Economia Delle Imprese E Dei Mercati PDF

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Questo documento fornisce una panoramica sull'economia delle imprese e dei mercati, coprendo i fondamenti della microeconomia, le differenze tra microeconomia e macroeconomia, il metodo induttivo e deduttivo, l'analisi positiva e normativa, l'economia industriale e la teoria neoclassica dell'impresa. Il documento spiega anche il paradigma Struttura-Comportamento-Prestazione (SCP) e del modello delle 5 forze di Porter, analizzando le teorie di Adam Smith, William Stanley Jevons e Alfred Marshall, e le critiche alla teoria neoclassica, illustrando concetti come l'utilità marginale, la concorrenza perfetta ed i monopoli.

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ECONOMIA DELLE IMPRESE E DEI MERCATI PARTE PRIMA: FONDAMENTI DI MICROECONOMIA INTRODUZIONE E CONTESTO GENERALE Differenze tra microeconomia e macroeconomia - argomenti studiati dalla scienza economica → analizzati da due punti di vista: microeconomico e macroeconomico → MICROECONOMIA:...

ECONOMIA DELLE IMPRESE E DEI MERCATI PARTE PRIMA: FONDAMENTI DI MICROECONOMIA INTRODUZIONE E CONTESTO GENERALE Differenze tra microeconomia e macroeconomia - argomenti studiati dalla scienza economica → analizzati da due punti di vista: microeconomico e macroeconomico → MICROECONOMIA: (mikròs in greco = piccolo) analizza comportamento dei singoli soggetti economici (consumatore e imprenditore). Studia per esempio, perché un consumatore acquista un determinato bene e perché un imprenditore decide di produrlo e venderlo - il consumatore acquista per soddisfare un bisogno; egli soddisfa quindi il bisogno attraverso l’utilità del bene che acquista - inizialmente: baratto → nel tempo si è rivelato inefficiente perché non soddisfa la doppia coincidenza bisogni e desideri (se io produco un qualsiasi bene che non serve al consumatore, non può esserci uno scambio equo); venne quindi introdotto il denaro, un metodo di scambio indiretto - diritto commerciale → codice civile del compratore (1865: prima versione; 1942: seconda versione): fornisce definizioni di imprenditore (=chi esercita in maniera professionale attività di impresa attraverso un’azienda e ne trae profitti) e azienda (=complesso di beni attraverso cui l’imprenditore svolge attività di impresa) → non viene però fornita la definizione di impresa Q = f(K,L) INPUT Q = output (quantità) K = capitale L = lavoro → MACROECONOMIA: (makròs in greco = grande) si concentra sul funzionamento del sistema economico nel suo complesso, in particolare dei singoli Stati. Utilizza per esempio indicatori come il PIL e la bilancia dei pagamenti (= la differenza tra quello che un paese esporta e quello che importa). Il tutto, attraverso grandezze aggregate, ovvero grandezze che messe assieme monitorano lo stato di salute (economica) di un determinato Paese Come ogni scienza, anche l’economia può seguire due strade per raccogliere informazioni e trarre conclusioni sul fenomeno osservato: → METODO INDUTTIVO: dal particolare al generale osservazione dei comportamenti reali ⇨ generalizzazioni ⇨ teorie economiche → METODO DEDUTTIVO: dal generale al particolare teorie economiche ⇨ ipotesi ⇨ verifica dei comportamenti reali Le analisi economiche possono quindi essere di due tipi: → ANALISI POSITIVA: l’economista osserva e descrive la realtà per quello che è (si limita a riportare i dati raccolti, senza entrare nel merito del provvedimento); quando succede un determinato evento, ne individua causa ed effetto 1 - descrive le relazioni di causa ed effetto (es. ISTAT) → ANALISI NORMATIVA: l’economista non solo raccoglie dati e osserva la realtà, ma esprime anche dei giudizi riguardo a come si potrebbe migliorare una determinata situazione (es. accrescere il benessere collettivo) - è volta ad individuare le scelte migliori (es. BANCA DI ITALIA) Economia industriale → disciplina che si interroga sulle possibili regole di buona gestione delle industry (=concetto di mercato nel complesso, non solo le imprese) - si occupa del funzionamento dei mercati e dei settori industriali e in particolare, di come le imprese competono fra loro (al fine di individuare eventuali abusi di potere di mercato e ribilanciarli) - si concentra sul comportamento dei singoli attori e sulle interdipendenze tra questi, studiando come si evolvono nel tempo, trasformando l’industria, l’economia e la società Economia industriale vs politica industriale → POLITICA INDUSTRIALE (politiche pubbliche): hanno il compito di evitare conseguenze negative derivanti dalla detenzione di potere di mercato da parte delle imprese ( → scelte politiche in campo economico). Lo fanno in due modi: 1. REGOLAMENTAZIONE: intervento dello Stato per regolamentare le inefficienze di un mercato (attraverso per esempio il price cap = fissare il prezzo di determinati beni) 2. ANTITRUST (politica della concorrenza): autorità presente in ogni Stato, garante della concorrenza del mercato (in Italia: AGCM) - possono inoltre essere adottate anche politiche mirate a particolari imprese o gruppi di imprese; tali norme rientrano nella cosiddetta politica industriale (=scelte prese dai singoli Stati per le imprese e il mercato), il cui scopo è quello di rafforzare la posizione di mercato di un’impresa o di un settore, in particolare nei confronti di imprese estere - gli economisti solitamente non vedono di buon occhio la politica industriale, in quanto è l’intervento dello Stato a decretare il successo di alcune imprese o settori industriali. Secondo gli economisti invece, per la legge del mercato e dell’offerta il mercato raggiunge da sé il proprio bilancio, senza l’intervento statale. - in EU esiste un patto di stabilità che vincola i singoli paesi a non poter spendere più di un tot di denaro ogni anno, vige infatti la legge di bilancio - esistono 3 filoni di pensiero economico: politiche keynesiane, pensiero monetarista (scuola di Chicago) e scuola economica austriaca Paradigma Struttura-Comportamento-Performance (SCP) → approccio attraverso il quale gli economisti analizzano i settori industriali e la struttura di mercato - secondo tale approccio, la struttura di mercato influenza il comportamento delle imprese, che a loro volta influenzano le performance delle imprese ( → esiste un nesso causale fra queste componenti) - strutture di mercato: concorrenza perfetta monopolio 2 (difficilmente realizzabili) oligopolio concorrenza monopolistica (concorrenze imperfette) - Stigler (1968) riteneva che tale paradigma proponesse di indagare “la struttura dimensionale delle imprese (una o molte, concentrate o meno), la causa di questa struttura dimensionale (in particolare le economie di scala), gli effetti della concentrazione sulla concorrenza, gli effetti della concorrenza sui prezzi, gli investimenti e l’innovazione” - due indicatori ci danno un’idea del mercato stesso 1. grado di concentrazione (quante imprese sono concentrate in quel determinato mercato) 2. quota di mercato (detenuta un’impresa in un mercato) - la struttura di mercato influenza i comportamenti, ovvero gli obiettivi economici, la politica di prezzo, il design del prodotto, la collusione, la fusione e la pubblicità; tutto questo a sua volta, influenza il risultato economico e il progresso tecnologico, e quindi anche le condizioni di offerta e le condizioni di domanda) → vedi mappa - tutto ciò può sempre essere influenzato dalle politiche pubbliche Strategic Management: il modello delle 5 forze di Porter - il paradigma SCP ha contribuito alle teorie del management di impresa ed in particolare, alla crescita della disciplina della gestione strategica di impresa - il diamante di Porter definisce le 5 forze riguardante l’ambiente competitivo delle imprese - l’impresa deve creare valore per tutti i suoi stakeholders, che possono essere interni o esterni (ambiente competitivo) all’azienda - per poter creare valore, l’impresa deve creare competizione e rivalità 3 - cosa influenza l’ambiente competitivo?: i concorrenti nel settore → potenziali rivali, compratori, succedanei (beni differenti che soddisfano i bisogni del consumatore), fornitori Le teorie di impresa: la teoria neoclassica → IMPRESA: istituzione economica che si occupa di produzione e scambio di beni e servizi, attraverso le proprie componenti organizzative interne e attraverso i suoi legami con l’esterno - la teoria neoclassica spiega determinazione del prezzo e della quantità del prodotto offerto sulla base dell'ipotesi di massimizzazione del profitto → ADAM SMITH - 1700 (prima rivoluzione industriale) - considerato padre dell’economia moderna - ha teorizzato la teoria neoclassica dell'impresa - 1776: scrive La ricchezza delle nazioni → sostiene che la ricchezza di una nazione dipenda dalla sua capacità di organizzare il lavoro (capacità di organizzare lavoro = offerta) → la divisione del lavoro (organizzazione secondo logica di specializzazione) e l’estensione del mercato (possibilità di scambiare beni e servizi) costituiscono gli aspetti più importanti del cambiamento della società inglese e dell’economia - divisione lavoro: permette di aumentare la produttività grazie alla maggior abilità e capacità di giudizio che i lavoratori acquisiscono durante processo produttivo (ottica di ottimizzazione - la determinazione del prezzo è in capo al produttore e dipende dall'offerta → prezzo di vendita stabilito tenendo conto dei costi che l'impresa sostiene e avendo fissato un profitto che possa remunerare il proprietario → WILLIAM S. JEVONS - 1800 - sostiene che il valore di un bene (prezzo) dipende dalla soddisfazione che il consumatore trae dall'utilità del bene stesso → la determinazione del prezzo dipende dalla domanda espressa dai consumatori - è considerato economista marginalista (utilità marginale) → in microeconomia: marginale = tutto quello che deriva da un’unità aggiuntiva di uno stesso bene (costo marginale = C’) - quando supero la quantità di un bene per soddisfare un bisogno, l'utilità diminuisce 4 - marginalisti ipotizzano che la soddisfazione di un consumatore, dipenda dall'utilizzo di un bene (valore e prezzo dipendono da utilità per soddisfare bisogno) - al contrario di Smith: utilità di un bene dipende da prezzo, quindi dalla domanda e non dall'offerta → ALFRED MARSHALL - nella sua opera Principles of Economics integra le due prospettive e teorizza (schema) la legge di domanda e offerta → nell'incrocio tra domanda e offerta, i mercati raggiungono il proprio equilibrio = il prezzo e la quantità sono determinati in maniera congiunta dal comportamento di imprese e consumatori - per Marshall è centrale il concetto di interazione tra domanda e offerta grafico: mercati perfettamente concorrenziali (condizione ideale) - domanda (dei consumatori) - offerta (dei produttori) - caratteristica principale della teoria neoclassica: non le interessa com'è strutturata un'impresa al suo interno → considera l'impresa come una black box = si concentra su valore, prezzo e quantità di un determinato bene, non rappresenta l'impresa come organizzazione complessa → la teoria neoclassica dell'impresa è un elemento della teoria dei prezzi - è rappresentata come una funzione di produzione che trasforma input in output: Y = f(X) - non c'è differenza tra imprenditore e impresa → imprenditore = impresa = colui che sceglie la combinazione di input e output che massimizzano i profitti → obiettivo: economicità = ricavi > costi (se un'impresa ha costi superiori ai ricavi, non riesce a stare sul mercato Critiche alla teoria neoclassica → HERBERT SIMON - premio nobel per l'economia nel 1978 - padre dell’economia comportamentale (=studia come l'investitore agisce in base a quanto è disposto ad assumersi certi rischi → avversione/propensione al rischio) - economista che per primo critica la teoria neoclassica: sostiene che mostra attenzione sproporzionata all’analisi degli scambi, piuttosto che all’analisi dell’impresa internamente → non entra nel dettaglio del funzionamento delle imprese = non vengono approfonditi: - gli obiettivi che guidano le attività delle imprese - la complessità dell'organizzazione interna delle imprese (al tempo, la proprietà delle imprese veniva identificata con il suo controllo) - l'incertezza e l'informazione imperfetta in cui operano le imprese (le info sono sbilanciate a favore del venditore → asimmetria informativa = compratore e venditore non hanno le stesse info per effettuare scambio) 5 - come nella realtà le imprese assumono le proprie decisioni (teorie economiche si basano su comportamenti razionali) Sviluppi della teoria di impresa: il caso americano - la teoria di impresa si è evoluta nel tempo, cercando di inseguire i cambiamenti osservati nella realtà - alcuni sviluppi sulla teoria di impresa, si ispirano all'esperienza americana → si rivela rilevante: per la nascita di imprese integrate verticalmente* e per l’influenza che la sua economia e produzione esercitano nel mondo - impresa americana (inizio ‘900) ≠ impresa inglese (fine ‘700 → Smith) → nord America: sviluppo Taylorismo = trasforma impresa, che mette al centro l’organizzazione scientifica del lavoro → ciclo produttivo: riorganizzato secondo criteri di ottimizzazione economica - caso americano segna spaccatura tra management e proprietà → management prende sempre più potere - *integrazione orizzontale = serve alle imprese per acquisire possibili competitor (concorrenti) che possono andare a sottrarre quote di mercato → es. facebook acquista instagram/whatsapp - integrazione verticale = usata da imprese per ottenere controllo e accorciare filiera produttiva (filiera produttiva = percorso fornitori (a monte) o distributori (a valle)) → es. spacex ha integrato verticalmente alcuni attori filiera produttiva, per diminuire costi di produzione Le teorie manageriali → mettono al centro il ruolo del manager dentro l’impresa - inizio ‘900: le grandi imprese diventano sempre più complesse ed è difficile controllare un’unica persona (imprenditore/proprietario) → il controllo inizia ad essere progressivamente frammentato in diverse figure manageriali e la proprietà dispersa tra azionisti individuali e istituzionali - nuova forma di impresa moderna: la proprietà è diffusa (e inattiva) e il controllo in mano ai manager → la proprietà divorzia dal controllo effettivo Le teorie comportamentali → partono dall’ipotesi che le imprese non abbiano obiettivi propri - le decisioni di impresa emergono dalla contrattazione tra una pluralità di gruppi (stakeholders) che perseguono una molteplicità di obiettivi spesso in conflitto → comportamento finale dell’impresa = risultato di conflitti, negoziazioni e interazioni - la teoria riconosce che ogni decisione ha luogo in situazioni di incertezza (razionalità limitata) La teoria dei costi di transazione → nasce negli anni ‘30: alcuni studiosi cercano di chiarire le ragioni della nascita delle imprese e della loro crescita - la teoria mette al centro dell’analisi le relazioni che si instaurano all’interno delle imprese e sui mercati 6 → RONALD COASE - premio nobel per l’economia (1991) - sostiene che i costi di transazione sorgano a fronte di una transazione di mercato → i costi si riferiscono a costo d’uso del meccanismo di mercato = costo associato agli scambi di mercato (costo di transazione) → costi transazione = nascono prima o dopo una transazione (=ipotesi di scambio tra due o più soggetti) → esempi: - classico = commissioni bancarie (costo di transazione per eccellenza) - tempo che due parti impiegano per determinare prezzo - quando valutiamo prezzi singoli beni - quando traduciamo in una altra lingua un contratto - i costi di transazione esistono perché i contratti necessari a concludere una transazione di mercato, sono contratti incompleti (perché si deve cercare un accordo tra le due parti) - organizzare lavoro in una impresa attraverso contratti di lavoro, riduce costi di transazione e incertezze (che sorgerebbero dovendo negoziare di volta in volta i dettagli delle prestazioni oggetto della transazione) → meglio negoziare subito condizioni piuttosto che rinegoziare da capo ogni volta - costi di transazione derivano da teoria dell'agenzia → composta da asimmetria informativa e azzardo morale (= comportamenti opportunistici) IL CONSUMATORE Il mercato: la funzione di domanda → mercato: istituzione = insieme di regole che definiscono il perimetro entro il quale avvengono gli scambi di beni e servizi - luogo in cui si incontrano domanda e offerta → dove compratori e venditori raggiungono un accordo sullo scambio di un prodotto - curva di domanda: inclinata negativamente = se il prezzo si abbassa, la quantità aumenta - funzione della domanda di mercato: mostra relazione tra prezzo di mercato e numero delle unità di prodotto o servizio che i consumatori desiderano acquistare a quel prezzo → la quantità di prodotto che i consumatori desiderano acquistare dipende da diversi fattori: il prezzo del bene stesso il prezzo di altri beni il reddito del consumatore altri elementi (fattori ambientali/preferenze dei consumatori) Il prezzo del bene stesso - quanto minore è il prezzo di un bene, tanto maggiore sarà la quantità domandata → se il prezzo aumenta, si presume che nessun consumatore razionale accrescerà la quantità acquistata, viceversa se il prezzo diminuisce - domanda individuale = curva di domanda di ciascun individuo → domanda aggregata di mercato = somma delle domande individuali 7 Il prezzo di altri beni → i beni si possono definire in 3 modi: - beni indipendenti: la variazione del prezzo del primo, non avrà effetto sulla quantità domandata del secondo - beni complementari: vengono consumati insieme → un aumento nel prezzo del primo bene genererà sia una diminuzione della domanda del bene stesso, sia un calo nella domanda del secondo bene (es. scarpe, benzina+auto) - beni sostituti: sono uno alternativo all'altro → un aumento del prezzo del primo bene determinerà una diminuzione della sua quantità domandata e un incremento della quantità del secondo bene - spostamento lungo la curva di domanda = ??quando la curva di domanda dipende sia dal prezzo del bene stesso che dalla quantità di altri beni, si dice che c'è uno spostamento lungo la curva di domanda Il reddito del consumatore - la direzione della variazione (direzione in cui si sposta la curva di domanda) dipende dal livello del reddito → la curva si sposta verso dx quando il reddito aumenta e verso sx quando diminuisce - curva di Engel = relazione tra reddito e quantità domandata (man mano che aumenta il reddito, aumentano la domanda e la quantità) → introduce concetto di beni normali e beni inferiori Funzione di domanda ed elasticità - esistono diverse tipologie di elasticità - elasticità = sensibilità della domanda, rispetto alla variazione percentuale del prezzo - rapporto tra variazione percentuale della quantità domandata e la variazione percentuale del prezzo - concetto elasticità legato a pendenza della curva di domanda - curve più rigide: beni strettamente necessari → se il prezzo aumenta, la quantità domandata non cambia di molto - curve più piatte: beni di lusso (frivole) → diminuzione del prezzo fa aumentare di tanto la quantità domandata - elasticità unitaria =???? elasticità della domanda rispetto al prezzo: Ɛ = variazione percentuale della quantità di domanda/variazione percentuale del prezzo - ΔP = variazione del prezzo tra due punti della curva di domanda del mercato - ΔQ = variazione della quantità domandata - ΔQ/Q = variazione percentuale della quantità domandata - ΔP/P = variazione percentuale del prezzo La teoria del comportamento del consumatore → descrive come i consumatori distribuiscono i propri redditi tra differenti beni e servizi per massimizzare il proprio benessere; viene suddivisa in 3 passaggi: 8 1. preferenze del consumatore = ragioni per cui le persone preferiscono un bene all'altro 2. vincoli di bilancio = consumatori valutano i prezzi, disponendo di redditi limitati che implicano un tetto alla quantità di bene che essi possono acquistare 3. scelte del consumatore = tenendo conto dei primi due passaggi, i consumatori scelgono di acquistare combinazioni di beni che massimizzano la loro soddisfazione; le combinazioni dipendono dai prezzi dei diversi beni → comprendere scelte consumatori = comprendere domanda L'IMPRESA Il mercato: la funzione di offerta → funzione di offerta del mercato = quantità di beni o servizi che le imprese sono disposte a offrire in rapporto ad una serie di fattori: - il prezzo dei beni stessi (P) - i fattori produttivi (F): se il prezzo di tali fattori (=costi di produzione) diminuisce, a parità di altre condizioni, l’impresa sarà disposta a offrire maggiori quantità di bene per ogni livello di prezzo → la curva di offerta si sposta verso destra - altri elementi (E): obiettivi dell’impresa, tecnologia, prezzo dei beni correlati (possono essere prodotti sfruttando quasi completamente le linee di produzione già esistenti), aspettative, altri fattori particolari (es. eventi atmosferici, pandemia ecc.) - curva di offerta: rappresentazione grafica della relazione fra il prezzo di un bene/servizio e la quantità che le imprese sono disposte a offrire per ogni livello di prezzo, a parità di altre condizioni → relazione tra prezzo e quantità: positiva - se la domanda del consumatore è alta, il prezzo del bene aumenterà, perché il consumatore è disposto a spendere di più pur di averlo → impresa deve produrre di più - ogni impresa per stare sul mercato, deve sopportare una serie di costi → questi costi totali sono dati da costo fisso e costo variabile - per offrire un servizio, l'impresa può decidere prima di coprire i costi fissi - quando la curva di domanda si sposta, anche la curva di offerta la segue (la curva di offerta però, si sposta in base al prezzo dei fattori di produzione, che può aumentare o diminuire nel tempo) → se il costo di produzione diminuisce, l'impresa può offrire una maggior quantità di beni Surplus del consumatore e surplus del produttore - equilibrio di mercato = punto dove si incontrano curva di domanda e curva di offerta (accordo tra compratori e venditori) → ad un determinato prezzo, viene prodotta determinata quantità - curva di domanda: identifica massima disponibilità a pagare dei consumatori per ciascuna quantità di prodotto - curva di offerta: indica prezzo minimo a cui le imprese sono disposte a offrire ciascun livello di output → prezzo di equilibrio: quantità domandata = quantità offerta → = quantità di equilibrio 9 - mercato tende al prezzo di equilibrio tramite meccanismi di aggiustamento dei comportamenti dei venditori e degli acquirenti - surplus del consumatore: disponibilità massima a pagare - prezzo = il consumatore può acquistare ad un prezzo inferiore rispetto a quello che pensava - surplus del produttore: maggiore domanda, ma scarsità di offerta da parte dell'impresa → l'impresa alza il prezzo (surplus del consumatore → surplus del produttore) Le curve di costo e la massimizzazione del profitto → profitto (Π) = ricavo totale - costo totale - Π = (p x q) - (c x q) p = prezzo unitario q = quantità c = costo unitario di produzione - profitti massimizzati = costi minimizzati + ricavi massimizzati → quantità ottimale di bene da produrre = livello di output che minimizza i costi - per individuare quantità ottimale, occorre identificare come varia l’output prodotto in relazione alla quantità di input - l’impresa per produrre output, ha a disposizione due input: 1. lavoro (L): numero di operai e manager ecc. 2. capitale (K): macchinari, fabbricati, terreni ecc. - funzione di produzione = relazione tecnologica tra input utilizzati e output ottenuti in un determinato arco di tempo - q = g(L, K) - per aumentare la quantità prodotta, l’impresa deve aumentare la quantità di input impiegati utilizzando al meglio gli impianti esistenti, o dotandosi di nuovi impianti o introducendo nuove tecnologie → 3 scenari 1. breve periodo: l’impresa può variare solo la quantità di lavoro e non il capitale (q = g(L) → capitale fisso limitato per pagare dipendenti (può variare solo quantità di lavoro) 2. lungo periodo: l’impresa può variare le quantità di entrambi i fattori produttivi 3. lunghissimo periodo: l’impresa può modificare anche la tecnologia adottata Il breve periodo - l’impresa non può modificare il capitale impiegato, quindi può solo decidere quale sia la quantità ottimale di lavoro da utilizzare - 3 grandezze fondamentali 1. prodotto totale (PT): quantità prodotta in un certo periodo di tempo usando tutti gli input 2. prodotto medio (PM): quantità di prodotto realizzato in media da ogni unità di lavoro impiegato (prodotto totale /lavoro) 10 3. prodotto marginale (P’): rapporto tra variazione prodotto totale e unità aggiuntiva di lavoro (input variabile) PM = PT/L P’ = ΔPT/ΔL - quantità di lavoro per utilizzare in maniera ottimale gli impianti esistenti è quella che massimizza il prodotto medio → punto dove curve di prodotto medio e prodotto marginale si incontrano → produttività impianti: efficiente quando viene massimizzato il prodotto medio - legge dei rendimenti decrescenti: dato un input fisso, andando ad aggiungere un'unità aggiuntiva di lavoro; si arriverà ad un punto in cui ogni unità aggiuntiva renderà il risultato meno ottimale - costo economico = costo opportunità → include tutto ciò a cui si rinuncia a fronte di una determinata decisione aziendale - 3 grandezze fondamentali 1. costo totale (CT): costo sostenuto per produrre una determinata quantità di prodotto in una data unità di tempo (costi variabili o fissi) 2. costo medio totale/costo unitario (CMT): costo totale da sostenere per produrre una data quantità di prodotto diviso per il numero di unità prodotte 3. costo marginale (C’): aumento di costo che deriva dall’aumento di una unità di quantità prodotta - capacità ottimale nel breve periodo = livello di produzione che corrisponde al livello minimo del costo medio totale di breve periodo → dove costo medio totale interseca costo marginale Le curve di costo: il lungo periodo - tutti i fattori produttivi (capitale e lavoro) sono variabili - la prima decisione dell'impresa è identificare la combinazione ottimale di lavoro e capitale, sostenendo il minor costo → principio della minimizzazione del costo - la seconda decisione riguarda l’identificazione della quantità ottimale da produrre sulla base dei costi → l’andamento si legge sulla curva di costo medio di lungo periodo (CMLP): indica i costi unitari più bassi a i quali è possibile produrre - rendimenti di scala = relazione esistente tra la variazione degli input e la corrispondente variazione degli output → forma ad U che caratterizza curva di costo medio di lungo periodo CONCORRENZA, EQUILIBRIO ED EFFICIENZA Le tipologie di forme di mercato - struttura di mercato = insieme di caratteristiche che determinano il comportamento e le performance di acquirenti e venditori - la teoria neoclassica dell’impresa considera diverse tipologie di forme di mercato: - la concorrenza perfetta - il monopolio 11 - la concorrenza imperfetta - oligopolio - concorrenza monopolistica n° di imprese condizioni di differenziazione di entrata prodotto CONCORRENZA molte entrata libera prodotti identici PERFETTA CONCORRENZA IMPERFETTA CONCORRENZA molte entrata libera differenziazione MONOPOLISTICA OLIGOPOLIO poche barriere all’entrata differenziazione MONOPOLIO una nessuna entrata differenziazione completa La concorrenza perfetta → struttura di mercato caratterizzata dal contemporaneo verificarsi di tutte le seguenti condizioni: - sul mercato operano numerosi consumatori - sul mercato operano numerose piccole imprese (price taker) - il prodotto è standardizzato o indifferenziato - vi è simmetria tecnologia - gli acquirenti hanno a disposizione tutte le informazioni necessarie per valutare le caratteristiche del prodotto - non esistono barriere in entrata o in uscita - la singola impresa è definita price taker → da sola non riesce ad influenzare il prezzo del bene/servizio offerto, che è unicamente determinato dall’interazione tra domanda e offerta di mercato → l’impresa fronteggia una domanda orizzontale Il breve periodo in concorrenza perfetta - condizione per massimizzare il profitto: R’ = C’ - solo in concorrenza perfetta: il prezzo è costante per l’impresa → anche il ricavo marginale sarà costante e uguale al prezzo - quantità ottimale: P = R’ = C’ → se in corrispondenza di tale quantità il prezzo determinato dal mercato sarà superiore al costo medio, l’impresa otterrà dei profitti (viceversa otterrà delle perdite) Il lungo periodo in concorrenza perfetta - in entrambe le situazioni di breve periodo, gli spostamenti previsti determineranno il raggiungimento di un equilibrio di lungo periodo in cui le imprese realizzano profitti nulli 12 → profitto nullo = profitto economico che tiene conto anche dei costi opportunità (es. remunerazione dell’imprenditore) Equilibrio in concorrenza perfetta - in un’economia concorrenziale: le azioni dei singoli (dirette a massimizzare il proprio interesse personale) consentono di raggiungere il massimo benessere sociale complessivo - concorrenza perfetta: struttura di mercato più efficiente → massimizza il surplus di consumatore e produttore - la concorrenza perfetta è una struttura di mercato che si riscontra molto raramente nella realtà Il monopolio - (a fronte di pluralità di consumatori) l’offerta è nelle mani di un’unica impresa - esistono elevate barriere all’ingresso di concorrenti potenziali → il mercato si dice non contendibile - tipologie di monopolio: - monopolio legale - monopolio tecnologico - monopolio naturale Massimizzazione del profitto nel monopolio - mercato in monopolio: monopolista ha il massimo livello di potere di mercato → è in grado di fissare il prezzo del proprio prodotto (diventa price maker) - nel monopolio il prezzo dipende dalla quantità e viceversa Efficienza: mercato concorrenziale vs monopolio → il monopolio presenta alcuni limiti - inefficienza allocativa: il benessere totale risulta ridotto (rispetto alla concorrenza perfetta) → a causa della perdita secca = perdita di efficienza economica che non va a beneficio né dei consumatori, né del produttore - assenza di competizione = monopolista orientato verso iniziative volte a mantenere il proprio potere di mercato e a ricercare una rendita (rent seeking) La concorrenza monopolistica - la concorrenza monopolistica presenta alcune caratteristiche della concorrenza perfetta: - elevato numero di produttori sul mercato - basse barriere all'entrata o all'uscita - obiettivo delle imprese è massimizzare il profitto - i beni offerti dai produttori non sono perfettamente omogenei → godono di un grado di differenziazione: consente alle imprese di applicare un prezzo diverso da quello dei concorrenti - la differenziazione di prodotto permette all'impresa di scegliere di fissare un prezzo diverso da quello dei concorrenti → applicano markup ai propri costi senza temere un annullamento delle proprie vendite - equilibrio di lungo periodo: caratterizzato da profitti nulli 13 - le imprese per restare sul mercato devono produrre una quantità inferiore rispetto a quello che sarebbe l'utilizzo ottimale dei propri impianti → capacità produttiva in eccesso - mercati in concorrenza monopolistica: più diffusi nella realtà (es. ristoranti) L'oligopolio → caratterizzato dalla presenza di un numero limitato di imprese che offrono prodotti simili a loro - le imprese sono consapevoli di operare in condizioni di interdipendenza con i concorrenti - ciò che definisce questo settore non è il numero assoluto di imprese che vi operano (non si può identificare una soglia sotto la quale si è in oligopolio), quanto il fatto che tale numero permette alle imprese di essere pienamente consapevoli di quali siano le imprese rivali, e che le proprie azioni sono collegate a quelle delle altre imprese - nel determinare il proprio livello di prezzo e di output → le imprese fanno delle ipotesi circa le possibili reazioni dei rivali a fronte delle proprie decisioni - variazioni congetturali → per identificare le assunzioni fatte da un'impresa relativamente alle possibili reazioni dei rivali rispetto alle proprie azioni - le imprese devono decidere se vogliono competere con i rivali o preferiscono attuare forme di collusione - attraverso pratiche collusive: le imprese concludono accordi (cartelli) e sono considerati pratiche illegali (sanzionate dall'Antitrust) - esempio: OPEC CENNI DI TEORIA DEI GIOCHI La teoria dei giochi → insieme di modelli formali per l'analisi di situazioni di conflitto o interazione strategica tra diversi soggetti (giocatori) che prendono decisioni interdipendenti (=tenendo conto delle possibili azioni a reazioni degli altri giocatori) - strumento molto utilizzato dall'analisi economica - importante per analizzare situazioni in mercati oligopolistici (mercato dell'oligopolio non cooperativo) - 2 principali modalità di gioco 1. sequenziale = un giocatore si muove per primo e l'altro giocatore agisce di conseguenza 2. simultaneo = i due giocatori si muovono in contemporanea Definizioni - gioco = situazione di interdipendenza strategica dove il risultato dipende dalle decisioni del giocatore stesso e dalle scelte degli altri → ogni giocatore si dice che ha: - payoff = valore associato a un possibile risultato → utilità/profitto - strategia = regola o piano d'azione per partecipare a un gioco (può ottimizzare l'utilità di attesa di un giocatore) - strategia ottimale = strategia che massimizza il payoff atteso di un giocatore → può essere difficile determinarle anche in condizione di completa simmetria e informazione perfetta 14 Giochi cooperativi e non cooperativi → 2 tipi di giochi economici per le imprese 1. giochi cooperativi: è possibile sottoscrivere accordi vincolanti 2. giochi non cooperativi: non è possibile sottoscrivere accordi vincolanti → oligopolio non cooperativo = quando le imprese in oligopolio scelgono di prendere le proprie decisioni in maniera indipendente rispetto ai rivali - i giochi economici sono cooperativi e non come il Duopolio di Cournot → tipologia di gioco simultaneo: le due imprese decidono simultaneamente la quantità da produrre per massimizzare il profitto - modello di Stackelberg → gioco sequenziale: l'impresa che sceglie per prima la quantità da produrre ha un vantaggio (fa la prima mossa e condiziona le mosse dell'altra impresa) - modello di Bertrand: bisogna agire sul prezzo e non sulla quantità da produrre - è fondamentale per le decisioni strategiche (a prescindere dalla tipologia di gioco) capire il punto di vista del proprio avversario e dedurre le sue probabili risposte alle nostre azioni - maggior contributo alla teoria dei giochi: Adam Smith e John Nash Strategie dominanti → teorizzata da Adam Smith = un giocatore ha una strategia che è strettamente migliore di ogni altra, indipendentemente dalle scelte strategiche dell'altro giocatore → l'impresa contribuisce a massimizzare il benessere collettivo scegliendo la strategia migliore per sé - la strategia fornisce al giocatore che la possiede il payoff ottimale (+ alto), indipendentemente dal comportamento dei rivali - la strategia dominante è possibile che sia la stessa per le due imprese e può anche capitare che il risultato di un'azienda dipenda da quello dell'altra - equilibrio in strategie dominanti: risultato di un gioco in cui ogni impresa ha una strategia dominante e la adotta → sfortunatamente non in tutti i giochi esiste una strategia dominante per ciascun giocatore Equilibrio di Nash: il dilemma del prigioniero → uno dei giochi più utilizzati per spiegare le scelte in ambito oligopolistico - concetto spiegato per la prima volta da John Nash (1951) → migliora ciò che aveva teorizzato Smith - sostiene che l'impresa contribuisce a massimizzare il benessere collettivo scegliendo la strategia migliore per sé, tenendo conto delle scelte degli altri - (oligopolio) ogni impresa è motivata a operare al meglio delle proprie possibilità dato il comportamento delle imprese concorrenti → ciascuna impresa prende in considerazione i suoi concorrenti e ipotizza che essi facciano altrettanto - ciascuna impresa si comporta nel modo migliore possibile date le azioni dei concorrenti 15 - (se vuoi, vedi spiegazione dilemma del prigioniero) Considerazioni - equilibrio di Nash: non cooperativo → ogni impresa sceglie l'opzione che gli garantisce il maggior profitto possibile, date le azioni dei concorrenti - il profitto realizzato da ciascuna impresa è maggiore di quello che otterrebbe in condizioni di concorrenza perfetta, ma minore di quello garantito da un accordo collusivo - quindi il dilemma del prigioniero costringe le imprese di un oligopolio alla concorrenza aggressiva e a profitti bassi? → non necessariamente - il prigioniero immaginario ha una sola opportunità per decidere se confessare o meno; un'impresa di solito può tornare più volte sulle proprie scelte di quantità e prezzo, osservando con continuità il comportamento dei concorrenti e regolando il proprio di conseguenza - ciò fa sì che le imprese possano costruirsi una “reputazione”, sulla base della quale ottenere la fiducia dei concorrenti → grazie a questo talvolta negli oligopoli prevalgono coordinamento e cooperazione - ottimo paretiano/pareto efficienza = (introdotto da Vilfredo Pareto) situazione in cui non è possibile migliorare il benessere di un soggetto senza peggiorare il benessere dell'altro → il paradosso di Monty Hall: (vedi spiegazione) illusione probabilistica controintuitiva per il nostro cervello che non è abituato a questa variazione di probabilità Il mercato rilevante e le misure di concentrazione - al fine di valutare il livello di concorrenza che caratterizza un certo mercato, è importante identificare l'ampiezza del mercato rilevante → = confini entro i quali operano le imprese in concorrenza tra loro e che perciò le distinguono dalle imprese che offrono beni o servizi che, al contrario, non entrano in competizione in un dato mercato - per definire i confini del mercato rilevante le Autorità Antitrust utilizzano un test denominato SSNIP (Small but Significant and Non-transitory Increase in Price) → ipotizzano che una delle due imprese aumenti il prezzo del proprio prodotto di un valore tra il 5 e il 10% - se aumentando il prezzo, la domanda non diminuisce, il prodotto non ha sostituti stretti e quindi prodotti concorrenti - se aumentando il prezzo, la domanda diminuisce, il prodotto ha sostituti stretti e possibili concorrenti → test del monopolista ipotetico - una volta determinata l'ampiezza del mercato rilevante, il livello di concorrenza che determina un determinato mercato può essere valutato osservando il livello di concentrazione dei venditori in un dato mercato - concentrazione dei venditori = numerosità ed alla distribuzione per dimensione delle imprese in un mercato 16 - un'industria è caratterizzata da un alto livello di concentrazione quando la produzione di un determinato bene o servizio è accentrata nelle mani di poche e grandi imprese - due indicatori di concentrazione 1. rapporto di concentrazione per le prime “n” imprese (Cn) = somma delle quote di mercato delle imprese all'interno del mercato stesso → quota di mercato detenuta dalle n imprese più grandi rispetto alla dimensione totale dell'industria 2. indice di Herfindahl-Hirschman (HH) = somma dei quadrati delle quote di mercato di tutte le imprese del settore - valore massimo HH = 1 → situazione di monopolio (una sola impresa detiene l'intero mercato) - valore minimo HH = 1/N → situazione in cui tutte le imprese dell'industria detengono uguali quote di mercato PARTE SECONDA: FONDAMENTI DI POLITICA DELLA CONCORRENZA FALLIMENTI DEL MERCATO E REGOLAMENTAZIONE I fallimenti di mercato → fallimenti di mercato: prima possibile giustificazione dell'intervento di politica industriale - quando i mercati falliscono, i governi possono attuare politiche per regolamentare il mercato a sostegno degli attori economici - quando i mercati falliscono, l'equilibrio che si raggiunge sul mercato può non essere il migliore possibile per la società - i mercati falliscono in presenza di esternalità beni pubblici asimmetria informativa mercati non competitivi → i governi possono correggere i fallimenti di mercato attraverso: la regolamentazione, la produzione diretta e interventi a sostegno degli attori economici - gli approcci di fallimento del mercato (market failure) condividono il presupposto che le forze di mercato siano in grado di produrre risultati desiderabili dal punto di vista economico e in particolare di garantire l'efficienza - mercato in equilibrio = pareto efficienza (mai in situazioni di monopolio) → scopo di mercato: garantire efficienza, definendo il concetto di ottimo paretiano (=punto in cui non posso migliorare la mia condizione, senza peggiorare quella di un altro) - mercato: macchina per elaborare informazioni dei vari soggetti → il produttore elabora le informazioni che ha a disposizione sui consumatori → questi meccanismi possono fallire → interviene esecutivo proponendo politiche attive (politiche industriali) - politica industriale: strumento che i governi potrebbero decidere di promuovere per correggere il mercato nei casi in cui questo dimostra di fallire 17 Esternalità → attività di un individuo che genera ricadute (spill-overs) che in maniera non intenzionale hanno effetto (positivo o negativo) su attività di altri (che non sono coinvolti nello scambio) - ci si interessa delle azioni di produttori o consumatori che hanno effetti (positivi o negativi) su soggetti terzi non coinvolti nello scambio - diverse tipologie a seconda della natura del soggetto che è la fonte dell'esternalità e di quello che da questa viene colpito Tassonomia di esternalità → 8 tipi di esternalità - negativa (produttore-produttore): attività di un produttore ha ricadute negative su quella di un altro produttore → non paga per il danno arrecato (ovvero costo sociale negativo per la collettività) esempio: inquinamento atmosferico e reputazione → sottoproduzione di esternalità positive - positiva (produttore-produttore): attività produttore ha ricadute positive su altri produttori → aziende non sono remunerate per il beneficio che apportano esempio: azienda può promuovere programmi di innovazione di prodotto, o può erogare corsi di formazione (erogati da altre aziende specializzate in formazione); attività di ricerca e sviluppo → sovrapproduzione di esternalità negative - negativa (produttore-consumatore): attività produttore ha ricadute negative sui consumatori esempio: concerti, discoteche all'aperto - positiva (produttore-consumatore): attività produttore genera benefici sui consumatori senza che si possa obbligare quest'ultimi a pagarne il prezzo esempio: wifi accessibile gratuitamente - negativa (consumatore-consumatore): comportamento scorretto di un consumatore genera un costo ad altri consumatori che non si è in grado di far pagare per intero a chi li ha causati esempio: fake news - positiva (consumatore-consumatore): attività consumatore ha ricadute positive su altri consumatori esempio: volontariato - positiva (consumatore-produttore): comportamento consumatore determina ricadute positive sul produttore esempio: recensioni su prodotti o servizi - negativa (consumatore-produttore): comportamenti privati che causano un danno ad attività produttive senza che chi li ha provocati venga chiamato a rispondere esempio: raccolta differenziata non correttamente eseguita I costi sociali delle esternalità - in assenza di uno specifico intervento pubblico, le esternalità positive non vengono remunerate e difficilmente si paga un costo per produzione di esternalità negative → inquinamento: esternalità negativa per eccellenza - conseguenza: sovrapproduzione di esternalità negative e la sottoproduzione di esternalità positive 18 - in presenza di esternalità la letteratura (dei fallimenti del mercato) legittima il soggetto pubblico è autorizzato a intervenire per garantire che le esternalità positive e negative vengano prodotte in quantità socialmente ottimali e desiderabili → attraverso: - supporto a chi genera esternalità positive tutelandone i diritti (es. sussidi, sgravi fiscali) o a scoraggiare chi produce esternalità negative (es. tasse, sanzioni) - politiche in segmenti di particolare interesse → es. interventi in favore della ricerca o dell'innovazione o interventi di natura ambientale che mirano a ridurre l'inquinamento Regolamentazione = intervento da parte dei governi, al fine di limitare esternalità negative 1. si potrebbe fissare un tetto massimo a ciascuna produzione che utilizza prodotti inquinanti → nella pratica però è complicato andare a definire il livello di produzione per ogni impresa 2. si pongono limiti all'emissione di sostanze dannose per l'ambiente nei processi produttivi e si lascia alle imprese la scelta di come gestire tale limite (investendo in tecnologie adatte a prevenirle o che possano ripulire l'ambiente) PROTOCOLLO DI KYOTO - si basava su 3 assunti 1. introduzione di meccanismi per andare a ridurre le emissioni 2. gli stati con emissioni in eccesso potevano donare parte delle emissioni a chi era sotto soglia 3. operare in maniera congiunta CASO ILVA Imposte pigouviane = costo aggiuntivo che fa sì che il costo privato sia spinto verso l'alto avvicinandolo a quello sociale - il soggetto pubblico (oltre alla regolamentazione) può intervenire attraverso la tassazione - “imposte pigouviane” → dall'economista Arthur Pigou, che per primo le ha teorizzate e proposte - esternalità negative: le imposte pigouviane spingono il costo privato verso l'alto avvicinandolo a quello sociale - esternalità positive: possibilità di assegnare sussidi → duplice effetto: 1. incentivano il produttore a limitare l'esternalità negativa prodotta 2. generano un gettito fiscale per l'autorità pubblica - rischio: a seguito dell'imposta le imprese potrebbero decidere di scaricare parte di quest'onere sul consumatore fiscale → es. plastic tax Beni pubblici → i beni e i servizi vengono normalmente suddivisi in due categorie 1. beni privati 2. beni pubblici: natura e caratteristiche distintive dai beni privati → caratteristiche: 19 - non rivalità: quando il consumo di un bene da parte di un soggetto non preclude il contestuale consumo dello stesso da parte di un altro soggetto - non escludibilità: quando il consumo di un bene sia consentito a un soggetto, ma non sia tecnicamente possibile (o conveniente) impedire che altri consumino lo stesso bene → bene pubblico puro: quando le due condizioni di non rivalità e non escludibilità sono entrambe pienamente soddisfatte (es. un faro) → beni misti: quei beni o servizi in cui le condizioni di non escludibilità o di non rivalità non sono perfettamente soddisfatte → suddivisi in beni club e beni comuni - free riding = simultanea presenza delle condizioni di non rivalità e non escludibilità può dare origine a comportamenti opportunistici → chi produce il bene pubblico può stancarsi di non potere escludere consumatori opportunistici (=free-riders) → risultato: scoraggiare produzione e consumo, conducendo verso situazioni in cui i mercati non offriranno l'ammontare ottimale e socialmente desiderabile di beni e servizi pubblici - tragedia dei beni comuni: in caso di libero ed eccessivo sfruttamento di un bene da parte di una comunità, prima o poi tutta la comunità sarà danneggiata - es: bene = pascolo → comunità aumenta continuamente il numero di animali che vengono portate su uno stesso terreno; di conseguenza, ogni animale potrà mangiare sempre meno, producendo sempre meno carne o latte (=comunità danneggiata) Asimmetria informativa = una delle due (con azzardo morale) problematiche chiave relative alla teoria dell'agenzia - rapporto principale-agente = (al centro della teoria dell'agenzia) tipo di relazione in cui l'agente si trova ad operare in favore del principale, ma gli interessi dei due possono risultare conflittuali o divergenti e il principale non ha possibilità di conoscere o controllare direttamente l'operato dell'agente - asimmetria informativa: problemi legati all'informazione → presenza di informazione nascosta, in quanto la qualità dei beni e servizi scambiati sul mercato difficilmente può essere considerata come perfettamente conosciuta sia da chi compra che da chi vende → una delle due parti coinvolte nello scambio ha più informazioni dell'altra riguardo alle caratteristiche del bene o del servizio oggetto dello scambio - in presenza di incompletezza di informazioni, i prezzi non riflettono tutte le differenze di qualità e caratteristiche tra beni → processo di selezione avversa: frutto di asimmetrie informative, le quali conducono a una incompleta circolazione delle informazioni nel mercato e risultati non socialmente desiderabili - es. mercato delle auto usato → intervento pubblico auspicabile: - introdurre regole sulle modalità con cui il consumatore è informato circa le caratteristiche dei prodotti 20 - rispetto di criteri di completezza, chiarezza e veridicità - nel caso dell'azzardo morale: azione morale (più che informazione) rilevante, nella circostanza in cui l'agente operi in maniera opportunistica contro l'interesse del principale - es. settore creditizio e prodotti assicurativi POLITICA DELLA CONCORRENZA E NORMATIVA Le aree di intervento della politica della concorrenza → le politiche a tutela della concorrenza sono volte a garantire la concorrenzialità in un determinato mercato mitigare gli effetti della mancanza di competizione contrastare i tentativi di monopolizzazione e gli abusi di posizione dominante → le autorità competenti (prima di intervenire) sono chiamate a analizzare attentamente la reale mancanza di concorrenza del mercato decidere se tale assenza non sia giustificabile sul piano dei costi di produzione e dell'innovazione e non vada pertanto accettata mitigandone gli effetti attraverso la regolamentazione → alcuni paesi sono stati tolleranti nei riguardi delle concentrazioni di potere economico favorito esplicitamente la nascita e lo sviluppo di veri e propri monopoli preoccupandosi scarsamente degli effetti sul livello dei prezzi di mercato e sui consumi → in questi casi, gli interventi adottati hanno avuto l'obiettivo di favorire la nascita di campioni nazionali = imprese sufficientemente grandi ed efficienti in grado di far fronte alla competizione internazionale e rappresentare l'interesse di un paese a essere presente sui mercati monopolio naturale = circostanza in cui la maggiore efficienza produttiva è garantita quando è un unico produttore a soddisfare l'intera domanda di mercato → l'autorità antitrust è incaricata di valutare attentamente le questioni legate alla determinazione del mercato rilevante misurazione dell'effettiva concentrazione di mercato considerare l'esistenza di possibili monopoli naturali - una volta accertate le condizioni di scarsa o nulla concorrenzialità di un mercato, le autorità poste a tutela della concorrenza sono chiamate a valutare i possibili interventi correttivi - l'intervento è solitamente riconducibile ad azioni in 3 differenti aree 1. l'abuso del potere di mercato (o posizione dominante) 2. le fusioni e le acquisizioni 3. le pratiche restrittive della concorrenza L'abuso di potere di mercato = le imprese sono giunte per qualche ragione, anche indipendentemente dalla loro volontà, ad occupare nel mercato una posizione dominante → conseguenze 21 - possibilità di fissare un prezzo di vendita del proprio prodotto superiore al costo marginale - vantaggio competitivo che consente loro di operare senza risentire in modo sostanziale della pressione concorrenziale esercitata da altre impreses → es. Alibaba; Facebook - nella pratica, molto spesso le Autorità antitrust si pongono l'obiettivo di valutare e promuovere la presenza di un livello di concorrenza sostenibile (workable competition) Le fusioni e le acquisizioni - le politiche di controllo e acquisizioni sono generalmente volte a prevenire il crearsi di mercati non competitivi e di condizioni di eccessiva concentrazione di mercato - l'autorità antitrust è chiamata a valutare se la proposta formulata da due o più produttori di fondersi in un'unica impresa possa in qualche modo creare posizioni di dominio del mercato e riduzioni del livello di concorrenzialità tali da ledere l'interesse più generale della collettività → es. effetto di una fusione orizzontale: aumentare la concentrazione di mercato (=livello di accentramento della produzione di un determinato bene o servizio nelle mani di poche e grandi imprese) → es. Amazon, Apple, Google, Facebook Le pratiche restrittive della concorrenza → si verificano quando due o più produttori possono adottare comportamenti coordinati o intese per ridurre il livello di concorrenza nel mercato e, conseguentemente, incrementare i propri profitti a danno dei consumatori → tali accordi possono essere - orizzontali: coinvolge imprese appartenenti alla stessa industria, che per alleggerire la pressione concorrenziale evitano forme dirette di concorrenza di prezzo (adozione di politiche comuni di prezzo) oppure attuano la concorrenza non di prezzo (collaborazione per portare avanti in maniera congiunta progetti R&D) - verticali: coinvolge produttori operanti in fasi diverse dello stesso processo produttivo, che per ridurre il livello di concorrenza creano barriere alle entrate mediante contratti di vendita in esclusiva, accordi di esclusiva territoriale o tasse di ingresso Normativa antitrust negli Stati Uniti → gli Stati Uniti sono caratterizzati da una lunga tradizione in materia di normativa antitrust - le leggi principali su cui ancora oggi si fonda il quadro normativo della politica per la concorrenza sono: 1. lo Sherman Antitrust Act (1890) 2. il Clayton Antitrust Act (1914) 3. il Federal Trade Commission Act (1914): particolarmente importante, perché istituisce la Federal Trade Commission (FTC) = agenzia incaricata di vigilare, valutare e intervenire nei casi di adozione di pratiche restrittive della concorrenza - più in generale si occupa di tutela dei consumatori e dei casi di pubblicità ingannevole 22 - da anni ‘70: approccio volto alla riduzione del ruolo pubblico nelle dinamiche produttive → ripercussioni sull'applicazione della normativa antitrust americana divenuta più tollerante nei riguardi delle concentrazioni di potere economico Normativa antitrust in Europa e in Italia - prima metà XX secolo: economie europee chiuse dentro i confini nazionali → barriere commerciali rendevano difficoltosa l’integrazione dei mercati europei - i governi europei adottarono politiche nazionali che non contrastassero la crescita dimensionale delle imprese → dovevano favorirla (es. politiche volte alla promozione di campioni nazionali) - da anni ‘50: normativa antitrust europea converge verso il modello americano → obiettivo: favorire la competizione all’interno del Mercato Unico europeo - normativa europea (fatta valere dalla Direzione generale della Concorrenza della Commissione) si applica solo alle imprese con base in Stati membri che hanno relazioni commerciali con altri Stati dell’Unione Europea - alle imprese che operano esclusivamente entro i confini nazionali si applicano le specifiche norme antitrust nazionali → Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE): contiene norme fondamentali della politica antitrust europea - nato con la firma del Trattato di Lisbona (2007) - articoli che delineano il quadro normativo in materia di tutela della concorrenza in Europa articolo 101: disciplina accordi e associazioni tra imprese articolo 102: vieta abuso di posizione dominante articolo 107, 108: regolano tematica degli aiuti di Stato - 1990: prima legge a tutela della concorrenza in Italia → si consolida idea di un ruolo importante del governo in campo economico (volto a sostenere lo sviluppo del sistema industriale attraverso imprese di proprietà pubblica in diversi settori) - questo gioca a favore della nascita di grandi imprese nazionali ed è incompatibile con l’applicazione di una politica a tutela della concorrenza volta a contrastare i monopoli - fine anni ‘80: (progressiva integrazione dell’Italia nell’economia europea) si riapre il dibattito sulla necessità di adottare una normativa antitrust italiana → Norma per la tutela della concorrenza e del mercato (legge 287, 1990) - applicazione da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) = organo collegiale che opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio di valutazione - si ispira alla normativa antitrust europea e si applica alle intese, agli abusi di posizione dominante e alle concentrazioni di imprese - articoli che delineano il quadro della normativa antitrust italiana articolo 2: disciplina le intese tra imprese articolo 3: vieta abuso di posizione dominante 23 articolo 4: regola concorrenza a seguito di intese tra imprese articolo 5, 6: disciplinano le concentrazioni di imprese a seguito di fusioni e acquisizioni STRATEGIE DI PREZZO Strategie di prezzo → (teoria neoclassica): uguaglianza tra costo marginale e ricavo marginale = regola che permette di determinare il livello di prezzo che massimizza i profitti (a prescindere dalla struttura di mercato in cui opera l’impresa) - nella realtà i processi decisionali all’interno dell’impresa sono molto più complessi rispetto a quanto suggerito dalla teoria neoclassica → vi possono essere quindi situazioni specifiche dove le scelte legate al prezzo non rispettano l’assunto su cui si basa la teoria neoclassica Il cost plus pricing - spesso le imprese utilizzano metodi alternativi per determinare il prezzo dei propri prodotti/servizi → a causa delle difficoltà di reperire le informazioni relative alla funzione di domanda - cost plus pricing = (uno dei metodi più utilizzati) determinare il prezzo partendo dal costo totale, a cui viene aggiunta una percentuale a copertura dei costi fissi e del margine di profitto (=markup) COSTI TOTALI → COSTI UNITARI → % DI MARKUP → PREZZO DI VENDITA → tale metodo presenta diversi vantaggi attuazione pratica semplice richiede numero limitato di informazioni legate al livello di costi permette di raggiungere una relativa stabilità di prezzi aumento accettabilità dell’impresa sotto il profilo sociale → difficoltà corretta imputazione dei costi costo medio cambia al variare dell’output richiede stima funzione di domanda imprese multi-prodotto concorrenza La discriminazione di prezzo = vendere lo stesso prodotto a prezzi diversi a seconda delle caratteristiche di chi lo acquista o della quantità acquistata - vendere a prezzi diversi prodotti non perfettamente uguali: no discriminazione di prezzo → differenza di prezzo giustificata dalle diverse caratteristiche dei due prodotti (es. olio di semi e olio d’oliva) - discriminazione di prezzo praticabile solo in presenza di specifiche condizioni prezzo netto (costo per unità =) certo grado di potere di mercato da parte dell’impresa impossibile praticare arbitraggio identificare segmenti di clienti all’interno della domanda indurre clienti all’auto-selezione (=identificare proprio segmento di riferimento) 24 La discriminazione di prezzo di primo grado → ogni cliente paga un prezzo diverso, corrispondente alla sua massima disponibilità di pagare - nella pratica, è più facilmente applicabile quando l’impresa ha un rapporto personale con ciascun cliente (es. banche o assicurazioni) è in grado di definire accordi specifici per ogni transazione dopo aver raccolto informazioni sulla capacità di spesa del cliente (es. nella vendita di un’automobile) serve un numero limitato di clienti per i quali opera su commessa La discriminazione di prezzo di secondo grado → applicazione di un prezzo unitario diverso a seconda della quantità acquistata - esempio: l'impresa potrebbe proporre dei menù all’interno dei quali gli acquirenti possono fare la proprio scelta, in cui il prezzo unitario cambia a seconda della quantità totale acquistata (i consumatori che acquistano le stesse quantità pagheranno lo stesso prezzo) - ulteriori esempi: tessere fedeltà, raccolte a punti, applicazione di una tariffa in due o più parti (es. energia elettrica o gas) La discriminazione di prezzo di terzo grado → applicare un prezzo diverso a seconda delle caratteristiche del cliente, a prescindere dalla quantità acquistata, ed è anche la più diffusa - l’impresa è consapevole dell’esistenza di gruppi di consumatori con una diversa elasticità di domanda e quindi una diversa disponibilità massima a pagare, che rende conveniente suddividere il mercato in due o più gruppi, a ciascuno dei quali verrà applicato un prezzo diverso - modalità attraverso cui viene applicata intertemporale differenti marche coupon e buoni sconto bundling (vendite abbinate o collegate) Tabella riassuntiva TIPOLOGIA DESCRIZIONE REQUISITI ESEMPI/APPLICAB ILITÀ primo grado applicazione di un l’impresa deve in caso di rapporto (perfetta) prezzo diverso a conoscere la personale con il ciascun disponibilità a cliente; in caso di consumatore pagare di ciascun pochi clienti con cliente e dunque transazioni deve poter frequenti; se c’è raccogliere possibilità di numerose raccogliere informazioni sul informazioni durante cliente la negoziazione secondo grado applicazione di un possibilità di legare acquisti online il cui prezzo unitario il prezzo alla prezzo varia in base diverso a seconda quantità acquistata alla quantità; tariffe 25 della quantità in due o più parti acquistata terzo grado applicazione di un deve essere discriminazione prezzo diverso a possibile individuare intertemporale che seconda delle gruppi di sfrutta la diversa caratteristiche del consumatori con propensione dei cliente, a una diversa consumatori ad prescindere dalla elasticità della attendere per quantità acquistata domanda e quindi consumare un una diversa nuovo prodotto; disponibilità vendita di prodotti massima a pagare con caratteristiche uguali ma marche diverse; buoni sconto e coupon; vendite collegate (bundling) Prezzi e comportamento competitivo → esistono situazioni in cui il prezzo viene determinato al fine di evitare l’entrata di nuovi concorrenti o di favorire l’uscita dal mercato di rivali esistenti - il perseguimento di tale obiettivo può determinare per l’impresa nel breve periodo una forte riduzione del profitto o addirittura una situazione di temporanea perdita - la scelta di utilizzare strategie di prezzo aggressive è spesso giustificata dalla presenza di elevate barriere all’uscita, le quali rendono più difficile il ritiro dal mercato delle imprese esistenti, fanno sì che queste siano particolarmente agguerrita nei confronti dei concorrenti - due strategie utilizzate 1. prezzi predatori 2. prezzi limite Prezzi predatori → adottata da un’impresa quando questa riduce il proprio prezzo a un livello molto basso, anche inferiore ai propri costi medi, per indurre i concorrenti esistenti a uscire dal mercato o per scoraggiare l’entrata di nuovi concorrenti - una volta ottenuto l’effetto desiderato, l’impresa rialza nuovamente il prezzo - applicare prezzi predatori ha successo solo se le potenziali entranti credono che l’impresa dominante sia sufficientemente forte e aggressiva da permetterle l’applicazione di prezzi predatori - leggi antitrust vietano le politiche di prezzi predatori → ma identificarle non è semplice, in quanto non vi è accordo sulla metodologia da utilizzare - se i prezzi sono inferiori al costo marginale di breve periodo sono definiti predatori, poiché l’impresa avrebbe un intento diverso della massimizzazione del profitto nel lungo periodo, cercando di recuperare eventuali perdite di breve periodo Prezzi limite → l’impresa fissa il prezzo più alto che può applicare senza provocare l’entrata di nuove imprese, rinunciando perciò a una parte di extra profitto 26 - questa strategia richiede che l’impresa esistenze abbia un vantaggio di costo sulle nuove entranti - per evitare che potenziali entranti riescano ad ottenere extra profitti all’impresa dominante conviene ridurre il prezzo, portandolo appena al di sotto del punto minimo della curva di costi medi del concorrente, che non avrà quindi più convenienza ad entrare sul mercato - entrambe le strategie di prezzo evidenziate possono determinare forti danni alle imprese concorrenti → a volte non è necessario che vengano effettivamente implementate per raggiungere l’effetto voluto, ma è successivamente la minaccia della loro messa in atto Prezzi massimi - non sempre i prezzi vengono fissati liberamente dalle imprese sulla base delle proprie scelte strategiche → esistono situazioni in cui i prezzi vengono applicati o regolati dallo Stato - una di queste situazioni è l’imposizione di un prezzo massimo = calmieramento - si può verificare in due situazioni 1. riduzione dell’offerta della quantità prodotta 2. aumento della domanda a causa di eventi esogeni PARTE TERZA: ECONOMIA DELLA CONCORRENZA FUSIONI E ACQUISIZIONI Fusioni e acquisizioni → due o più imprese giuridicamente separate giungono a formare un unico soggetto economico - = strategie d’impresa → scopo: influenzare la performance aziendale e la posizione competitiva nei confronti dei concorrenti - fusione (integrazione/consolidamento) = unione di due o più imprese indipendenti a formare un’unica società - acquisizione = (specifico tipo di fusione) un’impresa acquista un numero di azioni di un’altra impresa sufficiente ad esercitare su di essa un’influenza dominante (incorporante e incorporata) - nel caso in cui un’unica impresa acquisisca la proprietà di una società a proprietà diffusa (= controllata da diversi proprietari) → fusione = scalata (take-over) - la prassi prevede che gli amministratori predispongano il progetto finalizzato alla ridefinizione dell’assetto societario, il quale dovrà poi essere approvato dall’assemblea dei soci - 3 tipologie di fusioni (sulla base del prodotto offerto dalle imprese che realizzano la fusione) 1. orizzontale 2. verticale 3. conglomerale Le fusioni orizzontali → coinvolge imprese che producono gli stessi prodotti e/o servizi 27 - tale tipologia può avere un impatto sia sulla struttura e il livello di concorrenzialità del mercato → riduce il numero di imprese che vi operano, sia sulla struttura dei costi delle imprese coinvolte (possono trovare nella fusione dei guadagni in termini di efficienza) - le fusioni orizzontali hanno effetti diretti in due ambiti principali concorrenzialità del mercato 1. riduzione del numero di imprese in un mercato 2. aumento della concentrazione del mercato 3. maggiore potere di mercato per la nuova impresa efficienza produttiva 1. miglioramento del livello di efficienza produttiva delle imprese coinvolte 2. riduzioni di costo dovute a: razionalizzazione degli impianti produttivi ed economie di scala Esempio: la fusione tra il gruppo FCA e il gruppo PSA-Peugeot → 16 gennaio 2021 (fusione alla pari) - punto di vista contabile: gruppo PSA: acquirente gruppo FCA: acquisito - punto di vista legale: contrario → il gruppo FCA ha cambiato ragione sociale in Stellantis - operazione destinata a modificare gli equilibri competitivi del settore e potenzialmente idonea a determinare una posizione dominante → necessario ottenere approvazione da parte dei 3 paesi interessati (Italia, Francia, Stati Uniti) e della Commissione Europea (ha posto condizioni per garantire la libera concorrenza) - nuova società quotata alla Borsa di Parigi, Borsa di Milano e Borsa di New York Le fusioni verticali → imprese che operano in fasi diverse dello stesso processo produttivo - vantaggio ricercato: riduzione dei costi di produzione - maggiore efficienza si ottiene svolgendo all’interno dell’impresa particolari fasi del processo produttivo piuttosto che ricorrere a transazioni di mercato (make or buy) - effetti sul livello di concorrenza del mercato: difficili da valutare Esempio: la fusione verticale SpaceX - SpaceX attraverso l’integrazione verticale ha perseguito una riduzione dei costi dei propri prodotti andando a produrre (internalizzare) internamente la maggior parte dei suoi componenti, riducendo i costi rispetto al principale concorrente (United Space Alliance) - è riuscita a ottenere un vantaggio competitivo di costo (rispetto a United Space Alliance, la quale risulta avere una maggiore frammentazione della catena di fornitura) → prezzo di lancio United Space Alliance: 460 milioni di dollari SpaceX: 90 milioni di dollari 28 Le fusioni verticali → l'impresa costituita a seguito della fusione, controlla internamente fasi successive dello stesso processo produttivo (mediante il quale si realizza un certo bene o servizio) - processo produttivo = sequenza di attività che descrive l'insieme delle operazioni necessarie alla creazione e commercializzazione di un prodotto → catena del valore fasi iniziali: attività a monte (upstream) fasi finali: attività a valle (downstream) Tipologie di fusioni verticali - integrazione a monte (o all'indietro): un'impresa realizza una fusione con un'impresa operante in fasi precedenti del ciclo produttivo → ottenendo quindi il controllo interno dei propri output - integrazione a valle (o in avanti): un'impresa realizza una fusione con un'impresa operante in fasi successive del ciclo produttivo → controllando interamente un'attività basata sull'utilizzo dei propri prodotti - sbilanciata = le capacità produttive delle imprese operanti in fasi diverse non si eguagliano e l'impresa ha necessità di ricorrere a transazioni esterne per reperire i fattori produttivi - bilanciata = le capacità produttive delle imprese operanti in fasi diverse si eguagliano e l'impresa non ha alcuna necessità di ricorrere a transazioni esterne per reperire i fattori produttivi Le fusioni verticali - ogni volta che i costi delle transazioni esterne (condotte nel mercato) sono sensibilmente maggiori rispetto a quelli organizzativi interni dell'azienda riguardo le proprie attività produttive, esiste un incentivo ad una fusione verticale → principali fattori che possono permettere di ridurre i costi ricorrendo ad una fusione verticale: interdipendenza tecnologica tra fasi del processo produttivo incertezza beni capitali specialistici esternalità imposte e controllo pubblico dei prezzi di vendita Le fusioni conglomerali → fusione tra imprese che producono beni e/o servizi sostanzialmente differenti - fusione spesso motivata da opportunità di profitto (che un'impresa intravede nei settori produttivi coinvolti dall'operazione) → tali opportunità derivano dallo sfruttamento di economie di produzione congiunta (o economie di scopo), le quali consentono la riduzione dei costi di produzione e il miglioramento della posizione competitiva dell'impresa - il soggetto che nasce dalla fusione conglomerale è un'impresa diversificata (o conglomerale), contraddistinta dal fatto di essere multi-prodotto → 3 tipologie di diversificazione 1. diversificazione orizzontale: l'impresa decide di produrre nuovi beni o servizi, realizzando una produzione diversa, ma continua a rivolgersi allo stesso mercato e stessi clienti (collegata nella domanda) 29 2. diversificazione correlata: l'impresa realizza un nuovo prodotto mediante un processo produttivo che utilizza una tecnologia già in essere presso l'impresa stessa (collegata nell'offerta) 3. diversificazione conglomerata pura: vengono realizzati prodotti nuovi che non sono apparentemente collegati né nella domanda né nell'offerta - imprese che desiderano avviare la produzione in settori ormai maturi, dove la pressione concorrenziale è più elevata e la domanda di mercato è stagnante, potrebbero più facilmente ampliare la gamma dei beni e servizi offerti mediante fusioni conglomerali → principali vantaggi della diversificazione: la riduzione della concorrenza di mercato → attraverso sussidi incrociati l'efficienza produttiva → attraverso economie di scopo la riduzione dei costi di transazione il miglioramento della posizione dei manager ALLEANZE STRATEGICHE E RESTRIZIONI VERTICALI Le alleanze strategiche → accordi di cooperazione tra imprese autonome finalizzati allo sfruttamento di specifiche sinergie - vantaggi simili a quelli generati da fusioni e acquisizioni possono essere ricercati attraverso altre strategie d’impresa → consentono di mantenere separata la proprietà delle imprese coinvolte - obiettivo: sfruttare specifiche sinergie → sinergie di 3 tipi 1. sinergie modulari: una delle due aziende mette a disposizione la propria tecnologia nel processo produttivo (sviluppa una fase); la seconda azienda interviene dopo la prima e sviluppa un'altra singola fase del processo produttivo → processi produttivi separati 2. sinergie sequenziali: la prima azienda inizia a sviluppare una fase del processo produttivo, trasferisce alla seconda i risultati di quel processo e la seconda, riprendendoli, va a sviluppare in sequenza le successive fasi 3. sinergie reciproche: le imprese sviluppano insieme le diverse fasi di un processo produttivo di un singolo prodotto e/o servizio - restrizioni verticali = due entità separate, fanno riferimento a contratti (a lungo termine) che pongono condizioni e limitazioni a imprese collegate tra di loro verticalmente → valida alternativa alle fusioni verticali - l'alleanza strategica coinvolge imprese che si mettono d'accordo per condividere risorse e attività al fine di raggiungere un obiettivo comune (di diverse tipologie → es. singola fase o funzione del processo produttivo) → viene detta contratto incompleto (tra imprese): stabilisce il coordinamento organizzativo (delle attività comune), ma non vengono specificati doveri, responsabilità e condotta delle singole imprese (e non si vanno a prevedere nel tempo le condizioni che possono mutare) - da un punto di vista tecnico, è più conveniente effettuare un'alleanza strategica: comporta meno costi e inoltre, la fusione è irreversibile 30 - caratteristica centrale: possibilità di modificare o interrompere l’accordo di cooperazione del tempo → comuni alleanze strategiche: le joint venture, i consorzi, accordi di franchising e i contratti di licensing Le joint venture → accordo mediante il quale due o più imprese si impegnano a collaborare al fine di perseguire un obiettivo comune - es. realizzazione di impianti industriali comuni; costituzione di una rete commerciale di distribuzione comune - in generale viene costituita per la realizzazione di investimenti costosi o rischiosi, che richiedono capacità finanziarie o competenze disponibili presso una singola impresa, al fine di ripartire su più soggetti le eventuali perdite o utili dell’investimento - tipicamente per entrare in mercati esteri o quando ci si deve assicurare una rete commerciale idonea, anche quando l’impresa non è presente - due tipologie di joint venture 1. unincorporated joint venture: vero e proprio contratto stipulato da più parti (due soggetti giuridici continuano ad esistere e restano formalmente separati → non viene stipulato un nuovo soggetto giuridico) 2. incorporated joint venture: talvolta è più conveniente costituire un nuovo soggetto giuridico, ma mantenendo le proprie entità → gli accordi possono essere interrotti in qualsiasi momento - esempio: industria dell'auto in Cina I consorzi → due o più imprese predispongono una strutturata organizzazione comune, finalizzata alla gestione congiunta di specifiche funzioni aziendali - prevede un’assemblea (funzioni deliberative) e un organo direttivo (compiti di gestione e controllo) - tipicamente usati da imprese medio piccole - si suddividono in 1. consorzi anticoncorrenziali 2. consorzi di cooperazione aziendale 3. consorzi di servizi - lo scopo può essere perseguito attraverso la costituzione di una nuova società dotata di propria personalità giuridica → società consortile → esempio: consorzi a tutela dell’IGP (IGP = identificazione geografica protetta) Il franchising → relazione tra due imprese indipendenti 1. franchisor 2. franchisee - il primo cede al secondo il diritto di utilizzare un processo produttivo, collocare un prodotto o utilizzare un marchio conosciuto, in cambio di un corrispettivo, di solito stabilito sotto forma di canone periodico → royalty 31 - contratto che generalmente stabilisce i prezzi, i servizi offerti, la localizzazione e le modalità di marketing a cui il franchisee dovrà attenersi nello svolgimento della propria attività imprenditoriale → 2 tipologie 1. franchising aziendale: il franchisor vende al franchisee non solo un prodotto o un marchio ma anche l’intero format aziendale e prevede una forte interazione e comunicazione tra le due parti → McDonald’s 2. franchising di prodotto/marchio: il franchisee opera in maniera più indipendente, utilizzando il prodotto o il marchio fornito dal franchisor ma stabilendo in maniera autonoma i servizi accessori erogati alla clientela → concessionarie di auto → esempio di franchising aziendale: McDonald’s - 85% dei propri punti vendita - requisiti 1. almeno un capitale di 250K 2. età tra i 32 e 49 anni 3. trasferimento residenza nella città del punto vendita - il costo complessivo per un franchising mc donald's equivale a 800K iva esclusa - soggetto acquista materiale indispensabile direttamente dalla casa madre - deve versare un contributo iniziale (fee) di 45K iva esclusa - contributi tramite le vendite 1. affitto del locale del punto vendita 2. 5% di royalty sulle vendite nette 3. 4% sulla pubblicità I contratti di licensing → accordo dove si trasferisce il diritto di proprietà intellettuale: il detentore di proprietà intellettuale (licensor) ne cede il diritto ad un altro soggetto (licensee), affinché questo la possa utilizzare per trarne benefici economici - il licensee in cambio, è obbligato al pagamento di un corrispettivo periodico (fee), stabilito di solito come quota sulle vendite realizzate grazie all’uso della licenza - i valori ottenuti si configurano in termini di maggior valore aggiunto apportato dall’utilizzo della licenza al bene o servizio venduto → es. un marchio o logo molto conosciuto dai consumatori, può incrementare le vendite attraverso la fidelizzazione del cliente stesso - i termini e le condizioni d’uso della licenza possono includere i prodotti a cui la licenza può essere applicata e quelli invece esclusi, oppure le aree territoriali entro cui l’accordo è ritenuto valido Le restrizioni verticali → contratti a lungo termine che pongono condizioni e limitazioni commerciali a imprese collegate tra loro verticalmente - alleanze che consentono di armonizzare gli interessi delle imprese coinvolte stabilendo dei vincoli di natura commerciale tra aziende indipendenti - principali forme di restrizioni verticali 1. vendita in esclusiva 2. prezzo imposto 3. esclusiva territoriale 32 4. tasse di ingresso La vendita in esclusiva → accordo tra un’impresa e il proprio fornitore, che vincola quest’ultimo a vendere un particolare bene o servizio esclusivamente al produttore con cui ha stipulato tale accordo - può consentire alle imprese coinvolte di conseguire un vantaggio competitivo rispetto ai rivali (riducendo concorrenzialità nel mercato e costi di produzione) - si realizza esclusione dal mercato = pratica di rifiutare di rifornire un'impresa a valle o di acquistare da un'impresa a monte - l'esclusione può essere parziale o completa - esclusione completa: un'impresa a valle ottiene il controllo di tutti i fornitori a monte o al contrario un fornitore a monte ottiene il controllo di tutti i punti vendita a valle Il prezzo imposto → forma di restrizione verticale in cui un produttore a monte si riserva il diritto di controllare il prezzo di un bene o servizio venduto dall'impresa a valle ai clienti finali - come si adotta? imponendo ai dettaglianti a valle un prezzo minimo (price floor), anche se è possibile riscontrare accordi che prevedono l'imposizione di un prezzo massimo (price ceiling) - prezzo imposto: funzione di preservare la reputazione delle imprese produttrici → l'applicazione di un prezzo più elevato a quello di mercato potrebbe servire per comunicare ai consumatori una maggiore qualità del bene o servizio venduto Esclusiva territoriale → un'impresa produttrice a monte stipula un accordo commerciale con i propri distributori a valle, al fine di delimitare il territorio geografico entro cui questi ultimi possono vendere il proprio prodotto - può prevedere diverse forme il distributore a valle è tenuto a non vendere al di fuori del proprio territorio ma può concludere transazioni con i clienti che si recano in loco il distributore a valle è tenuto a vendere unicamente ai compratori residenti in un determinato territorio - vantaggio: minore pressione competitiva e un maggior potere di mercato Tasse d'ingresso → l'applicazione di una tassa d'ingresso si riscontra nelle fasi della catena del valore connesse alla distribuzione di un bene o servizio, ed è riferita all'opportunità di accesso al mercato finale - utilizzata nell'ambito della grande distribuzione al dettaglio (catene di supermercati), la quale impone ai propri fornitori il pagamento di una “tassa” al fine di rendere il loro prodotto accessibile ai clienti o collocato in una posizione più favorevole per attrarre l'attenzione dei consumatori - l'applicazione di una tassa può avere effetti importanti sul livello di concorrenzialità nel mercato → se la di collocare i prodotti in posizioni favorevoli è limitata, solo i produttori in grado di pagarla potranno trarre benefici → ne consegue minore competitività e viene a crearsi una barriera all'entrata del mercato 33 DIFFERENZIAZIONE DI PRODOTTO E PUBBLICITÀ Dalla produzione di massa alla personalizzazione di massa - da fine ‘800: nuovi paradigmi produttivi - l'importanza attribuita alla differenziazione di prodotto è variata notevolmente nel corso degli anni, parallelamente all'emergere di diversi modelli produttivi, i quali hanno influito sulla capacità di attuarla in maniera efficace → prima rivoluzione industriale: da fabbricazione di manufatti a produzione di beni → tramite utilizzo di macchinari, mantenendo carattere artigianale → seconda rivoluzione industriale: sviluppo tecniche produzione di massa - concorrenza sui prezzi; vincente chi sfrutta al massimo le economie di scala (Ford) - anni ‘70: nuovo paradigma produttivo → diffusione lean production (produzione snella) = le imprese attraverso uno stretto rapporto con i propri fornitori riescono a produrre beni differenziati pur limitando i costi di produzione → nasce concetto di Just in Time (Toyota) → terza rivoluzione industriale: inizia raggiungimento massima efficienza produttiva - prende sempre più importanza la funzione di R&S e marketing - si diffonde concetto di mass-customization → quarta rivoluzione industriale: si arriva alla personalizzazione di massa → consumatore riceve prodotto unico - alcune imprese hanno introdotto alcune strategie di iperpersonalizzazione = prodotto elaborato su basi talmente differenziate da sembrare tagliato su misura per il cliente - capacità delle imprese di fidelizzare la clientela andando incontro alle sue specifiche esigenze è diventata una leva di vantaggio competitivo sempre più rilevante La differenziazione di prodotto - due prodotti possono essere considerati differenti fra loro innanzitutto sulla base del modo in cui ciascun consumatore valuta le loro caratteristiche → differenziazione orizzontale = i prodotti differiscono sulla base di elementi che non è possibile ordinare, ma che sono invece valutati dai consumatori in maniera soggettiva - i consumatori non hanno le stesse opinioni riguardo a quale sia la varietà di prodotto preferibile - differenziazione verticale = due prodotti presentano livelli qualitativi complessivi differenti - è possibile classificare in maniera oggettiva i prodotti per qualità a seconda ad esempio degli ingredienti utilizzati o di caratteristiche del prodotto → nella realtà in quasi tutti i beni la qualità è il risultato della combinazione di elementi di differenziazione orizzontale e verticale Differenziazione naturale e differenziazione strategica → differenziazione naturale: le difformità derivano da attributi o caratteristiche naturali del prodotto → es. due beni che si distinguono per la loro localizzazione geografica o al luogo di produzione e provenienza - esempio di differenziazione naturale in base al luogo di provenienza: Chianti Classico DOCG - a tutela del prodotto nel 1924 è stato istituito un consorzio da un gruppo di produttori, per proteggerlo dalle imitazioni 34 - oggi presenta il 95% dei produttori stessi (ca. 600 membri) - si occupa di sviluppare strategie di marketing, mantener ecc copia slide → differenziazione strategica: le differenze di prodotto sono deliberatamente create dai fornitori con lo specifico intento di distinguere agli occhi dei consumatori il proprio prodotto da quelli della concorrenza - a volte la differenziazione attuata dall'impresa punta ad accelerare il tasso di sostituzione dei prodotti, lanciando sul mercato nuove versioni che in alcuni casi differiscono dalle precedenti per caratteristiche solo marginali, ma che possono essere sufficienti nel consumatore il desiderio di acquistare il nuovo modello (es. Apple) → il confine tra differenziazione naturale e strategica è spesso difficile da tracciare (immagine prodotto-paese) La pubblicità e le sue funzioni - riuscire a differenziarsi dalla concorrenza non dipende unicamente dalla capacità dell'impresa di ideare un prodotto o un servizio con caratteristiche uniche, ma anche di riuscire a trasmettere in maniera efficace ai clienti tale unicità → ruolo importante: pubblicità, che può essere 1. informativa = obiettivo: descrivere il prodotto nelle sue caratteristiche nonché di illustrare le principali condizioni di vendita (prezzo, disponibilità, modalità di pagamento) 2. persuasiva = obiettivo: catturare il consumatore e convincerlo che il prodotto è speciale basandosi spesso su dichiarazioni non direttamente verificabili → scopo: differenziare il prodotto e far diminuire la concorrenza sul prezzo 3. segnalazione = spesso collegata al lancio di campagne molto costose ma di grande impatto ed effetto e che di solito forniscono un numero molto limitato di informazioni al consumatore → informativa in senso indiretto (es. Apple con il lancio dell'Ipod nel 2001) - comunicazione corporate = ampliamento della funzione di segnalazione d

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