Riassunto: A Scuola con le Tecnologie - PDF
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Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
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Questo documento PDF introduce il concetto di società informazionale. Nell'analisi del fenomeno, vengono identificate tre caratteristiche principali di questa nuova fase evolutiva della società: il passaggio dalla produzione ai servizi, la rilevanza delle nuove industrie basate sullo sviluppo scientifico e tecnologico e l’importanza delle nuove élite tecnologiche e della ricerca. Vengono inoltre descritte le basi materiali di una società che, grazie al web, elimina i confini degli stati, delle istituzioni e delle imprese nazionali.
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A SCUOLA CON LE TECNOLOGIE PARTE 1 – Società dell’informazione e fine dei mass media CAPITOLO 1 – Che cos’è la società informazionale Secondo Daniel Bell, nel suo saggio La società post-industriale, nella società post-industriale il valore sociale...
A SCUOLA CON LE TECNOLOGIE PARTE 1 – Società dell’informazione e fine dei mass media CAPITOLO 1 – Che cos’è la società informazionale Secondo Daniel Bell, nel suo saggio La società post-industriale, nella società post-industriale il valore sociale ed economico viene creato non più dalla produzione e vendita di beni, ma dai servizi ad alto contenuto di informazione e conoscenza che i beni possono veicolare, come benessere, immagine, cultura o status. Bell individua tre caratteristiche principali della società post-industriale, che oggi viviamo: 1. Il passaggio dalla produzione ai servizi come fonte principale di creazione del valore. 2. La centralità delle nuove industrie basate sullo sviluppo scientifico e tecnologico. 3. L’importanza crescente delle nuove élite tecnologiche e della ricerca. Bell distingue inoltre tre elementi fondamentali della società post-industriale: 1. Dati e informazioni che descrivono e rappresentano il mondo empirico. 2. Organizzazione di tali dati in sistemi e modelli significativi (statistiche). 3. Conoscenze e innovazioni utili per il mondo sociale e produttivo derivanti da tali dati. Solo dopo la rivoluzione di Internet (1996-2001) si può parlare di società informazionale. Fino al 1996, Internet non era la tecnologia predominante e per la maggior parte dei cittadini, i mass media tradizionali dominavano ancora in maniera netta. Negli ultimi 30 anni si è sviluppata una nuova forma di organizzazione produttiva e sociale legata all’economia delle reti digitali e dei flussi informativi, relegando così gli strumenti della fase precedente a una posizione secondaria. Gli immigrati digitali, ossia coloro che hanno vissuto il passaggio tra le due fasi, trovano spesso difficoltà a comprendere i nuovi sviluppi della società. Società informazionale La società informazionale è caratterizzata da un costante e continuo scambio di flussi di informazioni digitali e di procedure che li attraversano. La co-evoluzione della società e delle tecnologie digitali ha creato nuove basi materiali per una struttura sociale che, attraverso il web, supera i confini degli stati, delle istituzioni e delle imprese nazionali. Le reti digitali riplasmano la società operando su quattro livelli: 1. Organizzano la posizione degli attori, delle organizzazioni e delle istituzioni all’interno della società e dell’economia. Un esempio di questa organizzazione a rete asimmetrica è la posizione di una città di una singola regione o stato all’interno del sistema dell’economia mondiale. Città come Bombay o Shanghai sono nodi fondamentali della rete dei flussi, pur ospitando sacche di povertà nei loro territori. 2. La dinamica sociale e i rapporti tra i nodi sono sempre più legati alla capacità di un sistema sociale, di un’istituzione o di un individuo di influenzare i flussi in termini di innovazione, creatività, capacità di contatto e attrazione di consensi e visibilità. 3. Il modo di comunicare di alcuni politici, che bypassa i mass media tradizionali, e che attraverso la viralità della rete si trasforma in consenso e voti. I flussi del potere si trasformano facilmente nel potere dei flussi (Castells). La rete dei flussi è soggetta a una dinamica trasformativa molto veloce e a rapide perturbazioni, sia positive che negative. 4. La scoperta scientifica genera un incremento dei flussi della comunicazione scientifica. Un attacco terroristico, ad esempio, genera conseguenze rilevanti a livello sociale, economico e culturale, come improvvisi crolli di borsa o mutamenti nell’orientamento politico dell’opinione pubblica. Non si può ridurre all’uniformità la molteplicità del capitalismo informazionale, un mondo multipolare che non può essere ricondotto all’unità. Il potere degli individui e delle organizzazioni dipende sempre più dalla capacità di accesso alla conoscenza, di generarne di nuova e di comunicarla efficacemente, reimmettendola nella rete globale. Da questo nasce la necessità per ogni istituzione di gestire la propria identità anche sulla rete e di comunicare online i propri risultati di ricerca, gestione e produttività. Il tasso di competitività dipende quindi dalla capacità di innovare e creare nuova conoscenza. Il flusso sempre attivo dei nuovi media, che creano immagini, suoni e video, è un elemento fondamentale. I vecchi media non sono abbastanza veloci e non rispondono più ai bisogni del contesto macro-sociale. Secondo Jeremy Rifkin, si tratta di capitalismo culturale: comunicazione, formazione e knowledge management tendono a diventare una potente leva per il cambiamento delle organizzazioni della società. Allo stesso modo, i knowledge workers diventano il principale fattore di creazione del valore nelle società complesse. Dal punto di vista digitale, l’affermazione delle connessioni a banda larga ha permesso di sfruttare le potenzialità di un ambiente mediatizzato esteso, nel quale sviluppare la fruizione interattiva e bidirezionale delle informazioni, comunicazioni, divertimento e formazione, creando un’ipermedialità interattiva reale. Il modello di comunicazione fino all'ultimo quarto del '900 Fino all'ultimo quarto del '900, il modello di comunicazione era caratterizzato da: Una struttura centro-periferia. Comunicazione uno-molti. Un contesto nazionale fortemente condizionato dalla lingua. Nella società dei mass media, il ruolo della trasmissione dei saperi, della comunicazione e dell’informazione era svolto dall’industria culturale locale, nazionale o comunque della stessa matrice linguistica della nazione di appartenenza. I fruitori erano passivi e il loro contributo si limitava all’acquisto di un quotidiano piuttosto che un altro e alla fedeltà a un canale televisivo o programma. L’antropologo Arjun Appadurai suddivide i contenuti culturali in alcune categorie: Mediorami: capacità dei centri di produzione di diffondere informazioni e immagini culturali e rappresentazioni del mondo, creando vasti e complicati repertori di immagini e narrazioni. Questo è il flusso dei simboli. Etnorami: mondo delle merci, delle notizie e della politica, manifestato attraverso TV, file musicali, film, CD, DVD, migrazioni e “diaspore” umane. Ideorami: dibattiti delle idee; modello uno-molti che veicolava modelli di consumo e stili di vita, seguendo una dinamica centro-periferia. Tecnorami: movimento delle tecnologie. Dal 1996, gli ideorami si producono e impattano sulla società in maniera differente. I media digitali hanno disciolto la comunicazione di massa della seconda metà del '900 in un numero infinito di bit. I contenuti si sono trasformati in uno sciame organico e magmatico che può essere navigato in maniera interattiva da tutti coloro che hanno accesso al web e ai social media tramite dispositivi. La fine dei mass media tradizionali è descritta da Bolter e Grusin come un processo di ri-mediazione, dove i mass media e i loro contenuti si inseriscono in un nuovo modello di comunicazione digitale caratterizzato dalla convergenza e divergenza digitale. Questo ha portato a una trasformazione radicale di tutto il settore dell’industria dei media, dell'editoria e dell'intrattenimento, e della comunicazione. Le parole chiave per comprendere questa dinamica Disintermediazione digitale: Le grandi multinazionali tendono a eliminare i punti di mediazione rispetto all’utenza, offrendo i loro servizi direttamente tramite web, social media e dispositivi digitali. Ad esempio, Amazon rende obsolete librerie e negozi di elettronica, riducendo i costi di distribuzione. La disintermediazione ha eliminato l’egemonia dei supporti fisici che dominavano il mercato fino alla fine del '900, sostituendoli con il download digitale su dispositivi o la fruizione in cloud. Questo ha causato una grave crisi non solo per i supporti fisici, ma anche per i canali di distribuzione dell’informazione (TV, quotidiani), della cultura e dell’intrattenimento (librerie, negozi di dischi, biblioteche), della formazione (libri scolastici, saggistica) e dell’entertainment (Blockbuster). La transizione è passata dal paradigma centro- periferia di McLuhan a un paradigma a rete, dove ogni nodo ha un potenziale maggiore in base ai contatti e alle transazioni commerciali, sociali e culturali che intermedia. La rete connette tutti i nodi sullo stesso piano senza asimmetrie strutturali; le differenze risiedono nel potenziale di contatto, determinato dal numero di contatti e dalla qualità della reputazione e affidabilità di quel nodo sulla rete. Interattività e personalizzazione: C’è una relazione bidirezionale tra i nodi della rete. Il proprio dispositivo è contemporaneamente emittente e ricevente. I mass media tradizionali funzionano in modalità "push", spingendo informazioni verso l’esterno. Invece, il contenuto digitale viene fruito attraverso una logica "pull", dove l’utente sceglie da un menu di offerte. L’utente esplora i contenuti prima di fruirli, attraverso una modalità di prova ed errore in uno spazio digitale dinamico e aperto. La televisione diventa "push-pull", poiché il digitale introduce nella fruizione storicamente "push" un elemento significativo di scelta e interattività. Service and content providing: Grandi società digitali globali come Apple, Google, Amazon e Facebook sono oggi i principali fornitori di servizi di comunicazione digitale. - Google: Nato come motore di ricerca, Google è diventato un gestore dell’identità online. Fondata da Larry Page e Sergey Brin, l'azienda ha sviluppato l'algoritmo PageRank, che valuta le pagine web in base ai link ricevuti. Oggi offre numerosi servizi web gratuiti e a pagamento, come YouTube, Gmail, Google Apps, Google Maps e Google Drive. È anche il principale sviluppatore del sistema operativo Android e commercializza una linea di smartphone. Google è il principale gestore di big data al mondo, registrando dati di navigazione e ricerca che vende agli uffici di marketing delle aziende. Ha investito in progetti innovativi come l’intelligenza artificiale. - Apple: Dai personal computer alle app, Apple è stata fondata da Steve Jobs e Steve Wozniak. Dopo aver lanciato il Macintosh nel 1984, Apple ha aperto i primi Apple Store nel 2001. La musica è stata la prima a diventare digitale con l'iPod e iTunes, e Apple ha iniziato a profilare e fidelizzare decine di milioni di utenti tramite l’acquisizione di dati personali e bancari. Con l’introduzione di dispositivi come l’iPhone e l’iPad, Apple ha rivoluzionato il settore dei device. Questi dispositivi multitouch possono funzionare come fotocamera, lettore di file multimediali, client di posta elettronica e permettono di accedere al web tramite Wi-Fi. Apple ha poi investito nello storage digitale con iCloud e sta sviluppando sistemi integrati per la guida autonoma nelle autovetture. - Amazon: Da distributore di libri per posta a gigante della logistica mondiale. Fondata da Jeff Bezos nel 1994 e lanciata nel 1995 come libreria online, Amazon permetteva agli utenti di acquistare libri cartacei online con consegna diretta al domicilio. Il vantaggio consisteva negli sconti e in un catalogo vastissimo. Il problema principale per i concorrenti di Amazon era la gestione del magazzino e il reperimento dei volumi da inviare. Bezos decise di investire i capitali ricavati nell’idea di dotare Amazon di un magazzino autonomo, che si rivelò la chiave del successo. Oggi, Amazon possiede circa 100 centri logistici in tutto il mondo. Si è poi espansa in altri settori, come l'hardware con i lettori Kindle per e-book, e compete con dispositivi come l'iPad e i tablet Samsung. Amazon Prime è un altro servizio di punta. Secondo Rifkin, è cambiata la materia prima che muove l’economia: il ruolo della creazione, produzione e vendita di cultura è diventato fondamentale per la creazione di valore e l'incremento della redditività di un’impresa. Nell'era dell'informazione, diventa sempre più strategico l'accesso a beni immateriali e servizi, che comprendono i vissuti individuali e collettivi, le idee e le tradizioni. Facebook e gestione della privacy: La domanda del consumatore si sta spostando da "che cosa vorrei possedere che ancora non ho?" a "che cosa voglio provare che ancora non ho provato?". Per generare vendite, è necessario comunicare un’esperienza personale, un mondo di valori e appartenenze, e un prodotto che interagisca in modo proattivo con la psicologia e i vissuti degli individui e delle loro comunità. Il valore delle esperienze: Diventa centrale l'esperienza come cultura materiale e vissuto incorporati nel prodotto. Secondo Pine e Gilmore, le imprese devono rendere i prodotti esperienziali e teatrali. L'economia tende sempre più a produrre non tanto beni, quanto ricordi di esperienze. Esempi includono: Resort occidentali in luoghi remoti: Offrono un’esperienza mercificata dell’esotico, cultura dell’altro e natura selvaggia, come gli occidentali si immaginano. Parchi a tema come Disneyland e il Castello di Hogwarts: Offrono l’esperienza di entrare nel mondo di Harry Potter e dei maghi. La vendita di un bene di consumo di massa viene teatralizzata e accompagnata da esperienze di comunicazione e vissuti personalizzati legati alle esperienze dei singoli fruitori, potenziate da dispositivi e strumenti di comunicazione digitale. Rifkin e la mercificazione dell’esperienza: Rifkin sostiene che la società contemporanea tenda a fare dell’esperienza e del patrimonio culturale dell’umanità una merce. È necessario trovare una soluzione al logoramento dell’esperienza dovuta alla sua infinita replicabilità. Bisogna preservare le differenze culturali e limitare il furto della "antropodiversità", che una volta esaurita non può essere ripristinata, così come la reputazione di chi incautamente condivide frammenti privati della propria vita sui social media. Un nuovo sistema economico: Sta emergendo un nuovo modello economico che confligge con il capitalismo finanziario e la mercificazione della cultura. Questo nuovo modello di società informazionale è più democratico ed egualitario, spinto dall’"Internet delle cose", un'infrastruttura intelligente che integra Internet delle comunicazioni, dell’energia e della logistica. I prosumer, consumatori che diventano produttori, generano e condividono informazioni, intrattenimento, energia verde e prodotti realizzati con stampa 3D a costi marginali quasi nulli. Condividono automobili, case, vestiti e altri oggetti attraverso i social media a costi marginali bassi, anche se questa visione può sembrare utopistica. È essenziale investire nella rigenerazione della cultura, nell’innovazione, nella ricerca e nella formazione dei giovani cittadini della società digitale. Bisogna regolamentare non solo il mercato dell’esperienza vissuta dalle persone, ma anche quella condivisa in cloud sui server di Google, Amazon e sui social media. Non si tratta di demonizzare i nuovi strumenti, ma di rendere consapevoli le persone del valore delle loro esperienze e di come comunicare correttamente nel nuovo mondo della comunicazione digitale. CAPITOLO 2 – LA STORIA DELLE TECNOLOGIE DELLA TRASMISSIONE DEI SAPERI Storia della comunicazione umana: - Oralità: Inizialmente, la comunicazione umana avveniva tramite suoni che venivano percepiti e organizzati dall’udito in forme semplici e giustapposte. I nostri antenati utilizzavano frasi brevi e ricche di epiteti per facilitare la memorizzazione. Le ridondanze erano comuni e necessarie per ricordare meglio le storie narrate dai cantori. Le performance orali, spesso accompagnate da musica, rafforzavano la memoria individuale e collettiva. La diffusione della comunicazione orale permetteva di ordinare e analizzare eventi, sviluppando così una forma di intelligenza attraverso la rammemorazione e l’ascolto. Tuttavia, le informazioni erano facilmente perdute se non tramandate correttamente. - Scrittura: La scrittura, come sistema di segni su supporti fisici, rivoluzionò la conservazione e trasmissione del sapere. Questo metodo richiedeva una maggiore capacità di analisi e riflessione, poiché mancavano i segnali prossemici della comunicazione orale. La scrittura separava lo scrittore dal lettore e creava uno spazio per l’introspezione. In Occidente, la scrittura alfabetica sviluppò un modello di razionalità lineare, permettendo una migliore analisi del mondo. La scrittura giocò un ruolo centrale nella civilizzazione, facilitando l’istituzione di leggi, il culto religioso e gli scambi economici. Evoluzione delle tecnologie della scrittura: Sumeri: Intorno al 3100 a.C., i Sumeri furono i primi a creare una scrittura per registrare beni, armenti e grano. La loro scrittura evolse in segni cuneiformi che permettevano di trascrivere inni religiosi e formule divinatorie. Egizi: Anche loro intorno al 3100 a.C., gli Egizi svilupparono i geroglifici, inizialmente pittogrammi, che poi evolsero in scrittura su papiro. Intorno al 2500 a.C., i papiri descrivevano pratiche sacerdotali, cerimonie e contabilità, diventando mediatori di relazioni culturali e sociali. Greci: Intorno al I e II secolo a.C., i Greci trasformarono il papiro in codex, rendendolo più compatto e facilmente riproducibile. Medioevo: Dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, la società regredì e la pergamena sostituì il papiro. I monasteri divennero centri di conservazione dei testi sacri, con i monaci che copiavano i codici e li decoravano con miniature. Diffusione della carta (1100-1220): La carta si diffuse grazie alla sua versatilità e ai costi ridotti, diventando il supporto principale a livello globale. Umanesimo e Rinascimento: Con la navigazione e la riapertura delle vie di comunicazione, nacquero le prime università e aumentò la domanda di nuovi mezzi di comunicazione. Stampa a caratteri mobili (Gutenberg): Nel 1400, Gutenberg introdusse la stampa a caratteri mobili, rivoluzionando il panorama culturale e sociale. La stampa permise la produzione di numerose copie identiche di un testo, facilitando la diffusione della cultura. Questo processo portò all'affermazione della Riforma protestante e alla nascita del concetto di autore e di opinione pubblica. Quarta rivoluzione: fine del libro e dei mass media e nascita della testualità digitale, social network, internet e web. Quando Tim Berners-Lee inventò il web, mise a punto un sistema di http, che consentiva di trasferire documenti ipertestuali rendendo possibile una navigazione grafica tra siti. Nasce così il world wide web (www) e il linguaggio per scrivere gli ipertesti (html). Sorsero poi programmi come Moisaic, Internet Explorer, Netscape, che consentono a noi di navigare sul web mediante un’interfaccia grafica interattiva e a banda larga. Oggi gli ipermedia sono modalità normali di comunicare, studiare, trasmettere sapere, lavorare, vivere, esprimere sentimenti. Ipertesto: L'iperstesto è un sistema che connette elementi informativi – parole, testi, suoni, immagini – tramite collegamenti elettronici (link), permettendo agli utenti di navigare liberamente tra diverse informazioni. Questa struttura consente di cliccare su una parola per ottenere informazioni aggiuntive, creando una rete di collegamenti che permette di accedere direttamente alle informazioni correlate. Questo permette di saltare da una parte all’altra del documento, superando l'ordine sequenziale di un testo scritto, e si sviluppa come una struttura ad albero ramificato. Autonomia del Fruitore: Gli utenti possono scegliere il loro percorso di navigazione e di movimento all'interno della struttura dell'iperstesto, che è composta da "lessie" (unità funzionali del discorso che possono essere parole o gruppi di parole). Il testo digitale, a differenza di quello stampato, non è fisso né monumentale: può essere modificato, cercato, duplicato infinitamente, contestualizzato e decontestualizzato molto rapidamente. Elementi Spaziali: La struttura ipertestuale privilegia l'organizzazione spaziale del testo e delle sue parti. Il testo diventa un ambiente cognitivo multidimensionale che prevede un’interazione tra diversi media. Questa interazione presenta caratteristiche molto diverse rispetto alla multimedialità tradizionale (come l'accoppiamento di testo e immagini in un libro). Ad esempio, un ipermedia può evocare uno stato d’animo attraverso musica, colori di sfondo, testo e immagini, piuttosto che solo attraverso la descrizione. Ruolo dell’Autore e del Lettore: Nell'ipermedia, l'autore non è solo colui che definisce l'insieme delle lessie, ma anche chi struttura l'interfaccia e il database delle lessie, compone i suoni, realizza le immagini. L’autore è anche il lettore, che decide il percorso di navigazione, creando così una struttura collaborativa. Teoria della Convergenza (Landow): Le nuove tecnologie della scrittura sembrano convergere con le teorie letterarie, che da tempo mettono in discussione il sistema gutenberghiano di creazione, trasmissione e diffusione del sapere. Queste tecnologie ci permettono di esplorare i limiti e le possibilità della visione del mondo ipermoderno, rompendo con i canoni tradizionali della testualità e criticando i concetti di autore, lettore e linearità del testo. Barthes, Foucault e Derrida: Barthes sostiene che il testo dovrebbe essere aperto e modificabile, liberando la pluralità dei suoi significati dalla struttura fissa del libro stampato. Foucault vede il testo come infinito, un meccanismo di collegamenti tra libri e significati. Derrida, padre del decostruzionismo, considera ogni testo come una disseminazione illimitata e decontestualizzabile, che vive solo nella sua infinita interabilità, senza una destinazione o un senso compiuto. Politica dell’Ipermedia: L'ipertesto può democratizzare l'accesso all'istruzione universitaria e alla cultura alta, creando uno spazio condiviso per la conoscenza pubblica. Questo spazio permette uno scambio continuo di saperi e una ridefinizione dei valori, promuovendo una nuova forma di democratizzazione della cultura e della formazione. Modelli di Gestione Politica delle Nuove Tecnologie: 1. Social-Democratico: Adottato in Finlandia e nel Nord Europa, mira ad ampliare la formazione e l'educazione, mettendo in rete culture ed esperienze diverse per il maggior numero di persone. 2. Individualistico e Privatistico: Adottato negli Stati Uniti, trasforma le nuove tecnologie in strumenti di controllo e gestione elitario del sapere. CAPITOLO 3 – BREVE STORIA DI INTERNET Nel 1957, con il lancio dello Sputnik 1, l'Unione Sovietica dimostrò al mondo di poter colpire il territorio americano con missili balistici intercontinentali dotati di testate nucleari. In risposta, gli Stati Uniti decisero di investire nella ricerca scientifica e tecnologica. Il Segretario della Difesa McElroy istituì un'agenzia civile all'interno del Pentagono, per consentire la collaborazione dei migliori scienziati dell'esercito: nacquero così nel 1958 l'ARPA e la NASA. J.C.R. Licklider, psicologo, credeva fortemente nell'approccio collaborativo alla conoscenza come strategia per ottimizzare risorse e competenze. Immaginava un futuro in cui i ricercatori potessero trovare risorse informatiche utili in rete provenienti da altri centri di ricerca. Robert Taylor, per risolvere i problemi di incompatibilità tra macchine che avevano tormentato anche i suoi predecessori, chiese all'ARPA di finanziare un progetto per connettere tra loro un numero ridotto di computer, facilitando così la comunicazione e la collaborazione tra ricercatori di diversi centri. L'ARPA installò microcomputer in ogni centro connesso, che fungevano da intermediari tra la rete e i calcolatori dei singoli centri. Questi microcomputer, chiamati Interface Message Processors (IMP), potevano connettersi con altre unità simili e con il proprio computer host senza interferire con i suoi sistemi operativi. La prima rete di computer, ARPANET, collegava gli IMP e l'Università dello Utah nel 1969, grazie a Larry Roberts. Altri due ricercatori, Paul Baran e Donald Davies, avevano già lavorato su progetti con analogie con la rete del Dipartimento della Difesa. Baran immaginava una rete non gerarchica, in cui tutti i nodi avessero la stessa importanza e funzione. In una rete del genere, i messaggi potevano seguire percorsi diversi, evitando eventuali guasti o nodi neutralizzati. Baran pensava inoltre a una comunicazione digitale, con messaggi suddivisi in blocchi di informazioni che sarebbero stati riassemblati a destinazione. Oltre alle applicazioni militari, immaginava un sistema per utenti comuni, che permettesse a persone e macchine di comunicare in modo affidabile e istantaneo ovunque e in qualsiasi momento, a costo zero. Donald Davies, invece, lavorava per rilanciare l'economia del Regno Unito. La sua rete doveva garantire una conversazione efficace tra un sistema informatico e un utente umano, riducendo al minimo lo sforzo necessario. Per trasmettere informazioni, queste venivano suddivise in unità chiamate pacchetti. Era necessario creare software per strutturare la rete e permettere la comunicazione tra diversi calcolatori, oltre a progettare i protocolli tecnici ancora mancanti. ARPA reclutò sei studenti specializzandi, formando il Network Working Group. Il loro primo risultato significativo fu l'NCP (Network Control Protocol), che consentiva la comunicazione tra gli host connessi alla rete ARPANET. Tuttavia, rimaneva il problema di far comunicare macchine diverse, magari connesse a reti diverse. Le linee telefoniche esistenti non erano adeguate per trasmettere dati in rete e collegare i vari centri di ARPANET risultava troppo oneroso per le università. Per risolvere questo problema, fu creato AlohaNet per connettere i diversi centri universitari. Successivamente, fu sviluppato il Transmission Control Protocol (TCP), che indipendentizzava la comunicazione a pacchetti dalla struttura hardware e introdusse il gateway, una macchina in grado di mettere in comunicazione diverse reti. Nel 1978, tre ricercatori divisero il TCP in due parti, dando origine al TCP/IP. Questo nuovo protocollo comprendeva il TCP, che gestiva la formazione e il controllo dei pacchetti di dati, e l'IP, che garantiva l'instradamento dei dati fornendo l'indirizzo di destinazione. A questo punto, potenti tecnologie, fino ad allora riservate a militari e ricercatori, iniziarono a diventare disponibili anche per il pubblico, come strumenti di comunicazione rivoluzionari. Nonostante ciò, persisteva il problema dell'accesso alla rete telefonica, in contrasto con la crescente diffusione della rete e dei nuovi prodotti delle aziende informatiche. Nel 1959, Carter brevettò il Carterphone, uno strumento che aumentava la portata delle linee telefoniche, aprendo la strada agli appassionati di computer e comunicazione che avrebbero avuto un ruolo determinante nello sviluppo della rete. Nel 1977, Christensen scrisse un programma per connettere i computer alla linea telefonica via modem, convertendo i segnali digitali del computer nei segnali analogici della linea telefonica. Emerse così la figura dell’hacker, esperto di programmazione capace di accedere e modificare sistemi informatici, hardware o software. Nacquero le prime bacheche elettroniche (BBS), predecessori dei forum online. Nel 1984, Tom Jennings creò FidoNet, la prima rete pubblica telematica, collegando la sua BBS con quella di un amico a Baltimora. In pochi mesi, FidoNet passò da due nodi iniziali a cinquanta, arrivando a tremila nel 1987 e a 45.000 nel 1992. Negli anni '80, internet passò da un uso militare a uno civile. Si iniziò con CSNET, aperta a tutti i ricercatori informatici statunitensi, e poi con NSFNET, che collegava gli atenei. La sua velocità di trasmissione e i costi accessibili portarono alla disattivazione di ARPANET. Nel 1989, Tim Berners-Lee, al CERN, stava lavorando a un sistema basato su ipertesti per strutturare le informazioni su internet, che avrebbe rivoluzionato la rete: il World Wide Web (WWW). Il suo progetto, non solo destinato a custodire e ordinare un vasto patrimonio di dati, ma anche a migliorare la cooperazione tra i ricercatori, portò alla creazione del protocollo di trasferimento degli ipertesti (HTTP), del linguaggio di marcatura degli ipertesti (HTML), di un browser per recuperare e visualizzare le informazioni e di un server per rispondere alle richieste della rete. Berners-Lee rese tutto open-source. Negli anni '90 nacquero i browser come Mosaic, che rendeva più piacevole e facile la navigazione in rete, e Netscape, che ispirò la prima generazione di interfacce grafiche di Java. Il web evolse in diverse fasi: 1. Web 1.0 (1992-2002): Grande diffusione del web, con una comprensione limitata delle sue potenzialità tecniche. La bolla di internet portò al crollo dei titoli azionari del settore nel 2001, dopo l'eccessivo ottimismo del 2000. 2. Web 2.0 (2002-2005): Uso bidirezionale del web, con un ruolo crescente degli utenti nella creazione dei contenuti. Passaggio da un modello basato sui programmi a uno centrato sui servizi (es. Wikipedia). 3. Web 3.0 (2006-2010): Trasformazione del web in un database, con dati archiviati disponibili e linkabili come pagine web. Introduzione del web semantico. 4. Web 4.0 (2011-oggi): Impatto delle tecnologie digitali nella riplasmazione dei ruoli e delle dinamiche di produzione industriale, sempre più automatizzata e connessa (Industria 4.0). PARTE DUE: una nuova didattica per i nativi digitali CAPITOLO 1 – BAMBINI, TECNOLOGIE E EDUCAZIONE: diversità dei nativi digitali I nativi digitali crescono in un mondo pieno di tecnologia, ma si trovano spesso a scontrarsi con una scuola ancora quasi completamente analogica e tradizionale. Gli adulti, invece, sono spesso prigionieri di pregiudizi e false ideologie che non aiutano a riconoscere e affrontare i veri rischi e problemi del mondo digitale. Cohen ha definito "panico morale" quella spirale di angoscia e terrore, alimentata da cattiva informazione, che tende a ingigantire timori infondati riguardo alla diffusione di internet. È necessario un progetto che promuova l'uso costruttivo delle tecnologie, creando un percorso di cultura digitale che possa portare a una nuova cittadinanza digitale. Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale la partecipazione attiva di genitori informati e consapevoli. L'uso delle tecnologie non è solo un aggiornamento informatico, ma un vero cambiamento culturale. Gli esseri umani hanno sempre ridefinito il loro modo di vivere e comprendere il mondo attraverso strumenti sempre più sofisticati. "Siamo continuamente creati e ricreati dalle nostre stesse invenzioni." L'uso degli schermi interattivi è in forte crescita tra i bambini, sia nelle famiglie che nelle scuole. Molti paesi europei hanno già avviato riforme scolastiche che prevedono l'uso di tablet e altri dispositivi digitali. In Italia, tuttavia, la diffusione delle tecnologie nelle famiglie non ha ancora trovato un corrispettivo nelle scuole. La media di accesso a internet nell'Europa occidentale è dell'83% per i ragazzi di 15 anni e del 60% per i bambini di 10 anni. In Italia, il digital divide non è molto rilevante, ma il paese è tra gli ultimi in Europa per accesso a internet nelle famiglie e per l'uso delle tecnologie nella società, economia e pubblica amministrazione. In Italia, la via alla digitalizzazione passa principalmente attraverso i dispositivi mobili, come smartphone, tablet e console per videogiochi. In Europa e negli USA, la connessione wifi è la più utilizzata, con un equilibrio tra l'uso mobile del web e quello su notebook. In Italia, invece, la connessione 4G è più diffusa, anche a causa di normative più restrittive sulle connessioni wifi aperte. Sempre più bambini tra 0 e 6 anni utilizzano dispositivi mobili e touchscreen. Già tra il primo e il secondo anno di vita iniziano a usare questi device in casa, e nel terzo anno l’80% dei bambini usa smartphone e tablet dei genitori. Le console sono usate più avanti. I genitori hanno un atteggiamento contraddittorio: da un lato, danno ai figli i device per tenerli tranquilli, dall’altro, si lamentano dell'uso eccessivo. I bambini, anche molto piccoli, sono in grado di interagire attivamente con gli schermi, facendo swipe e sbloccando i touchscreen, dimostrando abilità specifiche. L'uso dei tablet dovrebbe essere introdotto anche nella prima infanzia per creare contesti di apprendimento che facilitino l'interazione e la collaborazione tra i bambini. Gilbert e Yelland suggeriscono che educatori e insegnanti dovrebbero familiarizzare con le app prima di proporle in classe. È importante promuovere un uso consapevole dei media digitali fin dalla prima infanzia, insegnando sia le opportunità che i rischi di questi dispositivi. La mediazione degli adulti e l'uso limitato dei device per i bambini piccoli sono fondamentali. Gli adulti, spesso definiti immigrati digitali o deportati digitali (specialmente gli anziani), hanno imparato a usare la tecnologia gradualmente, adattandosi nel tempo. I bambini, invece, sono immersi nella tecnologia fin dalla nascita, assorbendo le modalità interattive imitando i genitori. I nativi digitali crescono in un mondo dove schermi touch, smartphone e tablet sono la norma. Questo crea un nuovo fenotipo antropologico: l'homo sapiens sapiens digitalis. Non si tratta di stabilire se siano migliori o peggiori di noi, ma di comprendere le loro specificità per accompagnare consapevolmente la transizione digitale delle istituzioni. Secondo Turkle, ci sono tre fasi principali nell'interazione dei bambini con la tecnologia: 1. Fase metafisica e filosofica (3-7/8 anni): I bambini esplorano i giochi digitali, cercando di capirne le funzioni e sperimentando ipotesi sul mondo, la vita e la morte. 2. Fase delle abilità (da 7/8 anni): I bambini si concentrano sul padroneggiare il mondo digitale, iniziando con i videogiochi, sviluppando competenze e imparando a collaborare e competere con i coetanei. 3. Fase dell'identità (adolescenza): I ragazzi creano la loro identità attraverso l'uso del computer e delle nuove tecnologie. Le fasi dovrebbero essere riviste: Prima fase (1-2 anni): Esplorazione iniziale. Seconda fase (3-8 anni): Acquisizione di competenze e interazione. Modalità di appropriazione delle tecnologie per bambini 0-6 anni: Modellamento (0-1/1,5 anni): Osservano adulti competenti. Esplorazione spontanea (1,5-3 anni): Conoscono internet e i device touch attraverso il contatto diretto. Esplorazione guidata (3-6 anni): Continuano a esplorare con la guida e i suggerimenti di altri. Per la prima volta, le generazioni sono definite non tanto dagli eventi storici o economici che hanno vissuto, ma dalle tecnologie che usano e da come le usano. Il digital divide si sta ampliando sempre di più. È quindi necessario stabilire un linguaggio comune di collaborazione e scambio per mantenere la continuità delle conoscenze e delle pratiche sociali. Oggi convivono generazioni diverse che utilizzano le tecnologie digitali e analogiche in modi molto differenti. Per questo motivo, è importante comprendere i nuovi stili di comunicazione e di utilizzo dei media dei nativi digitali. Henry Jenkins ha definito "cultura partecipativa" il modo in cui i nativi digitali hanno sviluppato nuove modalità di utilizzo dei media digitali. L'uso di Instagram, WhatsApp, Facebook, YouTube e il gaming ha portato bambini e giovani a sviluppare nuove competenze e a creare nuove professioni, come gli youtuber e gli influencer. I giovani desiderano essere visibili e coinvolgere gli amici, utilizzando la rete per comunicare, cercare informazioni, commentare, rieditare, creare e scambiare contenuti online. Le attività dei nativi digitali in rete includono gioco, simulazione, performance, appropriazione, multitasking, conoscenza distribuita, intelligenza collettiva, giudizio critico, navigazione transmediale, networking e negoziazione. I nativi digitali mescolano vecchi e nuovi media, creando un mix di contenuti su piattaforme come Instagram e YouTube. Questa nuova forma di comunicazione e informazione caratterizza la socializzazione e l'apprendimento informale dei giovani. Le aziende più attente, come Lego, hanno notato questa tendenza e producono prodotti come i mattoncini dedicati a Minecraft, riconoscendo la passione dei bambini per questo videogioco. Le tecnologie digitali hanno aumentato la possibilità per gli utenti di scegliere e controllare i media digitali, permettendo loro di partecipare alla creazione di nuovi contenuti. Lettori e telespettatori sono diventati "prosumers" attivi, come gli youtuber che sono diventati famosi commentando i videogiochi mentre giocano. Il mercato e l'industria digitale e culturale hanno riconosciuto il potenziale di questo cambiamento e lo sfruttano a fini commerciali, creando nuove merci multimodali e prodotti transmediali che utilizzano le piattaforme mobili come punto di accesso. Attraverso il web, la TV, la musica digitale e il gaming, attraggono utenti e vendono esperienze e prodotti reali, entrando nel mercato delle esperienze. Con la rivoluzione dei big data, le grandi aziende del web e del commercio online tracciano le navigazioni degli utenti e vendono i loro profili a terze parti interessate. È fondamentale comprendere le culture partecipative dei giovani per tutelare la loro privacy e le loro esperienze mediali. Dimensioni delle Culture Partecipative: 1. Gaming: - I giochi digitali offrono ambienti per sperimentare e risolvere problemi, spesso in modo collaborativo. Attraverso il gioco, i bambini esplorano il mondo sociale, naturale e artificiale, sviluppando abilità di problem solving e interazione. - Tre elementi chiave: Grammatiche interne: Regole del gioco e limiti che i personaggi non possono superare, apprese facendo. Grammatiche esterne: Regole sociali implicite nelle interazioni, come l'acquisto di gemme o l'uso di emoticon. Identità multipla: Il sé reale, l'avatar e le aspettative personali si intrecciano nel gioco. - I giochi digitali migliorano l'apprendimento, la capacità di risolvere problemi e la socializzazione. 2. Simulazione: - Gli ambienti di simulazione sono palestre per l'apprendimento immersivo. Con la guida di un insegnante, possono ricostruire processi del mondo reale. - Utili in molte attività e professioni, i software di simulazione permettono di studiare fenomeni reali in un ambiente sicuro. 3. Mashup e Remix: - I nativi digitali trasformano i contenuti digitali esistenti, creando nuovi significati attraverso remix e mashup. - Questa pratica sviluppa abilità di analisi, sintesi e creatività, migliorando le competenze digitali. 4. Multitasking: - La capacità di svolgere più compiti contemporaneamente è tipica dei nativi digitali. La loro corteccia prefrontale gestisce simultaneamente più obiettivi. - Il multitasking coinvolge il passaggio continuo tra diversi media, richiedendo una nuova forma di intelligenza per gestire il sovraccarico cognitivo. 5. Conoscenza Distribuita e Intelligenza Collettiva: - I nativi estendono le loro interazioni al gruppo dei pari e alle macchine digitali. Praticano l'intelligenza collettiva, collaborando online senza bisogno di un leader. - L'abilità di costruire sapere insieme ad altri espande le capacità cognitive e mentali. 6. Trasmedia Digitale e Networking: - Gestire la presenza online e usare diversi media in modo trasversale è essenziale. Adattare la comunicazione a vari formati digitali richiede competenze di networking. - Integrare un'alfabetizzazione al networking permette di creare, diffondere e gestire contenuti e relazioni sociali online. Intelligenza Digitale La nuova intelligenza digitale richiede lo sviluppo di nuove competenze critiche e analitiche. Non si tratta di abbandonare le metodiche tradizionali, ma di integrarle con le competenze digitali. I nativi digitali spesso possiedono una maggiore capacità tecnologica rispetto agli insegnanti, ma necessitano di una consapevolezza più profonda dei rischi e delle potenzialità. Questa generazione cresce in ambienti tecnologicamente avanzati, integrando nelle loro esperienze modalità di mediazione rese possibili dai dispositivi digitali. Prove dell'Esistenza dell'Intelligenza Digitale: Isolare una forma di intelligenza specifica con lesioni cerebrali. Ricostruire una storia evolutiva dell'intelligenza digitale. Identificare sottodomini specifici come clic ed euristica digitale. Codificare l'intelligenza in un linguaggio specifico, come hashtag e chiocciola. Sviluppare una progressione da principiante a esperto. Individuare talenti precoci nell'intelligenza digitale. Misurare l'intelligenza digitale. Considerazioni di Gardner e Geake Secondo Gardner, l'intelligenza digitale può essere considerata una nuova forma di intelligenza. Geake, invece, mette in discussione l'idea delle intelligenze multiple, suggerendo che il cervello tratta informazioni specialistiche in modo indipendente. Piuttosto che molte intelligenze, ci sarebbero molteplici applicazioni dell'intelligenza generale ai vari compiti. CAPITOLO 2 – STRUMENTI DELLA DIDATTICA DIGITALMENTE AUMENTATA: teorie e device I nativi hanno un approccio alla conoscenza più personalizzato ed esperienziale, meno basato su nozioni e informazioni enciclopediche. Questo rappresenta una sfida per educatori e insegnanti, che devono adottare una didattica esperienziale, pratica, flessibile e attenta ai bisogni individuali e sociali degli studenti, oltre che a quelli cognitivi e comportamentali. Parole chiave: - Costruzione degli apprendimenti - Comunità di apprendimento - Centralità dello studente - Apprendimento personalizzato - Educazione alla cittadinanza e alla partecipazione democratica La scuola diventa un network di relazioni comunicative e formative che coinvolge diversi attori (insegnanti, genitori, studenti, dirigenti, enti locali, istituzioni di ricerca, aziende). Le linee guida per questa nuova didattica includono: Strategie di insegnamento e apprendimento cooperative e attive Attenzione ai nuovi stili di apprendimento degli studenti e alla loro partecipazione attiva Curriculum flessibile e personalizzato, con un approccio metodologico Valutazione orientata all'ulteriore apprendimento e centrata sui processi, anche utilizzando dati (learning analytics) provenienti da ambienti virtuali di apprendimento Creazione di partnership significative coinvolgendo altre agenzie educative e sociali I media digitali sono potenti strumenti per ampliare i contesti educativi e offrire agli studenti opportunità di co-costruire il proprio percorso di apprendimento, adattandolo ai propri stili cognitivi e fabbisogni formativi. Il web e i contenuti digitali promuovono una logica della scoperta, che richiede di abbandonare un approccio nozionistico e enciclopedico alla conoscenza e all'apprendimento. La didattica laboratoriale ed esperienziale, ispirata all'epistemologia pragmatista, incoraggia un apprendimento attivo e pratico. Differenze tra media digitali e mass media tradizionali Secondo Levy, i media digitali si distinguono dai mass media tradizionali (come la stampa) per la loro struttura molecolare, opposta alla struttura gerarchica dei mass media, che si rivolgono a un pubblico di massa. I media digitali, invece, utilizzano un modello di comunicazione molti-a-molti, interattivo e bidirezionale. Gli utenti dei social network rappresentano gli studenti di oggi, e la rete offre una nuova modalità di interazione e comunicazione educativa, caratterizzata da orizzontalità e bidirezionalità. Un'altra differenza significativa riguarda i costi e gli investimenti. Mentre creare una rete televisiva educativa o una casa editrice richiede ingenti investimenti, l'economia dei media digitali, soprattutto con sistemi aperti e software open source, può essere gestita a livello locale con costi relativamente bassi. L'eliminazione dei costi di produzione grazie ai contenuti digitali riduce significativamente il costo dell'istruzione, permettendo di allocare i risparmi in aggiornamenti e incentivi per gli insegnanti. In Italia, per ora, questo si limita principalmente all'uso del registro elettronico. Impatto dell'innovazione digitale sugli stili di apprendimento Secondo il BECTA, l'ente britannico per la digitalizzazione scolastica, l'innovazione digitale e il web 2.0 hanno avuto quattro principali impatti sugli stili di apprendimento: 1. Crescita dei comportamenti di ricerca/esplorazione nell'apprendimento (learning by doing, learning by experience). 2. Fluency tecnologica naturale degli studenti, che vedono il web come il medium principale per ricerca, acquisizione e condivisione del sapere. 3. Maggiore espressione individuale e manifestazione dell'identità attraverso il web e strumenti di condivisione online. 4. Aumento dei comportamenti di collaborazione/cooperazione tra pari, utilizzando piattaforme come WhatsApp, Snapchat, e YouTube per collaborare nei compiti e nell'apprendimento. Adeguamenti necessari per le scuole Le scuole devono adeguare le infrastrutture, i curricula e le pratiche quotidiane degli insegnanti ai nuovi stili di apprendimento. I dispositivi digitali favoriscono una gamma più ampia di capacità espressive e maggiore autonomia degli studenti. Tuttavia, l'Italia è in ritardo tecnologico di circa 15 anni rispetto ad altri paesi. Piano Nazionale Scuola Digitale Nel 2012 è stata introdotta l'Agenda Digitale Italiana per la digitalizzazione della vita sociale ed economica, inclusa la scuola. Tra il 2013 e il 2018 sono state emanate norme per digitalizzare la scuola italiana. La "Buona Scuola" del 2015 ha focalizzato gli investimenti sulla connessione, sulle persone e sulla formazione, piuttosto che sull'hardware. Aspetti importanti del Piano Nazionale Scuola Digitale includono: Figure professionali dedicate all'attuazione del piano, come gli animatori digitali. Investimenti strutturali per creare nuovi spazi fisici funzionali all'innovazione tecnologica e metodologica. Formazione al digitale per tutto il personale scolastico. Connettività e infrastrutture La priorità per gli studenti è avere accesso a Internet in tutte le classi e le case. La connettività deve essere solida, con banda larga sufficiente per supportare l'uso crescente di dispositivi digitali. Investire in una connessione stabile e veloce è una strategia lungimirante per sostenere l'uso di schermi multitouch, videoproiettori, notebook, tablet e smartphone. Strumenti digitali in classe Le LIM (Lavagne Interattive Multimediali) e gli schermi touch interattivi contribuiscono a creare un ecosistema scolastico digitalmente avanzato. Devono essere gestiti secondo metodologie specifiche da docenti formati. Tuttavia, le LIM sono ormai considerate obsolete, e si preferiscono tavoli interattivi multitouch per favorire una didattica laboratoriale e tecnologicamente avanzata in classe. Le vendite dei dispositivi ultramobile, leggeri e poco ingombranti, sono in forte crescita. Questi device offrono le stesse prestazioni di un notebook tradizionale in uno spazio ridotto. Invece, l'interesse per i tablet sta diminuendo. Le potenzialità dei diversi sistemi operativi e dispositivi 1. Sistemi operativi: Windows, è lo standard per PC e notebook. iOS, è un sistema chiuso usato da Apple. Android, è un sistema aperto sviluppato da Google, usato su smartphone e tablet. È vantaggioso per la didattica grazie alla sua flessibilità, ma può essere meno stabile e i dispositivi sono più fragili. 2. Personal computer e notebook: -Modalità di utilizzo: Lean forward: Uso attivo, come studiare, scrivere, calcolare, creare video. Lean back: Uso passivo, come guardare la TV o leggere un libro. Grado di coinvolgimento: Varia tra alta attività (es. navigare sul web) e alta attenzione (es. leggere un giornale). Notebook: Strumenti cognitivi essenziali per lavorare, studiare, insegnare e creare. Anche se poco usati nelle scuole, sono fondamentali per attività complesse e collaborative. I più piccoli preferiscono smartphone e tablet per la loro maneggevolezza. 3. Smartphone e tablet touch: - Utilizzo: Principalmente per il tempo libero e la comunicazione, come guardare video e postare foto, ma possono essere integrati efficacemente nella didattica. - Vantaggi educativi: I bambini, abituati a questi dispositivi fin da piccoli, possono usarli per documentare fenomeni naturali e sociali e interagire con altri device. Possono arricchire l'esperienza cognitiva e aiutare nella programmazione, nel montaggio video e nella robotica. Possono comunicare dati e risultati di ricerca ai compagni e agli insegnanti, insegnando le basi della comunicazione digitale. Aiutano a imparare le regole della comunicazione digitale, promuovendo una cittadinanza digitale consapevole. In sintesi, mentre le vendite di dispositivi ultramobile continuano a crescere, tablet e altri dispositivi touch offrono potenziali vantaggi educativi se utilizzati correttamente. Ambienti Virtuali per l'Apprendimento (VLE) Gli Ambienti Virtuali per l’Apprendimento sono fondamentali per le scuole, subito dopo la banda larga e l'accesso al web. Questi ambienti permettono di condividere materiali e prodotti digitali generati dall'interazione tra docenti e alunni, facilitando attività di cooperazione sia a scuola che a casa, con la supervisione degli insegnanti e il monitoraggio dei genitori. Senza un archivio digitale dei progetti, i docenti non potrebbero documentare il loro lavoro. Attualmente, in Italia, il registro elettronico è l'unico strumento digitale ampiamente utilizzato nelle scuole. Tuttavia, per sfruttare appieno le nuove tecnologie didattiche e migliorare la qualità dell'apprendimento, è necessario adottare anche gli Ambienti Virtuali per l’Apprendimento. Questi ambienti integrano tutte le funzionalità necessarie per progettare, gestire e valutare il processo didattico, i contenuti digitali e le relazioni nella comunità scolastica. I VLE facilitano: - Creazione di account sicuri - Classi virtuali e ambienti cloud protetti per raccogliere materiali e prodotti - Gestione e condivisione di attività e contenuti - Forum e strumenti di comunicazione sincrona e asincrona - Tracciamento dello storage dei prodotti - Importazione e pubblicazione di contenuti da editori esterni - Creazione di test di valutazione aperti e chiusi - Report e analisi dei risultati Esistono diverse piattaforme open source per l'apprendimento, come Moodle, Edmodo, Blackboard, G- suite, Classroom, Padlet, Prezi, e Google Drive. Gli alunni e i docenti possono accedere a queste piattaforme per: - Visualizzare cartelle relative alle discipline - Caricare e condividere materiali - Attivare gruppi di lavoro - Partecipare a forum di discussione - Scambiarsi informazioni - Esercitarsi nella valutazione reciproca I VLE permettono agli studenti di continuare online le attività iniziate in classe e aiutano i docenti a mantenere la relazione didattica anche a distanza. Consentono di gestire vari tipi di contenuti di apprendimento, rendendoli sempre disponibili sul web, e di personalizzare i percorsi didattici per singoli e gruppi. Inoltre, riducono i costi per le famiglie e aprono un canale di comunicazione con loro. Tramite smartphone, gli studenti possono: - Controllare lo stato delle attività assegnate e ripassare le tematiche - Verificare orari, compiti, verifiche ed eventi - Ricevere circolari e comunicazioni - Prenotare colloqui Questi ambienti trasformano la classe in una comunità di apprendimento, favorendo metodologie didattiche attive come il blended learning, che privilegia la ricerca e l'esplorazione di ambienti reali e digitali rispetto all'apprendimento mnemonico, e l'apprendimento cooperativo e laboratoriale. Nonostante i vantaggi, in Italia si preferisce ancora usare principalmente il registro elettronico, che gestisce assenze, ritardi, giustificazioni, argomenti, compiti, note, voti, scrutini online, comunicazioni tra scuola, alunni e genitori, offrendo una visione chiara dell'andamento scolastico e la prenotazione dei colloqui. Proposta metodologica: Classe di Bayes La proposta metodologica della Classe di Bayes ridefinisce il tempo-scuola di insegnanti e studenti, suddividendo le attività di insegnamento e apprendimento in tre fasi principali: 1. Tool Box: Descrizione: In questa fase si progetta il percorso didattico. Gli insegnanti stabiliscono gli obiettivi formativi e selezionano i materiali adeguati. Gli studenti devono realizzare un prodotto che dimostri le competenze acquisite. Strumenti necessari: Connessione Wi-Fi a banda larga, notebook/tablet per docenti, videoproiettore, dispositivi digitali per studenti e un ambiente virtuale di apprendimento (es. Classroom). 2. Problem Solving Cooperativo: Descrizione: Qui inizia il percorso didattico vero e proprio. Gli insegnanti presentano i temi, gli obiettivi e le metodologie. Gli studenti lavorano in gruppi, utilizzando una logica di scoperta scientifica e strumenti digitali per esplorare e documentare fenomeni. Gli insegnanti offrono supporto e guida, aiutando a formulare e rivedere ipotesi di ricerca. Obiettivi: Sostituire lo studio mnemonico con la scoperta, valorizzare il talento individuale e ottimizzare le potenzialità del gruppo. 3. Situation Room: Descrizione: In questa fase si analizzano e valutano le conoscenze e competenze acquisite. Gli studenti presentano i risultati dei loro gruppi e li sottopongono alla critica costruttiva degli altri. L'uso di internet e degli ambienti virtuali facilita l'accesso a una vasta gamma di informazioni e la documentazione del processo di apprendimento. Obiettivi: Valutare il contributo di ogni studente, inclusi impegno, creatività, collaborazione e capacità di argomentazione. Il tempo dedicato a ciascuna attività deve essere flessibile, adattandosi agli argomenti, alla programmazione e al contesto della classe. Il Teorema di Bayes e l'approccio critico - Descrizione: Il teorema di Bayes è uno strumento utile per criticare e far crescere la conoscenza, permettendo di discriminare tra ipotesi alternative attraverso una revisione razionale. - Vantaggi: Questo metodo, come osservato da Carlo Rovelli, permette una gestione oculata e razionale dell'ignoranza, con un'analisi continua dell'attendibilità delle ricerche alla luce di nuove evidenze. - Applicazione: Gli studenti imparano a combinare le convinzioni a priori con quelle derivanti dall'osservazione dei dati empirici, rivedendo continuamente il grado di fiducia nelle ipotesi iniziali. Obiettivi educativi - Imparare dall'esperienza: Gli studenti rivedono costantemente il loro grado di fiducia nelle ipotesi di partenza. - Collaborazione: Nessun componente del gruppo può scartare ipotesi senza dati sufficienti. Questo ottimizza i talenti individuali all'interno delle dinamiche di gruppo. - Ruolo dell'insegnante: Una buona conduzione da parte dell'insegnante è fondamentale per guidare il processo di esposizione e confronto dei risultati. Questa metodologia favorisce un approccio critico e razionale all'apprendimento, valorizzando la collaborazione e l'uso delle tecnologie digitali per potenziare l'esperienza educativa. Ripensare gli spazi scolastici per un apprendimento digitale L'espansione digitale degli spazi scolastici richiede un nuovo approccio all'organizzazione scolastica, a partire dalla riorganizzazione degli spazi fisici. Setting per il cooperative learning, come la Flipped Classroom, richiedono spazi modulari e multifunzionali, facilmente riconfigurabili per adattarsi a strategie didattiche innovative. Elementi chiave: - Infrastrutture tecnologiche: Essenziali per supportare l'innovazione didattica. - Superare il concetto tradizionale di aula: Le aule sono spesso troppo grandi per essere laboratori e troppo piccole per essere auditorium. - Ambienti virtuali di apprendimento: Integrati nella struttura scolastica. - Spazi comuni: Per l'apprendimento informale e il peer tutoring. - Aule per l'apprendimento individuale e auditorium: Per presentazioni e discussioni. L'architettura deve seguire la metodologia educativa, creando spazi che ospitino sia modalità di apprendimento tradizionali che innovative. Esempio: La scuola Vittra di Stoccolma Questa scuola ha spazi digitalmente e analogicamente strutturati per rispondere alle diverse esigenze degli studenti. Gli ambienti modulari e multifunzionali valorizzano la socialità e l'interattività nel processo educativo. Principi guida per i nuovi spazi scolastici: - Strategie efficaci di costruzione e condivisione del sapere: Calibrate sulle inclinazioni degli studenti. - Curricolo flessibile: Adattabile alle esigenze educative. - Valutazione continua del processo: Monitoraggio e feedback. - Organizzazione comunitaria: Coinvolgimento attivo di tutta la comunità scolastica. - Partnership: Collaborazioni con altre agenzie educative e sociali. I 5 ambienti funzionali per una comunità di apprendimento digitale: 1. Laboratorio: Spazi ampi e attrezzati per l'apprendimento esperienziale, supportati da strumenti digitali. La didattica frontale è solo una delle modalità. 2. Aree di ritrovo informale: Facilitano la comunicazione tra studenti. 3. Aree per la discussione di gruppo: Sale riunioni digitalmente aumentate per brainstorming e discussioni sui progetti. 4. Area per lo studio individuale: Spazi accoglienti per la riflessione e lo studio autonomo. 5. Auditorium: Per presentazioni e condivisione dei risultati di ricerche e progetti, e per attività teatrali e collettive. Adattamento agli spazi esistenti Se non è possibile modificare fisicamente le strutture, è essenziale adottare l'idea delle classi-laboratorio disciplinari, dove siano gli studenti a spostarsi tra le diverse aule in base al calendario delle lezioni. CAPITOLO 3 – L’EMERGENZA E IL RITARDO ITALIANO NELLA DIGITALIZZAZIONE RISPETTO ALL’EUROPA DAL PUNTO DI VISTA FORMATIVO L'Italia soffre di un notevole ritardo nella digitalizzazione rispetto ad altri paesi europei, un problema che si manifesta in vari ambiti: dalla diffusione della banda larga, alle competenze digitali di base della popolazione, alla carenza di specialisti formati e alla scarsa offerta di servizi pubblici digitali. Secondo il rapporto DESI 2022 della Commissione Europea, che valuta il livello di digitalizzazione dei paesi membri e il loro progresso negli ultimi cinque anni, l'Italia si trova ancora al 18° posto su 27, un risultato insoddisfacente per la terza economia più grande d'Europa. In particolare, l'Italia è indietro nelle cinque dimensioni della trasformazione digitale: 1. Connettività: la diffusione della banda larga è insufficiente. 2. Competenze digitali: la popolazione italiana ha scarse competenze digitali di base. 3. Uso dei servizi Internet: l'utilizzo dei servizi digitali da parte della popolazione è basso. 4. Integrazione delle tecnologie digitali: le tecnologie digitali sono poco integrate nell'economia e nella società. 5. Digitalizzazione della pubblica amministrazione: i servizi pubblici digitali sono limitati. Anche nel settore educativo, l'Italia è in ritardo. Manca una solida infrastruttura digitale e le risorse necessarie per un'educazione supportata dalle tecnologie digitali. Alcuni paesi, come la Danimarca e l'Estonia, hanno sviluppato avanzati ambienti digitali per l'educazione. Ad esempio, il progetto "e-Estonia" offre una vasta gamma di servizi educativi digitali, accesso a risorse, archiviazione in cloud e strumenti per l'apprendimento e la comunicazione. In Italia, invece, ci sono stati tentativi sporadici e poco coordinati di digitalizzazione dell'istruzione, spesso affidandosi a soluzioni proprietarie di grandi multinazionali come Google. Un problema significativo è la mancanza di competenze digitali tra gli insegnanti. Mentre altri paesi offrono programmi di formazione e risorse per migliorare le competenze digitali del personale educativo, in Italia manca una strategia organica a livello nazionale. Inoltre, l'educazione alla cittadinanza digitale è scarsamente presente nei programmi scolastici italiani, se non in una piccola parte delle 33 ore dedicate all'educazione civica. Per migliorare, l'Italia dovrebbe non solo investire in dispositivi tecnologici, ma anche nella formazione degli insegnanti. È necessario sviluppare programmi strutturati e coordinati a livello nazionale per la digitalizzazione dell'istruzione, creando un ambiente educativo che sfrutti appieno il potenziale delle tecnologie digitali. Solo così sarà possibile colmare il divario digitale con gli altri paesi europei e garantire un'istruzione adeguata alle esigenze del XXI secolo. Le tecnologie digitali per l'insegnamento, come la realtà virtuale, aumentata e l'intelligenza artificiale, non mirano a sostituire gli insegnanti, ma a migliorare l'esperienza didattica. Queste tecnologie sono progettate per mettere i bisogni degli studenti al centro e favorire l'interazione con insegnanti e compagni. Durante la pandemia, l'uso della Didattica a Distanza (DAD) ha mostrato i limiti del trasferimento della lezione tradizionale su piattaforme di streaming, evidenziando problemi di interazione e attenzione sia per docenti che per studenti. Tuttavia, insegnanti con competenze digitali adeguate possono progettare attività collaborative che aumentano il coinvolgimento e la motivazione degli studenti. La vera sfida è adeguare gli stili di apprendimento degli studenti della "generazione Z" agli stili di insegnamento dei docenti. Sebbene strumenti di intrattenimento digitale come giochi e fumetti possano essere coinvolgenti, non garantiscono un apprendimento significativo. Invece, modelli educativi che favoriscono l'interazione sociale possono avere più successo. Pertanto, piattaforme di teleconferenza come Teams e Zoom, pur essendo utili per trasporre le lezioni tradizionali in formato digitale, non possono da sole favorire l'interazione attiva degli studenti. Le tecnologie dovrebbero essere viste non solo come strumenti funzionali, ma come abilitatori essenziali per una didattica veramente avanzata. Durante la pandemia, il Ministero dell'Istruzione ha introdotto linee guida per la Didattica Digitale Integrata (DDI) per adattare l'insegnamento alla nuova realtà tecnologica e sociale. Queste linee guida miravano a porre gli studenti al centro del processo educativo, sviluppando autonomia e responsabilità attraverso metodologie come l'apprendimento cooperativo e la flipped classroom. Sono state raccomandate piattaforme digitali sicure, registri elettronici e repository scolastici per conservare le lezioni. Le linee guida includevano anche la necessità di formazione mirata per i docenti. Tuttavia, molte scuole non hanno ancora applicato pienamente queste indicazioni, nonostante il portale "Scuola Futura" offra risorse e percorsi formativi per i docenti sulla didattica digitale. La pandemia ha spinto molti insegnanti ad aggiornare le loro metodologie, integrando il digitale nei processi di insegnamento e apprendimento. Hanno compreso l'importanza di una maggiore consapevolezza dei nuovi linguaggi digitali e la necessità di scegliere metodologie di apprendimento adatte alla specifica situazione della classe. Si è resa evidente la necessità di ripensare la relazione di apprendimento con una maggiore flessibilità nell'uso degli strumenti digitali, combinando diverse modalità di coinvolgimento degli studenti e fornendo feedback costanti e chiari per evitare fraintendimenti. Per creare un ambiente di apprendimento aumentato dalla tecnologia, è fondamentale integrare le competenze degli studenti con le attività didattiche, promuovendo l'uso creativo dei dispositivi tecnologici e favorendo l'esplorazione critica di nuovi contesti e linguaggi, come la realtà virtuale. I docenti devono anche condividere le loro esperienze e metodologie con i colleghi per diffondere le pratiche più efficaci e arricchire l'offerta formativa della scuola. CAPITOLO 4 – I NUOVI CONTENUTI DIGITALI PER LA DIDATTICA E LE NORMATIVE SULLA SCUOLA AUMENTATA DALLE TECNOLOGIE Sfruttare il potere delle tecnologie di simulazione e creare contesti e contenuti didattici digitalmente arricchiti è fondamentale per stimolare e sviluppare competenze e abilità negli studenti. Anche i contenuti dell'apprendimento devono evolversi per adattarsi alle nuove metodologie e contesti. Landow, uno dei pionieri degli ipertesti, sostiene che è essenziale che docenti e studenti collaborino per sviluppare ambienti e contenuti che supportino un apprendimento esperienziale. Gli studenti devono produrre contenuti digitali, come ipertesti, esercitando così la loro creatività e manipolando direttamente materiali digitali e non. Partecipano come autori e progettisti alla creazione di ipermedia, collaborando per costruire un apprendimento significativo e laboratoriale. Questo processo richiede che i docenti abbandonino l'idea dello studente passivo e considerino i contenuti come strumenti da esplorare e non semplici nozioni da trasmettere. L'approccio didattico deve quindi favorire la manipolazione e la progettazione di artefatti digitali, trasformandoli in contenuti di apprendimento. Ciò richiede una riconfigurazione del ruolo sia del docente che dello studente, che divengono entrambi attori attivi nella costruzione di strumenti complessi abilitati dai nuovi contenuti digitali. Non basta digitalizzare semplicemente i libri, ma è necessario creare contenuti e formati appositamente pensati per i nuovi supporti digitali. È importante promuovere la connessione creativa tra elementi di conoscenza e la dimensione sociale e cooperativa, per costruire insieme nuovi paesaggi di senso. Questo implica superare la logica di un programma fisso e predeterminato, adottando invece un modello basato su database. I database digitali, infatti, rendono la navigazione e l'accesso ai dati molto più efficienti, classificando tematicamente i contenuti digitali. Questo formato aumenta significativamente la libertà e l'interattività dell'utente, rendendolo responsabile della propria ricerca. La logica della scoperta stimola gli studenti a un'attività più complessa e autonoma rispetto ai media tradizionali. Gran parte del web non è accessibile tramite i comuni motori di ricerca, con solo una piccola percentuale di dati in pubblico dominio. L'Open Data Institute, fondato da Berners-Lee, si occupa di promuovere l'apertura del web, facilitando la ricerca nei database grazie all'HTML, che separa contenuto e interfaccia. Manovich descrive questa caratteristica come il principio della variabilità dei nuovi media, che consistono in più interfacce dialoganti con un database. Entro il 2015, l'Agenda Digitale ha imposto agli editori di completare la transizione al digitale dei contenuti didattici. Tuttavia, molti editori si sono limitati a creare versioni digitali interattive dei libri cartacei, spesso integrate da materiali di supporto archiviati in siti web difficili da navigare. Per creare veri database di contenuti digitali per l'apprendimento, è necessaria una rimediazione, svincolandosi dalla tradizione cartacea. Secondo Bolter e Grusin, i media digitali hanno come caratteristica principale la rimediazione, ossia l'incorporazione di altri media. La convergenza multimediale rende disponibili tutti i contenuti tradizionali in formato digitale, manifestandosi in due tendenze: l'immediatezza e l'ipermediatezza. L'immediatezza cerca di riprodurre l'esperienza reale in modo trasparente L'ipermediatezza moltiplica i punti di vista e i media coinvolti, enfatizzando l'integrazione mediatica. Un insegnante metodologicamente preparato può quindi utilizzare la VLE (Virtual Learning Environment) per predisporre una serie di oggetti digitali didattici, sia immediati che ipermediati, e griglie di lavoro che facilitano attività di apprendimento significative. I contenuti digitali possono essere suddivisi in tre categorie principali: 1. Contenuti digitali degli editori Questi sono materiali creati dagli editori educational per supportare la scuola digitalmente potenziata. Piattaforme interattive di apprendimento sono state sviluppate negli ultimi anni da principali editori internazionali per rispondere alle esigenze della didattica digitale. In Italia, Pearson ha proposto questo tipo di contenuti, ma ha ridotto gli investimenti nel tempo. Questi database includono materiali utilizzabili in classe per sviluppare competenze, come immagini, animazioni, video, infografiche, esercitazioni tradizionali e interattive, casi di studio, e presentazioni. I vantaggi di utilizzare un database di contenuti digitali includono: - Ricchezza e varietà: Un database digitale offre una gamma di materiali molto più ampia rispetto ai testi scolastici tradizionali. - Personalizzazione dello studio: Consente di personalizzare l'apprendimento per gruppi di studenti, scegliendo tra diverse attività e esercitazioni interattive, e permette di creare unità di apprendimento personalizzate. - Collaborazione e guida: Gli studenti possono lavorare insieme o essere guidati dal docente. - Monitoraggio delle attività: Le attività degli studenti sono tracciate in un ambiente virtuale, permettendo un monitoraggio continuo da parte del docente. Esempi di database per l'apprendimento includono Duolingo, Rosetta Stone e Babbel. 2. Contenuti reperibili liberamente in rete Negli ultimi 20 anni, molte istituzioni no profit hanno reso disponibili contenuti digitali gratuiti per la scuola e l'educazione. Questi progetti di open education, spesso finanziati da grandi multinazionali come strumenti di marketing, arricchiscono i materiali a disposizione dei docenti. Esempi includono: - Google Art and Culture: Visite virtuali e raccolte di immagini di opere d'arte. - Google Books: Accesso a libri fuori diritti. - Google Scholar: Motore di ricerca per testi accademici. In Italia, esempi di tali risorse sono Rai Scuola, Eniscuola (per l'educazione sull'energia e l'ambiente) e Oilproject (piattaforma educativa comunitaria). Analisi di quattro progetti pioneristici: 1. Wikipedia: Enciclopedia collaborativa online dove gli utenti generano e validano i contenuti. È un esempio di cooperazione di massa attraverso internet. 2. TED Conference: Banca dati di conferenze che offre gratuitamente contenuti educativi online. TED Talks sono brevi interventi su temi complessi, ideali per l'apprendimento e la divulgazione. 3. Khan Academy: Organizzazione no profit che offre videolezioni su YouTube e una piattaforma personalizzabile per i docenti. 4. MOOC: Corsi online aperti e massivi che offrono formazione a distanza su una vasta gamma di argomenti. Eduopen è la piattaforma italiana che garantisce la qualità dei corsi offerti. 3. Contenuti realizzati da insegnanti Gli insegnanti hanno sempre creato materiali didattici, ma spesso questi restano su hard disk o su carta, rendendone difficile la condivisione. La digitalizzazione di questi materiali renderebbe disponibili testi, sintesi, contenuti multimediali, lezioni per LIM, mappe concettuali, articoli, presentazioni, e test di valutazione. Questo e-portfolio condiviso potrebbe arricchirsi con le esperienze di ogni insegnante, migliorando la programmazione e la gestione della didattica. La digitalizzazione dei materiali didattici offre anche vantaggi in termini di trasparenza e comunicazione con genitori e il territorio. Le istituzioni scolastiche e le aziende possono accedere ai siti che mostrano le migliori pratiche della scuola, utili anche per l'orientamento degli studenti. Utilizzo dei contenuti digitali nel modello di apprendimento digitale I moderni Ambienti Virtuali di Apprendimento (VLE) basati su cloud sono capaci di integrare contenuti digitali e facilitare interazioni didattiche e relazionali. Questo sistema di "augmented education" consente agli studenti e ai docenti di interagire sia in presenza che a distanza, utilizzando il VLE della scuola, i loro dispositivi, e contenuti digitali provenienti sia dai web companion degli editori che dalle basi dati gratuite disponibili online. In Italia, per ragioni infrastrutturali e culturali, non è realistico pensare che le scuole possano adottare completamente un modello di contenuti basato sui database nei prossimi dieci anni. Tuttavia, all'interno del VLE della scuola e della classe, dovrebbero essere inclusi almeno alcuni dei seguenti elementi: - Mappa concettuale delle unità di apprendimento: Queste mappe devono rappresentare il Piano Triennale dell'Offerta Formativa (PTOF) e fornire una sintesi delle attività da svolgere durante i quadrimestri. - Manuale digitale destrutturato: Una versione ridotta e essenziale del manuale tradizionale, arricchita da lezioni magistrali di esperti e documentari. Il manuale viene destrutturato in unità di apprendimento organizzate per contenuto specifico e caratterizzate da vari codici di apprendimento (testo, video, simulazioni, ecc.). - Tracce di lavoro per le unità di apprendimento: Griglie di lavoro da svolgere in piccoli gruppi, rappresentando la parte più laboratoriale e cooperativa del lavoro, seguendo il modello della classe di Bayes. - Materiali di approfondimento: Disponibili in formato digitale per un ulteriore studio. - Valutazione accurata dei contenuti digitali: Gli insegnanti devono analizzare i contenuti digitali in base a parametri di efficacia, usabilità, reperibilità, e possibilità di esportazione e importazione. È importante che esista un motore di ricerca per un rapido reperimento dei contenuti. - Gestione sociale dei contenuti nel VLE: Deve essere possibile partecipare a forum e discussioni su argomenti proposti in classe, permettendo agli studenti, ai genitori e ai docenti di comunicare e interagire sia sincronicamente che asincronicamente tramite chat e forum. - Segmentazione e articolazione dei contenuti digitali: I contenuti devono essere ben organizzati e segmentati. - Accessibilità su vari dispositivi: I contenuti devono essere fruibili tramite una molteplicità di dispositivi e piattaforme, inclusi smartphone e tablet, per consentire lo studio e il ripasso anche in mobilità. Implementando questi elementi, le scuole possono sfruttare al meglio le risorse digitali per migliorare l'apprendimento e l'interazione all'interno della comunità educativa.