Psicologia: Evoluzione di una Scienza PDF
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Questo documento presenta un'introduzione alla psicologia, esplorando le sue radici storiche e le diverse scuole di pensiero che hanno contribuito alla sua evoluzione. Il testo descrive i contributi di filosofi e scienziati del passato e analizza le principali teorie, come lo strutturalismo e il funzionalismo.
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Psicologia: evoluzione di una scienza Le radici della psicologia: il percorso storico verso una scienza della mente. La psicologia è lo studio scientifico della mente e del comportamento, con "mente" ci si riferisce alla nostra personale esperienza interiore di percezioni, pensieri, ricordi e senti...
Psicologia: evoluzione di una scienza Le radici della psicologia: il percorso storico verso una scienza della mente. La psicologia è lo studio scientifico della mente e del comportamento, con "mente" ci si riferisce alla nostra personale esperienza interiore di percezioni, pensieri, ricordi e sentimenti, che danno forma a un incessante flusso di coscienza, con "comportamento" si fa riferimento alle azioni osservabili degli esseri umani e degli animali, alle cose che facciamo nel mondo, da soli o con gli altri. Il desiderio di capire noi stessi non è nuovi, infatti pensatori come Platone e Aristotele furono tra i primi ad affrontare gli interrogativi fondamentali su come funziona la mente umana, si chiedevano se le capacità cognitive fossero innate o se venissero apprese con l'esperienza, Platone sosteneva l'innatismo quindi che certi tipi di conoscenza siano innati, Aristotele invece era un sostenitore dell'empirismo filosofico, secondo cui tutte le conoscenze acquisiscono attraverso l'esperienza. Le idee dei pensatori greci scaturivano però solo da osservazioni, intuizioni e riflessioni personali, utilizzavano quindi un approccio che non prevedeva alcun metodo di verifica per le teorie proposte, in contrasto quindi con la psicologia moderna che si basa sull'approccio scientifico. Noi sappiamo che il cervello e il corpo sono oggetti fisici e che i contenuti soggettivi della nostra mente non lo sono. Secondo il filosofo francese René Descartes (1596-1650) corpo e mente sono di natura di natura differente, il corpo è fatto di sostanza materiale, mentre la mente o anima è fatta di sostanza incorporea o spirituale, ma se mente e corpo sono diverse come fanno a comunicare? Questa domanda è alla base del dualismo, ovvero di come l'attività mentale possa accordarsi con il comportamento fisico. Il filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679) sosteneva che mente e corpo non sono affatto cose diverse, piuttosto la mente è ciò che il cervello fa. Anche Franz Joseph Gall (1758-1828) pensava che cervello e mente fossero collegati, lui esaminò i cervelli di animali e esseri umani morto di malattia oppure sani, adulti o bambini, e si accorse che l'abilità mentale spesso aumentava con l'aumentare delle dimensioni del cervello e diminuiva se il cervello aveva subito un danno, Gall sviluppò la teoria della frenologia secondo la quale specifiche abilità e caratteristiche mentali, dalla memoria alla capacità di essere felici, sono localizzate in specifiche aree del cervello. Spinse poi la teoria un po' oltre arrivando a sostenere che la dimensione delle protuberanze o delle rientranze del cranio rifletteva la dimensione delle aree cerebrali sottostanti, e che tramite la palpazione di quelle protuberanze fosse possibile stabilire la personalità di una persona, cosa poi scoperta non essere vera, la frenologia fu in breve tempo screditata. Nel mentre altri scienziati francesi cominciarono a cercare una relazione tra cervello e mente, tra questi il biologo Marie Jean Pierre Flourens (1794-1867), condusse vari esperimenti che consistevano nell'esportazione chirurgica di alcune parti del cervello di vari animali, in questo modo trovò che le loro azioni e i loro movimenti differivano da quelli degli animali con un cervello intatto. Il chirurgo francese Paul Broca ( 1825-1880) lavorò con un paziente che aveva subito una lesione in una parte del lato sinistro del cervello (ora chiamata area di Broca), il paziente era incapace di parlare, riusciva ad articolare un'unica sillaba "tan" capiva però tutto quello che gli veniva detto e rispondeva a gesti, Broca capì così che il danno subito in una specifica zona del cervello compromettesse una specifica funzione. Nella metà del XIX secolo la psicologia fece grandi passi avanti grazie all'avvento della fisiologia, lo studio dei processi biologici, in particolare, del corpo umano. I fisiologi avevano sviluppato dei metodi che consentivano di misurare cose come la velocità degli impulsi nevosi, e alcuni li avevano utilizzati per misurare le capacità mentali. Hermann von Helmholtz (1821-1894) aveva sviluppato un metodo con cui misurava la velocità degli impulsi nervosi nella zampa di rana, e che in seguito adattò agli esseri umani, ai partecipanti del suo esperimento venivano colpiti da uno stimolo, cioè un input sensoriale proveniente dall'ambiente, somministrato lo stimolo veniva registrato il tempo di reazione dei partecipanti, ovvero la quantità di tempo che impiegavano a rispondere a uno specifico stimolo, in questo modo scoprì che quando stimolava l'alluce il tempo di reazione era generalmente più lungo rispetto a quando stimolava la coscia, e capì che i due tempi di reazione gli permettessero di valutare il tempo necessario perché un impulso nervoso arrivasse al cervello, lui dimostrò quindi che non era vero che i processi neurologici sottostanti agli eventi mentali fossero istantanei. L'assistente di Helmholtz, Wilhelm Wundt riteneva che la psicologia scientifica dovesse concentrarsi sull'analisi della coscienza, l'esperienza soggettiva che ogni persona fa del mondo e della mente, Wundt sviluppò un approccio che fu poi detto strutturalismo, ossia l'analisi degli elementi fondamentali che costituiscono la mente, questo approccio consisteva nello scomporre la coscienza in sensazioni ed emozioni elementari. Wundt cercò di analizzare la coscienza tramite l'introspezione, che implica l'osservazione soggettiva della propria esperienza personale, in un tipico esperimento presentava agli osservatori uno stimolo e poi si chiedeva a loro di riferire le proprie introspezioni, dovevano riferire la loro esperienza personale senza fornire interpretazioni. Wundt cercò anche di descrivere le sensazioni associate alle percezioni elementari, per esempio, nell'ascoltare i battiti di un metronomo alcune serie di suoni risultavano più piacevoli di altre, analizzano il rapporto tra emozioni e sensazioni percettive sperava di svelare la struttura dell'esperienza cosciente, cercò inoltre di ottenere stime Psicologia generale e cognitiva Pagina 1 sensazioni percettive sperava di svelare la struttura dell'esperienza cosciente, cercò inoltre di ottenere stime oggettive dei processi di coscienza misurando i tempi di reazione, iniziò a indagare la distinzione tra percezione e interpretazione di uno stimolo, i partecipanti dei suoi esperimenti venivano istruiti a premere un pulsante non appena udivano un certo suono, ma mentre ad alcuni veniva detto di concentrarsi sulla percezione del suono prima di schiacciare il pulsante, gli altri dovevano concentrarsi solo sul premere il pulsante, i soggetti che dovettero concentrarsi sul suono ebbero dei risultati peggiori rispetto all'altro gruppo, entrambi i gruppi dovevano registrare il suono al livello di coscienza (percezione) ma solo i partecipanti più lenti dovettero anche interpretare il suono, gli esperimenti di Wundt lanciarono la psicologia come scienza indipendente e influenzarono lo psicologo Edward Titchener che la portò nel Nord America. L'approccio strutturalista divenne gradualmente sempre meno influente, la ragione si trova nel mondo introspettivo, infatti la scienza richiede osservazioni replicabili, purtroppo però anche degli osservatori ben addestrati fornivano spesso analisi introspettive contraddittorie dalle loro esperienze coscienti, cosa che rendeva difficile per gli psicologi mettersi d'accordo sigli elementi fondamentali dell'esperienza cosciente, alcuni mettevano in dubbio fosse possibile tramite la sola introspezione arrivare a identificare tali elementi, tra questi c'era William James (1842-1910). James era d'accordo con Wundt su alcuni punti, come l'importanza di concentrare l'esame sull'esperienza immediata e l'utilità dell'introspezione, ma dissentiva sulla suo poter scomporre la coscienza in parti elementari separate, secondo James cercare di isolare un momento particolare della coscienza per poi analizzarlo voleva dire distorcere la natura della coscienza. Per James la coscienza era più simile a un flusso continuo che non a un fascio di componenti distinte, decise così di affrontare la psicologia da un'altra prospettiva e sviluppò il funzionalismo, ossia lo studio di come i processi mentali consentano alle persone di adattarsi al proprio ambiente, quindi mentre lo strutturalismo esaminava la struttura dei processi mentali, il funzionalismo si proponeva di individuare quali funzioni svolgessero quei processi. Il pensiero di James fu influenzato da Charles Darwin che proponeva il principio della selezione naturale, secondo cui le caratteristiche utili alla sopravvivenza e alla riproduzione dei singoli membri di una specie hanno maggiori probabilità, rispetto ad altre caratteristiche, di essere trasmesse alle generazioni successive, considerato questo James rifletté sul fatto che anche le abilità mentali devono essersi evolute in quanto adattive. La psicologia funzionalista di James attrasse numerosi seguaci, tra questi G. Stanley Hall (1844-1924), lui si concentrò sull'età evolutiva e sull'educazione e fu influenzato dal pensiero evoluzionista, secondo Hall durante lo sviluppo i bambini passano attraverso fasi che ricapitolano la storia evolutiva del genere umano, quindi le capacità mentali di un bambino piccolo sono simili a quelle dei nostri progenitori. l'intenza attività di James e di Hall creò le condizioni perché il funzionalismo diventasse una delle più importanti scuole del pensiero psicologico del Nord America. Lo sviluppo della psicologia clinica Nello stesso periodo alcuni psicologi svolgevano le loro attività all'interno di ospedali e iniziarono a studiare le persone con disturbi psicologici, si resero conto che il modo migliore per capire come una cosa funziona è esaminarla quando si guasta, le loro osservazioni sui disturbi mentali furono determinanti per lo sviluppo della psicologia clinica. I medici francesi Jean-Martin Charcot (1825-1893) e Pierre Janet (1859-1947) registrarono dati sorprendenti osservando pazienti che presentavano una condizione di isteria, caratterizzata dalla perdita momentanea delle funzioni cognitive o motorie, di solito in seguito a esperienze emotivamente sconvolgenti, quando questi pazienti si trovavano in uno stato di trance attraverso l'ipnosi i loro sintomi scomparivano (cecità, perdita di memoria…) ma tornavano una volta usciti dallo stato di trance non avevano alcun ricordo di quanto era accaduto durante l'ipnosi e presentavano gli stessi sintomi, questi esperimenti suggeriscono che il cervello possa creare molti sé consci ma inconsapevoli dell'esistenza dell'altro, questo accese l'immaginazione di Sigmund Freud (1856-1939). Freud lavorò con Joseph Breuer su pazienti isterici e sviluppò le sue teorie per spiegare sintomi e comportamenti, teorizzò che all'origine di molti problemi dei suoi pazienti vi fossero esperienze infantili dolorose che la persona non riusciva a ricordare, e si convinse che il potente influsso esercitato da questi ricordi in apparenza perduti rivelava l'esistenza di una mente inconscia. Secondo Freud l'inconscio è la parte della mente che opera al di fuori della consapevolezza cosciente e tuttavia influenza le azioni, i pensieri e i sentimenti consci, in base a questo elaborò la teoria psicoanalitica, un approccio che sottolinea l'importanza dei processi mentali inconsci nel plasmare sentimenti, pensieri e comportamenti, secondo questa teoria è importante far riemergere quelle prime esperienze emettere in luce le ansie, i conflitti e i desideri inconsci della persona, sulla sua teoria sviluppò una terapia, la psicoanalisi la quale ha come scopo quello di far emergere il materiale e portarlo al livello della consapevolezza cosciente, così da chiarire i disturbi psicologici che affliggono il paziente, i pazienti riportavano alla memoria esperienze passate e riferivano sogni e fantasie, servendosi delle teorizzazioni di Freud gli psicoanalisti interpretavano quello che i pazienti dicevano. La teoria psicoanalitica suscitò molte controversie, in quanto sosteneva che per comprendere pensieri, emozioni e comportamenti di una persona si dovessero esplorare le sue prime esperienze sessuali e i suoi desideri sessuali Psicologia generale e cognitiva Pagina 2 comportamenti di una persona si dovessero esplorare le sue prime esperienze sessuali e i suoi desideri sessuali inconsci, temi ritenuti a quel tempo troppo scabrosi per essere oggetto di dibattito scientifico. Per Freud le persone erano ostaggi di esperienze infantili dimenticate e di impulsi sessuali primitivi, e il pessimismo intrinseco a tale visione risultava frustrante per quegli psicologi che della natura umana avevano una visione più ottimistica, si iniziarono a dubitare molti aspetti delle teorie Freudiane. Fu allora che psicologi come Abraham Maslow (1908-1970) e Carl Rogers (1902-1987) divennero i capofila del movimento detto psicologia umanistica, un approccio alla comprensione della natura umana che attribuisce importanza soprattutto alle potenzialità positive delle persone, al centro dell'attenzione degli psicologi umanisti vi erano le aspirazioni più elevate delle singole persone, vedevano le persone come liberi agenti dotati di un bisogno innato di evolversi, crescere e realizzare a pieno il proprio potenziale. La ricerca di misure oggettive: il comportamentismo occupa la scena Le scuole di pensiero degli inizi del XX secolo, lo strutturalismo, il funzionalismo, la psicoanalisi differivano tra loro in modo sostanziale, ma condividevano un aspetto importante ciascun approccio cercava di capire il funzionamento profondo della mente esaminandone i contenuti coscienti, oppure cercando di far affiorare materiale in precedenza inconscio, in ciascun caso si rivelò difficile stabilire con certezza che cosa avvenisse nella mente delle persone, data l'inaffidabilità della metodologia. Nacque così un nuovo approccio, il comportamentismo, affermava che gli psicologi dovevano limitarsi allo studio scientifico del comportamento oggettivamente osservabile, il comportamentismo rappresentò un drastico cambiamento di rotta rispetto alle scuole di pensiero precedenti. John Broadus Watson (1878-1958) riteneva che l'esperienza individuale fosse troppo vaga e soggettiva per costituire l'oggetto adeguato dell'indagine scientifica, secondo Watson, la scienza richiedeva misurazioni oggettive e replicabili di fenomeni accessibili a qualunque osservatore, e i metodi introspettivi di strutturalisti e funzionalisti erano troppo soggettive per rispondere a quei requisiti, lui propose che gli psicologi concentrassero il loro lavoro sullo studio del comportamentismo, cioè su quello che le persone fanno, perché il comportamento è osservabile da chiunque e può essere misurato in maniera oggettiva. Per Watson la psicologia scientifica doveva avere l'obbiettivo di prevedere e controllare il comportamento in modi che fossero utili e vantaggiosi per la società. Watson studiò il comportamento degli animali e studiò la loro mente, anche altri specialisti del comportamento animale presero posizioni nette, Floy Washburn (1871-1939) arrivò a concludere che gli animali avevano esperienze mentali consapevoli del tutto simili a quelle umane, Watson reagì dicendo che era impossibile interrogare i piccioni sulle loro esperienze interiori, sulla mente, bisognava basarsi solo sul comportamento e anche quindi lo studio dell'uomo non doveva basarsi sulla mente ma sul suo comportamento, Watson fu influenzato dal filosofo russo Ivan Pavlov (1849-1936), autore di una ricerca sulla fisiologia della digestione, notò un dato interessante sui cani che stava studiando, gli animali salivavano non solo alla vista del cibo, ma anche nel vedere gli inservienti che portavano loro da mangiare, allora Pavlov sviluppò una procedura in cui, ogni volta che si dava da mangiare ai cani loro udivano un certo suono, dopo qualche tempo gli animali iniziarono a salivare al solo udire il suono, nel suo esperimento il suono fungeva da stimolo, un input sensoriale proveniente dall'ambiente, capace di influenzare la salivazione dei cani, che costituiva la risposta, un'azione o una modificazione fisiologica evocata dallo stimolo, questi due concetti divennero per i comportamentismi gli elementi su cui fondare le loro teorie. Watson applicò queste tecniche su dei bambini piccoli insieme alla sua assistente, insegnarono a un bambino, Albert, ad avere paura di un ratto bianco che in precedenza non gli suscitava alcun timore, questo perché riteneva che il comportamento umano fosse fortemente influenzato dall'ambiente e gli esperimenti condotti sul bambino gli permise di capire che tale influenza si esercita fin dalle prime fasi di vita. Burrhus Frederic Skinner (1904-1990) cominciò a elaborare un nuovo genere di comportamentismo, a differenza di Pavlov considerò che gli animali non si limitano a stare fermi ma agiscono sugli ambienti in cui vivono mossi da vari bisogni, Skinner si chiese se fosse possibile sviluppare dei principi comportamentali in grado di spiegare in che modo gli animali apprendono ad agire in quelle situazioni, costituì un dispositivo, la camera di condizionamento, una gabbia dotata di una leva e un vassoio per il cibo, premendo la leva, un ratto affamato poteva ottenere il rilascio di una pallina di cibo nel vassoio, il ratto appena entrato nella gabbia arrivava per caso a premere la leva, in seguito a questo fatto si poteva osservare un aumento del numero di volte che il ratto esercitava pressione sulla leva, Skinner dimostrò così il principio del rinforzo, secondo cui le conseguenze di un comportamento determinano le sue maggiori o minori probabilità di essere prodotto di nuovo, fece lo stesso esperimento su dei bambini utilizzando macchine di insegnamento, che partivano da domande facili se il bambino rispondeva correttamente si passava alla domanda successiva più complicata, Skinner si accorse che la soddisfazione di sapere di aver dato la risposta corretta avrebbe avuto la funzione di rinforzo e avrebbe aiutato gli alunni a imparare. Skinner espose poi la sua visione di una società utopistica in cui il comportamento è controllato dall'accorta applicazione del principio di rinforzo, avanzò l'idea che la nostra sensazione soggettiva di libera volontà non è che un'illusione, e che quando pensiamo di esercitare il nostro libero volere in realtà non facciamo altro che produrre Psicologia generale e cognitiva Pagina 3 un'illusione, e che quando pensiamo di esercitare il nostro libero volere in realtà non facciamo altro che produrre risposte sulla base di modelli di rinforzo passati, in questo Skinner riecheggiava il pensiero del filosofo Spinoza che affermava "gli uomini si ingannano credendosi liberi, una credenza che si riduce a questo: che sono consapevoli delle proprie azioni e ignoranti delle cause che le determinano. Skinner sostenne chele sue intuizioni potevano servire a risolvere i problemi della società e accrescere il benessere sociale. Il ritorno della mente: la psicologia si espande Il comportamentismo non avrebbe dominato la scena ancora a lungo, perché non permetteva agli psicologi di misurare, prevedere e controllare il comportamento, ignorava i processi mentali e si ritrovò incapace di spiegare fenomeni mentali e non teneva conto della storia evolutiva degli organismi che studiava. Per questo motivo nacque la psicologia cognitiva, che concentrava la ricerca su processi mentali o cognitivi come la percezione, la memoria, l'esperienza soggettiva, l'attenzione e il linguaggio. Lo psicologo tedesco Max Wertheimer (1880-1943) si concentrò sullo studio delle illusioni, cioè quegli errori di percezione, di memoria o di giudizio in cui l'esperienza soggettiva e la realtà oggettiva differiscono, in uno dei suoi esperimenti Wertheimer mostrava al soggetto due luci lampeggianti una dopo l'altra, una luce lampeggiava attraverso una fessura verticale, l'altra attraverso una fessura diagonale, quando l'intervallo di tempo tra i due lampi di luce era relativamente lungo, l'osservatore vede due luci che lampeggiavano alternate, ma quando l'intervallo tra i due stimoli veniva ridotto, l'osservatore vedeva un'unica luce muoversi avanti e indietro, secondo Wertheimer il movimento percepito non si poteva spiegare tramite i due elementi distinti che sono all'origine dell'illusione , ma piuttosto con il fatto che il lampo di luce mobile viene percepito come un tutt'uno anziché come somma delle due parti, questo insieme unitario, detto Gestalt, costituisce l'esperienza percettiva, l'interpretazione dell'illusione fu il punto di partenza per lo sviluppo della psicologia della Gestalt, un approccio psicologico che mette in evidenza come spesso percepiamo l'intero anziché la somma delle parti, la mente impone quindi un organizzazione a quello che percepisce. Un altro studioso che condusse ricerche sulla mente fu Sir Frederic Bartlett (1886-1969), uno psicologo interessato alla memoria, lui non era soddisfatto degli esperimenti fatti fino ad allora sulla memoria in particolare sugli esperimenti di Hermann Ebbinghaus, fungendo lui stesso da soggetto della ricerca, cercò di scoprire in quanto tempo e con quanta precisione una persona sarebbe stata in grado di memorizzare informazioni prive di significato, Bartlett invece riteneva fosse più importante esaminare la memoria rispetto al tipo di informazioni che le persone incontrano nella vita di tutti i giorni, chiese così ai soggetti di leggere e ricordare delle storie per poi analizzare quali errori commettevano nel cercare di ricordarle, così scoprì che le persone ricordavano spesso quello che sarebbe dovuto succedere, o che si aspettavano succedesse piuttosto che quello che era davvero successo, questi errori indussero Bartlett a ipotizzare che la memoria non fosse una riproduzione fotografica delle esperienze passate, e che i nostri tentativi di ricordare il passato siano fortemente influenzati dai contenuti nella nostra mente. Jean Piaget (1896-1980) fu uno psicologo svizzero che si dedicò allo studio degli errori percettivi e cognitivi dei bambini, allo scopo di chiarire la natura e lo sviluppo della mente umana, secondo lui i bambini più piccoli mancano di una particolare abilità cognitiva, la quale consente ai bambini di capire che la massa di un oggetto resta costante anche se viene suddivisa in parti più piccole. Altro pioniere dello studio della mente fu Kurt Lewin (1890-1947), affermò che è possibile prevedere il comportamento di una persona nella vita reale se si conosce la sua esperienza soggettiva del mondo, si rese conto che non era lo stimolo, ma piuttosto l'interpretazione (construal) che la persona dava dello stimolo, a determinare il suo successivo comportamento, un pizzicotto sulla guancia può risultare piacevole o spiacevole a seconda di chi lo dà e in quali circostanze. L'avvento del computer ebbe un grande impatto anche nella ricerca psicologica, il computer come il cervello registra, archivia e recupera informazioni, per questo motivo ci si chiese se potesse essere utile come modelle della mente umana, l'emergere del computer fece riemergere l'interessamento per i processi mentali e diede origine a un nuovo approccio, la psicologia cognitiva, ovvero lo studio scientifico dei processi mentali, comprendenti la percezione, il pensiero, la memoria e il ragionamento. Lo psicologo Donald Broadbent (1926-1993) fu tra i primi a studiare cosa accade quando si cerca di prestare attenzione a più cose nello stesso momento, e si accorse che la capacità limitata nel gestire il flusso di informazioni in ingresso è una caratteristica fondamentale della cognizione umana, e questo limite poteva spiegare gli errori di molte persone, nello stesso periodo George Miller rilevò che i limiti della capacità mentale restavano straordinariamente costanti in situazioni diverse, è possibile infatti prestare attenzione e trattenere in memoria per breve tempo solo 7 pezzi di informazione, gli psicologi cognitivi iniziarono a condurre esperimenti e a elaborare teorie per comprendere questi limiti della capacità mentale. All'emergere della psicologia cognitiva contribuì la pubblicazione di un libro di Skinner che proponeva un'analisi comportamentista del linguaggio, un linguista Noam Chomsky si scagliò contro questo libro, sostenne che l'insistenza sul comportamento osservabile aveva fatto perdere di vista a Skinner alcuni aspetti importanti del linguaggio, secondo lui il linguaggio si basa su regole mentali che ci consentono di comprendere e produrre parole Psicologia generale e cognitiva Pagina 4 linguaggio, secondo lui il linguaggio si basa su regole mentali che ci consentono di comprendere e produrre parole e frasi nuove e non sul comportamentismo e le tecniche del rinforzo, un bambino non impara ad usare il linguaggio grazie al rinforzo. Karl Lashley (1890-1958) condusse una serie di esperimenti in cui addestrava dei ratti a percorrere un labirinto e dopo aver rimosso delle parti diverse del cervello rimisurava la capacità dei ratti nel percorre il labirinto, sperava di riuscire in questo modo a individuare l'esatta area cerebrale in cui ha sede l'apprendimento, risultò però che maggiore era l'area cerebrale asportata, maggiori erano le difficolta del ratto a percorrere il labirinto, grazie a questo e altri lavori nacque la psicologia fisiologica evoluta poi nelle attuali neuroscienze del comportamento, un approccio che collega i processi psicologici alle attività del sistema nervoso e ad altri processi organici, per chiarire i rapporti tra cervello e comportamento gli studiosi di neuroscienze comportamentali osservano le risposte degli animali mentre eseguono compiti appositamente progettati, i neuroscienziati possono registrare le risposte elettriche o chimiche del cervello mentre esegue il compito, oppure rimuovere parti del cervello e vedere come ciò influisce sull'animale. Per studiare il cervello umano gli psicologi devono utilizzare ai difetti congeniti, incidenti e malattie che sono spesso la causa di danni a particolari regioni del cervello, e se tali danni compromettono una specifica abilità mentale allora gli psicologi ne deducono che quella regione è coinvolta in quella abilità. Sul finire del XX secolo nuove conquiste tecnologiche hanno portato allo sviluppo di tecniche non invasive di visualizzazione cerebrale (neuroimaging) grazie alle quali è divenuto possibile osservare ciò che accade nel cervello di una persona quando è impegnata in compiti comuni, questo è il campo delle neuroscienze cognitive, il campo di ricerca che tenta di comprendere i nessi tra i processi cognitivi e attività cerebrale. Comincerà a nascere poi un nuovo indirizzo della psicologia, la psicologia evoluzionistica, spiega la mente e il comportamento in termini di valore adattivo delle abilità conservate nel corso del tempo ad opera della selezione naturale, affonda le sue radici nella teoria dell'evoluzione per selezione naturale di Darwin. Gli psicologi evoluzionisti pensano che la mente umana sia un insieme di moduli specializzati, atti a risolvere i problemi che i nostri antenati hanno affrontato per milioni di anni, secondo gli evoluzionisti il cervello è un computer bravo a fare alcune cose e tutte le altre non farle affatto e che si basa sulle precedenti cose che il cervello ha avuto bisogno di fare. Oltre l'individuo: la psicologia sociale e quella culturale Gli psicologi non perdono mai di vista che gli esseri umani sono animali sociali, le due aree della psicologia che hanno maggiormente sottolineato questo aspetto sono la psicologia sociale e la psicologia culturale. La psicologia sociale è lo studio delle cause e delle conseguenze della socialità, gli storici fanno risalire la nascita della psicologia sociale a un esperimento condotto nel 1895 da Norman Triplett, il quale notò che i ciclisti pedalavano più in fretta quando correvano insieme agli altri e fece un esperimento sui bambini e dimostrò che i bambini riavvolgevano più velocemente sul mulinello le loro lenze da pesca se osservati da altri bambini, Triplett dimostrò così che la semplice presenza di altre persone può influenzare la prestazione persino nei compiti più banali. Lo psicologo Kurt Lewin adottò il linguaggio della fisica del tempo per proporre una "teoria del campo", che considerava il comportamento sociale come il prodotto di "forze interne", come la personalità, gli obbiettivi e le convinzioni personali ,e di "forze esterne", come la pressione sociale e la cultura di appartenenza, mentre lo psicologo Solomon Asch si dedicò a indagare con esperimenti di laboratorio quella "chimica mentale" che ci permette di combinare poche e frammentarie informazioni su una persona in un'impressione generale della sua personalità. Il crescere del movimento per i diritti civili in USA spinse Gordon Allport (1897-1967) a studiare la formazione degli stereotipi, il pregiudizio e il razzismo, suggerendo che il pregiudizio è il risultato di un errore percettivo, come un'illusione ottica, secondo Allport in questi fenomeni va ravvisato l'intervento di un errore mentale, gli stessi processi percettivi che ci consentono di categorizzare in maniera efficiente gli elementi del nostro mondo sociale e fisico ci portano anche a categorizzare erroneamente interi gruppi di persone. Nella specie umana esiste una notevole diversità per quello che riguarda pratiche sociali, usanze e modi di vivere, il termine "cultura" fa riferimento ai valori, alle tradizioni e alle credenze condivise da un particolare gruppo di persone è possibile definire le culture in base alla nazionalità, l'età, genere, religione, occupazione, orientamento sessuale. La psicologia culturale è lo studio del modo in cui le culture rispecchiano e plasmano i processi psicologici dei loro appartenenti, gli psicologi culturali studiano una grande gamma di fenomeni, che spazia dalla percezione visiva all'interazione sociale, cercando di individuare quali fenomeni abbiano un carattere universale e quali presentino variazioni da luogo a luogo. Uno dei primi psicologi a prestare attenzione all'influenza della cultura fu Wilheim Wundt, riteneva che per essere completo, l'approccio psicologico avrebbe dovuto unire gli studi di laboratorio a un'ampia visione culturale, ma le idee di Wundt non suscitarono grande interesse. La psicologia culturale iniziò ad affermarsi come branca importante solo negli anni ottanta e novanta del XX Psicologia generale e cognitiva Pagina 5 La psicologia culturale iniziò ad affermarsi come branca importante solo negli anni ottanta e novanta del XX secolo, con la formazione di due correnti estreme, l'assolutismo, afferma che la cultura incide poco o nulla sulla maggior parte dei fenomeni psicologici, l'onestà è l'onestà e la depressione è la depressione in qualunque luogo ti trovi, e la corrente del relativismo, sostiene che i fenomeni psicologici tendono a variare notevolmente da una cultura all'altra e che dovrebbero esseri presi in considerazione solo nel contesto di una cultura specifica, anche se la depressione si trova in ogni cultura questa varia da luogo a luogo, nelle culture occidentali si tende a dare maggior peso ai sintomi cognitivi come alla disistima di sé, mentre nelle culture orientali assumono maggiore rilevanza i sintomi corporei, come la stanchezza e i dolori fisici. La maggioranza degli psicologi culturali si colloca tra questi due estremi, la maggioranza dei fenomeni psicologici può subire l'influsso della cultura d'appartenenza, ma mentre alcuni ne sono completamente determinati, altri sembrano esserne del tutto indipendenti, è probabile che i fenomeni più universali siano quelli strettamente associati agli aspetti biologici condivisi da tutti gli esseri umani, Invece i fenomeni meno universali sono probabilmente quelli radicati nella variegata molteplicità delle pratiche di socializzazione sviluppate dalle diverse culture. L'unico modo per stabilire se un fenomeno sia variabile o costante nelle diverse culture è quello di condurre una ricerca in grado di indagare su queste possibilità, ossia quello che fanno gli psicologi culturali. Psicologia generale e cognitiva Pagina 6