La Rivoluzione Copernicana (PDF) - Thomas Kuhn
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Università di Bologna
Thomas Kuhn
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Il libro di Thomas Kuhn, 'La Rivoluzione Copernicana', analizza la storia delle teorie astronomiche, con particolare attenzione alla rivoluzione copernicana e al suo impatto filosofico. L'autore evidenzia la complessità del cambiamento scientifico, mostrando come nuove teorie sostituiscano quelle precedenti, conservandone elementi e arricchendosi con nuove intuizioni. L'opera, rivolta ad un pubblico vasto, colloca le conoscenze scientifiche in un contesto storico e filosofico, mostrando la loro evoluzione nel tempo.
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lOMoARcPSD|11615143 T. Kuhn, La Rivoluzione Copernicana Storia della scienza e della tecnica (Università di Bologna) Scan to open on Studocu Studocu is not sponsored or endorsed by any college or university Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 Thomas Kuhn LA RIVOLUZIONE COPERNICANA L'ASTRONOMIA PLANETARIA NELLO SVILUPPO DEL PENSIERO OCCIDENTALE INTRODUZIONE (James B. Conant): per conoscenza attiva si intende un sapere che possa essere facilmente trasmesso in una conversazione; sia negli USA che nelle scuole europee è difficile porre lo studio della scienza sullo stesso piano dello studio di letteratura, arte e musica. PREFAZIONE DELL’AUTORE: rivoluzione, termine al singolare che però nella sostanza coinvolge vari campi: astronomia matematica, cosmologia, fisica, filosofia e religione; COMPLESSITÀ: è una delle caratteristiche più essenziali, spesso trascurata. La rivoluzione va infatti intesa come “effetto di concezioni peculiari di molti e differenti campi del sapere intrecciate in una singola costruzione di pensiero”; questo libro è un insieme di lezioni tenute dal 1949 in uno dei corsi di General Education di Harvard, per studenti che non proseguono nei corsi scientifici. I materiali tecnico-scientifici sono qui inseriti in un contesto storico o filosofico affinché la dottrina scientifica acquisti importanza ed interesse di fronte ad un pubblico più vasto. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 CAPITOLO PRIMO L’ANTICO UNIVERSO A DUE SFERE Copernico e il pensiero moderno. Nel 1543 viene pubblicato il De Revolutionibus. Il Sole sostituisce la Terra, il cambiamento che si vede primariamente è quello che riguarda l’astronomia, in campo scientifico. La concezione copernicana fu anche uno degli strumenti del passaggio dalla società medievale alla moderna società occidentale, in quanto investiva il rapporto dell’uomo con l’universo e con Dio, avviando così una trasformazione nella concezioni dei valori. L’autore vuole analizzare la storia della rivoluzione copernicana in tutti e tre i suoi aspetti inscindibili: astronomico, scientifico e filosofico. Ricorda che queste dottrine astronomiche più antiche erano oggetto della stessa fede assoluta che noi oggi prestiamo alle nostre. Esse offrivano risposte plausibili, come quelle di oggi lo fanno per noi. Ogni nuova dottrina scientifica conserva un forte nucleo di nozioni fornite dalla dottrina precedente e lo arricchisce. La scienza va avanti sostituendo nuove a vecchie teorie. Siccome siamo in un’epoca dominata dalla scienza l’analisi storica è una base per riuscire a prestare fede a queste teorie, vedendo come si sono sostituite nel tempo a quelle precedenti e dando loro un senso. I cieli nella cosmologia primitiva. La tendenza a costruire strutture cosmologiche è più antica e primitiva dello stimolo a fare osservazioni sistematiche dei cieli. Nelle concezioni primitive dell’universo i cieli sono disegnati semplicemente per inquadrare la Terra e sono popolati e mossi da figure mitologiche. Gli aspetti astronomici non erano quindi ignorati ma venivano trattati più in chiave mitica che con rigore scientifico. Queste rappresentazioni della struttura dell’universo soddisfano un bisogno psicologico: forniscono un campo di azione alle attività quotidiane dell’uomo e alle sue divinità → è un universo a misura d’uomo. Poi arriva l’esigenza di una spiegazione dei fenomeni. Servono quindi degli specialisti: gli astronomi, che conoscono le varie osservazioni e attraverso l’osservazione possono confermare o contraddire un sistema cosmologico, sono quindi in grado di distruggere una certa visione del mondo. Il moto apparente del Sole. II millennio a. C.: egizi e sumeri studiano il movimento del Sole. Usano la meridiana (terreno liscio e piano + gnomone-asta) e misurano lunghezza e dimensione dell’ombra determinando la direzione del Sole il quale diventa un mezzo di misura del tempo ed un regolatore del calendario. Ombra max = alba/tramonto; ombra min = punta nelle stessa direzione ogni giorno, il nord, è mezzodì locale. L’intervallo tra due mezzodì locali successivi determina il giorno solare apparente. I millennio a. C.: babilonesi, egizi, greci e romani usano strumenti di misura del tempo primitivi, es. orologi ad acqua. I punti cardinali e le unità di tempo determinate dal moto del Sole sono la base per spiegare le variazioni giornaliere del moto. Il Sole sorge a est e tramonta a ovest, ma la sua posizione all’alba, la lunghezza dello gnomone a mezzogiorno e il numero di ore di luce variano. Si comprendono solstizi e equinozi: inverno (22/12): Sole sorge e tramonta nei punti più meridionali rispetto all’est e all’ovest convenzionali, meno ore di luce e ombra di mezzodì più lunga che in ogni altro giorno; primavera (21/03): Sole sorge e tramonta vicino all’est e all’ovest, giorno e notte stessa lunghezza; estate (22/06): Sole sorge e tramonta nei punti più settentrionali rispetto all’est e all’ovest convenzionali, giorno più lungo e ombra di mezzodì più corta; autunno (23/09): Sole sorge e tramonta vicino all’est e all’ovest. Intervallo tra quello invernale e il successivo definisce l’anno. Calendari solari: Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 i più antichi erano di 360 giorni, poco utili perché per esempio la piena del Nilo si verificava anno per anno in date sempre successive; 365 giorni, troppo corto, sfasato; 365 giorni per tre anni e poi 366 per uno. È il calendario giuliano che non tiene conto del fatto che l’anno stagionale è in realtà più corto di 11 min. e 14 sec. dei 365 giorni; 365 giorni per tre anni e poi 366 per uno e soppressione dell’anno bisestile ogni 400 anni. È il calendario giuliano. Per farlo sono state usate le misurazioni di Copernico. Le stelle. Nell’antichità era comune la capacità di identificare le stelle con uno sguardo. Erano state ordinate in costellazioni che era possibile riconoscere attraverso un disegno simbolico. Gli esperimenti della moderna psicologia di Gesalt (incentrata sulla percezione e l'esperienza) dimostrano l’esistenza di un bisogno universale di scoprire modelli familiari in composizioni apparentemente casuali. Le costellazioni sono sempre in movimento e si muovono tutte assieme, es. una stella della costella del Cigno resta sempre nel Cigno e alla medesima distanza dall’Orsa Maggiore, ma tanto il Cigno quanto l’Orsa ruotano assieme. La Stella Polare rimane pressoché stazionaria. Il polo nord celeste dista meno di 1° dalla Stella Polare. Esso è, per ogni osservatore sulla Terra, un punto fisso e le stelle non variano la loro distanza da questo punto. Sembra quindi che ogni stella si sposti lungo l’arco di cerchio con al centro il polo (circolo giornaliero = 23 h e 56 min.). Fin dall’antichità si è desunto che le stelle si muovono sia di giorno che di notte. Stelle circumpolari, che non conoscono distruzione: stelle che si trovano entro un angolo di 45° dal polo non cadono mai sotto l’orizzonte e sono visibili ad ogni ora in una notte serena; oltre i 45°: parte del circolo non è visibile, va sotto l’orizzonte; stelle ancora più lontane: compaiono soltanto per un brave tratto; se osservatore si sposta verso sud il polo nord celeste si avvicina all’orizzonte, l’aspetto del cielo meridionale muta e vedrà delle stelle che al nord non vede mai. Il Sole come stella mobile. Qui si cerca di spiegare il complesso moto elicoidale del Sole vedendolo come risultante di due moti: giornaliero e annuale. Poiché stelle e polo celeste conservano la stessa posizione relativa possono essere fissati su una mappa. Due quinti sono ogni istante sotto l’orizzonte, quali possiamo vedere dipende da data e ora dell’osservazione. Le mappe stellari possono anche essere usate per descrivere il comportamento di corpi celesti, come luna, comete, pianeti, che mutano la loro posizione tra le stelle. Il moto del Sole è abbastanza semplice. Si sposta di poco, ogni sera si ritrova a circa 1° dalla posizione della sera precedente. Se si segnassero dei punti su una mappa stellare riguardanti lo spostamento del sole e se questi punti venissero collegati si otterrebbe una curva regolare (ECLITTICA) che si chiude su se stessa al termine di un anno. Il Sole si sposta lentamente lungo l’eclittica. Allo stesso tempo l’eclittica vien portata velocemente attraverso i cieli dal normale moto quotidiano delle stelle, il Sole è trascinato assieme ad essa e sorge e tramonta come una stella. Così il complesso moto elicoidale può essere analizzato come risultante di due moti più semplici: moto giornaliero: percorso verso ovest, per la rotazione antioraria dell’intera mappa; moto annuale: in direzione est lungo l’eclittica, in senso orario attorno al polo sulla mappa. Fin dall’antichità gli astronomi hanno adottato una scomposizione di questo genere per analizzare questo moto apparente del Sole: ogni giorno il Sole si muove velocemente in direzione ovest assieme alle stelle (giornaliero) e nello stesso tempo si sposta lentamente in direzione est lungo l’eclittica attraverso/relativamente alle stelle (annuale). Si può così determinare ora e posizione dell’alba e del tramonto, la massima altezza del Sole in ogni giorno dell’anno e solstizi ed equinozi. I segni dello zodiaco suddividono l’eclittica in dodici tratti di eguale lunghezza. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 La nascita della cosmologia scientifica. L’universo a due sfere. Le teorie o gli schemi concettuali derivati dalle osservazioni dei precedenti paragrafi dipendono dall’immaginazione degli scienziati. È proprio in occidente che è nata la tradizione per cui dettagliate osservazioni astronomiche possano essere una guida per il pensiero cosmologico. Grecia, VI sec. a. C., Anassimandro di Mileto: parla di stelle, Sole, eclissi solare, luna, Terra. Gli dei nelle sue descrizioni sono scomparsi. Dal IV sec. circa una teoria prevale sulle altre: Terra è una sfera sospesa e ferma nel centro geometrico di una sfera molto più grande e ruotante che porta le stelle. Il Sole si muove tra le due sfere. Al di fuori della sfera esteriore non c’è nulla. È un universo a due sfere: interna per l’uomo ed esterna per le stelle. Poiché sembra che le stelle siano i punti più lontani e si spostano assieme è naturale supporre che siano soltanto dei segni impressi sulla superficie esterna dell’universo e che si muovano con essa. Siccome le stelle si muovono in eterno con perfetta regolarità, la superficie su cui si spostano deve essere anch’essa perfettamente regolare e muoversi in eterno allo stesso modo e cosa c’è di più perfetto di una sfera? Alcune risposte concettuali e concrete a dimostrazione della sfericità: Grecia, IV sec. a. C., Platone nel Timeo: “...sfera, … è fra tutte le figure la più perfetta e la più simile a sé medesima,...il mondo è stato fatto ad arte in modo che da se medesimo si nutre e tutto agisce e patisce in sé e per sé. … Al mondo egli ha dato invece il movimento più adeguato al suo corpo… una rotazione uniforme”; non è logico nel pensare che la Terra, dimora dell’uomo, abbia la medesima figura perfetta con cui fu creato l’universo?; lo scafo di una nave che salpa scompare alla vista prima della cima dell’albero; l’ombra della Terra sulla Luna durante un’eclisse ha sempre un bordo circolare; un corpo al centro di una sfera cade sempre nel suo centro, e la Terra è nel centro. Il moto delle stelle nell’universo a due sfere si armonizza perfettamente con le osservazioni reali delle stelle. Il Sole nell’universo a due sfere. Il cielo visto dalla Terra. L’equatore e l’eclittica sulla sfera celeste. La posizione del Sole è intermedia tre la Terra centrale e la sfera stellare periferica in rotazione. Durante ciascun periodo di 24 ore il Sole si sposta lentamente verso est nei confronti della sfera delle stelle (→) mentre la sfera stessa ruota rapidamente verso ovest con le stelle (←). Pertanto il Sole deve completare il suo circolo più lentamente di quanto non lo facciano le stelle con i loro circoli (perché mentre le stelle vanno verso ovest e basta, il Sole le segue verso ovest, più velocemente, -giornaliero-, ma va anche contro, verso est, più lentamente, -annuale-). Il Sole quindi perde un po’ di terreno ogni giorno nei confronti delle stelle, che vanno (senza il moto ulteriore che ha il sole verso est) in direzione ovest e da queste viene doppiato una volta l’anno. Questo si spiega anche con i numeri: 1. per completare l’eclittica il Sole deve spostarsi di 360°; 2. per completare l’eclittica il Sole impiega 365 giorni; 3. 360°/365 giorni = quasi 1 = si sposta di poco meno di 1° al giorno. 4. 1° rappresenta la lunghezza in cui il Sole resta indietro ogni giorno nei confronti delle stelle. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 I due equinozi devono essere i due punti diametralmente opposti sulla sfera in cui l’eclittica interseca l’equatore celeste. Sono i soli punti dell’eclittica che sorgono e tramontano sempre all’est e all’ovest convenzionali. Similmente i due solstizi devono essere i punti sull’eclittica a metà strada tra i due equinozi, più lontani a nord e a sud dall’equatore. Le funzioni di uno schema concettuale. L’universo a due sfere è prodotto dell’immaginazione dell’uomo. È uno schema concettuale, una teoria che deriva da osservazioni e che nello stesso tempo va al di là di esse e non è completa in quanto non tiene conto dei moti di tutti i corpi celesti. Perché funziona? Logica: principalmente è un aiuto alla memoria dell’astronomo, per economia concettuale quindi. Basta ricordarsi il modello per ricavare le varie informazioni e quindi il modello sostituisce le osservazioni in quanto si possono ricavare dal modello.Ancora oggi questo modello è sufficiente per lo studio della navigazione e dell’agrimensura. In sostanza il modello rappresenta: una sfera enorme che regge le stelle. Ruota verso ovest attorno ad un asse fisso ogni 23 ore e 56 minuti. L’eclittica è un cerchio massimo della sfera, inclinato di 23°30’ sull’equatore celeste e il Sole percorre regolarmente l’eclittica in direzione est in 365 giorni e un quarto. Il Sole e le stelle sono osservate da una minuscola sfera fissa, posta al centro della gigantesca sfera stellare. Oltre la logica: bisogno psicologico e fede. C’è bisogno di sentirsi a proprio agio in un universo familiare. La storia del pensiero scientifico è costellata di ruderi di schemi concettuali, che erano stati un tempo oggetto della fede più fervida e vennero poi sostituiti. Non c’è alcun modo di provare che uno schema concettuale sia definitivo. Un astronomo che abbia fiducia in uno schema si aspetterà che la natura sveli le caratteristiche ulteriori, non ancora osservate, che lo schema concettuale in teoria prevede. Per lui la teoria andrà oltre il mondo delle cose note e diventerà il primo e il più potente strumento per prevedere ed esplorare l’ignoto. L’universo a due sfere fornisce informazioni allo scienziato sul comportamento del Sole e delle stelle in regioni del mondo (emisfero australe e i poli terrestri) dove egli non è mai stato e sul moto delle stelle che egli non ha mai sistematicamente osservate (indusse anche Colombo a credere che la circumnavigazione del globo fosse realizzabile). Antichi rivali dell’universo a due sfere. Molte delle cosmologie proposte in alternativa rivelano aspetti assai più simili alle moderne dottrine cosmologiche che non l’universo a due sfere. Leucippo e Democrito, V sec. a. C., atomisti greci. Universo è un infinito spazio vuoto, popolato da un infinito numero di atomi, senza un centro, con tanti altri mondi. La Terra è soltanto uno dei tanti corpi celesti; Pitagora, V sec. a. C., la Terra, come gli altri corpi celesti in movimento attorno ad un fuoco, l’Altare di Giove; Eraclide di Ponto, IV sec. a. C., è la rotazione della terra a produrre l’apparente moto dei cieli. Mercurio e Venere ruotavano in circolo attorno al Sole mobile; Aristarco di Samo, III sec. a. C., il “Copernico dell’antichità”. Per lui il Sole si trova nel centro e la Terra si muove attorno ad esso. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 CAPITOLO SECONDO IL PROBLEMA DEI PIANETI Il moto planetario apparente. Pianeta deriva da una parola greca che significa “errante”, perché i pianeti erravano fra le stelle le cui posizione rimanevano fisse. Dai greci: 7 pianeti. Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno. Comete non erano considerati corpi celesti prima della rivoluzione copernicana. Tutti i pianeti hanno un moto giornaliero verso ovest come le stelle e allo stesso tempo si spostano in direzione est fra le stelle, fino a tornare approssimativamente alla loro posizione originaria. Durante il moto si mantengono vicino all’eclittica, deviando verso nord o sud ma raramente abbandonano la fascia dello zodiaco (striscia immaginaria che si estende per un arco di 8° da ambo le parti dell’eclittica). La Luna si sposta lungo l’eclittica più velocemente e meno regolarmente del Sole. Fasi lunari: 29 giorni e mezzo circa: Luna nuova: disco invisibile o molto scuro; Luna che cresce: compare un quarto di disco; Luna piena; Luna che cala: fino a tornare ad essere Luna nuova. La Luna nuova ridiventa nuova dopo un mese circa quindi. Le fasi erano intervallate e facilmente osservabili e fornirono le più antiche unità del calendario. Questo è il ciclo delle fasi ma non è il solo movimento che la Luna compie. Essa compie un viaggio anche attraverso i segni dello zodiaco: 27 giorni e un terzo circa. Ma i due cicli lunari sono sensibilmente sfasati perché l’intervallo delle fasi risulta di due giorni più lungo del periodo medio di un viaggio attraverso lo zodiaco = la posizione delle successive Lune nuove deve gradualmente spostarsi verso est attraverso le costellazioni. Gli altri cinque pianeti di solito hanno un moto normale verso est, attraverso le costellazioni. Tempo per compiere il circuito completo dello zodiaco (circa/in media): Mercurio: 1 anno; Venere: 1 anno; Marte: 687 giorni; Giove: 12 anni; Saturno: 29 anni. La velocità non è uniforme e il moto non è costantemente verso est, attraverso le costellazioni (“moto normale”), c’è anche un moto retrogrado, verso ovest. I pianeti ogni tot. giorni invertono la direzione del moto: Mercurio: ogni 116; Venere: 584; Marte: 780; Giove: 399; Saturno: 378. Mercurio e Venere si differenziano dagli altri pianeti per la relazione diversa che c’è tra la loro posizione e quella del Sole. Entrambi si muovono in direzione est unitamente al Sole, poi, retrocedendo, incrociano il disco solare, e infine invertono la loro direzione per raggiungere il Sole. Marte, Giove e Saturno invece non restano nella medesima sezione di cielo del Sole. Talvolta sono vicinissimi al Sole, talvolta sono distanti di un arco di cielo, 180° da esso, in opposizione. Sebbene le loro posizioni non siano limitate ad una determinata sezione di cielo, il loro comportamento è legato al loro rapporto con il Sole. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 Il moto di retrocessione di Marte nelle costellazioni dell’Ariete e del Toro. La linea tratteggiata rappresenta l’eclittica e la linea continua il percorso del pianeta. Si noti che Marte non è sull’eclittica e che, sebbene il suo moto generale sia diretto verso est fra le stelle, c’è un periodo fra la metà di giugno e i primi di agosto in cui esso si sposta verso ovest. Le retrocessioni di Marte hanno sempre approssimativamente questa forma e durata, ma non ricorrono sempre alla stessa data o nella stessa sezione di cielo. Non avendo nessuna chiara influenza pratica sulla vita dei popoli antichi, l’interesse per queste cinque stelle erranti non è così antico quanto quello del Sole e della Luna. Inoltre pongono vari problemi: come si possono ridurre i moti planetari a uno schema semplice e ricorrente? Perché retrocedono? Come si giustifica la loro irregolare velocità? La posizione dei pianeti. L’universo a due sfere non dava nessuna informazione esplicita sulla posizione e sul moto dei sette pianeti. Le orbite planetarie dovrebbero conservare ed estendere la simmetria fondamentale delle due sfere primarie, dovrebbero idealmente risultare dei circoli aventi la Terra come centro e i pianeti muoversi in questi circoli con la regolarità che è esemplificata nella rotazione della sfera stellare. Ma l’ideale non è conforme all’osservazione. La sfera stellare venne spesso considerata come il confine esterno dell’universo, i pianeti non erano probabilmente posti sulla sfera, ma in qualche regione intermedia dove subivano qualche influsso che non aveva invece effetto sulla sfera stella. Una volta note la posizione generale e la forma delle orbite dei pianeti fu possibile pensare all’ordine. Alcuni filosofi: pianeti fluttuano in un gigantesco vortice etereo, la cui superficie esterna si sposta rapidamente con la sfera delle stelle mentre quella interna rimaneva ferma a contatto con la superficie della Terra; altri filosofi arrivarono alla stessa conclusione di Vitruvio (I secolo a. C.): “sulla ruota di cui usano i vasai prendessero posto 7 formiche e nella ruota, intorno al perno che la regge, si facessero altrettanti canali crescenti… nei quali esse siano costrette a girare, e la ruota si volga indietro; necessariamente le formiche, contro il giro della ruota faranno un cammino inverso; e quella che sarà più vicina al centro andrà più presto, mentre quella … al limite estremo della ruota … compirà il giro molto più tardi, a causa della grandezza del circuito. Similmente gli astri”. Quindi: la Terra è al centro, poi ci sono Saturno, Giove e Marte. Poi c’è il problema di Sole, Venere e Mercurio. Ci fu molto disaccordo sull’ordine da assegnare a questi ultimi tre nell’antichità. Tuttavia, per ragioni oscure, l’ordine Sole, Venere e Mercurio costituì la sistemazione più popolare e venne adottata da Tolomeo, che con la sua autorità la impose ai successori. Questa concezione dell’universo ebbe due funzioni importanti: 1. è economico: contiene il maggior numero di informazioni strutturali sull’universo a Terra centrale diventate patrimonio comune della cultura dei non astronomi. Le conquiste ulteriori contenevano troppe elaborazioni per essere accessibili ai profani; 2. è fruttifero: ha grande potenzialità. La teoria delle sfere omocentriche. Sembra che Platone sia stato il primo filoso a formulare il problema dei pianeti. Eudosso, suo allievo, fu il primo a dare una risposta. Nel suo sistema planetario ciascun pianeta era posto sopra una sfera interna di un gruppo di due o più sfere concentriche, fra loro collegate, la cui simultanea rotazione attorno ad assi differenti produceva il moto osservato dai pianeti. Esempio con il Sole. Se il Sole è posto in un punto sull’equatore della sfera interna che si muove Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 verso est attorno al suo asse, una volta all’anno, mentre la sfera esterna compie una rotazione al giorno attorno al suo asse, la risultante dei due moti riprodurrà il moto complesso del Sole. La sfera esterna produce un moto giornaliero verso ovest; la sfera interna produce il moto annuale più lento, in direzione est, lungo l’eclittica. Per Giove e Saturno sono necessarie 4 sfere. Le due esterne si muovono come per Luna e Sole e quindi la prima di moto giornaliero e la seconda intorno all’eclittica. La terza e la quarta, interne, sfera producono da sole un moto a forma di nodo. Da 1 a 3 a 5 (figura) il pianeta muove in direzione est attorno all’eclittica, da 5 a 7 a 1 in direzione ovest. Ammettiamo ora che la seconda sfera ruoti in direzione est e trascini nel suo moto le due sfere interne ruotanti il moto generale del pianeta, lasciando la prima sfera esterna temporaneamente ferma, per tutto il periodo il pianeta è portato a ruotare verso est dalla seconda sfera appunto. Per metà periodo, da 1 a 5, il pianeta riceve una spinta motrice addizionale verso est delle due sfere interne. Ma durante l’altra metà del periodo, dal punto 5 al punto 1, il moto in direzione est della seconda sfera è contrastato da un moto verso ovest delle due sfere più interne e quando questo moto verso ovest è alla sua massima velocità il moto risultante risulta verso ovest, in retrocessione. Per gli altri tre pianeti sono necessarie 5 sfere. Sfere omocentriche. Nel sistema a due sfere (a), la sfera esterna produce la rotazione giornaliera e la sfera interna muove il pianeta (Sole o Luna) con velocità regolare verso est attorno all’eclittica. Nel sistema a quattro sfere (b) le due sfere più interne generano il moto a forma di nodo (figura successiva), mentre le due sfere più esterne il moto giornaliero e lo scorrimento medio del pianeta in direzione est. Moto a forma di nodo generato dalle due sfere omocentriche più interne. Cerco di spiegarmi meglio: nel sistema planetario di Eudosso ogni pianeta, era posto sulla sfera più interna di un gruppo di sfere omocentriche, fra loro collegate, la cui simultanea rotazione attorno ad assi differenti produceva il moto osservato (“irregolare”) dei pianeti. Nel modello a quattro sfere della figura, la sfera più esterna è responsabile del moto diurno, la seconda del moto lungo lo Zodiaco, mentre le due più interne, muovendosi in verso opposto, sono in grado di giustificare il moto retrogrado del pianeta che si trova, per così dire, sull’equatore della sfera più interna. Il modello verrà presto abbandonato perché inadatto a spiegare le variazioni di luminosità dei pianeti. Prima che questo modello venisse abbandonato, fu incorporato nella più importante e autorevole teoria cosmologica dell’antichità, quella di Aristotele. Comunque il concetto che i pianeti siano posti in involucri sferici ruotanti, concentrici alla Terra, rimase fino all’inizio del secolo XVII una parte accettata del pensiero cosmologico. Nel titolo De Revolutionibus Orbium Caelestium, le orbes non rappresentano i pianeti stessi, ma piuttosto gli involucri sferici concentrici in cui sono posti i pianeti e le stelle. Riassunto del paragrafo spiccio: Eudosso, per primo, esprime il concetto che i pianeti sono in sfere ruotanti concentriche alla Terra ma è troppo complicato quindi non gli credono. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 Epicicli e deferenti. L’origine della struttura che sostituì le sfere omocentriche nella spiegazione dei particolari del moto planetario è sconosciuta; ma le sue caratteristiche furono studiate e sviluppate, per la prima volta, da due astronomi e matematici greci: Apollonio e Ipparco. Concepirono l’EPICICLO: un piccolo cerchio che ruota con velocità uniforme attorno ad un punto della circonferenza di un secondo cerchio rotante, il DEFERENTE. Il pianeta P è posto sull’epiciclo e il centro del deferente coincide con il centro della Terra. Il sistema epiciclo-deferente è destinato a spiegare soltanto il moto relativamente alla sfera delle stelle. Il moto del deferente o dell’epiciclo è da considerarsi addizionale a quello che avviene sull’eclittica. L’epiciclo compie tre rotazioni attorno al suo centro mobile mentre il deferente ne compie una e se epiciclo e deferente si muovono nella stessa direzione il moto prodotto è quello di una curva intrecciata (b). Quando la rotazione dell’epiciclo sposta il pianeta fuori dal deferente i moti dell’epiciclo e del deferente concordano nello spostare il pianeta in direzione est. Ma quando il moto dell’epiciclo sposta il pianeta all’interno del deferente, l’epiciclo sposta il pianeta in direzione ovest, in opposizione al moto del deferente, per tanto, quando il pianeta si trova nella sua posizione più vicina alla Terra, i due moti possono comporsi per generare un moto risultante diretto verso ovest, o di retrocessione. Schema del sistema epiciclo-deferente. Un deferente ed un epiciclo tipo sono in (a); il moto intrecciato che essi generano nel piano dell’eclittica è illustrato in (b); (c) mostra una parte (1,2,3,4) del moto di (b), com’è visto da un osservatore sulla Terra centrale T. la velocità del moto di rivoluzione dell’epiciclo e del deferente possono essere opportunamente variate affinché riproducano esattamente quel moto intermittente; un pianeta può retrocedere soltanto quando il suo moto lo porta a distanza minima dalla Terra e questa è la posizione in cui il pianeta dovrebbe apparire e appare più luminoso. Sembra semplice. l’epiciclo viene fatto ruotare esattamente tre volte per ogni rivoluzione del deferente. I nodi di retrocessione si formano sempre negli stessi punti e il pianeta ha bisogno sempre del medesimo periodo per completare lo spostamento attorno l’eclittica. Nella realtà non è proprio così. Per esempio l’epiciclo di Mercurio deve compiere più di tre giri mentre il deferente ne compie uno. Quindi per descrivere il moto di tutti i pianeti è necessario fissare un sistema epiciclo-deferente diverso per ognuno di essi. Il moto di Sole e Luna può essere approssimativamente riprodotto da un solo deferente perché non hanno moti di retrocessione. L’astronomia tolemaica. Siamo arrivati ad un punto in cui il sistema è in grado di spiegare le più notevoli irregolarità del moto planetario, la retrocessione e gli irregolari periodi di tempo richiesti per i successivi viaggi lungo l’eclittica. Ci sono però da prendere in considerazione altre irregolarità minori. Quando un moto previsto dal sistema epiciclo-deferente viene confrontato con l’osservazione del moto effettivo del singolo pianeta, si riscontra che non sempre il pianeta è colto nella posizione esatta in cui lo porrebbe la geometria del moto teorico. Nessun sistema planetario basato su epicicli e deferenti può impiegare più di cinque epicicli maggiori. Per questo Tolomeo (100-178 d. C.) elabora un suo sistema planetario. Inserisce degli epicicli minori per spiegare le piccole irregolarità. Un epiciclo minore può essere posto su un epiciclo maggiore ed usato per fare previsioni sui moti planetari più complicati. Per esempio: Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 Epiciclo su epiciclo su deferente (a) e traiettoria tipica nello spazio (b), generata da questo sistema di cerchi compositi. Se l’epiciclo maggiore compie giri in direzione est il minore ne compie uno in direzione ovest per ogni rotazione del deferente, allora la traiettoria descritta dal pianeta entro la sfera delle stelle è quella illustrata in (b). Essa ha 8 nodi regolari di retrocessione. L’effetto prodotto da un epiciclo minore, che compie una rotazione in direzione ovest mentre il deferente ne compie una in direzione est, può essere ugualmente raggiunto mediante un solo deferente il cui centro O non coincide col centro della Terra. Un cerchio spostato di questo genere era noto agli antichi come ECCENTRICO. Un altro sistema, l’EQUANTE, fu escogitato dagli antichi per permettere la teoria degli epicicli. Un tipo di equante è usato per spiegare l’irregolare comportamento del Sole. Il centro del deferente del Sole coincide con il centro della Terra T, ma la velocità di rotazione del deferente deve essere ora uniforme non più rispetto al suo centro geometrico T ma rispetto ad un punto equante A spostato in questo caso verso il solstizio d’estate. La caratteristica che definisce l’equante è che la velocità di rotazione di un deferente o di un qualunque cerchio planetario deve essere uniforme non rispetto al suo centro geometrico, ma rispetto ad un punto equante spostato da questo centro. Osservato dal centro geometrico sembra che il pianeta ondeggi. Ha particolare importanza perché le obiezioni estetiche che Copernico formulò su esso fornirono un motivo per respingere il sistema tolemaico e ricercare un metodo di calcolo nuovo. Copernico si servì di epicicli ma non di equanti. Ritenne che l’equante non fosse un accorgimento legittimo per applicazioni astronomiche, per lui erano violazioni della simmetria circolare uniforme. Gli accorgimenti detti prima non furono escogitati tutti assieme oppure dal solo Tolomeo. Scrisse l’Almagesto, libro che compendia le più grandi conquiste dell’astronomia antica, fu il primo trattato organico e matematico che offriva una spiegazione completa, particolareggiata e quantitativa di tutti i moti celesti. Però i sistemi quantitativi come questo sono, dal punto di vista matematico, troppo complessi. Copernico non attaccò l’universo a due sfere, anche se la sua opera infine lo demolì, e non abbandonò l’uso di epicicli ed eccentrici, quello che in realtà attaccò fu soltanto qualcuno dei particolari matematici, apparentemente trascurabili come gli equanti. Anatomia delle credenze scientifiche. La tecnica epiciclo-deferente non funzionò mai perfettamente. Esistono molte versioni del sistema tolemaico, ed alcune di esse raggiunsero una considerevole perfezione nella previsione delle posizioni planetarie. Ma tale perfezione era invariabilmente raggiunta a prezzo della complessità, ed una maggiore complessità portava soltanto ad una più alta approssimazione nella riproduzione del moto dei pianeti e non alla spiegazione definitiva. I predecessori di Copernico, pur avendo a disposizione esattamente gli stessi tipi di strumenti e osservazioni, avevano valutato la medesima situazione in modo diverso. Quello che per Copernico era “rabberciare” e “forzare”, costituiva per essi un processo naturale di adattamento ed estensione. Se l’universo a due sfere e, in particolare, la concezione di una Terra centrale e stabile sembravano allora l’indiscutibile base di partenza di ogni ricerca astronomica, ciò accadeva soprattutto perché l’astronomo non poteva più rompere l’armonia dell’universo a due sfere senza sconvolgere la fisica e anche la religione. Fondamentali concetti dell’astronomia erano diventati elementi di una più grande struttura di pensiero e gli elementi non astronomici potevano risultare tanto importanti quanto quelli astronomici nel vincolare l’immaginazione degli astronomi. La storia della rivoluzione copernicana non è quindi semplicemente una storia di astronomi e di cieli. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 CAPITOLO TERZO L’UNIVERSO A DUE SFERE NEL PENSIERO ARISTOTELICO L’universo aristotelico. Gli scritti di Aristotele (384-322 a. C.) ci sono pervenuti in versione imperfetta e alterata. Trattano di scienze naturali (fisica, chimica, astronomia, biologia e medicina) e non (logica, metafisica, politica, retorica e critica letteraria) a cui egli diede un contributo di nuove e originali idee. Nella sua visione dell’uomo e dell’universo c’è una fondamentale unità. L’intero universo era contenuto entro la superficie esterna della sfera delle stelle. In ogni punto dentro la sfera c’era una sorta di materia: non potevano esistere buchi o vuoto. Al di fuori della sfera non c’era nulla: no materia, no spazio, no tempo. L’universo si autocontiene ed è autosufficiente. Nella scienza aristotelica materia e spazio sono fenomeni collegati. L’universo è composto per la maggior parte da etere, che si aggrega in un complesso omocentrico di involucri inseriti l’uno dentro l’altro, formando una gigantesca sfera cava le cui superfici sono: l’esterno della sfera delle stelle e la parete interna della sfera omocentrica che porta il pianeta più in basso, la Luna. L’etere è puro, inalterabile, trasparente e privo di peso, di questo elemento sono fatti i pianeti e le stelle come pure quei 55 involucri sferici concentrici, le cui rotazioni spiegano i moti celesti. Poiché l’universo era pieno, tutte le sfere si toccavano e la frizione tra sfera e sfera assicurava la trasmissione del moto all’intero sistema. L’insieme di epicicli e deferenti che sostituì le sfere omocentriche non quadrava bene con le sfere cristalline proposte da Aristotele. L’esistenza effettiva di queste sfere venne messa in dubbio, non è chiaro dall’Almagesto se Tolomeo ci credesse o no. La regione sublunare è riempita da 4 elementi, la loro distribuzione segue le leggi aristoteliche del moto. Gli elementi si stabilirebbero, in assenza di spinte su di essi, in una serie di quattro involucri concentrici. La terra, l’elemento più pesante si sposterebbe nel centro geometrico dell’universo. L’acqua che è un po’ meno pesante, si disporrebbe in un involucro sferico attorno alla terra. Dopo l’acqua ci sarebbe l’aria e infine il fuoco. Ma la regione terrestre, circondata dalla Luna, è in movimento, quindi si creano correnti che fanno urtare e mescolare gli elementi. Pertanto gli elementi non possono mai essere osservati nella loro forma pura. Per Aristotele la Terra è immobile e a questo punto i successori dettero moltissima fede. Tuttavia egli disse moltissime cose che poi, più tardi, filosofi e scienziati non ebbero la minima difficoltà a respingere. Un universo aristotelico può esser anche con tre o cinque elementi terrestri e anche con epicicli e sfere omocentriche; ma non può sopravvivere, e non sopravvisse, alla modifica che trasformò la Terra in un pianeta. Le leggi aristoteliche del moto. Un esempio dell’integrazione fra pensiero astronomico e non astronomico è offerto dalla spiegazione del moto terrestre data da Aristotele. Credeva che, in assenza di spinte esterne derivanti in ultima analisi dai cieli, ciascun elemento terrestre rimanesse in riposo in quella parte della regione terrestre conforme alla sua natura. In realtà gli elementi e i corpi sono tirati via dalla loro naturale posizione. Questo richiede l’applicazione di una forza: un elemento oppone resistenza al suo spostamento e, una volta spostato, tende a riprendere la sua posizione naturale col più breve percorso possibile. Nel De Caelo fa derivare da queste dottrine la sfericità, la stabilità e la posizione centrale della Terra: “il moto secondo natura così delle sue parti come la Terra tutta intera, è diretto verso il centro del Tutto, ed è per questo che essa si trova attualmente posta al centro… il centro della Terra e quello del Tutto si trovano a coincidere… per natura essa [la Terra] ha la proprietà di muoversi da ogni parte verso il centro… abbiamo che è impossibile che una qualunque parte di essa si muova allontanandosi dal centro… La forma è necessariamente sferica… muovendosi in egual proporzione da ogni punto dell’estrema periferia verso un unico centro, si dovesse… formare una mole eguale da ogni parte”. La stessa idea della Terra in movimento pareva poco plausibile. Questo è, probabilmente, ciò che Tolomeo e i suoi successori vollero dire quando più tardi descrissero le ipotesi astronomiche di Aristarco, Eraclide e dei Pitagorici come “ridicole”, anche se convincenti da un punto di vista astronomico. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 Il “plenum” aristotelico. Questo è un secondo esempio dell’integrazione fra pensiero astronomico e non astronomico. Horror vacui: è un’antica concezione secondo la quale la natura agirà sempre in modo da impedire la formazione del vuoto. Secondo Aristotele il principio era applicabile alla superficie terrestre e alla sue vicinanze. Il vuoto non esiste nella realtà del mondo terrestre e per principio non vi può essere vuoto in nessuno luogo dell’universo. Per lui, lo stesso concetto di vuoto era una contraddizione di termini come il concetto di “circolo quadrato”. In apparenza lo spazio può essere definito soltanto in funzione del volume occupato da un corpo. In assenza di un corpo materiale non c’è nulla, in funzione di cui si possa definire lo spazio: apparentemente esso non può affatto esistere di per se stesso. Materia e spazio sono inseparabili. La teoria dell’universo pieno viene adottata per spiegare la continuità del moto all’interno della sfera della sfera delle stelle. Se qualcuno fra gli involucri celesti o terrestri fosse sostituito dal vuoto, ogni moto dentro quell’involucro cesserebbe. L’attrito di un involucro sull’altro genera ogni moto, ad eccezione del moto di ritorno alla posizione naturale, e il vuoto spezzerebbe la catena delle forze di spinta. L’impossibilità del vuoto è il fondamento della limitatezza dell’universo. Al di là della sfera delle stelle non esiste spazio né materia. Senza un concetto che legasse materia e spazio, gli aristotelici sarebbero stati costretti ad ammettere l’infinitezza dell’universo. Ma un universo infinito non sarebbe più un universo aristotelico per due motivi: 1. uno spazio infinito non ha centro. Se non esiste nessun centro, non esiste neppure nessun punto particolare in cui l’elemento pesante Terra può aggregarsi, né si può parlare in esso di parte “alta” o “bassa” che determinano il moto naturale di un elemento che torna al suo proprio posto. Non c’è nessun “posto naturale” perché ogni posto è simile a tutti gli altri; 2. è naturale supporre che esistano altri mondi. = finisce l’unicità della Terra. La maestà dei cieli. L’antica tradizione astronomica dell’osservazione dei cieli deve in parte la sua esistenza ad una diffusa percezione primordiale del contrasto fra la potenza e stabilità dei cieli e l’insicurezza impotente della vita terrestre. Questa percezione è espressa dalla netta distinzione fra le regioni superlunare e sublunare. La superficie interna della sfera della Luna divide l’universo in due regioni differenti. La regione terrestre in cui vive l’uomo è la regione della varietà e del mutamento, della nascita e della morte, della generazione e della corruzione. La regione celeste è invece eterna ed immutabile. Solo le sfere celesti interdipendenti si muovono in circolo naturalmente ed eternamente, senza mai variare la loro velocità, occupando sempre esattamente la stessa regione di spazio e tornando sempre su se stesse. Sono i cieli che generano e controllano tutta la varietà e il mutamento che si verificano sulla Terra. Sia la materia che il moto dei cieli sono perfetti. L’astrologia è più vecchia della cosmologia cristiano-aristotelica. Distanza ed immobilità fanno dei cieli una sede accettabile per gli dei che possono intervenire a piacere nelle vicende umane. Ciò che turbava la regolarità dei cieli, le comete e le eclissi, era considerato fin da tempi antichissimi come presagio di un avvenimento eccezionale fausto o infausto. Inoltre l’osservazione fornisce una prova chiara che esiste un controllo dei cieli, per esempio fa caldo quando il Sole è nella costellazione del Cancro e freddo quand’è nel Capricorno, l’altezza della marea varia con le fasi lunari… In un’epoca in cui il bisogno dell’uomo di capire e controllare il suo destino era immensamente maggiore dei suoi strumenti fisici e intellettuali, questa prova evidente del potere celeste fu estesa naturalmente agli altri corpi erranti nei cieli. In modo particolare dopo che Aristotele ebbe ideato un meccanismo fisico, la trasmissione attraverso l’attrito, con cui i corpi celesti potevano produrre mutamenti sulla Terra, ci fu una ragione plausibile per credere che la capacità di prevedere aspetti futuri dei cieli desse all’uomo la possibilità si predire il futuro di individui e nazioni. L’astrologia che prediceva il futuro degli uomini dalle stelle era nota come astrologia giudiziaria; l’astrologia che, dal presente e passato delle stelle, prediceva il futuro era nota come astrologia Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 naturale o sferica. Astronomi europei come Brahe e Kepler ebbero grandi riconoscimenti sul piano economico e morale perché si pensava facessero i migliori oroscopi. L’astrologia e la sensazione del potere celeste che ne è la base perdono gran parte della loro credibilità se la Terra è un pianeta. È significativo che Copernico, che privò i cieli del loro speciale potere, abbia fatto parte di quel gruppo minoritario di astronomi rinascimentali che non facevano oroscopi. L’astrologia e la maestà dei cieli ci danno quindi un altro esempio delle conseguenze indirette della concezione di una Terra stabile ed unica. Le prospettive della visione aristotelica del mondo. La scienza moderna ebbe inizio quando Galileo ripudiò i testi scritti a favore della sperimentazione e poté osservare che due corpi di peso ineguale, lasciati cadere dalla sommità della torre di Pisa, toccavano il suono contemporaneamente. Ma nel mondo di ogni giorno, come Aristotele osservava, i corpi pesanti cadono in effetti più velocemente di quelli leggeri. Questo a prima vista. Però la legge di Galileo è più utile alla scienza di quella di Aristotele, non perché interpreta l’esperienza più perfettamente, ma perché, dietro la regola superficiale svelata dai sensi, sa cogliere un aspetto del moto più essenziale, ma nascosto. La verifica sperimentale della legge di Galileo richiede strumenti speciali: senza un aiuto i sensi non potrebbero negarla o confermarla. Con ogni probabilità Galileo non effettuò l’esperimento della torre di Pisa. Questo venne invece effettuato da uno dei suoi critici ed il risultato diede ragione ad Aristotele. Il racconto della torre della confutazione aristotelica è un mito creato dalla mancanza di una vera prospettiva storica. Noi tendiamo a dimenticare concetti che ci sono stati faticosamente inculcati nella nostra giovinezza. E li accettiamo troppo facilmente come i prodotti naturali e incontestabili delle nostre sole percezioni e respingiamo invece concetti differenti dai nostri come errori perpetuati da una cieca obbedienza all’autorità. La nostra educazione si pone fra noi e il passato, in particolare tra noi e la fisica aristotelica, spesso portandoci a male interpretare la natura e l’origine dell’immensa influenza di Aristotele. L’autorità di Aristotele deriva in parte dall’acume delle sue idee originali e in parte dalla loro immensa portata e coerenza logica, fu capace di esprimere in forma sintetica e armonica molte nozioni naturali dell’universo. Ma le sue idee, nella loro sostanza, contrariamente al modo in cui egli le esprime, mostrano importanti residui primitivi. La visione del mondo delle società primitive e dei bambini tende ad essere animistica. Non viene fatta la distinzione rigorosa e netta che noi facciamo fra natura organica e inorganica, fra cose animate e inanimate. Le pietre di Aristotele non sono vive sebbene il suo universo sembri spesso esserlo. Ma la sua interpretazione della pietra che cade dalla mano per raggiungere la sua posizione naturale al centro dell’universo non è molto diversa da quella del bambino della scatola che cade in terra perché è bene che ci stia o che il palloncino va in cielo perché ama l’aria. L’animismo non costituisce l’intera base psicologica della spiegazione aristotelica del moto. Un elemento più ingegnoso e più importante deriva dalla trasformazione aristotelica della primitiva nozione di spazio. Lo spazio primitivo è molto diverso dallo spazio newtoniano. Il secondo è fisicamente neutro, un corpo è necessariamente localizzato e si muove attraverso lo spazio, ma la porzione particolare di spazio e la direzione particolare del moto non esercitano sul corpo nessuna influenza; è omogeneo e isotropo (senza cima, fondo, oriente, occidente). Lo spazio primitivo invece è più vicino al concetto di spazio vitale, ogni regione e direzione ha qualche caratteristica che la diversifica da tutte le altre e le differenze determinano in parte il comportamento dei corpi in ciascuna regione; è attivo e dinamico. Per Aristotele lo spazio stesso fornisce l’impulso che spinge il fuoco e le pietre ai loro naturali luoghi di riposo. Le azioni combinate della materia e dello spazio determinano il moto e il riposo dei corpi. In sostanza la visione aristotelica fu molto più vicina alla primitiva concezione del mondo delle sue antiche competitrici e corrispose più strettamente all’evidenza della pura e semplice percezione sensoriale. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 CAPITOLO QUARTO LA TRASFORMAZIONE DELLA TRADIZIONE: DA ARISTOTELE AI COPERNICANI La scienza e la cultura europea fino al secolo XIII. Aristotele fu l’ultimo grande cosmologo dell’antichità. Tolomeo fu l’ultimo grande astronomo. I loro scritti, fin dopo la morte di Copernico, determinarono il pensiero astronomico e cosmologico dell’Occidente. Copernico sembra essere il loro diretto successore e cominciò dal punto in cui Tolomeo si fermò. Nei tredici secoli che li separano però vi fu un’attività scientifica intensa che ebbe un ruolo essenziale nel preparare il terreno per l’affermarsi della rivoluzione copernicana ma che non modificarono praticamente le credenze essenziali dei ricercatori. Dal II secolo a. C. la civiltà mediterranea fu sempre più dominata da Roma ed andò in decadenza con il declinare della sua egemonia. Tolomeo e Galeno furono le due ultime grandi figure della scienza antica e vissero entrambi nel II secolo d. C. Dopo quest’epoca le opere scientifiche furono commentari ed enciclopedie. Nel secolo VII i musulmani invasero il bacino del Mediterraneo, l’attività scientifica occidentale era cessata. Per esempio di Euclide si conosceva solo l’incompleta traduzione latina di Boezio con i teoremi più importanti e senza dimostrazioni. Si ebbe al tempo stesso un risveglio della scienza nel mondo islamico che ricevette i manoscritti e la tradizione che la cristianità aveva perduto. I musulmani furono raramente degli innovatori radicali nella dottrina scientifica però salvarono e moltiplicarono i documenti dell’antica scienza greca. Dal X secolo ci fu un graduale risveglio in Europa. I contatti intellettuali con l’Islam si moltiplicarono con lo sviluppo del commercio. Vennero fatte le prime traduzioni latine dall’arabo. Nacquero le università (XII-XIII), costituite in partenza come centri per la diffusione orale dell’antica cultura, divennero rapidamente le sedi della tradizione scolastica. Ci fu anche una riscoperta dell’astronomia: tavole astronomiche, l’Almagesto, gli scritti di astronomia e fisica di Aristotele. Sorsero nuovi problemi: i manoscritti arabi poche volte risultavano integralmente fedeli alle loro fonti greche o siriane; il latino medievale inizialmente non possedeva un vocabolario adatto; anche le buone traduzioni si deterioravano nel corso delle trascrizioni successive. Inoltre gli studiosi medievali insistevano nel ricostruire il pensiero antico prima di arrischiare un loro personale giudizio e avevano anche una prospettiva storica distorta: miravano a ricostruire un vasto e coerente sistema del sapere umano non rendendosi conto che il mondo antico aveva avuto opinioni differenti su varie questioni. Una delle disarmonie insite nella tradizione ebbe un ruolo significativo nello sviluppo dell’astronomia: il conflitto apparente fra le sfere della cosmologia aristotelica e gli epicicli e deferenti dell’astronomia tolemaica. Questi sistemi sono prodotti di due distinte civiltà antiche: civiltà ellenica: ebbe il suo centro nella Grecia continentale durante il periodo in cui i greci dominarono sul bacino del Mediterraneo. La scienza fu in gran parte qualitativa nel metodo e cosmologica nell’orientamento. Aristotele ne fu il rappresentante. Finì con l’arrivo di Alessandro Magno; civiltà ellenistica: il suo centro furono le grandi metropoli commerciali e cosmopolite come Alessandria. Qui la scienza risultò meno filosofica e più matematica e numerica. Gli astronomi misurarono l’universo, catalogarono le stelle, affrontarono il problema dei pianeti e non furono indifferenti alla cosmologia ellenica, la ritennero solamente un problema secondario. Gli ellenistici si adattarono ad una parziale separazione dell’astronomia e cosmologia: una tecnica matematica efficace per la previsione della posizione dei pianeti non doveva soddisfare in modo assoluto l’esigenza psicologica di razionalità sul piano cosmologico. Anche la scolastica diede il suo contributo a questa separazione. Quando Aristotele e Tolomeo erano stati appena riscoperti, l’ignoranza degli scolastici sui secoli precedenti aveva deformato la loro prospettiva storica: consideravano Aristotele e Tolomeo quasi contemporanei ed esponenti di una singola tradizione, la “cultura antica” e le differenze fra i loro sistemi diventavano molto simili e sollevarono problemi di conciliazione. Nel secolo XVI questa separazione offrì a Copernico un precedente di rilievo, poiché egli considerava l’astronomia una scienza essenzialmente matematica. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 L’astronomia e la chiesa. Non si può descrivere la predominante influenza che la Chiesa esercitò sulla scienza con una sola generalizzazione, poiché l’azione della Chiesa mutò con il variare della situazione. Nei primi secoli dell’era cristiana i padri della Chiesa erano crociati e missionari che disapprovavano la cultura pagana ed erano convinti che la Scrittura e l’esegesi cattolica contenessero tutto quel che era necessario sapere per salvarsi. La scienza era quindi cultura secolare e inutile. L’astronomia, a causa dei sui legami con l’astrologia, fu particolarmente disprezzata, per l’esplicito determinismo di quest’ultima. Non ci fu unanimità nel mondo cristiano sulla cosmologia durante la prima metà del Medioevo (varie cosmologie di Lattanzio, Cosma,…). Nell’epoca in cui l’Europa cristiana ristabilì legami culturali e commerciali con la Chiesa orientale di Bisanzio e con i musulmani, l’atteggiamento della Chiesa nei confronti della scienza pagana era mutato. Le principali regioni dell’Europa continentale erano state convertite e l’autorità intellettuale e spirituale della Chiesa era assoluta. La cultura pagana e quella secolare non erano più una minaccia. Quindi uomini di Chiesa dedicarono una parte del loro tempo libero creato dalla nuova prosperità ad un intenso studio del mondo culturale riscoperto. Verso il XIII secolo le grandi linee dell’universo a due sfere erano di nuovo accettate nelle discussioni tra cristiani eruditi. Il processo attraverso il quale i cristiani scoprirono di vivere in un universo aristotelico non può essere chiamato recupero della cultura antica. Quel che accadde fu molto più simile ad una rivoluzione. Dal secolo IV in avanti Aristotele, Tolomeo e altri erano stati attaccati a causa del contrasto fra le loro idee cosmologiche e la Scrittura. Era necessario modificare tanto i testi antichi quanto la Scrittura per edificare la nuova costruzione di una coerente dottrina cristiana. Quando tale costruzione fu completata, la teologia era diventata un valido baluardo dell’antica concezione di una Terra centrale e stazionaria. La struttura fisica e cosmologica del nuovo universo cristiano fu soprattutto aristotelica. San Tommaso d’Aquino (1225-74) fu il filosofo scolastico che diede maggior contributo al disegno definitivo della costruzione. Descrisse la perfezione e la proprietà dei moti celesti, però Aristotele non poté essere adottato così alla lettera perché fu necessario abbandonare la sua dimostrazione dell’assoluta impossibilità del vuoto, poiché sembrava che essa ponesse arbitrariamente dei limiti al potere infinito di Dio. Ma, più spesso, era la Bibbia a dover cedere il passo: di solito ad un’interpretazione metaforica. San Tommaso e i suoi contemporanei del XIII secolo mostrarono che la fede cristiana era compatibile con buona parte dell’antica cultura. Riducendo Aristotele nell’ambito dell’ortodossia, essi permisero alla sua cosmologia di diventare un elemento vitale del pensiero cristiano. Bisogna stare attenti a spostare la Terra: muovendo la terra può diventar necessario muovere il trono di Dio. Questo si può vedere nella Divina Commedia. Il viaggio ha inizio sulla superficie della Terra sferica; prosegue nella Terra attraverso i nove cerchi dell’inferno che rispecchiano simmetricamente le sfere celesti superiori (la nona fu aggiunta alle otto sfere della cosmologia antica dagli astronomi musulmani) e giunge alla regione più corrotta, il centro dell’universo. Poi Dante torna sulla superficie terrestre e trova la montagna del purgatorio che svetta nelle superiori regioni del cielo. Infine egli attraversa ciascuna delle sfere celesti, finché in ultimo contempla il trono di Dio nella sfera più alta, l’Empireo. Lo scenario è letteralmente un universo aristotelico adattato agli epicicli di Ipparco e al Dio della santa Chiesa. Per i cristiani il nuovo universo aveva un significato simbolico oltre a quello letterale e l’uomo occupa ne una posizione intermedia; vive molto vicino all’inferno ed è dovunque sotto lo sguardo di Dio. L’uomo è composto da un corpo materiale e da un’anima spirituale: tutte le altre sostanze sono o materia o spirito. I critici scolastici di Aristotele. L’intensità stessa con cui i testi aristotelici venivano studiati era la garanzia che le incoerenze di dottrina e dimostrazione potevano presto essere rilevate, e queste incoerenze furono spesso origine di notevoli realizzazioni creative. Gli studiosi medievali continuarono a discutere e la discussione contribuì a creare un clima ideale in cui gli astronomi poterono pensare di cimentarsi con l’idea di una Terra in movimento. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 Notevoli anticipazioni del pensiero copernicano si possono, ad esempio, trovare nel commento critico al De Caelo scritto nel secolo XIV da Nicola D’Oresme. Il suo metodo è tipicamente scolastico: il testo di Aristotele viene spezzettato in tanti frammenti alternati a lunghi commenti critici o esplicativi. Così ha demolito molte delle dimostrazioni aristoteliche e suggerito importanti alternative. Le sue critiche ad Aristotele: la principale argomentazione di Aristotele a favore dell’unicità della Terra: se ci fossero due Terre nello spazio esse cadrebbero entrambe nel centro dell’universo e si unirebbero in un’unica massa, poiché, per sua natura la terra, si muove verso il centro. Per D’Oresme questa dimostrazione non è valida perché presuppone una teoria del moto che non è dimostrata. Forse la Terra non si muove verso il centro, ma esplicitamente verso altri pezzi di Terra; contro la confutazione aristotelica della dottrina di Eraclide, il pitagorico che aveva spiegato il moto giornaliero delle stelle con una rotazione assiale verso est della Terra centrale. D‘Oresme non crede che la Terra ruoti ma si preoccupa di mostrare che la scelta fra una Terra stabile e una ruotante è una questione di fede. Ritiene che nessuna argomentazione però può invalidare la possibilità della rotazione giornaliera della Terra. D’Oresme: “Suppongo che un movimento locale possa essere avvertito solo quando un corpo varia la sua posizione relativamente ad un altro corpo… un uomo in un’imbarcazione (a), che avanza con velocità regolare… non può vedere nulla all’infuori della seconda imbarcazione (b), che si muove allo stesso modo di (a),… allora io dico che gli sembrerà che nessuna delle due imbarcazioni si muova; e se (a) è ferma e (b) si muove, gli sembrerà che (b) si muova; e se è (a) che si muove e (b) che sta ferma, gli sembrerà ancora che (a) stia ferma e (b) si muova… Pertanto io dico che se la più alta delle due parti dell’universo si muovesse oggi di un moto quotidiano, com’è in realtà, mentre la più bassa [o la terrestre] rimanesse ferma, e domani invece la parte più bassa si muovesse giornalmente, mentre l’altra parte, e cioè i cieli, stesse in riposo, noi saremmo incapaci di avvertire alcun cambiamento… In ogni caso la nostra posizione ci sembrerebbe star ferma e invece la rimanente parte dell’universo muoversi, proprio come ad un uomo in un’imbarcazione in movimento sembra che si muovano gli alberi attorno”. Questa è l’argomentazione tratta della relatività ottica che ha un ruolo così grande negli scritti di Copernico e Galileo; argomentazione aristotelica secondo cui si può dedurre l’immobilità della Terra dal fatto che un oggetto lanciato verticalmente verso l’alto ricada sempre sul punto della Terra da cui è partito. D’Oresme dice: “se una persona fosse su una nave in rapida navigazione verso levante senza esser consapevole del moto della nave e se abbassasse rapidamente la mano descrivendo una linea retta contro l’albero della nave, la mano gli sembrerebbe avere soltanto un moto verticale; e la medesima argomentazione mostra perché a noi sembri che la freccia vada su e giù lungo una linea dritta”. Quando le argomentazioni del D’Oresme compaiono negli scritti di Copernico e Galileo, hanno una funzione diversa e più creativa. Gli scienziati posteriori volevano dimostrare che la Terra poteva muoversi, allo scopo di sfruttare i vantaggi che sarebbero derivati all’astronomia se essa, in effetti, si muoveva. D’Oresme voleva soltanto mostrare che la Terra poteva muoversi. Gli scolastici introdussero anche, nella tradizione scientifica aristotelica, alcune nuove aree di ricerca e alcune modifiche dottrinali permanenti. Le più significative si ebbero nei campi della cinematica e della dinamica, il cui soggetto è il moto dei corpi pesanti sulla Terra e nei cieli. Nel XVII secolo, Galileo le tradusse in una nuova dinamica, una di queste nozioni, la teoria dell’impulso motore, aveva avuto un’importante articolazione con il pensiero astronomico. La teoria dell’impulso venne costruita analizzando il moto dei proiettili. Aristotele aveva ritenuto che una pietra, a meno che non fosse mossa da una spinta esterna, rimanesse in riposo oppure si spostasse lungo una linea retta verso il centro della Terra. Era però una spiegazione difficilmente adattabile a quel che si osservava sul comportamento dei proiettili, perché quando si stacca dalla mano o da una fionda, una pietra non cade direttamente sulla Terra. Continua invece a muoversi nella direzione in cui è stata inizialmente sollecitata. Aristotele sistemò la sua teoria Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 immaginando che l’aria agitata desse origine ad una spinta in grado di prolungare il moto del proiettile, ma su questo punto fu sempre dubbioso e non fu mai una cosa importante in quanto avrebbe potuto creare delle difficoltà alla sua teoria. Nel XIV secolo se ne occupo Giovanni Buridano, maestro del D’Oresme: “Nella pietra o in un altro proiettile c’è impresso qualcosa che che costituisce la forza motrice di quel proiettile. Questo è evidentemente meglio che ricadere nell’affermazione che l’aria possa muovere il proiettile, giacché sembra che l’aria resista… [il lanciatore] imprime un certo impulso o forza motrice al corpo mobile, il quale impulso agisce nella direzione verso cui il motore ha spinto il corpo mobile, in alto o in basso, lateralmente o in circolo… è da questo impulso che la pietra vien mossa dopo che il lanciatore cessa la sua azione. Ma l’impulso è continuamente ridotto dalla resistenza dell’aria e dalla gravità della pietra che la fa deviare in una direzione contraria a quella in cui l’impulso era naturalmente predisposto a farla muovere”. La dinamica dell’impulso aveva sostituito la dinamica aristotelica: era insegnata a Padova dove studiò Copernico e Galileo la apprese a Pisa dal suo maestro Bonamico. La teoria dell’impulso attribuisce alla Terra in movimento la capacità di fornire ai corpi terrestri una propulsione interna in grado di seguire la Terra. Perché se il moto verso est della Terra fornisce alla pietra un impulso in direzione est quando la pietra è ancora in contatto con il suo lanciatore, quell’impulso durerà e farà in modo che la pietra segua il moto della Terra anche quando il contatto è interrotto. Alcuni sostenitori della teoria dell’impulso la estesero immediatamente dalla Terra i cieli, Buridano: “poichè la Bibbia non stabilisce che opportune intelligenze muovano i corpi celesti, si potrebbe dire che… Dio, quando creò il mondo, mosse ciascuna delle sfere celesti come gli piacque e, nel metterle in moto, impresse in loro un impulso che le facesse poi muovere senza più alcun suo intervento… E questi impulsi che egli impresse nei corpi celesti non avevano alcuna tendenza per altri movimenti. Non vi fu neppure una resistenza, che avrebbe alterato o represso quell’impulso”. Negli scritti del Buridano, forse per la prima volta, i cieli e la Terra furono sottoposti ad un unico insieme di leggi e lo stesso indirizzo fu ulteriormente sviluppato dal suo allievo, D’Oresme: “quando Dio creò i cieli… impresse in loro un certo tipo e forza di moto, così come impresse nelle cose terrestri un peso…; allo stesso modo di chi costruisce un orologio e poi lo lascia funzionare da solo”. Questa concezione rompe con l’assoluta separazione fra le regioni superlunare e sublunare, ed era proprio questa separazione che doveva essere rotta perché la Terra si trasformasse in un pianeta. Il contributo più importante della teoria dell’impulso fu tuttavia indiretto. Copernico fornì soltanto una nuova descrizione matematica del modo in cui i pianeti si muovono; ma non riuscì a spiegare perché i pianeti si muovessero come egli diceva. La teoria dell’impulso ebbe un ruolo nell’evoluzione della dinamica newtoniana. I secoli della scolastica sono i secoli in cui la tradizione dell’antica scienza e filosofia venne contemporaneamente restaurata per adeguarla ai tempi. I punti deboli scoperti diventarono immediatamente centri focali della prima opera di ricerca del mondo moderno. Le nuove teorie scientifiche dei secoli XVI e XVII hanno tutte origine dalle falle aperte della critica scolastica nella struttura del pensiero aristotelico. La maggior parte di queste teorie incorporano idee chiave concepite dalla scienza scolastica. E ancor più importante è la disposizione mentale che gli scienziati moderni hanno ereditato: una fede illimitata nel potere della ragione umana di risolvere i problemi della natura. L’astronomia all’epoca di Copernico. Non vi fu astronomia planetaria durante il Medioevo. Solo nel 1233 fu scritto il primo trattato europeo d’astronomia, da John of Holywood che copiava un trattato elementare arabo e dedicava soltanto un capitolo ai pianeti. I due secoli successivi videro soltanto dei commenti. Per gli europei della generazione di Copernico l’astronomia planetaria costituì quindi un campo pressoché nuovo. Poiché gli stereotipi vengono abbandonati più facilmente nei periodi di fermento generale, la turbolenza dell’Europa durante il Rinascimento (musulmani minacciano, rivalità dinastiche, ascesa degli stati-nazione, viaggi e esplorazioni) e la Riforma favorì l’innovazione copernicana. Un cambiamento in un campo diminuisce la presa degli stereotipi negli altri. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 Copernico declinò l’invito del papato a dare una consulenza sul calendario, poiché si rendeva conto che le osservazioni e teorie astronomiche disponibili non ne permettevano la compilazione. Il calendario gregoriano, introdotto nel 1582, era basato in effetti sui calcoli che si servivano dell’opera di Copernico. Nel XV secolo vi fu una seconda riscoperta di modelli classici che non ebbe carattere soprattutto scientifico. Tuttavia alcune notevoli opere di matematici ellenistici vennero scoperte in edizioni originali in greco. Si comprese allora che la riconosciuta impossibilità del sistema tolemaico di prevedere correttamente i moti celesti non poteva più essere addebitata ad errori di trasmissione e traduzione. Gli umanisti si trovarono in aspro contrasto con Aristotele, gli scolastici e l’intera tradizione della cultura universitaria, ma non riuscirono a fermare il cammino della scienza. Il primo effetto in campo scientifico della dogmatica antiaristotelica fu quello di facilitare ad altri la rottura con i concetti fondamentali della scienza di Aristotele. Un secondo effetto fu l’incremento dato alla scienza dalla forte tensione ultraterrena che caratterizzava il pensiero umanistico. Questa tensione si fa derivare da Platone e il neoplatonismo. Il neoplatonico passava d’un tratto dal mondo mutevole e corruttibile della vita d’ogni giorno al mondo eterno dello spirito puro, e la matematica gli insegnava come effettuare il passaggio. Anche i pitagorici vedevano il mondo reale come un’ombra del mondo eterno della matematica, esemplificando l’ideale della scienza terrestre nella loro scoperta che corde uniformi, le cui lunghezze stanno fra loro in rapporti numerici semplici 1 : 3 / 4 : 2 / 3 : 1 / 2, generano suoni armonici. La tendenza matematica del neoplatonismo è spesso attribuita a Pitagora e definita neopitagorismo. L’origine del legame fra neoplatonismo e culto del Sole è oscura. Il Dio del neoplatonismo era un principio creatore che si moltiplicava e la cui immensa potenzialità era dimostrata nella stessa molteplicità delle forme che da lui scaturivano. Nell’universo materiale questa feconda divinità era rappresentata dal Sole, le cui irradiazioni visibili e invisibili davano all’universo luce, calore e fertilità. Questa identificazione simbolica del Sole con Dio fornì a Copernico un’ulteriore argomentazione per il nuovo sistema. Inoltre il Dio dei neoplatonici non era così facilmente delimitabile. Se la perfezione di Dio è commisurata alla vastità e alla molteplicità della sua procreazione, un universo più esteso e popoloso deve essere l’espressione di una divinità più perfetta. La finitezza dell’universo di Aristotele era incompatibile con la perfezione di Dio. Qualsiasi ricerca per poter comprendere i tempi della rivoluzione e i fattori che la determinarono deve essere fatta anche al di fuori dell’astronomia, entro il più vasto ambiente intellettuale cui appartenevano gli esperti d’astronomia. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 CAPITOLO QUINTO L’INNOVAZIONE DI COPERNICO Copernico e la rivoluzione. Con la pubblicazione del 1543 del De Revolutionibus Orbium Caelestium di Copernico iniziò la rivoluzione copernicana. È un testo problematico, ad eccezione del libro I introduttivo, il resto è troppo matematico. Gran parte degli elementi essenziali per i quali la rivoluzione ci è nota: calcoli semplici ed accurati della posizione dei pianeti, l’abolizione degli epicicli e degli eccentrici, la disintegrazione delle sfere, il Sole come stella, l’espansione infinita dell’universo,… non si trovano in nessun punto dell’opera. Sotto ad ogni aspetto, fatta eccezione per il moto della Terra, sembra che il De Revolutionibus sia più affine alle opere scritte precedentemente che posteriormente. La sua importanza consiste dunque meno in ciò che l’opera stessa afferma che in quello che fece affermare ad altri, cosa non prevista dell’autore. È un testo che provoca una rivoluzione piuttosto che un testo rivoluzionario. Rappresenta l’apogeo di una tradizione passata e la fonte di una nuova tradizione futura. Cause dell’innovazione. La prefazione di Copernico. Ci sono varie incongruenze nel De Revolutionibus. La prima riguarda la sproporzione tra l’obbiettivo che fu la causa dell’innovazione copernicana (risolvere il problema dei pianeti) e l’innovazione stessa. Lettera di prefazione: “AL SANTISSIMO SIGNORE PAOLO III, PONTEFICE MASSIMO...io attribuisca al globo terrestre certi movimenti, subito chiederanno a gran voce che, avendo tale opinione, io sia messo al bando… ho avuto a lungo il dubbio se rendere pubblici i miei commentari scritti per dimostrare il moto della Terra oppure se fosse in realtà più conveniente seguir l’esempio dei pitagorici e di taluni altri che avevano l’abitudine di trasmettere i misteri della filosofia soltanto a parenti ed amici… Ma poi la mia lunga esitazione ed anche la mia resistenza furono vinte da persone amiche...essi mi esortavano a non voler più a lungo negare la mia opera a causa delle mie paure, al patrimonio comune degli studiosi di matematica… Così non voglio nascondere alla Santità Vostra che io sono stato indotto a pensare ad un altro metodo di calcolo per il moto delle sfere, soltanto dall’aver raggiunto la consapevolezza che i matematici non hanno idee chiare attorno a questi moti… Accade invece ad essi quel che accade ad un pittore che prenda mani, piedi, testa e le altre membra da modelli differenti, e che le disegni in maniera eccellente ma non in funzione di un singolo corpo e, poiché tutte queste parti non armonizzano assolutamente fra loro, ne vien fuori un essere mostruoso invece che un uomo”. Per la prima volta un astronomo tecnicamente preparato aveva respinto la tradizione scientifica consacrata dal tempo. Nessuno dei sistemi tolemaici forniva risultati totalmente rispondenti a buone osservazioni ad occhio nudo. Copernico stesso fu vittima di quegli elementi d’informazione che, inizialmente, lo avevano aiutato a respingere il sistema tolemaico. Il suo sistema avrebbe dato risultati ben migliori se egli fosse stato scettico sulle osservazioni dei suoi predecessori, così come lo era stato sui loro sistemi matematici. Oltre al distacco di una struttura mostruosa si ebbe un’azione di ricerca, i cui inizi sono descritti sempre nella prefazione: “cominciò a turbarmi il fatto che i filosofi non potessero fissarsi su nessuna teoria sicura… Iceta [di Siracusa, secolo V a. C.] aveva intuito che la Terra si muoveva. Poi ho trovato in Plutarco che anche altri avevano avuto la medesima opinione e mi è piaciuto riportare qui le sue stesse parole: < Gli altri pensano che la Terra sia ferma, ma Filolao il pitagorico la fa muovere attorno al fuoco su di un cerchio obliquo come il Sole e la Luna. Eraclide di Ponto ed Ecfanto il pitagorico fanno pure muovere la Terra, non però attraverso lo spazio ma in una rotazione… >… cominciai anch’io a pensare alla mobilità della Terra… Ma affinché sia i dotti che gli ignoranti si rendessero conto che io non mi sottraggo al giudizio di alcuno, ho preferito dedicare questi miei pensieri alla Santità Vostra piuttosto che a qualsiasi altro… Così che possiate facilmente con il Vostro autorevole giudizio impedire i morsi dei calunniatori… Se per avventure vi saranno dei perdigiorno, i quali, sebbene ignoranti totalmente in matematica, si arrogheranno il diritto di giudicare la mia opera e, sulla base di qualche brano della Scrittura interpretato malamente secondo il loro interesse, Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 oseranno criticare e schernire questo mio progetto, io non mi curerò di loro”. “La matematica è fatta per i matematici”. L’opera è di carattere strettamente tecnico e professionale. Cita la maggior parte delle personalità antiche ma omette i più immediati predecessori. La fisica e la cosmologia di Copernico. Il libro I era per i profani con argomentazioni non molto convincenti ad eccezione di quando derivavano da analisi matematiche che in questo libro furono omesse. “LIBRO PRIMO Perché il mondo deve essere sferico. Capitolo I...questa stessa forma è la più perfetta di tutte… è la più capace fra tutte le forme, in quanto può contenere ogni cosa e preservarla in sommo grado; sia anche perché tutte le perfette parti del mondo, e cioè il Sole, la Luna e le stelle, hanno tale forma, sia perché tutte le cose tendono ad assumere questa forma, come appare nelle gocce d’acqua… Perché anche la Terra deve essere sferica. Capitolo II E che la Terra è pure sferica, in quanto da ogni lato di appoggia al suo centro… Inoltre la stessa altezza dei poli sull’orizzonte è dovunque proporzionale allo spazio di Terra percorso, il che non si può avere che in una figura sferica… Come la Terra con l’acqua formi una sola sfera. Capitolo III L’oceano dunque, sparso attorno ad essa, formando in ogni dove mari, riempie i suoi fondali più ripidi. Pertanto il volume delle acque doveva essere inferiore a quello della Terra, tendendo entrambe per il loro peso allo stesso centro; e affinché per la salvezza delle creature viventi, questo fatto lasciasse qualche porzione di Terra e numerose isole qua e là affioranti. Infatti cos’è un continente e la Terra stessa se non un’isola più grande delle altre?… Come il Moto dei Corpi Celesti sia uniforme, circolare e perpetuo, oppure composto da moti circolari. Capitolo IV...La rotazione in circolo costituisce infatti la possibilità naturale di moto di una sfera, la quale esprime con questo stesso atto la sua forma in un semplicissimo corpo, dove non è possibile stabilire né principio né fine, né distinguere l’uno dall’altra, mentre essa ruota attorno a se stessa nel medesimo luogo. Il più evidente di tutti è la rivoluzione quotidiana… dimensione del tempo diurno e notturno. Da questo moto si deduce che tutto l’universo, ad eccezione della Terra, si muove dall’oriente all’occidente...Vediamo poi altre rivoluzioni come contrastanti, e cioè da occidente ad oriente: del Sole, dico, della Luna e dei cinque pianeti… Essi presentano tuttavia molteplici differenze… malgrado queste irregolarità,… è opportuno ritenere che i moti siano circolari, oppure composti da più circoli, poiché tali irregolarità ricorrono con una certa legge e con determinati cicli: il che non potrebbe accadere se i moti non fossero circolari… ” Soltanto un moto circolare uniforme o una combinazione di moti di questo genere possono giustificare il ricorso regolare di tutti i fenomeni celesti ad intervalli determinati di tempo. Ogni argomentazione di Copernico risulta profondamente aristotelica o scolastica ed il suo universo non è separabile da quello della cosmologia tradizionale. Per alcuni aspetti egli è ancor più aristotelico di Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 molti suoi predecessori e contemporanei. Ad esempio egli non è d’accordo con la violazione delle leggi del moto uniforme e simmetrico di una sfera, che è implicito nell’uso di un equante. “Se competa alla Terra un moto circolare e sulla sua posizione. Capitolo V … Ed è dalla Terra, in verità, che quella rotazione celeste viene osservata e offerta alla nostra vista. Se pertanto si concepisce un qualche moto della Terra, questo stesso moto riapparirà in tutto ciò che è esterno ad essa, diretto tuttavia dalla parte opposta, come se le cose fuggissero al nostro sguardo… Ammettendo invece che il cielo non riceva nulla da questo moto, chi considerasse attentamente il fenomeno troverebbe che la Terra si muove in realtà da occidente ad oriente, secondo l’apparente corso da oriente ad occidente del Sole, della Luna e delle stelle. E poiché il cielo è la dimora comune di tutti, in quanto contiene e nasconde ogni cosa, non si vede perché non si debba attribuire il moto più al contenuto che al contenente, più al dimorante che alla dimora. Furono indubbiamente di questa opinione Eraclide di Ecfanto il pitagorico e Iceta di Siracusa, secondo Cicerone, i quali attribuirono alla Terra un moto di rotazione nel centro dell’universo. Essi ritenevano che le stelle tramontassero quando la Terra appariva e che sorgessero quando essa si ritirava. Da questa assunzione consegue un altro problema, di importanza niente affatto minore, sulla posizione della Terra… poiché infatti le stelle erranti sono osservate a diverse distanze dalla Terra, se ne deduce necessariamente che il centro della Terra non è il centro dei loro circoli. Né tanto meno si sa se è la Terra che si avvicina o allontana ad essi o viceversa. Non v’è quindi da meravigliarsi se viene attribuito alla Terra, oltre a quella rivoluzione quotidiana, un qualche altro moto. E che appunto la Terra ruotasse e si spostasse con diversi moti e fosse uno dei pianeti si dice che l’abbia affermato Filolao il pitagorico, matematico di non poco conto, se Platone, per incontrarlo non esitò a recarsi in Italia.” Qui Copernico fa notare il vantaggio più immediato offerto agli astronomi dalla concezione di una Terra in movimento. Diventa possibile spiegare, almeno qualitativamente, senza l’uso di epicicli, i moti di retrocessione e i differenti periodi di tempo richiesti per i viaggi di un pianeta lungo l’eclittica. Nel suo sistema le irregolarità di maggior rilievo dei moti planetari sono soltanto tali in apparenza. Ma non dimostra mai più chiaramente questo punto nel libro I, quest’oscurità contribuisce a spiegare l’accoglienza che la sua opera ricevette. “Perché gli antichi ritennero che la Terra stesse in riposo nel mezzo del mondo, come un centro. Capitolo VII … È poi proprio soltanto della terra e dell’acqua, che sono considerate elementi pesanti, d’esser condotte verso il basso, vale a dire verso il centro della Terra; mentre l’aria e il fuoco, che son dotati di leggerezza, sono portati verso l’alto e lontano dal centro. Sembra naturale attribuire a questi quattro elementi un moto rettilineo, ai corpi celesti invece una rotazione in un’orbita circolare attorno al centro. Questo è quel che dice Aristotele. Se pertanto, afferma Tolomeo di Alessandria, la Terra ruotasse. Almeno con una rivoluzione quotidiana, dovrebbe accadere il contrario di quanto è stato detto sopra. Infatti bisognerebbe che il moto fosse velocissimo e la sua velocità insuperabile, poiché in XXIII ore dovrebbe far compiere alla Terra una rotazione completa. Ma le cose che son fatte ruotare rapidamente, sembrano del tutto prive di forza di coesione, e più ancora, se collegate, sembra che si disperdano… Spiegazione di questi argomenti e la loro insufficienza. Capitolo VIII … Le cose cui viene impressa una forza o un impulso devono necessariamente disintegrarsi e non possono esistere a lungo; quando però seguono la loro natura, si comportano bene e si conservano nella loro migliore composizione… È quindi infondato Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 il timore di Tolomeo che la Terra e tutto ciò che è terrestre si disintegrino… Ma perché mai questo timore non lo si ha, anche più grande, per il mondo… ?… Ma dicono che, al di fuori del cielo, non c’è corpo, né spazio, né vuoto: assolutamente nulla, e pertanto non c’è dove il cielo possa espandersi; è quindi certamente strano che un qualcosa possa essere contenuto da un nulla… Lasciamo pertanto alle discussioni dei naturalisti se il mondo sia finito o infinito: tenendo ben fermo che la Terra è limitata da punti estremi e termina in una superficie sferica. Perché dunque esitare ancora ad attribuire una mobilità naturale alla sua forma, piuttosto che supporre che si muova l’universo intero, i cui confini sono ignoti e inconoscibili… il moto di un corpo semplice deve essere semplice, si verifica in primo luogo nel moto circolare… Seguiranno invece un moto rettilineo quegli oggetti che si spostano dalla loro posizione naturale… S’aggiunga che la condizione di immobilità è considerata più nobile e divina della condizione di cambiamento e instabilità, la quale quindi è più appropriata alla Terra che all’universo. Inoltre sembrerebbe piuttosto assurdo assegnare un moto al contenente e alla dimora e non invece al contenuto e al dimorante, vale a dire alla Terra… la mobilità della Terra diventa un’ipotesi più probabile della sua quiete… Se alla Terra si possano attribuire più moti e sul centro dell’universo. Capitolo IX Poiché dunque non v’è nulla che impedisca la mobilità della Terra, penso si debba vedere se attribuirle più moti, per poterla considerare uno dei pianeti. Che infatti non sia il centro di tutte le rivoluzioni è dimostrato dal moto dei pianeti che appare irregolare e dalle loro distanze dalla Terra che variano… io penso che la gravità non sia altro che una certa naturale inclinazione, assegnata alle pari dalla divina provvidenza dell’artefice dell’universo, affinché esse si diano un’unità e un’integrità, raggruppandosi in forme sferiche. Questa proprietà la si può attribuire anche al Sole, alla Luna e agli altri pianeti, cosicché, in forza di essa, essi possano conservare la forma sferica in cui appaiono, malgrado i loro molti e diversi circuiti di rivoluzione. Se pertanto anche la Terra avesse altri moti, e così pure un secondo centro, questi moti saranno necessariamente simili a quelli che appaiono esteriormente in molti pianeti che abbiamo scoperto avere un periodo annuo. Poiché, se trasferiamo il moto del Sole alla Terra, ritenendo il Sole in posizione di riposo, allora il sorgere e il tramontare mattutino e serale delle stelle risulteranno naturali, mentre i punti stazionari, le retrocessioni e le progressioni dei pianeti non son dovute al loro proprio moto, ma a quello della Terra, che viene riflesso da ciò che in essi appare. Infine si penserà che il Sole stesso occupi il centro dell’universo, il che è suggerito dal razionale succedersi degli eventi e dall’armonia dell’universo intero, se soltanto noi sappiamo guardare ai fatti, come si suol dire,”. In questi ultimi tre capitoli abbiamo la teoria copernicana del moto. Secondo la fisica copernicana, tutta la materia, celeste o terrestre, si aggrega naturalmente in sfere e le sfere quindi ruotano secondo la loro propria natura. Un pezzetto di materia, separato dalla sua posizione naturale, continuerà a ruotare assieme alla sua sfera e, nello stesso tempo, tornerà con moto rettilineo alla sua posizione naturale. I problemi fisico e cosmologico, trattati così grossolanamente nel libro I, sono opera sua, ma non sono realmente i suoi problemi; le insufficienze della fisica copernicana illustrano come le conseguenze della sua innovazione trascendano il problema astronomico da cui l’innovazione era Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 derivata e mostrano in effetti quanto poco lo stesso autore dell’innovazione fosse in grado di assimilare la rivoluzione originata dalla sua opera. La Terra in movimento rappresenta un’anomalia in un classico universo aristotelico. Il Sole non è più una stella, ma il corpo centrale unico attorno a cui l’universo è costruito; esso assume le antiche funzioni della Terra e qualche altra in più. L’universo copernicano è ancora finito e le sfere concentriche, inserite l’una nell’altra, muovono ancora tutti i pianeti, sebbene non possano più essere guidate dalla sfera esterna che si trova ora in quiete. Tutti i moti devono essere composti da circoli; il far muovere la Terra non mette Copernico neppure in grado di fare a meno degli epicicli. La rivoluzione copernicana, come noi la conosciamo, può essere ben difficilmente scoperta nel De Revolutionibus e questa è la seconda fondamentale incongruenza del testo. L’astronomia copernicana. Le due sfere. Copernico attribuì alla Terra tre moti circolari contemporanei: una rotazione assiale quotidiana, un moto orbitale annuale ed un moto conico annuale dell’asse. La rotazione quotidiana verso oriente è quella che spiega i circoli apparenti quotidianamente tracciati dalle stelle, dal Sole, dalla Luna e dai pianeti. Con Copernico dobbiamo tener ferma la sfera esterna e far girare la Terra, l’osservatore e il piano dell’orizzonte tutti assieme verso oriente. Un osservatore che stia al centro del piano dell’orizzonte e che si muova con esso non sarà in grado di avvertire alcuna differenza tra gli universi aristotelico- tolemaici e quello copernicano. Anche in questo nuovo universo, stelle e pianeti sorgono lungo il margine orientale dell’orizzonte e si spostano con gli stessi percorsi circolari. Dobbiamo essere preparati a considerare non solo un moto nel centro, ma anche un moto della Terra fuori dal centro. L’argomentazione di Copernico: l’osservazione ci porta soltanto a dover mantenere la Terra interna ad una piccola sfera concentrica con la sfera delle stelle. Dentro questa sfera interna la Terra può muoversi liberamente senza contraddire quel che appare dalle osservazioni. La Terra può avere un moto orbitale attorno al centro o attorno al Sole centrale, purché la sua orbita non la porti mai troppo lontano dal centro. E “troppo lontano” significa soltanto: “troppo lontano relativamente al raggio della sfera esterna”. L’universo copernicano doveva risultare enormemente più grande di quello della cosmologia tradizionale. Il suo volume è almeno 400000 volte più grande. La chiara e funzionale coesione delle sfere inserite una dentro l’altra dell’universo tradizionale era stata rotta. L’astronomia copernicana. Il Sole. Nel capitolo XI si descrive il moto orbitale della Terra e si prende in considerazione il suo effetto sulla posizione apparente del Sole. Supponiamo che i centri dell’universo, del Sole e dell’orbita della Terra coincidano. La Terra si muove regolarmente, verso est, compiendo una rivoluzione all’anno e contemporaneamente ruota attorno all’asse, verso est, ogni 23 ore e 56 minuti primi. Darà una spiegazione precisa dei cerchi quotidiani del Sole, della Luna e dei pianeti e delle stelle; poiché da qualsiasi posizione dell’orbita della Terra tutti questi corpi sono visti contro la sfera delle stelle. Mentre la Terra, nella sua orbita copernicana, si sposta da T1 a T2, la posizione apparente del Sole centrale S, vista contro la sfera delle stelle varia da S1 a S2. Nel disegno la Terra vien mostrata in due posizioni che essa occupa a distanza di trenta giorni. In ciascuna posizione il Sole è visto contro la sfera delle stelle ed entrambe le posizioni apparenti del Sole giacciono necessariamente sull’eclittica, che viene ora definita come la linea in cui il piano del moto della Terra interseca la sfera. Ma quando la Terra s’è mossa, in direzione est, della posizione T1 alla posizione T2, il Sole si è apparentemente mosso in direzione est, lungo l’eclittica dalla posizione Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 S1 alla posizione S2. Quindi la teoria di Copernico prevede esattamente lo stesso moto annuale in direzione est del Sole lungo l’eclittica della teoria tolemaica. Prevede inoltre, la stessa variazione stagionale dell’altezza del Sole nel cielo. Il moto annuale della Terra attorno alla sua orbita copernicana. In ogni istante l’asse della Terra si conserva parallelo a se stesso oppure alla linea fissa disegnata attraverso il Sole. Di conseguenza un osservatore O, al mezzogiorno delle medie latitudini nord, trova il Sole molto più approssimativamente sulla sua verticale nel solstizio estivo che in quello invernale. Qui la Terra è disegnata nelle quattro posizioni che essa occupa successivamente negli equinozi e nei solstizi. In queste quattro posizioni, come pure durante il moto, l’asse della Terra si conserva parallelo ad una retta immaginaria passante per il Sole e inclinata 23°30’ rispetto ad un perpendicolare al piano dell’eclittica. La variazione stagionale dell’altezza del Sole sull’orizzonte può essere integralmente prevista in base a questa figura. In ogni stagione il Sole occupa in apparenza la stessa posizione fra le stelle tanto nel sistema copernicano che in quello tolemaico, in entrambi i sistemi dovrà sorgere e tramontare con le medesime stelle. In pratica, però, risulta più semplice la spiegazione tolemaica. Poiché è la rotazione della Terra che genera i circoli quotidiani delle stelle, l’asse della Terra dev’essere diretto verso il centro di questi circoli sulla sfera celeste. Ma dalla fine di un anno alla fine del successivo, l’asse della Terra non è mai diretto esattamente verso gli stessi punti della sfera celeste. Secondo la teoria copernicana, il prolungamento ideale dell’asse della Terra traccia, nel corso di un anno, due piccoli circoli sulla sfera delle stelle: uno attorno al polo nord celeste ed uno attorno al polo sud. Per un osservatore sulla Terra, il centro dei circoli quotidiani delle stelle percorrerebbe in apparenza esso stesso ogni anno un piccolo circolo attorno al polo celeste. Questo moto apparente è noto come MOTO PARALLATTICO. Poiché due linee tracciate da due punti diametralmente opposti dell’orbita terrestre ad una stella non risultano esattamente parallele, la posizione angolare apparente della stella, osservata dalla Terra, dovrebbe risultare diversa nelle diverse stagioni. Ma se la distanza dalla Terra alla stella è molto maggiore della distanza fra due punti diametralmente opposti dell’orbita terrestre, allora l’angolo di parallasse p risulterà molto piccolo e la variazione della posizione apparente della stella non sarà apprezzabile. Perché le stelle si trovano ad una distanza enorme in rapporto alle dimensioni dell’orbita della Terra. Parallasse di una stella. Poiché la linea fra un osservatore terrestre ed una stella fissa non rimane esattamente parallela a se stessa mentre la Terra si muove lungo la sua orbita, la posizione apparente della stella sulla sfera stellare dovrebbe cambiare di un angolo p nell’arco dei sei mesi. La seconda caratteristica posta in evidenza dalle considerazioni che si possono fare dalla figura del moto terrestre annuale attorno alla sua orbita copernicana non concerne i cieli, ma Copernico. Noi abbiamo descritto il moto orbitale illustrato nel disegno come un moto singolo da cui il centro della Terra vien fatto ruotare in cerchio attorno al Sole, mentre il suo asse si conserva sempre parallelo ad una retta fissa passante per il Sole. Copernico descrive lo stesso moto fisico come costituito da due moti matematici contemporanei. Ecco perché egli attribuisce alla Terra un totale di tre moti circolari. Downloaded by Matilde Boschele ([email protected]) lOMoARcPSD|11615143 Le ragioni addotte in tale descrizione offrono un’altra significativa illustrazione della misura in cui il suo pensiero era vincolato ai modelli tradizionali del pensiero aristotelico. Per lui la Terra è un pianeta che vien fatto ruotare attorno al Sole centrale da una sfera del tutto simile a quella che faceva ruotare il Sole attorno alla Terra centrale. Se la Terra fosse stabilmente fissata in una sfera,