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Questo documento fornisce una panoramica del diritto privato italiano, descrivendo le differenze tra diritto pubblico e privato e le loro fonti. Vengono trattati i concetti chiave come autonomia, eteronomia, Costituzione, e regolamenti dell'Unione Europea. Include alcuni esempi pratici di applicazione delle norme.
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DIRITTO PRIVATO Il diritto e le norme giuridiche Il diritto è un insieme di regole che servono a risolvere problemi ed è diverso da altri sistemi di regole, come le regole della morale o dell’etichetta. Non rubare è un precetto sociale e religioso prima che giuridico; nella vita ci sono altri dover...
DIRITTO PRIVATO Il diritto e le norme giuridiche Il diritto è un insieme di regole che servono a risolvere problemi ed è diverso da altri sistemi di regole, come le regole della morale o dell’etichetta. Non rubare è un precetto sociale e religioso prima che giuridico; nella vita ci sono altri doveri (comprare regalo per un compleanno), ma che non sono giuridici. Come facciamo a capire quando parliamo di regole giuridiche e regole sociali, dell’etichetta? Le regole del diritto, che si chiamano norme giuridiche, si ricavano dalle fonti del diritto attraverso l’interpretazione del diritto. Le fonti del diritto possono avere carattere sovranazionale e statale. Oltre che di diritto si parla anche di ordinamento giuridico o sistema giuridico. Un ordinamento è un Insieme di regole volte a disciplinare le relazioni umane nel rispetto di determinati principi. Il diritto italiano Una distinzione fondamentale del diritto italiano è quella tra diritto pubblico e diritto privato. Le norme di diritto pubblico si occupano dell’organizzazione e del funzionamento dello Stato. sono quelle che disciplinano l’elezione del Presidente della repubblica, come funziona il governo, anche le norme in materia dei tributi. Per quanto riguarda il diritto privato possiamo fare una bipartizione tra diritto civile e diritto commerciale. Il diritto civile si occupa dei contratti, del matrimonio, delle successioni ereditare; il diritto commerciale si occupa delle attività d’impresa (cosa fa un imprenditore, cos’è un’azienda). La principale differenza tra diritto pubblico e privato è che nel diritto pubblico vige l’eteronomia. Nel campo del diritto pubblico abbiamo una situazione di soggezione e subordinazione, abbiamo un’imposizione di obblighi anche in assenza o contro la volontà dell’obbliato. Ad esempio, il comune che espropria il terreno di proprietà di Tizio per costruire un’opera pubblica (asilo, teatro). C’è una disparità tra Tizio, privato cittadino, e il comune: tizio perde proprietà anche se non è d’accordo, si trova in una situazione soggezione rispetto all’autorità pubblica. Nel diritto privato vige l’autonomia, ovvero il potere di darsi delle regole. C’è una libertà contrattuale: Tizio chiede a Caio se vuole vendere terreno, si accordano sul prezzo, stipulano un contratto. C’è anche una libertà coniugale, testamentaria… Le fonti del diritto La Costituzione si trova al vertice ed è sovraordinata rispetto a tutte le leggi. Pone dei principi che non possono essere sovrastati dalle leggi di rango inferiore. Per modificarla occorre una procedura speciale: occorre una maggioranza qualificata in parlamento o un referendum popolare. La Corte costituzionale si occupa di controllare la conformità delle leggi ordinarie alla Costituzione. Se la Corte costituzionale ritiene che una legge approvata dal parlamento si ponga in contrasto con i principi stabiliti dalla Costituzione, la Corte la può dichiararla costituzionalmente illegittima. Appena sotto troviamo i regolamenti dell’Unione Europea. L’Italia deve attenersi alle regole dettate dall’Unione Europea, in particolare ai regolamenti che prevedono norme che sono direttamente applicabili ai cittadini e che prevalgono sulle norme degli Stati membri. Al terzo gradino troviamo le leggi ordinarie o altri atti aventi forza di legge. La legge ordinaria viene adottata dal parlamento a maggioranza semplice, ma hanno pari forza i decreti legislativi che vengono approvati dal governo a seguito di una legge-delega emanata dal parlamento. I decreti-legge vengono approvati dal governo, ma occorre anche il passaggio parlamentare e perdono di efficacia se non sono convertiti in legge entro 60 giorni. Poi abbiamo i regolamenti amministrativi che regolano il funzionamento degli uffici sulla base di una delega di legge. Infine, gli usi o le consuetudini. Si tratta di una fonte non scritta e sono delle regole applicate costantemente da una collettività nella convinzione che siano conformi al diritto. Dove c’è una legge, gli usi e le consuetudini sono efficaci solo se vengono richiamati, non superano le leggi. Esempio: norma che disciplina un’impresa familiare. Per familiare si intende il coniuge, i parenti e gli affini. Una signora che è stata convivente stabile di un defunto imprenditore agricolo si rivolge al giudice del lavoro per ricevere la liquidazione della sua quota. Ma la norma non riconosce il convivente stabile come familiare. Gli avvocati della signora dicono che la legge non tutela i conviventi ed è incostituzionale; la Corte ha detto che effettivamente è incostituzionale. In questo caso è violato il diritto al lavoro, il diritto alla giusta retribuzione e anche il principio di eguaglianza. Il diritto è violato perché viene in rilievo la tutela del diritto al lavoro come strumento di realizzazione della dignità del singolo e delle formazioni sociali. La Corte costituzionale afferma che quando si parla di diritti fondamentale la famiglia fondata sul matrimonio e la convivenza di fatto devono essere parificate. Fonti del diritto dell’Unione Europea Trattati istitutivi dell’Unione Europea, che sono fonti primarie; Regolamenti europei, che sono immediatamente efficaci nei confronti dei cittadini e sono direttamente applicabili negli Stati membri Direttive, che non fissano norme precise, ma fissano degli obiettivi che gli Stati devono raggiungere attraverso le proprie leggi. Quindi non sono direttamente applicabili, ma lo Stato membro le deve recepire nell’ordinamento nazionale con una legge. Interpretazione del diritto L’interpretazione del diritto parte da problema che può essere teorico o concreto (es. quali diritti spettano a Caia alla morte del coniuge se questo presenta fratelli). Abbiamo un problema e andiamo a cercare le disposizioni normative rilevanti nel Codice civile. Le disposizioni normative, cioè le frasi di senso compiuto che sono contenute in un testo normativo, non sempre coincidono alle norme, che sono il risultato dell’attività dell’interprete. Il testo normativo può essere ambiguo e necessitare un’interpretazione. Ad esempio, quando si dice “alienare un immobile” si intende vendere un immobile. Però a volte alienare viene inteso non solo come vendere, ma anche attraverso una donazione, quindi trasferire il diritto di proprietà non attraverso la vendita, ma attraverso una donazione. A volte vengono in rilievo più disposizioni. Fattispecie astratta e concreta Le norme giuridiche sono generali perché si rivolgono a una moltitudine indeterminata di destinatari e sono astratte perché sono applicabili a un numero indeterminato di situazioni concrete. Definiamo fattispecie significa immagine del fatto, ma parliamo di fattispecie in due accezioni: 1. Fattispecie astratta: la descrizione del fatto contenuta nella norma (“Qualunque fatto doloso o colposo, che cagione ad altri un danno ingiusto”) 2. Fattispecie concreta: è quel particolare evento corrispondente alla descrizione fatta in generale dalla norma (Un dato giorno, in un dato luogo Tizio per imprudenza tampona l’auto di Caio) Le lacune del diritto e l’analogia A volte non riusciamo a individuare una norma applicabile al fatto concreto e quindi si verifica una lacuna dell’ordinamento. In questo caso si applica l’analogia. Vuol dire che si applica una norma che regola un caso simile o una materia analoga. Esempio: leasing, in cui abbiamo il concedente, che attribuisce all’utilizzatore l’uso di un bene, e un utilizzatore che paga in canoni periodici, il quale alla fine decide se acquistare. Il leasing è un contratto che non è stato disciplinato nel nostro ordinamento per molti anni, spesso ci si ponevano delle domande e si faceva riferimento alle norme sulla vendita a rate con riserva di proprietà, che è un contratto simile. Però non sempre si può applicare l’analogia. Pensiamo ad una norma che è dettata per i lavoratori dipendenti: sarà valida anche per i lavoratori autonomi? Se è una norma dettata per i lavoratori dipendenti i quanto lavoratori, allora sarà valida anche per i lavoratori autonomi. Se invece è una norma dettata per i lavoratori dipendenti in quanto lavoratori in un rapporto di subordinazione al datore di lavoro, allora non sarà applicabile ai lavoratori autonomi. Perciò occorre una giustificazione per poter applicare l’analogia. L’analogia non si applica nell’ambito delle norme penali e nell’ambito delle norme eccezionali o speciali, ovvero norme che disciplinano qualche esigenza particolare circoscritta. Cosa succede se non si può applicare l’analogia o il caso ancora sia dubbio? Il giudice applica i principi generali ricavabili dall’ordinamento. I principi generali non si identificano con una norma specifica, ma si ricavano dai complessi di norme. Es. tutte le norme che regolano il rapporto tra inquilino e locatore, tra consumatore e impresa, tra lavoratore subordinato e datore di lavoro sono tutte ispirate alla tutela del contraente debole (inquilino, consumatore, lavoratore subordinato). Chi interpreta il diritto? Interpretazione autentica: possiamo avere l’interpretazione fatta dal legislatore stesso, colui che scrive le norme. È un’interpretazione che viene resa da una legge successiva, che chiarisce il significato di una legge precedente. Interpretazione giudiziale: compiuta dai giudici (quella più frequente). Per giurisprudenza intendiamo l’insieme delle sentenze e delle interpretazione dei giudici. Interpretazione dottrinale: fatta dagli studiosi del diritto che portano avanti interpretazioni delle norme e scrivono libri e manuali. Esempio di interpretazione autentica. C’è una società che controlla una secondo società e impone delle direttive. L’articolo 2497 parla di “ente”, ma cosa si intende con quel termine? In questo caso interviene una legge specifica che spiega cosa si intende per ente. Quindi, il legislatore è intervenuto una seconda volta per spiegare cosa si intendeva in una norma. Applicazione del diritto Il diritto si può applicare spontaneamente. Pensiamo a Tizio che rompe un vaso di Caio e ne risarcisce il valore; quindi, applica spontaneamente la norma che impone a chi ha cagionato un danno deve risarcirlo. Però può sorgere una controversia perché magari si dà una ricostruzione diversa delle circostanze del fatto, oppure c’è una divergenza su quale norma si applichi, oppure c’è un rifiuto di una delle due parti di applicare le norme. In questo caso Caio dovrà andare dal giudice che dovrà ricostruire i fatti, interpretare il diritto e applicare le norme al fatto ricostruito. Si chiama attore la parte che promuove la causa in giudizio ed è tenuto a dimostrare la sua pretesa, deve presentare fatti a fondamento della sua pretesa. Il convenuto è la controparte, colui contro il quale l’azione è proposta e colui il quale può proporre un’eccezione se sostiene che vi sono fatti che hanno fatto venir meno il fondamento della pretesa dell’attore. I gradi di giudizio 1. Tribunale (Giudici di pace o Tribunale per i minorenni); 2. Corte d’Appello; 3. Corte di Cassazione (una sola con sede a Roma). Il Tribunale e la Corte d’Appello fanno un giudizio di merito, ovvero comprendono l’accertamento dei fatti. La Corte di Cassazione fa un giudizio di legittimità, perciò effettua un controllo sull’operato dei precedenti giudici e controlla che la legge sia stata applicata correttamente, non esamina nuovamente i fatti. Nel nostro ordinamento i giudici non sono vincolati dal precedente; negli ordinamenti anglosassoni il precedente è vincolante, nel nostro ordinamento ogni giudice può discostarsi dalla giurisprudenza precedente. I soggetti I soggetti di diritto sono le persone fisiche e gli enti che possono essere titolari di diritti e doveri. Per persone fisiche intendiamo gli individui umani, mentre gli enti sono delle organizzazioni o delle collettività che operano mediante persone umane che li rappresentano. Gli enti possono essere pubblici, come lo Stato, le Regioni, i Comuni e le Università, e privati. Gli enti privati si dividono a loro volta in enti privati a scopo di lucro (come le società per azioni) e non a scopo di lucro (come i sindacati e le associazioni culturali). Capacità giuridica I soggetti di diritto hanno una capacità giuridica: possono essere titolari di diritti e di doveri. La capacità giuridica si acquista alla nascita: basta che sia avvenuto il parto e abbia avuto inizio la respirazione polmonare. Capacità di agire 1. Capacità naturale di agire, ossia la capacità di intendere e di volere. Si tratta della capacità di essere consapevole delle proprie azioni e di determinarsi liberamente. L’incapacità di intendere e di volere può provocare l’invalidità di determinati atti e l’esclusione/limitazione della responsabilità del soggetto. Il soggetto che non è un incapace legale, ma è momentaneamente incapace di intendere e di volere. 2. Capacità legale di agire: si acquista con la maggiore età, ma si perde a seguito di determinati provvedimenti del giudice a seguito delle misure di protezione. Le misure di protezione Interdizione: riguarda coloro che si trovano in condizioni abituale infermità mentale, che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi. Il giudice nomina un tutore che si sostituisce all’interdetto e questi sono i casi più gravi. Inabilitazione: può riguardare i soggetti affetti da infermità di mente, ma non così grave da richiedere l’interdizione, o soggetti che possono recare gravi pregiudizi economici al patrimonio familiare perché affetti da eccesiva prodigalità, oppure i soggetti sordomuti/ciechi che non hanno ricevuto un’educazione sufficiente (retaggio del codice del 1942). In questi casi il giudice nomina un curatore, però l’inabilitato ha una limitata capacità. Amministrazione di sostegno: può essere richiesta dal beneficiario stesso e riguarda le persone che hanno un’infermità o menomazione fisica e si trovano nell’impossibilità anche parziale di provvedere ai loro interessi. In questi casi il giudice definisce quel è l’oggetto dell’incarico dell’amministratore di sostegno e quali atti il beneficiario può svolgere con il sostegno. Diritto soggettivo I diritti soggettivi sono quei diritti che attribuiscono ai soggetti il potere di pretendere la piena realizzazione del loro interesse. Esempio: pretendere che il compratore a cui abbiamo venduto un bene paghi il prezzo. Il diritto soggettivo si distingue in due categorie: 1. Diritto soggettivo relativo: è un diritto nei confronti di una o più persone determinate; 2. Diritto soggettivo assoluto: è una pretesa nei confronti della generalità delle persone (erga omnes). Es: diritto all’integrità fisica. Il diritto soggettivo ha una tutela sostanziale (ho una pretesa che posso far valere) e processuale (il titolare che non riesce a ottenere la spontanea soddisfazione del suo interesse può agire in giudizio per chiederla). Diritti assoluti, relativi, potestativi Diritti assoluti Nel caso dei diritti assoluti il titolare soddisfa il suo interesse senza la cooperazione altrui e sono diritti che possono essere opposti a tutti. I diritti assoluti si distinguono in: Diritti della personalità: competono alla persona a salvaguardia di situazioni legate a sé stessa, sia da un punto di vista fisico (es. diritto a disporre del proprio corpo) o da un punto di vista sociale (es. diritto al nome, all’immagine); Diritti reali: dal latino res, si tratta di diritti che si esercitano sulle cose. Ci sono diritti reali su cosa propria (es. diritto di proprietà), ma anche su cose altrui. Questi ultimi comprendono i diritti reali di godimento, che consentono di utilizzare il bene di proprietà altrui secondo determinate modalità (es. usufrutto) e i diritti reali di garanzia, che attribuiscono al titolare creditore il potere di soddisfarsi sul bene oggetto di garanzia (es. pegno, ipoteca). Diritti relativi Nel caso dei diritti relativi il titolare ha bisogno che altri tengano un comportamento e può far valere la sua pretesa solo nei loro confronti. Esempio: Tizio presta una somma di denaro a Caio, che dovrà restituirla (mutuo) oppure Tizio che concede in locazione un appartamento a Caio che dovrà pagare il canone. Diritti potestativi I diritti potestativi sono quelli in cui il titolare soddisfa il suo interesse senza la cooperazione altrui (come i diritti assoluti), ma possono essere opposti solo a un soggetto determinato (come i diritti relativi). Esempio: Tizio vuole separarsi dalla moglie > lo può esercitare senza la cooperazione della moglie, ma può essere opposto solo alla moglie. Altre situazioni giuridiche soggettive attive Aspettativa: è una posizione di attesa tutelata dall’ordinamento. Il titolare è un tutelato in relazione all’acquisizione futura di un diritto soggettivo. Esempio: il nonno lascia al nipote l’eredità subordinata alla condizione che consegue alla laurea; Potere (o facoltà): sono situazioni implicite alla titolarità di un diritto soggettivo o svincolate da esso; Potestà: il titolare agisce per la cura di interessi altrui (ad esempio nel caso della rappresentanza); Status: posizioni e diritti che fanno capo a un soggetto in relazione a una determinata collettività (es. genitore, figlio, socio); Interesse legittimo: nel campo del diritto pubblico, il soggetto privato non può vantare un diritto soggettivo, ma un interesse legittimo: può solo pretendere che l’ente pubblico rispetti le regole che disciplinano la sua azione (es. concorso pubblico) Altre situazioni giuridiche soggettive passive Contrapposta alle situazioni giuridiche attive vi sono quelle passive delle controparti: Nel caso di diritti assoluti: tutti i consociati devono astenersi da qualsiasi attività che possa incidere sul libero esercizio di tali diritti. Es. nessuno può invadere il diritto di proprietà altrui. La posizione degli altri è quella di dovere. Nel caso di diritti relativi: il soggetto verso cui si indirizza l’esercizio del diritto ha l’obbligo di tenere il comportamento atto a soddisfare l’interesse altrui. Es. rimborso del mutuo, pagamento del canone di locazione. La posizione degli altri è quella di obbligo. Nel caso di diritto potestativo: il soggetto subisce passivamente, senza potersi opporre, l’esercizio del diritto altrui. Es. moglie non può impedire la separazione. La posizione degli altri è quella di soggezione. I beni Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti (art. 810 c.c.), ovvero che sono suscettibili di appropriazione e di utilizzo, che possono avere un valore. I beni di dividono in: beni materiali: suscettibili di una valutazione economica e idonei a essere percepiti con sensi o strumenti materiali (comprendono anche le energie naturali che hanno valore economico, es. energia elettrica), beni immateriali: hanno una consistenza ideale, ma hanno una rilevanza economica (es. marchio, brevetto, software) beni immobili: suolo, costruzioni e tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo (es. alberi, edifici); in questa categoria si includono anche altri beni che non sono incorporati al suolo, ma sono ancorati alla riva con destinazione permanente (es. mulini, bagni, edifici galleggianti). Questi ultimi si caratterizzano per la trascrizione nei registri; beni mobili: tutti gli altri beni. All’interno dei beni mobili ci sono i beni mobili registrati (es. autoveicoli, aerei, natanti) che sono registrati nei rispettivi registri (aereo, nautico). A volte il legislatore considera un complesso di beni che hanno una destinazione unitaria e una finalità comune come un’universalità di beni (es. biblioteca o pinacoteca). A volte si utilizza la parola “universalità” non per definire un insieme di beni, ma un complesso di diritti, come l’eredità. I diritti reali I diritti reali sono i diritti di utilizzazione dei beni. Il diritto reale per eccellenza è il diritto reale di proprietà (es. diritto di proprietà), ma ci sono anche i diritti reali su cosa altrui. Distinguiamo questi ultimi in diritti reali di godimento, che attribuiscono al titolare il potere di utilizzare il bene di proprietà altrui secondo determinate modalità (es. usufrutto), e in diritti reali di garanzia (pegno e ipoteca, rispettivamente per beni mobili e immobili). La relazione tra un soggetto e un bene si può inquadrare anche nell’ambito dei diritti relativi. Esempio: la locazione attribuisce al locatario un diritto personale (e non reale) di godimento, in virtù del quale può pretendere che il locatore gli faccia godere il bene. Il diritto di proprietà Anche la costituzione riconosce e garantisce la proprietà privata. Il diritto di proprietà è il «diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo» (art. 832 c.c.). Diritto di godere vuol dire che il proprietario ha la facoltà di utilizzare materialmente la cosa in maniera varia (es. abitare nell’appartamento, può usarlo come studio per la sua attività, svolgervi l’attività di pittore) Diritto di disporre vuol dire che il proprietario ha la facoltà di esercitare attività giuridiche in modo pieno ed esclusivo (es. vendere l’appartamento, darlo in locazione) I modi di acquisto della proprietà sono indicati dalla legge e possono essere distinti in due categorie: a titolo originario: il diritto non si acquista da un precedente titolare (es. acquisto per occupazione = Tizio si impossessa di una cosa abbandonata) a titolo derivativo: il diritto discende da un precedente titolare (es. per contratto (attraverso una compravendita o una donazione); per successione a causa di morte (eredità). Anche attraverso l’usucapione (possesso ininterrotto, pacifico e pubblico di un bene per un certo periodo, in virtù di una sentenza di un giudice) I diritti reali di godimento I diritti reali di godimento limitano il godimento del bene da parte del proprietario e sono un numero chiuso (non se ne possono creare altri). Le limitazioni al diritto di proprietà sono circoscritte. Esempi: usufrutto: attribuisce al titolare il diritto di godere della cosa come se ne fosse proprietario, con il limite di rispettarne la destinazione economica (non può apportare delle modifiche strutturali alla cosa; es. Tizio non può trasformazione un vigneto in un giardino). L’usufrutto talvolta nasce dalla legge, ad esempio l’usufrutto dei genitori sui beni del figlio minore, oppure può nascere dalla volontà delle parti; servitù: consistono nel peso che grava su un fondo (detto servente) a beneficio di un altro (detto dominante); es. servitù di passaggio, se il fondo dominante è intercluso da tutti i lati. La servitù di passaggio costringe il proprietario del fondo servente a tollerare che il proprietario del fondo dominante passi sul suo terreno. Ci sono anche altre servitù, come quella di non edificare oltre una certa altezza, che può essere costituita per legge o per volontà dell’uomo. Il possesso Proprietario ≠ possessore. Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà o altro diritto reale (art. 1140 c.c). Significa che il possessore si comporta come se fosse il proprietario o il titolare di altro diritto reale (non rileva se lo sia davvero o meno). Se non lo è, può essere in buona fede (= ignora di ledere l’altrui diritto) o in mala fede (sa che quell’oggetto non è suo, ma si comporta come se fosse il proprietario, es. ladro che ruba la borsa). Fondamentale è la regola «possesso vale titolo»: questa regola stabilisce che se un soggetto in buona fede acquista un bene mobile (non registrato) in base a un titolo idoneo (es. compravendita) e ne riceve la consegna, ne diviene proprietario anche se chi glielo ha venduto non lo era. Esempio: Caio va a trovare Tizio, appeso a casa di Tizio c’è un quadro appartenente a Melia, proprietaria del quadro. Caio vede il quadro e si offre di comprarlo; Tizio glielo vende senza dire che non era suo. In base a questa regola, Caio acquista la proprietà del quadro se era in buona fede (= non sapeva che non fosse di Tizio), l’ha acquistato attraverso un titolo idoneo (=la compravendita) e ne ha ricevuto la consegna. In questo modo Caio diventa proprietario del bene. Il legislatore pone questa regola per un’esigenza di sicurezza e rapidità della circolazione dei beni. Detenzione ≠ possesso: un soggetto dispone di un bene nella consapevolezza che altri ne è il proprietario (es. conduttore (inquilino) nella locazione). La pubblicità dei soggetti Le principali tappe della vita degli enti sono soggette a pubblicità, cioè vengono annotate in pubblici registri che tutti possono consultare. Registri dello stato civile > annotata nascita, morte, matrimonio, unione civile, convivenza di fatto Registro delle persone giuridiche > annotati gli elenchi della vita di associazioni, fondazione Registro delle imprese > società Albi ed elenchi > banche, intermediari finanziari Albi tenuti dagli Ordini professionali > medici, avvocati, ingegneri La pubblicità della circolazione dei beni Per quanto riguarda i beni immobili, la pubblicità si attua mediante la trascrizione nei registri immobiliari (si evince che Tizio è proprietario del bene). Nella circolazione dei beni immobili prevale chi ha trascritto per primo, a prescindere dalla priorità di data dell’atto di compravendita. Esempio: Caio ha un appartamento e lo vende a Tizio e Sempronio (due acquirenti diversi): prevale chi ha trascritto per primo l’acquisto nel registro immobiliare. Se l’ha trascritto prima Sempronio l’immobile sarà suo e l’altro acquirente può richiedere il risarcimento dei danni. Per quanto riguarda i beni mobili registrati abbiamo l’iscrizione in pubblici registri (automobilistico, navale, aeronautico). Per quanto riguarda i beni mobili vale il possesso. La pubblicità non è legata all’iscrizione e alla registrazione, ma è legata al possesso. Nel conflitto tra due acquirenti prevale chi ne ha il possesso (chi ha la materiale disponibilità del bene), in base a un titolo idoneo (al trasferimento di quel diritto) e in buona fede (ignora che chi ha venduto il bene era un ladro). Le obbligazioni L’obbligazione è il rapporto tra due soggetti – debitore e creditore – in forza del quale il primo è tenuto, nei confronti del secondo, a una determinata prestazione. Es. il venditore (debitore) è tenuto, nei confronti dell’acquirente (creditore), alla consegna del bene. Quindi, al debitore fa capo una determinata obbligazione, al creditore fa capo un correlativo diritto di credito; es. obbligazione di consegnare il bene/diritto alla consegna del bene. Il creditore ha bisogno della cooperazione del debitore; il diritto del creditore è dunque un diritto relativo (o personale) perché può essere fatto valere solo nei confronti del debitore. Diritto di credito vs diritto reale Diritto di credito: è un diritto nei confronti di un soggetto obbligato a una determinata prestazione. In questo caso il potere del creditore sul bene è mediato, perché il godimento del bene gli viene garantito attraverso la condotta imposta al debitore, e relativo, perché può esercitarsi nei confronti del solo debitore (non è un diritto erga omnes) Diritto reale: è un diritto sulla cosa (res) caratterizzato dall’immediatezza, perché il titolare può esercitare il potere sulla cosa senza necessità della cooperazione di terzi (es. proprietario utilizza il bene senza necessaria collaborazione di altri), e dall’assolutezza (dovere di tutti i consociati di astenersi dall’interferire nel rapporto tra il titolare e il bene (diritto erga omnes). Le fonti delle obbligazioni Le obbligazioni derivano da: contratto fatto illecito ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico (promesse unilaterali, titoli di credito, pagamento dell’indebito) I caratteri generali delle obbligazioni 1. La prestazione del debitore deve essere economicamente valutabile, anche se non lo è l’interesse del creditore. Es. biglietto del concerto ha un costo, ma la prestazione dei concertisti soddisfa un interesse meramente culturale del creditore. Si tratta di una prestazione del debitore (concertisti) economicamente valutabile, ma l’interesse del creditore non lo è; 2. Entrambi i soggetti del rapporto obbligatorio devono comportarsi secondo correttezza: non devono approfittare del comportamento leale della controparte e non devono aggravare la posizione dell’altro 3. Nell’adempimento dell’obbligazione, il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia (ossia dell’uomo medio) oppure del buon professionista quando la prestazione attenga all’esercizio di un’attività professionale (se si tratta di un avvocato o di un medico, la diligenza richiesta è di un professionista dotato di una preparazione tecnica adeguata); 4. In caso di ritardo o mancato/inesatto adempimento il debitore sarà tenuto al risarcimento dei danni che consiste nel: - danno emergente: perdita immediata (quanto il creditore ha pagato) - lucro cessante: mancato guadagno (in caso di rivendita del bene) La sostituzione dei soggetti del rapporto obbligatorio Sostituzione del debitore: adempie un terzo al suo posto (salvo che non si tratti di una prestazione infungibile = che non si può sostituire; es. prestazione professionale) - Delegazione: viene incaricato dal debitore un altro soggetto che pagherà, perché tra i due esiste un accordo in tal senso; - Espromissione: il terzo assume volontariamente il debito accordandosi col creditore (il padre si accorda per pagare il conto del figlio); - Accollo: il terzo si accorda con il debitore per pagare il suo debito e tale accordo può essere portato o meno a conoscenza del creditore (accollarsi il debito di qualcun altro) Cessione del credito: il creditore (cedente) cede la sua posizione di creditore a un altro soggetto (cessionario) - a scopo di donazione (il creditore cede il credito senza corrispettivo) - a scopo di vendita (il creditore cede il credito invece di pagare una somma di denaro) - a scopo di garanzia (la cessione produce il suo effetto solo qualora il debitore cedente non paghi) La cessione si perfeziona con un accordo tra il creditore (cedente) e il terzo (cessionario), perciò il debitore è estraneo a questo accordo. Affinché la cessione abbia efficacia nei confronti del debitore ceduto è necessario che gli venga notificata o che sia da lui accettata; se non è notificato c’è il rischio che venga pagato il vecchio creditore. I modi di estinzione dell’obbligazione Adempimento: esatta realizzazione della prestazione dovuta; il debitore esegue la prestazione nei tempi previsti dall’accordo; Morte del debitore, in caso di prestazioni infungibili: in cui rilevano le qualità personali del debitore. Es. dipingere un quadro. Ci sono anche modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento: modi Confusione: creditore e debitore si riuniscono nella stessa persona satisfattivi Compensazione: tra le parti intercorrono rapporti obbligatori reciproci (il soggetto debitore in un rapporto è, al tempo stesso, creditore in altro rapporto) modi non Novazione: all’obbligazione originaria se ne sostituisce un’altra. Es. Tizio doveva pagare cento a Caio, ma si satisfattivi obbliga a trasferirgli la proprietà di un orologio; (non soddisfano il Remissione: il creditore rinuncia volontariamente al proprio credito; creditore) Impossibilità sopravvenuta non imputabile al debitore: situazione impeditiva non prevedibile e non superabile. Es. tenore scritturato per la prima della Scala colpito da improvviso abbassamento di voce. L’inadempimento L’inadempimento può essere: Totale, se la prestazione è mancata interamente; Parziale, se la prestazione è stata effettuata, ma non correttamente. Se l’inadempimento è determinato da impossibilità della prestazione non imputabile al debitore l’obbligazione si estingue, altrimenti obbliga il debitore al risarcimento del danno che ne sia derivato al creditore. In questo caso si parla di responsabilità contrattuale, ma con questo termine ci riferiamo alla responsabilità per inadempimento dell’obbligazione, qualunque sia la fonte. Il danno risarcibile corrisponde al danno emergente e al lucro cessante. Obbligazioni di mezzi e di risultato Obbligazioni di risultato: il debitore è tenuto a realizzare una determinata attività. Es. appaltatore si obbliga a costruire un immobile entro sei mesi; Obbligazioni di mezzi: il debitore è tenuto a svolgere una determinata attività, senza garantire il risultato sperato (es. medico e avvocato; l’avvocato non può garantire di vincere sempre la causa). Il debitore risponde per colpa e non è responsabile se ha impiegato, nell’adempimento, diligenza, prudenza e perizia necessarie. La mora (ritardo) del debitore Tre presupposti: 1. Il ritardo nell’adempimento dell’obbligazione; 2. L’imputabilità del ritardo al debitore; 3. L’intimazione da parte del creditore, al debitore, di adempiere seppur tardivamente (questa comunicazione si chiama “costituzione in mora”, salvo eccezioni). Gli effetti della mora del debitore: Obbligo del pagamento degli interessi moratori Passaggio del rischio a carico del debitore. Anche a prescindere dalla mora, per il semplice ritardo, il creditore potrebbe chiedere il risarcimento del danno e la risoluzione per inadempimento. I titoli di credito I titoli di credito sono degli strumenti giuridici che consentono la circolazione della ricchezza. Sono dei documenti destinati alla circolazione che attribuiscono il diritto a una determinata prestazione. Il titolo di credito è incorporato in un documento: al pagamento di una somma di denaro (assegno) riconsegna di merci titoli che rappresentano una situazione giuridica complessa e i relativi diritti (azioni) I caratteri dei titoli di credito sono: Autonomia: chi acquista la proprietà del documento acquista il diritto in esso menzionato Letteralità: chi acquista un titolo di credito acquista un diritto il cui contenuto è determinato esclusivamente dal tenore letterale del documento Legittimazione: chi ha conseguito il possesso materiale del titolo di credito è senz’altro legittimato all’esercizio del diritto Vincoli: i vincoli sul diritto menzionato in un titolo di credito (es. pegno) devono essere effettuati sul titolo e non hanno effetto se non risultano dal titolo La circolazione dei titoli di credito: Titoli al portatore: con la semplice consegna; il possessore del titolo è legittimato alla prestazione Titoli all’ordine: circolano con la girata, che è una dichiarazione sottoscritta di trasferimento; è legittimato alla prestazione il soggetto menzionato per ultimo in base a una serie continua di girate Titoli nominativi: annotando il nome del nuovo titolare sul titolo e nel registro tenuto dall’emittente; è legittimato il soggetto indicato sul titolo stesso Il contratto Il contratto è l’accordo di due o più parti (bilaterali o plurilaterali) per costituire, regolare, estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale. Es. contratto di vendita di un appartamento, contratto di locazione di un appartamento, contratto d’opera professionale (avvocato). Locazione ≠ affitto, perché l’affitto riguarda beni produttivi, come aziende, fondi rustici… Il contratto può avere solo effetti patrimoniali. Il matrimonio è un negozio giuridico (atto rivolto a produrre degli effetti), ma non è un contratto perché manca il carattere patrimoniale. Il Codice civile disciplina il contratto in generale e definisce gli elementi essenziali, la cui mancanza determina la nullità, gli elementi accidentali, che incidono sugli effetti del contratto, stabilisce le regole interpretative, qual è la patologia del contratto, i principali tipi di contratto (es. la vendita). Sono ammissibili anche contratti atipici, cioè modelli di contratti che non rientrano nei tipi disciplinati dalla legge però bisogna rispettare l’Art. 1322 c.c. (Autonomia contrattuale). Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico (controllo di meritevolezza). Classificazione dei contratti Contratti tipici, disciplinati dalla legge (es. vendita, locazione, mutuo) Contratti atipici, non rientrano in quelli disciplinati dalla legge (es. in passato leasing, franchising). A questo tipo di contratto si applicano le disposizioni sui contratti in generale e potrebbero applicarsi, per analogia, disposizioni dettate per i contratti tipici. Un’altra distinzione che dobbiamo fare è quella tra: Contratti a titolo oneroso: un soggetto, per acquisire un vantaggio, accetta un correlativo sacrificio (es. vendita, locazione) Contratti a titolo gratuito: un soggetto acquisisce un vantaggio senza alcun correlativo sacrificio (es. donazione, comodato (=prestito gratuito) I requisiti del contratto Fissati dalla legge all’Art. 1325 c.c. > Indicazione dei requisiti. I requisiti del contratto sono: 1. L’accordo delle parti; 2. La causa; 3. L'oggetto; 4. La forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità. L’accordo La conclusione del contratto può essere preceduta da trattative tra le parti, ma non sempre. Es. contratti conclusi tra un soggetto professionale e un cliente applicando delle condizioni generali di contratto. sono le condizioni che l’imprenditore applica a tutti i clienti, sulle quali la controparte non ha la forza contrattuale, perciò manca la fase della trattativa. Quando si può ritenere l’accordo raggiunto? Quando l’accettazione corrisponde alla proposta. Questo significa che la proposta e l’accettazione devono essere conformi e devono contenere gli elementi essenziali del contratto. Es. Tizio propone a Caio di comprare appartamento, Caio accetta, ma manca il prezzo e perciò il contratto non è concluso. Inoltre, se la proposta regola anche aspetti non essenziali, l’accettazione deve essere conforme altrimenti si avrà una nuova proposta. L’oggetto L’oggetto è il contenuto contrattuale su cui si raggiunge l’accordo e quindi individua le prestazioni a cui le parti si obbligano. Possono essere prestazioni di: Dare. Es. consegnare una certa cosa Fare. Es. costruire un muro Non fare. Es. astenersi dallo svolgimento di un’attività imprenditoriale in un certo territorio (patto di non concorrenza) L’oggetto deve essere: Possibile: la prestazione può essere resa perché fattibile in natura Lecito: l’oggetto non è in contrasto con norme imperative (significa che non possono essere derogate dalle parti), di ordine pubblico, di buon costume (nascono dalla morale sociale e sono ampiamente condivise) Determinato o determinabile: deve essere almeno individuato il criterio per determinare la prestazione L’oggetto non coincide con il bene su cui potrà cadere la titolarità di un determinato diritto (es. l’automobile venduta), l’oggetto è la prestazione (in questo caso il fatto di consegnare l’auto). La causa La causa indica la funzione economico-sociale che un determinato contratto svolge. Es. compravendita: scambio della proprietà di una cosa contro il pagamento di una somma di denaro; locazione: godimento di un bene per un certo periodo di tempo contro il pagamento periodico di una somma di denaro. Il contratto non è valido se la causa manca. Es. trasferimento di proprietà senza indicazione del corrispettivo (non può trattarsi di una vendita) e senza forma dell’atto pubblico (non può essere neanche una donazione). Inoltre, deve essere lecita. Es. vendita di un bambino che sta per nascere = compravendita, ma causa non consentita dall’ordinamento. Si considera illecita anche quando il contratto costituisce il mezzo per eludere norme imperative e in questo caso di parla di contratti in frode alla legge. La forma La forma è essenziale solo quando richiesta a pena di nullità (forma ad substantiam). Talvolta la legge richiede che il contatto abbia una determinata forma, es. il contratto preliminare deve avere la stessa forma del contratto definitivo. L’art. 1350 c.c. elenca alcuni contratti che devono farsi per atto pubblico o scrittura privata: scrittura privata: in forma scritta, non si può fare a voce, né per comportamenti concludenti; atto pubblico: redatto dal notaio o dal pubblico ufficiale. In alcuni casi l’atto pubblico è necessario, ad esempio per le donazioni (occorre anche la presenza di due testimoni) a meno che non abbiano ad oggetto beni mobili di modico valore. Se la forma non è prevista dalla legge vige la libertà della forma; es. Tizio sale sul tram, si conclude un contratto di trasporto (esempio di comportamento concludente). Gli elementi accidentali Gli elementi accidentali sono quelli che incidono sulla produzione degli effetti del contratto. Condizione: evento futuro e incerto dal cui verificarsi si può far dipendere l’inizio degli effetti del contratto (condizione sospensiva > Tizio si impegna a comprare il terreno di Caio solo se il comune permetterà la costruzione) o il loro venir meno (condizione risolutiva > Tizio lavora come traduttore per Caio, il figlio di Caio sta per laurearsi come traduttore; il rapporto con Tizio si estingue quando figlio di Caio si laurea); Termine: evento futuro e certo da cui si fa dipendere l’inizio o la fine di un contratto; Modo o onere: peso imposto al beneficiario di un contratto di donazione. Inesistenza, invalidità, inefficacia È inesistente quel contratto che l’ordinamento non riesce a riconoscere. Es. non è una vendita l’acquisto di un bene già di mia proprietà; È invalido quel contratto sanzionato dalla nullità o dall’annullabilità; È inefficace il contratto improduttivo di effetti perché 1. potrebbe essere invalido: nullità > effetti non si sono mai prodotti; annullabilità > gli effetti sono precari 2. potrebbe essere valido; es. sottoposto a condizione sospensiva il cui evento non si è ancora avverato I tipi di invalidità: la nullità Le cause di nullità sono: Nullità “testuale”: lo prevede la legge; Possiamo avere la mancanza o il vizio di uno degli elementi essenziali (ad esempio la forma); È nullo il contratto contrario a norme imperative, ordine pubblico, buon costume - norme imperative: norme non derogabili dalle parti - ordine pubblico: insieme delle norme (prevalentemente costituzionali) che riguardano i diritti principali attinenti alla persona - buon costume: morale corrente, etica professionale È nullo anche il contratto che elude (aggira) una norma imperativa, ottenendo sostanzialmente lo stesso risultato vietato. La nullità può essere: Totale: investe l’intero contratto Parziale: investe una o più clausole del contratto - il contratto è travolto dalla nullità se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte colpita dalla nullità; - la nullità di singole clausole non comporta nullità del contratto quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative. I caratteri della nullità: Insanabilità: un contratto nullo non può in nessun modo essere reso valido; L’azione può essere proposta da chiunque e perfino rilevata d’ufficio dal Giudice: il giudice può dichiararlo nullo anche senza la richiesta di una delle due parti; Imprescrittibilità dell’azione: non c’è un limite di tempo entro il quale agire; Sempre opponibile: se Tizio conclude contratto di vendita nullo con Caio e Caio vende a Sempronio, entrambi i contratti cadono. I tipi di invalidità: l’annullabilità Le cause di annullabilità: Incapacità legale (minore o interdetto) Incapacità di intendere e di volere (ma solo se risulta la malafede dell’altro contraente) Manifestazione della volontà viziata da vizi del consenso, che sono: - Errore, che deve essere essenziale (=deve cadere su un elemento determinante del consenso) e riconoscibile (=un uomo medio avrebbe potuto accorgersi dell’errore) - Violenza: minaccia di un male ingiusto - Dolo: artifizi e raggiri di controparte, che ha fatto apparire una situazione diversa da quella reale A differenza del contratto nullo, il contratto annullabile può essere sanato: mediante convalida: atto in cui si dichiara di conoscere la causa dell’annullamento e di volerlo confermare nonostante quello; tacitamente: o dando spontanea esecuzione al contratto oppure facendo decorrere il termine di prescrizione, che è di cinque anni. L’azione può essere proposta solo dalla parte che vi ha interesse (ad esempio solo il soggetto minacciato). L’annullamento non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi in buona fede, tranne per l’annullabilità dovuta a incapacità legale. Gli effetti del contratto Il contratto ha forza di legge tra le parti, perciò le parti si obbligano e devo osservare quanto hanno concordato nel contratto come se si trattasse di una legge. È un accordo che può essere sciolto solo d’accordo tra le parti (mutuo consenso) o nei casi previsti dalla legge. Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l'equità e infine deve essere eseguito secondo buona fede. Come tutte le obbligazioni, anche quelle nascenti dal contratto devono essere adempiute con la diligenza del buon padre di famiglia o quella richiesta dall’esercizio di un’attività professionale. Le conseguenze dell’inadempimento L’inadempimento si ha quando le prestazioni sono eseguite in ritardo o in modo scorretto o inadeguato. Di fronte all’inadempimento dell’altra parte, il contraente ha due vie: 1. insistere per l’adempimento degli accordi; 2. chiedere la risoluzione del contratto (risoluzione per inadempimento): il contratto viene sciolto e considerato come se non fosse mai stato stipulato. È necessario che l’inadempimento non abbia “scarsa importanza”, deve essere di una certa gravità. In entrambi i casi il contraente ha anche il diritto al risarcimento dei danni. La risoluzione di diritto La risoluzione può avvenire non soltanto per effetto di una sentenza del Giudice, ma anche di diritto in tre casi: 1. clausola risolutiva espressa: le parti prevedono espressamente che il contratto dovrà considerarsi automaticamente risolto qualora una determinata obbligazione non venga adempiuta (es. se non consegni auto entro sei mesi il contratto è risolto; la parte che si vuole avvalere di questa clausola lo deve comunicare all’altra parte); 2. diffida a adempiere: la parte intima al contraente inadempiente di provvedere all’adempimento entro un termine congruo (non inferiore a 15 gg), trascorso il quale il contratto sarà risolto; 3. termine essenziale: a prestazione diviene inutile per il creditore se non eseguita nel termine stabilito (può dipendere dalla natura stessa della prestazione o risultare dal contratto). La risoluzione per impossibilità sopravvenuta e per eccessiva onerosità Risoluzione per impossibilità sopravvenuta: l’impossibilità sopravvenuta della prestazione estingue l’obbligazione. Nei contratti corrispettivi dà luogo alla risoluzione del contratto e la parte liberata non può chiedere la controprestazione. Es. Caio deve effettuare un trasporto per nave nell’interesse di Tizio, ma la nave è danneggiata a causa di una tempesta; quindi, Caio non può adempiere alla sua prestazione per un’impossibilità sopravvenuta. Caio è liberato, ma neanche Tizio lo deve pagare. È necessario che si tratti di un evento incontrollabile e imprevedibile. Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta: riguarda i contratti per i quali è previsto un certo intervallo di tempo tra la stipulazione e l’esecuzione, nel frattempo, si verificano fatti sopravvenuti – straordinari e imprevedibili – che rendono eccessivamente onerosa la prestazione di una delle parti, determinando uno squilibrio economico grave tra prestazione e controprestazione. I contratti dei consumatori I contratti dei consumatori sono disciplinati dal Codice del consumo (d. lgs. 206/2005). Il consumatore o utente è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta. Il professionista è la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario Il contratto disciplina delle clausole vessatorie: si considerano vessatorie quelle clausole contrattuali che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. in questo caso c’è una nullità particolare che opera, la nullità di protezione: la legge stabilisce che le clausole vessatorie sono nulle, ma il contratto rimane valido per il resto. È una nullità che non travolge tutto il contratto, ma solo le clausole vessatorie. In questo caso la nullità opera solo a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Fatto, atto, negozio giuridico Un fatto è qualsiasi evento rilevante per il diritto perché produttivo di effetti giuridici. Non importa la natura dell’evento: può essere un evento naturale o umano e non rileva la volontà e quindi saranno ininfluenti i vizi della volontà. Esempi: la nascita è un fatto perché fa acquistare la capacità giuridica, ma anche la morte, che fa aprire la successione; il trascorrere del tempo può far perdere un diritto per prescrizione e anche adempimento, che estingue l’obbligazione. Definiamo l’atto un atto umano consapevole e volontario (rileva la volontà), da cui conseguono automaticamente gli effetti previsti dalla legge, senza che il soggetto possa limitarli o escluderli. Es. il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio è un atto volontario a cui la madre e il padre del figlio non sono obbligati: se effettuano questo riconoscimento, nascono obblighi di mantenimento, educazione, istruzione nei confronti del figlio. Non si può procedere con il riconoscimento e poi sottrarsi agli obblighi che ne derivano. In questo modo vediamo che conseguono degli effetti all’atto volontario senza che il soggetto possa escluderli. Es. con la confessione il soggetto ammette dei fatti a sé sfavorevoli e favorevoli all’altra parte. L’effetto è che i fatti si considerano provati, anche se in realtà chi ha fatto la confessione non voleva produrre quell’effetto. Il negozio giuridico dichiarazione di volontà, con la quale vengono enunciati gli effetti perseguiti e a cui l’ordinamento giuridico ricollega effetti giuridici conformi al risultato voluto. La volontà incide sugli effetti, determinandone la produzione, limitandoli o escludendoli. Il negozio giuridico è una categoria che è stata elaborata dalla dottrina e non è richiamata nel Codice civile. Esempi. Nel caso del testamento non solo l’atto è voluto dal testatore, ma anche i suoi effetti, ovvero di distribuire le proprie sostanze per il periodo successivo alla morte. Nel caso del matrimonio, Tizio non solo vuole sposarsi con Caia, ma vuole anche l’effetto, contrarre vincolo coniugale. Anche nel caso del contratto di compravendita non solo il soggetto vuole porre in essere il contratto, ma vuole anche l’effetto, ovvero di trasferire la proprietà. Qui abbiamo la volontà di compiere l’atto che si somma alla volontà di produrre gli effetti giuridici. Atti leciti e illeciti L’atto lecito è consentito dall’ordinamento, è voluto dal soggetto agente (che pone in essere l’atto) e produce conseguenze approvate dall’ordinamento. L’atto illecito viola un viola un dovere specifico o generico di comportamento del soggetto agente e quindi è un atto vietato dall’ordinamento. Inoltre, produce conseguenze non conformi all’ordinamento e la conseguenza è che se va a ledere un diritto soggettivo, arreca un danno che l’agente deve risarcire. L’illiceità del danno consiste in: Inadempimento di un’obbligazione. Es. il mancato pagamento del canone di locazione; il mancato pagamento dell’assegno di divorzio; Lesione di un diritto soggettivo altrui. Es. Tizio, alla guida della sua auto, danneggia un’altra autovettura (violazione del diritto di proprietà). In questo caso l’art. 2043 del C.c. parla di “fatto illecito” Negozio illecito che persegue un risultato non conforme al diritto. In questo caso non viene arrecato un danno a un soggetto e non viene violata un’obbligazione; tuttavia, si tratta di un atto contrario a norme imperative, di ordine pubblico e di buon costume. Es. Tizio vende un organo del suo corpo > non può perché l’ordinamento lo vieta. Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale Il principio di responsabilità implica che a un soggetto si imputino certi effetti non voluti perché si deve fare carico delle conseguenze delle proprie azoni. L’applicazione più importante è rappresentata dalle norme che obbligano a risarcire il danno provocato a terzi. La responsabilità si divide in contrattuale ed extracontrattuale. La responsabilità contrattuale deriva dall’inadempimento di un’obbligazione già esistente (qualunque ne sia la fonte). C’era un rapporto tra creditore e debitore. La responsabilità extracontrattuale sorge in presenza di un fatto illecito, che danneggia un soggetto con il quale non si aveva un precedente rapporto. Es. incidente stradale, in cui non c’è un rapporto preesistente tra i due soggetti. Questa responsabilità viene definita anche “aquiliana” (che deriva dalla lex aquilia) e “civile” per contrapporla alla responsabilità penale. Il diritto pone un obbligo di risarcimento a carico di chi provoca un danno ingiusto e causato in modo volontario o colpevole. La ratio è quella di spingere i soggetti a fare uno sforzo per non arrecare danni agli altri. In alcuni casi il legislatore prevede la responsabilità di un soggetto anche a prescindere da un suo comportamento volontario o da una sua colpa o negligenza. Es. proprietario di un animale: se l’animale cagiona un danno ne risponde il proprietario, perché chi ha un animale si assume il rischio dei danni che può provocare a terzi, anche se non dipendono direttamente da lui. Responsabilità contrattuale vs extracontrattuale L’art. 2043 del Codice civile Risarcimento per fatto illecito: qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. Elementi della norma: Dolo o colpa: elemento soggettivo Quando si può dire che un determinato fatto ha causato un danno? Dobbiamo stabilirlo sulla base del nesso di causalità Danno ingiusto Risarcimento del danno Elemento soggettivo (fatto doloso o colposo) Doloso: l’evento dannoso è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione. Es. Tizio ustiona Caio con l’olio bollente; non è necessario che ci sia la volontà di produrre un danno. Perché si tratti di dolo è sufficiente che l’autore si sia rappresentato il verificarsi dell’evento come conseguenza possibile della propria condotta. Es. Caio entra in appartamento di Tizio, Tizio spara perché lo vuole intimidire ma non uccidere, ma si rappresenta la possibilità che sparando possa ucciderlo lo stesso. Non aveva la finalità di ucciderlo, ma si è rappresentato la possibilità che questo accadesse, ha accettato e ha sparato ugualmente. Si parla anche di dolo eventuale: l’evento dannoso è previsto e accettato come possibile conseguenza del proprio comportamento. Colposo: l’evento dannoso non è voluto dall’agente e si verifica a causa di: - Negligenza (mancanza di attenzione richiesta), imprudenza, imperizia (inosservanza di regole tecniche) > rappresentano la colpa generica; - Inosservanza di leggi, regolamenti, ordini, discipline > rappresentano casi di colpa specifica. Es. automobilista che non rispetta i limiti; es. al cameriere scivola l’olio bollente e ferisce un cliente: non è voluto Non risponde delle conseguenze del fatto dannoso chi non era capace di intendere e di volere nel momento in cui l’ha commesso a meno che l’incapacità non dipenda da un suo comportamento doloso o colposo, come ad esempio un automobilista che ha assunto sostanze stupefacenti e provoca un incidente; in questo caso risponde delle sue azioni. In questo caso parliamo di fatto perché può essere chiamato a risarcire il danno anche chi non lo ha posto in essere materialmente. Nell’esempio del cameriere e l’olio bollente risponderà il proprietario del ristorante. Nesso di causalità Qualunque fatto […] che cagiona ad altri un danno ingiusto Per attribuire a un soggetto l’obbligo di risarcimento, occorre dimostrare che proprio la sua condotta sia stata la causa dell’evento dannoso. Come si fa a dimostrare? In questo settore si applica la teoria della condicio sine qua non, ossia il fatto è condizione necessaria dell’evento dannoso. Questo significa che occorre indagare se l’evento dannoso si sarebbe verificato ugualmente in assenza di una determinata condotta. Es. Caio aggredisce Tizio, provocandone la morte: l’aggressione è la condizione senza la quale la morte non si sarebbe verificata; es. Caio tampona Tizio, Tizio riporta un leggero colpo di frusta. L’ambulanza che trasporta Tizio fa un incidente e Tizio muore. Si interrompe il nesso causale? Sì, perché si applica la teoria della causalità adeguata. Causalità adeguata: una condotta si può considerare causa di un evento solo se l’evento rientra tra le conseguenze normali e prevedibili. Es1. Tizio a seguito di un’aggressione è sottoposto a un intervento chirurgico delicato e muore: in questo caso sussiste il nesso di causalità. Es2. Tizio a seguito di un’aggressione è sottoposto a un intervento chirurgico delicato che riesce, ma il giorno dopo scoppia un incendio in ospedale e muore: in questo caso si interrompe il nesso di causalità perché l’incendio non è tra le cause prevedibili di un’aggressione. Responsabilità per omissione: anche l’omissione (non impedire un evento) può essere causa del danno, quando il soggetto aveva l’obbligo giuridico di impedirlo. Es. Tizio vede una persona ferita e non interviene a soccorrerla o ad avvisare le autorità (= omissione di soccorso) potrebbe essere responsabile per i danni ulteriori subiti dal ferito (ossia i danni che non si sarebbero prodotto se Tizio fosse intervenuto); Responsabilità in solido: se a cagionare il danno contribuiscono più persone sono tutte obbligate in solido a risarcire il danno; può trattarsi di un’azione comune, come un pestaggio ma anche di azioni diverse (es. un giornalista scrive un articolo diffamatorio nei confronti di Tizio, il direttore responsabile doveva controllare, ma non lo fa e lo pubblica. Risarcire “in solido” vuol dire che il danneggiato può chiedere a una qualsiasi di queste persone l’intero risarcimento del danno, saranno poi i danneggianti a ripartire fra loro il costo del risarcimento (si chiama azione di regresso). Questa regola favorisce il danneggiato. Concorso di colpa del danneggiato: 1. concorso del danneggiato nella causazione dell’evento dannoso: se il comportamento colposo del danneggiato concorre a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito. Es. Tizio guida a velocità eccessiva e investe Caio che passa col rosso; 2. concorso del danneggiato nell’aggravamento del danno il risarcimento non è dovuto per i danni che la vittima avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza. Es. danno al tappeto infradiciato che avrebbe potuto essere evitato se il proprietario lo avesse spostato nell’altra stanza non appena accortosi dell’infiltrazione. Danno ingiusto L’aggettivo “ingiusto” significa contrario al diritto, antigiuridico. Ma per avere un danno ingiusto non è sufficiente qualsiasi lesione di interessi altrui, ma occorre la lesione di un interesse giuridicamente protetto. Es. l’apertura di un nuovo esercizio commerciale provoca un danno a quelli già esistenti in zona, ma non è un danno ingiusto. In passato, si reputava un danno ingiusto solo la lesione di un diritto assoluto, ad esempio la lesione dell’integrità fisica o il danneggiamento di un bene altrui. A partire dal caso Meroni del 1971 il danno ingiusto riguarda anche i diritti relativi. Es. datore di lavoro (creditore) che non può fruire delle prestazioni del proprio dipendente (debitore) ferito in un incidente stradale e ne deve assumere un altro che lo sostituisca temporaneamente ha diritto di essere risarcito da chi ha provocato il danno; quindi, il danno è ingiusto quando è leso un diritto soggettivo (senza distinzione fra diritti assoluti e diritti relativi). In seguito, è stato riconosciuto il risarcimento anche di aspettative non configurabili come diritti soggettivi; es. il danno subito dal convivente per la morte del proprio convivente per il venir meno del sostegno economico del convivente, di cui il terzo cagiona la morte. In definitiva, il danno ingiusto è la lesione di un interesse meritevole di tutela per l’ordinamento giuridico anche in difetto di una causa di giustificazione. Le cause di giustificazione Le cause di giustificazione sono circostanze che escludono l’ingiustizia del danno e sono: Legittima difesa: non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri. I presupposti della legittima difesa sono: - esistenza di un pericolo attuale (non già esaurito o futuro) e non altrimenti evitabile di un’offesa ingiusta (il fatto che si vuole evitare è un fatto illecito) - la difesa deve essere proporzionata all’offesa minacciata Es. non potrebbe avvalersi di questa causa di giustificazione il proprietario del frutteto che spara al ladro che ruba le ciliegie Stato di necessità è la necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (non al patrimonio) - il pericolo non è stato volontariamente causato dal danneggiante, né era evitabile. Es. il naufrago che per salvare sé stesso respinge gli altri naufraghi perché c’è un unico salvagente. Al danneggiato è dovuta un’indennità, quantificata con equo apprezzamento del Giudice, perché il danno viene provocato a un terzo innocente. Es. automobilista che sterza bruscamente per evitare di investire un pedone sbucato all’improvviso e danneggia un’auto. Risarcimento del danno Una prima componente del danno risarcibile è il danno patrimoniale, che è sempre risarcibile. Il danno patrimoniale si compone di danno emergente (la perdita) e lucro cessante (il mancato guadagno). Es. Tizio distrugge il taxi di Caio: deve sicuramente pagare il danno emergente e quindi la vettura, ma anche il lucro cessante e quindi il mancato guadagno per i giorni in cui non può svolgere la propria attività. Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare allora lo stabilisce il giudice con una valutazione equitativa (una somma che gli sembra equa in considerazione delle circostanze). Il danno può essere anche non patrimoniale, ad esempio la perdita del figlio di pochi anni, la cicatrice che rimane sul volto. Il Codice civile afferma che il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge e quindi occorre una norma di legge. Per molti anni il danno patrimoniale veniva risarcito come danno morale, consistente nella sofferenza fisica e morale provocata da un reato. Ad un certo punto è stato introdotto il risarcimento in caso di danno biologico, che è il danno all’integrità psicofisica in sé considerata. Un grande passo è stato ritenere che quando si afferma che il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge possiamo prendere a riferimento la Costituzione e quindi risarcire il danno non patrimoniale sempre in caso di lesione di valori personali di rilievo costituzionale. Quindi anche il danno da perdita del rapporto parentale che deriva dalla perdita di uno stretto familiare, così come il danno in caso di violazione dei diritti della personalità, come il diritto al nome, all’immagine, all’onore e alla reputazione. Nel caso del danno non patrimoniale occorre che l’offesa e la lesione siano gravi. Tutela in forma specifica Il danno può essere risarcito per equivalente quando al danneggiato viene data una somma di denaro per compensarlo del pregiudizio sofferto. C’è anche la possibilità della reintegrazione in forma specifica che prevede che il danneggiato viene messo nella situazione precedente al fatto illecito. La scelta spetta al danneggiato, ma il giudice può respingere la richiesta di integrazione in forma specifica se risulta impossibile o troppo onerosa per il debitore. Responsabilità oggettiva Nei casi di responsabilità oggettiva un soggetto risponde dei danni a prescindere dal dolo o dalla colpa perché sono causati da attività o situazioni a egli riconducibili. 1. Responsabilità per il danno prodotto dalla circolazione dei veicoli: in questo caso sono responsabili in solido il conducente e il proprietario. Il conducente è responsabile se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno; il proprietario è responsabile se non prova che la circolazione è avvenuta contro la sua volontà (es. il veicolo è stato rubato). 2. Responsabilità del proprietario di animali o di chi se ne serve: è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia sia che fosse smarrito o fuggito. L’unico modo per liberarsi dalla responsabilità è dimostrando il caso fortuito (ossia che si trattasse di un evento del tutto imprevedibile e inevitabile; es. il terzo danneggiato entra in un recinto chiuso dove si trova un animale pericoloso. 3. Responsabilità per cose in custodia: ci si può liberare dalla responsabilità solo provando il caso fortuito. 4. Responsabilità nello svolgimento di attività pericolose: le attività pericolose sono qualificate come tali dalle leggi o lo sono per la loro natura o per la natura dei mezzi utilizzati. Il responsabile si può liberare solo provando di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno Responsabilità indiretta Le ipotesi di responsabilità oggettiva talvolta sono anche ipotesi di responsabilità indiretta quando un soggetto pone in essere un illecito è un altro soggetto a risponderne. Questo è il caso della responsabilità dei datori di lavoro per i fatti illeciti commessi dai lavoratori: il datore di lavoro risponde di qualsiasi fatto illecito commesso dal lavoratore nell’esercizio delle sue mansioni. In questo caso il datore di lavoro e i lavoratore sono responsabili solidalmente. Nel caso di un danno cagionato da soggetti incapaci di intendere e di volere il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza e il sorvegliante è liberato da responsabilità solo se prova di non aver potuto impedire il fatto. Nel caso di un danno provocato da minori capaci di intendere e di volere rispondono i genitori e il tutore, ma anche gli insegnanti per il tempo in cui sono sotto la loro vigilanza e sono liberati da responsabilità solo se provano di non aver potuto impedire il fatto. Prescrizione e decadenza Prescrizione La prescrizione produce l’estinzione del diritto soggettivo per effetto dell’inerzia del suo titolare, che non lo esercita per il tempo previsto dalla legge. La ratio riguarda l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici. Es. Tizio non chiede al suo debitore, per un certo periodo di tempo, il pagamento della somma dovuta. Non tutti i diritti si prescrivono, alcuni sono imprescrittibili come i diritti indisponibili (es. diritti della personalità), il diritto di proprietà e i diritti posti a salvaguardia della coerenza e della liceità del sistema (es. diritto a far valere la nullità). La prescrizione non opera in due casi, quando l’inerzia del titolare è giustificata: 1. Sospensione, opera come una parentesi. Al fine del calcolo del periodo di prescrizione si considera il tempo antecedente e il tempo successivo all’evento. Questo si ha in caso di particolari rapporti fra le parti (es. il creditore sposa il debitore) 2. Interruzione: nel momento dell’interruzione si interrompe la prescrizione e ricomincia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione. Es. chi vuole chiedere il pagamento di un debito e manda una diffida al suo debitore. Oppure lo stesso debitore che chiede una dilazione sta riconoscendo di essere debitore. Solitamente la prescrizione ordinaria dura dieci anni, ma ci possono essere anche prescrizioni più brevi (es. illecito extracontrattuale o diritti derivanti da rapporti societari = cinque anni) e più lunghe (es. diritti reali di godimento = 20 anni). La prescrizione non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, deve essere rilevata solamente dal soggetto che vuole richiederla. Irripetibilità della prestazione eseguita in caso di pagamento di un debito prescritto: se il debitore ha pagato un debito prescritto non può richiederlo indietro. Un altro caso di irripetibilità della prestazione eseguita si ha con le obbligazioni naturali: quando si è agito spontaneamente in esecuzione di doveri morali e sociali. Es. pagamento di un debito di gioco: giuridicamente non si è tenuti a pagare un debito di gioco, ma se Tizio paga, poi non può chiedere la restituzione di quanto pagato. Decadenza La decadenza produce l’estinzione del diritto in virtù del fatto oggettivo del decorso del tempo. Alla base non vi è l’inerzia del titolare, ma la fissazione di un termine perentorio entro il quale il titolare del diritto deve compiere una determinata attività, altrimenti l’esercizio del diritto è definitivamente precluso. La decadenza può essere prevista dalla legge o in un contratto (c.d. decadenza convenzionale) La decadenza non può essere sospesa, né interrotta; es. contratto di vendita: i vizi devono essere denunziati al venditore, a pena di decadenza, entro otto giorni dalla scoperta.