STORIA DELLA PSICOLOGIA PDF

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Questo documento spiega la storia della psicologia, delineando le principali scuole di pensiero, come lo strutturalismo, il funzionalismo, la Gestalt, la psicoanalisi e il comportamentismo. Il documento traccia l'evoluzione della disciplina, dai primi tentativi di introspezione alla ricerca di metodi scientifici per studiare il comportamento umano. Analizza le figure chiave nel processo di sviluppo della psicologia come scienza.

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10/10/2024 STORIA DELLA PSICOLOGIA La PSICOLOGIA: disciplina che studia il comportamento per definizione umana ma studia anche l'essere umano con tutte le sue caratteristiche. Lo studio della psicologia in realtà nasce anni e anni fa rispondendo all\'esigenza tipica della nostra specie di simboliz...

10/10/2024 STORIA DELLA PSICOLOGIA La PSICOLOGIA: disciplina che studia il comportamento per definizione umana ma studia anche l'essere umano con tutte le sue caratteristiche. Lo studio della psicologia in realtà nasce anni e anni fa rispondendo all\'esigenza tipica della nostra specie di simbolizzazione, ovvero la capacità umana (a differenza degli animali) di manipolare dei concetti che sono astratti. La psicologia per alcuni è come una branca,una conseguenza della filosofia e indubbiamente all'inizio lo era perché si parla di aspetti astratti. Ma a un certo punto cominciarono ad occuparsi dell'uomo allontanandosi da quelli che sono gli aspetti fisiologici, gli aspetti organici, gli aspetti corporei iniziando ad occuparsi di anima analizzando la mente. Tutto avveniva attraverso l'introspezione ovvero l'autoesame del soggetto, oppure attraverso le opere (a posteriori naturalmente), pensando che si potessero definire alcune caratteristiche dell'individuo. Tuttavia l\'introspezione non era la strada giusta da seguire, perché essa dipende dall'attenzione e la focalizzazione cambia le caratteristiche (ad es. la gestione della Mindfulness dei propri ritmi corporei e organici). Con i "prodotti della mente" non si hanno risultati certi, oggettivi, i quali vengono usati molto da Freud che prendeva i sogni scritti di persone decedute e provava a ricostruire le caratteristiche ma di reale ed oggettivo c'è poco. Si è cercato di delineare una disciplina diversa che si basasse sul metodo scientifico, per avere credibilità. Come è avvenuto ciò? Inizialmente si è pensato di osservare e misurare la testa (il cervello) cercando di localizzare alcune strutture e soprattutto che dipendevano dalla forma del nostro cervello e viene definita la frenologia, ha causato i peggiori danni che ci sono stati nella neuroscienza, però ha dato l'input alla possibilità di misurare il cervello, la mente, le attività umane. Il punto di connessione tra la psicologia fondata sulla filosofia e quella fondata sulla scienza è la capacità di misurare oggettivamente i nostri comportamenti, che è la base della fisiologia, senza la sua scoperta e il suo studio probabilmente non saremmo qui a parlare di psicologia come scienza o neuroscienze. La risposta fisiologica è mediante i riflessi e l'attività elettrica che dall'esterno viene interiorizzata. Nel 1852 con Helmholtz ci si chiede se sia possibile misurare la risposta elettrica. Fece un esperimento: attacca al nervo sciatico di una rana un conduttore e manda un impulso nella parte più distale misurando il tempo di percorrenza dalla parte più distale alla parte iniziale e si è accorto che il tempo era più o meno lo stesso. Fu la prima volta in cui si riuscì a misurare una risposta fisiologica. Si è iniziato a pensare di poter misurare anche la risposta comportamentale. Ci furono una serie di dibattiti, di studi e soprattutto con uno studioso, Donders il quale riprende gli studi di Von Helmholtz ma lo critica nel metodo perché era convinto che per studiare la mente e il comportamento non bisogna basarsi solo sulla fisiologia ma serve misurare la cronometria mentale, ossia il processo mentale di per sé. Esperimento: inizia a parlare di tempi di reazione a determinati stimoli, presentandoli a dei partecipanti scelti, poi misura il tempo per lui di acquisizione e la risposta allo stimolo. Lui presenta una situazione di questo tipo: con un foglio bianco chiedendo alla persona di focalizzarsi. Poi fa comparire uno stimolo, di qualsiasi tipo, è irrilevante e misurava il tempo di risposta tra la presentazione dello stimolo e quella che poi era definita la capacità del soggetto di mentalizzare e percepirlo. Lui chiedeva di fare un segno, fare un fischio, dire qualcosa, nel momento in cui il soggetto percepiva lo stimolo. Faceva partire il cronometro, nel momento in cui il soggetto rispondeva: "l'ho visto, eccolo, c'è uno stimolo di un certo tipo" lui misurava quel tempo in millisecondi e quello era il tempo di elaborazione del nostro cervello di uno stimolo, iniziò a complessizzare la misura. Lui aveva misurato quello che in psicologia classica viene definito "tempo di detenzione di uno stimolo" lui però sostiene che "noi non siamo così semplici e banali, non possiamo solo vederlo visivamente lo stimolo, percepirlo e interiorizzarlo, ma dobbiamo riconoscere uno stimolo fra tanti o diversi stimoli". Esperimento: simile al primo ma in più chiedeva di premere solo nel momento in cui lo stimolo aveva determinate caratteristiche, in questo caso lo stimolo doveva essere verde, una palla verde; e quindi nel momento in cui lo stimolo era diverso (in questo caso la palla rossa), quella persona non doveva rispondere. Che cosa misurava? La capacità non solo di percepire lo stimolo, ma anche la capacità di riconoscerlo tra tanti stimoli e il,quale ha permesso di dare un inizio, un imput in misura dei comportamenti dell'uomo, molto fallace, molto approssimativo, però la cosa importante è che ha determinato la possibilità di farlo. Da Donders in poi si è capito che in qualche modo, inventandosi qualcosa, il comportamento umano poteva essere misurato. E poi nel frattempo nascevano diversi studi e diversi laboratori che provavano a delineare quello che era il tema principale della psicologia dell'epoca, il rapporto tra anima e corpo. Il primo che ci riuscì fu Wundt e da qui in poi si inizia a parlare sul serio di psicologia. Wundt nel 1879 creò il primo laboratorio di psicologia fisiologica a Lipsia che si occupava di riflessi, sensazioni e risposta corporea anche attraverso l'introspezione. Inizia a calcolare attraverso misure elettrofisiologiche le misure immediate del comportamento umano, quindi riflessi, risposta a compiti cognitivi, risposta a discriminazione di segnali, in maniera molto lenta. Tuttavia alla domanda di base della psicologia dell'epoca ovvero che relazione c'è tra mente e corpo non si riusciva a rispondere. Perché se io mi focalizzo solo sui riflessi io riesco a misurarlo in maniera fantastica e favolosa, però quel riflesso è un'osservazione, una risposta comportamentale che non mi dice nulla del sistema complesso "mente" che ha l'uomo, non mi dice nulla di quelli che vengono definiti come "atti di coscienza", "atti di consapevolezza" propri e di quelli altrui. Si delinearono diverse strade all'interno della psicologia, che studiavano aspetti diversi dell'uomo. Il problema è che si passa da una disciplina unitaria a una disciplina frammentaria che anche se studia un solo aspetto dell'uomo,non riuscirà ad arrivare all\'integrità dell'uomo in quanto tale. Uno dei primi gruppi fu Il Funzionalismo il quale voleva spiegare il modo in cui l'individuo si adatta all'ambiente, quindi la funzionalità dell'individuo; partiva dal presupposto che noi in quanto uomini siamo semplici: abbiamo uno stimolo che ci motiva a fare qualcosa e abbiamo una risposta; quindi noi funzioniamo all'interno dell'ambiente in un determinato modo, in base a stimoli, motivazioni e risposte. Ciò che interessava a loro era come l'essere umano si adattasse e quanto potessimo essere funzionali nell'ambiente. (dagli studi di Darwin) Lo studio della Gestalt. Nasce nel 1912 da Wertheimer e si focalizza sullo stimolo anche esso, ovvero dà ragione allo strutturalismo e dice: è vero che noi siamo in un ambiente il quale è ricco di stimoli, solo che di motivazione e di risposta non importa, si ferma prima, vuole capire come l'essere umano percepisce lo stimolo e come da quella percezione si arriva al pensiero. E loro fecero questo banalmente: si iniziano a occupare di percezione e di come noi percepiamo l'ambiente che ci circonda e ad oggi restano - dal 1912 ad oggi - le teorie più valide sulla percezione funzionalista. La Gestalt è alla base delle illusioni ottiche, di giochi mentali. Si capisce per la prima volta che la caratteristica dello stimolo esterno all'interno del nostro cervello fa qualcosa per modificarsi e per creare qualcosa che nella realtà non esiste, è diverso. Il triangolo bianco al centro, come la lettura di tutte le altre immagini, non esiste nella realtà, esistono nel nostro cervello ed è il nostro sistema visivo, il nostro percetto che le delinea come tali. La Gestalt è trattata ovunque, chiarissima ovunque ed è importante perché se il Funzionalismo è stato in qualche modo superato, la Gestalt no, è lì e tale resta; la percezione ancora oggi segue i principi della Gestalt, il bello, il bello nel volto, il bello nell'arte segue i principi della Gestalt, se io altero i principi della Gestalt sparisce il concetto di simmetria, il concetto di bellezza; la neuroestetica, che è lo studio dell'attività cerebrale durante la visione delle opere d'arte, si fonda sulla Gestalt,per rappresentarci internamente il mondo esterno seguiamo i principi della Gestalt: Brad Pitt è bello perché è simmetrico e segue i principi della Gestalt. Adesso vi è più chiara la Gestalt, la vedremo bene nella percezione, però non vediamo l'aspetto storico, la Gestalt è a livello storico in parallelo con la psicoanalisi che è una cosa completamente diversa; la psicoanalisi nasce come un tentativo di cura da un medico che si focalizzava su una sintomatologia, con l'idea di fondo che alcune patologie fossero di tipo mentale e l'unico modo per aver accesso e per poter modificare la sintomatologia di quelle patologie, che diverranno psicopatologie, era la terapia della parola, era cercare di scardinare e di riconcettualizzare il pensiero della persona e quindi nasce inizialmente così: terapia della parola e libere associazioni, io dico una parola e tu ne dici un'altra, il fatto che tu mi dica quella specifica parola per me ha un senso e quel senso è da ricercare all'interno della parte più complessa della mente umana. Freud, geniale, si inventa questa cosa : La parola è la punta se vogliamo dell'iceberg, quello che tu esprimi è la punta di quel l\'iceberg, ma per me quello che tu esprimi parte da una cosa più profonda, parte da un qualcosa che tu per qualsiasi ragione, per l'adattamento hai in qualche modo rimosso, hai preso e portato in un'area mai definita da Freud che è l'inconscio. Freud dice che quello che noi siamo, secondo la psicoanalisi, è guidato principalmente da due forze che sono l'Es e il Super-Io. L'Es è la parte più emotiva, più istintuale e il Super-Io è la parte più ideale, noi siamo costantemente guidati da queste due forze e cerchiamo di adattarci al meglio possibile ad una via di mezzo giusto tra un "Sei" istintuale e un "Sei" ideale, tra quello che noi siamo nel profondo e quello che dovremmo essere. Nel momento in cui non riusciamo a trovare un senso, un bilanciamento tra queste due ci sono le nevrosi che per Freud sono quasi sempre guidati da aspetti libidici il che non vuol dire per forza sessuali - perché secondo Freud la libido è l'unica cosa che ci spinge ad interagire con l'ambiente ed è l'unica cosa che ci permette di creare la nostra personalità. Ci troviamo in parallelo a livello storico ed è l'opposto della psicoanalisi, è quello che ad oggi guida le terapie cognitivo comportamentali. Il Comportamentismo e cambia tanto, vuole misurare le manifestazioni del comportamento umano, partendo dal presupposto che tutte le reazioni umane possono essere misurate o attraverso una via diretta (Von Helmholtz) , o attraverso l'ausilio di appositi strumenti (Donders). Si basava su una lineare associazione stimolo-risposta, uno stimolo dà una determinata risposta e il compito dello psicologo era di occuparsi di come l'individuo agiva in quell'ottica di stimolo e risposta, focalizzandosi solo sulla descrizione di quel comportamento, non sull'interpretazione, ne tantomeno sulla comprensione come faceva la psicoanalisi. Studia e descrive il comportamento nell'individuo. L'aspetto importante dei comportamentisti è il concetto di "scatola nera". Il concetto di scatola nera è quello che oggi definiamo la mente, che consideriamo l\'uomo, e ai comportamentisti quello che succedeva in questa scatola nera non era rilevante. Osservavano uno stimolo in entrata e in uscita da questa scatola. Veniva posizionato questo bambino di fronte a una serie di animali. Non reagiva a una certa, scelto un animale, il topo (ma lo hanno fatto con tantissimi animali finché si poteva) quando veniva presentato in concomitanza della presentazione del ratto c\'era un rumore fortissimo. Il bambino si spaventa e di conseguenza andava incontro a quello che vedremo nell\'apprendimento che è il condizionamento, quindi condiziona quello stimolo del ratto al rumore, lo associava, e iniziava a rispondere in maniera esagerata, al topo e la cosa interessante è che poi rispondeva allo stesso modo sia a peluches del topo e addirittura se uno dei genitori indossava una maschera che rappresentava il topo. Hanno instaurato nel bambino la paura dei ratti, una fobia specifica solo attraverso il condizionamento, utilizzando caratteristiche ambientali. Watson (e altri comportamentisti) era uno di quelli che diceva, datemi 100 bambini e vi farò un medico, vi farò un elettrauto, vi farò un elettricista e così via. Così hanno dimostrato che si poteva mettere in atto un comportamento che non era innato in quella persona, che non era una caratteristica strutturale di essa. C\'è una madre che colpisce una bambola, il bambino sta osservando la madre; il bambino fa la stessa identica cosa, sia nel momento in cui la madre si comporta bene con la bambola, sia nel momento in cui la madre si comporta male con la bambola. Dimostra che noi umani rispondiamo ad un\'unica e sola legge, quella del condizionamento ambientale, e ci porterà a comportarci in determinati modi. L\'apprendimento, ad oggi, si basa tanto sul condizionamento. Agli inizi del '900, il Comportamentismo resta in voga, ma negli anni Settanta inizia a svilupparsi la Human Information Processing definite come scienze cognitive, che cambiano il focus, provano a focalizzarsi sulla metodologia di elaborazione e di creazione delle rappresentazioni mentali. Non interessa più il discorso stimolo e risposta, ma diventa un: stimolo, processamento dell \'informazione e risposta (stimolo\>rappresentazione\>risposta). Da qui si inizia a parlare di cervello, in maniera seria. Si inizia a parlare di cervello inteso come unico e possibile elaboratore di quel processamento dell' informazione. E quindi nasce in concomitanza, fa parte della scienza cognitiva, quello che è il concetto di Modularismo, noi riusciamo a processare una serie quasi infinita di informazioni perché il nostro cervello, è organizzato in moduli; le aree cerebrali, hanno una struttura specializzata che le rende utili o importanti, esperte, nell'elaborazione di una specifica risposta. Noi funzioniamo, secondo il Cognitivismo, secondo il Modularismo, seguendo specifici meccanismi che dipendono dalle strutture, dalle aree del nostro cervello. L'essere umano sta tutto all'interno del suo cervello. Intorno agli anni '80 si iniziava a pensare ad un\'architettura cognitiva molto complessa e nasce il connessionismo ovvero noi siamo le nostre informazioni che sono connesse tra di loro e determinano i nostri comportamenti. Siamo input e output stimolo e risposta (come dicevano i comportamentisti) però all\'interno di quell\'interazione stimolo e risposta non c\'è più solo il cervello (come dicevano i cognitivisti) ma c\'è una concezione più complessa della mente che si basa su connessione tra informazioni chiamate le reti neurali o gli schemi cognitivi, connessioni che permettono di interpretare la realtà in un modo proprio. Da qui il discorso dell\'intelligenza artificiale la quale imita il connettoma umano. Lezione 14/10/2024 SISTEMA NERVOSO CENTRALE Il sistema nervoso si divide in: Sistema nervoso centrale Sistema nervoso periferico Il ruolo di tutto il sistema nervoso è quello di integrazione. Come agisce? ➔ Acquisizione sensoriale: trasmissione di impulsi da tutti i recettori sensoriali ai centri di elaborazione (encefalo e midollo). ➔ Integrazione: interpretazione degli impulsi sensoriali e formulazione di risposte nei centri di elaborazione. ➔ Stimolazione: conduzione degli impulsi da un centro di elaborazione alle cellule effettrici che provvedono alle risposte del corpo. Tutto questo lo fa grazie al nostro encefalo. Excursus storico Nel 2000 a.C. non si parlava ancora di cervello, ma si associava a determinate caratteristiche umane (emozioni, memoria etc.) una sede nei vari organi. Nell'antico Egitto si credeva che la sede dell\'intelletto fosse il cuore. Da lì in poi l'attenzione si spostò verso altri organi, verso il cervello. Nel 1500 a.C. (ca) a Machu Pichu l'interesse sembra essersi diretto verso il cervello; ne siamo a conoscenza grazie a degli studi archeologici condotti su alcuni crani trapanati rinvenuti a Machu Pichu. Oltre ad apprezzare la precisione dell'operazione, notiamo una rimarginazione dell'osso del cranio, il che ci fa capire che la trapanazione era avvenuta mentre il soggetto era ancora in vita. Per iniziare a parlare sul serio di cervello bisogna aspettare il 1400 d.C. in Europa. Siamo in un periodo in cui la medicina si basa sulla teoria umorale (o dei fluidi corporei). Si pensava che persino il funzionamento del cervello umano fosse spiegabile attraverso l'interazione dei fluidi. Il bilanciamento dei vari umori (fluidi) avrebbe determinato le caratteristiche comportamentali di un individuo. Questa teoria si rivelerà del tutto inesatta. Circolazione del liquido cefalo-rachidiano Il liquido parte dal terzo ventricolo (dal centro del cervello) e si propaga per tutto il cervello. Di fatto nel XV secolo (1400) gli studi sul cervello avevano un senso, ma osservazionale, non empirico (scientifico). Circa cento anni dopo (1500 ca.), avvenne una svolta importante. All'Università di Padova venne condotto il primo studio di anatomia umana, dimostrando che uomini e animali hanno cavità celebrali e fluidi simili. Di conseguenza, le capacità cognitive dell'uomo non possono risiedere nei liquidi, se ce l'hanno anche gli altri animali. Da qui iniziano gli studi anatomici e nel 1600 circa si trova l'anatomia umana. Il primo studio di mappazione del cervello e della fisiologia presente nel cervello umano, risale al 1664, quando Thomas Willis (Oxford University) pubblicò l'opera "Cerebri Anatome et nervorum descriptio et usus", che conteneva i risultati del suo innovativo studio sul cervello e sulla sua fisiologia nervosa. Da quello studio partirono le prime teorie che mettevano il cervello al centro delle capacità cognitive dell'uomo. Nel 1791 F.J. Gall pubblicò un'opera (che all'epoca in America fu il secondo libro più venduto dopo la Bibbia) in cui teorizzava l'esistenza di diverse zone all'interno del cervello, le quali sono analizzabili attraverso la palpazione e la misurazione delle stesse; in base ai dati ricavati, sarebbe stato possibile riconoscere le facoltà psichiche di ogni persona. Queste conclusione costituirono il fondamento della frenologia. In Italia la frenologia venne resa nota da Cesare Lombroso (1835-1909), le cui teorie (1870) applicate all'ambito criminologico, crearono danni a livello ideologico nel periodo postunitario. Ancora oggi sono presenti, sul piano sociale, alcuni residui provenienti dai suoi studi frenologici: - Genio e follia vanno sempre insieme: una persona geniale è al contempo folle. Lombroso aveva mappato le caratteristiche craniche del genio e le aveva reputate simili alle caratteristiche craniche del folle. \- Il criminale lo è dalla nascita: questa teoria, che si basa sull'analisi di caratteristiche fisiognomiche (presenza di tratti atavici all\'aggressività, eccessiva vicinanza alla comune origine selvatica ed alla capacità delinquenziale), creò problemi soprattutto per gli abitanti del sud Italia \- Patologie e sviluppi cerebrali femminili: le donne sono meno portate per alcune attività Nello stesso periodo a Parigi e in Germania si iniziano a studiare le lesioni celebrali. Registriamo rispettivamente l'impegno scientifico di Paul Broca (1861) e Carl Wernicke (1874). Esempio per capire (non si parla soggetti analizzati da Broca e Wernicke): all'interno di un video (lezione) di interviste condotte su alcuni soggetti a cui venivano fatte delle semplici domande, notiamo: \- il primo soggetto risponde, pur cambiando intonazione, articolando sempre lo stesso suono (to-no-to-no) \- il secondo soggetto risponde articolando parole che non hanno alcuna connessione logica fra loro. Siamo di fronte a due casi di incapacità di produzione linguistica: i soggetti comprendono le domande,ma non riescono a produrre una risposta linguistica logica. Broca, nel 1861, si trova di fronte ad una persona che rispondeva alle sue domande in maniera simile al primo soggetto (al posto di to-no-to-no risponde tan-tan-tan). Studiando il cervello, nota la presenza di lesioni in alcune aree del cervello, oggi note come area di Broca 51. Il disturbo che colpisce queste aree prende, invece, il nome di afasia di Broca→ la persona comprende il linguaggio ma non riesce a produrre una risposta linguistica, in alcuni casi il soggetto è anche consapevole della sua incapacità di rispondere. Nell\'altro caso, in cui c\'è una produzione fantasiosa, è molto simile, le aree sono quasi parallele e prende il nome di afasia di Wernicke, in questo caso c\'è sia un\'incapacità della comprensione sia dell\'unione di concetti linguistici (si usano termini in maniera confusa). Tutto il nostro cervello è mappato, sappiamo cosa fa un'area e questo ha portato allo sviluppo della psicologia cognitiva, delle neuroscienze ecc; quindi Broca e Wernicke hanno un ruolo fondamentale. CERVELLO Il cervello umano pesa fra 1,2 kg e 1,4 kg (con piccole differenze fra uomo e donna), costituendo circa il 2% del nostro peso corporeo, c'è una piccola differenza tra uomo e donna, ma è irrilevante. L'essere umano, insieme ai delfini, si discosta dalla proporzione lineare degli altri animali per quanto riguarda il rapporto peso corporeo / peso del cervello; in questi due casi, il rapporto risulta più alto. SISTEMA NERVOSO Sistema nervoso centrale \> riguarda cervello e midollo spinale. Sistema nervoso periferico \> riguarda sistema di innervazione che parte dal cervello. Tutto questo avviene grazie all'interazione e al nostro rapporto con l'ambiente, come noi ci muoviamo all'interno dell'ambiente e dipende tutto dall'interazione che c'è tra midollo spinale ed encefalo (periferia e centro). Questo ha permesso nel corso del tempo di comprendere la suddivisione tra appunto quello che viene definito sistema nervoso centrale (caratterizzato dall'encefalo) e il sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso periferico è importante perchè è la parte più automatica, la risposta automatica all'ambiente. Il sistema nervoso periferico, definito "autonomo" si divide in: \- sistema nervoso simpatico: ci permette di mettere in atto il cosiddetto meccanismo di "attacco e fuga", fondamentale per la nostra esistenza (dilatamento pupille, accelerazione del battito cardiaco etc.). Questo sistema, tuttavia, richiede una quantità enorme di energia, andando a stressare sia il corpo che l'encefalo, per questo ci serve qualcosa che bilanci questa attivazione, per far abbassare la quantità di stress. Se questa parte del sistema nervoso ci attiva, serve un'altra parte che ci disattivi e questo lo fa il parasimpatico. \- sistema nervoso parasimpatico: è quello che permette di ristabilire l'equilibrio della nostra omeostasi, quindi la sua azione è inversa e complementare rispetto al sistema nervoso simpatico, è quello che per la sopravvivenza è definito come 'mangia o digerisci'. Quindi se una parte automatica del nostro sistema nervoso centrale ci attiva, un'altra ci deve disattivare portandoci in omeostasi. Uno fa il contrario dell'altro. Tutto questo avviene grazie ai neuroni. Il sistema nervoso è costituito da: \- neuroni (86 miliardi), cellule nervose specializzate che ricevono informazioni, le elaborano e le integrano (eccitabilità), conducono e trasferiscono segnali nelle varie parti del corpo (conduttività) e secernono messaggeri chimici. Sono cellule perenni (tranne in alcune aree del nostro cervello). La velocità di connessione tra neuroni è di 540 km/h (le tre funzioni principali dei neuroni sono quelle in grassetto). \- cellule gliali (o neuroglia), grossolanamente classificate in base alla loro origine embriologica in macroglia e microglia Il neurone è costituito da: corpo cellulare, dendriti e degli assoni punti in cui avvengono le connessioni.. Ogni neurone, dopo una certa età (25-27 anni) viene ricoperto da uno strato protettivo, detto guaina, che permette al segnale elettrico di non disperdersi e quindi di avere costantemente la stessa forza di trasmissione. Se è necessaria una risposta rapida al segnale, la connessione sarà. Se è necessaria una risposta su lungo raggio (come verso i muscoli) la connessione sarà dendrite-assone. Tipi di neurone: \- Neurone di tipo motorio (efferente)-\> dal sistema nervoso centrale ai muscoli e alle ghiandole.Ha un imput rapido e un output quindi un assone più lungo che gli permette la risposta motoria. \- Neurone di tipo sensoriali (afferente) -\> dai recettori sensoriali al sistema nervoso centrale.Ha il dendrite più lungo che riceve informazione dagli organi di senso, le elabora successivamente e da lì comunica quelle informazioni con un assone che solitamente è corto (perché è direttamente nell\'encefalo) \- Interneurone (neurone di associazione) QUINDI: il neurone ha un nucleo in cui ci mettiamo tutte le informazioni, per avere quell\'informazione il neurone deve essere associato ad un altro neurone, quindi tutti i neuroni sono vicini tra loro. Il neurone è strutturato in modo da avere un nucleo perlopiù centrale; abbiamo i dendriti che partono del nucleo, una coda e alla fine c\'è il terminale assonico (quindi tutte le connessioni avvengono o sul dendrite o sul terminale assonico). Come fa la trasmissione elettrica ad arrivare nel dendrite, svolgere il suo compito nel nucleo e poi continuare il suo passaggio? Visto che quel segnale è importante va protetto e gli devo garantire di avere la stessa forza all\'inizio e alla fine, quindi in ogni punto dell\'assone; la protezione di questa trasmissione è la guaina. Quindi alcuni neuroni possono avere la connessione dendrite - dendrite se gli serve una risposta rapida al segnale precedente; se invece gli serve una comunicazione su lungo raggio (tipo quelli muscolari) sono dendrite-assone. Prendendo come esempio la relazione che c'è tra i neuroni che sono nell'area emozionale e quelli della memoria ---\> in questo caso c'è una risposta dendrite-dendrite perché serve una comunicazione, a livello di input, rapida; l'output può anche essere più lento. Struttura del sistema nervoso centrale Struttura del sistema nervoso centrale Da ricordare: Cervello o encefalo. Diencefalo (parte che sta più sotto). Cervelletto (sta dietro). Tronco encefalico (il tronco è posto al centro del nostro cervello, come se fosse la base del cervello; da qui nasce l\'encefalo vero e proprio -struttura che fa i processi cognitivi superiori: definita come neocorteccia, questa ci differenzia dagli animali. La struttura del tronco -definita come la parte più sottocorticale- è la parte che più ci accomuna agli animali, qui è la sede delle emozioni, tutto il sistema nervoso autonomo è connesso lì. Fa tutto ciò che ci permette di adattarci all\'ambiente→ organizzazione della nostra temperatura corporea, risposta cardiaca, risposta muscolare, percezione delle emozioni ecc Midollo spinale Tutto questo è ciò che ci permette di fare tutto ciò che noi facciamo. La struttura è interessante, perché il tronco è posto al centro, come se fosse la base del cervello e da lì cresce la 'chioma', che sarebbe l'encefalo vero e proprio, è importante perchè è la parte che più ci accomuna agli animali; lì è la sede delle emozioni, alcuni rimandano anche a degli aspetti della memoria, tutto il sistema autonomo è connesso lì. E poi c'è tutta la struttura che si crea sopra, tipo la chioma, che fa i processi cognitivi e le funzioni cognitive superiori, quella che viene definita in gergo 'neocorteccia' e ci differenzia dagli animali. Il nostro cervello, per convenzione, è costituito da due emisferi uguali e simmetrici fra loro, connessi da quello che viene definito il corpo calloso, tutte le strutture che sono ad un lato si trovano identiche anche dall'altro. Per convenzione viene diviso in: \- lobo frontale (davanti). \- lobo parietale (sulle pareti). \- lobo occipitale (dietro). \- lobo temporale. (sotto). Queste macroaree hanno funzioni diverse. Tanto più si va verso la frontale, più le attività diventano complesse (ragionamento, pianificazione etc.). I nostri sensi (come il gusto, la vista), ad esempio, sono gestiti dalle aree posteriori (tranne l'odore che è nella parte frontale, vicino al naso), questo perché era più utile a livello evoluzionistico sviluppare prima quelle capacità e poi la capacità di ragionare. Tutte le capacità del nostro cervello sono organizzate attraverso le connessione neurali che funzionano grazie alle sinapsi, le quali connettono due neuroni fra loro,consentendo il passaggio dell'informazione e del segnale da un neurone all'altro. All'interno del nostro organismo abbiamo due tipi di sinapsi fondamentalmente: \- Sinapsi elettriche \- Sinapsi chimiche Quello che cambia è la connessione tra due neuroni perché nel caso delle sinapsi elettriche, i neuroni sono connessi come fossero "attaccati" fra loro, attraverso quelle che vengono definite giunzioni comunicanti, non sono proprio attaccate, c'è comunque una distanza, ma queste giunzioni fondamentalmente le uniscono. Nel caso delle sinapsi chimiche, i neuroni non vengono in contatto fra loro ma lasciano uno spazio (fessura sinaptica) che, attraverso dei processi chimici, permette una connessione. Perché esiste questa differenziazione? Il nostro cervello non ha bisogno di essere costantemente attivo in tutti i campi, altrimenti non riuscirebbe a discriminare le informazioni che gli giungono. Le sinapsi chimiche servono: 1\) per non sovraccaricare l'organo; 2\) per discriminare, ossia per apprendere; se una sinapsi si connette ad un'altra, risultano più facili le successive connessioni fra le stesse sinapsi. Le esperienze diverse influenzano e differenziano le associazioni sinaptiche. Ad esempio, le sinapsi elettriche sono nel cuore e nel tubo digerente, dove l'attività è continua, quindi non può esserci il rischio di una mancata reazione chimica. Non è possibile annullare l'azione di una sinapsi, ma l'essere umano è in grado di lanciare una nuova risposta nervosa che controbilancia la precedente risposta istintiva. Grazie alle capacità della corteccia pre-frontale, l'uomo è in grado di porre un freno all'impulsività, che è tipica della natura animale. ricorda: 1\) l'informazione viene trasmessa sotto forma di segnale elettrico 2\) potenziale d'azione: potenziale elettrico, raggiunto il quale, avviene una rapida inversione della polarità elettrica della membrana delle cellule nervose 3\) esocitosi: processo cellulare con il quale la cellula riversa al suo esterno delle molecole accumulate all\'interno di una vescicola, tramite la fusione di quest\'ultima con la membrana plasmatica SINAPSI CHIMICA Il potenziale d'azione permette di mettere in atto quella che viene definita come depolarizzazione della membrana: la membrana cambia di segno, prima ha un segno positivo all'esterno, poi quel segno positivo va all'interno, questo significa che il segnale sta passando lungo tutto il neurone. Il segnale arriva a dei canali, delle pompe, che si aprono e permettono l'entrata del sodio e l'uscita del potassio. Il sodio ha una caratteristica: nel momento in cui entra nelle membrane delle cellule neurali va a legarsi a queste vescicole, legandosi le porta verso il terminale presinaptico, portandole verso il terminale si crea un buco (impaginazione delle vescicole) che permette la fuoriuscita di cose. Siamo nel Terminale presinaptico: c'è il rilascio di queste vescicole che contengono neurotrasmettitori (trasmettitori tipici dei neuroni per il segnale elettrico). I neurotrasmettitori vanno a legarsi col terminale postsinaptico e permettono l'entrata di calcio. Nel momento in cui entra il calcio avviene la stessa cosa che faceva il potenziale d'azione nel neurone presinaptico, ovvero il calcio depolarizza la membrana (fa un cambio di segno alla membrana), in seguito il segnale prosegue e questo va avanti finchè non si esauriscono tutti, o quasi, i neurotrasmettitori che sono contenuti nelle vescicole. Tutto questo per farvi capire a cosa serve un neurotrasmettitore. Un neurotrasmettitore è un messaggero chimico di un segnale elettrico, questo perché dal terminale presinaptico (prima) permette, attraverso il suo rilascio nella fessura sinaptica, di trasmettere il segnale e farlo proseguire. Prima parlavamo di sinapsi elettriche come una porta costantemente aperta, qui invece è chiusa, essendo quella porta sbarrata ci dev'essere un motivo per farla aprire (porta = canali calcio, che permettono poi la trasmissione del segnale elettrico), per far sì che si apra servono i neurotrasmettitori, che vanno a legarsi sul terminale postsinaptico. In parole più semplici: abbiamo detto che tutti i segnali sono elettrici, immaginiamo di essere un segnale elettrico che cammina per il neurone, all'interno del cervello ci troviamo in due situazioni diverse: la prima, ovvero le sinapsi elettriche, in cui si deve superare un fiume e si ha già il ponte, quindi si arriva e andiamo. In un altro caso, se si è in una situazione in cui questo ponte non c'è e lo dobbiamo creare, questo perché noi, da buoni segnali elettrici, abbiamo l'obiettivo di proseguire il più possibile, finché qualcosa non ci interrompe. A questo punto siamo di fronte a due condizioni: o ci si ferma lì, o si prova a proseguire. Per proseguire serve un passaggio, una liana, quel passaggio è il neurotrasmettitore. Di per sé noi non passiamo, ma prendiamo un qualcosa che fa parte di noi, lo attacchiamo al neurotrasmettitore e lo buttiamo dall'altro lato. Dall'altro lato ci possono essere persone che ci prendono e persone che non ci prendono, la cosa interessante è che le persone che ci prendono devono essere specifiche per noi (quelli sono i recettori del neurotrasmettitore, specifici per ogni neurotrasmettitore). Il recettore lo prende e apre quel portone, quando lo apre quella parte di noi (una parte del segnale elettrico) prosegue il suo percorso, arriva fino alla fine e così via. Questo è quello che determina l'iperattivazione della cellula o l'attivazione della cellula. La cosa interessante è che se ci sono troppi neurotrasmettitori, come nel caso di eccessiva presenza di dopamina (dettata, ad esempio, dalla cocaina o altre sostanze), si verifica un'iperattività cerebrale, perché finché non si esauriscono tutti i neurotrasmettitori continua a passare il segnale. La stessa cosa, a livello inibitorio, succede con la depressione: c'è una mancanza di alcuni neurotrasmettitori, si degradano facilmente. Per riportarceli ci sono i farmaci, che fanno produrre più serotonina e così c'è più possibilità di attivazione, altrimenti il segnale non basta. Prima abbiamo detto che è una parte di noi che passa, ma in qualche modo quella parte deve passare tutta, quindi serve che quella porta sia un po' di tempo aperta, sennò non ce la facciamo, il senso più o meno è questo. Quindi più le porte continuano ad essere aperte, più il segnale passa. Quindi quando si parla di trasmissione sinaptica, c'è il potenziale d'azione, succede la depolarizzazione (cambia di segno), i canali si aprono e si attaccano alle vescicole, si crea poi un buco che permette l'uscita dei neurotrasmettitori, dall'altro lato ci sono dei recettori specifici, si aprono i canali e ciò permette la trasmissione del segnale, che continua finché non si esauriscono tutti i neurotrasmettitori disponibili, e mantiene la sua intensità, delle volte la enfatizza, dipende dalla quantità di neurotrasmettitori. IL RUOLO DEL CALCIO E DEL SODIO Il ruolo del calcio e del sodio è di cambiare la comunicazione elettrica all'interno della cellula, è solo per quello che ci interessa, sono delle pompe diverse all'interno del nostro cervello. La depolarizzazione della membrana avviene dopo il potenziale d'azione, c'è uno scambio elettrico che ti permette di cambiare di segno (quindi rendere negativo/positivo l'interno e l'esterno della cellula a livello elettrico), quella eccitabilità interna permette una serie di reazioni che fanno aprire le porte al sodio e permettono una risposta di quelle pompe sodio-potassio. Vi serve sapere che la possibilità di uno scambio elettrico che parte da un segnale elettrico e andare nel postsinaptico, deve per forza passare per uno scambio chimico. Lo scambio chimico segue caratteristiche individuali, quindi specifiche per ognuno di noi e caratteristiche esterne, come l'assunzione di sostanze o i farmaci. Lo scambio chimico permette uno scambio di segnale elettrico, che non è per definizione sempre attivo, grazie a questo noi non siamo tutta genetica, ma anche tanto apprendimento, fossimo tutta genetica le connessioni sinaptiche quelle erano e quelle rimanevano per tutta la vita. Ci permette di superare in alcuni casi il nostro patrimonio genetico. Il nostro cervello è strutturato anche con una parte funzionale, che lavora su dei network. Ci sono tre macro attività nel nostro cervello: \- Default mode network: il modello di base, di riposo. Ad esempio quando stiamo ragionando su noi stessi si attiva il network, è il nostro funzionamento di base. Ci sono poi due network che in qualche modo interagiscono tra di loro: \- Network esecutivo centrale: ci permette l'esecuzione di compiti complessi, perché parte della pre-frontale. \- Network di salienza: ci permette di identificare gli stimoli salienti, soprattutto da un punto di vista emotivo. È un po' il discorso che Freud definiva come "Es", "Io", noi siamo costantemente in bilico tra il network del ragionamento e il network dell'emotività, che creano fasi all\'interno del nostro cervello e attivazioni diverse, che determinano la nostra persona. La conclusione è che tutto quello che abbiamo detto del cervello fa parte del patrimonio genetico,naturale, ma quel patrimonio sta cambiando e noi possiamo lavorare per cambiarlo. Per esempio, una parte del nostro cervello è deputata alla visione dei volti, si attiva in noi e nell'animale nel momento in cui osserviamo il volto di un'altra persona, quest'area è fondamentale per la sopravvivenza, è l'area, per esempio, che si attiva nel neonato quando vede il volto della madre e il neonato diventa 'iperattivo' alla visione (un'attività). L'attività di quell'area diminuisce nel neonato quando vede il volto del padre, o ancor di più il volto di un estraneo. La cosa interessante è che diminuisce quasi completamente e fa attivare un'area che è più di tipo emotivo, quindi paura, quando vede il volto di una persona che fa parte di un'altra etnia. In qualche modo questo spiega, da un punto di vista biologico, la base del razzismo. Siamo biologicamente predisposti a percepire come negative le persone di un'altra etnia, il punto è che noi ci possiamo lavorare, possiamo modificare tutte le risposte che determinate aree del nostro cervello possono avere. Siamo costantemente in bilico tra la nostra genetica e l'ambiente in cui siamo. In uno studio è stato dimostrato che noi possiamo completamente alterare il nostro cervello in base a quello che facciamo tutti i giorni. Non possiamo cambiarlo da un punto di vista strutturale, funzionale, ma possiamo sicuramente farlo da un punto di vista di pattern e di comportamenti messi in atto. 17/10/2024 LA PERCEZIONE VISIVA Che cos'è la percezione? Attraverso il processo percettivo traiamo le informazioni sul mondo che ci circonda. I nostri sensi comunicano qualcosa al nostro cervello e questo le monitora e le archivia. Mai o quasi mai è la registrazione accurata di ciò che davvero è presente nel mondo reale. La percezione è un processo. Un meccanismo velocissimo spesso inconsapevole e lavora, valuta l'esterno anche in condizioni di carenza di informazioni. Abbiamo poche informazioni su qualcosa ma comunque riusciamo ad avere la percezione. Il nostro cervello esplora il mondo attraverso i 5 sensi e sono proprio loro che comunicano al cervello una serie di informazioni. Il cervello esamina i dati, cerca negli archivi della memoria, li cataloga e li collega con le altre informazioni. La percezione è un sistema efficace e flessibile, raccoglie ed elabora i dati in tempi rapidi che fornisce al sistema cognitivo e motorio per raggiungere i loro obiettivi, primo fra tutti la sopravvivenza. Come funziona la percezione? L'uomo non è un osservatore oggettivo e neutrale che fotografa il mondo così com'è, al contrario il cervello vede il mondo come desidera vederlo e arricchisce continuamente le percezioni di significati del tutto soggettivi. Qual è la differenza tra percezione e sensazione? SENSAZIONE: questa è la consapevolezza stimolazione di un organo di senso (è più sensoriale), cui segue il processo di trasduzione, che trasformando il segnale fisico in segnale neurale, invia materiale informativo al cervello. PERCEZIONE: la percezione è un processo mentale attivo che riceve altre informazioni, pronta a caricarsi di altre informazioni come emozioni, esperienze, ricordi, che fanno parte della storia personale di colui che percepisce.L'uomo, infatti, non è un osservatore oggettivo e neutrale, che fotografa il mondo così com'è: al contrario, il cervello dell'uomo vede il mondo come desidera vederlo e arricchisce continuamente le percezioni di significato del tutte soggettive. Se un'immagine la facciamo vedere ad un bambino sarà diversa dalla percezione che ha un adulto perché le esperienze sono diverse. La stimolazione sensoriale è la stessa ma la percezione è diversa. Come avviene tutto ciò? Noi siamo immersi in un mondo e questo manda delle energie sotto forma di fotoni e tutto ciò che è esterno a noi viene definito da un punto di vista percettivo come stimolo distale. Tutto l'ambiente che ci circonda è potenzialmente stimolo distale. Questo stimolo distale diventa stimolo prossimale nel momento in cui arriva ai nostri organi di senso quindi siamo nella sensazione. Quando questa stimolazione prossimale viene elaborata e codificata all'interno del nostro cervello diventa un percetto. Questa catena (stimolo distale- stimolo prossimale- arriva al percetto) viene definita catena psicofisica della percezione. Le condizioni necessarie affinché abbia luogo una percezione sono tre: Un pezzo di mondo che emetta o rifletta qualche tipo di energia (stimolo distale) un tipo di energia (fisica, chimica, meccanica) che sia in grado di modificare gli organi sensoriali di un essere vivente (stimolo prossimale) un sistema di elaborazione decodifichi e interpreti le modifiche che l'energia ha prodotto negli organi di senso (percetto) L'insieme dei precetti costituiscono il nostro mondo fenomenico che è diverso dal mondo fisico. PSICOFISICA Prima di parlare più nel dettaglio della percezione, dobbiamo parlare di psicofisica. Non possiamo prescindere dallo studiare la percezione senza parlare della psicofisica. La psicofisica studia le relazioni tra l'intensità di energia che colpisce i nostri organi di senso e l'intensità dell'esperienza sensoriale. Per Weber la relazione tra l'intensità dello stimolo e l\'intensità della sensazione non è lineare, cioè ad una variazione dello stimolo non corrisponde una variazione equivalente della sensazione del percipiente. Per Fechner, tra mondo fisico e mondo fenomenico esiste una relazione costante dunque a partire dall'uno (mondo fisico) è possibile inferire l'altro (mondo psichico). Non vi è corrispondenza tra mondo percettivo e mondo fisico ma non si può dare il primo senza il secondo. Quello che è stato dimostrato è che non è lineare: prendiamo il peso di un chilo e poi di due chili, e si percepisce la differenza, ma se prendiamo prima 100 kg e poi 101 kg non percepiamo la differenza: la differenza è sempre 1 kg, ma non abbiamo la sensazione di quella differenza. Questa è la relazione di intensità e sensazione che non sono lineari. Questo è stato dimostrato attraverso queste tre leggi: differenziano quello che è il mondo esterno/reale e il mondo interno. ASSENZA FENOMENICA: smettiamo di percepire questa figura anche se questa figura all'interno c'è- assenza fenomenica in presenza di oggetti fisici. PRESENZA FENOMENICA: noi percepiamo un qualcosa anche se quel qualcosa non è presente ( presenza fenomenica in assenza di oggetti fisici). DISCREPANZA : tra quelli che sono gli oggetti fenomenici: con oggetto fenomenico si intende quell'oggetto che è interiorizzato rispetto all'oggetto reale (oggetto fisico del mondo esterno). Queste due linee sono le stesse ma tutti noi la percepiamo una più lunga dell'altra. La psicofisica si è occupata di indagare questi aspetti e quello che si è riusciti a comprendere è il concetto di soglia,cioè quando sentiamo qualcosa dal punto di vista sensoriale, noi abbiamo : SOGLIA ASSOLUTA: massimo o minimo valore fisico di stimolazione capace di elicitare una sensazione, o una risposta positiva in almeno il 50% delle prove: l'intensità minima di un suono affinché venga percepito la massima frequenza sonora percepibile la più piccola superficie visibile a tot metri di distanza La soglia assoluta marca l'inizio (soglia assoluta iniziale e la fine (soglia assoluta terminale) della nostra sensazione per un dato stimolo fisico. SOGLIA DI SPECIE SOGLIA PERSONALE SOGLIA DIFFERENZIALE (molto individuale): quest'ultima è la minima quantità di cambiamento che ci deve essere nell'intensità di una stimolazione necessaria per percepire la differenza rispetto a uno stimolo di confronto ( just noticeable difference) Ciò vuol dire che qualcuno di noi avrà una percezione per esperienza avrà avuto a che fare con i pesi di 200 grammi sul kg, altri non ce l'avranno, questi per avere la sensazione di differenza dovranno avere più grammi per percepire la differenza nel kg. Esempi a livello umano di quelle che sono le nostre soglie assolute, ovvero la quantità minima di informazione che noi sentiamo e che in qualche modo riusciamo a percepire. \- vista: luce d\'una candela a 50 km di distanza. Il nostro occhio è in grado di percepire una luce di una candela a 50 km di distanza in una sera limpida, tutto pulito e si riesce a vedere quella luce. \- la pressione del tatto è come quando un'ape viene fatta cadere da un'altezza di 1 cm. Il nostro tatto riesce a sentire. Sono state delineate tutte le nostre soglie assolute sotto/sopra le quali non andiamo. Quando noi osserviamo un oggetto prestiamo molta attenzione verso quell'oggetto e selezioniamo rapidamente quelle caratteristiche che molto spesso è quello che conosciamo di quell'oggetto. Abbiamo poche informazioni e quelle ci permettono una completa identificazione dell'oggetto. Per questo l'asimmetrico viene percepito brutto perché io ho una prima inferenza sulla simmetria e quando continua ad osservare, la mia inferenza viene meno e io devo riorganizzare la mia percezione. Ogni volta che vediamo un oggetto selezioniamo mentalmente ciò che già sappiamo e rapidamente operiamo dei confronti, fino alla completa identificazione dell'oggetto stesso. Altrettanto rapidamente associamo l'oggetto ad un significato, un eventuale ricordo, sensazione che abbiamo provato annusandolo o toccandolo. Tanti studiosi si sono occupati della percezione, ma la scuola della Gestalt rimane la più famosa. TEORIA EMPIRISTA (1870) Il primo ad occuparsi di percezione è Von Helmholtz, lo psicofisiologo che aveva studiato le risposte psicofisiche sulla rana (la percezione è tanta psicofisiologia, che parte dalla psicofisica), che fu il primo a definire la percezione come un processo attivo: secondo lui, le nostre percezioni non sono altro che delle ipotesi sulla realtà, dettate da inferenze inconsce. La percezione risulta, dunque, il risultato dell'interazione tra l'esperienza passata e gli stimoli sensoriali attuali. Questo perché Helmholtz parte dal presupposto che i segnali sensoriali quasi sempre sono parziali e incompleti, quindi la nostra mente opera e lavora su un materiale che rende completo grazie all'esperienza, facendo cioè inferenze e supposizioni. TEORIA ECOLOGICA Elaborata da Gibson, secondo cui noi percepiamo l'ambiente che ci circonda in base all'uso che dobbiamo farne, nel senso che noi percepiamo quel soggetto non per quello che è ma per quello che potremmo farci (è un discorso di percezione-azione): io sono un soggetto inserito nell'ambiente e tutto ciò che mi circonda è potenzialmente a mio uso, e pertanto io lo percepisco in base a quello che posso farci (es. percepisco una determinata persona perché posso parlarci). NEW LOOK ON PERCEPTION Teoria che è andata in voga negli anni '90, che presuppone che la nostra percezione è un processo attivo, influenzato soprattutto dalle nostre aspettative e dai nostri bisogni (teoria ancora utilizzata): ovvero, noi abbiamo una percezione di bello o brutto in cui bello è ciò di cui ho bisogno, quello che mi serve, brutto ciò che non mi serve. Qual è la differenza tra le due teorie? Secondo la teoria ecologica della percezione l'ambiente offre "affordances", cioè inviti all'uso e informazioni percepite dal soggetto. Secondo la New Look on Perception, la percezione è influenzata da aspettative e bisogni individuali, per cui è soggettiva e spesso parziale. SCUOLA DELLA GESTALT Tutti i teorici della percezione si rifanno ad un percorso di studio iniziato con la scuola della Gestalt, che inizia a svilupparsi ad inizio Novecento e si occupa quasi esclusivamente di percezione. La Gestalt parte da un presupposto banale ed efficace, sia per la percezione che per altri aspetti della psicologia: il tutto è diverso dalla somma delle parti (non è detto che sia più o meno, ma è diverso). Loro teorizzarono che lo stimolo esterno viene percepito nella sua totalità e possiede un determinato significato, che naturalmente gli viene fornito dalle sue singole componenti, ma la semplice somma dei significati delle singole componenti, tuttavia, non è in grado di dare allo stimolo lo stesso significato. La percezione non è dovuta al concorso di fattori esterni (come associazioni, giudizi, inferenze), ma risulta dall'organizzazione delle diverse componenti dello stimolo, che seguono alcuni principi di coerenza e unificazione (fenomeni di organizzazione percettiva). In altre parole, il nostro cervello a livello percettivo fa solo una cosa: conferisce una forma unitaria e coerente all'oggetto che stiamo osservando, da cui il primato della simmetria sull'asimmetria. Nel corso del tempo, la Gestalt ha formulato diverse leggi, tuttora valide e alla guida di tutti i nostri processi percettivi: 1\. Legge della vicinanza: all'interno di un'immagine, gli elementi che sono tra loro vicini sono percepiti come unitari e coerenti. A sinistra, tutte le palline sono alla stessa distanza, facendoci percepire quindi la forma di un quadrato, mentre a destra non si percepiscono le singole palline o le due colonne larghe al centro, ma piuttosto le tre colonne formate da quelle palline che sono rimaste più vicine tra loro. Abbiamo anche altri esempi pubblicitari di come venga utilizzata la Gestalt oggi: non percepisco i pescetti del cartellone "Finding Nemo" singolarmente, bensì come una freccia, e così via. Il principio di vicinanza è anche alla base della lettura: quando leggiamo, percepiamo un testo scritto in base alla vicinanza delle lettere: più le lettere sono vicine tra di loro, più vengono percepite come unite in un'unica parola, mentre più sono separate più saremo lenti e avremo difficoltà nella lettura. 2\. Legge della somiglianza: parte dal presupposto che gli elementi simili all'interno di un'immagine, per forma o per colore, per dimensione e orientamento, per chiarezza e spessore vengono percepiti come un elemento unitario (es. la separazione delle righe). Questo discorso è molto utile per il processo attentivo: noi lavoriamo e cerchiamo la somiglianza all'interno di un'immagine o di un ambiente; quando c'è qualcosa che differisce molto dall'ambiente ci fa un effetto pop-up, ci sentiamo attratti da quella cosa, che riesce a catturare subito la nostra attenzione, come se venisse fuori dall'ambiente e dall'immagine. 3\. Legge del completamento e della chiusura: quando un'immagine ha per noi delle forme o delle linee familiari, queste vengono percepite come chiuse, unite, anche se non lo sono graficamente. Questa legge indica due diverse tipologie di combinazioni di forme: nell'immagine sottostante vengono mostrate la legge della chiusura, grazie a cui viene percepita la forma completa anziché semplicemente delle linee spezzate, e la legge del comportamento, spesso applicata ai testi (in questo caso, la scritta "grafica" viene percepita anche se non è presente la totalità delle linee necessarie). Queste due leggi sono accomunate dal fatto che sono sono quelle in cui la percezione supera fortemente quella che è la realtà. È difficile per noi non percepire e non completare aveste figure (es. il triangolo, il vestito, il cubo, e così via), anche se non ci sono nella realtà fisica e siamo solo noi a percepirle. 4\. Legge del destino comune e della continuità della forma: quando osserviamo un'immagine, selezioniamo e raggruppiamo le sue parti applicando la logica della continuità formale; selezioniamo gli elementi con andamento curvo secondo la curva buona (o regolare); e quelli lineari secondo il destino comune. All'interno di un'immagine, gli elementi che hanno un movimento simile tra di loro e differente da quello degli altri elementi, vengono percepiti come forma unitaria: le linee con la stessa direzione, orientamento o movimento tendono ad unificarsi secondo l'andamento più coerente, a difesa delle forme più semplici e più equilibrate. Fondamentalmente, diamo a queste linee un senso, che per noi è un senso comune che va verso destra e in alto, e lo percepiremo sempre come se avesse un senso, una prosecuzione. Davanti a queste immagini, il nostro cervello individua le forme più semplici, più «buone», per usare un termine caro alla Gestalt, e «preferisce» immaginare linee continue che proseguano in una medesima direzione, anziché forme particolari create da segmenti che prendono direzioni diverse. Questo ci capita tantissimo nei volti: se guardiamo una parte del volto cerchiamo di completare un sorriso, degli occhi\... se poi il volto complessivo non rispecchia quello che ci aspettavamo, ed è diverso da quello che il nostro cervello aveva ipotizzato, siamo a disagio e vedremo quelle determinate caratteristiche come negative. 5\. Legge della pregnanza o della buona forma: la legge più importante di tutte per il discorso sulla bellezza, secondo cui il nostro cervello cerca di organizzare tutto quello che noi vediamo in elementi più semplici e coerenti possibili. La forma che si costituisce è buona quanto più le sue caratteristiche sono regolari, simmetriche, coerenti, omogenee, equilibrate, semplici, concise. È molto affascinante, perché è alla base del senso che diamo a qualcosa che non c'è nel mondo reale, che è espressione di quello che siamo (anche quando vediamo le forme nelle nuvole). Questa è una delle tavole di Rorschach: osservare questa tavola e vederci qualcosa è assurdo, in quanto si tratta di una macchia fatta su metà del foglio, chiusa e riaperta a caso, che però per tutti noi assume un senso, e cosa ci vediamo è significativo rispetto alla nostra personalità. È un test proiettivo, perché l'individuo proietta in quell'immagine no sense degli aspetti personali, che è un po' quello che facciamo nella vita di tutti i giorni con le nuvole, dove ci lasciamo proiettare da qualcosa di più reale, mentre qui no, da una macchia. Sono tavole validate che funzionano benissimo per delineare alcune caratteristiche generali e specifiche della personalità di ciascuno. Il cervello di ogni persona si focalizza su aspetti specifici di quell'immagine, e le attribuisce un senso, e che senso ha qualcosa che nella realtà non ha senso? Per forza un senso personale: dandole quel senso personale, delineo o esprimo delle caratteristiche della mia personalità. Potremmo dire qualcosa di chiunque solo osservando cosa percepisce in 4 tavole di Rorschach. Questa è una delle tavole più chiare (più lineari, in cui qualcosa si riesce a percepire): c'è chi ci ha visto un pipistrello; due persone con un cappello; un bacino; un coniglio cattivo che fa la linguaccia. 6\. Legge dell'esperienza: costruiamo le forme percettive in base alle nostre esperienze, o in base a cosa diamo importanza (come nelle tavole di Rorschach). La percezione, a parità delle altre condizioni, avviene anche in funzione delle nostre esperienze passate: viene dunque favorita la costituzione di forme e di oggetti con i quali abbiamo più familiarità, che abbiamo già visto, piuttosto che di forme sconosciute o poco familiari. Il nostro bagaglio di esperienza, quindi, influisce sul nostro modo di vedere ed interpretare i segni e gli elementi grafici. Questi sono classici esempi: non c'è nulla dal punto di vista di realtà esterna, ma tutti noi percepiamo qualcosa, solo se ne abbiamo avuto esperienza (es.se nessuno ha mai visto Harry Potter non percepirà mai H. Potter da quell'immagine, e così via per tutti) L'ARTICOLAZIONE FIGURA-SFONDO Un'altra scoperta della psicologia della Gestalt è l'articolazione figura-sfondo, ovvero come noi percepiamo la figura o lo sfondo in qualcosa che vediamo: questo è importante perché diamo alla figura un ruolo primario, e allo sfondo un ruolo secondario, meno rilevante. Percepiamo come figura ciò che solitamente è delineato da un contorno e che attira la nostra attenzione, e come sfondo ciò che avvolge quella figura, che più ci appare lontana e indefinita. es. solitamente le componenti più piccole vengono lette come figure, quelle più grandi come sfondo: in questo senso entra in gioco anche la linearità (più è lineare un elemento e più è aperto, quindi il cielo viene percepito come sfondo). L'AMBIGUITÀ TRA LA FIGURA E LO SFONDO Molto spesso noi stiamo di fronte a degli stimoli ambigui: quando uno stimolo è ambiguo significa che non ci permette di mettere in atto il discorso figura-sfondo, perché nel nostro cervello c'è l'impossibilità reale di attribuire un significato a quello che i nostri sensi stanno percependo. Nell'immagine a sx, alcuni percepiranno il candelabro, altri due corpi: tutti noi riusciamo a percepire uno o l'altro, in base a dove focalizziamo l'attenzione, cambiando di conseguenza il concetto figura-sfondo. Se percepiamo lo sfondo bianco vediamo il candelabro, se invece consideriamo come sfondo il nero vedremo solo il volto: possiamo scambiarli, ma mai percepirli insieme; in base a quello che decidiamo che per noi è la figura e cosa è lo sfondo percepiremo cose diverse. LA FIGURA IN RAPPORTO CON L'AMBIENTE CIRCOSTANTE Gli oggetti nel nostro ambiente naturale sono solitamente inseriti in un contesto che definisce la posizione, l\'orientamento e le dimensioni dell\'oggetto stesso. L\'attività percettiva tiene conto soprattutto delle relazioni che si stabiliscono tra un oggetto inserito in una scena e la scena stessa. Dunque, tutto ciò che percepiamo è influenzato dall'ambiente circostante: nel momento in cui cambio l'ambiente circostante al quadrato in figura, cambia la percezione che ho del quadrato stesso, così come il cerchio, che appare più grande se circondato da figure più piccole, nonostante sia della stessa identica dimensione dell'altro. LA PROFONDITÀ Teorie sulla percezione della profondità: Il primo a occuparsi di profondità come se fosse una percezione indiretta, cioè che non dipende da ciò che stiamo osservando, ma è inferita da noi è Berkeley (1709), seguito da von Helmholtz (1866) e da Rock (1983) che sostengono che noi abbiamo una conoscenza e una percezione dell'ambiente che ci circonda e a cui siamo esposti che ha determinate caratteristiche, a partire dalle quali andiamo ad inferire un discorso di profondità. In particolare: \- Berkley: la profondità e la distanza si recuperano attraverso il tatto e il movimento; i dati visivi (bidimensionali) devono essere integrati dalle conoscenze acquisite attraverso le esperienze tattili e motorie. \- Von Helmholtz: l'inferenza inconscia è quel processo che supplisce, sulla base dell\'esperienza passata, i dati insufficienti raccolti dagli organi di senso (la tridimensionalità può essere solo ipotizzata). \- Rock: il dato incompleto viene integrato dalla conoscenza posseduta dal percipiente. Teorie della percezione della profondità diretta, che sono quelle psicofisiche, elaborate da Gibson (1950, 1966, 1969): l'informazione raccolta dall'occhio è tutta quella necessaria per percepire la profondità. La luce non consente solo di vederci, ma è un veicolo strutturato e ben ordinato di informazioni. La luce riflessa dagli oggetti converge negli occhi in un fascio di raggi che formano angoli di un\'ampiezza che varia in funzione della distanza e della posizione degli oggetti. Tanti studi si sono occupati di capire in che periodo di vita iniziamo ad avere una percezione di profondità delle cose: uno studio interessante degli anni '60 ha dimostrato che già a 6 mesi i bambini hanno una percezione di profondità. Lo studio è stato condotto mettendo un bambino in uno scatolone gigante, che aveva una pavimentazione a scacchi per metà, e per metà un visual cliff = un pavimento di vetro trasparente sotto il quale vi era una buca. Dall'altro lato dello scatolone c'era la madre, con il compito di chiamare a sé il bambino: è stato dimostrato che fino ai 6 mesi i bambini chiamati dalla madre proseguivano su questa pavimentazione, fregandosene della profondità, mentre dopo i 6 mesi si fermavano ed evitavano di passare sopra la finta buca, avendo in qualche modo acquisito il concetto di profondità. Questo è importante perché le due teorie erano in qualche modo divise in una via indiretta di percezione di profondità che è esperienziale e una diretta che è fisica, mentre qui si dimostra che non c'è né una né l'altra, fosse stata una percezione diretta fisica il bambino avrebbe dovuto aver paura fin dal principio, mentre invece no. ANALOGIE Entrambe le teorie (percezione diretta e indiretta) riconoscono l'importanza, per la definizione di profondità, degli indici diversi fisiologici di profondità. In particolare: Gli indici di profondità (dipendono dal funzionamento degli organi sensoriali): Accomodazione Convergenza Disparità binoculare Gli indici pittorici di profondità (dipendono dalle informazioni provenienti dallo stimolo osservato): Sovrapposizione: l'oggetto che non è sovrapposto (oggetto occluso) viene percepito come più lontano, dietro all'oggetto che lo copre (oggetto occludente) Altezza del campo visivo: ciò che si trova nella parte più alta del nostro campo visivo viene percepito come più lontano Ombreggiatura: cambiando l'illuminazione, una stessa superficie ci apparirà concava o convessa Prospettiva lineare: tutte le linee che convergono in un unico punto in lontananza ci danno l'idea di profondità Gradiente di tessitura: le micro-strutture superficiali che riflettono in qualche modo la luce ci danno l'idea di profondità Grandezza relativa degli oggetti: decresce in funzione della distanza È importante sottolineare che tutto ciò vale SOLO PER LA PERCEZIONE VISIVA, e non per la percezione in generale, perché ci sono stimolazioni e gradi di elaborazione completamente diversi dal senso della vista: il senso finale può essere lo stesso, ma il processo che porta a quel l\'elaborazione è completamente diverso. Studiare l'olfatto o il tatto è molto più complesso rispetto allo studio della vista, che viene condotto seguendo la via del dove (dove si trova quell'oggetto) e la via del come (come viene percepito quell'oggetto). 24/10/2024 L'APPRENDIMENTO Che cos\'è l\'apprendimento e come apprendiamo? L\'apprendimento può avvenire in diversi modi: · IMITAZIONE DEI MODELLI, tramite l'osservazione; · RIPETIZIONE; · ERRORE; · CONDIZIONAMENTO; Di base tutti noi abbiamo preferenze nell\'apprendimento (c'è chi apprende meglio attraverso stimoli visivi, uditivi, letterari, ecc..), ma non si può dire o pensare che tutti noi abbiamo metodologie di apprendimento diverse e che senza quelle che preferiamo non apprendiamo. Nel corso degli anni si sono sviluppate falsità riguardo l\'apprendimento, come la teoria della lettura veloce o dell\'apprendimento durante il sonno. Quest\'ultimo può essere paragonato all\'Effetto Mozart, teoria in voga anni fa. Tale effetto, infatti si basa su esperimenti che hanno dato un determinato risultato in una determinata condizione, ma non può essere considerato attendibile, dato che tutti gli esperimenti fatti successivamente non hanno mai riconfermato la tesi. Per esempio, la teoria secondo cui la musica classica facesse bene al feto nel grembo materno è stata smentita, poiché si è sperimentato che in realtà la musica facesse sentire bene la madre, di conseguenza potesse portare benefici al bambino. Non possiamo dunque dire che la musica avesse effetti benefici direttamente sul feto. Riprendendo il discorso dell\'apprendimento nel sonno, diversi studi hanno dimostrato che in realtà durante il sonno si tende a dimenticare tutto ciò che di meno rilevante è accaduto durante la giornata. L\'apprendimento, infatti, avviene per mezzo della ripetizione e durante il sonno essa non avviene (perlomeno non in maniera cosciente) e perciò si tende a dimenticare, molto va nell\'oblio. Cosa facciamo nel processo di apprendimento? In questo processo acquisiamo nuove conoscenze che ci portano ad un cambiamento comportamentale, relativamente permanente. Imparando, infatti, modifichiamo il nostro comportamento e tutti lo facciamo in maniera diversa. Su ciò influiscono diversi aspetti, tra cui: · strategie cognitive PERSONALI, stili di apprendimento, esperienze individuali e collettive; · fenomeni dell\'AMBIENTE CIRCOSTANTE, informazioni e stimoli provenienti dalla realtà esterna; · MODELLI, formalismi, teorie e dinamiche delle agenzie comunicative; · MEZZI di comunicazione e processi che regolano lo scambio di informazioni. Tra le principali teorie dell\'apprendimento si annoverano le teorie comportamentistiche, cognitiviste e costruttiviste. È importante specificare, però, che gli apprendimenti NON sono dovuti a una crescita personale o una nuova acquisizione di specie o a comportamenti temporanei (camminare, per esempio, è frutto della maturazione della nostra specie, quindi non è considerato parte dell\'apprendimento). TIPOLOGIE DI APPRENDIMENTO Abbiamo diverse tipologie di apprendimento: APPRENDIMENTO NON ASSOCIATIVO: apprendiamo fondamentalmente perché ci abituiamo, per assuefazione, sensibilizzazione (= 1 solo stimolo); APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO: associamo uno stimolo ad una risposta. Abbiamo inoltre: · Condizionamento classico (o associativo) basato sull\'associazione di stimoli; · Condizionamento operante (o strumentale) basato sull\'associazione stimolo-risposta-conseguenze; · Apprendimento Complesso basato su rappresentazioni mentali più complesse delle semplici associazioni: Ø IMPRINTING (base innata + esperienza ambientale); Ø MODELLAMENTO (Modelling: apprendimento tramite osservazione); Ø IMITAZIONE (osservazione + pratica); Ø APPRENDIMENTO VICARIO: non faccio esperienza diretta ma in maniera diretta capisco e imparo (condizionamento per esperienza indiretta). APPRENDIMENTO NON ASSOCIATIVO Tipo di apprendimento più fisiologico, avviene attraverso uno stimolo e può essere di due tipi: 1\. Abituazione: riduco il mio comportamento in risposta a uno stimolo. Esempio: è diverso il rumore di un'ambulanza per una persona che abita a Roma ed una che è cresciuta in un paesino. Magari quando il soggetto torna nel suo paesino si deve riabituare a quel suono (si arriva a non essere più neanche affascinati da quel suono, lo ignori, sei abituato, poi è solo uno stimolo allertante, non lo associ a qualcosa di negativo o positivo). Un caso di abituazione ambientale non fisiologico sono le droghe ed il tratto caratteriale è ignorare lo stimolo ambientale. 2\. Sensibilizzazione: avviene in riferimento ad uno stimolo minaccioso, nocivo. È un aumento della risposta comportamentale in seguito ad uno stimolo intenso. Esempio: sono più sensibile a qualcosa come, da un punto di vista fisiologico, all\'alcol, o piuttosto sono più sensibile al rumore di una moto. Queste tipologie di apprendimento in realtà sono di breve durata: quando cambio ambiente, cambio metodologia di apprendimento perché non è duraturo nel tempo, ma dura finchè dura nell\'ambiente e c\'è lo stimolo dove sono presente. Nel caso, però, in cui sia fisiologico, tipo le droghe, non è di breve durata. APPRENDIMENTO DI TIPO ASSOCIATIVO Eric Kandel ha cercato di studiare l\'apprendimento non associativo con uno stimolo doloroso su una lumaca. Stimolava la lumaca al fine di farla salivare, ricevendo quindi una risposta comportamentale. E quello che ha tentato di fare è cambiare la metodologia di stimolazione. Quindi, da un iniziale apprendimento di tipo non associativo, lo ha fatto diventare di tipo associativo. Questo si basa su un'associazione di stimoli: ci deve essere una relazione tra gli eventi, perché quello che si impara è l\'associazione in sé. CONDIZIONAMENTO CLASSICO (Pavlov)-STIMOLO + STIMOLO = RISPOSTA Il condizionamento classico è il più banale di tutti e si basa sul riflesso. Ha luogo quando un riflesso innato segue uno stimolo. L\'organismo apprende che ad un evento ne consegue un altro. Pavlov si accorse che, nel momento in cui camminava nel laboratorio all\'orario di pranzo, il cane che c\'era nel corridoio iniziava a salivare. Quindi si chiese: Come è possibile che lui salivi anche se non gli sto portando del cibo? Avrà capito che quando cammino in un determinato modo e passo di qui sto andando a mangiare? Esperimento: Pavlov prese il cane e gli presentò il cibo. Il cane inizia a sbavare. Stimolo non condizionato = il cane mette in atto una risposta, ovvero la salivazione. Ma se prima di presentare il cibo do un altro stimolo, che succede? Allora Pavlov, a questo punto, prima di presentare il cibo al cane, gli presenta uno stimolo che di base non lo fa salivare: suona una campanella. Dopo il suono della campanella presenta il cibo al cane, lo stimolo iniziale, e nota che presentata in un lasso di tempo quasi immediato, essa provoca la salivazione nel cane. Uno stimolo che, ripetutamente, ne anticipa un altro diventa capace, anche da solo, di evocare automaticamente la risposta comportamentale legata, di norma, al secondo stimolo. Ma a questo punto il cane saliva per il cibo o per la campanella? Per la campanella. L\'esperimento evidenzia che il cane saliva allo stimolo della campanella. Gli stimoli sono non condizionati quando sono fisiologici e condizionati quando c\'è uno stimolo che provoca una risposta (puoi cambiare lo stimolo e la risposta è la stessa, ma l\'associazione è differente). Ad un certo punto Pavlov presentava solo la campanella e non più il cibo, e così spariva il condizionamento del cane, andando verso l'estinzione. Fa, inoltre, un altro esperimento: inizia a presentare un altro stimolo, come una luce. Il cane arriva, così, a salivare per la luce, mentre è sotto lo stimolo campanella=salivazione. Disapprende l\'associazione iniziale e per lui l\'associazione di base nuova è campanella=salivazione, mettiamo quindi un altro stimolo condizionato. Ipotizzando invece che il cane abbia disimparato il condizionamento, quando ripropongo l\'associazione, dopo un certo lasso di tempo che non l\'ho più presentato, in realtà sarà più facile per il cane reimparare il condizionamento. Il cane è sensibilizzato, a questo punto, perciò riapprende prima gli stimoli e l\'apprendimento. Se prima ci aveva messo 30 volte per imparare, adesso ce ne mette 5. La stimolazione sensoriale è un po\' quello che abbiamo visto col piccolo Huggins, il bambino che sviluppava la fobia per il topo perché al topo era stato associato un rumore forte (la maggior parte delle fobie nasce così, perché la fobia è associata a uno stimolo). L\'allontanamento dal fuoco è un'associazione fisiologica, una risposta fisiologica alla paura. Il dolore è una risposta fisiologica. La fobia non è per forza derivata da uno stimolo. Ti faccio apprendere una non associazione per superare la fobia. Per esempio fai vedere una foto dell\'oggetto fobico, lo mostri e dimostri che non succede nulla, in un secondo momento poi porti il soggetto davanti all\'oggetto fobico. Di base la fobia è una risposta ansiosa. La paura, invece, è diversa perché ci puoi convivere, la puoi conoscere se vedi che non ti reca danno e non sempre comprende la risposta ansiosa. CONDIZIONAMENTO CASSICO Step del condizionamento classico: 1\. ACQUISIZIONE: maggiore è la frequenza di accoppiamento tra stimolo condizionato e stimolo incondizionato, maggiore è la frequenza di intensità di comparsa della risposta condizionata (fino a un certo livello); 2\. ESTINZIONE: se dopo l\'apprendimento viene ripetutamente presentato solo lo stimolo condizionato, la risposta condizionata progressivamente scompare; 3\. RECUPERO SPONTANEO: dopo un certo tempo la risposta condizionata riappare alla presentazione dello stimolo condizionato (senza lo stimolo incondizionato!); 4\. GENERALIZZAZIONE: la risposta condizionata si estende agli stimoli simili allo stimolo condizionato; 5\. DISCRIMINAZIONE: processo attraverso cui il soggetto viene addestrato a produrre una risposta condizionata ad uno stimolo condizionato e non ad un altro, per quanto simile (es: posso condizionare il cane a rispondere al tono mi, se presento il sol non avrà reazione. Discrimina lo stimolo, non reagisce a qualsiasi rumore o suono, e per i cani funziona anche la parola). Stimoli e risposte sono dunque: · Stimolo incondizionato (SI): stimolo che esplicita automaticamente una risposta, generalmente attraverso un rifesso, senza un precedente condizionamento; · Risposta incondizionata (RI): risposta fornita originariamente allo stimolo incondizionato, utilizzata come base per stabilire una risposta condizionata ad uno stimolo precedente neutro; · Stimolo condizionato (SC): stimolo precedentemente neutro che arriva ad esplicitare una risposta condizionata. tramite l'associazione con uno stimolo incondizionato; · Risposta condizionata (RC): risposta appresa o acquisita da uno stimolo che originariamente non la evocava (cioè dallo stimolo condizionato). CONDIZIONAMENTO OPERANTE Un altro tipo di condizionamento è il condizionamento operante. Il condizionamento operante riprende il concetto di condizionamento classico, ma esclude la parte relativa alle risposte automatiche evocate dall\'organismo. Fondamentalmente il condizionamento operante si basa su tutte le risposte messe in atto nella vita di tutti i giorni, risposte quindi comportamentali, che possono andare incontro a due situazioni: o sono rinforzati o sono brevi, quindi o quel comportamento ci porta a una cosa piacevole o quel comportamento ci porta a una cosa spiacevole. Su questo si basa tutto il condizionamento operante. Il condizionamento operante nasce quasi prima del discorso di Pavlov ed è basato su un esperimento semplicissimo: chiuse un gatto in una box, nella box c\'era una porticina che si apriva tramite una catenella. Quindi il gatto abituato, come facciamo tutti noi, immersi in un ambiente nuovo, inizia ad esplorare e muoversi casualmente. Dopo un po\', per caso, tocca la catenella che apre la porta ed esce. Lo rimette nella gabbia e avviene lo stesso procedimento. Dopo un po\' il gatto apprende, tramite tentativi ed errori: le risposte sono emesse per caso, non hanno un senso e ad un certo punto provocano una conseguenza. Quando provocano una conseguenza positiva, ossia che il gatto è riuscito ad uscire, significa che si è appreso questo comportamento tramite tentativi ed errori. Questo dimostra un\'altra delle tecniche di apprendimento, ovvero quella per tentativi ed errori (osservati nella Skinner Box). SKINNER BOX La Skinner Box si basava sul superamento del condizionamento classico, ovvero provava a strumentalizzare e a definire come avvenivano comportamenti più complessi. Quindi il CONDIZIONAMENTO CLASSICO fondamentalmente si basa su una relazione tra eventi, su una relazione di eventi che esplicita una risposta a uno stimolo fisiologico ecc. Il soggetto è passivo, subisce il condizionamento perché tanto la risposta alla salivazione l\'avrebbe comunque avuta, solo che impara ad averla con un altro stimolo: non fa niente per apprendere sono io che lo condiziono, l\'esterno o l\'ambiente (non per forza l'uomo). Nel CONDIZIONAMENTO OPERANTE, che invece si basa sul discorso di prove ed errori, la relazione appresa tra gli eventi è risposta-conseguenza. Quindi io metto in atto questa risposta ad una conseguenza e apprendo questa associazione, il soggetto è attivo in questo condizionamento. Se invece fosse fermo non potrebbe avere un condizionamento operante. Se fa qualcosa, quel qualcosa avrà una conseguenza e imparerà che è una conseguenza positiva o negativa. Esperimenti di Skinner Iniziò con dei topi in una Skinner Box dandogli di tutto, perché voleva stimolare l\'ambiente. Il topo dopo un po' imparava per errori che, se avesse pigiato un tasto, sarebbe uscito del cibo. Quindi se avesse avuto fame, sarebbe stato spinto a premere. Diverso era se quando premeva arrivava una scarica elettrica: imparava a non mettere in atto quel comportamento, che era un comportamento di esplorazione. Ciò prese il nome di "rinforzi e punizioni". Questo esperimento è stato utilizzato per spiegare la dipendenza alla cocaina (dopo un po' il topo la preferiva al cibo) o all'alcol (preferiva l\'alcol all\'acqua): era condizionato perché aveva una risposta più positiva. Noi viviamo per ottenere più rinforzi possibili, più piaceri possibili ed evitare quanto più punizioni possibili, allontanandoci dal dolore. Questo funziona allo stesso modo per tutti gli animali: un qualsiasi animale, nel momento in cui lo rinforzi, ha sicuramente la possibilità di aumentare la frequenza di comparsa di quel comportamento. Se provo a far condizionare il mio cane e gli do da mangiare ci riesco, se invece gli do uno schiaffo o uso un collare elettrico otterrà l\'effetto opposto: non ci riuscirò mai perché si allontanerà dal dolore mentre si avvicinerà al piacere. Il concetto alla base è sempre lo stesso: rinforzo positivo: ci avviciniamo al piacere. rinforzo negativo: ci allontaniamo dal dolore (piacevole allo stesso modo). punizione positiva: ci avviciniamo al dolore. punizione negativa: ci allontaniamo dal piacere. Un rinforzo positivo e un rinforzo negativo hanno lo stesso effetto e lo stesso vale per le punizioni. La cosa interessante di questa teoria è che in qualche modo è come se associasse non più la causa all\'effetto, ma l\'effetto alla causa (es. a me succede questa cosa, so che è buona e metto in atto o evito questo comportamento). Diciamo che queste due tipologie di apprendimento che abbiamo visto finora sono quelle più note, più sviluppate, che eliminano quasi tutte le risposte comportamentali che abbiamo esaminato, però ci sono anche altre metodologie di apprendimento. APPRENDIMENTO OSSERVATIVO Un\'altra tipologia di apprendimento è l'apprendimento osservativo di Bandura: ritorniamo ad un apprendimento di tipo passivo (ossia io non sono più agente, se non solo per il fatto di osservare qualcosa, ma non faccio nulla) ma in qualche modo metto in atto e osservo, imparo da dei modelli di riferimento (è ciò che succede tra un genitore e un figlio, nella maggior parte dei casi). Esempio: io ho dei modelli, che riesco a seguire, reputo quel modello per qualche ragione valido e osservo quel modello, quello che fa quel modello lo faccio pure io. Esperimento di Bandura Nella prima lezione abbiamo visto un esperimento importante che fece Bandura per dimostrare l\'apprendimento osservativo: mise un bambino in una camera della strange situation (una camera in cui c\'è uno specchio in una sola via, vedo quello che succede dentro la stanza ma non vengo visto, come quello degli interrogatori) dietro questo specchio ad osservare quello che succedeva nella stanza, al cui centro vi era una bambola di pezza. Nella stanza veniva fatto entrare il genitore che era addestrato a fare una di queste tre cose: ignorare la bambola, comportarsi in maniera aggressiva verso la bambola oppure comportarsi in maniera non aggressiva. Naturalmente il bambino, osservando questa situazione per un po\' di volte, quando viene annesso nella stanza, si comporta nello stesso modo del genitore e nella maggior parte dei casi viene preferito imitare il genitore dello stesso sesso. Finora in tutta questa parte, Bandura è una via di mezzo perché un po\' va fuori, abbiamo parlato di apprendimenti per lo più semplici, perché i periodi storici in cui quelle teorie si sono sviluppate appartengono al periodo storico in cui era in voga il comportamentismo; quindi, quello che interessava agli studiosi era il comportamento. Quando il comportamentismo viene superato, si inizia a sviluppare la prospettiva cognitivista che si allontana dal comportamento e prova a ragionare in termini un po\' più complessi: inizia a lavorare anche sull\'apprendimento, provando a dimostrare che noi non siamo solo condizionamento classico e condizionamento operante oppure apprendimento per osservazione, ma siamo molto di più, perché il nostro cervello è caratterizzato da rappresentazioni mentali ecc. Noi creiamo, mettiamo in atto comportamenti e azioni mentali molto più complesse di quelle alla base di quei condizionamenti. APPRENDIMENTO LATENTE Quindi si sono iniziate a teorizzare diverse forme di apprendimento, una di queste molto interessante è l\'apprendimento latente che si basa su mappe cognitive e rappresentazioni mentali, soprattutto per quanto riguarda le rappresentazioni e le relazioni spaziali. Esperimento di Tolman Tolman studiava l\'apprendimento, anche lui, attraverso i topi. Aveva questi due gruppi di topi a cui in qualche modo voleva insegnare relazioni spaziali e mappe cognitive intese come risoluzione di un labirinto: mise i topi all\'inizio del labirinto e per capire dopo quanto questi imparavano la rappresentazione spaziale complessa (perché il labirinto è complesso, non c\'è una sola azione, non è che arrivava in cava e usciva il cibo). Affinché uscisse il cibo il topo doveva finire tutto il labirinto. Questo partiva dal presupposto che nel momento in cui lui riusciva a fare pochissimi errori, cioè non sbatteva sul muro, significa che lui aveva appreso la mappa, che è molto più difficile di apprendere appunto un rinforzo dettato dal "mi fa male, non mi fa male, mi dà piacere, non mi dà piacere". Ha fatto esperimenti con tre gruppi di topi: Lui stava studiando questo comportamento con rinforzo e senza rinforzo: alla fine del labirinto ci metteva il cibo o non ci metteva il cibo, provando a dimostrare che l\'apprendimento, quindi la media degli errori, con rinforzo era più bassa di quella senza rinforzo, cioè il topo apprendeva prima. Quindi i topi iniziavano a sviluppare una sorta di abbassamento reale della media degli errori intorno all\'undicesimo giorno: dopo dieci o undici giorni i topi rinforzati apprendevano e facevano molti meno errori rispetto ai topi senza rinforzo, che apprendevano comunque ma ci mettevano di più, perché il fatto stesso di uscire in realtà era un rinforzo. Si accorse però che dando il rinforzo al decimo giorno, quindi non sempre, i topi dall\'undicesimo giorno in poi facevano una media di errori molto più bassa, anche dei topi rinforzati. Il presupposto di partenza è superare un labirinto, che pure per noi non è una cosa facile, cioè tu devi superarlo commettendo meno errori possibili non sbagliando quasi mai la strada (in un labirinto è difficilissimo non sbagliare quasi mai la strada). Significa che tu quando cammini hai la mappa di quel labirinto, infatti chi ha una buona memoria topografica fa tre volte il labirinto e se lo ricorda, chi ha una scarsa memoria topografica non riesce a memorizzarsi questa mappa spaziale. In quest'esperimento la differenza si trova tra l'apprendimento intenzionale e l'apprendimento latente. APPRENDIMENTO INTENZIONALE Vi sarà capitato sicuramente almeno una volta, considerando la memoria anche negli esami, che nonostante avesse studiato bene, poco prima dell\'esame quella cosa non la riuscite a ricordare in maniera intenzionale, mentre magari se vi viene chiesta in un\'altra situazione psicofisiologica riuscite a dirla. Quindi voi quel l\'apprendimento, quella informazione, l'avete categorizzata però non la riuscite ad esprimere o non riuscite a metterla in atto, perché è come se ve la portaste con uno schema cognitivo: nel momento in cui vi danno qualcosa per tirarla fuori lo fate meglio di un apprendimento intenzionale. Questa cosa è molto più complessa, perché va a scombussolare un po\' i termini delle neuroscienze perché, se nell\'intenzionale la sinapsi la utilizzo sempre, come è possibile che funziona di più quando l\'apprendimento è latente e non l'ho associato? In realtà succede una cosa fondamentale: un apprendimento latente, una mappa cognitiva, che io metto in atto, nel momento in cui ho il rinforzo, non avendo un\'abituazione al rinforzo, quello stimolo positivo che mi dà il rinforzo è molto più alto e io ricerco quello stimolo positivo da lì in fuori: è esponenziale la differenza che c\'è in un solo giorno. INTUIZIONE Un'altra tipologia di apprendimento, anche questa di tipo cognitivo, che si iniziò a studiare è l\'intuizione. Siamo nel periodo in cui si parlava tanto di genialità: il genio esiste o è solo cultura? È apprendimento o è qualcosa di più dell\'apprendimento? L\'intuizione è una soluzione improvvisa ad un problema, che non è usuale utilizzare (come se apprendessi delle conoscenze e le trasferissi in un altro ambito). Esperimento di Koehler Koehler iniziò a mettere delle scimmie in uno spazio abbastanza ampio con un po' di banane al centro di questa gabbia, in modo che le scimmie non ci arrivassero saltando. La maggior parte delle scimmie provava a saltare per raggiungere il banano, nessuno ci poteva arrivare per le leggi della fisica, quindi non riuscivano. In realtà inizialmente l'obiettivo era studiare la cooperazione, ossia come le scimmie cooperassero per superare questo problema, ma si finì per scoprire l'apprendimento. Ci si accorse che all\'interno del gruppo solitamente ci stava una scimmia che a differenza delle altre non perseverava in questo comportamento, ma in qualche modo si isolava (pensante), come se provasse a trovare una soluzione diversa. Affinché queste scimmie cooperassero, lui aveva messo delle cose a caso nella gabbia, in alcuni casi erano dei pezzi di legno. Nel primo esperimento una scimmia iniziò a prendere i pezzi di legno e ad attaccarli uno sull\'altro e con il legno fece cadere le banane. Questo è accaduto né per condizionamento né per apprendimento latente né per prova ed errori, ma per intuizione. Da qui partono tutti gli studi su che cos\'è il genio, l'intuizione, il problem solving (che ancora oggi è uno dei costrutti più studiati dell\'astrologia cognitiva), ovvero come riusciamo ad arrivare alla risoluzione dei problemi attraverso conoscenze che prendiamo da altri ambiti. IMPRINTING L'ultimo apprendimento è l\'imprinting,con cui in realtà torniamo indietro, in quanto è un apprendimento biologico. Lorenz, un biologo interessato alla biologia dell\'apprendimento, iniziò a studiare le tipologie di apprendimento e si accorse che ne esistono determinati tipi che caratterizzano in primis un oggetto biologico: la madre (da qui nascono tutti gli studi sull\'attaccamento). Si fissa sulla madre un modello di comportamento istintivo. Esperimento di Lorenz Le papere, come anche altri animali, mettono in atto una risposta di inseguimento: nascono e seguono la madre, identificandosi come un oggetto biologico. Lorenz si chiese se questo atteggiamento fosse dettato da un apprendimento o una risposta istintiva. Per scoprirlo, alla schiusa delle uova, si mise lui davanti le uova, partendo dal presupposto che l\'oggetto biologico fosse la prima cosa che veniva vista dopo la schiusa. Effettivamente le papere iniziarono a seguire lui come se fosse quell\'oggetto biologico. Caratteristiche dell'Imprinting: non richiede stimoli di rinforzo; esposizione passiva verso l'oggetto; è irreversibile non si può cambiare; è relativa ad un periodo critico; breve periodo di esposizione. Da ciò partono tutti gli studi sull\'attaccamento, sulle relazioni freudiane sono spiegate dal fatto che il genitore diventa l\'oggetto biologico (c\'è un legame di oggetto critico). Queste sono le tipologie di apprendimento più note e che più ci interessano, che ci spiegano tanti aspetti della nostra vita, considerando il versante di psicologia generale e psicologia cognitiva. DIFFERENZA TRA APPRENDIMENTO INTENZIONALE E LATENTE L'apprendimento intenzionale è un condizionamento operante, ovvero tu hai un rinforzo e hai la consapevolezza di ottenere una ricompensa, lo fai volutamente perché sai che c\'è una ricompensa. L'apprendimento latente emerge quando ti do una ricompensa, ma tu non lo fai per la ricompensa, non è tanto la risposta successiva ma è il motivo per cui lo stai facendo per l\'apprendimento, quindi giorni prima. Nel caso del rinforzo tu lo fai in maniera intenzionale perché c\'è la ricompensa (apprendi ad uscire prima dal labirinto per il cibo). Nel caso dell\'apprendimento latente tu il cibo non ce l\'hai quindi impari ad uscire, metti in atto questo schema cognitivo, ma non c\'è il rinforzo, nel momento in cui ti do il cibo allora viene messo in atto, ma se no quell\'apprendimento (che è anche più forte in alcuni casi) non lo fai per il rinforzo, non c\'è l\'intenzionalità di apprendere. Mentre quello intenzionale è quello del rinforzo operante. L\'imprinting e l\'apprendimento osservativo hanno delle cose in comune, ma non sono la stessa cosa In un caso, l\'oggetto da cui tu apprendi è biologico (come se interiorizzassi quell\'aspetto biologico) e soprattutto nel caso dell\'imprinting è limitato nel tempo: tu puoi avere l\'imprinting solo nel momento della nascita. Nel linguaggio comune si dice anche quando conosci una persona: deriva dal fatto che si può avere l'imprinting in quei secondi dopo la nascita, dopo che hai visto una persona. Nell\'apprendimento osservativo invece, tu ti comporti nel modo in cui pensi che si debba comportare la tua specie: se vedi una persona della tua stessa specie fare qualcosa, tu la fai come quella persona, osservi. Non è legato solo alla madre, al bambino, al genitore. Per esempio, un apprendimento osservativo che tutti noi attuiamo è metterci in approccio con i pari: tu ti comporti come i tuoi pari (es. cambia se sei nato a Roma Nord o a Roma Sud), noi osserviamo come si comporta la nostra "specie", o persone che rendiamo significative, per comportarci come loro. 28/10/2024 L\'ATTENZIONE È la capacità di evitare e resistere alle distrazioni e focalizzarsi su qualcosa (oggetti, pensieri, persone), è stata studiata all'inizio del '900 ed è la capacità di prendere coscienza internamente in una forma chiara. Alcuni la definiscono come la capacità di resistere alle distrazioni; noi riceviamo una miriade di informazioni e quelle informazioni in qualche modo vanno ad altre persone. L'attenzione ci permette di selezionare delle informazioni. Inizialmente era stata considerata come la capacità di evidenziare alcune informazioni, quello che poi è stato definito come focus attenzionale e la capacità di inibire delle altre. Tutto ciò che è sotto il nostro focus attenzionale lo percepiamo, assimiliamo e lo immagazziniamo, quello che sta nella periferia, inizialmente si pensava di no. L' attenzione si divide in: Endogena: interna, guidata dalle nostre motivazioni e aspettative; Esogena: guidata dagli stimoli esterni. Quando parliamo di attenzione, parliamo per lo più oggi in generale, di attenzione per gli stimoli, tutto quello che diciamo oggi è un pò più vero per quanto riguarda l'attenzione visiva. Parlando di attenzione che riguarda altri organi di senso in qualche modo cambia. ATTENZIONE VISIVA: Quello che succede nel nostro cervello nel momento in cui osserviamo l'immagine è che noi in qualche modo restringiamo, se ci è richiesto di attenzionare su uno stimolo specifico, cercando poi di ricostruire tutta la scena, ma tutto è molto limitante. L'attenzione a noi ci serve in qualche modo per essere situati nel mondo che ci circonda e noi abbiamo diversi modi di affrontare la relazione cervello-mondo e lo facciamo nell'ordine del tempo. Ma cosa significa in ordine del tempo? Noi siamo situati qui ora a livello di millisecondi, solo per quello che accade nel nostro cervello.Tutto quello che è fuori dal nostro cervello, richiede del tempo maggiore per l'elaborazione. Come facciamo a situarci in questa quantità di tempo che ci è richiesta per l'ambiente esterno? Facciamo dei: Movimenti oculari: fatti in millisecondi; i nostri occhi si muovono a prescindere dal movimento della testa e solo questa entra nei millisecondi, il movimento degli occhi con testa ferma, mantenendo il focus attenzionale su uno specifico stimolo, gli occhi creano i movimenti oculari di millisecondi e inviano segnali al cervello; Movimenti della testa: siamo nell'ordine dei secondi; c'è un movimento più complesso, un fatto neurale anche un pò più complesso; Movimenti del corpo: arrivando ai movimenti del corpo, parliamo di tutto il corpo che si muove nell\'esplorazione dell'ambiente e qui siamo nell'ordine di tempo dei minuti. In questo modo e soprattutto grazie all'attenzione, noi riusciamo a percepire tutto di quello che ci circonda, nella maggior parte dei casi e, partendo da queste considerazioni, il concetto di attenzione è stato un po evoluto e invece di parlare solo di attenzione endogena ed esogena, si parla anche di attenzione: Esplicita (OVERT): è l'esplicitare da parte del nostro corpo che uno stimolo ci sta catturando l'attenzione. Ci muoviamo verso quello stimolo, anche muovendo solo la testa; tutto ciò che richiede un movimento fa parte dell'attenzione esplicita, perché il movimento è per lo più intenzionale, quindi noi abbiamo l'intenzione di focalizzare la nostra attenzione verso lo stimolo. Implicita (COVERT): non ha alcuna modificazione visibile nel comportamento e noi possiamo rivolgere questa tipologia di attenzione, anche dove non stiamo osservando, dove non guardiamo in qualche modo. Per esempio, se dovesse succedere qualche rumore dietro di me, io mi accorgerei di questo rumore a prescindere. Osservare chi ho di fronte è attenzione esplicita, lo faccio volontariamente con dei movimenti del corpo. Quello che succede al di fuori del mio campo visivo è attenzione implicita; o comunque all'interno del mio campo visivo, ma io sono focalizzato su un'altra parte. (PARTE IMPORTANTE QUESTA DI ESPLICITA E IMPLICITA). Quello che succede nel nostro campo visivo: Focalizziamo l'attenzione verso un punto specifico nello spazio e da lì ricostruiamo l'immagine e da lì noi acquisiamo un senso, perché noi spostiamo l'attenzione verso quello stimolo, quell'attenzione ha degli stimoli sensoriali che recepisco e da lì ricostruiamo tutta la nostra scena. L'attenzione fu studiata inizialmente con esperimenti (principalmente sull'attenzione visiva) piccoli e semplici sui movimenti oculari. Si sono accorti che in base alle richieste dello sperimentatore i movimenti oculari erano diversi, nel senso che potevano essere molto più ampi, potevano essere più selettivi in uno specifico punto. Per esempio, si è visto che, per osservare il volto di una persona, il 90% dei movimenti oculari sono per lo più negli occhi della persona che si sta guardando e da lì creano un triangolo con naso e bocca. Questo perché? Perché a livello emotivo sono le zone che più ci predicono quello che in qualche modo sta provando l'altra persona o le emozioni che sta sperimentando l'altra persona. Come riusciamo a prestare attenzione e ad immagazzinare tutti i dati nella memoria? Questo avviene nella parte posteriore del cervello chiamata zona occipitale. Noi, per quanto riguarda il nostro sistema visivo, abbiamo una stimolazione posteriore che va in una doppia direzione e dal lobo occipitale (parte di dietro), si va verso sotto, ovvero verso il lobo temporale, quindi è una via OCCIPITO-TEMPORALE, che è la via del 'cosa', che cosa sto osservando? È la via più rapida chiamata occipito temporale, ci dà le prime informazioni su cosa sto osservando, è quella che interessa di più dal punto di vista della sopravvivenza. Abbiamo poi una seconda via, OCCIPITO-PARIETALE, che va verso sopra ed è la via del "dove". Alla fine entrambe le vie arriveranno nella corteccia e daranno l'unica informazione dell'oggetto. Questo è vero solo per la vista, ma le due vie sono separate per tutto il resto. Persone, per esempio, con lesioni temporali finiscono a dirmi dov'è un oggetto, ma non che cos\'è; viceversa, persone con lesioni parietali, sanno dirmi che cos'è, ma non riescono a categorizzare nello spazio. Ogni segnale che arriva e prende le due vie , esse partono in parallelo e sono separate per tutto il resto del tempo. Questa la chiede all'esame 100%. Ogni segnale che arriva e prende due vie, una va sotto, che è quella temporale, l'altra va sopra ed è quella del dove, ma non muoiono lì le informazioni, continuano per tutto il cervello, avanzano. Avanzando arriva nell'area frontale, un'area associativa, associa tutte le informazioni che arrivano tra di loro. Prende queste due informazioni, le mette insieme e ti dice cos'è e dov'è (millisecondi). Questi due percorsi avvengono contemporaneamente, le due vie sono parallele, la velocità delle vie dipende da che percorso fa e da dove devono arrivare. Partendo dai primi studi e da queste considerazioni quello che si sa ad oggi sull' attenzione è questo: abbiamo un INPUT, ovvero un orientamento atteso; riceve i dati dall'esterno. un' ELABORAZIONE dei dati ricevuti, e infine un OUTPUT , che raccoglie i risultati affinché possano essere input per i livelli successivi della rete neurale. Questo è orientato all'azione, il nostro cervello fa qualcosa perché noi poi dobbiamo agire, nella maggior parte dei casi. Raccoglie i risultati affinché possano essere input per i livelli successivi della rete neurale. Ognuno di que

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