Diritto Privato: Introduzione al sistema giuridico Italiano [PDF]

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Questi appunti di diritto privato introducono il sistema giuridico italiano, concentrandosi su interessi, conflitti e norme giuridiche. Vengono esaminati il diritto oggettivo e soggettivo, l'applicazione delle norme, e l'interpretazione delle leggi.

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IL DIRITTO 1. IL DIRITTO PRIVATO NEL SISTEMA GIURIDICO 1.1. DI COSA SI OCCUPA IL DIRITTO PRIVATO.Il diritto privato si occupa di aspetti e fenomeni importanti della vita economico-sociale.Si occupa delle organizzazioni create per obiettivi generali o comuni a più persone,che il singolo individuo non...

IL DIRITTO 1. IL DIRITTO PRIVATO NEL SISTEMA GIURIDICO 1.1. DI COSA SI OCCUPA IL DIRITTO PRIVATO.Il diritto privato si occupa di aspetti e fenomeni importanti della vita economico-sociale.Si occupa delle organizzazioni create per obiettivi generali o comuni a più persone,che il singolo individuo non sarebbe in grado di realizzare in modo isolato. Considera sia i rapporti interni all’organizzazione (fra coloro che ne fanno parte), sia i rapporti fra l’organizzazione e il mondo esterno.Si occupa dei beni, cioè delle entità capaci di soddisfare interessi e bisogni umani,più precisamente si occupa dell’uso dei beni (stabilendo chi può usarli e chi no, in che modi e in che limiti possono essere usati.Si occupa di debiti e crediti, cioè dei rapporti fra chi è debitore, obbligato a dare o fare qualcosa nell’interesse di un altro, e il creditore, che può pretendere quel qualcosa da lui.Si occupa di contratti, il principale strumento legale per movimentare risorse e realizzare operazioni economiche. Si occupa dei danni, quando qualcuno subisce l’aggressione di un suo bene, il diritto privato stabilisce se questa perdita rimane a carico del danneggiato o se invece la può ribaltare su qualcun altro, pretendendo da lui l’equivalente in denaro del danno sofferto. Si occupa delle attività economiche organizzate, svolte da operatori economici professionali che producono beni e servizi e li scambiano sul mercato.Si occupa della famiglia, cioè fondamentalmente delle relazioni fra marito e moglie,e fra genitori e figli, negli aspetti sia personali sia economici.Si occupa infine delle successioni per causa di morte, cioè di quello che accade ai beni, ai debiti e ai crediti di una persona, quando questa muore. Esempio: Il diritto privato regola la compravendita di un’auto tra due privati. Se il venditore non consegna l'auto dopo aver ricevuto il pagamento, il compratore può agire per ottenere la risoluzione del contratto. 1.2. LA FUNZIONE DEL DIRITTO PRIVATO: INTERESSI E CONFLITTI.Dei fenomeni elencati, il diritto privato si occupa allo scopo di regolare, e cioè di indirizzare i comportamenti degli uomini, coinvolti in quei fenomeni, in un senso che sia socialmente desiderabile.Questa funzione si comprende meglio, partendo dal concetto di interesse, che è la tensione dell’uomo verso qualcosa che serve a soddisfare i suoi bisogni. Spesso però l’interesse di una persona può risultare incompatibile con l’interesse di un'altra persona, in questo caso si prospetta un conflitto fra i portatori degli interessi in contrasto.La funzione del diritto è risolvere tali conflitti, e se possibile prevenirli.Tale funzione di risoluzione dei conflitti è molto importante, perché evita che i cittadini si facciano giustizia da sé, e così si assicura la pace sociale. 1.3. DIRITTO OGGETTIVO E DIRITTI SOGGETTIVI Il diritto oggettivo è dato dall'insieme delle regole indirizzate alla risoluzione dei conflitti, ovvero l’insieme delle norme giuridiche.Il diritto oggettivo comprende le leggi penali, le normative fiscali, le regole del codice della strada, il codice civile, ecc. Il diritto soggettivo invece va ad indicare il potere di azione o di pretesa di un determinato soggetto che ha verso qualcun altro.Sono un esempio:-Il diritto di proprietà, dove il proprietario ha la piena libertà di utilizzare le sue cose;-Il diritto di credito, dove c’è la pretesa del creditore di ottenere il pagamento dal debitore. Fra i due elementi c’è una connessione molto stretta,nel senso che i diritti soggettivi dipendono dal diritto oggettivo perché è il diritto oggettivo che stabilisce quali sono,a chi spettano e in che cosa consistono i diritti soggettivi. Esempio: Un individuo ha il diritto soggettivo di proprietà sulla sua casa (può usarla, venderla, affittarla), ma tale diritto è regolato dal diritto oggettivo, che stabilisce limiti (es. rispetto delle normative edilizie). 1.4. LE NORME GIURIDICHE L'elemento base della struttura del diritto oggettivo è rappresentato dalle norme del diritto, o norme giuridiche (“giuridico”, dal latino ius = diritto, significa appunto“relativo al diritto”).Per realizzare le sue funzioni di sistemazione degli interessi e prevenzione/risoluzione dei conflitti, il diritto deve influire sui comportamenti umani, e la norma giuridica è lo strumento fondamentale per questo fine. La norma giuridica funziona attraverso la combinazione di due elementi fondamentali: regola e sanzione. La norma giuridica consiste prima di tutto in una regola, che generalmente è una regola di condotta indirizzata agli uomini per orientarne il comportamento nel senso desiderato.Se la regola è osservata, vuol dire che il diritto ha raggiunto immediatamente il suo scopo, ma può accadere che la regola non sia osservata, per questi casi c’è la necessità di una sanzione. La sanzione è la conseguenza che la norma giuridica fa derivare dalla violazione della regola. Normalmente la violazione della regola è, al tempo stesso, lesione dell’interesse che con quella regola il diritto vuole affermare e proteggere. Il ruolo della sanzione si spiega proprio in relazione all’interesse leso.In alcuni casi la sanzione serve a ripristinare l’interesse leso, cancellando l'effetto indesiderato prodotto dalla violazione della regola,qui la sanzione ha un ruolo satisfattivo, nel senso che soddisfa in modo diretto e pieno l’interesse leso.In altri casi la sanzione serve a compensare la vittima della violazione con qualcosa che non ripristina l’interesse leso, ma semplicemente lo sostituisce con un surrogato di valore economico equivalente,qui la sanzione ha un ruolo compensativo.Qualche volta la sanzione né ripristina l’interesse leso né lo compensa con un valore equivalente, perché punta essenzialmente a colpire un comportamento riprovevole,qui la sanzione ha un ruolo punitivo.Inoltre la sanzione ha un ruolo deterrente preventivo quasi in ogni situazione;infatti ad esempio, molti danni si evitano per il semplice fatto che i potenziali danneggianti stanno attenti a non causare anche per non esporsi all’obbligo di risarcire.Lo schema della norma è sempre quello che si esprime nella formula “se A allora B”:dove A è una situazione verificata come reale, mentre B è la conseguenza legale della situazione verificata.Sinonimi di diritto oggettivo sono le espressioni “sistema giuridico” oppure“ordinamento giuridico”, che indicano l’insieme delle norme giuridiche che organizzano la vita di una determinata società.L’espressione Istituto giuridico indica l’insieme delle norme che regolano un determinato e importante fenomeno della vita sociale (l’istituto del matrimonio,l’istituto della proprietà). Esempio: Se una persona non paga il canone di locazione, il locatore può avviare una procedura di sfratto. La norma giuridica stabilisce la conseguenza dell’inadempimento. 1.5.L’APPLICAZIONE DELLE FORME GIURIDICHE: “LA FATTISPECIE”.Applicare una norma giuridica implica formulare un giudizio, giudicare se un dato comportamento faccia scattare o meno la sanzione prevista da quella norma.L’applicazione della norma implica dunque l’incrocio fra un dato empirico (che cosa è successo nella realtà) e un dato giuridico (che cosa prevede la norma in tal caso).Ora, le norme giuridiche presentano le caratteristiche della generalità e dell'astrattezza:generali significa che si indirizzano a una moltitudine indeterminata di destinatari, astratte significa che risultano applicabili a un numero indeterminato di situazioni concrete, non prefigurabili in modo preciso nel momento in cui viene posta la norma.L’applicazione serve appunto ad accertare se quella particolare situazione concreta rientra o meno nella previsione generale e astratta della norma.Viene in gioco a questo punto un concetto molto importante, la fattispecie, che dal latino significa “immagine del fatto”.Di solito la norma contiene la descrizione di un fatto (fattispecie astratta) nel quale dev’essere inquadrato il fatto realmente accaduto che si sta considerando(fattispecie concreta).L’operazione logica con cui si verifica che una fattispecie concreta corrisponde a una fattispecie astratta si chiama anche qualificazione della fattispecie concreta.Il carattere generale e astratto si collega alla funzione del diritto, che è organizzare la società nel suo complesso, costituendo una garanzia di uguale trattamento verso i destinatari delle norme.Ciò non toglie che per particolari situazioni si facciano norme che non sono completamente generali o astratte (norme speciali, eccezionali o singolari). Esempio: Se un dipendente viene licenziato senza giusta causa, il giudice dovrà valutare il caso concreto e applicare la normativa sul licenziamento illegittimo per determinare se ha diritto al reintegro o a un risarcimento. 1.6.L’ INTERPRETAZIONE DELLE NORME GIURIDICHE.Applicare la norma significa stabilire se la fattispecie concreta di cui si occupa corrisponde alla fattispecie astratta descritta dalla norma stessa.Dunque prima di applicare la norma si ha la necessità di interpretarla. L’interpretazione (o, con parola d’origine greca, “ermeneutica”) delle norme giuridiche è l’attività finalizzata a identificare il giusto significato delle parole, e dei loro collegamenti sintattici, che la norma usa per descrivere la fattispecie astratta.Il problema dell’interpretazione si pone soprattutto quando le parole delle norme sono ambigue, cioè si prestano a esprimere significati diversi e contrastanti tra loro.Se ne ricava che “norma” può significare due cose diverse:- norma come testo, e cioè come l’insieme delle formule linguistiche con cui la norma è espressa dalla sua fonte.- norma come precetto, che corrisponde al preciso significato da attribuire al testo Esempio: La parola "famiglia" può essere interpretata diversamente a seconda del contesto. Nella Costituzione (art.30 c.3) si riferisce alla famiglia tradizionale, mentre nel Codice Civile (art.230-bis) include anche il lavoro prestato nell’ambito familiare. Nel primo caso si ha interpretazione restrittiva, che dà alle norme un significato più limitato rispetto ad altri possibili.Nel secondo caso si ha interpretazione estensiva, che individua un significato più ampio rispetto ad altri possibili 1.7. CRITERI, LIMITI E SPAZI DELL' INTERPRETAZIONE L'interpretazione delle norme è un’attività regolata dal diritto, chi interpreta deve seguire i criteri fissati dalle norme giuridiche che regolano l’interpretazione. Tali regole si trovano nell’art.12 prel., per cui:“Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dall'intenzione del legislatore”.Ne emergono i due fondamentali criteri dell’interpretazione :-per il criterio letterale, le norme vanno interpretate secondo il comune significato che le parole e le frasi del testo hanno nella lingua italiana. Per essere autosufficiente, questo criterio presuppone però che tale significato sia univoco. Quando invece il testo normativo è ambiguo, e sopporta più significati, bisogna ricorrere al criterio logico, che porta a scegliere tra i vari significati quello che corrisponde all’intenzione del legislatore. A sua volta tale concetto può intendersi in senso soggettivo,se esso si riferisce alle opinioni e agli intenti concretamente manifestati da coloro che hanno formulato la norma (criterio psicologico), o in senso oggettivo, se si riferisce allo scopo che obiettivamente la norma mira a realizzare (criterio teologico, dal greco“telos”=scopo).Questi criteri vincolano gli interpreti, che non sono liberi di applicare criteri diversi(ad es. il senso di giustizia sociale); dunque bisogna rispettare la divisione di ruoli fra chi fa le norme (legislatore) e chi le interpreta (giudice).L’interprete però ha sempre dei margini di libertà, discrezionalità e autonomia, ed entro questi margini può scegliere fra diverse interpretazioni diverse. Anche per questo si parla di interpretazione evolutiva, infatti il testo normativo può ricevere interpretazioni diverse in tempi diversi.Naturalmente il grado di autonomia dell’interprete dipende dalla formulazione delle norme, infatti è minore quando queste sono formulate in modo analitico e puntuale,mentre è maggiore quando si basano su concetti ampi ed elastici, questi si chiamano clausole generali, i quali hanno la caratteristica di non avere significati precisi perché ricevono significato dal contesto (sociale, culturale,economico) in cui devono essere applicate, e siccome il contesto muta nel tempo cambiano anche i significati da attribuire al testo:ciò che risulta contraria al “buon costume” di 50 anni fa, può non esserlo oggi.A questi discorsi si lega il tema della certezza del diritto,ossia la possibilità di prevedere razionalmente quali conseguenze deriveranno in base al diritto, da un determinato comportamento o fatto.La certezza è un’esigenza, ma lo sono anche il movimento e il cambiamento, i quali possono entrare in contrasto con la certezza.Infatti uno dei problemi fondamentali del diritto è trovare il giusto equilibrio fra certezza e cambiamento. 1.8.LE LACUNE DEL DIRITTO, E L’ANALOGIA.L’interprete può trovarsi a constatare che nessuna norma presente nell'ordinamento prevede la fattispecie concreta di cui sta cercando la disciplina.Si può allora dire che c’è una lacuna del diritto. Non c’è da stupirsi perché in una realtà in continuo mutamento, la completezza dell'ordinamento giuridico è un ideale non realizzabile.Eppure tutti gli aspetti della realtà devono essere regolati dal diritto, e in caso di lacune entra in ballo l’analogia, che consiste nell’applicare al caso in questione una norma che regola un caso simile o una materia analoga.Il contratto di leasing ad esempio non ha un’apposita disciplina, e i giudici affermano che alla fattispecie si applica per analogia quanto previsto dall’art.1526 per la vendita a rate con riserva della proprietà.Peraltro, l’uso dello strumento ha dei limiti. L’art.14. indica due categorie di norme che non possono applicarsi per analogia.Il divieto di analogia vale per le norme penali,il cui campo di applicazione, per la gravità delle sanzioni previste, deve essere delimitato in modo preciso e rigoroso)e per le norme eccezionali o speciali, che derogano a una qualche regola generale in nome di esigenze particolari e circoscritte.Possono esserci inoltre rari casi in cui, di fronte a un fatto da trattare giuridicamente,non si riesce a trovare neppure una norma che preveda casi simili o materie analoghe. In tal caso si applicano i principi generali dell'ordinamento giuridico (art.12, c.2, prel), i quali non si identificano con questa o quella norma determinata, ma corrispondono ai criteri e alle regole fondamentali che (pur non essendo scritti in una precisa norma) stanno a base della nostra organizzazione giuridica, sociale e politica. Esempio: Il leasing finanziario non ha una disciplina specifica nel Codice Civile, ma i giudici applicano per analogia le norme sulla vendita con riserva di proprietà. 1.9.GLI INTERPRETI DELLE NORME, E LA GIURISPRUDENZA.In linea di principio tutti hanno il diritto e il dovere di interpretare le norme, e tutti sono tenuti ad osservare.Però alcune categorie di persone hanno una posizione particolarmente qualificata,così che l’interpretazione fatta da essa assume uno speciale rilievo.Si distinguono su questa base vari tipi di interpretazione: -l’interpretazione autentica è quella fatta da un’altra norma (norma interpretativa) di grado pari o superiore a quello della norma interpretata. Contrariamente alla norma interpretativa, la norma interpretata non ha efficacia retroattiva. -l’interpretazione giudiziale è quella fatta dai giudici, forse la più importante, perché ad essi spetta distribuire il torto e la ragione in base alle norme; -l'interpretazione amministrativa è quella fatta dagli organi della pubblica amministrazione competenti a occuparsi delle materie a cui si riferiscono le norme (può essere informale o formale, se formalizzata da circolari)-l'interpretazione dottrinale è quella fatta dagli studiosi del diritto,nell’ambito della loro attività scientifica. Quanto al loro valore, solo l’interpretazione autentica vincola tutti gli altri interpreti, invece gli altri tipi di interpretazione non sono vincolati.In alcuni sistemi giuridici (inglese e statunitense) che si chiamano sistemi di common law, vale il principio del precedente vincolante, quindi le interpretazioni delle norme, date dai giudici di grado superiore vincolano i giudici di grado inferiore,e possiamo affermare che in questi sistemi le decisioni giudiziarie sono vere e proprie fonti del diritto, cosa che non vale nei paesi come il nostro che hanno un sistema di civil law. Esempio: Un'azienda chiede un' interpretazione sulla tassazione di un nuovo tipo di contratto. L'interpretazione dell'Agenzia delle Entrate può essere rilevante, ma solo quella autentica del legislatore ha valore vincolante.1.10 DIRITTO PRIVATO E DIRITTO PUBBLICO.Il diritto pubblico è il complesso delle norme che attribuiscono a una pubblica autorità il potere di incidere sulle posizioni e sugli interessi delle persone, anche senza e anche contro la volontà di queste (vi appartengono inoltre le norme che regolano l’organizzazione, il funzionamento e i rapporti reciproci delle pubbliche autorità).Il diritto privato si basa sull’autonomia delle persone, che lascia libere di scegliere e agire nel proprio interesse, senza costringerle a subire imposizioni esterne, si ispira dunque all’idea che le persone stiano su un piano di uguaglianza reciproca.Qui si spiega il concetto di diritto comune: lo è perché può applicarsi sia a persone private che agiscono per fini privati, sia ad apparati pubblici che agiscono per fini pubblici. Esempio: Se una città stabilisce un piano regolatore che vieta nuove costruzioni in una zona verde, sta esercitando un potere di diritto pubblico che limita il diritto privato di proprietà. 1.11. DIRITTO PRIVATO E DIRITTO PUBBLICO DALLO STATO LIBERALE ALLO STATO SOCIALE SOCIALE La stessa situazione però può essere regolata sia dal diritto privato sia dal diritto pubblico. La proprietà per esempio è un istituto del diritto privato, ma sempre più spesso viene influenzata dal diritto pubblico perché un proprietario di un terreno per sapere cosa poterci costruire sopra deve rispettare i piani approvati dalla regione secondo norme del diritto pubblico, per esempio.Quindi sta aumentando sempre di più l’utilizzo di istituti privati da parte di autorità pubbliche per realizzare interessi pubblici e al giorno d’oggi la distinzione tra diritto pubblico e privato, nella pratica, non è poi così tanto marcata.In passato invece, i due ruoli erano ben distinti, in quello che era lo stato liberale lo Stato e tutti gli enti pubblici operavano da una parte e la società civile gestiva le sue cose in maniera privata dall’altra, non c’erano interferenze trai due.La situazione cambiò con la prima guerra mondiale e con lo sviluppo dello Stato sociale: sul piano politico perché i cittadini iniziarono a farsi sentire, pretendevano più giustizia e quindi lo Stato per reprimerli e limitare le loro libertà dovette intromettersi nei loro rapporti privati e sul piano economico, i sistemi industriali subirono una pesante crisi che portò anche qui lo Stato ad intervenire nell’attività di produzione e distribuzione, che era invece riservata ai privati. Conseguenza: intreccio reciproco fra strumenti del diritto privato e del diritto pubblico.1.12.LE PRINCIPALI AREE DEL DIRITTO PRIVATO diritto privato si divide in diverse aree:-il diritto civile si occupa di: rapporti di famiglia, successioni ereditarie, proprietà e uso delle cose, debiti e crediti, contratti, danni e risarcimenti, associazioni e altre organizzazioni senza scopo di profitto;-il diritto commerciale si occupa dell’esercizio professionale di attività economiche (impresa), e delle organizzazioni create a questo fine (società);-il diritto industriale può considerarsi una sotto partizione del diritto commerciale, si occupa della concorrenza fra le imprese, nonché dei diritti sulle creazioni intellettuali;-il diritto del lavoro si occupa dei rapporto fra datori di lavoro e lavoratori subordinati;-il diritto della navigazione si occupa delle attività di trasporto aereo, marittimo e per acque interne. 2.LE FONTI DEL DIRITTO PRIVATO 2.1. LE FONTI DEL DIRITTO.Le fonti del diritto sono i fattori capaci di creare norme giuridiche in un dato ordinamento giuridico.Nel nostro ordinamento vale il principio della pluralità delle fonti, ossia non esiste un solo tipo di fonte del diritto, ma ne esistono tanti tipi diversi,create da autorità diverse, seguendo diverse modalità.Le fonti del diritto italiano si possono così ordinare:-le fonti costituzionali,che sono la Costituzione (1948), le successive leggi costituzionali e di revisione costituzionale;-le fonti primarie,che sono la legge ordinaria(approvata dal Parlamento), gli altri atti con forza di legge (che a loro volta sono il decreto legge il decreto legislativo),le leggi regionali e i regolamenti dell’Unione Europea;-le fonti secondarie,che coincidono essenzialmente con i regolamenti del Governo o di altre autorità amministrative. L’esistenza di fonti diverse pone il problema del loro coordinamento, per evitare le c.d. Antinomie, cioè la coesistenza di norme in contraddizione fra loro. Esempio: Il Codice Civile italiano è una fonte scritta del diritto privato e disciplina vari aspetti, come i contratti e la proprietà. 2.2. FONTI NON SCRITTE: LA CONSUETUDINE.Fin qui abbiamo considerato fonti scritte,ma esistono tuttavia anche fonti non scritte:le consuetudini (o usi ), richiamate nell’art.1 prel.La consuetudine è fonte di norme prodotte direttamente dal corpo sociale, tramite l'osservanza costante di comportamenti che non sono tenuti con l’intenzione di creare norme giuridiche.La consuetudine si forma su due elementi:- un elemento oggettivo, dato dalla ripetizione costante e uniforme di un dato comportamento ad opera della gran parte dei consociati- un elemento soggettivo, dato dalla convinzione dei consociati di essere giuridicamente obbligati a tenere quel comportamento, in quanto imposto dalla norma giuridica.Essa è una fonte del diritto marginale in quanto subordinata a tutte le fonti scritte.Non sono ammesse consuetudini contra legem (contrarie a leggi o regolamenti).Le consuetudini secundum legem che integrano (senza contraddire) leggi o regolamenti,sono ammesse solo se richiamate da altre fonti.Le consuetudini praeter legem, cioè non richiamate da leggi o regolamenti, sono ammesse solo se riguardano materie non disciplinate da tali fonti scritte.2.3. LE FONTI DEL DIRITTO PRIVATO.Quali sono le fonti (scritte) del diritto privato?Per rappresentarlo con la necessaria sintesi, distinguiamo all’interno di essi tre grandi blocchi normativi: ➔il Codice civile, che per tradizione si considera la principale fonte del diritto privato;➔la Costituzione;➔la Legislazione speciale.I tre tipi di fonti appena menzionati hanno la caratteristica comune di essere fonti nazionali, riferite allo Stato Italiano, ma sempre più il nostro diritto privato comprende norme create da fonti internazionali o'sovranazionali.2.4. IL CODICE CIVILE: INQUADRAMENTO STORICO.Si dice codice il testo normativo ampio e complesso che raccoglie organicamente l'insieme delle norme relative a una determinata materia.Dal punto di vista delle gerarchie delle fonti, i codici stanno sullo stesso piano delle altre fonti primarie.I codici moderni nascono nell’Europa di fine settecento/primi ottocento, quella che si usa chiamare l’età delle codificazioni: prototipo di essi è il codice civile francese(Code Napoléon) del 1804.Il primo codice civile dell’Italia unita fu il codice civile del Regno d’Italia, emanato nel 1865. esso riproduceva fedelmente la struttura, i contenuti e gli ideali ispiratori del Code Napoléon, sostituito poi dall’attuale codice civile del 1942. 2.5 L’ABROGAZIONE DEL CODICE DI COMMERCIO E L’UNIFICAZIONE DEL DIRITTO PRIVATO: DAL COMMERCIANTE ALL’ IMPRENDITORE. Nel codice civile del 1942, la novità di maggiore rilievo è l’assorbimento delle materie che fino a quel momento erano contenute nel codice di commercio.Il codice di commercio regolava le attività degli operatori economici professionali (chiamati “commercianti”) con norme diverse e separate da quelle che regolavano le corrispondenti attività, svolte da comuni cittadini. Nel 1942 il codice di commercio viene semplicemente abrogato, senza essere sostituito da uno nuovo, e il codice civile resta l’unico codice del diritto privato. Ecco perché può dirsi che il codice civile del 1942 ha realizzato “unificazione” del diritto privato, ma allo stesso tempo la commercializzazione del diritto privato. Al centro del nuovo sistema di disciplina delle attività economiche il codice civile del 1942 colloca i concetti di imprenditore e di impresa.L’imprenditore è colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata. L’impresa è appunto l’attività svolta dall’imprenditore (art.2082).2.6. STRUTTURA E CONTENUTI DEL CODICE CIVILE.Il codice civile è preceduto dalle disposizioni sulla legge in generale (preleggi) che riguardano le fonti del diritto, l’efficacia delle norme, i criteri per la loro interpretazione.Gli articoli del codice vanno da 1 a 2969, ma in realtà sono in numero diverso da quest'ultimo perché alcuni sono stati abrogati e altri sono stati aggiunti da leggi successive. Il codice si divide in 6 libri:- il primo libro (art. 1 -455) s’intitola Delle persone e della famiglia;- il secondo libro (artt.456-809) s’intitola Delle successioni;- il terzo libro (artt.810-1172) s’intitola Della Proprietà;- il quarto libro (art.1173-2059) s’intitola Delle Obbligazioni;- il quinto libro (art.2060-2642) s’intitola Del Lavoro;- il sesto libro (art.2645-2969) s’intitola Della Tutela dei Diritti.In appendice al codice ci sono poi le disposizioni di attuazione e transitorie,che precisano le modalità applicative di talune norme del codice stesso.2.7. LA COSTITUZIONE COME FONTE DEL DIRITTO PRIVATO.Gli istituti del diritto privato esprimono importanti principi di organizzazione dei rapporti sociali.Come si manifesta, in concreto, l’incidenza dei principi costituzionali delle norme del diritto privato? Fondamentalmente in tre modi : - I principi costituzionali operano come stimolo e direttiva al legislatore ordinario;- Gli articoli della Costituzione non esprimono solo generici principi-guida, ma anche norme giuridiche che possono trovare applicazione diretta ai rapporti fra privati;- Infine le norme costituzionali operano come criterio di controllo della legittimità delle norme ordinarie. Esempio: L’articolo 42 della Costituzione riconosce la proprietà privata, ma stabilisce che deve avere una funzione sociale, quindi lo Stato può espropriare un bene per pubblica utilità. 2.8. LA LEGISLAZIONE SPECIALE: “DECODIFICAZIONE” E “RICODIFICAZIONE”. Dal 1970 si ha un incremento quantitativo delle leggi speciali di diritto privato.Per ciascuno dei principali istituti privatistici, alle norme del codice civile si vengono affiancando numerose leggi che ne integrano o ne modificano la disciplina. Ma soprattutto si registra un mutamento qualitativo. Non si tratta più di norme di dettaglio, limitate ad aspetti marginali degli istituti:sono invece complessi normativi che regolano compiutamente, e in modo innovativo, interi settori di situazioni, attività, rapporti dei privati.La legislazione speciale ha via via provveduto ad attuare i principi costituzionali,traducendoli in nuove discipline degli istituti privatistici.Per descrivere questi sviluppi del sistema delle fonti del diritto privato, si usa il termine decodificazione, che allude a una crescente marginalità del codice di fronte all’avanzata della legislazione speciale.Di fronte agli sviluppi tumultuosi e spesso confusi della legislazione speciale, si tende ad invocare, in ideale contrapposizione al fenomeno della decodificazione, l'esigenza di una codificazione del diritto privato.2.9. I NUOVI CODICI DEL SETTORE.// 2.10. LE LEGGI REGIONALI.Le leggi di cui stiamo parlando sono leggi statali.Ma esistono anche leggi regionali (ciascuna delle quali valida limitatamente al territorio della Regione interessata), che comunque non possono andare contro le leggi dello Stato.2.11. DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO; ARMONIZZAZIONE INTERNAZIONALE DEL DIRITTO PRIVATO; DIRITTO PRIVATO EUROPEO.Il diritto privato moderno nasce e si sviluppa, con le grandi codificazioni, come diritto degli Stati nazionali, sicché ogni Stato ha il diritto privato, più o meno diverso da quello degli altri Stati.Quando si crea un conflitto di leggi fra diversi Stati entra in ballo il diritto internazionale privato, le cui norme servono a individuare quale, fra i diritti dei diversi Stati coinvolti, il giudice deve applicare la fattispecie. Sorge dunque l’esigenza di armonizzare internazionalmente il diritto privato con le convenzioni internazionali, ossia testi normativi concernenti una determinata materia, elaborati concordemente dagli Stati che vi partecipano (la Cedu , Convenzione europea sui diritti dell’uomo, del 1950).Le convenzioni sono strumenti internazionali, uniformano il diritto fra tutti gli Stati Che liberamente vi aderiscono.Altri strumenti di uniformazione del diritto sono di tipo sovranazionale: come tipicamente quelli dell’Unione europea, e consistono in atti prodotti dai componenti dell’Unione.Essi sono:- I regolamenti, che creano norme direttamente vincolanti non solo per gli Stati membri, ma anche per tutti gli individui e le organizzazioni presenti al loro interno.Nella gerarchia delle fonti. i regolamenti europei prevalgono sulla legislazione interna: le norme italiane non possono contrastare con essi;- Le direttive funzionano in modo diverso,non vincolano direttamente gli individui e le organizzazioni degli Stati membri, ma hanno effetti obbligatori solo per gli Stati: li obbligano a recepire le direttive, cioè a trasformarle in nome del proprio diritto interno attraverso fonti interne che creino tali norme, dando ad esse contenuti conformi alle direttive.Principi rilevanti per il diritto privato sono enunciati nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (“carta di Nizza”) del 2000.Nasce così un nucleo sempre più importante di diritto privato europeo: un complesso di principi e regole su importanti istituti del diritto privato, condividi la generalità degli Stati europei, membri dell’Unione.2.12. GLI USI E LA LEX MERCATORIA.La marginalità degli usi nel quadro delle fonti, dove domina il diritto scritto, vale anche per il diritto privato. Ciò non toglie che trovino qualche spazio (specie nel campo dei rapporti contrattuali)gli usi “secundum legem”, richiamati da norme scritte.Essi sono raccolti a cura delle Camere di Commercio che compilano settore per settore le c.d. raccolte degli usi.Le prassi e i principi abitualmente osservati nei rapporti commerciali tra operatori di paesi diversi formano un “corpo” di regole non scritte che vengono chiamate lex mercatoria. Esempio: Nei rapporti commerciali internazionali, i contratti di fornitura spesso seguono le regole della lex mercatoria, come gli Incoterms, che stabiliscono le responsabilità di venditore e compratore senza bisogno di norme statali. III DIRITTI 3.SITUAZIONI GIURIDICHE,DIRITTI SOGGETTIVI, RAPPORTI GIURIDICI.3.1. LE SITUAZIONI GIURIDICHE: ATTIVE E PASSIVE.Come sappiamo, la funzione del diritto è sistemare gli interessi umani, alla luce dei valori e degli obiettivi prevalenti nella società.Per svolgere questa funzione, le norme giuridiche stabiliscono una graduatoria fra i diversi interessi, attribuendo alle persone coinvolte determinate situazioni (oposizioni) giuridiche.Il soggetto a cui appartiene una situazione giuridica si dice “titolare” di essa.Le situazioni giuridiche attive sono quelle che esprimono la prevalenza dell'interesse del titolare, dell'interesse di altri soggetti : è tale la situazione di proprietà, così come la situazione di diritto personale di godimento di una cosa.Le situazioni giuridiche passive esprimono al contrario la subordinazione dell'interesse del titolare rispetto all’interesse di altri soggetti, cui si dà prevalenza.Tutti quelli che non hanno la proprietà né alcun’altra situazione attiva sopra una cosa, hanno il dovere di rispettare la proprietà altrui.Le situazioni giuridiche possono essere molto diverse fra loro, per questo è utile classificarle in diversi tipi, in relazione ai diversi caratteri che presentano. Esempio: Un proprietario di un terreno ha il diritto attivo di costruire, ma deve rispettare il vincolo passivo di non superare un’altezza massima stabilita dal regolamento urbanistico. 3.2. IL DIRITTO SOGGETTIVO.Il diritto soggettivo è la più importante situazione giuridica attiva.Può definirsi come il potere di agire nel proprio interesse, o di pretendere che qualcun altro tenga un determinato comportamento nell’interesse del titolare del diritto.Sono diritti soggettivi ad es., la proprietà, il credito e il diritto all'onore.Il contenuto dei diritti soggettivi corrisponde al tipo di poteri che essi danno ai titolari e al tipo di interessi che gli consentono di realizzare.Possono essere molto vari, e correlativamente si distinguono diverse categorie di diritti.Tutti i diritti soggettivi hanno peraltro un elemento comune, che ne costituisce la caratteristica fondamentale: qualsiasi diritto soggettivo riserva al suo titolare uno spazio di autonomia di giudizio e di decisione, entro il quale il titolare del diritto è libero di valutare quale sia il proprio interesse e quale il modo migliore di perseguirlo, e di agire nel modo corrispondente. Esempio: Se un lavoratore ha diritto alla retribuzione, il datore di lavoro ha l’obbligo di pagarla. Il diritto soggettivo del lavoratore è tutelato dal diritto oggettivo 3.3. CATEGORIE DI DIRITTI SOGGETTIVI: PUBBLICI E PRIVATI;PATRIMONIALI E NON PATRIMONIALI; ASSOLUTI E RELATIVI; DISPONIBILI E INDISPONIBILI; DIRITTO POTESTATIVO.Una prima distinzione riguarda la sfera in cui operano i diritti soggettivi:- i diritti soggettivi pubblici attribuiscono al titolare poteri che gli consentono di incidere sull’organizzazione politica, o comunque definiscono la sua posizione nell’organizzazione politica della società (diritto di voto,diritto di libertà personale, di professione religiosa).- i diritti soggettivi privati riguardano invece poteri e interessi del titolare che non toccano l’organizzazione politica della società (diritto di proprietà,diritto di credito).Una seconda distinzione riguarda il tipo di interesse servito soggettivo:- i diritti patrimoniali sono quelli che procurano al titolare utilità di natura economica ;- i diritti non patrimoniali procurano invece un’utilità non economica, ma morale o ideale o comunque attinente alla sfera personale.Una terza distinzione riguarda il tipo di poteri dati al titolare per realizzare proteggere il suo interesse:- i diritti assoluti sono quelli che il titolare può far valere nei confronti non solo di qualche soggetto, ma tendenzialmente di tutti gli altri soggetti, i quali hanno tutta una corrispondente situazione passiva di dovere;- i diritti relativi sono invece quelli che il titolare può far valere solo nei confronti di qualche soggetto determinato, ossia quel soggetto o quei soggetti su cui grava la corrispondente situazione passiva di obbligo verso il titolare(diritto di credito).Per indicare la posizione del titolare di un diritto relativo, si usa anche il termine pretesa (il creditore ha una pretesa verso il debitore al pagamento del debito). Un’altra distinzione ha a che fare con le modalità dei poteri che formano il contenuto del diritto:- i diritti disponibili sono quelli che il titolare può liberamente trasferire,autolimitare o addirittura cancellare, con atti giuridici che producono tali effetti (atti con cui egli “dispone” del proprio diritto);- i diritti indisponibili sono quelli che il titolare non può liberamente trasferire, autolimitare o cancellare (non può "disporre").Accade in generale con diritti non patrimoniali, ma può verificarsi anche per certi diritti patrimoniali. Consideriamo infine una particolare sottospecie di diritto soggettivo: il diritto potestativo , che consiste nel potere di incidere sulle situazioni soggettive altrui senza che il titolare della situazione incisa possa impedirlo.Ad esempio in un rapporto di lavoro, il dipendente ha il potere di dare le dimissioni il datore di lavoro non può opporsi a questa decisione.3.4. L’ABUSO DEL DIRITTO Il concetto di abuso del diritto riguarda il problema di impedire che i diritti soggettivi vengano esercitati in modo contrastante con altri interessi meritevoli di tutela.Bisogna partire dalla distinzione che esiste fra abusare del proprio diritto e superare i limiti del proprio diritto. Superare i limiti significa fare qualcosa che va oltre il nostro diritto, mentre abusarne significa stare dentro i limiti del nostro diritto, o meglio fare qualcosa che ci è concesso dal nostro diritto, ma in circostanze tali, per finalità tali e con risultati tali che questo suo comportamento danneggia in modo irragionevole un altro interesse meritevole di tutela. Esempio: Un vicino pianta alberi molto alti sul confine solo per bloccare la vista del vicino: anche se è formalmente lecito, può essere considerato un abuso del diritto. 3.5. LA FACOLTA’.La facoltà è la possibilità, riconosciuta al titolare di un diritto, di tenere un determinato comportamento, che è compreso nel contenuto del diritto ma non loesaurisce.La singola facoltà non esaurisce il diritto, ma ne è solo una componente elementare.Il Contenuto del diritto soggettivo risulta dalla somma delle varie facoltà cheappartengono al suo titolare.Il concetto di facoltà esprime l’idea di una libertà di scelta fra vari comportamenti,che sono tutti leciti, cioè permessi dalla legge.E’ lo stesso senso in cui, anche nel linguaggio comune, si dice che un certo comportamento è facoltativo (anziché obbligatorio, o vietato).3.6. GLI INTERESSI COLLETTIVI.L’interesse collettivo si può definire come la situazione di un soggetto, danneggiato da comportamenti altrui, i quali nello stesso tempo ledono analoghi interessi di una moltitudine di altri soggetti.In sistemi giuridici come quello degli Stati Uniti, la possibilità di agire per la tutela di interessi collettivi è ammessa da lungo tempo.Da noi invece è una possibilità ancora in via di sviluppo che ha preso forma con l’art.140-bis c.consumo), che regola le azioni di classe come strumento generale per tutelare collettivamente i diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti.3.7. LE SITUAZIONI PASSIVE: DOVERE, OBBLIGO, SOGGEZIONE, RESPONSABILITA’.Le situazioni passive sono quelle dei soggetti il cui interesse viene sacrificato all'interesse del titolare di una corrispondente situazione attiva.E’ una situazione passiva il dovere, che vieta di tenere comportamenti capaci di ledere il diritto soggettivo altrui, e in particolare quel tipo di diritto soggettivo che si definisce “assoluto”.E’ una situazione che ha carattere generale: nel senso che grava su tutti i soggetti diversi dal titolare del diritto, e carattere negativo : nel senso che, più che imporre di fare qualcosa, gli impone di non fare qualcosa.L’obbligo è la situazione passiva consistente in un vincolo imposto all’azione del titolare, nell’interesse di chi ha un diritto soggettivo rivolto direttamente ed esclusivamente verso di lui (cioè un diritto soggettivo relativo, come il diritto di credito).Il titolare dell’obbligo si chiama obbligato, o debitore. L'obbligo ha carattere individuale, nel senso che grava non su una moltitudine di soggetti, bensì su un soggetto determinato, inoltre può avere sia carattere negativo sia carattere positivo, nel senso che può consistere nel vincolare il debitore a fare qualcosa , nell'interesse di chi ha il corrispondente diritto.La soggezione è la situazione passiva corrispondente al diritto potestativo.Grava su chi si trova esposto al diritto potestativo altrui, e quindi a subire modifiche di qualche propria situazione giuridica, senza poterlo impedire.La responsabilità è una categoria fondamentale del diritto privato e più in generale di tutto il sistema giuridico.La responsabilità è, in generale, la situazione del soggetto esposto a subire le conseguenze svantaggiose per lui, previste dalle norme in relazione a qualche suo comportamento o posizione.I casi più importanti sono quelli in cui tali conseguenze derivano dal comportamento del soggetto in violazione di una regola (atto illecito), di cui rappresentano la sanzione.Con riferimento a questi casi, la responsabilità è dunque la situazione di chi, avendo commesso un illecito, è esposto a subire la sanzione conseguente. La responsabilità può però gravare su qualcuno che non ha violato nessuna regola e perciò non ha commesso nessun illecito (responsabilità oggettiva).3.8. L’ONERE.L’onere è la situazione di chi deve tenere un determinato comportamento, se vuole avere la possibilità di utilizzare qualche sua situazione attiva.L’onere ha una doppia natura.Partecipa delle situazioni attive, perché l’obiettivo finale è realizzare un interesse del soggetto, ma partecipa anche delle situazioni passive, perché consiste in un vincolo posto alla sua azione.Peraltro, si differenzia nettamente dall’obbligo: se il soggetto non osserva l’onere non commette un illecito e non incorre in responsabilità, come invece accade a chi non osserva un obbligo.3.9. IL RAPPORTO GIURIDICO: LE PARTI.La relazione tra il titolare della situazione attiva e il titolare della situazione passiva strettamente collegata si chiama rapporto giuridico.I titolari delle situazioni attiva e passiva, si chiamano parti del rapporto stesso,ognuna delle quali può essere composta da una o più persone. Il rapporto giuridico che collega una singola situazione attiva con una singola situazione passiva: è il rapporto semplice. Ma spesso il rapporto giuridico si presenta come rapporto complesso, in cui ciascuna delle parti fa capo non una singola situazione, attiva o passiva, bensì un insieme di situazioni diverse, attive e passive, collegate fra loro. 3.10. PARTI E TERZI.Chiunque non sia parte di un rapporto giuridico è definito terzo rispetto a quel rapporto. La regola generale da cui partire è che ciò che accade nell’ambito di un rapporto normalmente tocca solo le situazioni giuridiche delle parti di esso, e non tocca le situazioni dei terzi estranei ad esso. 4.FATTI,ATTI,EFFETTI GIURIDICI. 4.1. SITUAZIONI GIURIDICHE, EFFETTI GIURIDICI LE FATTISPECIE GIURIDICHE.Le situazioni giuridiche non restano immobili nel tempo, ma mutano continuamente.Questi mutamenti che si producono nelle situazioni giuridiche dei soggetti si chiamano effetti giuridici, e consistono nella creazione, modificazione o estinzione di situazioni giuridiche.Gli “effetti” giuridici si producono solo quando c’è una causa che li determina, questa causa è definita fattispecie giuridica.La fattispecie (concreta) produce gli effetti giuridici che la norma prevede, in relazione alla fattispecie astratta descritta nella norma stessa.Quando un elemento della realtà corrisponde alla fattispecie di una norma, e quindi produce effetti giuridici, si dice che quell’elemento ha rilevanza giuridica, o è giuridicamente rilevante.La fattispecie può essere semplice o complessa, se consiste in vari elementi combinati fra di loro (se questi elementi non si realizzano nello stesso istante, ma in sequenza temporale si parla di fattispecie a formazione progressiva). Inoltre le fattispecie possono differenziarsi, a seconda del ruolo che giocano la volontà e la consapevolezza umane.Viene così in rilievo la distinzione tra fatti giuridici e atti giuridici.4.2. I FATTI GIURIDICI.I fatti giuridici sono gli eventi che accadono e producono i loro effetti giuridici indipendentemente da intenzionalità e consapevolezze umane.Esempio: Sono gli eventi che si determinano esclusivamente nella sfera fisica e biologica (terremoti). Sono gli eventi riconducibili all'attività umana, quando la sua origine sia irrilevante per il prodursi di un effetto giuridico considerato (es se la distruzione dell'immobile di A dipende da qualche azione di B, questa potrà creare l'obbligo di B di risarcire il danno, ma tale effetto giuridico non presuppone che l'azione di B sia volontaria 4.3. GLI ATTI GIURIDICI: NEGOZIALI E NON NEGOZIALI.Gli atti giuridici sono le azioni umane, sostenute da un certo grado diconsapevolezza e intenzionalità, la cui rilevanza giuridica (= capacità di produrre effetti giuridici) dipende specificamente dalla presenza di questo fattore umano.Essi si distinguono in due categorie:-gli atti negoziali (o negozi giuridici), che si basano sulla volontà del loro autore,e questa volontà gioca su due piani: la volontà di compiere l’atto e la volontà di produrre proprio gli effetti giuridici che le norme ricollegano all’atto (la compravendita è un atto negoziale); -gli atti non negoziali, che implicano la volontà di compiere l’atto, ma non la volontà di creare gli effetti giuridici che l’atto produrrà.Un esempio è la confessione, la quale contiene la volontà di compiere l’atto, ma non la volontà di produrre gli effetti giuridici che ne seguiranno. Esempio: La donazione di un quadro a un museo è un atto patrimoniale gratuito, mentre il riconoscimento di un figlio è un atto non patrimoniale con effetti giuridici rilevanti. 4.4. TIPI DI ATTI: PATRIMONIALI E NON PATRIMONIALI; ONEROSI E GRATUITI; TRA VIVI E CAUSA DI MORTE;LECITI E ILLECITI.Una prima classificazione degli atti si basa sulla natura delle situazioni giuridiche a cui si riferiscono gli effetti dell’atto:- gli atti patrimoniali incidono su situazioni di tipo economico (es.i contratti);- gli atti non patrimoniali invece riguardano situazioni giuridiche di tipo prevalentemente non economico (matrimonio);Una seconda classificazione è interna alla categoria degli atti patrimoniali e si fonda sul senso economico:- gli atti onerosi sono quelli in cui tutte le parti coinvolte nell’atto sostengono un sacrificio economico e correlativamente ricevono un vantaggio economico(compravendita);- gli atti gratuiti sono quelli in cui solo una delle parti coinvolte sostiene un sacrificio economico, mentre l’altra ottiene un vantaggio senza affrontare un corrispondente sacrificio (donazione); Abbiamo poi due classi di atti che si distinguono in base al criterio del fattore di in vista del quale si vuole la produzione degli effetti:- gli atti a causa di morte producono i loro effetti solo in seguito alla morte dell'autore dell’atto (morte);- gli atti tra vivi sono quelli che per produrre effetti non presuppongono la morte del loro autore (contratti ecc.).Un’ultima classificazione è quella fra atti leciti e atti illeciti (che non rispettano le norme giuridiche).4.5. L’ATTIVITA’ GIURIDICA PRIVATA E PUBBLICA: L’AUTONOMIA PRIVATA. L’attività giuridica è la formula che indica il fenomeno del continuo e incessante compimento di atti giuridici.E’ evidente che qui ci occupiamo degli atti giuridici privati e dunque dell'attività giuridica privata, la quale si lega al concetto di autonomia privata con la quale si intende il potere dei soggetti di creare e conformare le proprie situazioni giuridiche liberamente, secondo la propria volontà, i propri interessi, i propri gusti.L’attività giuridica pubblica invece si realizza tramite atti giuridici regolati dal diritto pubblico.Se la maggior parte degli atti di diritto privato sono atti di autonomia, esistono anche atti non autonomi, rispetto ai quali l’autore non è libero di autodeterminarsi, ma è vincolato nel suo comportamento (l’atto di pagamento,perché il debitore non è libero di farlo a è obbligato a farlo). Esempio: Un imprenditore decide di vendere la sua attività a un altro soggetto. L’autonomia privata gli permette di concludere l’accordo liberamente, purché rispetti la legge 4.6. L’AUTONOMIA PRIVATA NELLO SVILUPPO STORICO. L’autonomia privata ha un chiaro valore politico: esprime un principio di libertà del cittadino nei confronti del potere pubblico. L'autonomia privata si afferma progressivamente attraverso le lotte contro l'assolutismo (nel 17 e 18 secolo) e giunge a piena realizzazione con le rivoluzioni borghesi e liberali del XVIII E XIX secolo.La sua affermazione si lega agli sviluppi del sistema economico e in particolare all'avvento del capitalismo: la rivendicazione di più ampi spazi di autonomia faceva leva sulla rivendicazione della libertà di iniziativa economica.Ecco perché, nell’età del liberalismo ottocentesco, l’autonomia privata aveva confini estremamente ampi.Il quadro cambia profondamente nel 900, in connessione con le trasformazioni del ruolo dello Stato.A causa del crescente intervento statale nell’economia, la storia dell'autonomia privata si sviluppa come storia della sua progressiva restrizione ad opera del bene pubblico, specie nel campo delle situazioni e delle attività di tipo economico.Un’altra importante trasformazione che l’autonomia privata subisce nel processo storico riguarda i suoi protagonisti.In passato, i protagonisti dell’attività giuridica erano i singoli individui: l'autonomia privata si presentava come autonomia individuale.Verso la fine del XIX entrano in campo sempre più spesso gruppi organizzati, si afferma così l’autonomia collettiva.L’autonomia privata si manifesta sia nel campo economico, sia nel campo delle situazioni e relazioni non patrimoniali. 5.I BENI E IL PATRIMONIO 5.1. DIRITTI,INTERESSI,BENI: I BENI COME “OGGETTO DI DIRITTI”.C’è relazione tra diritti e interessi: il diritto soggettivo serve a realizzare l'interesse del titolare.Correlazione fra interesse e bene: l’interesse è la tensione verso un bene.In senso generico, bene è qualsiasi entità capace di soddisfare bisogni (e quindi realizzare interessi) umani.Ma un uso appropriato del linguaggio giuridico richiede maggior precisione, tant'è che il codice offre una definizione normativa di bene:L’art.810 dice che “sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”.Può formare oggetto di diritti solo ciò su cui sia immaginabile un conflitto di interesse. Perciò non sono beni in senso giuridico, le entità su cui non si creano conflitti di interessi a causa della loro sovrabbondanza, che le rende accessibili a tutti in modo illimitato: le c.d. “Cose comuni a tutti” (come l'aria e l’acqua del mare). 5.2. BENI E COSE: BENI MATERIALI E BENI IMMATERIALI.Per l’art.810, sembra che possano essere beni solo le “cose”.Le cose sono porzioni di materia, la materia non si esaurisce nelle entità percepibilimediante l’uso dei sensi.In questo modo, la legge sembra accogliere una concezione restrittiva di bene, che si identifica con l’idea di bene materiale, non sarebbero invece beni veri e propri ic.d. Beni immateriali, cioè quelle entità utili all’uomo ma che non sono porzioni di materia.Forzando un tantino questa visione restrittiva dell’art.810, i giuristi preferiscono allargare la nozione di bene, includendo qualsiasi entità utile all’uomo, materiale o immateriale, purché suscettibile di aprire conflitti di interessi regolabili dal diritto. Questa definizione più ampia permette di considerare beni in senso giuridico anche i beni immateriali, e quindi di dire che i beni si dividono in due categorie: I beni materiali, che sono le cose capaci di formare oggetto di diritti e i beni immateriali, che sono quelle entità diverse dalle cose, utili all'uomo e suscettibili di aprire conflitti di interessi regolabili dal diritto.5.3. BENI MOBILI E IMMOBILI; BENI MOBILI REGISTRATI; UNIVERSALITA’ DI MOBILI. I beni immobili sono individuati attraverso due criteri, a cui corrispondono due classi di immobili:- I beni immobili in natura, che sono il suolo, le sorgenti e i corsi d’acqua,gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni , anche se unite al suolo in modo transitorio. in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo (art.812, c.1); - I beni immobili per destinazione, e cioè i mulini, i bagni, e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all’alveo e sono destinati a esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione (art.812, c.2).Un termine (un pò antiquato) con cui si indicano i beni immobili è “fondo”:fondi urbani sono le costruzioni situate nei centri abitati, fondi rustici i terreni extraurbani.I Beni mobili si individuano in via residuale, giacché “sono mobili tutti gli altri beni".Esempio di beni mobili sono automobili, gioielli, elettrodomestici, mobili, opere d'arte, strumenti musicali e altri oggetti simili.(art.812,c.3).L’art.814 qualifica beni mobili anche le energie naturali aventi valore economico.Fra i due tipi di beni esistono significative differenze fisico-economiche. Gli immobili infatti hanno per lo più un notevole o almeno discreto valore economico, mentre i mobili in qualche caso possono valere moltissimo (gioielli,opere d’arte, macchine sofisticate di alta tecnologia), ma per lo più hanno valore limitato.Gli immobili definiscono l’ambiente in cui l’uomo vive, e quindi hanno quasi sempre una rilevanza sociale e per la loro staticità sono più facilmente controllabili, mentre i mobili sono soggetti a circolare in modo più intenso e veloce, e la loro posizione è più difficile da seguire.Tutto questo determina differenze di trattamento giuridico, in particolare:- le possibilità di uso degli immobili da parte dei privati sono limitate rispetto a quelle per l’uso dei mobili;- esiste per gli immobili una speciale organizzazione pubblica per l'accertamento e la documentazione della loro consistenza: il catasto, tenuto dagli uffici tecnici erariali e formato da un complesso di mappe che descrivono tutti gli immobili rustici e urbani;- la circolazione degli immobili richiede formalità più rigorose di quelle previste per i mobili, e soprattutto è soggetta a un regime di pubblicità che permette di seguire i loro trasferimenti e le principali modifiche delle situazioni giuridiche che li riguardano (è il meccanismo della trascrizione nei pubblici registri immobiliari);- mentre è ammissibile che un bene mobile si trovi a non appartenere a nessuno(sia cioè una res nullius, una “cosa di nessuno”),questo non è concepibile per gli immobili, che non possono non avere un proprietario, gli immobili che non hanno un proprietario (c.d.immobili vacanti) sono automaticamente dello Stato (art.827); Esistono alcuni tipi di mobili che presentano caratteristiche particolari: sono di grandi dimensioni e hanno un certo valore economico, sono gli autoveicoli, le navi agli aeromobili, e per questo si è ritenuto necessario iscrivere questi beni in pubblici registri (art.815), di qui la denominazione di beni mobili registrati, e l'applicazione di una serie di regole particolari, che li differenziano dal trattamento dei mobili non registrati.La legge dedica poi una considerazione particolare alle universalità, cioè ai complessi di cose mobili che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria (art.816,c.1). E’ possibile disporre del complesso unitario (venderlo,locarlo,imprestarlo) con un unico atto,ma è possibile anche disporre frazionatamente, con atti diversi, dei singoli beni che lo compongono. Esempio: Un brevetto è un bene immateriale perché protegge un’invenzione e può essere venduto o ceduto come un bene fisico.5.4. ALTRE CLASSIFICAZIONE DEI BENI: DIVISIBILI E INDIVISIBILI;CONSUMABILI E INCONSUMABILI; FUNGIBILI E INFUNGIBILI.I Beni divisibili sono quelli che possono essere suddivisi fisicamente in più porzioni, ciascuna delle quali mantiene la funzione economica del bene originario, è il caso di un appezzamento di terreno, o di una torta.I Beni indivisibili sono quelli per cui tale suddivisione è materialmente o economicamente impossibile, si pensi a un animale vivo, a un quadro, a una macchina. Uno stesso tipo di bene può essere divisibile o indivisibile, a seconda delle circostanze, per esempio un appartamento fatto in un modo piuttosto che in un altro.I Beni consumabili sono quelli che si esauriscono immediatamente con l’uso (il cibo, il denaro, o la benzina).I Beni inconsumabili sono invece quelli suscettibili di uso continuativo o ripetuto(una casa, un’automobile, un televisore).I Beni fungibili (o di genere) sono quelli che risultano identici, per qualità, ed altri beni dello stesso genere, è ciò che conta è piuttosto la quantità (due auto nuove dello stesso modello e colore, il denaro).I Beni infungibili (o di specie) sono quelli non sostituibili indifferentemente con altri beni, anche appartenenti allo stesso genere, per la presenza di apprezzabili particolarità qualitative che fanno di quel bene una cosa unica (l’originale di un'opera d’arte).5.5. LE PERTINENZE.Il concetto di pertinenza implica il rapporto fra una cosa accessoria e una cosa principale.Le pertinenze sono le cose (accessorie) destinate in modo durevole a servizio oornamento di un’altra cosa (principale): art.817.Il rapporto fra pertinenza e cosa principale si chiama rapporto o vincolo pertinenziale.Esso può correre fra due cose mobili, oppure fra due immobili, o fra un mobile ed unimmobile. Il rapporto pertinenziale nasce di solito per iniziativa del proprietario della cosa principale.Per l’art.817 può nascere anche per iniziativa di chi ha sulla cosa principale un diritto diverso dalla proprietà purché sia un diritto reale (ad es.l’usufrutto).Il proprietario è libero di trasferire la pertinenza insieme con la cosa principale, oppure l’una separatamente dall’altra, se però trasferisce la cosa principale senza specificare che il trasferimento non comprende la pertinenza,anch’essa s’intende trasferita. Se si vuole trasferire la cosa principale senza pertinenza bisogna dirlo esplicitamente(art.818).5.6. I FRUTTI.I frutti sono beni prodotti da altri beni (che proprio per la loro capacità di produrre frutti si chiamano beni fruttiferi).Si distinguono in due tipi:- I frutti naturali sono “quelli che provengono direttamente dalla cosa, vi concorra o meno l’opera dell’uomo, come i prodotti agricoli, la legna, i parti degli animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere” (art.820,c.1).I frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che produce, salvo che la loro proprietà sia attribuita ad altri, in quest’ultimo caso la proprietà si acquista con la separazione (art.821).- I frutti civili sono quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia (art.820,c.3), ad esempio i canoni della locazione di un appartamento.Nella disciplina dei frutti, il problema principale è stabilire a chi spettano i frutti prodotti da una cosa, nel periodo in cui questa si trova nelle mani di persone diverse dal proprietario, e che non avrebbe il diritto di tenerla.Un’apposita disciplina è dedicata ai frutti di quella particolare cosa fruttiera che è il denaro, ossia agli interessi.5.7. BENI PRIVATI E PUBBLICI.Questa distinzione si fonda su due criteri: il criterio (soggettivo) dell’appartenenza, e il criterio (oggettivo) della destinazione.I Beni pubblici presentano due requisiti:-un requisito soggettivo, consistente nell’appartenere allo Stato o a un altro ente pubblico;-e un requisito oggettivo, consistente nell’essere destinati a soddisfare interessi generali della collettività.I Beni privati sono tutti gli altri.La distinzione è importante, perché i beni pubblici sono soggetti a un regime giuridico speciale, e sono divisi in beni demaniali (spiagge, porti, aeroporti) e in beni patrimoniali indisponibili (caserme, aerei militari).I primi sono inalienabili, mentre i secondi non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano (art.828).Può accadere che un ente pubblico sia proprietario di beni che non presentano il requisito oggettivo per essere considerati beni pubblici (destinazione all’interesse generale). Essi si chiamano beni patrimoniali disponibili e non sono beni pubblici in senso proprio, infatti non sono assoggettati a un regime giuridico speciale, ma seguono le stesse regole che valgono per i beni privati. Esempio: Un parco nazionale è un bene pubblico perché appartiene allo Stato e ha una funzione di interesse generale, mentre una casa privata è un bene privato soggetto alle regole del mercato. 5.8. I “NUOVI BENI”. //.5.9. IL PATRIMONIO.Il patrimonio comprende non solo le cose materiali, ma anche i beni immateriali di un soggetto (crediti, debiti).Possiamo definire il patrimonio come il complesso delle situazioni giuridiche attive e passive di una persona.Quindi il patrimonio è un’entità dinamica che si muove e muta continuamente con il mutare delle situazioni giuridiche del titolare.L’aggettivo patrimoniale si riferisce alle entità e ai fenomeni che riguardano valori di tipo economico, mentre non patrimoniali sono le entità che riguardano beni non economici. 6.LE VICENDE DEI DIRITTI E LA CIRCOLAZIONE GIURIDICA.6.1. LE VICENDE DEI DIRITTI.I diritti di solito non restano fermi ma si muovono continuamente e così modificano il loro modo di essere preesistenti.Questi movimenti e cambiamenti dei diritti si chiamano “vicende dei diritti” stessi,esse sono effetti giuridici, determinati da una fattispecie.Dal punto di vista del diritto, le vicende principali possono essere:- la nascita del diritto (che prima non esisteva, e a un certo punto comincia a esistere);- il trasferimento del diritto;- l’estinzione del diritto;Dal punto di vista del titolare, le vicende possono essere:- l’acquisto del diritto (la persona prima non era titolare di quel diritto, e a un certo punto lo diventa);- la perdita del diritto (la persona prima aveva quel diritto, e a un certo punto non lo ha più. Esempio: Se una persona eredita un immobile, acquisisce il diritto di proprietà su di esso per successione ereditaria.6.2. L’ACQUISTO DEI DIRITTI: ACQUISTI ORIGINARI E DERIVATIVI; ONEROSI E GRATUITI; TRA VIVI O A CAUSA DI MORTE;SUCCESSIONE PARTICOLARE E UNIVERSALE. L'acquisto è la vicenda per cui la persona diventa titolare di un diritto, che prima non aveva.I diritti si possono acquistare in modi diversi, la prima distinzione è fra modi di acquisto originario e acquisto derivativo:-E’ acquisto originario quello che non avviene sulla base di un rapporto fra il precedente titolare e il nuovo titolare;-E’ acquisto derivativo quello per cui l’acquirente riceve il diritto dal (e sulla base di un rapporto col) precedente titolare.L’acquisto derivativo di un diritto si definisce anche successione del diritto,colui che acquista è detto successore, o avente causa, colui che trasferisce è detto autore o dante causa.Il contrario dell’acquisto di chiama alienazione, ossia“cessione” del diritto.In parallelo alla distinzione fra gli atti giuridici, si distinguono gli acquisti che ne derivano:-l'acquisto è gratuito quando avviene senza contropartite a favore del dante causa:l’avente causa non sopporta alcun sacrificio economico in cambio dell’acquisto (e il caso di acquista la proprietà di un bene per donazione o per eredità);-l’acquisto è oneroso quando chi acquista dà o promette qualcosa in cambio del diritto acquistato;-l’acquisto è fra vivi quando non presuppone la morte del dante causa (così l'acquisto realizzato per compravendita, donazione o locazione); -l’acquisto è a causa di morte quando l’acquisto si produce per effetto della morte del dante causa (come l’acquisto dell’erede o del legatario).C’è poi una distinzione che riguarda l’oggetto dell’acquisto:-si ha successione particolare, quando l’avente causa acquista uno o più diritti determinati del dante causa;- invece si ha successione universale,quando il successore subentra nell'intero patrimonio del dante causa, o in una quota di esso.6.3. L’ACQUISTO DELLE SITUAZIONI PASSIVE: SUCCESSIONE UNIVERSALE E PARTICOLARE NEL DEBITO.Come si ha acquisto dei diritti e in genere delle situazioni attive, così può aversi acquisto delle situazioni passive.Ciò può accadere per effetto di successione universale, ma può aversi anche successione particolare nei debiti.6.4. IL TITOLO DELL’ ACQUISTO. La fattispecie che determina l’acquisto di un diritto si usa chiamare titolo dell’acquisto.Una persona è titolare del diritto in quanto ha un titolo in base a cui l’ha acquistato.Fra tutti i possibili acquisti di diritti, i più importanti sono quelli derivativi. E fra i titoli degli acquisti derivativi, i più importanti sono rappresentati da atti giuridici (negoziali), valgono al riguardo, due principi fondamentali:- l’acquisto del diritto si realizza solo se il titolare è regolare;- nessuno può trasferire un diritto che non ha, e correlativamente nessuno può diventare titolare del diritto, acquistandolo da chi non ce l’ha.Entrambi i principi subiscono deroghe importanti, in nome di interessi meritevoli di tutela.6.5. LA PERDITA DEI DIRITTI.Negli acquisti derivativi, all’acquisto del diritto in favore dell’avente causa fa riscontro la perdita di esso a carico del dante causa, ma non sempre esiste questa una tale correlazione. Ci sono casi in cui uno acquista un diritto, senza che nessun altro lo perda.Reciprocamente ci sono casi in cui uno perde un diritto, senza che nessun altro lo acquisti, ciò accade ad esempio quando la cosa in proprietà va distrutta, oppure con la derelizione, che è l’atto con cui il proprietario abbandona deliberatamente la sua cosa (art.923,c.2), o quando il creditore rinuncia al suo credito (remissione del debito).Ma accade soprattutto per l’operare di due importanti istituti che si legano al decorso del tempo: la prescrizione estintiva e la decadenza. 6.6. LA PRESCRIZIONE ESTINTIVA.La prescrizione estintiva è il meccanismo che determina l’estinzione del diritto, in conseguenza di una prolungata inerzia del suo titolare, che quindi lo perde.Il principio per cui il titolare del diritto che sta per un lungo tempo senza esercitarla perde (art.2934,c.1) ha due giustificazioni:-La prima è l’esigenza di certezza delle situazioni e dei rapporti giuridici:infatti chi ha un diritto normalmente ha di fronte a sé un controinteressato, cioè il titolare della corrispondente situazione passiva.Di fronte alla persistente inazione del titolare del diritto, la parte passiva del rapporto finisce per regolarsi e organizzarsi come se quel diritto non esistesse più;-La seconda ragione riguarda il favore per l’uso produttivo delle risorse.Un diritto non esercitato è una risorsa economica non valorizzata dal titolare, l'esistenza del diritto blocca anche risorse di controparte, titolare della situazione passiva.Il creditore che non chiede i suoi 100.000 euro al debitore trascura di acquistare e utilizzare questo valore economico, ma anche il debitore non è libero di utilizzare quella somma, che un giorno o l’altro il creditore potrebbe pretendere da lui.Per evitare che quei soldi bloccano il circuito di valorizzazione delle risorse, a un certo punto il creditore non ha più diritto al suo credito e il debitore potrà valorizzare quei soldi. 6.7. I DIRITTI IMPRESCRITTIBILI. Se la regola è che tutti i diritti si prescrivono (art.2934), ci sono peraltro diritti non soggetti a prescrizione, ossia diritti che non si estinguono, anche se il titolare sta per lungo tempo senza esercitare.Essi sono il diritto di proprietà (discorso a parte per l’usucapione), i diritti indisponibili (diritto della personalità) e le singole facoltà comprese nel diritto (esse non sono autonome ma costituiscono modi diversi di attuazione di un medesimo interesse del titolare).6.8. INIZIO E TERMINE DELLA PRESCRIZIONE. L’inizio della prescrizione è il momento in cui comincia a contare il tempo, che potrà portare all’estinzione del diritto: esso coincide, in generale, con il momento in cui il diritto può essere fatto valere (art.2935).Rispetto a un credito non ancora scaduto, la prescrizione comincia a decorrere solo dalla scadenza, perché fino a quel momento il creditore non può esigere il pagamento.Per determinati fatti, l’inizio della prescrizione è fissato dalla legge con criteridiversi.Il termine della prescrizione è il periodo di tempo, trascorso il quale il diritto siestingue.La legge fissa in realtà termini diversi in relazione a vari diritti e precisamente il termine ordinario per la generalità dei diritti: Il termine ordinario è 10 anni, e si applica a tutti i diritti, per cui la legge non prevede un termine diverso (art.2946).I Termini speciali possono essere:-più lunghi di quello ordinario (come per i diritti reali su cosa altrui che si prescrivono in 20 anni);-più brevi, come quelli elencati nell’art.2947 (ad esempio, in 5 anni si prescrive il diritto al risarcimento del danno extracontrattuale e il diritto all’annullamento del contratto annullabile). Se però uno esercita tempestivamente un diritto soggetto a descrizione breve, e ottiene una sentenza che gli dà ragione, il suo diritto di realizzare quanto previsto nella sentenza si prescrive nel termine ordinario di 10 anni (art.2953).Il calcolo del tempo si fa con i criteri indicati dall’art.2963, in particolare:- non si tiene conto del c.d. Dies a quo (cioè del giorno in cui si verifica l’evento che fa partire la prescrizione); il primo giorno del decorso di questa è il giorno successivo;-se il termine scade in un giorno festivo, è prorogato automaticamente al giorno seguente non festivo.6.9. SOSPENSIONE E INTERRUZIONE DELLA PRESCRIZIONE.Il decorso della prescrizione può arrestarsi per determinate cause, che hanno l'effetto di allontanare nel tempo la possibile estinzione del diritto. Si distingue fra sospensione e interruzione della prescrizione.Si ha sospensione quando, in presenza di particolari circostanze, il decorso della prescrizione si arresta, ma riprende quando esse vengono meno.Per calcolare se la prescrizione è compiuta, si tiene conto anche del decorso anteriore alla sospensione, che si somma al periodo successivo alla fine di essa.Le circostanze che determinano la sospensione sono di due tipi:- particolari rapporti esistenti fra le parti, che per varie ragioni possono scoraggiare l’esercizio di azioni o iniziative legali del titolare del diritto verso controparte (art.2941);- particolari condizioni soggettive del titolare del diritto, tali da porre gravi difficoltà all’esercizio del diritto stesso (art.2942): la prescrizione dei diritti di minori e interdetti temporaneamente privi di rappresentante legale è sospesa per tutto il tempo in cui manca il loro rappresentante, e per i 6 mesi successivi alla nomina, così pure per i militari in tempi di guerra.Si ha interruzione quando viene compiuto un atto che smentisce il doppio presupposto su cui si fonda il meccanismo della prescrizione: l’inerzia del titolare del diritto, e l’affidamento di controparte circa la cancellazione del diritto.Gli atti interruttivi della prescrizione possono essere dunque di due tipi:-atti provenienti dal titolare del diritto, che rappresentino un esercizio del diritto stesso: per l’art.2943, possono consistere in una domanda giudiziale, con cui il titolare esercita un’azione in giudizio contro la parte passiva, o in qualsiasi atto di costituzione in mora della parte passiva; -atti provenienti da controparte, e consistenti nel riconoscimento, anche implicito, del diritto altrui.Dal momento dell’interruzione la prescrizione ricomincia a decorrere, ma qui ricomincia da 0, perché il periodo anteriore all’atto interruttivo viene azzerato.Se però l’interruzione è dipesa da una domanda giudiziale, la prescrizione comincia a decorrere solo da quando il processo arriva a una decisione definitiva (art.2945).6.10. LA POSIZIONE DELLE PARTI RISPETTO ALLA PRESCRIZIONE.Il fondamento della prescrizione guarda al buon funzionamento del sistema giuridico-economico, e dunque tocca l’interesse generale.Questo spiega l’inderogabilità della disciplina legale della prescrizione(art.2936), per cui:- non è ammessa la modifica dei termini di durata della prescrizione, anche se concordata dalle parti;- non è ammessa la rinuncia preventiva alla prescrizione, cioè la rinuncia fatta dalla parte passiva quando la prescrizione non è ancora maturata(art.2937,c.2).Ma una volta che la prescrizione è compiuta, e il diritto è quindi estinto, si è realizzata la certezza voluta dalla legge.A questo punto, può ammettersi che la la parte passiva,avvantaggiata dalla compiuta prescrizione, disponga liberamente di questo vantaggio, ecco perché:- è ammessa la rinuncia successiva alla prescrizione già compiuta(art.2937,c.2) e tale rinuncia può ricavare anche per implicito;- se, prescritto il credito, ciononostante il debitore paga spontaneamente,non può poi pentirsi e chiedere la restituzione (art.2940);- se la parte passiva invece vuole avvantaggiarsi della prescrizione compiuta,spetta a lei prendere l’iniziativa di farla valere: la prescrizione non è rilevabile d’ufficio dal giudice (art.2938).6.11. LA PRESCRIZIONE PRESUNTIVA.A differenza della prescrizione estintiva, la prescrizione presuntiva non determina l'estinzione del diritto, ma ha l’effetto radicale di creare una presunzione di estinzione.Essa si fonda sul rilievo che determinati crediti vengono di regola pagati subito dopo la prestazione.E allora, una volta trascorso un periodo di tempo piuttosto breve senza che il creditore reclami il pagamento, si presume che il debito sia stato regolarmente pagato (e dunque il credito sia estinto).Se, contrariamente alla presunzione, in realtà il debito non è stato pagato, il creditore conserva il diritto di credito anche dopo che sia maturata la prescrizione presuntiva. L’unico problema è che gli riesce difficile farlo valere dandone la prova in giudizio,infatti a questo punto la legge limita i mezzi di prova a disposizione del creditore,stabilendo che egli ha solo due modi per dimostrare di non essere stato pagato:- contare sulla spontanea confessione giudiziale del debitore (art.2959);- o deferire giuramento al debitore stesso (art.2960).6.12. LA DECADENZA.La decadenza ha in comune con la prescrizione il meccanismo per cui un diritto,non esercitato per un certo periodo di tempo, si estingue: il decorso del tempo e l'inerzia del titolare fanno sì che egli perda il diritto.Ne differisce però sia per la ragione giustificativa e sia per le modalità delladisciplina.La ragione giustificativa è esclusivamente un’esigenza di certezza delle situazioni e dei rapporti giuridici.Si vuole che determinati diritti, capaci di condizionare certi rapporti o situazioni,vengano esercitati entro un breve periodo di tempo perchè è inopportuno che l'incertezza intorno a quei rapporti si prolunghi oltre.La disciplina della decadenza può variare in modo significativo, a seconda del tipo di diritti implicati:-se la decadenza riguarda diritti indisponibili, la disciplina della decadenza è inderogabile: le parti non possono modificarla né rinunciarvi, e il giudice deve rilevare d’ufficio;-se invece riguarda diritti disponibili l’interesse in gioco è individuale, e allora la disciplina della decadenza obbedisce a regole diverse:❖La decadenza può essere impedita anche dal riconoscimento del diritto, ad opera della parte passiva, contro cui il diritto deve farsi valere (art.2966);❖Le parti possono modificarne la disciplina;❖Il giudice non la può rilevare d’ufficio.Nel campo dei diritti disponibili, le parti interessate possono inoltre fissare d'accordo termini di decadenza non previsti dalla legge (decadenza convenzionale), però con un limite: essi non devono rendere "eccessivamente difficile" l’esercizio del diritto (art.2965).6.13. LA CIRCOLAZIONE GIURIDICA E LA TUTELA DELL’AFFIDAMENTO.I concetti di trasferimento e di acquisto dei diritti si collegano con quello di circolazione giuridica (o, come anche si dice, traffico giuridico): il fenomeno per cui i diritti, anziché rimanere fermi in capo ai titolari,si trasferiscono continuamente ad altre persone, che li acquistano.La circolazione giuridica riflette l’andamento del sistema economico, per questo gli ordinamenti moderni si preoccupano di avere norme capaci di garantire che la circolazione giuridica si sviluppi con il massimo di dinamismo, e con il minimo impaccio. Un tale obiettivo richiede di garantire la sicurezza degli acquisti, nel senso che chi acquista un diritto, deve essere sicuro dell’efficacia dell’acquisto stesso.Dunque nel sistema economico senza sicurezza non c’è dinamismo.In questa prospettiva, viene in gioco un principio fondamentale: la tutela dell’affidamento.Proteggere la sicurezza degli acquisti chiede di proteggere l’affidamento di chi acquista.6.14. LA PUBBLICITA’: FUNZIONE E TIPI.Per il migliore funzionamento delle relazioni giuridiche, è utile che determinati fatti, i quali hanno conseguenze giuridiche rilevanti, siano conosciuti da chi vi è interessato.Questa esigenza viene soddisfatta dalla legge, con la previsione di appositi mezzi di pubblicità, i quali rendono determinati fatti facilmente conoscibili da chiunque.A questo fine la legge stabilisce che determinati fatti o atti giuridici siano resi pubblici, stabilisce il modo in cui devono esserlo e stabilisce quali conseguenze derivano dal mancato rispetto di tali regole sulla pubblicità.Fra i mezzi di pubblicità definiti puntualmente dalla legge, i più importanti e diffusi hanno natura formale e documentale: si basano cioè su documenti scritti, redatti e comunicati secondo appositi schemi formali.Ma talora l’esigenza pubblicitaria si realizza in modo fattuale (per il pegno).Nell’ambito dei mezzi pubblicitari di tipo formale-documentale, può farsi una distinzione correlata ai destinatari della pubblicità, essa può essere indirizzata a un singolo destinatario, ma i mezzi di pubblicità più importanti sono destinatialla generalità dei soggetti.In questo caso si prevede la pubblicazione su quotidiani o sulla Gazzetta ufficiale,normalmente però questi mezzi consistono in registri pubblici, organizzati e tenuti da appositi uffici amministrativi, in cui l’atto viene indicato, in modo che chiunque può prenderne conoscenza mediante la consultazione dei registri stessi.Particolarmente significativa è la classificazione dei tipi di pubblicità, basato sugli effetti giuridici che conseguono all’osservanza o mancata osservanza delle regole sulla pubblicità.In relazione a questo criterio, si distinguono tre tipi di pubblicità: pubblicità notizia,dichiarativa e costitutiva.6.15. PUBBLICITA’ NOTIZIA, PUBBLICITA’ DICHIARATIVA, PUBBLICITÀ COSTITUTIVA.Si ha pubblicità notizia quando la legge impone formalità pubblicitarie per determinati atti o fatti, ma la mancanza della pubblicità non impedisce al fatto all'atto di esistere e produrre regolarmente i suoi effetti. (Pubblicazioni Matrimoniali) Anche la mancanza di pubblicità dichiarativa non impedisce l’esistenza dell’atto:l’atto esiste ed è valido, ma subisce una diminuzione dei suoi effetti.Le principali ipotesi di pubblicità appartengono a questa categoria.Ma, nell’ambito di esse, è possibile una distinzione, fondata sulla diversa rilevanza che può avere l’effettiva conoscenza dell’atto stesso da parte dei terzi:-In alcuni casi, l’osservanza della pubblicità è sufficiente a rendere l’atto efficace e opponibile verso chiunque (ad es., gli atti scritti nel registro delle imprese producono effetti, e possono essere opposti, verso tutti quanti), ma non strettamente necessaria in vista di quel risultato, perché basta dimostrare che il terzo, pur in assenza di pubblicità, conosceva effettivamente l’atto;-In altri casi, invece, l’osservanza della pubblicità è strettamente necessaria per l'efficacia dell’atto: nel senso che non è sostituibile in nessun altro modo, neppur provando che l’atto, benché non pubblicizzato, era in realtà conosciuto dal terzo(ad es., per la trascrizione nei registri immobiliari non è opponibile a determinati terzi, neppure se risulta che questi lo conoscevano perfettamente).La pubblicità costitutiva è quella alla quale si legano le conseguenze più forti.Essa è necessaria per la stessa esistenza dell’atto o della situazione giuridica, e in mancanza di questa, l’atto è come se giuridicamente non esistesse e non producono nessun effetto nei confronti di nessuno.E’ il caso della pubblicità prevista per l’ipoteca: senza iscrizione nei registri,l’ipoteca non nasce e non produce alcun effetto, neppure nei rapporti fra le parti interessate.6.16. L’APPARENZA.Al tema della pubblicità si lega quello dell’apparenza, che pure riguarda le conseguenze pubbliche della conoscenza o ignoranza di un soggetto rispetto a determinati fatti, atti o situazioni. Normalmente se uno ha una conoscenza falsa, e cioè commette un errore, nesubisce le conseguenze.Ma non sempre è così, infatti qualche volta la legge lo perdona e lo tutela, a due condizioni.La prima è che egli sia davvero soggettivamente in errore, cioè davvero pensi che le cose stiano in modo diverso da come realmente stanno: questa condizione soggettiva si chiama buona fede.La seconda è che il suo errore dipenda, e in un certo sia giustificato, da un'apparenza: cioè dall’esistenza di elementi tali da indurlo (e da indurre qualunque altra persona ragionevole che si trovi al suo posto) a commettere quell'errore, a ritenere che la situazione sia diversa da quella che in realtà è.Il principio dell’apparenza incontra un limite, relativo alla pubblicità: non puòdarsi valere alla falsa apparenza contraria alla situazione reale, quando la situazione reale risulta conoscibile in base a mezzi di pubblicità.7.9. LE PROVE, E IL PRINCIPIO DISPOSITIVO.Le prove sono i mezzi che servono a dimostrare la verità di un fatto.Per le prove nel processo civile vale il principio dispositivo, in base al quale il giudice non può andare da sé alla ricerca delle prove necessarie a formare il suo convincimento, spetta alle parti interessate fornire al giudice le prove idonee a convincerlo delle loro ragioni, e il giudice decide la lite esclusivamente in base alle prove portate dalle parti.E’ una logica conseguenza del principio della domanda, così come spetta all'interessato decidere se e come agire in giudizio,così spetta all’interessato stesso decidere quali prove offrire al giudice per convincerlo dell’esistenza del proprio diritto.7.10. L’ONERE DELLA PROVA.In base al principio dispositivo, dare la prova dei fatti vantaggiosi per sé è dunque un onere delle parti. Onere della prova significa ripartizione dell’onere della prova fra attore e convenuto.Tale ripartizione si compie secondo regole ispirate a criteri di razionalità.La regola base è che in prima battuta l’onere della prova grava sull’attore:“Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento" (art.2967,cc.1).In breve: l’attore ha l’onere di provare i fatti che sostengono la sua azione, cioè fondano il suo diritto, il convenuto ha l’onere di provare i fatti che sostengono le sue eccezioni, cioè determinano l'esistenza, l’estinzione o la modifica del diritto affermato dall’attore contro di lui.Lo schema dell’art.2967 è lo schema normale per la ripartizione dell’onere dellaprova.Ma in casi particolari le norme possono ripartire diversamente, con un'inversione dell'onere della prova, che viene sollevato da chi dovrebbe sopportare in base allo schema normale, per essere scaricato su controparte.Così le regole sull’onere funzionano, come regole per la risoluzione sostanziale della lite. Se uno ha l’onere di provare un certo fatto, e non ci riesce, egli perde la causa anche se il fatto esiste e quindi egli ha sostanzialmente ragione.Si spiega così il senso della norma che ammette i patti sull’onere della prova,con cui le parti di un rapporto modificano gli schemi legali di ripartizione dell’onere di provare i fatti rilevanti per la definizione di qualche lite relativa al rapporto stesso.Ma con due limiti:1. Che non deve trattarsi di diritti indisponibili;2. E che il patto non deve rendere per ciascuna delle parti eccessivamente difficile l’esercizio del diritto (art.2698).7.11. LE PRESUNZIONI.Il meccanismo dell’onere della prova è la chiave per comprendere il concetto di presunzione legale.“Presumere” significa dare per vero qualcosa che obiettivamente non si sa se sia vero.Quando la legge stabilisce una presunzione, ciò significa che imposta la disciplina di una situazione dando per scontata la presenza di un elemento (pur nonprovato), capace di produrre determinati effetti giuridici.La presunzione legale è il più delle volte una presunzione relativa.Ciò significa che chi vuole invocare quegli effetti giuridici è esonerato da provare l'elemento che li produce, e che normalmente spetterebbe a lui provare.E’ il controinteressato che, se vuole contrastare quegli effetti giuridici, ha l’onere di dimostrare che l’elemento presunto dalla legge in realtà non esiste.In altre parole, la presunzione determina un’ inversione dell’onere della prova.Alla presunzione relativa, che inverte l’onere della prova ma può essere neutralizzata dalla prova contraria, si contrappone la presunzione assoluta:quella nei cui confronti la legge non ammette prova contraria.Dalle presunzioni legali (relative o assolute) si distinguono le presunzioni semplici, che non sono poste da una norma bensì costituiscono una tecnica di ragionamento probatorio: sono il procedimento logico con cui, partendo da un fatto noto o provato, si arriva a considerare esistente un altro fatto,ignoto e non direttamente provato.La legge peraltro guarda alle presunzioni semplici con una certa cautela: in alcuni casi esclude la possibilità di farvi ricorso, e anche quando le ammette esige che siano“gravi, precise e concordanti” (art.2729).7.12. IL SISTEMA DELLE PROVE: PROVE DOCUMENTALI E NON DOCUMENTALI.I mezzi di prova possono classificarsi in due categorie: prove documentali e non documentali.Le prove documentali consistono in documenti scritti, sono:-L’atto pubblico;-La scrittura privata. Le prove non documentali consistono in fatti, atti, o attività di vario genere, le principali sono: -La confessione; -Il giuramento; -Prova testimoniale. 7.13. L’ATTO PUBBLICO. L’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio oaltro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato (art.2699). Esso fa piena prova di tre fatti:➔La data della sua formazione, quale risulta dall’atto;➔La sua provenienza dal pubblico ufficiale che risulta averlo formato;➔Infatti che il pubblico ufficiale afferma essere avvenuti in sua preferenza, e in particolare le dichiarazioni rese davanti a lui dalle parti, e riportate nel documento.Per smentire quanto esso prova, non è sufficiente una normale prova contraria: chi è interessato a dimostrarne la falsità ha l’onere di aprire un apposito procedimento dedicato a questo accertamento, tramite un atto che si chiama querela di falso. 7.14. LA SCRITTURA PRIVATA.La scrittura privata è ogni documento sottoscritto dal suo autore.Rispetto ad essa, il problema fondamentale è accertare la verità della sottoscrizione.Ciò può farsi in tre modi:1. Con l’autenticazione, fatta da notaio o altro pubblico ufficiale il quale attesta che la firma è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità del sottoscrivente (scrittura privata autenticata:art.2703); 2. Con il riconoscimento, che si ha quando l’autore, contro il quale la scrittura è stata prodotta in giudizio, riconoscere di averla sottoscritta;il riconoscimento può essere anche tacito, e consistere nel mancato disconoscimento della sottoscrizione (scrittura privata riconosciuta); 3. Con la verificazione giudiziale, a cui si procede quando chi appare come autore della scrittura la disconosce, e l’altra parte chiede allora al giudice di accertarne l’autenticità (scrittura privata verificata).La scrittura riconosciuta o verificata fa piena prova, fino a querela di falso, del fatto che le dichiarazioni in essa contenute provengono da chi l’ha sottoscritta: art.2702. Nei confronti dei terzi, la scrittura si considera avente data certa solo a queste condizioni:- Se la scrittura è autenticata;- In mancanza di autenticazione, dal giorno della sua eventuale registrazione a fini fiscali;- Oppure dal giorno in cui il suo contenuto è riprodotto in un atto pubblico; - Oppure dal giorno in cui si verifica un fatto rispetto al quale è assolutamente certa l’anteriorità della scrittura.La legge stabilisce a quali condizioni un telegramma può valere come scrittura privata (art.2705). 8 I SOGGETTI DEL DIRITTO (PERSONE FISICHE) 8.1. SOGGETTI DEL DIRITTO E CAPACITA’ GIURIDICA. I soggetti del diritto sono coloro che possono essere titolari di situazioni giuridiche,e che le movimentano compiendo atti giuridici.Questi soggetti possono essere di due tipi:1. Persone fisiche: ovvero individui umani 2. Organizzazioni: cioè complessi unitari di uomini e mezzi materiali. Il concetto di soggetto del diritto si lega strettamente con un’altra nozione: quella di capacità giuridica. La capacità giuridica è la capacità, riconosciuta dall’ordinamento di essere titolari di situazioni giuridiche.La mancanza di capacità si chiama incapacità, chi non ha capacità si chiama incapace.Essa è attribuita ai soggetti dalle norme, perché spetta ad esse decidere chi è soggetto del diritto e chi no.Una volta deciso a chi riconoscere la capacità giuridica, le norme possono poi decidere in quale misura riconoscerla.Possono così stabilire che determinati soggetti abbiano una capacità giuridica piena,e che cioè possano essere titolari di ogni genere di situazione giuridica, e che invece altri soggetti abbiano una capacità giuridica limitata, con la conseguenza di essere esclusi da determinate situazioni giuridiche.Le limitazioni di capacità giuridica, stabilite dalle norme, si fondano generalmente sulla considerazione che determinate qualità dei soggetti rendono inopportuno o addirittura impossibile consentire a quei soggetti la titolarità di determinate situazioni giuridiche.8.2. CAPACITÀ GIURIDICA E CAPACITÀ DI AGIRE.Dalla capacità giuridica deve distinguersi la capacità di agire, che è la capacità di determinare con la propria volontà le proprie situazioni giuridiche (acquistare o'alienare diritti, assumere obblighi).Possiamo dire dunque che la capacità di agire è la capacità di compiere atti giuridici.Il minore ha la capacità giuridica rispetto alla proprietà (può essere proprietario di beni), gli manca però la capacità di agire sui beni (non può acquistare beni).Tali atti potranno essere compiuti in base ad un meccanismo di sostituzione chiamato rappresentanza.Sta nella possibilità di sostituzione, il criterio per stabilire se, quando la legge preclude a un soggetto il compimento di un atto, si tratta di incapacità giuridica o di agire. E’ incapacità di agire se l’atto può essere compiuto, al posto dell’incapace, da un altro soggetto, in modo che i risultati dell’atto vadano all’incapace.E’ incapacità giuridica se l’incapace non può essere sostituito da nessun altro soggetto nel compimento dell’atto (matrimonio). Esempio: Un neonato può ereditare un immobile, ma non può venderlo o affittarlo perché ha solo capacità giuridica, mentre la capacità di agire si acquisisce con la maggiore età. 8.3. LA PERSONA UMANA COME SOGGETTO DEL DIRITTO.Negli ordinamenti che appartengono alla nostra civiltà ogni individuo umano è soggetto del diritto, e lo è non per necessità naturale ma per scelta del legislatore“La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita” (art.1,c.1).Per le persone umane le limitazioni della capacità giuridica possono esseredeterminate da fattori come i seguenti:➔l’età, un minore non può sposarsi;➔le condizioni psichiche, anche chi è stato ufficialmente riconosciuto comemalato di mente non può sposarsi;➔il difetto di onorabilità, derivante per lo più dall’avere riportato determinate condanne penali;➔il difetto di riconosciuta competenza professionale, chi non è iscritto in determinati albi professionali non può ricoprire certe cariche.Oggi, a differenza del passato, il sesso non è più ragione di limitazione della capacitàgiuridica, se non per aspetti molto specifici e limitati: le norme escludono adesempio che le donne possano assumere certe posizioni lavorative notevolmentefaticose o pericolose.La soggettività (capacità) giuridica esprime una potenzialità, non un’effettività.Significa che il soggetto può avere diritti, non significa che li abbia effettivamente.Ci sono però diritti di cui ciascun soggetto è senz’altro titolare fin dalla nascita inquanto strettamente connessi con la qualità di persona umana: sono i diritti della personalità. Esempio: Un neonato ha diritto a ricevere un’eredità alla nascita, ma se nasce morto, non acquisisce mai la capacità giuridica.8.4. IL NOME DELLA PERSONA.Ogni persona è identificata da un nome, che consente di individuarla nelle relazionisociali.Il nome è composto da due elementi: il prenome ( cioè il nome di battesimo) e il cognome. Il prenome è attribuito da chi fa dichiarazione di nascita della persona all'ufficiale di stato civile incaricato di riceverla.Il cognome è attribuito in relazione all’appartenenza familiare della persona.La regola del codice era che il figlio prende il cognome del padre, ma la CorteCostituzionale l’ha cancellata perché discriminatoria verso la madre e lesiva dell'identità del figlio.Adesso la regola è che i genitori concordano fra loro se il figlio prenderà il cognome del padre o quello della madre o di entrambi. La modifica del nome può avvenire solo nei casi (molto limitati) e con le procedure previste dalla legge (art.6,c.3).8.5. LA SEDE DELLA PERSONA: RESIDENZA,DOMICILIO, DIMORA.Per le esigenze della vita di relazione, è importante collegare la persona con un determinato luogo.Tale luogo infatti costituisce punto di riferimento necessario per lo svolgimento dimolti rapporti giuridici.Vi corrispondono tre diversi concetti giuridici:➔La residenza: corrisponde al luogo in cui la persona ha la dimora abituale,dunque riflette l'effettiva situazione di vita della persona.Subentra anche una situazione documentale in quanto presso ogni comune si trova un ufficio di anagrafe della popolazione residente, al quale ciascuna persona deve comunicare il luogo della propria residenza nel comune edeventuali mutamenti.Se la residenza viene trasferita presso un altro comune, la comunicazione va fatta ad entrambi i comuni.I coniugi, se non separati, hanno solitamente la medesima residenza, ovvero la residenza della famiglia.➔Il domicilio è il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.Normalmente coincide con la residenza, tuttavia ci sono dei casi in cui i dueluoghi sono separati.Il domicilio può essere suddiviso ulteriormente in tre tipologie:❖Generale: coincide con la sede principale degli affari e degli interessi di un individuo.❖Speciale: al di là del domicilio generale, una persona può stabilire anche uno speciale in relazione a determinati atti o affari.❖Legale: per alcune persone il domicilio è scelto dalla legge stessa. Per Esempio il domicilio di un minorenne coincide con la residenza della famiglia➔La dimora è il luogo in cui la persona si trova in un dato periodo, anche per una permanenza non lunga (purché non brevissima).8.6. LA CITTADINANZA.La cittadinanza è la qualità della persona, che la collega con un ordinamento giuridico statale, assoggettando alle norme che formano il diritto di quello Stato. Per questo è importante sapere come si acquista e come si perde la cittadinanza di uno Stato.In base ai criteri applicabili, può accadere che una persona si trovi a non avere la cittadinanza di nessuno Stato (è il c.d. Apolide), come può accadere che si trovi a essere contemporaneamente cittadino di due Stati diversi (doppia cittadinanza). Le modalità di acquisto e di perdita della cittadinanza italiana sono regolate dalla l.91/1992.Chi non è cittadino italiano è straniero.La condizione giuridica dello straniero è definita dall’art. 10,c.2 e dall'art.16 prel., da cui si ricava che lo straniero:➔Ha la capacità di diritto privato uguale a quella del cittadino italiano, ma solo a condizione di reciprocità, ma solo a condizione di reciprocità;➔Non ha, di regola, capacità di diritto pubblico (diritto di voto ad esempio), ma ha i diritti fondamentali e inviolabili dell’uomo (c.d. diritti umani art.2 C) che devono riconoscersi ad ogni uomo, e non solo ai cittadini. Esempio: Un lavoratore che vive a Milano ma ha la sede della sua attività professionale a Roma può avere la residenza a Milano e il domicilio a Roma. 8.7. IL SESSO. Un’importante qualità personale dei soggetti è il sesso (maschile o femminile), che al pari del nome, della residenza e della cittadinanza opera come segno di identificazione del soggetto nella vita di relazione, tant’è vero che anch’esso vieneindicato in appositi registri pubblici.Inoltre il sesso può operare come criterio per l’applicazione o la non applicazione dideterminati trattamenti giuridici, purché non irragionevolmente discriminatori.Rispetto al sesso indicato nell’atto di nascita, è possibile che sopravvenga unmutamento del sesso.Ciò può verificarsi quando il c.d. sesso psicologico non corrisponde a quelloanatomo-fisiologico.In passato non era riconosciuto dal diritto, ma la situazione è cambiata con lal.164/1982 che ammette la liceità dell’intervento chirurgico, previa autorizzazione del tribunale, il quale eseguito l’intervento emana una sentenza con cui dichiara larettificazione del sesso attribuito al soggetto.La variazione di sesso (che riguarderà anche il prenome) è registrata negli atti dellostato civile.8.8. ATTI E REGISTRI DELLO STATO CIVILE.L’esistenza di un individuo e gli elementi che lo identificano (nome, sesso ecc.) sono importanti non solo per l’individuo stesso, ma anche per la società in cui egli vive eintreccia le sue relazioni. C’è dunque l’esigenza di rendere questi elementi certi e facilmente conoscibili.Lo stato civile è lo stato della persona in quanti “civis”, cioè membro di una collettività organizzata.Gli atti dello stato civile sono appunto gli atti (documenti) che definiscono le qualità della persona, più rilevanti per la vita sociale: essi sono formati da appositi funzionari pubblici, che si chiamano ufficiali dello stato civile.Gli atti dello stato civile risultano da appositi registri - i registri dello stato civile- che sono organizzati e