, proteggendo la loro reputazione. Ad esempio, un prezzo più elevato rispetto al mercato può suggerire ai consumatori una qualità superiore del bene o servizio offerto. 18 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA Esclusiva territoriale L’esclusiva territoriale è un accordo in cui un produttore a monte definisce il territorio in cui i distributori a valle possono vendere il proprio prodotto. Ci sono diverse modalità:  Il distributore può vendere solo nel proprio territorio, ma può comunque trattare con clienti che si recano in loco.  Il distributore può vendere solo a clienti residenti in un determinato territorio. Il vantaggio per le imprese coinvolte è una minore concorrenza e un maggiore potere di mercato. Tasse d’ingresso Le tasse d’ingresso sono applicate nella distribuzione di un bene o servizio e riguardano l'accesso al mercato finale. Vengono comunemente utilizzate nella grande distribuzione al dettaglio (come catene di supermercati), dove i fornitori devono pagare una "tassa" per rendere il loro prodotto accessibile ai clienti o per posizionarlo in modo più visibile per attirare l'attenzione. Queste tasse possono ridurre la concorrenza nel mercato, poiché solo i produttori in grado di pagarle ottengono i benefici di una migliore visibilità, creando una barriera all'ingresso per nuovi concorrenti. 11/12 DIFFERENZIAZIONE DI PRODOTTO E PUBBLICITA’ Dalla produzione di massa alla personalizzazione di massa La differenziazione di prodotto ha acquisito importanza variabile nel tempo, seguendo l'evoluzione dei modelli produttivi.  Prima rivoluzione industriale: Si passa dalla produzione artigianale alla produzione meccanizzata, mantenendo però un’impronta manuale.  Seconda rivoluzione industriale: Nascono le tecniche di produzione di massa, dove la concorrenza si basa sui prezzi e le imprese sfruttano le economie di scala (es. Ford).  Anni Settanta: Con la lean production (produzione snella), le imprese iniziano a produrre beni differenziati mantenendo bassi i costi, grazie a strette collaborazioni con i fornitori. Si afferma il concetto di Just in Time (Toyota).  Terza rivoluzione industriale: L'informatica e internet portano alla massima efficienza produttiva. Crescono la ricerca e sviluppo (R&S) e il marketing, e si diffonde la mass-customization (personalizzazione di massa).  Quarta rivoluzione industriale (Industria 4.0): Tecnologie digitali, stampa 3D e intelligenza artificiale permettono una personalizzazione di massa sempre più spinta. Alcune aziende, come Nike e Coca-Cola, introducono l’iperpersonalizzazione, offrendo prodotti quasi su misura. Oggi la capacità di soddisfare esigenze specifiche dei clienti è una leva fondamentale per il vantaggio competitivo. Differenziazione di prodotto Due prodotti si distinguono in base a come ogni consumatore ne valuta le caratteristiche:  Differenziazione orizzontale: I prodotti differiscono per elementi soggettivi, come colori, gusti, forme o stili. La scelta dipende dalle preferenze personali e non esiste un ordine di qualità oggettivo.  Differenziazione verticale: I prodotti si differenziano per il livello qualitativo complessivo, classificabile oggettivamente (es. ingredienti o specifiche tecniche). Nella pratica, la qualità dei prodotti spesso combina elementi di entrambe le differenziazioni. Differenziazione naturale e strategica  Differenziazione naturale: Le differenze derivano da caratteristiche intrinseche del prodotto, come la localizzazione geografica o il luogo di origine. Un esempio è il vino Chianti Classico DOCG, tutelato dal 1924 da un consorzio di produttori (oggi il 95% dei produttori, circa 600 membri). Il consorzio protegge il marchio, supporta gli standard produttivi e sviluppa strategie di marketing.  Differenziazione strategica: Le differenze sono create intenzionalmente dai fornitori per distinguere il proprio prodotto dalla concorrenza. Questa strategia può anche servire a favorire il ricambio di prodotti, introducendo nuove versioni con modifiche marginali (es. Apple), ma capaci di stimolare il desiderio di acquisto nei consumatori. 19 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA Il confine tra queste due forme di differenziazione è spesso poco chiaro, come nel caso di prodotti che associano la qualità al paese d’origine. La pubblicità e le sue funzioni Differenziarsi dalla concorrenza non dipende solo dalle caratteristiche uniche di un prodotto, ma anche dalla capacità di comunicarle ai clienti. La pubblicità svolge un ruolo chiave e si divide in:  Informativa: Descrive le caratteristiche del prodotto (es. dimensioni, prezzo, disponibilità) e le condizioni di vendita.  Persuasiva: Mira a convincere il consumatore dell’unicità del prodotto, spesso con affermazioni non verificabili (es. "il nostro dentifricio rende il sorriso più luminoso"), riducendo così la competizione sul prezzo.  Segnalazione: Si basa su campagne costose e di grande impatto, che forniscono poche informazioni dirette (es. il lancio dell’iPod nel 2001 da parte di Apple). Un’estensione della segnalazione è la comunicazione corporate, che punta a rafforzare la notorietà del marchio, facendo scegliere un prodotto per il prestigio del produttore e non per le sue caratteristiche (es. pubblicità Barilla incentrata sui dipendenti, non sul prodotto). Caratteristiche dei beni e ruolo della pubblicità La pubblicità varia in base alla natura dei beni acquistati:  Shopping goods: Beni acquistati raramente e costosi (es. automobili, mobili). Il consumatore dedica tempo e denaro per informarsi, quindi la pubblicità ha un ruolo marginale.  Convenience goods: Beni di uso comune, per cui il consumatore cerca velocità e praticità. La pubblicità riduce tempi e costi di ricerca, risultando utile.  Search goods: Prodotti per cui è possibile confrontare alternative prima dell’acquisto (es. computer). La pubblicità deve fornire informazioni chiare e utili per la scelta.  Experience goods: Prodotti valutabili solo dopo l’uso (es. viaggi, pacchetti turistici). La pubblicità serve a far conoscere il prodotto, senza bisogno di dettagli approfonditi.  Credence goods: Prodotti le cui qualità non sono verificabili nemmeno dopo l’uso (es. servizi professionali). La scelta si basa sulla reputazione e affidabilità del produttore, con la pubblicità che rafforza questi aspetti. Pubblicità e ciclo di vita del prodotto  Lancio: La pubblicità è informativa, per far conoscere il prodotto e le sue caratteristiche.  Crescita: Serve a spingere la diffusione e la penetrazione nel mercato.  Maturità: Mira a difendere la quota di mercato in un contesto di minore differenziazione del prodotto. Pubblicità comportamentale online La pubblicità comportamentale online (OBA, Online Behavioural Advertising) utilizza i dati di navigazione degli utenti raccolti tramite cookie per personalizzare gli annunci sui siti web e social network.  Come funziona: Ad esempio, Amazon propone prodotti basati sulle ricerche precedenti dell’utente, anche su altri siti. Facebook mostra inserzioni legate ai dati personali o alle pagine visitate.  Vantaggi:  Per gli inserzionisti: Aumenta la probabilità di raggiungere clienti interessati.  Per gli utenti: Mostra annunci pertinenti, evitando pubblicità non rilevanti. Pubblicità e regolamentazione Per proteggere i consumatori da possibili danni o manipolazioni, esistono norme che regolano la pubblicità:  Pubblicità fraudolenta: È vietata se contiene affermazioni false o verificabilmente non vere (es. Poltronesofà multata nel 2021 con 1 milione di euro dall’antitrust).  Product placement: In Italia (d.lgs. n. 67/2000) è vietato inserire prodotti in programmi televisivi con fini promozionali espliciti.  Pubblicità redazionale: Non è consentita la pubblicità mascherata come contenuto imparziale su giornali o altri media.  Omissione di informazioni: Non è considerata ingannevole, salvo sia prevista dalla legge (es. indicare gli ingredienti alimentari). Se mancano informazioni sui rischi del prodotto, è invece ingannevole (es. pubblicità WindTre nel 2020). 20 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA  Pubblicità comparativa: È consentita in Europa dal 1997 (direttiva 97/55/CE) e permette il confronto diretto con prodotti concorrenti, purché non crei confusione o inganni i consumatori. In Italia, l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) tutela i consumatori. Il Comitato di Controllo verifica e segnala eventuali violazioni, invitando gli inserzionisti a correggere le comunicazioni che non rispettano il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria (CAP). 16/12 TUTELA DELLA PROPRIETA’ INTELLETTUALE Strumenti di tutela della proprietà intellettuale Le leggi sulla proprietà intellettuale bilanciano due esigenze opposte: 1. Stimolare l’innovazione: Il problema della “sottoproduzione” dell’innovazione è legato al paradosso dell’informazione. Una tutela più lunga permette all’inventore di recuperare i costi di ricerca e sviluppo. 2. Evitare danni alla collettività: Un diritto di monopolio può limitare la diffusione rapida delle innovazioni. Gli strumenti di protezione variano in base a ciò che si vuole tutelare. I diritti di proprietà intellettuale si dividono in:  Creatività  Proprietà industriale Il diritto d'autore Il diritto d’autore (o copyright) protegge le opere creative nei campi letterario, musicale e artistico.  Automaticità: Entra in vigore automaticamente alla creazione dell’opera, purché sia presentata in una forma percepibile.  Prova d’autore: Spetta a chi dimostra di esserne il primo autore, senza bisogno di deposito formale.  Deposito consigliato: È utile registrare l’opera presso enti che ne certifichino la data, come la SIAE in Italia.  Cessione: Può essere ceduto a titolo oneroso (a pagamento) o gratuito.  Durata: Vale fino a 70 anni dopo la morte dell’autore, dopodiché l’opera diventa di pubblico dominio e utilizzabile liberamente da chiunque. Strumenti di tutela della proprietà intellettuale 1. Modello di utilità o Protegge innovazioni funzionali che migliorano l’efficacia o la comodità di un bene già esistente. o Durata: 10 anni dal deposito della domanda (non rinnovabili). o Esempio: Nel 1978, Adidas registrò come modello di utilità il pallone Tango, composto da 32 pannelli che formavano 12 cerchi uguali, migliorando la sfericità rispetto ai modelli precedenti. 2. Disegno ornamentale o Protegge l’aspetto estetico di un’innovazione, come ornamenti o decorazioni particolari. o Esame: Non viene svolta una verifica preliminare sulle forme e gli oggetti già registrati. o Durata: 5 anni, rinnovabili fino a un massimo di 25 anni. Il marchio Il marchio è un segno distintivo che identifica un prodotto, servizio o impresa, facilitando la riconoscibilità presso i consumatori.  Funzione: Crea un legame tra i consumatori e i prodotti, attribuendo caratteristiche specifiche al bene o servizio contrassegnato.  Registrazione: Un marchio può essere registrato per più classi merceologiche e garantisce protezione solo nello Stato in cui è registrato.  Durata: La protezione dura 10 anni, rinnovabili illimitatamente pagando una tassa decennale. Il brevetto Il brevetto è un documento che garantisce al titolare il diritto esclusivo di utilizzo di un’invenzione, proteggendo il suo contenuto tecnologico.  Assegnazione: Viene concesso a chi deposita per primo la domanda. Fino al 2013, negli Stati Uniti era riconosciuto a chi dimostrava di aver avuto per primo l’idea innovativa (esempio: disputa Meucci vs Bell per l’invenzione del telefono). 21 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA  Durata: La protezione brevettuale dura generalmente 20 anni dalla data della prima richiesta, con eccezioni per il settore farmaceutico.  Rinnovo: Per evitare monopoli, il titolare deve pagare tasse annuali di rinnovo, che aumentano con il passare degli anni. I requisiti del brevetto Per essere brevettabile, un'invenzione deve soddisfare i seguenti requisiti: 1. Novità: L’invenzione non deve essere stata utilizzata, pubblicata o dimostrata in pubblico. È un requisito oggettivo. 2. Non ovvietà: L’invenzione non deve risultare ovvia o facilmente deducibile per esperti del settore, basandosi sulla tecnologia già esistente. È un requisito soggettivo. 3. Riproducibilità industriale: L’invenzione deve poter essere riprodotta a livello industriale e generare effetti concreti; non può limitarsi a un semplice processo intellettuale. 4. Legalità: L’invenzione non deve essere contraria alla legge. Dal punto di vista territoriale, il brevetto ha validità nazionale. Il segreto industriale Il segreto industriale è un meccanismo strategico che consente di ottenere un vantaggio esclusivo per un lungo periodo, purché il produttore mantenga segreta la conoscenza sul modo di fabbricare un bene. In Italia, è regolato dal Codice della Proprietà Industriale (Artt. 98 e 99). I tre requisiti principali sono: 1. Non notorietà: La conoscenza non deve essere nota o facilmente accessibile. 2. Valore economico: Deve avere un valore economico per chi lo detiene. 3. Segretezza: Deve essere mantenuto segreto nel tempo. Esempi celebri:  La formula della Coca-Cola  La ricetta della Nutella La procedura di brevettazione in Italia La concessione di un brevetto in Italia si articola nelle seguenti fasi: 1. Deposito della domanda La domanda può essere depositata online o presso l’ufficio brevetti delle Camere di Commercio oppure inviata all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi di Roma. In questa fase si definisce l’ambito della protezione tramite le rivendicazioni, che elencano le caratteristiche tecniche da tutelare. 2. Estensione internazionale Entro 12 mesi dal deposito, il richiedente può estendere la domanda di brevetto ad altri paesi con diritto di retrodatazione. Ulteriori 6 mesi sono concessi per l’estensione, ma senza retrodatazione. 3. Pubblicazione della domanda Dopo 18 mesi dal primo deposito, l’Ufficio Brevetti rende pubblica la domanda. A questo punto, non sarà più possibile includere nuovi paesi nell’istanza. 4. Esame tecnico della domanda L’Ufficio Brevetti avvia l’analisi tecnica per valutare l’accettazione del brevetto, con il supporto di un comitato di esperti. La decisione finale viene solitamente presa entro 2-3 anni dalla presentazione della domanda. Brevetto Europeo e Sistema del Brevetto Unitario Dal 1° giugno 2023, con l'entrata in vigore dell'Accordo sul Tribunale Unificato dei Brevetti (TUB), è stato introdotto il brevetto unitario, un sistema che semplifica e unifica la protezione brevettuale in Europa.  Brevetto unitario: Rilasciato dall'Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO), consente di ottenere protezione brevettuale simultanea nei paesi UE che hanno ratificato l’Accordo TUB (attualmente 18).  Tassa unica: È possibile pagare una sola tassa di rinnovo direttamente all’EPO, per mantenere la protezione nei paesi aderenti.  Durata: La durata massima del brevetto è di 20 anni. 22 NOAH ALTAVILLA PROF. FABIO CRETA  Complementarietà: Il brevetto unitario non sostituisce, ma si aggiunge alle protezioni già esistenti, sia nazionali (ad esempio, in Italia tramite l’UIBM) che europee (tramite l’EPO). Con la riforma del Codice della Proprietà Industriale (Legge n. 102/2023), è stato eliminato il privilegio del brevetto europeo in caso di cumulo di protezioni. Oggi, il brevetto italiano, il brevetto europeo validato in Italia e il brevetto unitario hanno pari efficacia se concessi allo stesso inventore per la stessa invenzione, con la stessa data di deposito o priorità. 23

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