Paradigmi, astronomia moderna e Bacone PDF
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Questo documento descrive il concetto di rivoluzione scientifica e la sua importanza nella storia dell'astronomia. Analizza le teorie di importanti scienziati, come Copernico e Bacone, e i loro contributi al progresso scientifico.
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# Che cos'è una rivoluzione ## Il significato del termine “rivoluzione” Nel corso dell'età moderna il termine “rivoluzione” ha subito un complesso e interessante mutamento semantico. Inizialmente venne utilizzato soprattutto in ambito astronomico, per indicare i moti circolari propri degli astri....
# Che cos'è una rivoluzione ## Il significato del termine “rivoluzione” Nel corso dell'età moderna il termine “rivoluzione” ha subito un complesso e interessante mutamento semantico. Inizialmente venne utilizzato soprattutto in ambito astronomico, per indicare i moti circolari propri degli astri. Più precisamente, si indica con “rivoluzione” il moto di un pianeta intorno a una stella, mentre si parla di “rotazione” per designare il moto di un pianeta sul proprio asse: la Terra, ad esempio, compie una rivoluzione rispetto al Sole e una rotazione su sé stessa. Soltanto più tardi il termine “rivoluzione” cominciò ad essere utilizzato con riferimento alle vicende umane: la parola, con cui si era originariamente indicato il grandioso mutamento che si determina nelle posizioni dei corpi celesti negli immensi spazi cosmici, si trasferì allora dall'ambito astronomico a quello politico, sociale ed economico. Non ogni cambiamento che avvenga nel corso della storia umana può essere definito come una rivoluzione. Per essere considerato tale, deve possedere alcune caratteristiche fondamentali: innanzitutto, non deve riguardare unicamente alcuni aspetti di una società o di un sistema istituzionale, bensì metterne in discussione i fondamenti e il modo stesso di concepire la convivenza tra gli esseri umani; in secondo luogo, deve verificarsi in un lasso di tempo relativamente breve. Il termine “rivoluzione” si diffuse nel suo significato politico soprattutto dopo gli eventi appunto “rivoluzionari” francesi di fine Settecento, ma successivamente si estese anche ad altri ambiti, sempre per indicare processi di trasformazione sufficientemente rapidi e profondi. Si è così potuto parlare ad esempio di “rivoluzione industriale” per riferirsi ai cambiamenti verificatisi nei sistemi di produzione europei a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo. Con il concetto di “rivoluzione scientifica” il termine “rivoluzione”, utilizzato originariamente soprattutto in astronomia e trasferito successivamente sul terreno socio-politico, torna ad essere applicato al mondo della scienza. ## La rivoluzione scientifica e il concetto di “paradigma” Nel XVIII e nel XIX secolo aveva prevalso l'idea che la scienza si evolvesse gradualmente, soprattutto attraverso il lento accumularsi di conoscenze e le loro continue correzioni sulla base di sempre nuove esperienze. Tale interpretazione escludeva che nella storia della scienza potessero verificarsi fratture e discontinuità. Al contrario, il concetto di rivoluzione scientifica presuppone che in quella storia si alternino periodi effettivamente caratterizzati dal semplice accumulo e da piccoli aggiustamenti delle conoscenze ad altri in cui le concezioni tradizionali vengono messe radicalmente in discussione. In tale teoria un ruolo centrale è svolto dall'idea di “paradigma” (dal greco _parádeigma_, “modello”) elaborato dal filosofo della scienza Thomas Kuhn (1922-1996) verso la metà del Novecento. Un paradigma scientifico è un insieme di teorie e postulati fondamentali che costituiscono la struttura concettuale sulla base della quale vengono interpretate le nuove conoscenze via via acquisite. La vita di un paradigma è in genere piuttosto lunga: esso sopravvive fino a quando quelle conoscenze riescono a trovarvi una collocazione. A un certo momento, tuttavia, può accadere che nel corso della ricerca scientifica si accumulino dati sempre meno compatibili con il vecchio paradigma, fino a metterlo in crisi. Si apre così una fase di transizione, nella quale quel modello concettuale, che beneficia ancora del prestigio della tradizione e del favore di gran parte della comunità scientifica, deve confrontarsi con l'emergere di un nuovo paradigma. Al termine della fase di transizione, quest'ultimo, se sarà in grado di rendere conto più efficacemente dei nuovi dati di esperienza, finirà per imporsi. Una volta consolidatosi, costituirà a sua volta per molto tempo la struttura di fondo dell'insieme del sapere scientifico, fino a quando non si aprirà un nuovo periodo critico. Il concetto di rivoluzione scientifica fu elaborato in riferimento a quella che si verificò nei primi secoli dell'età moderna ponendo le fondamenta della cosiddetta fisica classica, la quale costituì da allora il nuovo e duraturo paradigma dominante. Anche quest'ultimo sarebbe tuttavia stato radicalmente messo in crisi all'inizio del XX secolo nel corso di una fase rivoluzionaria della storia della scienza, che avrebbe visto l'affermarsi della teoria della relatività e della meccanica quantistica. ## Il sistema ticonico Diversamente da Copernico, che costruì il proprio sistema come una nuova interpretazione di dati già sostanzialmente noti da secoli, l'astronomo danese Tycho Brahe (1546-1601) è ricordato come il più grande osservatore dei fenomeni celesti a occhio nudo, prima cioè dell'invenzione del telescopio da parte di Galileo Galilei all'inizio del XVII secolo (p. 171). All'epoca in cui visse, egli fu tuttavia famoso soprattutto per aver elaborato un modello astronomico intermedio tra quello di Tolomeo e quello di Copernico. Come nel primo, anche nel sistema “ticonico” (così chiamato dal nome del suo ideatore) la Terra era immobile al centro del mondo, e intorno a essa si muovevano la Luna e il Sole; attorno a quest'ultimo, tuttavia, proprio come pensava Copernico, ruotavano i pianeti. La teoria di Brahe godette per qualche decennio di un certo successo, in quanto sembrava unire i vantaggi degli altri due sistemi. Da un lato, infatti, consentiva di calcolare le posizioni degli astri con la stessa precisione e relativa semplicità di quello copernicano; dall'altro, non era in contrasto con l'apparente immobilità della Terra, su cui convergevano, oltre a un diffuso e radicato senso comune, la fisica aristotelica e l'interpretazione letterale delle sacre scritture. ## Keplero: le leggi dei moti planetari Il calcolo dell'orbita della cometa aveva consentito a Brahe di mettere in discussione il postulato tradizionalmente ammesso sulla circolarità dei moti celesti. Sarebbe però stato un suo allievo, l'astronomo tedesco Johannes Kepler, italianizzato in Giovanni Keplero (1571-1630), a generalizzare quella prima scoperta, dimostrando che le orbite di tutti i pianeti intorno al Sole sono di forma ellittica. Seguiamo il percorso attraverso il quale pervenne a tale conclusione. ## L'armonia matematica dell'universo Keplero, che diversamente dal suo maestro aveva aderito alla teoria eliocentrica copernicana, condivideva con molti scienziati e filosofi della sua epoca la concezione di ascendenza platonica e pitagorica secondo la quale la struttura dell'universo sarebbe stata caratterizzata da ordine e perfezione matematici, riflesso dell'ordine e della perfezione dell'opera creatrice di Dio. Ne _Il mistero del cosmo_ ( _Mysterium cosmographicum_, 1596), la sua prima opera significativa, egli cercò pertanto di provare l'esistenza di tale armonia, rintracciandola nell'ipotetica relazione sussistente tra l'orbita dei pianeti, ancora da lui concepiti come sfere concentriche, e i cinque solidi regolari (tetraedro, cubo, ottaedro, dodecaedro e icosaedro, caratterizzati dal fatto di avere tutte le facce uguali). In particolare, Keplero immaginò di inscrivere e circoscrivere alternativamente le sfere entro cui orbitavano i pianeti ai cinque solidi, che venivano pensati come inseriti uno dentro l'altro; il loro ordine andava dalla sfera di Saturno - la più esterna, circoscritta al cubo - alle sfere di Giove, della Terra, di Venere e di Mercurio, rispettivamente circoscritte al tetraedro, al dodecaedro, all'icosaedro e all'ottaedro. In tal modo le reciproche posizioni dei pianeti - le cui orbite avevano dimensioni corrispondenti alle sfere - risultavano determinate da precisi rapporti matematici. L'astronomo abbandonò tuttavia l'ipotesi delineata nel _Mysterium_ in seguito agli studi compiuti sull'orbita di Marte, i cui esiti si rivelarono inconciliabili con la teoria della corrispondenza tra le orbite e i solidi. E in effetti tale teoria, nel tentativo di individuare e dimostrare l'armonia geometrica leggibile nella struttura dell'universo, forzava la realtà entro i parametri di un modello tanto perfetto quanto astratto. ## Le leggi di Keplero Negli anni successivi, il grande astronomo tedesco realizzò in modo diverso l'obiettivo che già si era posto, senza però conseguire l'esito sperato, nel _Mysterium_: provare l'esistenza di un'armonia cosmica, colta nei rapporti matematici che regolano il sistema planetario. In particolare, giunse a fornire la descrizione dei moti dei pianeti ancora oggi sostanzialmente accettata, sintetizzandola in quelle che conosciamo come le tre leggi di Keplero. Le prime due furono formulate nella _Nuova astronomia_ ( _Astronomia nova_, 1609), la terza ne _Le armonie del mondo_ ( _Harmonices mundi_, 1619); esse affermavano rispettivamente che: 1. l'orbita descritta da ogni pianeta è un'ellisse, di cui il Sole occupa uno dei due fuochi; il perielio è il punto di minima distanza del pianeta dal Sole; l'afelio quello di massima distanza; 2. il segmento che unisce il Sole con un determinato pianeta (chiamato "raggio vettore") descrive aree uguali in tempi uguali, 3. i quadrati dei periodi di rivoluzione dei pianeti sono proporzionali al cubo delle loro distanze medie dal Sole. Con la prima legge veniva definitivamente messo in crisi il postulato secondo cui i movimenti dei pianeti dovevano essere riconducibili a moti circolari: le orbite dei pianeti non sono più cerchi dotati di un unico centro, ma ellissi definite da due fuochi. Con la seconda, veniva anche negata la costanza della velocità di quei moti: conseguenza di tale legge era infatti che i pianeti accelerano quando si avvicinano al Sole (ossia quando il raggio vettore è minore) e decelerano quando se ne allontanano (ossia quando il raggio vettore è maggiore). # Bacone e il sapere come potere ## Una nuova concezione della scienza La rivoluzione scientifica si configurò innanzitutto come una rivoluzione astronomica, che aprì la strada, più in generale, all'affermarsi di una nuova immagine del mondo fisico (cap. 5). Tuttavia, essa comportò anche una profonda trasformazione nella concezione della scienza, dei suoi scopi e del suo metodo. Per comprendere il senso e la portata di tale trasformazione, è opportuno richiamare i caratteri della ricerca scientifica durante l'antichità e il Medioevo. In primo luogo, anche se essa non aveva trascurato il ricorso all'esperienza, cioè all'osservazione dei fenomeni naturali, non si era in genere servita di veri e propri esperimenti, ovvero di osservazioni effettuate in condizioni controllate e appositamente preordinate dal ricercatore. In secondo luogo, era rimasta perlopiù estranea a qualsiasi rapporto con la tecnica: da un lato, infatti, alla scienza era riconosciuto uno scopo prevalentemente contemplativo, con scarsa considerazione delle possibili applicazioni pratiche delle sue scoperte; dall'altro, nelle sue indagini non ricorreva in genere a strumenti, ad esempio per misurare i fenomeni o renderne più efficace l'osservazione. Infine, la scienza antica e medievale non utilizzava la matematica per lo studio del mondo fisico, fatta eccezione per l'astronomia, che peraltro era considerata più una branca della geometria che una descrizione reale dei corpi celesti e dei loro movimenti. ## La vita, gli scritti e l'obiettivo del pensiero di Bacone Francis Bacon, italianizzato in Francesco Bacone, nasce a Londra nel 1561. Il padre aveva ricoperto importanti incarichi politici durante i regni di Edoardo VI e Maria Tudor e, al momento della nascita di Bacone, è Lord Guardasigilli (cioè ministro della Giustizia) della regina Elisabetta I. Nel 1573 Bacone inizia a studiare filosofia nel Trinity College di Cambridge, ma se ne allontana nel 1576 in polemica con l'indirizzo troppo astratto dell'aristotelismo che vi viene insegnato. Trascorre quindi i tre anni successivi in Francia, al seguito dell'ambasciatore inglese, e nel 1579 intraprende gli studi di diritto, che porta a termine nel 1582. Intanto, nel 1581 era stato eletto in Parlamento: inizia così una brillante carriera politica, che ha un'accelerazione dopo la morte della regina Elisabetta nel 1603 e l'ascesa al trono di Giacomo I Stuart. Nel 1613 diventa Avvocato Generale della Corona, nel 1617 Lord Guardasigilli e nel 1618 Lord Cancelliere, cioè capo del governo. Infine, nel 1621 riceve i titoli nobiliari di barone di Verulamio e visconte di Sant'Albano_. Proprio in quell'anno, tuttavia, viene accusato di corruzione: Bacone riconosce le proprie colpe ed evita il carcere soltanto per l'intercessione del sovrano a suo favore. Dopo quell'episodio e fino alla morte, che lo coglie nel 1626, si ritira a vita privata, dedicandosi interamente agli studi, cui già si è applicato precedentemente nel tempo lasciato libero dagli impegni istituzionali. ## Il fine del sapere Per comprendere il pensiero di Bacone, è necessario tenere conto del fatto che egli fu in primo luogo un uomo politico: per alcuni anni, anzi, abbiamo visto che ricoprì la carica di capo del governo inglese sotto il regno di Giacomo I Stuart, prima di essere travolto dall'accusa di corruzione. In effetti, malgrado le ombre che offuscarono la sua carriera istituzionale, tutta la sua vita e la sua opera furono caratterizzate da un atteggiamento in senso lato politico, inteso come impegno costante a favore del benessere e del progresso dell'umanità. Tale atteggiamento segna fortemente la concezione baconiana della scienza e dei suoi scopi. Il filosofo inglese, infatti, abbandona decisamente la convinzione, di origine aristotelica e dominante durante l'antichità e il Medioevo, secondo la quale la conoscenza doveva essere contemplativa e il valore del sapere risiedeva nel sapere stesso, indipendentemente dalle sue possibili applicazioni pratiche e produttive. Per Bacone, l'obiettivo della ricerca scientifica consiste al contrario nell'accrescere e consolidare il dominio sulla natura, concesso da Dio all'uomo al momento della creazione e compromesso con il peccato originale: secondo un famoso motto baconiano, «Sapere è potere». ## L'utopia tecnocratica della _Nuova Atlantide_ Bacone fu molto sensibile anche alla questione dei rapporti tra potere politico e ricerca scientifica: nel sottolineare l'importanza delle applicazioni pratiche della scienza, riteneva che lo Stato dovesse farsi carico di favorirne lo sviluppo. Egli consegnò le sue idee in proposito alla _Nuova Atlantide_, un racconto utopico pubblicato nel 1627, nel quale descrive uno Stato immaginario collocato in un'isola remota, i cui abitanti vivono in pace godendo dei prodotti di una tecnica avanzata. Esplicito è il richiamo a Platone, sia nel titolo, che ricorda il mitico continente scomparso descritto dal pensatore greco nel _Timeo_ e nel _Crizia_, sia nel contenuto, che delinea uno Stato ideale governato dai sapienti, analogo da questo punto di vista a quello descritto nella _Repubblica_ platonica. Tuttavia, i governanti cui Bacone affida quello Stato non sono più filosofi conoscitori della giustizia e del bene, ma scienziati nonché promotori delle indagini scientifiche. Quella immaginata da Bacone è dunque una vera e propria utopia tecnocratica. In effetti, nel suo Stato ideale lo sviluppo scientifico non è lasciato all'iniziativa dei singoli, bensì demandato alla _Casa di Salomone_, la più importante istituzione pubblica, il cui compito è proprio quello di promuovere la scienza e favorire scoperte utili all'uomo. Essa organizza e finanzia veri e propri istituti di ricerca, e gruppi di studiosi sono specificamente incaricati di raccogliere dati, viaggiare per apprendere tutte le scoperte già realizzate in ogni parte del mondo, effettuare esperimenti e trovarne le applicazioni pratiche: grazie a questo complesso lavoro, vengono così prodotti tessuti artificiali, nuove specie vegetali, macchine volanti ecc. ## Il rapporto con la tradizione magico-alchemica La prospettiva di Bacone, incline a esaltare il ruolo della conoscenza in vista delle sue applicazioni pratiche, può risultare vicina a quella dei maghi e degli alchimisti del tardo Medioevo e della prima età moderna. Obiettivo dell'alchimia era la trasformazione degli elementi gli uni negli altri, in particolare di quelli più vili e comuni in quelli rari e preziosi: emblematico era ad esempio il tentativo di produrre oro a partire dal piombo. Quanto alla magia, anch'essa aveva l'ambizione di dominare e trasformare la natura, ricorrendo all'uso di riti e formule particolari. Con l'alchimia e la magia Bacone ha in comune anche il ricorso a un linguaggio fortemente suggestivo. Tuttavia, proprio il diverso significato assunto da tale linguaggio segna la differenza sostanziale tra l'atteggiamento del filosofo inglese e quello di maghi e alchimisti. In questi ultimi, infatti, l'uso di espressioni dal tono ambiguo e misterioso corrispondeva alla convinzione che la ricerca non dovesse avere un carattere pubblico, ma piuttosto essere l'espressione di una sapienza iniziatica, riservata a pochi eletti e trasmessa individualmente e segretamente da maestro a discepolo. In Bacone quelle espressioni sembrano invece rispondere semplicemente a uno stile letterario diffuso all'epoca: il filosofo era convinto che per conseguire i propri obiettivi la ricerca scientifica dovesse fondarsi sulla più ampia collaborazione possibile tra gli studiosi e quindi sul carattere pubblico di quelle ricerche. Alla base di tale esigenza stava in primo luogo la considerazione che il lavoro degli scienziati presupponesse la raccolta di un'enorme quantità di dati empirici, nonché il ricorso a un'altrettanto ampia serie di esperimenti, che nessun singolo uomo avrebbe potuto realizzare da solo. ## L'esigenza del metodo e la sua _pars destruens_ ### Il progetto enciclopedico Il modello baconiano di organizzazione della ricerca scientifica trova la sua migliore e più chiara esplicitazione nel metodo da lui proposto per guidare il percorso di tale ricerca. L'esigenza stessa di definire un preciso metodo di indagine risponde alla convinzione che la conoscenza non deriva, se non raramente e accidentalmente, dall'intuizione geniale di un singolo individuo, ma piuttosto da un lavoro ordinato e sottoposto a regole precise, che possono essere condivise da tutti gli studiosi e sulla base delle quali essi possono proficuamente collaborare. Le riflessioni metodologiche del filosofo inglese sono consegnate principalmente al _Nuovo Organo_ (1620). Tale testo, più che un lavoro autonomo , costituisce in realtà la seconda parte -peraltro essa stessa incompleta -della _Grande Instaurazione_, l'enorme opera enciclopedica in sei parti che avrebbe dovuto iniziare con un'ampia descrizione delle conoscenze già conseguite e con una raccolta più ampia possibile di dati empirici su cui sviluppare l'indagine scientifica, per proseguire con una riflessione metodologica (il _Nuovo Organo_, appunto). In essa avrebbero dovuto confluire anche gli ultimi risultati dell'attività scientifica, in modo da fornire indicazioni di ricerca su cui concentrare in futuro l'impegno degli scienziati. Si trattava di un progetto editoriale di proporzioni immani che, come abbiamo visto, Bacone non portò a termine nel suo complesso. Il _Nuovo Organo_ è la sola sezione dell'opera effettivamene pubblicata, a dimostrazione della grande rilevanza attribuita dal filosofo alla questione del metodo. ### La polemica contro gli antichi e il sapere tradizionale Il titolo dell'opera cui Bacone affida la descrizione del metodo della ricerca scientifica è di per sé significativo. _Organo_ (in greco _Órganon_, cioè “strumento”) è infatti il nome con cui si designava tradizionalmente l'insieme delle opere logiche di Aristotele: il _Nuovo Organo_, quindi, si presenta come una nuova logica, dichiaratamente alternativa rispetto a quella antica, accusata dal pensatore di essere utile soltanto per prevalere nelle dispute verbali, ma del tutto inadatta alla scoperta di nuove conoscenze. Più in generale, l'intera opera baconiana è percorsa da una costante polemica nei confronti di Aristotele e di tutta la filosofia e la scienza antiche, nell'ambito delle quali l'unica concezione di cui si riconosce il valore è l'atomismo democriteo. Bacone capovolge il consolidato luogo comune secondo il quale le conoscenze degli antichi dovrebbero essere particolarmente degne di rispetto, così come si riconosce la saggezza di una persona anziana in base alla sua più lunga esperienza. Egli ritiene invece che proprio gli antichi rappresentino l'infanzia dell'umanità e che pertanto le loro teorie risultino inevitabilmente ingenue e imprecise; al contrario, l'umanità matura è quella moderna, che ha avuto a disposizione molto più tempo per condurre le proprie ricerche e accrescere le proprie conoscenze. La presunta autorità degli antichi non merita dunque alcuna particolare considerazione, perché in ultima istanza la verità è figlia del tempo: _veritas filia temporis_, o meglio, come suona il titolo di un'altra opera baconiana, è _Il parto maschio del tempo_ ( _Temporis partus masculus_). L'acquisizione del sapere, in altre parole, per Bacone avviene grazie all'accumulo nel tempo delle conoscenze, e comporta una totale libertà nei confronti della tradizione consolidata, che deve anzi essere messa in discussione a partire dalle sempre rinnovate indagini ed esperienze. ### La dottrina degli idoli Il primo passo per la costruzione di un'autentica conoscenza consiste nel prendere le distanze dalle autorità dottrinali e dall'acritica venerazione del passato, ma al tempo stesso nel liberarsi dai pregiudizi errati. Tali pregiudizi non si esauriscono infatti nel peso di una tradizione filosofico-scientifica passivamente accettata, ma hanno anche altre origini. Tutta la prima fase del metodo baconiano si configura quindi come una _pars destruens_ (parte distruttiva), nella convinzione che non sia possibile costruire una scienza valida se prima non si siano smantellate tutte le convinzioni errate che potrebbero intralciare quella costruzione. Nel _Nuovo Organo_ la _pars destruens_ si concretizza nella _dottrina degli idóla_. Tale termine va inteso innanzitutto nel significato originario e generico di “immagine”, nel senso che gli _idòla_ sono rappresentazioni perlopiù illusorie, che non corrispondono o corrispondono soltanto parzialmente alla realtà. La parola, tuttavia, suggerisce anche che essi sono quasi false divinità venerate dagli uomini e da cui questi ultimi si lasciano facilmente ingannare; si tratta, insomma, di pericolosi pregiudizi dell'intelletto di cui bisogna liberarsi o di cui quantomeno dobbiamo renderci conto per non lasciarcene dominare. Alcuni sono innati, altri invece vengono acquisiti nel corso dell'esistenza. Bacone individua quattro gruppi di idoli: _idòla tribus_ (“della tribù”), _specus_ (“della caverna”), _fori_ (“della piazza” o “del mercato”) e _theatri_ (“del teatro”). 1. La “tribù”, nel suggestivo linguaggio baconiano, altro non è che l'umanità nel suo complesso: gli _idòla tribus_ saranno quindi i pregiudizi radicati nella natura umana in generale, ad esempio la tendenza a vedere nella realtà più ordine e regolarità di quanto non sia effettivamente testimoniato dall'esperienza. 2. La caverna cui si fa riferimento nell'espressione _idòla specus_ è invece una metafora di chiara ascendenza platonica, poiché allude al mito della caverna presentato nella _Repubblica_ dal filosofo greco. Anche Bacone ritiene che nell'intelletto umano vi sia, metaforicamente parlando, una sorta di _spelonca_ sul fondo della quale vengono riflesse, come in uno specchio deformante, le immagini fornite dall'esperienza sensibile, che per lui deve invece essere recuperata nella sua autentica testimonianza. A differenza degli idoli della tribù, quelli della caverna rappresentano i pregiudizi individuali, propri di ogni singolo essere umano: ad esempio, certi uomini sono portati a riconoscere soprattutto le somiglianze tra i fenomeni, mentre altri tendono a coglierne prevalentemente le differenze. In alcuni casi, i pregiudizi “della caverna” sono innati; in altri dipendono invece dall'educazione ricevuta da ogni individuo e dalle esperienze che ha avuto. 3. Gli _idòla fori_ sono poi i pregiudizi che derivano dall'uso del linguaggio: la piazza e il mercato sono infatti tipicamente i luoghi in cui le persone parlano tra loro. Bacone si rende conto che il linguaggio non è un semplice strumento di comunicazione: esso influenza largamente il nostro modo di pensare. In effetti, le parole sono etichette con cui designiamo oggetti o gruppi di oggetti; e il modo in cui attribuiamo tali etichette definisce di fatto i concetti attraverso i quali interpretiamo il mondo. 4. Gli _idòla theatri_, infine, sono i pregiudizi derivanti dall'adesione acritica a dottrine filosofiche, paragonate a scenari di teatro, mondi costruiti artificialmente che ben poco hanno a che fare con quello reale. Come sappiamo, Bacone intendeva segnare una rottura netta non soltanto nei confronti dell'aristotelismo, ma anche di quasi tutto il pensiero antico e medievale: in particolare, si dimostra ostile nei confronti della tradizione platonica e pitagorica, accusate di confondere arbitrariamente concezioni filosofiche e religiose.. Per il filosofo inglese i pregiudizi non sono del tutto eliminabili, soprattutto quelli innati; tuttavia, il fatto stesso di rendersene conto consente di neutralizzarne o quantomeno limitarne gli influssi negativi. ## L'induzione: la _pars construens_ del metodo ### La raccolta dei dati e l'induzione vera Una volta affrontati gli _idòla_, può prendere avvio la _pars construens_, cioè la parte costruttiva del percorso di ricerca scientifica. Il punto di partenza di tale nuova fase è la raccolta dei dati di esperienza, che Bacone definisce _historia naturalis_ (“storia naturale”): essa indica l'attività di selezione e di descrizione dei fenomeni - quelli generati spontaneamente dalla natura, ma anche quelli prodotti dalle attività umane che la modificano e la trasformano - preliminare all'elaborazione di una vera e propria conoscenza scientifica. La raccolta dei dati è alla base dell'applicazione del _metodo induttivo_, l'unico procedimento razionale che per Bacone risulti efficace. L'induzione è il processo logico che inferisce verità di carattere generale a partire dall'osservazione di casi individuali forniti dall'esperienza sensibile. Esso si contrappone esplicitamente a quello aristotelico, tipicamente deduttivo, che per mezzo di sillogismi derivava affermazioni applicabili a casi particolari a partire da verità generali. In realtà Bacone è consapevole del fatto che anche Aristotele aveva riconosciuto l'importanza dell'induzione, la quale interveniva, muovendo da proposizioni particolari, nella definizione delle proposizioni universali a fondamento del ragionamento deduttivo_. Tuttavia, il filosofo inglese distingue nettamente il proprio metodo induttivo, che egli definisce _induzione vera_, da quello aristotelico. Secondo Bacone Aristotele si limitava a prendere in considerazione alcuni esempi particolari raccolti a caso, pretendendo di derivarne immediatamente verità generalissime: ad esempio, dalla constatazione che alcuni animali sono mortali, si poteva inferire induttivamente che tutti gli animali lo sono; e successivamente, per via deduttiva, giungere ad affermare che, poiché tutti gli uomini sono animali, essi sono necessariamente mortali. Il filosofo inglese nutre invece forti perplessità nei confronti di un procedimento induttivo casuale e basato su un numero limitato di casi. L' _induzione vera_ si deve fondare per lui su una raccolta di dati non soltanto sufficientemente ampia, ma anche rispondente a regole precise. Essa, in particolare, deve procedere in maniera graduale, passando ordinatamente dalle singole osservazioni ai cosiddetti _assiomi medi_ - affermazioni caratterizzate da un livello di generalizzazione intermedio tra i casi individuali e le proposizioni universali - e soltanto da ultimo e con molta cautela alle affermazioni di carattere universale. Tale atteggiamento risponde sia alla convinzione che generalizzazioni troppo affrettate rischiano di portare a conclusioni errate, sia soprattutto allo scopo della ricerca scientifica, che secondo Bacone è essenzialmente pratico. Il filosofo è infatti poco interessato alle affermazioni di carattere eccessivamente generale, in quanto risultano troppo astratte e quindi incapaci di fare presa sulla realtà e di dare indicazioni utili per poterla trasformare. Gli _assiomi medi_, invece, saranno in grado di fornire concrete regole operative. ### Formiche, ragni e api La prima caratteristica del metodo baconiano è, come abbiamo visto, la _gradualità_: secondo il filosofo inglese, «All'intelletto degli uomini non si devono aggiungere ali , ma piuttosto piombo e pesi , così da impedirgli di saltare e di volare» ( _Nuovo Organo_, I, 104) , ossia di procedere imprudentemente verso conclusioni scarsamente fondate. Obiettivo della polemica baconiana sono in questo caso non soltanto l'affrettata induzione aristotelica, ma anche le pretese di maghi e alchimisti che millantavano eccezionali capacità di penetrazione dei misteri della natura. Bacone diffida delle intuizioni avventate dovute a presunti intelletti superiori e ritiene invece che il progresso della scienza si debba fondare su un lavoro tanto metodico quanto faticoso. Tuttavia, per evitare che tale impresa rischi di diventare enorme e quindi di fatto irrealizzabile, perché i casi da prendere in considerazione nell'indagine sono potenzialmente infiniti, occorre che la raccolta dei dati non si riduca a una mera accumulazione di informazioni, bensì che quelle informazioni siano organizzate ed elaborate dall'intelletto. Bacone paragona gli scienziati a tre specie di insetti: 1. da un lato vi sono le formiche, che accumulano il cibo senza sottoporlo ad alcuna elaborazione: esse rappresentano gli scienziati “empirici”, che si limitano alla raccolta di dati; 2. all'estremo opposto abbiamo i _ragni_, che producono da sé il filo con cui tessere la propria tela: sono questi i filosofi che, come Aristotele e soprattutto come i _peripatetici_ contemporanei di Bacone, considerati “dogmatici”, costruiscono immagini del mondo traendole esclusivamente dal proprio intelletto, senza alcun confronto con la testimonianza dell'esperienza. La metafora della ragnatela suggerisce anche che tale genere di studiosi crea vere e proprie trappole in cui rimangono irretiti i loro seguaci; 3. vi sono infine le api, il cui comportamento evita gli opposti eccessi delle formiche e dei _ragni_. Esse raccolgono il polline passando di fiore in fiore, e poi lo trasformano in miele. È questo per Bacone l'atteggiamento degli autentici scienziati_, che applicano il proprio intelletto all'elaborazione dei dati empirici per trarne vera conoscenza. ### L'organizzazione dei dati nelle tavole Il modello di conoscenza promosso da Bacone comporta una collaborazione tra sensi e intelletto, tra l'esperienza - condotta secondo precisi criteri - e la razionalità: [La] vera filosofia non conta soltanto o soprattutto sulle forze della mente, né ripone intatta nella memoria la materia fornita dalla storia naturale e dagli esperimenti meccanici, che viene invece trasformata e dissodata dall'intelletto. Si deve dunque ben sperare dall'unione, non ancora realizzata, più stretta e inviolabile fra queste due facoltà, cioè quella sperimentale e quella razionale_. ( _Nuovo Organo_ , 1, 95) Per il filosofo la stessa raccolta dei dati empirici implica già una forma di elaborazione, in quanto gli elementi tratti dall'esperienza devono essere inquadrati secondo precisi protocolli, che Bacone chiama tavole. Egli ne propone tre tipi: tavole di presenza, tavole di assenza in prossimità e tavole dei gradi. 1. Nelle tavole di presenza vengono raccolti i casi in cui il fenomeno indagato si presenta. Ad esempio, se la ricerca mira a individuare la natura del calore, nella relativa tavola di presenza andranno riportati oggetti e fenomeni, anche molto diversi tra loro, in cui il calore si manifesta, quali il Sole, il fuoco, la pelliccia degli animali, ma anche la calce viva e il ghiaccio, che producono una sensazione di bruciore. 2. Le tavole di assenza, invece, raccolgono i casi apparentemente simili a quelli precedenti, in cui tuttavia il fenomeno (in questo caso sempre il calore) non comprare: esempio tipico è quello della Luna, per molti aspetti simile al Sole, ma del tutto incapace di riscaldare. Questo tipo di tavole esemplifica l'intenzione baconiana di evitare di disperdere la ricerca nell'impresa impraticabile di una raccolta pressoché sterminata di dati: in esse non vengono registrati tutti gli esempi di assenza di calore, bensì solamente quelli “in prossimità”, cioè affini ai casi in cui esso invece si presenta. Si evita così un lavoro tanto impossibile quanto inutile, concentrando l'attenzione soltanto sulle situazioni effettivamente significative. Per rimanere agli esempi citati, mentre le tavole di presenza suggeriscono ipotesi su quale potrebbe essere la natura del calore, quelle di assenza permettono di escluderne immediatamente alcune, restringendo così il ventaglio delle spiegazioni verosimili: se il caso del Sole parrebbe indicare un rapporto stretto fra calore e luce, tale rapporto viene smentito dalla constatazione che la Luna, pur luminosa, non risulta calda. 3. Esistono infine le tavole dei gradi, in cui vanno riportati i casi in cui il fenomeno indagato cresce o decresce di intensità con il crescere o il decrescere di un altro fenomeno: ad esempio, con l'aumentare del moto e dell'esercizio fisico il corpo degli animali si accalora sempre più; e il Sole riscalda maggiormente man mano che si innalza sull'orizzonte. Ovviamente, mentre è verosimile che tra due fenomeni che aumentano e diminuiscono di grado contemporaneamente vi sia una qualche relazione di causalità, tale relazione va esclusa qualora uno dei due aumenti al diminuire dell'altro. ## La verifica delle ipotesi: le istanze prerogative La verifica della _prima ipotesi_ potrà essere effettuata per mezzo di appositi esperimenti, che Bacone chiama “istanze prerogative”. Nella prima fase della ricerca scientifica, l'intelletto si era limitato a dare ordine alla raccolta dei dati empirici attraverso il loro inserimento metodico nelle tre tavole: al termine di tale lavoro, le ipotesi interpretative emergevano quasi spontaneamente. Ora, invece, la mente umana è chiamata a por