Concetto di Normalità e Salute Mentale PDF

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Il documento approfondisce i concetti di normalità e salute mentale, analizzando diverse definizioni e classificazioni proposte da vari studiosi. Vengono discussi fattori come la norma di valore, la norma statistica, la norma individuale e la norma tipologica, nonché le caratteristiche epidemiologiche e diagnostiche delle malattie mentali. Il testo mette in evidenza le problematiche legate alla diagnosi in psichiatria, includendo i sistemi di classificazione e la loro influenza sulla percezione sociale dei disturbi mentali.

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CONCETTO DI NORMALITA’ Il primo problema da affrontare quando si parla di malattie mentali è un problema di natura semantica, in quanto bisogna distinguer la normalità e la patologia. Si possono distinguere 4 concetti di normalità ma ciascuno di essi ha dei limiti; essi sono rappresentati da:...

CONCETTO DI NORMALITA’ Il primo problema da affrontare quando si parla di malattie mentali è un problema di natura semantica, in quanto bisogna distinguer la normalità e la patologia. Si possono distinguere 4 concetti di normalità ma ciascuno di essi ha dei limiti; essi sono rappresentati da: - norma di valore, assume l’ideale come concetto di normalità. Esempio: è normale avere una dentatura perfetta, chi non la ha è anormale. - norma statistica, definisce normale la media statistica in una data popolazione, è anormale chi non rientra in questa fascia media. - norma individuale, si riferisce all’abituale livello di funzionamento di un individuo; a seguito di un danno cerebrale, ad esempio, un individuo può presentare un declino delle su e funzioni mentali rispetto ad un livello mantenuto precedentemente nel tempo. - norma tipologica, si usa per descrivere condizioni che in un certo contesto vengono considerate normali ma in altri contesti socio-culturali non lo sono. DEFINIZIONI DI SALUTE MENTALE Diversi studiosi hanno cercato di definire il concetto di malattia mentale. Si possono ricordare: - Definizione di Kendell: le malattie mentali possono essere considerate variazioni statistiche dalla norma che tuttavia comportano uno svantaggio biologico come ad esempio una ridotta fecondità e/o un accorciamento della vita; - Definizione di Taylor: la diagnosi di malattia mentale ha come condizione necessaria e sufficiente il fatto che la persona si preoccupi di essere curata e/o che ci sia questa preoccupazione terapeutica nei suoi confronti nel suo ambiente. Ovviamente questa definizione comporta il rischio di considerare la malattia mentale come un sotterfugio per giustificare delle persecuzioni politiche; infatti nei regimi dittatoriali, i dissidenti venivano rinchiusi in ospedali psichiatrici perchè etichettati come folli o pazzi. Secondo la definizione dell’OMS del 2013 con l'espressione salute mentale si fa riferimento ad uno stato di benessere emotivo e psicologico nel quale l'individuo è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali, esercitare la propria funzione all'interno della società, rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, partecipare costruttivamente ai mutamenti dell'ambiente, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni non solo l’assenza di malattie ed infermità ma anche uno stato di completo benessere psichico e sociale. Il benessere è fondamentale per la salute mentale, tuttavia il sentirsi bene potrebbe non essere salutare perché. ad esempio, esperire uno stato di benessere durante un'azione di guerra mentre si uccidono persone non è sinonimo di salute. Allo stesso tempo sentirsi male potrebbe essere salutare; ad esempio sentirsi disperati dopo aver perso il lavoro in una situazione dove il mercato del lavoro offre scarse opportunità è un fatto assolutamente normale. Molta gente confonde le emozioni con le patologie, essere tristi non significa essere depressi anche se alcune correnti di pensiero molto probabilmente sostenute da interessi economici hanno tentato per alcuni tempi di far passare la tristezza per malattia. (interesse economico). Le persone che hanno una buona salute mentale sono spesso tristi, arrabbiate ed infelici e queste emozioni fanno parte della piena esperienza di vita. Nonostante ciò la salute mentale è abitualmente concettualizzata sempre con uno stato affettivo positivo caratterizzata da sentimenti di felicità e di padronanza dell'ambiente. Tuttavia alzare l’asticella della salute mentale potrebbe creare aspettative non realistiche e ciò può portare all'isolamento delle persone quando queste si sentono tristi o infelici, in quanto ci si sente diversi dagli altri. DEFINIZIONE DI MALATTIA MENTALE La malattia mentale si può definire come una sindrome o modalità comportamentale o psicologica clinicamente significativa, che si manifesta in un individuo e che è associata ad un disagio presente (sofferenza) o a disabilità (compromissione di una o più importanti aree del funzionamento). Inoltre, questa sindrome o modalità non deve essere una risposta attesa e culturalmente sanzionata nei confronti di un particolare evento (per es., la morte di una persona cara). Indipendentemente dalla sua causa originaria, deve essere considerata la manifestazione di una disfunzione comportamentale, psicologica o biologica dell’individuo. Né i comportamenti devianti, per es. politici o religiosi, né i conflitti che si realizzano principalmente tra l’individuo e la società sono sintomi di una disfunzione nell’individuo, come descritto sopra. L’espressione “disturbo mentale” implica sfortunatamente la distinzione tra disturbi mentali e disturbi fisici, cioè fra mente e corpo. Questa distinzione è ormai antiquata perché è ormai chiaro che c’è molto di “fisico” nei disturbi “mentali” e c’è molto di “mentale” nei disturbi “fisici”. DATI EPIDEMIOLOGICI Ogni anno si suicidano nel mondo circa 850000 persone. Solo 9% di oltre 450 milioni di persone afflitte da disagio psichico riceve cure adeguate. L'UE stima che il 27% della popolazione è sofferente nel corso della vita di un disturbo mentale. Il disagio psichico coinvolge trasversalmente tutte le fasce d’età della popolazione, lasciando i soggetti e i gruppi più deboli (anziani soli, bambini, adolescenti, migranti) maggiormente esposti al rischio di sofferenza. DIAGNOSI IN PSICHIATRIA Quando si parla di disturbi mentali, affinché ci si possa capire su che cosa si intende, si deve fare sempre riferimento a un sistema di classificazione, cioè a un elenco dei disturbi mentali fino ad oggi riconosciuti accompagnato dalla loro descrizione e da liste di sintomi e di altri criteri indispensabili per la diagnosi. Dire che una persona ha un disturbo mentale significa infatti fare una diagnosi. La psichiatria viene spesso attaccata, perché si sostiene che essa non sia una branca della medicina ‘esatta’, nel senso che viene considerata una sorella minore della medicina, in realtà è l’eccellenza della Medicina, in quanto fare diagnosi in psichiatria è difficile, quindi uno psichiatra che sa fare diagnosi è sicuramente più bravo di un collega di un’altra branca. Infatti negli altri campi della medicina le diagnosi sono basate su specifici criteri eziologici e patogenetici, spesso supportata da indagini di laboratorio e avvalorati da ben definiti quadro anatomo-patologici. In psichiatria, invece, non sono noti l’eziologia e i meccanismi patogenetici nella maggior parte dei casi, per cui la diagnosi è posta esclusivamente sulla base della storia e del quadro del paziente e si fa riferimento a sistemi di classificazione che vengono periodicamente aggiornati sulla base delle nuove conoscenze. In alcuni casi le conoscenze relative all’eziologia e alla patogenesi dei disturbi psichiatrici sono derivate da un processo inverso (ex adiuvantibus); ad esempio osservando l’efficacia di un determinato farmaco, si suppone che la malattia abbia origine da quel meccanismo che il farmaco va a correggere. Così sono nate le ipotesi patogenetiche della depressione: quando negli anni ’60 iniziarono ad essere usati gli antidepressivi triciclici, si vide che bloccavano la ricaptazione delle ammine biogene, allora si pensò che la depressione fosse dovuta ad una carenza di queste ammine biogene. Inoltre nelle altre branche mediche la diagnosi fornisce specifiche indicazioni terapeutiche e prognostiche. Ad esempio in caso di diagnosi di epatite C, si ricorre alla somministrazione di un farmaco specifico e si può valutare la prognosi del paziente. Se invece si pone diagnosi di depressione, si può scegliere tra diversi farmaci e non si può prevedere la risposta al trattamento e l’evoluzione della patologia. Inoltre i farmaci utilizzati in psichiatria sono diretti contro i sintomi (es. antipsicotici) e fin quando non si conoscerà l’eziologia delle malattie psichiatriche non si potranno avere terapie specifiche. Altra problematica è rappresentata dal fatto che molto spesso nella pratica clinica psichiatrica si ha a che fare con pazienti la cui sintomatologia non è chiaramente inquadrabile in nessuna delle categorie nosologiche descritte nei trattati. Infine molti dei termini usati in psichiatria (isterico,schizofrenico...) hanno assunto nel linguaggio comune una connotazione negativa per cui l'attribuzione, in un processo diagnostico, di uno di questi termini ad un dato soggetto può fortemente contribuire a condizionare, in senso negativo, l'atteggiamento degli altri verso il paziente, nonchè gli atteggiamenti del paziente verso se stesso (STIGMA). ✓ Vantaggi della diagnosi La diagnosi è di fondamentale importanza nella pratica clinica, in quanto: - senza la diagnosi sarebbe impossibile per lo psichiatra apprendere e/o comunicare ad altri le proprie esperienze clinico-terapeutiche - pur nella individualità e diversità di ogni paziente psichiatrico, gruppi di pazienti presentano comunque delle caratteristiche in comune, che consentono di individuare delle classi (classificare) più generali su cui si può parlare e fornire indicazioni didattiche e/o terapeutiche. Inoltre è importante nel campo della ricerca psichiatrica adottare sistemi di classificazione condivisi in modo da: - consentire la verificabilitá dei dati ottenuti da un dato gruppo di ricercatori su una data forma di patologia, da parte di altri ricercatori. - confrontare i risultati ottenuti in laboratori differenti Un esempio paradigmatico di come l'applicazione di criteri diagnostici differenti potesse portare a risultati differenti e quindi non confrontabili, lo abbiamo avuto negli anni 60, in cui la diagnosi di schizofrenia era molto più frequente negli Stati Uniti che in Europa. In seguito fu dimostrato che ciò era legato al fatto che gli psichiatri americani adottavano criteri più ampi rispetto agli psichiatri inglesi. Questi problemi hanno portato all’introduzione di sistemi di classificazione, i cui scopi sono: - identificare gruppi di pazienti che condividono gli stessi aspetti clinici, in modo tale che possa essere pianificato un trattamento adeguato e formulata una prognosi precisa, - consentire una comunicazione tra psichiatri - selezionare gruppi di pazienti omogenei per la ricerca clinica Gli aspetti negativi dei sistemi di classificazione sono: - Scotomizza le problematiche individuali del paziente in quanto persona - Non tutti i pazienti rientrano chiaramente in categorie definite a priori - Favorisce la stigmatizzazione sociale ✓ Sistema di classificazione Uno dei primi sistemi di classificazione è quello di Galeno del terzo secolo a.C. Egli distingueva i disturbi psichiatrici in eccitamento, confusione, depressione e perdita della memoria. Nel XVIII secolo Linnaeus parlava di: - disturbi ideali: delirio, la amenza, la mania, la pazzia e la melanconia, - disturbi immaginari: ipocondria, fobia, sonnambulismo - disturbi patetici: bulimia, polidipsia, satiria, erotomanie Nel 1772 un medico inglese, William Cullen, introduce il concetto di nevrosi per indicare tutte le malattie mentali (comprese l’ictus e l’epilessia) eccetto il delirium (Il delirium è uno stato confusionale, che si può osservare in una persona dopo uno shock, uno stress o per esempio negli anziani sottoposti ad interventi chirurgici; quindi delirium è diverso da delirio. Ciò che accomuna tutte le nevrosi è l’interessamento del SNC, quindi tale classificazione è basata su un principio eziologico. Questa rappresenta un’evoluzione rispetto al passato, in quanto non era sempre riconosciuta l’origine nervosa di questi disturbi, infatti: - Isteria viene dal greco istèros ( =utero) e si riteneva che l'isteria era dovuta alla migrazione dell'utero nel corpo femminile - Melanconia, che è un aspetto della depressione, viene da mélanos (=nero), in quanto si riteneva che fosse causata dalla presenza in circola della bile nera, Un grande contributo alla classificazione dei disturbi mentali è stata fornito dagli psichiatri francesi. In particolare, Pinel e Esquirol (XIX sec.) distinguono: - Mania con delirium - Mania senza delirium; - Melanconia - Demenza, - Idiozia - Monomania o follia parziale di Esquirol (caratterizzata dalla presenza di un solo delirium). Attualmente la follia parziale di Esquirol è rappresentata dai disturbi deliranti cronici, tra essi vi sono: o erotomania, in cui il soggetto crede fermamente che un personaggio, in genere irraggiungibile perchè VIP o noto, sia innamorato di lui (detta sindrome di de Clerambault). o gelosia patologica o delirio di gelosia (molto più frequente), in cui il soggetto è convinto che il partner lo tradisca, quindi è in costante ricerca delle prove del tradimento del partner, Falret pone l'accento su un altro aspetto importante, rappresentato dal decorso longitudinale; infatti molte malattie mentali tendono a ripresentarsi come in una sorta di andamento circolare. Egli parla di follia circolare, che coincide sostanzialmente con il disturbo bipolare. Con Kraepelin, medico tedesco di inizio '900, arriva la psichiatria più moderna; questo studioso introduce la distinzione tra 3 importanti condizioni psichiatriche: la malattia maniaco-depressiva, la demenza, e la demenza precoce. Egli chiama demenza precoce quello che il suo connazionale Broiler, dopo qualche anno, identificherà come schizofrenia. Nella demenza precoce si osserva un'evoluzione verso il decadimento cognitivo, in maniera simile alla demenza di Alzheimer, tuttavia in questo caso sono interessati soggetti giovani. Nella malattia maniaco-depressiva vi sono anziani e giovani che non vanno incontro a decadimento cognitivo. L’impostazione kleperiniana ha costituito la base dei principali sistemi di classificazione che ancora oggi utilizziamo. Un ulteriore contributo alla distinzione dei disturbi mentali è stato fornito da Freud, secondo cui tutte le nevrosi originano da precisi meccanismi psicodinamici. Inoltre Freud distingueva la personalità in tre parti: la parte istintuale e primitiva (Es), la parte depositaria delle regole etiche e morali, condivise nella società (Super-Io) e la parte mediatrice tra queste due, rappresentata dalla coscienza (Io). Quindi l’Io deve mediare tra le nostre pulsioni e ciò che è consentito fare. Per gestire queste difficoltà, l’Io si basa su meccanismi di difesa: - Rimozione: allontanamento delle pulsioni dalla sfera della coscienza. In questo modo la pulsione passa nell’inconscio, dove non dovrebbe “dare fastidio”. Tuttavia essa tende a riemergere in condizioni particolari. - Spostamento: investimento di sentimenti inaccettabili su un oggetto "sostitutivo", che assume il ruolo di oggetto manifesto, o apparente, ed è in stretto rapporto simbolico con l'oggetto reale o la rappresentazione mentale che causa l'attivazione di questa difesa. Interviene spesso nella genesi delle fobie, per cui si 'sposta' il sentimento inaccettabile sull'oggetto detto 'fobigeno'. Ad esempio il piccolo Hans che ha paura del cavallo, andando in ansia alla sola vista. Freud spiega questa fobia affermando che il primitivo impulso inconscio di aggressività nei confronti del padre, non venendo più controllato dalla rimozione, viene spostato sul cavallo per cui finché non entro in contatto con il cavallo, non mi ricordo di quest’impulso o almeno il mio inconscio non se lo ricorda: ogni volta che vengo a contatto con il cavallo, sto male perché l’impulso tenta di riemergere, e quindi lo stare male mi tiene sotto controllo l’impulso. Altri esempi da wikipedia: - Negazione: variante meno grave della denegazione o diniego o forclusione in cui vi è una completa scotomizzazione del dato di fatto conflittuale, senza alcuna consapevolezza di ciò. Nella negazione di livello nevrotico quello che viene negato è solo l'affetto, mentre il rapporto con la realtà è di norma mantenuto. Il diniego, presente solitamente nelle psicosi, viene utilizzato quando il pericolo potenziale per il mantenimento della struttura psichica è estremo. Ovviamente, l'uso massiccio della negazione produce conseguenze negative nei confronti della possibilità di risoluzione di un problema sul piano di realtà; per cui questo meccanismo è in genere disadattativo e disfunzionale. È disadattivo perché non permette la risoluzione di un problema, invece è disfunzionale in quanto provoca un danno all'individuo. - Idealizzazione: costruzione di caratteristiche (del Sé o dell'oggetto) onnipotenti e non rispondenti alla realtà oggettiva, al fine di proteggere i bisogni narcisistici. È il meccanismo di difesa attraverso il quale si proietta su una persona una "perfezione" che non c'è. Abbiamo un'idealizzazione primaria, usata nell'infanzia quando il bambino ha un'altissima considerazione nei confronti dei propri genitori. Si può trovare anche nell'innamoramento, specialmente quando ci si innamora di qualcuno che sembra perfetto, e che ovviamente non esiste. Spesso l'idealizzazione è una formazione reattiva il cui scopo è quello di nascondere (con il suo opposto) l'aggressività che si prova per una determinata persona. - Identificazione: auto-attribuzione ed "assunzione" di caratteristiche e qualità proprie dell'oggetto stimato e amato. È fondamentale nello sviluppo del bambino, che "copierà" caratteristiche dei genitori e di altre persone significative nel corso della sua educazione. - Identificazione con l'aggressore: indica l'assumere il ruolo dell'aggressore e dei suoi attributi funzionali, o l'imitarne la modalità aggressiva e comportamentale. Un suo sottotipo particolare è la cosiddetta "sindrome di Stoccolma". - Razionalizzazione: tentativo di "giustificare", attraverso comportamenti, ragionamenti ed argomenti un fatto o processo relazionale che il soggetto ha trovato angoscioso. In altre parole, la razionalizzazione consiste nel costruire attribuzioni, ipotesi o ragioni esplicative "di comodo", per poter contenere e gestire l'angoscia. - Formazione reattiva: sostituzione di un desiderio inaccettabile con un suo opposto (spesso un comportamento). Può incidere anche sulla costruzione della personalità del carattere; tanto che un eccesso di formazione reattiva può facilitare la costituzione di un cosiddetto "falso Sé" (ovvero, una personalità non autentica). Spesso alla base del sintomo compulsivo: le coazioni che riguardano, ad esempio, la pulizia (lavarsi continuamente le mani usando ogni volta saponette diverse), risulterebbero così formazioni reattive di sentimenti di sporcizia o inadeguatezza - Sublimazione: soddisfazione della pulsione mediante il cambiamento dello scopo o dell'oggetto in direzione più accettata culturalmente (per esempio: aspirazioni artistiche al posto delle pulsioni sessuali). - Repressione: È quel meccanismo di difesa che consiste nella decisione consapevole di "reprimere" la rappresentazione interna di un'esperienza angosciosa dal campo della coscienza. - Regressione: Attraverso questo meccanismo di difesa l'io si difende tornando indietro ad uno stadio precedente, poiché quello attuale provoca troppo dolore o ansia. Attenzione! Non c’è nessuna dimostrazione scientifica che possa dimostrare l’assoluta veridicità di questo: lo stesso Freud definiva la psicanalisi come “costrutto”, un castello che aveva costruito per spiegare certi sintomi psichiatrici, in attesa che l’endocrinologia all’epoca, sostanzialmente la medicina biologica, potesse spiegarne l’origine. ✓ Nevrosi e psicosi in passato erano molto utilizzati i concetti di nevrosi e psicosi; essi erano inclusi in molti sistemi di classificazione del passato, sono ancora usati nella pratica clinica ma non tanto importanti da costituire elementi diagnostici di classificazione. NEVROSI: - Temine introdotto da Cullen nel 1772 per indicare tutte le malattie mentali (incluse ictus ed epilessia) eccetto il delirium - Progressivo restringimento con esclusione dei disturbi organici e delle psicosi - Caratterizzazione psicodinamica - Utilizzato nella pratica clinica per indicare in genere disturbi meno severi o come aggettivo. Tuttavia non è assolutamente vero che le nevrosi sono meno severe! Infatti ci si è resi conto che patologie che venivano indicate come nevrosi, quali ad esempio la nevrosi ossessivo - compulsiva (oggi disturbo ossessivo - compulsivo) possono avere una sintomatologia peggiore di una schizofrenia. Qui parte l’esempio del collega che non riusciva a studiare dopo aver letto parole negative (dolore, morte e malattia) e chiamava un altro per sentire cose positive. Il secondo esempio: quello che ritornava alle 7/8 perché aspettava che qualcun’altro sia passato dal portone prima di lui. - Nell’ICD-10 è utilizzato per caratterizzare la classe dei “Disturbi nevrotici, legati a stress e somatoformi”. Nella prossima edizione il termine nevrosi scomparirà definitivamente. PSICOSI: - Termine ancora oggi utilizzato, ad esempio si parla di disturbi psicotici di tipo schizofrenosimile, disturbi psicotici cronici etc. - Con il termine psicotico si fa riferimento alle forme di disturbo mentale caratterizzate da: gravità, mancanza di consapevolezza e incapacità a discernere tra esperienze soggettive e realtà oggettiva. Sono importanti soprattutto questi due ultimi elementi; la gravità potrebbe essere considerata tale, tenendo presente sempre che un disturbo può o meno rispondere ad una terapia farmacologica. ✓ Classificazioni moderne Esistono tre principali tipi di classificazione in psichiatria: - Classificazione Categoriale: è la classificazione più usata e identifica delle categorie diagnostiche come entità discrete, cioè esistono gruppi di malattie con precisi pattern di sintomi, con decorso ben definito, con determinati criteri diagnostici. I limiti di questa classificazione sono: o Mancata certezza che queste categorie corrispondano a delle entità eziopatogenetiche o Non sempre i disturbi psichiatrici sono inquadrabili nei confini di una determinata categoria. - Classificazione Dimensionale: questa classificazione fa riferimento a dimensioni psicopatologiche che attraversano trasversalmente le categorie. Pertanto non vi sono categorie separate, è poco utilizzabile nella pratica clinica ed ha forse più un corrispettivo di tipo neurobiologico. Seppur poco usata, nella nuova edizione del DSM (numero 5) l’approccio di tipo Categoriale Multiassiale è stato arricchito da una connotazione dimensionale, come ad esempio nel caso del disturbo di tipo schizofrenico con dimensione di tipo depressiva. - Classificazione Multiassiale: in uso nell’ICD e nel DSM (sistemi categoriali, multiassiali) come strumento per l’adeguata valutazione di aspetti ambientali, aree di funzionamento che potrebbero essere altrimenti trascurati (valutazione globale della malattia e del paziente) ✓ Criteri diagnostici I criteri diagnostici si distinguono in: - Descrittivi: forniscono una descrizione delle malattie, dei loro segni e sintomi senza tuttavia specificare quale di questi segni e sintomi devono essere presenti, per quanto tempo devono essere presenti per porre diagnosi di una determinata malattia (criteri per la clinica dell’ICD- 10) - Operativi: non forniscono solamente una descrizione narrativa della malattia, ma definiscono anche quali sintomi devono essere necessariamente presenti (criteri di inclusione) e quali necessariamente assenti (criteri di esclusione) per porre diagnosi di una malattia. Sono più efficienti nel ridurre le discrepanze diagnostiche tra psichiatri appartenenti a diverse aree geografiche e a diverse culture, in maniera tale che i loro risultati sperimentali siano confrontabili e verificabili. Pertanto i criteri operativi sono quelli che improntano i nostri sistemi di classificazione. ✓ International classification of Diseases (ICD) L’ICD è un sistema di classificazione delle malattie elaborato dall’OMS. Le malattie mentale sono incluse nell’ICD solo a partire dalla VI edizione (1948). Il capitolo V (F) è dedicato alle malattie neuronali; in particolare esse sono distinte in 10 categorie da F0 a F9: - Il primo numero (0-9) indica il gruppo principale (F2 = schizofrenia) - Il secondo numero indica la categoria nel gruppo (F25 = disturbo schizoaffettivo) - Un terzo numero indica il sottotipo (F25.1 = tipo depressivo) - Descrizioni cliniche e direttive diagnostiche relativamente flessibili (uso clinico e didattico) ✓ The Diagnostic and Statiscal Manual (DSM) Si tratta di un sistema di classificazione elaborata dalla società americana di psichiatria. La prima edizione del DSM è del 1952; nel maggio del 2013 è uscita la quinta edizione e nel 2018 uscirà una nuova edizione. Fino alla quarta edizione era segnato col numero romano; nella quinta si è passati al numero arabo perché si prevedono già nuove versioni come ad esempio la 5.1, la 5.2 e la 5.3. Il DSM fa riferimento a precisi criteri diagnostici operativi per ciascuna categoria (criteri di inclusione e di esclusione). Si tratta di un classificazione multiassiale: - Asse 1: Sindromi Cliniche e altre Condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica. L’asse 1 è quello più importanti per la diagnosi ed è basto su criteri operativi. - Asse 2: Disturbi di personalità e ritardo mentale - Asse 3: Condizioni mediche generali (rilevanti per il trattamento e/o la genesi del disturbo mentale di asse I) - Asse 4: Problemi psicosociali ed ambientali (che possono condizionare la prognosi) - Asse 5: Valutazione globale del funzionamento I vantaggi di questo sistema di classificazione sono: - Facilità la valutazione globale del paziente - Fornisce uno schema per organizzare e comunicare l’informazione clinica - Consente di cogliere l’eterogeneità clinica dei pazienti anche se essi si presentano con le stesse disfunzioni - Favorisce l’applicazione del modello patogenetico bio-psico-sociale ICD-10 DSM-5 Origine Internazionale (tiene conto delle American Psychiatric diverse culture) Association (prettamente americano) Versioni -Clinica Unica -Ricerca - Medicina Generale Lingua Disponibile nelle lingue più Tradotto in molte lingue comuni Struttura Asse unico nel Cap V Multiassiale Disponibili schemi separati multiassiali Contenuto Criteri e direttive non includono I criteri diagnostici spesso le conseguenze sociali del includono una significativa disturbo riduzione del funzionamento sociale e lavorativo PRATICA CLINICA Nella pratica clinica si cerca di inquadrare il paziente nella diagnosi esclusivamente attraverso il colloquio psichiatrico. Spesso è difficile definire la categoria. Inoltre è importante rilevare il decorso longitudinale della malattia e in alcuni casi la diagnosi è possibile solo nel follow-up. Il paziente viene da noi, osserviamo come si comporta, sentiamo quello che ci dice e cerchiamo di indagare tutte quelle che sono le informazioni che ci possono portare ad arrivare a una diagnosi (quali sono le circostanze per cui il paziente è arrivato da noi, come si comporta, qual è la sua situazione familiare, la sua storia personale). Nel colloquio psichiatrico è necessario valutare: - Identificazione del paziente - Circostanze per le quali il paziente è giunto all’osservazione - Disturbo principale - Anamnesi relativa alla malattia attuale - Anamnesi psichiatrica passata - Storia di assunzione di alcol e droghe - Anamnesi familiare - Anamnesi personale passata (varie fasi della vita) - Anamnesi sessuale - Anamnesi medica - Raccolta di informazioni dai parenti/amici Nell’ esame psichiatrico bisogna esaminare: - Caratteristiche generali: Aspetto, Comportamento motorio, Linguaggio, Atteggiamento - Stato di coscienza e orientamento temporo-spaziale - Ideazione: Forma/flusso del pensiero e Contenuto del pensiero - Percezioni - Emozioni: Umore, Espressione affettiva, Appropriatezza - Capacità di critica e di giudizio - Progettualità, Capacità di astrazione, Memoria e Sonno ASSISTENZA PSICHIATRICA IN ITALIA La psichiatria in Italia è organizzata diversamente da altri Paesi ed è regolata dalla legge 180/1978 (cd. Legge Basaglia). In passato la psichiatria era applicata solo negli ospedali psichiatrici, veri e propri luoghi di reclusioni, per la difficoltà a trattare il malato psichiatrico. Attualmente l’assistenza è principalmente di tipo territoriale, infatti non esistono negli ospedali italiani, tranne negli ospedali universitari, reparti e/o ambulatori di psichiatria; negli altri nosocomi abbiamo servizi psichiatrici di diagnosi e cura, dove possono essere ricoverate persone che rifiutano le cure, sotto il regime di Trattamento Sanitario Obbligatorio, l’unica situazione in cui la cura prescinde dalla volontà del paziente. Ci sono varie strutture coinvolte nel sistema assistenziale: - centro di salute mentale, il centro dell’attività clinica del servizio - centro diurno, dove si fanno le pratiche di riabilitazione. Gli interventi di riabilitazione sono estremamente variegati, c’è chi organizza laboratori di falegnameria o di ceramica, c’è chi accoglie questi pazienti in officine meccaniche o propone loro attività di giardinaggio - day hospital, dove il paziente può ricevere l’intervento terapeutico, anche farmacologico - strutture residenziali, riservati a soggetti che non ha una possibilità abitativa autonoma. Sono organizzate come degli appartamenti, dove il paziente può vivere e ricevere le terapie. Nelle strutture residenziali le persone possono vivere a diversi gradi di protezione: le persone più abili possono vivere da sole, con altri ospiti, periodicamente un infermiere e/o un medico li visitano; mentre le strutture a più alta protezione, invece, prevedono la presenza di infermieri e/o medici nella struttura stessa. - centro crisi: unità per la gestione di situazioni di crisi come quelle che possono portare ad un ricovero coatto. Il centro crisi può esser utile qualora in reparto non ci sia posto per un TSO o, di contro, se il TSO è terminato ma il soggetto ancora non è in condizione di tornare nel tessuto sociale di provenienza. È una struttura che, da un lato, può evitare ricoveri consentendo la gestione della crisi in acuto; dall’altro, consente di “attendere” il ricovero o il rientro a casa. - servizio psichiatrico di diagnosi e cura, dove i pazienti sono ricoverati. Il centro di salute mentale è il fulcro dell’attività, a cui si rivolge il paziente con disturbo mentale o da cui parte l’intervento assistenziale domiciliare, ad esempio per pazienti che non possono raggiungere il centro, pazienti disabili, pazienti che non ci vogliono andare. Gli operatori del centro sono autorizzati a lasciare il centro, andare a casa del pz e somministrare la terapia opportuna. Mentre nell’azienda ospedaliera i medici non sono autorizzati a fare ciò, il servizio territoriale è autorizzato a farlo e molti degli interventi sono domiciliari. Il servizio territoriale esplica azioni terapeutiche di diverso tipo: - farmacologico - psicoterapeutico - riabilitativo: esistono tecnici della riabilitazione psichiatrica, che permettono al pz di riacquisire tutte le abilità perdute a causa della malattia psichiatrica, come lavarsi, prendere il pullman, in altri termini, badare a sé stessi) - sociale: gli assistenti sociali si assicurano che i pazienti vengano adeguatamente seguiti dalla famiglia, dai vicini, dai datori di lavoro. Li aiutano nel reinserimento sociale, lavorativo, comunitario e molto altro. Questo tipo di assistenza è pensato di più per i disturbi psicotici, dello spettro schizofrenico (che richiedono ricovero, terapia farmacologica, riabilitazione ecc). Questo è un bias della nostra assistenza, perché patologie minori, come l’ansia e il DOC, che possono essere invalidanti quanto e forse anche di più della schizofrenia, non vengono valutate come la schizofrenia. ✓ Ricovero ospedaliero Il ricovero può avvenire per: - obbligatorietà - volontarietà Un paziente non può essere più ricoverato in un ospedale psichiatrico, infatti non esistono più i manicomi, che sono stati tutti chiusi con la Legge del 1978. Dopo questa data, c’è stata una progressiva dismissione dei pazienti, che inizialmente sono andati nelle residenze, poi c’è stato il fisiologico turnover e oggi non esiste più nessuna struttura di questo tipo. Il paziente viene ricoverato nei reparti di psichiatria (servizio psichiatrico di diagnosi e cura) che fanno capo alle ASL, ma che si trovano nell’ospedale. In altri termini, solo la struttura è dell’azienda ospedaliera, ma il personale è dell’ASL (ed è pagato dall’ASL). Esistono anche reparti universitari (come quello del prof) che non hanno un corrispettivo territoriale, cioè non è rivolto solo ai pazienti di quel territorio, ma a tutti i pazienti che si rivolgono al centro, ad eccezione delle situazioni in cui magari non è opportuno che il paziente si rechi per ogni visita al centro universitario (ad esempio, se il paziente vive in un paese molto lontano dal reparto universitario, questo può fare una procedura di invio ad un reparto territoriale più vicino e “comodo” da raggiungere per il paziente). In altri termini, sono SOVRAZONALI. Questi reparti universitari possono avere anche altre funzioni, come i ricoveri, l’ambulatorio, ecc.. a seconda se l’azienda li mette a disposizione. ✓ Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) Il TSO per malattia mentale prevede che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solamente se sono contemporaneamente presenti tre condizioni: - Necessità di ricevere una cura → il paziente si trova in uno stato mentale tale da avere il bisogno essere curato, - Il paziente rifiuta di essere curato, - Non ci sono alternative ad espletare la cura se non l’ambiente ospedaliero → ad esempio, il paziente potrebbe essere curato obbligatoriamente a casa sua, ma non sempre sussistono le condizioni per garantire la terapia forzata a domicilio, perché i farmaci psichiatrici spesso richiedono assistenza infermieristica costante, elettrocardiogramma periodico per farmaci cardiolesivi e altro (in altri termini, non è possibile al di fuori dell’ospedale). La legge prevede che qualsiasi medico, non necessariamente psichiatra, può proporre un TSO. Inoltre è necessario altresì che un altro medico confermi la proposta di TSO del primo medico. Il secondo medico, quindi, deve visitare il paziente, confermare i motivi che hanno spinto il primo medico a proporre il TSO ed, eventualmente, confermare la proposta. In genere, poiché di queste cose si occupano i servizi territoriali, sono entrambi medici dello stesso servizio. In altri casi sono gestite dal 118, quindi in genere il primo medico è un medico del PS, poi viene chiamato uno psichiatra per una consulenza e la conferma del TSO. La proposta di TSO deve, poi, essere autorizzata dalla massima autorità sanitaria del territorio, ossia dal sindaco o da un suo delegato. Il TSO viene proposto al sindaco tramite un modulo in quattro copie, che hanno destino diverso: 1. Una rimane nel comune 2. Una rimane ai medici del reparto dove il paziente viene ricoverato 3. Una rimane ai medici che hanno proposto il TSO 4. L’ultima va al giudice di sorveglianza che può accettare o meno la proposta a seconda dei suoi contenuti o vizi di forma Il TSO dura al massimo 7 giorni; si tratta di un tempo esiguo, troppo breve, in quanto i farmaci antipsicotici richiedono più giorni affinché compaiano gli effetti clinici, per cui si chiede una proroga per almeno altri 7 giorni, fino ad un mese nei casi più gravi. Sia la proroga che la cessazione del TSO sono da comunicare al Sindaco ed al Giudice Tutelare. Poiché i posti nei reparti psichiatrici sono pochi e possono essere occupati, il paziente che riceve il TSO può anche andare anche in un centro non vicino, dove c’è il primo posto disponibile. Inizia, quindi, una ricerca, tramite 118 o tramite centrale, per cercare il primo posto disponibile nei centri vicini. L’ambulanza trasferisce il paziente al servizio psichiatrico libero più vicino e il medico deve seguire il paziente, fino a quando questo non viene trasferito nel nuovo centro. A volte, in tutta la regione non si trovano posti, perciò si può andare anche fuori regione. Quindi il TSO è molto impegnativo e consuma molte risorse economiche e lavorative. Tutto questo, però, si realizza solo se vengono rispettate tutte e tre le condizioni: se il paziente afferma di accettare la terapia, allora bisogna interrompere il TSO e seguirlo a domicilio. ✓ Aspetti medico-legali in tema di ASO e TSO La legislazione italiana in tema di accertamenti (ASO) e trattamenti sanitari obbligatori (TSO) ha eliminato il concetto di pericolosità sociale dai motivi del TSO, centrando più l’attenzione sul rifiuto delle cure. In altri Paesi si può ricoverare il paziente non appena il medico ritenga che ci sia una pericolosità sociale, indipendentemente da tutto il resto. La pericolosità sociale non esiste più come criterio per il TSO, ma è un motivo per far intervenire le forze dell’ordine (se un signore ha una pistola in mano, non interviene il medico con il TSO, ma interviene la polizia). L’eliminazione del concetto di pericolosità da i criteri per il TSO non è una deresponsabilizzazione dello psichiatra in senso giuridico da eventuali ricadute della pericolosità del paziente per sé o per gli altri: infatti, si ricade nella legislazione generale e il magistrato può considerare responsabile lo psichiatra se viene individuato un rapporto causale tra i suoi atti e un successivo danno per il paziente o per altre persone: è sempre, quindi, preferibile tener conto della pericolosità quando si interviene in urgenza; Non esiste un regolamento attuativo specifico che indichi delle norme definite sull’esecuzione di ASO e TSO: ciò ha generato numerosi problemi pratici e legali: - Non è chiaro come comportarsi nel tempo che intercorre tra la proposta e la convalida, o tra la convalida e l’emissione dell’ordinanza di TSO, che spesso arriva successivamente: chi interviene si trova a limitare la libertà di un cittadino in assenza di una specifica disposizione che lo autorizza e nello stesso tempo non può non occuparsi di situazioni che possono generare danni al paziente o a terzi (abbandono di incapace, mancata esplicazione di atti terapeutici necessari da cui derivano eventuali danni al paziente, ecc). - Altro aspetto problematico è l’esecuzione del TSO: tale procedura dovrebbe competere alle forze di pubblica sicurezza (polizia, carabinieri, ecc) fino al momento in cui il paziente non venga affidato al servizio ospedaliero pubblico (la non chiarezza delle normative, spesso, genera atteggiamenti di rifiuto all’intervento da parte degli operatori delle ambulanze, di vigilanza negli ospedali, ecc.). ✓ TSO Medico Il TSO medico è una procedura in cui viene rifiutato, da parte del paziente, l’intervento per cure mediche necessarie; questo tipo di trattamento obbligatorio è previsto dalla legge solo per motivi di igiene pubblica (casi di malattie infettive, veneree, contagiose o, in alcuni casi, nelle tossicodipendenze) e non può essere effettuato in tutti gli altri casi in cui un paziente che presenta alterazioni psichiche non dia il consenso ai trattamenti medici o chirurgici, tranne nel caso di minori o do persone interdette, in cui il consenso viene dato dai familiari o dal tutore; Dal consenso si può prescindere soltanto nei casi in cui vi è uno stato di necessità, cioè quando il paziente non è in grado di comprendere (per shock, coma,ecc) e contemporaneamente versi in uno stato di grave pericolo di vita, tanto da rendere improcrastinabile il trattamento; Casi in cui il paziente non dia il suo consenso a un trattamento medico, per un’infermità psichica o per un’incapacità di intendere e/o di giudizio o nel caso in cui non sia capace di esprimere un consenso valido, quando c’è una necessità di cura ma non c’è pericolo di vita: in tutti questi casi, l’unica prassi corretta è quella di ottenere un’autorizzazione al trattamento dal giudice tutelare, dopo avergli trasmessa tutta la documentazione necessaria per poter valutare il caso (pratica indaginosa e non sempre facile da attuare!). PSICOPATOLOGIA La psicopatologia è la sezione della psichiatria che si occupa della descrizione e dello studio dei sintomi psichiatrici, quindi la psicopatologia si occupa dello studio del funzionamento abnorme delle attività psichiche. Il funzionamento normale delle attività psichiche è invece il campo di indagine della psicologia. Le funzioni psichiche vengono schematicamente suddivise in: coscienza, attenzione, percezione, memoria, pensiero, linguaggio e affettività. La suddivisione della psiche in funzioni si giustifica solo per esigenze di analisi didattica ed espositiva; tuttavia la psiche va sempre considerata nella sua globalità. È infatti arbitrario disarticolare la globalità dello psichico in funzioni indipendenti, giacchè nessuna funzione esiste di per sé senza essere correlata ad altre. La psicopatologia si occupa di tre aree principali: - i singoli sintomi psichici - le malattie psichiche - la nosografia (o nosologia) delle malattie, ovvero la loro classificazione SINTOMI PSICHICI I sintomi psichici sono anomalie psichiche o comportamentali che recano sofferenza a se stessi e, talvolta, anche agli altri. La depressione ad esempio è una condizione di estrema sofferenza per il soggetto che ne è affetto, ma anche per i suoi familiari e tutte le persone che sono intorno a lui. Oltre a recare sofferenza, i sintomi psichici sono causa di disfunzioni sociali, lavorative, e relazionali. Un particolare campo di indagine della psicopatologia è l’emotività espressa, ovvero il carico emotivo che una malattia psichica genera in una famiglia o nelle persone che sono intorno a una persona sofferente. È ovvio che un genitore, un fratello o una sorella non resta indifferente nei confronti di un proprio congiunto che presenta manifestazioni deliranti. Si è visto che più questo carico emotivo viene espresso, tanto minore è l’esito favorevole delle malattie, ovvero all’interno delle famiglie l’emotività espressa ostacola il processo di guarigione in quanto crea uno stato di allarme o emergenza. Le persone vanno in panico, diventano “ipercontrollori” nel tentativo di evitare lo “scoppiare” del congiunto. Oggi si fa psicoeducazione nel tentativo di insegnare alle famiglie cos’è la malattia, come reagire alle sue manifestazioni, perché la persona manifesta certi sintomi ecc. in questo modo le famiglie riducono la loro preoccupazione e il loro invischiamento, andando a favorire il decorso della malattia. I sintomi psichici possono essere soggettivi o oggettivi. - I sintomi soggettivi sono quelli vissuti personalmente dal soggetto: hanno a che fare con le emozioni e il pensiero (ansia, depressione). Essi possono essere conosciuti solo se il paziente li riferisce - I sintomi oggettivi sono osservati anche dagli altri (il terapeuta ad esempio) come l’agitazione, il rallentamento psicomotorio, i comportamenti bizzarri. Inoltre nei disturbi psichici si possono osservare sintomi somatici, molti dovuti all’attivazione del sistema simpatico come tachicardia, sudorazione, o veri e propri disturbi gastrointestinali, genitourinari o sindromi dolorose (espressione di una psicopatologia e non di un danno organico). La dicotomia psiche-soma in medicina non ha più senso di esistere dato che i sintomi psichici si aggiungono o si intersecano con quelli somatici. Ad esempio un paziente con una crisi di panico si presenta probabilmente con una forte componente psichica, ossia la paura che possa accadere qualcosa di irreparabile, ma presenta tutto un corteo sintomatologico prevalentemente somatico: tachicardia, sudorazione, senso di oppressione del 1 respiro, mancanza d'aria. Sono tutti sintomi somatici che ci farebbero pensare a tante altre condizioni organiche che si esprimono con queste manifestazioni. Non a caso la maggior parte di questi pazienti corre al pronto soccorso perché pensa di avere un infarto, perché pensa di avere qualcosa che non funziona a livello cardiaco. Un altro esempio è la depressione mascherata, una particolare forma di depressione che si manifesta senza alterazioni dell’umore ma con sintomi somatici, in particolare con cefalee croniche che non si risolvono con antidolorifici, o con la cosiddetta “sindrome del mal di schiena”(low back pain) che è una sindrome dolorosa che farebbe pensare a problemi di colonna vertebrale o sciatalgia ma in realtà può essere un equivalente depressivo ovvero migliora con gli antidepressivi. CONCETTO DI SINDROME Le sindromi psichiatriche possono essere definite come degli insiemi di sintomi psichici e somatici. Una sindrome consiste in un insieme di sintomi che tendono a manifestarsi insieme e che spesso hanno un corso temporale più o meno caratteristico. La modalità di esordio e l’evoluzione di queste alterazioni psichiche è caratteristica e ci guida nell'orientarci verso una patologia o un'altra. Ad esempio un paziente che soffre di attacchi di panico presenta generalmente questa evoluzione clinica: ha le crisi di panico che pian piano aumentano di frequenza e man mano che aumentano di frequenza, al sintomo di crisi di panico il paziente associa un altro sintomo, ossia l'agorafobia (la paura di allontanarsi da casa); è un’evoluzione abbastanza consolidata e tipica. La relazione tra i sintomi costituenti la sindrome e la diagnosi corrispondente è generalmente politetica, ciò significa che la diagnosi viene stabilita dalla presenza di un certo numero di sintomi che costituiscono la sindrome senza che nessuno di essi sia essenziale per la diagnosi. Nessun sintomo è patognomonico di una malattia mentale, ad esempio possiamo trovare un delirio in una situazione di psicosi grave come quella di una schizofrenia, ma lo possiamo trovare anche in un paziente con disturbo di panico, nella depressione, in una sindrome organica cerebrale o in un episodio maniacale. PSICOPATOLOGIA DELL’IDEAZIONE Il pensiero è quella funzione attraverso cui sono prodotte e poste in relazione tra di loro le idee con processi di associazione, correlazione, integrazione, astrazione e simbolizzazione dei dati informativi. Il pensiero ci consente una valutazione della realtà esterna e interna e formuliamo dei giudizi. Ad esempio, guardando dalla finestra e vedendo il sole, il cielo azzurro e gli alberi fermi senza movimento delle foglie posso dire che è una bella giornata. Esprimo quindi una valutazione della realtà esterna secondo un mio giudizio della realtà che in genere è condiviso dalla maggioranza di noi. Il pensiero si esprime attraverso il linguaggio, per cui se non ci esprimiamo, se non parliamo, non possiamo esaminare il pensiero del paziente. Non è inusuale che un paziente non voglia parlare e lì è problematico capire cosa ha la persona, bisogna saperci lavorare. L'ideazione è una funzione che, mettendo in relazione tra di loro le singole idee (per somiglianza, contrasto, contiguità spaziale e temporale) conferisce un determinato ordine formale al corso del pensiero. Se ad esempio guardo fuori e vedo che c’è la luce del sole allora deduco che è una bella giornata, allora forse farà caldo e quindi non è necessario che prenda il cappotto. L’ideazione è soggetta alle leggi del ragionamento e della critica. L’elaborazione delle informazioni ci permette di arrivare al giudizio della realtà, che verrà alterato nei disturbi del contenuto e della forma del pensiero. Il ragionamento è un’attività che collega le idee secondo determinate strutture logiche: - La deduzione è quel processo logico mediante il quale da un'idea generale si giunge ad una 2 particolare collegata alla prima da un vincolo di necessità. Un esempio è: tutti gli esseri umani sono mortali (idea generale), Mario è un essere umano, quindi si deduce che Mario è mortale. Questo è un processo di deduzione. - L’induzione è l’inverso della deduzione: da fatti particolari è possibile arrivare a un'idea generale. Un esempio è: Hitler era un dittatore ed era crudele, Stalin era un dittatore ed era crudele, Saddam era un dittatore, quindi Saddam era probabilmente crudele. - La critica è la formulazione di giudizi e ci consente di discernere il falso dalla realtà, ma sempre contestualizzando il giudizio, cioè calandolo nella realtà socioculturale in cui ci troviamo. ✓ Disturbi del pensiero I disturbi del pensiero si distinguono in disturbi del contenuto e disturbi della forma. o Disturbi del contenuto I disturbi del contenuto sono rappresentati da: idee prevalenti, idee ossessive e idee deliranti (delirio). Idee prevalenti Le idee prevalenti sono rappresentate da un’idea o gruppi di idee che occupano il campo della coscienza in ragione di una forte carica affettiva ad essa collegata (il soggetto pensa sempre a quella cosa perché affettivamente legato a quelle idee). Esempi: ipotesi scientifiche, convinzioni etiche o religiose, gelosia, innamoramento. Inoltre le idee prevalenti: - si formano in dipendenza di (e sono sostenuti da) stati emotivi particolari e molto intensi; - assumono un carattere di importanza e di priorità rispetto agli altri contenuti mentali; - dominano in maniera temporanea o permanente l’intera vita psichica del soggetto (tutta l’intera vita viene a svolgersi intorno a questa idea) - si elaborano su eventi possibili o reali - sono comprensibili nella loro motivazione affettiva ed accessibili alla critica - non corrispondono a contenuti irragionevoli, impossibili o inaccettabili. Sono idee possibili, plausibili e la caratteristica è che il soggetto le riconosce come proprie. Idee ossessive Le idee ossessive (ossessione deriva da obsidere: assediare) sono idee che: - insorgono con un senso di obbligatorietà, vincolo, pressione; - sono ricorrenti e persistenti; - non sono eliminabili con la volontà ed il ragionamento; - sono riconosciute dall’individuo come proprie, ma considerate inaccettabili e rifiutate perché vissute come estranee (egodistoniche) determinano sentimenti di fastidio, ansia o disagio marcato; - il soggetto tenta di ignorare o di sopprimere o di neutralizzare con altri pensieri o azioni. Le idee ossessive possono diventare compulsive solo nel 25% dei casi. A volte all’ideazione ossessiva fa seguito un rituale, un comportamento ripetitivo molto rigido e stereotipato, che il paziente deve mettere in atto per alleviare l’ansia dell’idea ossessiva stessa. Ad esempio un’idea ossessiva potrebbe essere l’idea di contrarre malattie toccando oggetti, usando bagni pubblici, quindi la paura dello sporco della contaminazione (è un’idea ossessiva alla quale può seguire un rituale di lavaggio, per scacciarla via); oppure un impulso improvviso a rubare o a danneggiare qualcosa; o la paura di far del male a persone care; molto tipica è la paura di dire bestemmie in chiesa. Le idee ossessive non si realizzeranno mai, al contrario delle idee deliranti che possono essere messe in atto. 3 Differenze tra idee ossessive e prevalenti Un’idea ossessiva viene vissuta come estranea alla personalità, non ha rapporti diretti con l’affettività, non viene accettata dal paziente, viene criticata come assurda e limita l’espressione della personalità. Un’idea prevalente, invece, viene vissuta come parte integrante della personalità, sostenuta da un fondo affettivo, viene accettata anche se spiacevole, è criticabile, ma non ritenuta assurda e talora è connessa ad attività creative. Idee deliranti L’idea delirante è una convinzione falsa, basata su un’inferenza non corretta riguardante la realtà esterna, che è fermamente sostenuta nonostante quello che quasi tutti gli altri credono, e senza tener conto di ciò che costituisce un’incontrovertibile e chiara evidenza del contrario. Il paziente è convinto, per esempio, che fuori ci siano i marziani che lo aspettano per rapirlo e portarlo sul loro pianeta con l’astronave che hanno parcheggiato sulla torre cardiologica. È un’idea ovviamente basata sull’inferenza non corretta della realtà esterna, ma il paziente la sostiene fermamente, nonostante gli altri la ritengano assurda e non c’è nulla che possa fargli cambiare idea. Inoltre, a differenza dell’idea ossessiva che non viene messa in atto, l’idea delirante può realizzarsi. Ad esempio il soggetto che pensa di doversi buttare giù perché è un angelo ed è in grado di volare (idea delirante) può arrivare a farlo, non è come il soggetto che ha l’idea ossessiva di buttarsi giù, che non si realizzerà mai. I deliri sono idee o sistemi di idee che presentano le seguenti caratteristiche: - non corrispondono alla realtà, sono assurdi nel contenuto, ma l’assurdità va sempre correlata al contesto socioculturale. - sono caratterizzati da certezza soggettiva - sono incorreggibili: resistono alla critica e non c’è possibilità di poterli modificare. - non sono condivisi dalla cultura o subcultura a cui il paziente appartiene. È importante la contestualizzazione: se un soggetto sostiene che l’epatite si cura con i raggi della luna, ovviamente si dirà che è un’idea delirante, ma se questo lo ritiene qualcuno che abita in una tribù dove è diffusa questa convinzione, non sarà più un’idea delirante. La contestualizzazione è un elemento determinante per poter definire come delirante un pensiero. I deliri si classificano in: - Primari: non derivano da altri elementi ma sono originati primariamente nel processo ideativo; - Secondari (deliroidi): sono collegati a: o lo stato affettivo del soggetto: un paziente affetto da una depressione, che è convinto che per lui non c’è più posto in questo mondo, può presentare delirio di colpa o di rovina. Ci sono persone che non si ritengono più capaci di fare nulla e siccome pensano che il loro patrimonio familiare andrà in dissesto, credono ci sarà la rovina della loro famiglia. Oppure alcuni che hanno avuto piccole mancanze nel passato, pensano che queste possano portare a gravi conseguenze giudiziarie. Un soggetto che, per esempio, ha dimenticato di pagare una bolletta può avere un delirio di colpa e pensare che questa bolletta non pagata lo porterà in carcere e tutto questo lui se lo merita perché è indegno. Viceversa nella fase maniacale, di euforia ed esaltazione, c’è la convinzione di essere onnipotenti, di essere dotati di capacità al di fuori della norma e di essere persone speciali. Risolto lo stato affettivo (di euforia in questo caso) il delirio va via, perché è strettamente correlato ad esso. o la condizione attuale del soggetto: per esempio, un soggetto che si trova in uno stato di isolamento carcerario in cui la deprivazione sensoriale può facilmente portare a 4 ideazioni deliranti, allucinazioni. Oppure, pensando agli immigrati, sono persone provenienti da altro paese, accolti da una popolazione ostile, che li guarda con sospetto, che non li vorrebbe e, non conoscendo la lingua, potrebbero pensare che le persone tramino contro di loro. o il carattere del soggetto: in questo caso si parla di deliroidi sensitivi, essi sono tipici dei caratteri timidi e introversi che difficilmente riescono ad entrare in relazione con gli altri, che si sentono inferiori e che quindi vivono con gli altri un rapporto di subalternità e di negatività sentendosi emarginati o perseguitati. I deliri secondari possono essere curati risolvendo la situazione che li ha generati. Il delirio primario, invece, non riconosce una giustificazione affettiva, è tipico della schizofrenia e va trattato con i farmaci antipsicotici. Ci sono situazioni deliranti croniche in cui il delirio è l’unico aspetto disfunzionale della persona ed è talmente radicato che diventa un modo di essere della persona e non risponde a nessun trattamento farmacologico. Un esempio è la sindrome di de Clérambault o erotomania, ovvero la convinzione del paziente che una persona importante, molto famosa sia innamorata di lei/lui (in genere è più tipica del genere femminile). Questa sindrome appartiene ai disturbi deliranti cronici; essi non rispondono ai trattamenti, ma al di fuori del delirio, la persona è perfettamente normale. In base al modo in cui sono strutturate le idee che compongono un delirio, si distinguono: - Deliri strutturati o sistematizzati: è presente una coerenza di contenuti, le idee sono articolate da nessi logici (ad esempio: sono convinto che fuori ci sono i marziani, quindi è logico pensare che hanno un’astronave). Nella sua assurdità, il delirio ha una sua logica e coerenza. Inoltre sono deliri “stabili”, nel senso che non cambiano molto rapidamente. - Deliri non strutturati o frammentari: i contenuti sono mutevoli, i rapporti tra le idee sono piuttosto labili, non hanno un’associazione coerente, facilmente si passa da un tema all’altro (ad esempio: ci sono i marziani, però il sindaco ce l’ha con me). In base allo stato di coscienza del soggetto si distinguono: - Deliri ludici: sono associati ad uno stato di coscienza vigile, il paziente è presente a sè stesso e all’ambiente esterno, le idee sono organizzate con un diverso grado di complessità. - Deliri confusi: il soggetto presenta alterazioni dello stato di coscienza, per cui i deliri sono mutevoli, cangianti, poco strutturati. Il delirio confuso è il cosiddetto delirium (lo stato confusionale) che può insorgere ad esempio nel soggetto giovane/anziano a seguito di un intervento chirurgico o in un soggetto che ha abusato di sostanze stupefacenti. In entrambi i casi si possono presentare in uno stato in cui non riconoscono il posto in cui sono, non distinguono il giorno dalla notte o interpretano male eventi assolutamente normali (come l’infermiere che si avvicina per effettuare una banale iniezione e che il paziente nel post operatorio interpretata come qualcuno intenzionato ad ucciderlo). Rispetto al contenuto dell’idea, possiamo distinguere: 1. deliri di minaccia di pericolo della propria integrità: - delirio di persecuzione: il soggetto è convinto di essere oggetto di atti persecutori da parte di persone che vogliono fargli del male. Queste figure possono essere sia non definite, sia essere identificati in persecutori reali (il professore fa l’esempio di un suo vecchio paziente, un ragazzo di Sorrento affetto da schizofrenia, il quale era convinto di non poter lasciare la sua città perché se l’avesse fatto la camorra l’avrebbe ucciso. Il delirio era così ben costruito che si intersecava anche con un altro, ovvero quello di essere sposato con una principessa araba che per ovvi motivi non poteva mai raggiungere); - delirio di veneficio cioè la convinzione che qualcuno ci voglia avvelenare. Questo delirio ha un risvolto importante anche sul piano terapeutico. Si immagini un paziente schizofrenico che ha anche il delirio di veneficio: già non vuole prendere farmaci perché non ha 5 consapevolezza della sua malattia (le psicosi sono caratterizzate da mancanza di inside, di consapevolezza) e in più ha la convinzione che la gente lo voglia avvelenare. Egli necessita di essere trattato, quindi con l’aiuto dei familiari si può provare a dargli di nascosto le medicine, ma nel caso in cui il paziente se ne dovesse accorgere sarebbe la fine perché andrebbe solo a rinforzare il suo delirio (ci può essere quindi un delirio di veneficio indotto).Non bisogna mai assecondare i deliri delle persone, in quanto causeremmo un implicito riconoscimento. Bisogna avere un atteggiamento fermo, critico, adeguato alle circostanze (mai porsi su un piano di sfida col paziente). - delirio di influenzamento cioè la convinzione che gli impulsi, i pensieri e le azioni non siano propri ma imposti da una forza esterna o attraverso mezzi esterni, misteriosi o fisici (es: le mie idee non sono mie ma me le inculcano dall’alto con le onde elettromagnetiche, io non ho più pensiero sono queste entità esterne a me che mi fanno pensare queste cose); - delirio di riferimento, la convinzione che eventi esterni o i comportamenti delle altre persone siano riferiti al soggetto (quando ovviamente non hanno nulla a che vedere con lui); idee che alla televisione o alla radio si parli di sé (es: hanno detto che sulla montagna hanno trovato un leone ma volevano dire Monteleone, io mi chiamo Monteleone e quindi parlavano di me); - delirio di rivendicazione, la convinzione di aver subito un torto, un’ingiustizia e quindi la messa in atto di una serie di comportamenti per cercare di ottenere una soddisfazione al torto subito; questo è un delirio tipico degli stati di eccitamento maniacale, nei quali le persone possono intraprendere azioni legali contro le cose più strane. 2. Deliri espansivi: - delirio di grandezza o megalomanico in cui il soggetto ritiene di essere dotato di poteri eccezionali, in grado di fare cose al di fuori della comune esperienza; anche questi sono deliri tipici delle fasi maniacali. - deliri genealogici, la convinzione di discendere da un personaggio illustre (es: Napoleone). 3. Deliri a contenuto depressivo: - deliri ipocondriaci: la convinzione di avere una malattia grave ed incurabile (i pazienti fanno decine di esami e indagini, nella maggior parte dei casi negativi, ma nulla li convince di non avere un male inguaribile). - delirio di colpa: la convinzione di aver commesso delle cose inenarrabili per le quali si sarà puniti severamente, buttati in carcere e la chiave buttava via. - deliri di rovina: convinzione che il soggetto o la propria famiglia sono in miseria e che ogni possibilità di progresso sociale è compromessa. Questi soggetti hanno la convinzione di non essere capaci a fare nulla e quindi di non essere in grado di produrre un reddito per la propria famiglia, che tutto andrà in rovina, e da questo possono nascere anche delle situazioni di omicidio/suicidio. - Il delirio di negazione: in cui il paziente nega la propria esistenza corporea (es. che mangio a fare? tanto il mio corpo è svuotato, non ho né stomaco, né intestino) o della realtà esterna (il mondo non esiste più, sono tutti morti, nessuno è intorno a me, che senso ha vivere?). 4. Deliri a tema sessuale: - erotomania che è la convinzione che una persona importante sia innamorata di noi - delirio di gelosia: la messa in atto di una serie di comportamenti volti a scoprire l’infedeltà del partner. 5. Deliri mistici: la convinzione di essere in contatto con la divinità, di aver visto Dio, i santi, la Madonna, tutto ciò che ha a che fare con il mondo della divinità. 6 ESEMPI DI DELIRI o DELIRI DI PERSECUZIONE E DI RIFERIMENTO Ho provato, dottore, a mettere in dubbio l’idea del complotto contro di me, ma le prove sono sempre più schiaccianti. Al bar, appena uscito di qui, il cassiere mi ha chiamato “dottore” sorridendo. Ed era un modo di prendermi in giro di fronte a tutti sottolineando il fatto che non mi sono laureato. E non mi venga a dire che non mi conosce perché questo è il bar dove va anche lei e, si sa, una parola può scappare, magari senza cattiveria o comunque per tenere gli altri informati. Del resto, il barista stesso nel servirmi il caffè ha segnalato a tutti gli altri che ero proprio io quello che aspettavano dicendo “macchiato o nero?”, con chiaro riferimento al mio passato politico. Ho avvertito il pericolo e sono uscito rapidamente. o DELIRI DI PERSECUZIONE E DI RIFERIMENTO Appena per strada, un’auto ha messo la freccia e di conseguenza una finestra all’ultimo piano si è spalancata; forse si trattava di una spia ingenua alle prime armi; tutte le altre infatti sono rimaste socchiuse ed è iniziato il pedinamento a vista dall’alto. Tutte le persone che ho incontrato erano della banda ed anche molto esperti, perché tutti hanno fatto finta di ignorarmi. Soltanto uno mi ha minacciato chiedendomi “che ora è?”, come a ricordarmi che la mia ora era giunta. Sono scappato via, ma hanno continuato a seguirmi. Non le sembrano prove sufficienti? Immagino che mi dirà di no, non può essere sincero, deve reggere il gioco. o DELIRI BIZZARRI: INFLUENZAMENTO, LETTURA, DIFFUSIONE, INSERZIONE E FURTO DEL PENSIERO Ho cercato una corazza per mettere un confine e farla finita con questa storia. C’è una forza estranea che mi condiziona e mi fa fare quello che vuole lei, anche se io non lo voglio. La forza sa i miei desideri, conosce i miei pensieri, li amplifica e così li sanno tutti. Ne parla anche la televisione. Se una cosa la penso, subito lo dicono per radio. Altre volte me li portano via i pensieri e resto senza niente o mi infilano dentro i loro, che io non voglio, perché sono estranei e la gente ride quando passo con queste idee non mie nella testa. Se ne accorgono tutti, sono come trasparente. Devo trovare una corazza molto robusta. o DELIRI DI COLPA I miei genitori mi vogliono far curare, ma io non ho nessuna malattia, sono molto cattiva. Li ho traditi e ho sbagliato, ho fatto delle mostruose che non si possono perdonare. Loro sono buoni, perfetti e la mia anima è nera. Ho insozzato l’universo e non c’è più niente da fare. Saremo cacciati dal paese, senza diritti civili e senza avere di che mangiare per colpa mia. Io non li lascerò un istante. Ma questa puzza che emano non si può togliere, è la putrefazione dell’anima e corrode ogni cosa. o DELIRI DI GRANDEZZA Bruno inizia a delirare dopo aver fallito nel tentativo di andare a vivere da solo, essere stato licenziato dal lavoro ed aver trovato la sua ragazza a letto con un altro. “Ho una grande missione. Sono Mosè o forse Dio, no sono Mosè, ma sono in incognito. Nessuno mi crede e troverò molti ostacoli, ma devo lo stesso salvare tutti; allora sarò libero di sposarmi. Non c’è bisogno che lavori, perché la mia ragazza è ricchissima: è una principessa e mi sta aspettando. Anch’io sarò re, ma prima devo fare fino in fondo il mio dovere e salvare l’anima al mondo intero. Anche a chi mi ha fatto del male. Io ho perdonato tutti, sono al di sopra di queste cose.” 7 o Disturbi della forma I disturbi della forma del pensiero sono rappresentati da modificazioni della produzione e del fluire delle idee; riguardano quindi il modo in cui il pensiero si struttura e si svolge nel tempo, nelle caratteristiche associative e nelle formulazioni rappresentative. Essi si distinguono in: - disturbi del flusso del pensiero (la modalità con cui il pensiero scorre) - disturbi nei nessi associativi (le modalità con cui le idee sono collegate tra di loro). Disturbi del flusso dei pensieri Essi sono rappresentati da: - bradipsichismo o rallentamento ideativo: il flusso del pensiero è rallentato e difficoltoso, ma è logico, la connessione tra le idee è regolata dalla logica; l’attività del pensiero appare impigrita, rallentata, quasi spenta; tutto ciò si manifesta con un linguaggio lento e poco fluente (l’unica possibilità di esaminare il pensiero di una persona è proprio attraverso il linguaggio), quindi il rallentamento del pensiero si traduce in un rallentamento dell’eloquio, del linguaggio che scorre piano piano, con tempi di latenza prolungati tra un’idea e l’altra, fino ad arrivare al cosiddetto blocco del pensiero in cui il pensiero si arresta e il paziente non va più avanti nella espressione delle sue idee (blocco mutacico). Il pensiero rallentato è tipico della depressione. - accelerazione ideativa: è il contrario del bradipsichismo. Il pensiero è più veloce, le idee si susseguono rapidamente fino ad arrivare alla cosiddetta fuga delle idee: il soggetto pensa in maniera talmente veloce che anche i nessi associativi tra le idee possono saltare. Anche il linguaggio si presenta altrettanto accelerato, tanto che può arrivare ad essere poco comprensibile in alcune situazioni. I consueti nessi associativi fra le diverse idee sono allentati e/o sostituiti da associazione per assonanza verbale. Il pensiero accelerato invece si trova facilmente della mania. - blocco: si verifica quando il flusso dei pensieri s’interrompe bruscamente, quasi che i processi associativi si fossero arrestati. - deragliamento: passaggio improvviso da un tema di pensiero ad un altro in funzione dell’emergenza di un contenuto ideico non pertinente al tema originale. Il paziente cambia tema come un treno che passa da un binario all’altro. Esempio D. Che cosa l’ha spinta a venire qui? R. Ne ho parlato con i vicini e hanno cominciato a… (pausa). Nessuno dovrebbe sostenere il sindaco. - tangenzialità: risposta obliqua o non pertinente ad una domanda precisa. Esempio: D. Che cosa l’ha spinta a venire qui? R. Ho questa sensazione. E’ sempre presente. E’ tutto il rumore che mi circonda. Si immagina come ci si sente quando si diffonde ovunque? All’inizio era sul posto di lavoro. Poi nel vicinato. E adesso sembra che sia quasi dappertutto Disturbi dei nessi associativi I disturbi dei nessi associativi sono rappresentati dalla dissociazione ideativa, in cui i nessi associativi tra le idee sono compromessi (allentati o rotti) con alterazione della continuità logica o finalistica. I pensieri vengono espressi in maniera sconnessa, bizzarra, caotica, tanto che il discorso risulta spesso inadeguato o apparentemente incomprensibile. Si parla quindi della cosiddetta insalata di parole o schizofasia perché è tipica degli stati più destrutturati della schizofrenia e può anche coesistere con l’accelerazione ideativa. Il termine “schizofrenia” deriva dal greco: “schizòs” (scissione) e “frenè” (mente), scissione della mente, proprio a sottolineare che il nucleo psicopatologico fondamentale sta nel disturbo del pensiero, nella dissociazione ideativa. 8 PSICOPATOLOGIA DELLA PERCEZIONE La percezione è il risultato finale di una funzione mentale complessa, di una attività organizzativa ed integrativa degli stimoli provenienti dal mondo esterno, attraverso la mediazione degli organi di senso.La percezione è un’attività psichica complessa atta ad integrare le sensazioni attuali elaborate dagli organi di senso, con l’esperienza appresa; questo vuol dire che nel momento in cui io percepisco un odore, lo confronto con gli analoghi odori che ho percepito in passato e so identificarlo. Gli stimoli vengono, tramite un’attività elaborativa in cui entrano in gioco altre funzioni (memoria, affettività, intelligenza, ecc.), integrati in termini tali da consentire in sintesi la conoscenza della realtà esterna ed interna; ad esempio grazie alla cosiddetta coscienza enterocettiva in ogni momento sappiamo come sono posizionati i nostri arti anche senza guardarli, perché continuamente ci arriva la sensazione del braccio piegato o esteso. La rappresentazione costituisce la riattivazione di percezioni passate, in assenza degli stimoli che le avevano provocate. È la riproduzione di immagini o sensazioni che si richiamano attraverso la memoria di una percezione del passato. La rappresentazione è quindi ben diversa dalla percezione anche se la percezione per essere completata necessita della rappresentazione. Differenze tra percezioni e rappresentazioni - Le percezioni sono situate nello spazio esterno, hanno carattere di obiettività e di concretezza. Hanno contorni ben precisi e sono evidenti in ogni dettaglio. Sono costanti e possono facilmente essere mantenute nello spazio percettivo (stabilità). Non dipendono dalla nostra volontà (quello che possiamo decidere è l’attenzione che vi prestiamo attraverso il filtro talamico e secondo una certa teoria, nella schizofrenia è proprio la funzione di filtro talamico che viene meno: il soggetto è bombardato contemporaneamente da tutte queste stimolazioni esterne, che gli creano angoscia, ritiro sociale e tentativo di ridurre al minimo la stimolazione ambientale, isolandosi dall’ambiente) non possono essere create e modificate a piacere. Vengono vissute con una sensazione di passività. - Le rappresentazioni si collocano nello spazio interno rappresentativo (ad esempio il mare lo immagino nella mia mente, se invece vedessi il mare, quella sarebbe un’allucinazione) e hanno carattere di soggettività e di immagine. Sono imprecise ed incomplete, spesso vaghe e fluttuanti. Sono fugaci e debbono essere continuamente rievocate. Dipendono dalla volontà e possono venir ricreate e modificate a piacere. Vengono vissute con una sensazione di attività. ✓ Alterazioni della percezione Le alterazioni della percezione si distinguono in alterazioni qualitative, quantitative e false percezioni (queste ultime prevalentemente di interesse psichiatrico). o Alterazione qualitative - Parestesie: sensazioni abnormi in assenza di una stimolazione specifica, ad esempio quando vi si addormenta un braccio sentite punture di spillo senza stimolazione specifica. - Disestesie: interpretazioni alterate delle sensazioni (sensazioni di formicolio in risposta a stimolazioni tattili). - Sinestesia: la sensazione tattile viene sperimentata in un punto lontano dalla sede di stimolazione, (io stimolo il braccio e sento che mi hanno toccato il volto). o Alterazioni quantitative Le alterazioni quantitative della percezione riguardano l’ intensità della percezione che può variare 9 in funzione dello stato emotivo e del livello di coscienza. Esse si distinguono in iperpercezioni e ipopercezioni. Per convenzione ci riferiamo sempre alla stimolazione tattile e quindi parliamo di: - Iperestesia: suoni, colori e odori percepiti come più intensi. Questa condizione è presente in alcuni quadri di interesse psichiatrico quali la mania, gli stati d’ansia, oppure nelle intossicazioni da sostanze o da alcol (fenomeni di hangover), ipertiroidismo e cefalea. - Ipoestesie: colori sbiaditi, rumori ed odori attenuati. L’ipoestesia si ritrova in alcuni casi in condizioni psichiatriche come depressione, schizofrenia, sindromi demenziali e precarie condizioni psico-fisiologiche (sonnolenza), ma sostanzialmente non hanno questo carattere semeiologico rilevante. o False percezioni Le false percezioni sono le uniche alterazioni della percezione rilevanti in psichiatria e sono: - Illusioni - Allucinazioni - Pseudoallucinazioni - Allucinosi Illusioni L’illusione è la percezione di un oggetto esistente che viene recepito in maniera errata. E’ facilmente e rapidamente correggibile. L’illusione è una percezione e come tale è stabile, localizzata nello spazio esterno non nella nostra testa, vissuta con passività e dotata di freschezza sensoriale. La differenza fondamentale con le allucinazioni è che nel caso dell’illusione c’è la stimolazione sensoriale. Un’illusione è ad esempio quella dell’asfalto bagnato in lontananza quando si guida in estate. Un altro esempio di illusione è il miraggio dell’oasi per il soggetto che sta nel deserto sotto i raggi del sole e desidera l’acqua. L’oasi non è un oggetto esistente, ma è pur sempre un’illusione perché c’è la stimolazione visiva data dai raggi solari. L’illusione può verificarsi in differenti situazioni normali (particolari stati affettivi, momenti di disattenzione, situazioni ambientali confusive) o in condizioni patologiche che comportino un disturbo di affettività (depressione, ansia) o alterazioni modeste dello stato di coscienza. Particolari illusioni sono: - Paraeidolia: illusioni molto vivide, ad alto grado di ricchezza, in cui vi è un’elaborazione percettivo-costruttiva fantastica di stimoli sensoriali indefiniti. Ad esempio una nuvola è percepita come un drago, un ippogrifo. Quindi anche qui c’è la stimolazione sensoriale e l’oggetto è localizzato nel mondo esterno, ma è un oggetto non reale (non è un drago è una nuvola). - Scambio di persona: tipico dei pazienti con schizofrenia che spesso scambiano il medico per un familiare. Esiste una sindrome, detta di Capgras, in cui il soggetto è convinto (a metà tra illusione e delirio) che un suo familiare è stato rimpiazzato da un altro. Allucinazioni L’allucinazione è una percezione localizzata nello spazio esterno, in assenza di stimolazione dell’organo di senso interessato. A seconda dell’organo di senso si distinguono in allucinazioni: - Uditive: possono essere o Elementari: sono rumori, cigolii, ronzii, suoni inanimati. o Complesse: sono voci bisbigliate, urlate, multiple (colloquio di voci), note o sconosciute, maschili o femminili. Le allucinazioni uditive sono tipiche soprattutto della schizofrenia, dove ci possono essere voci che commentano le azioni, i pensieri, i desideri del soggetto, oppure voci che dialogano 10 tra loro, riferendosi al soggetto in terza persona; oppure la eco del pensiero: voce che ripete il pensiero del soggetto. Attenzione: le allucinazioni uditive non sono patognonomiche della schizofrenia, ma sono più tipiche. Inoltre nel paziente depresso vi possono essere voci che ordinano di uccidersi: “sei indegno, non vali niente, buttati giù”. Nel paziente maniacale possono esserci voci che lo acclamano o lo esaltano: “sei un Dio, sei grande”. - Visive: possono essere: o elementari sono: bagliori, lampi di luce, scintillii, corpi luminosi o opachi, colori. o complesse sono scene statiche o dinamiche e le distinguiamo in ▪ macropsie: il soggetto vede gli oggetti più grandi delle loro reali dimensioni ▪ micropsie o allucinazioni lillipuziane (dal paese di Lilliput dove tutto era microscopico): gli oggetti sono visti di dimensioni microscopiche ▪ allucinazioni dismorfiche: visione di figure deformate ▪ allucinazioni zooptiche: visione di animali, insetti che camminano sui muri e sulla pelle e sono tipiche del delirium tremens (astinenza da alcool in alcolisti cronici.) - Olfattive: sono rappresentate da odori sgradevoli o comunque inconsueti. Si ritrovano tipicamente in lesioni organiche cerebrali. Quando si associano anche ad allucinazioni di tipo gustativo sono particolarmente tipiche della lesione della regione dell’uncus dell’ippocampo. Esistono delle crisi epilettiche, le crisi uncinate, dovute appunto a focolai epilettici localizzati nell’uncus dell’ippocampo, che si manifestano con improvvise percezioni di odori o gusti sgradevoli in assenza di qualunque stimolazione. Le allucinazioni olfattive in genere sono più resistenti all’azione litica dei farmaci antipsicotici. - Tattili: le allucinazioni tattili comprendono: o il sentirsi bagnati, o la percezione di scosse elettriche, o sensazione di caldo o freddo, o sensazioni nella sfera genitale (essere violentati, essere eccitati), o sensazione di coltelli piantati nel corpo, o allucinazioni zooptiche (avvertire sulla cute il tocco di animali che camminano sopra o sotto la pelle). - Gustative Si possono riscontrare anche allucinazioni fisiologiche; si tratta di allucinazioni che abbiamo durante il sonno, quando ci addormentiamo o quando ci svegliamo. Essi si distinguono in: - allucinazioni ipnagogiche sono allucinazioni che compaiono nella fase di addormentamento. - allucinazioni ipnopompiche sono allucinazioni che compaiono in fase di risveglio. Ad esempio può capitare, mentre ci si sta addormentando, di sentirsi chiamare o toccare. Queste allucinazioni non hanno carattere patologico. Inoltre le allucinazioni possono anche presentarsi in stati patologici di natura non psichiatrica: - allucinazioni uditive nell’otite - allucinazioni visive nel glaucoma - allucinazioni in corso di patologie del SNC, quali tumori cerebrali, epilessie - allucinazioni da uso di LSD (visive), amfetamina (uditive): è molto tipico nell’utilizzo di LSD che si abbiano delle allucinazioni percettive con scambio dei canali sensoriali; ad esempio il soggetto può riferire di percepire il “sapore del tramonto”. E’ importante ricordare allucinazioni e deliri sono sintomi psicotici ma non sintomi delle psicosi, infatti nella depressione possono esserevi allucinazioni uditive che ordinano al paziente di uccidersi. 11 Pseudoallucinazioni Le pseudoallucinazioni o allucinazioni psichiche sono uguali alle allucinazioni, quindi sono una percezione in assenza di stimolazione, tuttavia in questo caso la percezione non è localizzata nel mondo esterno ma nella mente dunque nello spazio interno soggettivo. Possono essere considerate intermedie tra le allucinazioni e le rappresentazioni mentali. Le pseudoallucinazioni condividono con le rappresentazioni alcune caratteristiche comuni: sono localizzate nello spazio interno, sono prive di corporeità e di freschezza sensoriale, non sono complete e sono prive di dettagli. La rappresentazione è vissuta con sentimento di attività (il soggetto si rende conto di crearla), la pseudoallucinazione viene vissuta con un sentimento di passività (il soggetto la vive non legata alla propria attività mentale). Allucinosi Le allucinosi sono allucinazioni criticate, ossia si tratta di percezioni in assenza dello stimolo, il cui carattere patologico è riconosciuto ed attivamente criticato dal soggetto. Nelle allucinazioni il soggetto è fortemente convinto di sentire le voci che provengono da qualche parte; nelle allucinosi il soggetto sa che nessuno gli sta parlando eppure sente le voci oppure sa che non c’è nessun animale sul muro eppure vede gli scarafaggi Le allucinosi sono tenaci e disturbanti perché il soggetto non le vive come sue, a differenza dell’allucinazione di cui invece il paziente non si stupisce, al massimo si spaventa. Le cause sono in genere più organiche che funzionali: tumori, infezioni, otiti, traumi, glaucoma, cause post-tossiche ( nel delirium tremens da alcool, nell’eroina, cocaina, LSD). Le allucinosi possono essere rimosse con terapia farmacologica o rimuovendo la causa scatenante (tumore, sospensione della droga ecc.) PSICOPATOLOGIA DELL’AFFETTIVITà L’affettività è la capacità o la disponibilità individuale di provare emozioni e sentimenti di tipo, durata, intensità diversa in risposta agli eventi della realtà esterna e interna. La risposta emozionale differisce nel singolo individuo in relazione allo stimolo causale e, soprattutto, in base al tono di base che ognuno di noi ha ovvero l’umore. La psicopatologia dell’affettività ha a che fare con: - Umore: è la tonalità di fondo dell’affettività, condiziona la nostra reazione ad uno stesso stimolo, positivo o negativo, a seconda di come ci sentiamo e colora l’intera esperienza del soggetto. - Emozioni: sono stati affettivi intensi e di breve durata, suscitati da stimoli esterni o interni che prescindono dalla volontà e a cui conseguono reazioni più o meno intense di adattamento. Non è un’emozione fisiologica la fobia, la fobia è patologica. - Sentimenti: il sentimento è uno stato emotivo di più lunga durata e stabilità, che colora la risonanza emotiva personale (verso oggetti, persone, situazioni e scopi) motivando o favorendo decisioni o comportamenti corrispondenti (amore, odio, ecc). ✓ Disturbi del tono dell’umore I disturbi del tono dell’umore sono: - Umore normale o eutimico: in cui il soggetto reagisce e corrisponde in modo equilibrato, flessibile e congruo agli stimoli ambientali. Ad es. rido se mi raccontano una barzelletta che fa ridere, se mi succede una cosa negativa sono un po’ triste. - Umore patologico: caratterizzato da rigidità, immodificabilità rispetto ai mutamenti delle circostanze, degli stimoli e dei loro significati. Il soggetto continua a essere giù, triste 12 nonostante le cose vadano bene, nonostante la realtà esterna mi dia tutte le stimolazioni necessarie in senso positivo. - Umore depresso: è un’alterazione persistente, una flessione del tono affettivo di base, che può determinare una ipofunzione delle altre facoltà psichiche. L’umore depresso patologico è diverso dalla tristezza: la tristezza è un sentimento, una tonalità emotiva di fondo. Se le cose vanno male siamo tristi, non ci deprimiamo. La tristezza è fisiologica. La depressione è un’alterazione sempre verso il basso del tono dell’umore ma è diversa dal sentimento di tristezza, il soggetto depresso dice “sto giù ma non è come quando sono triste”: questa si chiama distinct quality del tono dell’umore del soggetto depresso. La depressione va curata, la tristezza no, va elaborata. È quella che ci consente di superare le cose spiacevoli, di elaborare il lutto. - Umore maniacale: abnorme e stabile esaltazione del tono dell’umore. ✓ Disturbi dell’emotività I disturbi dell’emotività sono rappresentati da: - Ansia: l’ansia consiste in un sentimento di penosa aspettativa e allarme di fronte ad un pericolo reale o potenziale, immediato o imminente. Si associa a sintomi fisici di iperattività neurovegetativa come tachicardia, tachipnea, tensione muscolare e a comportamenti di evitamento. I correlati somatici sono gli stessi della paura, nella quale hanno un significato finalistico (preparano alla fuga o all’attacco). Essi contribuiscono all’aggravarsi o al perpetuarsi dello stato ansioso. Si può associare inoltre a disturbi della minzione, disturbi del sonno, disturbi di stomaco. Questi sintomi sono afinalistici, in quanto non c’è motivo di aumentare la frequenza cardiaca o di sudare. Si possono distinguere: o Ansia fisiologica caratterizzata da comprensibile reattività, (ovvero una reazione adeguata allo stimolo ansiogeno), transitorietà (la reazione termina alla sospensione dello stimolo ansiogeno) e funzione adattativa (fornisce all’individuo le risposte psicologiche, somatiche e comportamentali funzionali al superamento dell’ostacolo. Esempi di ansia fisiologica sono una prova, un esame, un colloquio di lavoro, una gara sportiva o un pericolo. L’ansia consente agli animali di sopravvivere (reazione di lotta o fuga), quindi è fondamentale. Diventa patologica quando è incomprensibile rispetto allo stimolo che la causa. o Ansia patologica è invece caratterizzata da incomprensibile reattività (l’intensità e la durata della reazione d’ansia sono inappropriate allo stimolo, da polarizzazione dell’attenzione sulla preoccupazione per sé stessi (lo stimolo ansiogeno è percepito come minaccia alla propria integrità, compromissione della performance del soggetto (anziché ottimizzarne le risorse, ne determina un blocco paralizzante. - fobia è una reazione di paura sproporzionata rispetto alla situazione che la causa e non è controllabile volontariamente né eliminabile con argomenti razionali. È riferita ad oggetti o situazioni specifiche che normalmente non provocano paura. È una paura per la quale non c’è niente da fare, non dipende dal soggetto che è consapevole del carattere patologico e assurdo della reazione. Egli cerca di evitare di entrare in contatto con la situazione che gli genera la fobia (ad es. un soggetto che ha paura dei cani e deve andare a trovare un amico che ha un pastore tedesco in giardino gli chiederà di legarlo mentre passa sebbene il cane sia anche bravo e buono). - appiattimento affettivo è una riduzione significativa (affettività coartata) fino alla scomparsa della gamma espressiva e dell’intensità degli affetti (immutabilità dell’espressione facciale, diminuzione dei movimenti spontanei, povertà della gestualità 13 espressiva, scarso contatto visivo, perdita delle inflessioni vocali e mancanza di partecipazione affettiva. È uno dei sintomi negativi della schizofrenia. - Ambivalenza affettiva è la presenza o coesistenza di sentimenti e di atteggiamenti di polarità opposta, antitetici, rivolti verso lo stesso oggetto. Il soggetto presenta contemporaneamente sentimenti e atteggiamenti antitetici (odio-amore; paura-desiderio). Molte volte capita di dire di amare ed odiare contemporaneamente una persona: “la amo perché mi piace, la odio perché mi fa soffrire”. - Incongruenza affettiva è un disturbo un po’ più grave caratterizzato da mancata corrispondenza tra l’affettività di fondo e l’espressività di questa affettività, per cui si può parlare di un avvenimento triste ridendo. - Labilità affettiva è una facile, improvvisa e rapida variazione dell’umore per stimoli di scarsa entità o senza alcuna correlazione a stimoli esterni. È presente un passaggio da una situazione di normalità o di allegria ad una di tristezza senza che sia successo niente. - Atimia è l’apparente indifferenza affettiva verso di sé e verso gli altri. - Anedonia è la diminuzione della capacità di provare piacere per qualsiasi tipo di esperienza vitale. È la tipica caratteristica di situazioni come la malattia depressiva o l’anoressia (persone che prima provavano piacere ad andare a cena con gli amici adesso invece non ne hanno nessun piacere). È un sintomo aspecifico ma molto importante. I sistemi del piacere sono molto importanti per la nostra vita di relazione. Ci riferiamo allo stesso sistema sia che parliamo di piacere generato dalle droghe, dal sesso, dal cibo, ecc. Qualsiasi stimolo che generi piacere impatta sullo stesso circuito cerebrale che è a prevalenza dopaminergica (area tegmentale ventrale, sistema limbico). ALTERAZIONI DEL LINGUAGGIO Il linguaggio è la funzione indispensabile per poter analizzare tutte le altre componenti. Le alterazioni ad esso correlate sono rappresentate da: - Povertà dell’eloquio: riduzione dell’eloquio spontaneo con risposte brevi e poco elaborate. quello che succede nel rallentamento ideativo, nei depressi - Povertà del contenuto del linguaggio il soggetto ha poca ricchezza di quello che dice, la cosiddetta alogia, uno dei sintomi negativi della schizofrenia. - Mutismo (silenzio volontario) - Aumentata latenza di risposta - Ecolalia: ripetizione automatica di frasi o parole dell’interlocutore (spesso intonazione ironica o sarcastica) Corrispettivo comportamentale dell’ecolalia è l’ecoprassia, cioè il soggetto ripete i gesti dell’intervistatore. - Neologismi: uso di parole neoformate create dal pz (spesso attraverso la combinazione di sillabe di altre parole) - Paralogismi: uso di parole con significato diverso da quello comune. DISTURBI DELL’IMMAGINE CORPOREA CORPOREA (Alterazioni della percezione con disturbi cognitivi) Sono alterazioni della percezione con disturbi cognitivi. Alcuni di essi sono di interesse prevalentemente neurologico. - Arto fantasma: convinzione della persistenza di un arto ( una parte del proprio corpo) dopo la sua perdita. 14 - Anosognosia: incapacità a riconoscere ammalata una parte del proprio corpo (generalmente dopo un ictus che abbia colpito la parte sinistra del corpo). - Autotopognosia: incapacità a riconoscere, indicare o denominare parti del proprio corpo a richiesta dell’esaminatore. - Agnosia visiva: incapacità a riconoscere gli oggetti attraverso la vista. - Astereognosia: incapacità a riconoscere gli oggetti attraverso il tatto. - Prosopoagnosia: incapacità a riconoscere i volti. - Distorsioni della forma e/o delle dimensioni di una parte del proprio corpo. In psichiatria quest’ultima è l’alterazione di principale interesse e consiste in : - Dismorfismo corporeo: cioè quelle persone che ritengono di avere qualche difetto da qualche parte del corpo (ad es. si vedono le orecchie troppo grandi, gli zigomi piccoli, le cosce troppo larghe) e che fanno la fortuna dei chirurghi plastici perché un giorno si rifaranno il naso, un altro giorno le orecchie e in realtà un chirurgo plastico che avesse un minimo di conoscenza di questi disturbi si dovrebbe chiedere perché questi pazienti si rivolgono continuamente a lui per farsi correggere alterazioni modiche o non esistenti. - Alterazione dell’immagine corporea: le ragazze affette da anoressia (il riferimento al sesso femminile è per la frequenza maggiore) si vedono enormi, grasse anche quando sono ridotte pelle ed ossa. DISTURBI DELLA COSCIENZA Su cosa sia la coscienza c’è tutta una diatriba sia sulla definizione che sul substrato anatomico. In linea di massima la identifichiamo come la consapevolezza di sé e del mondo esterno. Altre definizioni correlate alla coscienza sono: - Insight: è la consapevolezza del proprio stato di malattia. Nei disturbi psicotici manca l’insight, il soggetto è convinto di star bene, che non è ammalato. - Attenzione: è la capacità di mettere a fuoco un argomento. - Concentrazione: è la capacità di mantenere l’attenzione su un dato argomento. I disturbi della coscienza sono: - Depersonalizzazione: è il sentimento di estraneità del proprio corpo o di parti di esso (somatopsichica) o del suo pensiero (autopsichico). Il soggetto può sentirsi al di fuori del proprio corpo e di osservarlo dall’altro, fenomeno estremamente spiacevole, molto raro, tipico degli stati psicotici. Un altro esempio è quello del soggetto che dice di sentire che, ad esempio, il braccio non gli appartiene più. - Derealizzazione: sentimento di estraneità dalla realtà esterna. Il soggetto pure essendo stato tante volte in quest’aula può pensare “dove mi trovo?” “non sono mai stato qui” “non conosco questo posto”. È il fenomeno del “jamais vu” o “jamais vécu”, il contrario del “deja vu” (condizione tipiche dell’epilessia). - Obnubilamento della coscienza: stato di sonnolenza e di incompleta reazione agli stimoli con alterazioni della memoria, attenzione, concentrazione, orientamento spazio-temporale. - Torpore: il paziente è sonnolento, facilmente si addormenta, ma può essere risvegliato; mostra rallentamento ideativo e restringimento delle percezioni. - Sopore: riduzione del livello di coscienza dal quale il pazien

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