Summary

Questo documento descrive i concetti di comportamento economico e sentimenti morali secondo Amartya Sen. Sen traccia due tradizioni nello studio dell'economia: un approccio etico che considera le dimensioni politiche, culturali e sociali oltre a quelle economiche, e un approccio ingegneristico che fa un ampio utilizzo dello strumento matematico. Il documento critica inoltre i criteri di razionalità in economia, come la coerenza interna delle preferenze e la massimizzazione dell'interesse personale.

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29/09 - DAL DEGAN Il testo di Amartya K. Sen si chiama “Comportamento economico e sentimenti morali” ed è un testo introduttivo sulla storia delle idee economiche, ma in modo particolare la considerazione delle sfere altre, rispetto alla razionalità, ris...

29/09 - DAL DEGAN Il testo di Amartya K. Sen si chiama “Comportamento economico e sentimenti morali” ed è un testo introduttivo sulla storia delle idee economiche, ma in modo particolare la considerazione delle sfere altre, rispetto alla razionalità, rispetto a quando l’economista vuole a rontare il discorso dei comportamenti economici, scelte e decisioni. Sen si è occupato di teoria della scelta, quindi scrive questo saggio introduttivo in cui racconta cosa secondo lui è accaduto nella storia del pensiero economico, quali tradizioni di pensiero ci sono stati, quali tipologie di approccio dei fenomeni economici possiamo individuare nel corso della storia e, come dicevamo la scorsa volta, Sen individua due tradizioni: - Etica: qui Sen sottolinea come ci fosse l’interesse a mantenere lo sguardo, anche nel momento analitico, sulle altre dimensioni del vivere. Cosa vuol dire nel momento analitico? Anche nel momento in cui lo scienziato/l’economista vuole analizzare il fenomeno economico per riconoscerne le connessioni causali che lo determinano (quindi cosa lo causa, quali e etti questo fenomeno produce all’interno della società). Quindi anche nel momento analitico, la tradizione più etica dell’economia mantiene uno sguardo aperto sulle altre dimensioni del vivere della società: la considerazione del contesto politico, culturale, religioso, sociale, oltre che a quello puramente economico. L’apporto positivo che Sen riconosce a questo tipo di tradizione è il fatto che qui si mantiene la complessità, quindi l’analisi che comporta sempre un momento di astrazione (sempli cazione); quando voglio analizzare le scelte di un consumatore in un determinato mercato identi co dapprima le variabili che secondo me sono rilevanti per spiegare quel tipo di comportamento all’interno di quel mercato. Identi cando le variabili che ritengo rilevanti signi ca che focalizzo lo sguardo su quelle e tengo ferme tutte le altre che potrebbero interferire ma che non ritengo siano così rilevanti per spiegare quel tipo di comportamento. Nella scienza c’è sempre un processo di astrazione e sempli cazione. Sen dice che nella tradizione etica dello studio dell’economia questa sempli cazione non è mai portata all’estremo, si mantiene sempre in legame con le considerazioni che non sono puramente economiche, quindi si mantiene sempre attivo lo sguardo sul contesto politico/organizzazione sociale/altre in uenze che possono variare le direzioni causali che facciamo valere per spiegare un determinato fenomeno economico. Quindi questo è l’apporto positivo di questo tipo di tradizione. - Ingegneristica: anche la traduzione ingegneristica (che invece fa più ampio uso dello strumento matematico, quindi della modernizzazione, per studiare i fenomeni economici), nonostante richieda questa sempli cazione che Sen in qualche modo giudica eccessiva, cioè non possiamo ritagliare totalmente lo studio dei fenomeni economici facendo coincidere la spiegazione di quei fenomeni economici esclusivamente con ciò che possiamo spiegare attraverso modelli matematici, dobbiamo mantenere una complessità maggiore per rendere in il contenuto realistico delle nostre spiegazioni. La tradizione ingegneristica, dice Sen, ha apportato notevoli contributi alla comprensione del funzionamento economico delle società che si sono succedute nel tempo perché la modernizzazione dello strumento matematico ci ha consentito di capire e di rendere visibili delle relazioni causali che nello sguardo, un po’ a tutto tondo, di economisti alla Smith si perde. In questo saggio Sen parla di cosa si intende comunemente nell’ambito della scienza economica per razionalità, per agente economico razionale e quali sono i presupposti che normalmente utilizziamo per riconoscere un comportamento come razionale e ci o re anche qualche critica che si possono fare a questo tipo di discorso sulla razionalità. Perché ci fa vedere le criticità delle de nizioni di razionalità che normalmente utilizziamo quando costruiamo modelli nell’ambito delle tradizione neoclassica, che è quella che ancora utilizziamo? Ci mostra le criticità per farci notare che forse c’è qualcosa che manca. fi ff fi fi ff fi fl fi fi fi fi ff - Razionalità per coerenza interna fra le sue preferenze: quando consideriamo razionale un soggetto economico perché c’è una coerenza interna fra le sue preferenze. Cosa vuol dire coerenza interna fra le preferenze? Possiamo considerare razionale un soggetto che sceglie sempre fra due cose e scegliendo fra due cose si riesce a individuare quella che risponde meglio alle sue preferenze, cioè l’agente razionale è un agente che si trova sempre a scegliere fra due possibilità ed è razionale perché scegliendo massimizza le sue preferenze/desiderio/interessi. Sen dice che questo è un criterio un po’ debole perché potremmo considerare come razionale anche chi, pur essendo coerente rispettando questo criterio di coerenza fra le preferenze, in realtà dovremmo considerare razionale anche il soggetto economico che pur avendo preferenze coerenti in realtà sta scegliendo cose che lo portano in direzione opposta rispetto alle nalità che vorrebbe ottenere. Questo perché il criterio di razionalità interna è legato questo tipo di scelta binaria. Esempio. Io potrei avere come obiettivo quello di arrivare a Trento e continuare a scegliere fra due direzioni: Genova e Pisa, scelgo Pisa perché fra le due preferisco Pisa, poi fra Pisa e Roma scelgo Roma perché preferisco Roma, ma in realtà mi sto allontanando dalla mia nalità che è quella di arrivare a Trento. Eppure sto scegliendo sulla base di preferenze ordinate in modo coerente perché ogni volta fra le due scelgo quello che preferisco. Quindi Sen dice che il concetto di coerenza interna è un criterio troppo debole per dirci cosa signi ca essere agenti razionali quando si compiono scelte economiche. - Razionalità per massimizzazione del self-interest (auto interesse): questo è l’altro criterio che viene utilizzato normalmente per individuare l’agente razionale, quello che in modo caricaturale è stato de nito l’uomo economico. Sono razionale quando agisco o scelgo (sul mercato, nelle decisioni per i miei investimenti, nella mia impresa/luogo di lavoro) per massimizzare il mio interesse personale. Qui la critica fa riferimento al fatto di prendere rigidamente la valutazione dell’interesse personale come unità di misura della razionalità del soggetto. La critica che mette in evidenza Sen è questa: perché dovrebbe essere più ragionevole chi agisce (nell’ambito di un’azienda, sul mercato, quando deve decidere come orientare i propri investimenti) massimizzando solo quello che ritiene essere il proprio interesse senza la considerazione di quello degli altri, rispetto invece a chi in questa valutazione ritiene che il proprio interesse sia integrare nei propri obiettivi anche quelli delle persone con cui, per esempio, vuole collaborare? Quindi in questo senso individua delle criticità, delle debolezze, nell’accogliere in modo assolutistico questi due criteri per spiegare cos’è la razionalità. Sen dice che siccome ci sono queste debolezze e criticità questi criteri devono essere arricchiti, si deve tenere conto di altre cose come le relazioni interpersonali, quindi (se parliamo di relazioni interpersonali) anche di quei sentimenti economici che viviamo soprattutto quando ci relazioniamo con gli altri e possono essere positivi o negativi (gelosia, invidia, altruismo, benevolenza, prudenza, egoismo). Ne vedremo diversi analizzando le ri essioni di diversi economisti. COS’È L’ECONOMIA Una cosa che sembra subito evidente, occupandoci di storia delle idee economiche, è che nel tempo le visioni/idee sul funzionamento economico cambiano profondamente e anche radicalmente per certi versi. Per cui occuparsi di storia delle idee economiche è un po’ come occuparsi di qualcosa che cambia nel tempo, ma non cambia solo il modo in cui l’economia viene raccontata, cambiano anche i sistemi economici, cambiano i modi in cui le società che si osservano si organizzano e quindi cambiano i modi di descriverli. Non è che gli economisti cambiano idea su come descrivere cos’è il consumo o una curva di domanda perché hanno le idee confuse, ma perché (come accade sempre nelle scienze sociali) l’oggetto che si guarda e si pone al centro della nostra analisi cambia. Cioè i fi fl fi fi fi contesti ai quali guardiamo per dire che cos’è l’economia, le dinamiche causali che usiamo per descrivere il funzionamento economico, mettono in gioco variabili diverse a seconda dell’organizzazione sociale/politica a seconda dell’epoca storica in cui l’analisi si colloca e quindi lo sguardo dell’economista si applica. Esempio 1. Cos’è ricchezza per la scienza economica? Se notiamo i titoli dei testi principali degli economisti del ‘700-‘800 (come “La ricchezza delle nazioni”), la ricchezza è l’oggetto dell’indagine economica e l’economista vuole capire quali sono le cause che all’interno di una Nazione generano ricchezza e crescita economica. Ma su cosa è ricchezza ci sono opinioni diverse e discordanti. - Mercantilisti: In una prima tradizione fra quelle preclassiche i mercantilisti (uomini di a ari e commercianti che si vogliono occupare di economia, soprattutto per capire come condurre al meglio i propri a ari, siamo fra il ‘500-‘600) dicono che ricchezza è la quantità di metalli preziosi (oro ed argento) che una Nazione possiede. Quindi la ricchezza per i mercantilisti è la quantità di oro e di argento della quale può disporre un sovrano, è quello che de niscono il tesoro del sovrano, sovrano che può usare per difendere il proprio Stato, per organizzare l’esercito, per fare guerre che gli permettano di estendere il proprio potere anche ad altre nazioni e di conquistare altri mercati. - Fisiocratici: Poco dopo con il contributo dei siocratici (siamo in Francia, nel ‘700) dice che la ricchezza è la produzione di sovrappiù che il lavoro applicato all’agricoltura/alla terra genera. Non sono i metalli preziosi, non è l’oro e l’argento, non è il fatto che il mio Paese abbia una bilancia commerciale sempre in attivo e quindi esportando beni accresca la quantità di denaro nelle casse del sovrano, ma è la ricchezza eccedente che si genera dal lavoro produttivo. Poi speci cano che per lavoro produttivo si deve intendere il lavoro dell’uomo applicato all’agricoltura e alla terra, perché in realtà non è il lavoro in generale che è capace di generare un sovrappiù ma è il lavoro dell’uomo che si associa al fattore naturale (la terra) che ci permette di generare una ricchezza eccedente. - Smith: con Smith che cos’è ricchezza cambia ancora perché dice che i siocratici avevano visto per primi che è il lavoro la causa che genera e produce ricchezza all’interno di una nazione e quindi non è come dicevano i mercantilisti, ma i siocratici si sbagliavano nel ritenere che fosse solo il lavoro applicato alla terra capace di generare un sovrappiù. In realtà con il termine “lavoro produttivo” si deve intendere anche il lavoro dell’industria, il commercio, tutto quel lavoro che viene organizzato all’interno di una società in modo e ciente (quindi sulla base del sistema che cominciava a studiare, che è la divisione del lavoro) e che risponde ai bisogni dei cittadini. Quindi non solo il lavoro agricolo ma anche il lavoro di fabbrica, perché anche l’artigiano produce un tavolo e il tavolo può essere venduto per rispondere a un bisogno della società. È solo per mostrare un esempio macroscopico di come, a seconda del contesto di ciò che si guarda e si ritiene essere oggetto della scienza economica o della conoscenza dell’economia, cambiano le considerazioni su temi così cruciali. Esempio 2. Che cos’è il valore? Un altro concetto su cui non c’è un’opinione unanime è quello di VALORE. Lo stesso valore è un concetto fondamentale, sebbene (come tutti i macroconcetti) è vago e richiede spiegazioni successive per poterlo descrivere; però su cos’è valore le tradizioni economiche nel corso del tempo hanno avuto opinioni diverse. Ci sono stati: - Momenti di sintesi: le opinioni diverse si sono raccolte, si è cercato di integrarle in una visione che potesse combinarle - Momenti di rottura: all’interno dei quali ci si è schierati da un lato o dall’altro. Innanzitutto, se volessimo de nire la parola “valore” e usassimo dei dizionari/manuali contemporanei troveremmo una serie di de nizioni: Valore come misura del bene cio che possiamo trarre dal consumo di un bene o servizio; Valore come calcolo della ricchezza futura che un’attività o un bene potranno produrre; Valore come prezzo che un consumatore accetta di pagare per un bene o servizio. ff fi ffi ff fi fi fi fi fi fi fi - I CLASSICI I classici partono in realtà da un presupposto un po’ diverso: il valore dei beni e poi il loro prezzo è determinato dai costi che dobbiamo sostenere per produrli. Esempio. Un paio di scarpe costa €50 perché produrre un paio di scarpe richiede di acquistare cuoio, gomma, per un ammontare di tot., richiede di remunerare il capitalista che ha fatto l’investimento per avviare la produzione di scarpe, richiede di remunerare il proprietario della terra che ha ceduto in a tto il terreno dove abbiamo costruito la fabbrica di scarpe e quindi il prezzo del paio di scarpe deve remunerare, reintegrare questi costi che sono stati sostenuti per produrle. Il prezzo che si paga sul mercato e che rappresenta il valore del paio di scarpe è maggiormente connesso con i costi che si sono pagati per produrle. Il valore delle cose del nostro mondo, dei beni sui mercati è un valore quasi materialmente determinato poiché si basa su costi materiali che sono stati sostenuti per produrre questi beni che abitano il nostro mondo. - LA SCUOLA MARGINALISTA. È una scuola che si a erma alla ne dell’800 riprende il discorso di Bentham sull’utilità e sui piaceri e dice che in realtà i classici si sono sbagliati perché la prima determinante del valore dei beni è l’utilità che possiamo trarre dal loro consumo, è quella valutazione soggettiva che ognuno di noi dà e che manifesta sul mercato attraverso la domanda dei beni che determina il valore e quindi anche il prezzo dei beni. Se gli utilitaristi, come Bentham, del ‘700 ritenevano che questo tipo di valutazione e di processo che ci porta ad attribuire un valore a un bene si basasse sulla possibilità di misurare la quantità di piacere che un bene o un altro ci procurano, i marginalisti dell’800 dicono che non è così semplice valutare soggettivamente quanto piacere possiamo trarre dal consumo di un bene, quello che possiamo fare è percepirne l’utilità marginale. Cioè possiamo percepire le variazioni di utilità che il consumo dell’ultima unità di un bene genera in noi e sulla base di queste piccole variazioni scegliere se consumare un’ulteriore quantità di quel determinato bene o se decidere di consumarne un’altra. Però anche qui emerge che, anche sul tema del valore, le prospettive possono essere diverse e a seconda del contesto che guardiamo o sulla base del fatto che attribuiamo maggior rilevanza causale a determinate variabili piuttosto che ad altre, cambia la descrizione del funzionamento economico, cambiano i modelli, cambiano le teorie. Addirittura il passaggio dalla prospettiva classica a quella marginalista, nella storia del pensiero economico, viene considerato come passaggio radicale/cruciale che implica un cambiamento di paradigma. LE DIVERSITÀ DEI SAPERI DELL’ECONOMIA: PASSATO E PRESENTE Queste diversità fra scuole, fra le tradizioni economiche che si sono succedute nel tempo, sono state lette in modo diverso dagli stessi economisti; a queste diversità sono state date spiegazioni diverse dagli stessi economisti. - Approccio assolutista C’è chi ha adottato un approccio più assolutista, che si può sintetizzare nel seguente modo: la verità è nel presente, cioè ciò che la scienza economica dice oggi è più vero di quello che diceva la scienza economica di Smith. Nell’evoluzione della scienza economica possiamo vedere una progressione e riconoscere che i risultati che la scienza economica ha raggiunto oggi in termini di descrittività/capacità di spiegare/prevedere fenomeni economici è maggiore rispetto a quella che si può riconoscere per esempio alle spiegazioni economiche di Ricardo, Marx o Walras. Quindi che senso ha tornare indietro a studiare Smith, Ricardo o Marx se in realtà la scienza economica attuale spiega meglio cos’è e come funziona l’economia ed è un’azione che può ff fi ffi corrispondere a un gusto personale (come studiare il latino perché ci piace) oppure per conoscere diverse teorie del passato che possono permetterci di acquisire una sensibilità maggiore nell’ osservare e descrivere i fenomeni economici attraverso il linguaggio della scienza economica attuale. Accanto all’approccio assolutista c’è quello relativista. - Approccio relativista Ci sono stati altri economisti che hanno detto che la verità è nel presente e nel passato. In che senso? Cioè ci possono essere delle relazioni che non stiamo tenendo sotto il nostro sguardo attualmente ma in realtà erano state messe in evidenza in altre teorie economiche e che non è detto che non possano valere all’interno del funzionamento economico che stiamo osservando oggi, solamente che abbiamo spostato lo sguardo verso altre variabili/relazioni e abbiamo costruito modelli diversi. LA DIVERSITÀ DEI SAPERI DELL’ECONOMIA: ORTODOSSIA E ETERODOSSIA - Ortodossia: quando parliamo di scienze economica lo facciamo in modo assoluto, come se la scienza economica fosse univoca e sulla quale ci fosse il raccordo condiviso all’interno della comunità scienti ca, in realtà c’è chi sostiene che determinate decisioni siano più e caci e chi invece è contrario. All’interno di una comunità scienti ca si può sempre individuare sempre un gruppo di studiosi dominante, nel senso che aderisce e costituisce il punto di riferimento del paradigma che normalmente viene utilizzato per spiegare il funzionamento economico e per decidere quali politiche economiche sono le più fedeli e aderenti a questo tipo di spiegazione. - Eterodossia: poi ci sono scuole eterodosse che, all’interno della comunità scienti ca, si trovano a svolgere il compito di criticare l’ortodossia, quindi sono economisti eterodossi, cioè che fondano le proprie letture/spiegazioni del funzionamento economico su schemi interpretativi diversi rispetto a quelli mainstream (più comuni, intercettati). C’è una di erenza anche fra le cose di cui si occupano gli economisti ortodossi ed eterodossi. - Economisti ortodossi: gli economisti mainstream in una comunità scienti ca si occupano più che altro di problemi di allocazione delle risorse, di stabilità e crescita; - Economisti eterodossi: si occupano di cambiamento, di sviluppo sociale, economico, politico e ruolo delle istituzioni. Questo è anche un po’ ovvio perché chi è un economista eterodosso, quindi parte da presupposti che criticano le posizioni mainstream, vuole studiare quali sono le soluzioni/determinanti che possono consentire un cambiamento all’interno di una società e del sapere scienti co che la legge, quindi quali possono essere i ruoli giocati da diversi attori che possono generare questo cambiamento, come le istituzioni. DIFFERENZA TRA ECONOMIA POSITIVA, ECONOMIA NORMATIVA E L’ARTE DELL’ECONOMIA Economia positiva: come funziona l’economia. Economia normativa: che cosa dovrebbe essere l’economia. Arte dell’economica: se tali sono gli scopi e queste le modalità attraverso le quali le attività economiche operano, come possiamo realizzare gli obiettivi in modo e cace. ffi ff fi fi ffi fi fi fi All’interno di un sapere scienti co si elaborano teorie, ossia si costruiscono dei modelli di spiegazione del funzionamento di un insieme di fenomeni e, in questo caso per noi, nel funzionamento del sistema economico. L’economia è una scienza sociale, quindi poi non possiamo convalidare attraverso dei test di laboratorio se le nostre teorie sono vere o false, se le asserzioni che facciamo sui comportamenti del consumatore sono veri o false. Quindi la scienza economica, come le scienze sociali, deve disporre di altri sistemi di validazione dei fenomeni, cosa vuol dire? In qualche modo devo capire in che modo posso veri care o falsi care le mie teorie: Esempio. Non è che posso dire che il valore del bene è determinato dal costo di produzione ed è vero perché io osservo questo, perché i marginalisti hanno detto un’altra cosa e hanno osservato un’altra direzione causale. Allora come faccio a veri care l’una o l’altra teoria? Com’è possibile che esistano due teorie vere se sono contrastanti? Nelle scienze sociali i sistemi di validazione, in realtà, non sono sistemi di veri cazione basati sul principio di non contraddizione. N.B. Il principio di contraddizione è un principio logico per cui se “A” è vero allora “non A” è falso. Questo vuol dire che “A” e “non A” non possono essere contemporaneamente veri. Esempio. La sedia è blu -> vero; la sedia non è blu -> falso. Non posso contemporaneamente ammettere la verità di un’asserzione e del suo contrario. Se io dico che il costo di produzione determina il valore di un bene è vero (come nella traduzione classica), ma non posso dire che non è il costo di produzione a determinare il valore (non lo posso accettare come vero). Questo se io come scienziato sociale, economista, dovessi fare riferimento a una logica basata sul principio di non contraddizione per cui queste due cose insieme non possono essere vere entrambe. In realtà nella scienza economica, come nelle scienze sociali, è possibile che siano vere entrambe perché la logica al quale faccio riferimento è diversa rispetto a quella classica basata sul principio di non contraddizione. Esempio. Marshall alla ne dell’800 dice che avevano ragione entrambi: sia i classici che i marginalisti nell’attribuire sia ai costi di produzione che all’utilità il ruolo di determinante nel valore dei beni. Tant’è che la sua posizione viene de nita come sintesi marshalliana poiché tiene insieme queste due prospettive. Ma come le tiene insieme? Lui dice che è limitante porci da una parte e dire che è solo il costo di produzione a determinare il valore di un bene o solo utilità a determinarlo; è come dire che, considerando una forbice che taglia un foglio, è solo la lama superiore o inferiore a determinare il taglio del foglio. In realtà che sia più vero, che sia più il costo di produzione a determinare il valore o che sia più la domanda a determinare il valore dipende dal periodo temporale di riferimento. Se guardiamo al brevissimo periodo troviamo che l’o erta è data. Esempio. Marshall fa questo esempio: ci sono stati giorni di pioggia quindi la pesca è stata di coltosa, in un giorno arriva una certa quantità di pesce e quella non si può né aumentare né diminuire e dipenderà dalla domanda di pesce di quel giorno a determinare il punto di incontro fra o erta e domanda e quindi a determinare il prezzo di scambio del pesce. Questo perché dall’o erta non si può fare niente: quello è il pesce che è stato pescato e che i pescatori hanno portato sul peschereccio quel giorno. Questo nel brevissimo periodo, prendo un giorno come riferimento temporale. Nel breve periodo, Marshall dice che in realtà posso modi care/incrementare la produzione della fabbrica se mi accorgo che c’è una domanda crescente per un determinato tipo di beni, non posso modi care la struttura della fabbrica (posso chiedere ai miei lavoratori di lavorare un po’ di più e quindi produrre un po’ di più) e quindi il prezzo è ffi ff fi fi fi ff fi fi ff fi fi fi fi determinato sia dalla domanda che dall’o erta: sia dai costi di produzione che dalla domanda. Nel breve periodo, utilizzando intensamente lo stesso apparato produttivo, avrò costi crescenti. Nel lungo periodo posso cambiare le quantità o erte abbattendo anche i costi di produzione perché posso cambiare le dimensioni del mio apparato produttivo, quindi il prezzo sarà determinato più in particolare dal costo di produzione. Quindi abbiamo un sistema di validazione della teoria, in questo caso, che non è basato solo sull’uso di un principio logico (se è vera quest’asse razione non può essere versa l’altra), possono essere vere entrambe perché nel mondo umano e sociale dobbiamo tenere conto di fattori contestuali, cioè di quello che cambia il movimento delle variabili che stiamo osservando: la dimensione temporale, la dimensione dell’organizzazione sociale, la dimensione politica. C’è poi la di erenza fra il ragionamento induttivo, deduttivo e abduttivo sempre relativo al ragionamento dello scienziato economico che può utilizzare sia: - l’induzione per arrivare a una conclusione (osservando cosa accade nella realtà posso indurre/generare delle conclusioni); che - la deduzione (è il contrario dell’induzione), parto da un’asserzione e ne deduco le conseguenze. - l’abduzione: normalmente si utilizzano entrambe le tipologie di ragionamento. 4/10 - DAL DEGAN Un altro esempio che dimostra come in economia partendo dalle stesse teorie talvolta a si giunge a conclusioni opposte è quello in riferimento alla teoria malthusiana della popolazione. Esempio. Nei primi anni dell’800 in Inghilterra, c’è stato un dibattito sull’opportunità di adottare politiche economiche più protezionistiche o più aperte al libero commercio dei cereali. C’erano due posizioni dominanti: -chi favorevole al libero commercio e quindi non volevano l’imposizione di tasse di importazione sui cereali e - chi invece riteneva che il commercio interno dei cereali andasse protetto per poter mantenere rendite elevate all’interno del paese. TEORIA DELLA POPOLAZIONE MALTHUSIANA Questa dice che la crescita demogra ca della popolazione ha una velocità molto più elevata rispetto alla possibilità di aumentare la produzione di prodotti agricoli, cioè potremmo dire che se la popolazione cresce secondo una proporzione geometrica (2,4,8,16), l’agricoltura può produrre alimenti per sfamare questa popolazione con una velocità molto minore con proporzione aritmetica (2,3,4,5,6), cosicché per ragioni naturali vi è questa crescita sproporzionata tra popolazione e agricoltura quindi per natura ci sarà sempre una divergenza tra il livello della popolazione e la possibilità che l’agricoltura da di sfamare la popolazione. Quindi ci sarà sempre una pressione sul funzionamento economico, che dovrebbe distribuire le risorse in modo tale che ciascuno possa soddisfare i propri bisogni e questa sproporzioni è dovuta alla naturalità del mondo umano che purtroppo ci sottopone all’esistenza di queste dinamiche (ci riproduciamo più velocemente di quel che la terra stessa riesce a produrre) e quindi avremo una sproporzione esercitata da questa sproporzione sui valori economici e sulle risorse che dobbiamo distribuire. Entrambi, Malthus e Ricardo, concordano su questa teoria che tra l’altro spiega anche perché i salari dei lavoratori sono costantemente schiacciati sui livelli di sussistenza. Entrambi elaborano contemporaneamente la TEORIA DELLA RENDITA o TEORIA DEI ff fi ff ff RENDIMENTI DECRESCENTI IN AGRICOLTURA—> Secondo la quale per la pressione che la crescita demogra ca COSTANTE esercita sulla società, al suo interno c’è la costante necessità di mettere a coltura un numero sempre maggiore di terreni (dato che la popolazione cresce); il problema è che il “bene terra” è disponibile in quantità limitata e soprattutto da prima useremo le terre più fertili e che quindi avranno una buona produttività e poi via via saremo costretti a coltivare, proprio per sfamare la crescente popolazione, anche terre meno fertili con rendimenti ovviamente inferiori. DIVERGENZE INTERPRETATIVE DEI DUE ECONOMISTI —>Per MALTHUS, il fatto che le rendite all’interno di un sistema economico restassero elevate all’interno della nazione era un fattore positivo, perché queste rendite erano percepite dalla classe dei proprietari terrieri e quindi loro avrebbero avuto un incentivo a mettere a coltura le loro terre (perché avrebbero potuto ricavare rendite elevate cedendo queste terre per l’agricoltura) e allo stesso tempo la classe dei proprietari terrieri, percependo il proprio reddito sulla rendita, questa classe percepiva l’unico reddito che in realtà era sganciato dalle dinamiche di scambio ed era una classe che per abitudini e per costume morale, amava il lusso e quindi avrebbe speso interamente questo reddito per acquistare beni i lusso sul mercato. Questo aspetto per Malthus era positivo perché partendo da questi due presupposti teorici descritti (popolazione e sui rendimenti decrescenti dell’agricoltura ) osservava che la domanda e ettiva di beni sul mercato poteva anche essere sistematicamente insu ciente per acquistare i beni prodotti e posti sul mercato, ma un’insu cienza di domanda e ettiva avrebbe provocato la crisi del sistema economico; il problema era che a questa insu cienza non potevano far fronte i lavoratori che percepivano i salari di sussistenza e nemmeno gli imprenditori che per i rendimenti decrescenti e perché il tasso dei pro tti doveva essere uniforme in un sistema economico, vedevano il livello dei propri pro tti diminuire. Quindi l’unico reddito che avrebbe potuto risollevare la situazione critica, andando a nutrire la domanda e ettiva di beni di lusso era quello dei proprietari terrieri. Per cui Malthus è a favore di una politica protezionista rispetto ai cereali; voleva fossero posti dazi all’importazione di cereali e che fossero accettate le Corn Laws, così da mantenere elevato all’interno dell’Inghilterra il prezzo dei cereali così’ da consentire ai proprietari terrieri rendite elevate e avrebbe assicurato l’incentivo, rispetto ai proprietari terrieri di dare a coltura le proprie terre ed in caso di insu cienza di domanda e ettiva, anche l’incentivo a spendere per acquistare beni di lusso da parte di questa classe. —> RICARDO invece aveva una posizione opposta, pur partendo dalle stesse posizioni teoriche. Egli ritiene che il reddito fondamentale per assicurare la crescita economica all’interno di una nazione, sia quello dei pro tti e degli imprenditori e che quindi sia questo il reddito da difendere pur all’interno delle tendenze naturali dovute alla crescita della popolazione e ai rendimenti decrescenti in agricoltura, pur nell’ambito di tendenze naturali che portano i pro tti ad essere erosi dalla crescita delle vendite. L’obiettivo diventa quello di rallentare al massimo questa tendenza, proteggendo questo reddito secondo lui fondamentale in quanto è quello posto alla base degli investimenti produttivi. Quindi in termini di politica economica assume la posizione opposta, ovvero non protezionismo ma libero mercato; questo perché ciò avrebbe mantenuto basso il prezzo dei cereali in Inghilterra; Il grano era l’alimento fondamentale del paniere di beni necessario al lavoratore per sopravvivere e quindi un basso prezzo del grano avrebbe permesso di mantenere basso il livello dai salari anticipati dagli imprenditori ai lavoratori e (quindi avrebbe consentito di contenere questo aspetto di spesa a favore del livello dei pro tti percepiti dai lavoratori così da assicurare le condizioni della massima crescita possibile pur restando all’interno dell’ipotesi teoriche di partenza) ff ff fi fi fi fi ffi fi ffi ffi ffi ff ff fi PERIODO PRECLASSICO E CLASSICO Il periodo preclassico va dall’800 a. C. -1776 (data di pubblicazione della “ricchezza delle Nazioni). Data di partenza è l’800 perché è in questo periodo che si sono rinvenuti i primi testi che hanno trattato in qualche modo argomenti economici. In particolare analizzeremo testi di loso -intellettuali del IV- V secolo a.C (periodo della Grecia classica). Questo periodo diventa interessante in merito all’economia, perché la società greca è sottoposta a dei cambiamenti che ne minano le certezze e l’ordine; Passaggio di governo—> a livello politico si passa dalla monarchia e dal governo di una ristretta cerchia di arconti (oligarchia) alla prima esperienza di governo democratico (con Solone) e ciò crea movimento anche a livello sociale, perché prima chi nasceva nobile era comunemente riconosciuto e accettato per quello status e chi nasceva schiavo era considerato così per natura e per necessità e con le prime esperienze democratiche si introduce una nuova mobilità sociale, seppure limitata. Infatti lo schiavo comincia a potersi mantenere col propri lavoro e soprattutto dal punto di vista economica, l’esperienza delle polis greche si apre all’esperienza del commercio con altre città e questa apertura provoca un terremoto nell’universo di valori di riferimento della comunità della polis greca, perché comincia a circolare la moneta che quindi può essere accumulata, circola la questione di come i guadagna possono essere trattati all’interno della comunità etc… Di questi aspetti se ne occupano questi loso che si interessano anche di economia. DIFFERENZE TRA PRECLASSICI E CLASSICI - Problema scarsità I preclassici prevalentemente si rifanno a delle norme per poter dire come devono essere distribuite le risorse, oppure a costumi che potevano essere comunemente accettai all’interno di una comunità oppure si riferisco al potere del sovrano per capire come distribuire le risorse tra i sudditi le risorse scarse I classici discutono questo problema analizzando il funzionamento dei mercati e cercando di individuare quali siano le modalità più e cienti per assicurare una distribuzione equa delle risorse tra i diversi partecipanti all’attività economica. - Obiettivo del sapere sull’economia cambia perché cambia l’obiettivo che deve essere realizzato dalle attività economiche. Nel periodo preclassico interessa più assicurare e garantire la sussistenza. Nel periodo classico oltre all’assicurare la sussistenza di ciascuno si cerca di assicurare un certo livello di star bene e quindi che la ricchezza che ciascuno percepisce sotto forma di reddito si tramuti non solo nella possibilità d risponder a bisogni fondamentali, ma anche nella possibilità di assicurarsi un certo grado di benessere. - Il sapere economico Nel periodo preclassico, nasce all’interno della loso a e si muove all’interno di quest’ambito. Diventa una disciplina indipendente con il contributo dei classici - Oggetto di studio Un altro aspetto distintivo dei preclassici è che non si occupano del funzionamento dell’economia nel suo complesso perché non lo percepiscono come un sistema economico fi fi fi ffi fi fi fi che quindi possa interagire con diverse dimensioni della vita all’interno di una comunità e si occupano quindi di settori speci ci, come per esempio il prestito e l’interesse, il prezzo giusto o sbagliato (oppure mercantilisti che si occupano di commerciare con paesi lontani, in questo caso l’interesse diventa quello di studiare questioni legate al commercio internazionale). Con i classici il sistema economico viene analizzato più nel suo complesso quindi con delle dinamiche e relazioni che lo legano con le altre sfere della vita civile (sociale, politica …) 06/10 - DAL DEGAN IL PENSIERO GRECO ARISTOTELE Con Aristotele, il discorso sul funzionamento economico cambia, egli è più interessato a spiegare come funziona e non ad invocare che l’economia DEBBA funzionare in un certo modo, quindi analizza sotto una lente più scienti ca rispetto agli altri autori e cerca di spiegare sulla base de funzionamento positivo del meccanismo economico, come la società alla quale si rivolge (quindi la sua polis) possa meglio realizzare le proprie nalità, in particolare pone come nalità ultima la felicità/ eudemonia. Egli è ripreso anche da autori ed economisti più attuali in quanto questo collegamento tra felicità/benessere ed economia è rivisitato in chiave moderna. Uno dei primi autori che ha lasciato traccia dei suoi studi sul funzionamento economico è Aristotele, anche se con il termine di economia nell’antica Grecia si fa riferimento ad un ambito ben speci co della vita umana e sociale ed a una serie di attività precise e limitate, rispetto a quelle a quali si fa riferimento oggi quando diciamo economia. Altri hanno trattato prima di lui argomenti economici. Per esempio Esiodo ha scritto scritto delle favole in cui si parla del tema della scarsità. Questo problema che è di tipo economico lo racconta utilizzando il mito di Pandora. Quando Pandora aprì la scatola dove uscirono tutti i mali del mondo, uscì anche la scarsità che rende di cile la vita di ogni giorno. Esiodo scrive successivamente le opere ed i giorni ed in questo scritto si occupa di agricoltura e comincia a fare una prima ri essione su quale potrebbe essere il modo e ciente di amministrare una proprietà agricola. Senofonte dedica un dialogo che prende il nome di “L’economico”. È un dialogo tra temi economici ed etici dove descrive la buona amministrazione della casa. Aristotele sopratutto nella “ La politica” cerca di descrivere come funziona Oikonomia. OIKONOMIA Il termine economia deriva dal termine greco okinomia il quale si compone di due parole: Oiko, ovvero casa che è lo spazio domestico, lo spazio sico in cui vive la famiglia greca che si compone del capo famiglia che è l’unico cittadino con diritti politici all’interno di questo spazio, la moglie, i gli, gli animali e gli schiavi. Nemein, ovvero amministrare e si fa riferimento all’insieme delle regole e delle pratiche che vengono accolte ed elaborate all’interno dello spazio domestico per gestire bene questa particolare tipologia di azienda domestica. Il capo famiglia spesso coincide con la gura dell’economo, cioè con la gura che è il manager dell’azienda domestica. Altre volte invece si appoggia e fa svolgere questo compito ad una persona di sua ducia che svolge la funzione dell’economo nello spazio di attività economica. ffi fi fi fi fi fi fi fl fi fi ffi fi fi Una prima di erenza rispetto a ciò che oggi intendiamo con il termine economia è che l’okinomia nel mondo greco occupava all’interno della polis uno spazio diverso rispetto a quello che occupano le attività economiche per noi. Qual’è la principale di erenza? La prima macro di erenza è che Oikonomia trova il suo spazio in un ambito quasi del tutto privato tranne qualche scambio sul mercato e alle ere, mentre a partire dai classici si è iniziato a chiamare la scienza economica economia politica. Questo perché si è iniziato a cogliere una dimensione più pubblica di questo tipo di attività e più aperta che si articola intorno agli interessi di numerose persone. Nella loso a greca si ha quest’idea che le micro realtà esistono, vivono e si plasmano sulla base del rapporto di funzionalità che riescono a stabilire con la comunità allargata e politica. Sebbene Oikonomia sia quell’insieme di attività che si svolgono all’interno della casa vedremo che c’è un legame tra questo spazio e queste attività gestite a livello privato e domestico e le attività riguardanti lo spazio pubblico e comune. Il rapporto si stabilisce grazie al ruolo che viene svolto dall‘economo capo famiglia. La famiglia doveva provvedere attraverso le attività economiche che prendevano forma all’interno della casa alla sussistenza dei diversi membri della famiglia e ad assicurare la sussistenza delle generazioni future. L’idea era quindi che il capo famiglia dovesse gestire l’azienda domestica in modo tale da produrre e conservare le risorse in modo da assicurare la vita anche per le generazioni future. Lo spazio pubblico si compone dell’assemblea, un tribunale ed il consiglio a cui partecipavano i cittadini liberi, cioè i vari capofamiglia delle diverse famiglie. Tra questi due spazi c’è un legame che viene a costituirsi grazie al ruolo svolto dal capo famiglia. All’interno della famiglia si riconoscono una serie di relazioni che sono di tipo gerarchico. C’è il pater familias che gestisce ed amministra la casa per il bene dei diversi membri che la compongono. Il gestire per il bene di, è un gestire organizzato attraverso una struttura gerarchica. La moglie che collabora con lui anche se sottomessa al capo famiglia e poi i gli e gli schiavi che sono di proprietà del capo famiglia Gli schiavi sono considerati strumenti dell’azienda domestica e la loro esistenza è funzionale al buon funzionamento dell’oikos stesso. All’interno dell’oikos, quindi di questo spazio privato ci si deve occupare della sussistenza della famiglia. Questo signi ca che le diverse attività che si realizzano all’interno dell’oikos sono nalizzate ad assicurare la sussistenza ad ogni membro della famiglia. Assicurare la sussistenza signi ca rispondete ai bisogni che naturalmente sono limitati dei diversi membri della famiglia. Oikonomia quindi è l’insieme delle attività economiche che sono realizzate per rispondere ai bisogni limitati dei diversi membri dell’ oikos Limitati da cosa e perché l’economia non risponde ad ogni tipologia di desiderio? Per chiarire questo punto bisogna fare riferimento alla visione loso ca ed etica dei greci che ritenevano che ciò che è naturale è limitato perché ciò che è naturale ha un proprio ne ed una propria nalità. Tutto ciò che esiste naturalmente ha per natura la propria nalità, il proprio compito ed il dovere di ciascuno di questi elementi è quello di realizzare la nalità che ha in se stesso, il ne potenziale che ha in se. Quindi per l’uomo e le persone che hanno ruoli diversi all’intento della polis per natura devono realizzare la propria nalità. Ma avere una nalità e concepire l’ agire come funzionale alla realizzazione di questa nalità signi ca comunque limitare questo agire, dare un contorno perciò per i greci i desideri e i bisogni che devono essere soddisfatti sono quelli percepiti in modo naturale dai diversi membri della famiglia e questo elemento di naturalità rimanda all’idea che questi desideri e bisogni debbano avere in se il proprio limite. fi fi fi fi ff fi fi ff ff fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi Quindi non sono i desideri illimitati di ricchezza, non sono i desideri smodati di beni di lusso ai quali devono rispondere gli economi delle diverse famiglie, ma sono i bisogni limitati ad assicurare a ciascuno la propria sussistenza. Il bisogno economico è proprio concepito come un bisogno che è dettato da questa esigenza di avere assicurata la sussistenza. Esiste un’altra forma di attività economica che però è arti ciale e condannata da Aristotele e dai greci che è la CREMATISTICA. La crematistica è l’attività economica che si da come propria nalità l’attività di per se. Quindi è un'attività economica che produce ricchezza, non ha il proprio ne fuori di se, ma il ne è produrre ricchezza per riprodurre ricchezza. Ciò che ha in se il proprio ne non è naturale, dobbiamo avere una nalità esterna da realizzare per poter evolvere come sostanze ed esseri naturali. L’AUTOSUFFICIENZA Un altro punto che sottolinea Aristotele è il concetto di autosu cienza. Le attività economiche dell’oikos sono nalizzate al raggiungimento dell’autosu cienza delle diverse comunità domestiche. Che cosa intende per autosu cienza? Non si intende autosu cienza in relazione ad un individuo nella sua singolarità, cioè a colui che conduce una vita solitaria, ma in relazione anche ai genitori, ai gli e la moglie, ma in generale agli amici e ai cittadini, dal momento che l’uomo è per natura è un essere che vive in comunità. L’autosu cienza non è il non dipendere da nessuno, ma è una condizione di indipendenza che si raggiunge anche attraverso le relazioni con gli altri, che si raggiunge perché si è parte di una comunità. L’auto su cienza è questa condizione che raggiungiamo essendo parte di una comunità e che ci permette di avere una vita degna di essere vissuta. Quindi per autosu cienza e sussistenza Aristotele non intende quello che siamo abituati a concepire attraverso gli schemi degli economisti classici come Ricardo o Malthus, cioè non intende il minimo che ci è necessario per vivere, ma ciò che rende la nostra vita degna di essere vissuta. Questa condizione è ciò ci consente di essere felici. Cosa vuol dire e come stabiliamo che cosa rende la vita degna di essere vissuta? Il giudizio su che cosa vuol dire degno di essere vissuto è un giudizio soggettivo. Non esiste un'unità di misura che mi consenta di stabilire qual’è l’insieme dei beni e delle possibilità economiche che abbiamo che rende la vita degna di essere vissuta. Ci sono altri valori che mi permettono di stabilire se è una vita degna di essere vissuta come per esempio i valori che ci hanno insegnato, l’educazione che ci comunicano… Posiamo giudicare se la vita è degna di essere vissuta per costume, per tradizione e valori che abbiamo ricevuto abbiamo una serie di elementi che mi permettono di dire se andando in quella direzione la vita acquisisce signi cato. Aristotele fa questa ri essione: è vero che le attività economiche sono collocate all’interno della famiglia, quindi uno spazio chiuso, ristretto e privato, però le nalità che la famiglia si deve dare per raggiungere l’ autosu cienza e quindi assicurare a tutti i membri una vita dignitosa, l’economo le comprende se partecipa in modo attivo alla vita della polis. Quindi la politica, il fatto di recarmi all’assemblea ed al consiglio, di discutere con gli altri, di scambiare parole con altri, di cercare di comunicare e persuadere, questi vari aspetti dell’organizzazione mi danno la lucidità e mi consente di apprendere ciò che è utile e appropriato perseguire all’intento della mia comunità più ristretta. Ciò io devo andare in uno spazio più largo ed interagire con altri per poter apprendere, che cosa signi ca veramente assicurare ad ogni memento della famiglia una vita dignitosa. fi ffi ffi fl ffi ffi fi fi ffi fi fi fi fi fi ffi ffi fi fi fi ffi È l’idea che la nostra mente individuale non ha in se stessa le capacità su cienti a capire che cosa è giusto che cosa non lo è, che cosa è dignitoso e che cosa non lo è, che cosa è su ciente e che cosa non lo è, ma abbiamo bisogno di relazionarci con gli altri per porter dare una misura ai nostri bisogni, ai nostri desideri e per poter dare anche un oggetto ai nostri bisogni e desideri. 11/10 - DAL DEGAN Sulla storia del pensiero economico medievale faremo una breve introduzione perché la storia e gli episodi di questo viaggio sono molti e quindi bisogna farne una selezione; in ogni caso nel periodo medievale, il discorso sull’economia continua ad essere molto intrecciato con analisi del tipo loso co, religioso e quindi la scienza economica non manifesta ancora quel grado di autonomia che andremo ad analizzare con l’arrivo degli economisti classici e neoclassici. Cambiano le strutture sociali e politiche di riferimento entro le quali si collocano le attività economiche ed al cambiare di queste strutture vediamo un’evoluzione anche nell’organizzazione delle attività economiche. In un primo periodo in cui l’organizzazione è di stato feudale, ovvero vi sono grandi proprietà di dominio del signore, lavorate da contadini che hanno lo stato di servi, quindi sono legati da degli obblighi nei confronti del signore ed in cambio della possibilità di lavorare la terra possono trattenere una parte dei raccolti per poter assicurarsi la propria sussistenza e la parte restante resta di proprietà del signore. In questo periodo vi sono ancora gli schiavi che vengono usati per il lavoro, ma intorno al 600 si ha un cambiamento in questo tipo di struttura sociale, nel senso che i grandi proprietari terrieri si rendono conto che se a dano la coltivazione delle proprie terre a degli schiavi che acquisiscono uno status di maggiore indipendenza, ovvero schiavi che in realtà possono condurre una vita più emancipata e quindi possono vedere trasformato il loro status, da schiavo a libero, gli incentivi ed il buon lavoro della terra aumentano. Quindi spesso si comincia ad a dare il lavoro di queste grandi proprietà a dei coloni che si stabiliscono con le proprie famiglie sulla terra, che acquisiscono una condizione di maggior libertà e autonomia rispetto al sovrano e l’organizzazione del lavoro della terra può essere deciso in modo più indipendente dal colone stesso. Si vede quindi a ermarsi questa nuova forma di collaborazione tra signore e lavoratore che cambia la struttura sociale delle società in direzione di una maggiore indipendenza di queste categorie di persone che no ad ora erano state, o di proprietà del signore come schiavo oppure legate da obblighi. È interessante notare come questo cambiamento a livello sociale avviene perché dal punto di vista economico, si nota che questo tipo di condizione può dare risultati più e caci e quindi è più conveniente a dare ad un colono e renderlo libero di organizzare il lavoro a suo piacimento all’interno della sua proprietà, piuttosto che a darlo ad un servo/schaivo che dipende in tutto dal signore per gestire il lavoro sulla terra stessa. Accanto a questo processo, sempre in questo periodo che è il MEDIOEVO, a partire dal 12esimo/13esimo secolo emerge e si pone in evidenza un’altra esperienza dal punto economico, ovvero quella delle CITTÀ E BENI COMUNI: All’interno delle città si a ermano attività commerciali, artigianali, si intensi cano gli scambi commerciali tra città diverse e all’interno delle città il lavoro è organizzato sulla base di condizioni di maggiori libertà, in quanto vi sono botteghe e attività produttive e artigianali all’interno erano condotte da artigiani e lavoratori indipendenti che erano proprietario non solo degli strumenti che usavano per produrre i beni, ma anche degli stessi prodotti che poi vendevano. Con l’estendersi di questo tipo di attività economiche maggiormente indipendenti e l’intensi carsi degli scambi commerciali, cominciano a crearsi maggiori occasioni di ffi fi ff ff ffi ffi fi fi fi ffi ffi fi ffi ffi guadagno e e si realizzano maggiori pro tti e l’esistenza di queste nuove forme di ricchezza comincia a porre problema ad una struttura sociale che no ad allora aveva trovato la propria coesione attorno ad un sistema di valori che rispondeva in particolare a saperi di tipo religioso, loso co, con tradizioni culturali ormai accettate; infatti la religione che segnava e formava le abitudini di vita dei cittadini era quella cristiana , che era quella maggiormente di usa. Il fatto che esistessero artigiani o mercanti che facessero questi pro tti, come poteva essere valutata alla luce dei valori religiosi ai quali la vita nelle città e di ogni organizzazione sociale e politica si ispirava sulla base delle credenze e della cultura delle città medievali? A questo tipo di questione, ovvero come conciliari i valori economici a quelli religiosi, tenta di rispondere un gruppo di religiosi/ intellettuali che appartengono alla SCOLASTICA. LA SCOLASTICA Si de niscono così in quanto avevano dovuto costituire proprio una scuola capace di elaborare dei sistemi di pensieri e di valori ai quali la società avrebbe dovuto ispirarsi e formarsi. Si tratta in particolare di religiosi, perché in questo periodo erano soprattutto i religiosi che avevano accesso ad una formazione di tipo scolastico/intellettuale ed in particolare oggi menzioneremo il contributo di TOMMASO D’AQUINO. In particolare egli fornisce contributo interessante in merito a due questioni: - il prestito ad interesse/usura, oggi noi ci riferiamo a questo termine con accezione negativa, infatti ne parliamo quando il tasso di interesse supera i limit di giustizia e accettabilità, invece Tommaso e gli scolastici si riferiscono a questo termine riferendosi al tasso di interesse, quindi qualsiasi prezzo che viene chiesto per dare in prestito qualcosa. - Il concetto di giusto prezzo, ovvero quando un prezzo può esser considerato giusto e apprezzabile dal punto di vista del messaggio e dell’insieme dei valori religiosi con i quali le pratiche di vita devono fare i conti. Esiste un testo che raccoglie i messaggi e le indicazioni fondamentali per strutturare la nostra vita, questo è il testo di riferimento della religione Cristiana. (Quindi ci sono dei precetti ed indicazioni e le pratiche di vita come possono corrispondere a queste indicazioni, quando sono compatibili o quando devono essere condannate.) Vi è uno stato di sottomissione dell’analisi delle pratiche economiche a questo insieme di norme che devono informare le pratiche economiche. Quindi non si analizzano le pratiche economiche di per sé cercando di spiegarne le strutture causali e cercando di capirne le conseguenze in termini sociali/politici che certe pratiche danno, ma si va in un’altra direzione, ovvero si cerca di capire se queste pratiche sono accettabili sulla base di quei precetti che le sacre scritture comunicano e nell’ambito di una società che deve essere prima di tutto cristiana?. Per il prestito di interesse la questione pone problemi, perché dal punto di vista religioso il fatto di soccorrere qualcuno che è mancante di qualcosa, dovrebbe essere fatto in spirito di gratuità, non esigendo in cambio un prezzo per il soccorso nonostante qualcuno abbia scambiato un bene. ESEMPIO D’Aquino dice che: quando scambiamo sul mercato un litro di vino, in cambio otteniamo 5€. In realtà noi qua stiamo portando sul mercato un oggetto e stiamo trasferendo la proprietà di questo oggetto + la sua utilizzabilità al consumatore, quindi stiamo trasferendo sia la proprietà del bene che il suo valore di utilità e proprio perché c’è questo trasferimento fi fi ff fi fi fi fi totale di sostanza e utilità possiamo esigere un prezzo che dovrà controbilanciare il valore della sostanza e dell’uso del bene. In questo caso è giusto esigere un prezzo per questo scambio perché il ritorno di moneta è ciò che renderà equilibrate le posizioni che si raggiungeranno dopo la scambio, ovvero ognuno rimarrà con lo stesso valore (1 litro di vino ed il prezzo di 5€). Poi ci sono altre tipologie di beni, per esempio la casa. Una casa possiamo decidere di a ttarla ed in questo caso, la proprietà dell'oggetto resta al proprietario, ma si scambia il diritto ad utilizzarla (l’a tto). L’a tto deve riequilibrare questa equivalenza tra le due cose, ovvero ricevo la moneta in cambio dell’utilizzabilità del bene. Anche in questo caso abbiamo uno scambio tra equivalenti ed entrambi le parti che partecipano allo scambio si ritrovano in condizioni di uguaglianza. Nel caso di prestito di denaro la situazione è particolare: Quando noi prestiamo denaro (esempio, 500€), stiamo cedendo sia l’oggetto (i soldi) che l’utilizzabilità, quindi quando noi prestiamo e la controparte ci risarcisce dandoci il denaro prestato, in realtà ha concluso lo scambio di equivalenti perché il valore di quello che ho prestato (oggetto e uso) è 500€ e l’altra parte mi restituisce questa somma. Quindi quello che chiedo in più è usura e non è corretto chiederlo da un punto di vista etico/religioso, semmai quello che posso accettare è che, per incentivare le persone che hanno denaro in eccesso rispetto ai loro bisogni a prestarlo (dato il fatto che all’interno della società il denaro non è distribuito in maniera uniforme), la pratica che si può accettare è quella di ricambiare il benevolo prestito di denaro con dei doni. Quindi NON attribuire un prezzo al fatto che avviene il prestito, perché questo è già remunerato nel momento in cui si risarcisce con l’esatta somma chi l’ha prestata, però possiamo ringraziare chi ha prestato denaro attraverso delle pratiche di dono (regalando qualcosa), ma non rientra nel discorso di prestito ma è un discorso di gratitudine, ovvero degli incentivi così che chi ha più soldi sia più incentivato a prestarli. Invece noi quando prestiamo denaro possiamo richiedere interesse sul prestito perché io che possiedo una certa somma, oltre a cedere quest’ultima, cedo anche la possibilità di usare questa somma in un altro modo. Quindi rinuncio a questa opportunità prestandolo e per questo mi aspetto di ricevere un qualche tipo di riconoscimento/dono. Sotto un certo punto di vista ciò coincide con quanto diceva D’Aquino, però secondo lui questa rinuncia e questo cedere in uso questo bene, in realtà non deve essere remunerata attraverso moneta e attraverso un prezzo, ma attraverso un riconoscimento sociale. N.B.—> Il ragionamento è che siccome cedo una somma di denaro (cedo il denaro e la sua utilizzabilità), il prezzo di questo oggetto è pari alla somma che cedo e quindi lo scambio tra equivalenti è realizzato nel momento in cui riottengo la somma prestata, quindi oltre al denaro noi stiamo donando il tempo. Quando cediamo del denaro, noi doniamo anche il tempo; ed oltre ai doni che possiamo ricevere dal soggetto che materialmente percepisce quel denaro, in realtà il risarcimento più grande lo riceviamo perché abbiamo ceduto il bene per amore del prossimo (questo perché siamo in una logica religiosa). MERCANTILISMO Non sono gli appartenenti stessi di questo gruppo, ovvero intellettuali e uomini di a ari che si occupano di economia, a riconoscersi come appartenenti a questa tradizione del mercantilismo, ma sono gli interpreti e studiosi successivi che riscontrando l’esistenza di caratteristiche comuni a questi pensatori, li riconoscono come parte di una stessa tradizione che de niscono come mercantilismo. Gli economisti immediatamente successivi, quindi 700-800, quando si riferiscono al pensiero dei mercantilisti si riferiscono a questa scuola con il termine “sistema mercantile” ffi fi ffi ffi ff o “système des Mercantiles” ovvero il gruppo di mercantili. Ciò per indicare che un aspetto centrale del loro pensiero aveva a che fare con il commercio e con il mercato. Di questa corrente fanno parte soprattutto banchieri, funzionari e uomini di a ari che volevano capire i meccanismi economici per svolgere al meglio le loro attività pratiche; quindi il loro interesse primario è di tipo pratico. Diventano però spesso dei consiglieri del sovrano perché sulla base di loro indicazioni, quest’ultimo avrebbe dovuto costruire le politiche economiche dello stato così da assicurarsi ricchezza e assicurare la costituzione di un tesoro dello stato che potesse consentire di fronteggiare le diverse spese dello stato e avrebbe potuti consentire il nanziamento di guerre e di un esercito in caso di necessità. Il termine economia politica è un realtà un termine che associa queste due parole, ovvero economia aristotelica con politica, proprio perché si comincia a percepire chiaramente che l’economia non è una questione privata che riguarda l’ambito domestico ma è una questione pubblica che interessa l’interesse della nazione. “L’Europa dei grandi stati assoluti”—> È considerato il testo di riferimento. La di usione di un sistema economico di tipo capitalistico e che quindi prevede una certa accumulazione ed un successivo investimento di capitali in attività economiche. PRINCIPALI ASPETTI TEORICI caratterizzanti questo pensiero di gruppo: Legato alla concezione di ricchezza, infatti se venisse chiesto ad un mercantilista cos’è la ricchezza, risponderebbe che è al quantità di oro e argento, metalli preziosi e moneta che possiamo trovare nelle casse del sovrano o dello stato. In generale, la quantità di ricchezza che possiamo contabilizzare nel mondo è una quantità de nita e determinata, ovvero l’insieme di questi tesori del sovrano posseduti dai diversi sovrano dei diversi stati assoluti, quindi in assoluto la quantità di ricchezza è de nita. In questo senso, in un’ottica mercantilista, si dice che l’economia è un gioco a somma zero, ovvero è una pratica/un gioco strategico che prevede che nel momento in cui c’è una parte che si arricchisce, un’altra deve invece perdere ricchezza. Possiamo individuare due periodi all’interno del mercantilismo: Primo periodo: BULLIONISMO (XVI sec.) Nell’ambito di questa prima fase che viene elaborata la prima legge economica—> LEGGE DI GRESHAM. In questa prima fase, il problema alla quale vogliono far fronte questi studiosi di economia è il problema della scarsità di oro e argento all’interno della nazione. Quindi notano che all’interno della nazione esistevano delle pratiche: - signoraggio—> pratica silenziosamente appoggiata dal sovrano in cui nel momento del cogliere della moneta, al suo interno si metteva una quantità di metallo inferiore a quanto dichiarato sulla faccia della moneta; quindi per esempio una moneta d’oro, supponendo dovesse contenere 5g di oro, ne mettevano in realtà 3 e 2 li trattenevano nelle casse dello stato. - tosatura—> pratica usata a partire dalla considerazione che la ricchezza fosse la quantità di metallo prezioso che uno poteva avere a disposizione. Veniva adottata nella vita quotidiana e consiste nel limare i contorni delle monete d’oro, per poter conservare un pò d’oro e far girare la moneta con una quantità inferiori d’oro. Però appoggiando queste pratiche, in realtà, si ottiene l’e etto contrario di quello voluto, fi fi ff fi ff ff ovvero la nazione si impoverisce di metalli preziosi anziché arricchirsi (perché sovrano trattiene oro attraverso signoraggio e cittadini pure attraverso tosatura). Quindi le monete con un valore reale minore rispetto al valore nominale, in realtà vengono usate all’interno del paese, mentre le altre (Quelle buone) vengono usate per gli scambi internazionali e quindi in realtà si ottiene una fuoriuscita di metalli preziosi dallo stato e conseguente impoverimento dello stato. Questo fenomeno viene descritto dalla LEGGE DI GRESHAM, che dice che la moneta cattiva scaccia quella buona. 13/10 - DAL DEGAN Secondo periodo: I MERCANTILISTI E LA BILANCIA COMMERCIALE Questa seconda fase si caratterizza per spostare l’attenzione sul commercio internazionale e come mantenere una bilancia commerciale sempre favorevole in modo che le esportazioni superino le importazioni e quindi si possa avere un usso continuo di metalli preziosi, dall’estero alle casse dello stato. Dal punto di vista della politica economica—> uesti primi economisti invocano una politica economica protezionistica (quindi imposizione di dazi) soprattutto per i prodotti niti e dal punto di vista economico studiano la bilancia commerciale per capirne il funzionamento. THOMAS MUN (1572-1641), è il maggior esponente del mercantilismo e più noto di questa corrente di pensiero; era direttore della compagnia delle Indie (compagnie commerciale inglese che commerciava con le Indie). Egli si comincia ad occupare di economia perché voleva condurre bene i propri a are e anche per difendessi dall’accusa di condurre delle attività che impoverivano l’Inghilterra perché i suoi concittadini gli rimproveravano il fatto che essendo direttore di questa grande compagnia commerciale che acquistava prodotti dalle indie e li importava in Inghilterra (per esempio spezie e sto e), in realtà la sua attività era contraria ai principi economici perché provocava una fuoriuscita di denaro dall’Inghilterra perché acquistava questi prodotti per importarli. Così egli inizia a scrivere e analizzare tale questione e sottolinea la di erenza secondo cui l’analisi basata sulla bilancia commerciale, non i deve basare su una bilancia bilaterale, ovvero un paese NON deve avere una bilancia commerciale positiva con ogni paese con cui ha delle relazioni commerciali, ma è necessario osservare la bilancia complessiva di un paese, ovvero alla ne di tutti gli scambi e ettuati, la bilancia commerciale del paese deve avere valore positivo e quindi esportazioni > importazioni. Perché per esempio importare dalle Indie per poi vendere in un paese più lontano, garantisce dei guadagni più alti perché si vendono a prezzi più elevati e quindi mostra anche quantitativamente l’importanza di queste importazioni. Un’altra idea è quella di non scoraggiare le importazioni delle materie prime perché si comincia a capire che il processo di valorizzazione che si può attivare disponendo di materie prime e mettendo in moto l’attività di manifatture interne al paese, sia e ettivamente un modo per accrescere la ricchezza del paese quindi si comincia a capire che la trasformazione attraverso il lavoro e manifattura delle materie prime, aggiunge valore. Però non si arriva a considerare questo come un valore aggiunto/nuovo creato dalle potenzialità del lavoro, ma si continua a considerare la ricchezza come una quantità data e ssa e quindi essendo quantità ssi in realtà lo spirito del commercio nell’ottica mercantilista è uno spirito di guerra, ovvero per poter guadagnare nello scambio devo cercare di vincere in questa relazione, accaparrando una quota di ricchezza ssa di quella esistente, togliendola a qualcun altro. fi ff fi ff fi ff fl ff fi fi ff Intanto Jean Bodin dimostrava come un aumento nell’o erta di oro corrispondesse una diminuzione nel suo potere di acquisto e quindi un qualche aumento nel livello dei prezzi. Egli aveva già osservato e descritto questa relazione in questi termini—> aumento quantità moneta, diminuisce il potere di acquisto e quindi si avrà qualche aumento nel livello dei prezzi. In particolare comincia ad osservarsi che c’è un rapporto di proporzionalità tra la quantità di circolazione della moneta ed il livello dei prezzi. In questo periodo (500-600) si osserva una qualche proporzionalità tra queste grandezze, ma poi sarà Irving Fisher a concretizzare questa relazione con un equazione speci ca che mette in relazione la quantità di moneta con la velocità ed i prezzi e le transazioni MV=PT ( quantità di moneta x velocità = prezzi x transazioni) RICHARD CANTILLON Le prime critiche a Jean Bodin arrivano da Richard Cantillon, che va oltre l’osservazione di Bodin, sottolinenando che se ad un aumento della massa monetaria all’interno del paese si ha una diminuzione del potere di acquisto ed un aumento dei prezzi, un aumento dei prezzi interni renderà meno competitiva la nazione rispetto ai paesi esteri e quindi favorirà la concorrenza straniera. Quindi anche in questo caso, pur volendo perseguire un obiettivo preciso, ovvero mantenere sempre attiva la bilancia commerciale, aumentare le esportazioni e diminuire al minimo le importazioni, ad un certo punto si vede che questo atteggiamento ha conseguenze paradossi perché si ottiene una dinamica che si ingenera a partire da questo tipo di pratiche e mostra che si hanno conseguenze inattese, contrarie al nostro obiettivo (aumentare massa monetaria all’interno del nostro paese). Quindi si dimostra, in particolare HUME, che il mantenimento di una bilancia commerciale costantemente in attivo nel lungo periodo non è possibile perché sennò si manifestano tali e etti. La spiegazione di questo meccanismo è detta Price-specie- ow mechanism= se una bilancia commerciale favorevole porta ad un a usso di massa monetaria all’interno del paese, l’aumentare della quantità di moneta circolante all’interno del paese innalza il livello dei prezzi, l’aumento de livello dei prezzi renderà meno competitivo il nostro paese per le esportazioni e quindi diminuiranno quest’ultimo e per questo non può esser mantenuta costantemente la bilancio in attivo. Altri elementi a completamento di questa visione dei mercantilisti, discendono dalla loro visione antropologica secondo cui all’interno del sistema economico era necessario mantenere salari sempre al livello di sussistenza (ovvero che garantiscano appena i bisogni di base) perché ritenevano che un aumento avrebbe incentivato comportamenti di ozio o imprudenti e non sarebbe stato positivo per la vita della nazione. Anche ciò ci mostra il fatto che in realtà l’interesse degli economisti, in questo periodo, è rivolto allo stato e c’è proprio una forte coincidenza all’attenzione dei fenomeni economici ed una descrizione di questi nalizzata a capire come sia possibile accrescere la propria visione dello stato grazie al funzionamento dell’economia, ma c’è l’idea che la potenza di uno stato coincida in gran parte con la possibilità di nanziare la propria difesa e la propria azione verso gli altri paesi e quindi tutte le analisi economiche sono rivolte a capire come accrescere tale posizione economica dello stato in un contesto internazionale. ff fi ffl fi ff fl fi I FISIOCRATICI (1750-1780) Il contesto Vi sono state guerre logoranti che hanno interessato Francia e Europa e che hanno fatto si che la Francia perdesse controllo sulle proprio colonie, ha un’ordinanza pubblica in dissesto e le politiche mercantiliste che seguono limitano il mercato dei cereali e l’a usso di questi dall’estero, favorendo le manifatture nazionali. In Francia si osservavano due realtà economiche legate alla conduzione agricola: - Petite culture—> nel sud della Francia i terreni erano gestiti da piccole unità di coltivatori anche a livello famigliare (non grandi appezzamento di terreno), quindi piccole unità gestite da piccole proprietà. - Grande culture—>Nel nord della Francia, vi erano grandi appezzamenti di terra che venivano a ttate a lavoratori salariati e potevano essere usate anche tecniche di lavorazione più avanzate razionalizzando il lavoro sulla terra (perché con grandi appezzamenti era più facile)… I siocratici propendevano verso una soluzione di tipo più capitalistico (quindi avendo a disposizione grandi appezzamenti di terra e non a dando le proprietà a piccole unità di coltivatori), si poteva razionalizzare la produzione rendendo più produttivo il lavoro agricolo e avere maggiori introiti. Quindi propendevano per la grande culture. Scuola I siocrati invece costituiscono una vera e propria scuola, sono in Francia e hanno un punto i riferimento/maestro che è François Quesnay (1694- 1774), studiò sica e medicina e fu medico di corte di Luigi XV, il maggior rappresentante di questa scuola. Di cosa si occupano? Questa scuola di economisti che ruotano attorno a Quesnay, si occupano di ride nire in qualche modo cos’è l’economia, quali le cause di creazione di ricchezza di un paese e questo perché essendo in un momento di profonda crisi, rimettono in discussione i principi del mercantilismo che erano stati seguiti e ne cercano di nuovi visto che sembravano non funzionare in quel momento. Di usione dei propri risultati Ritengono che sia importantissimo proprio perché lavorano nel periodo storico illuminista di ondere i propri risultati per creare un opinione pubblica informata all’interno della nazione. Perché ritengono che se il nostro comportamento si adatta alla leggi naturali possiamo far funzionare bene l’ordine naturale, quindi anche l’ambito economico e possiamo ottenere dei risultati migliori. Diventa perciò importante far circolare le conoscenze all’interno della società a nché ciascuno possa plasmare il suo comportamento sulla base della conoscenza delle leggi naturali che regolano il nostro mondo (quindi anche l’economia) ed solo così è possibile ottenere risultati migliori di modo che la Francia possa uscire dallo stato di crisi e criticità che sta attraversando per poter generare maggiori ricchezze. Gli organi di di usione del sapere erano delle riviste in cui si deve far circolare ciò che viene prodotto all’interno di questa scuola, oltre che farlo arrivare al sovrano. Questi organi di stampa erano: Journal de l’agriculture, du commerce et des nances, Ephémérides du citoyen. Interesse per la natura Questo gruppo di economisti/ loso che cominciano a studiare l’economia come espressione di un ordine naturale che esiste nel mondo ed in ciò si rifanno al giusnaturalismo, ovvero una corrente loso ca che riconduceva la spiegazione di ciò che accade all’esistenza di un ordine della natura che sottosta alle cose che viviamo). fi fi ff ff ffi ffi ff fi fi fi fi ffi fi fi ffl fi L’interesse che pongono alla natura lo si vede dalla stessa etimologia della parola siocratici: Physiocratie Physio (natura) – Kràtos (forza, potere)= potere della natura. Questa idea dell’ordine naturale deriva dal fatto che la formazione di diversi di questi autori ed in particolare di Quesnay proviene dalle scienze della natura. Questo approccio più da scienziato della natura si ritrova anche nello studio dei fenomeni economici, infatti usa delle metafore che fanno riferimento ad altri generi di conoscenze e discipline. Per esempio usa la metafora per dire che la ricchezza circola nella società come il sangue nel corpo umano. Un altro strumento che serve a questa scuola per fondare il discorso scienti co è quello matematico ritengono che sia indispensabile l’uso di questo strumento per poter astrarre dalla realtà e costruire degli schemi per dirci come funziona questo ordine naturale e per poter costruire degli schemi e modelli che esprimano il funzionamento dell’ordine naturale nelle società. Il metodo matematico più utilizzato è quello aritmetico. La politica economica è sottoposta al calcolo perché non si potrebbe provare diversamente la verità. I calcoli stanno alla scienza economica come le ossa stanno al corpo umano. La scienza economica è approfondita e sviluppata attraverso l’analisi ed il ragionamento, ma senza il processo di quanti cazione resterebbe sempre una scienza indeterminata, confusa, esposta continuamente all’errore ed al pregiudizio. Processo di formazione del prezzo per i siocratici I siocratici cercano di spiegare dal punto di vista più scienti co la formazione del prezzo dei granì e cereali (che era il prezzo che preoccupava di più perchè il prezzo del pane aveva procurato diversi problemi alla nazione) dicendo che si può osservare che il prezzo buono dei cereali è quello che si può ssare all’interno della nazione se si lascia libero il commercio, quindi se non si adottano politiche più protezionistiche come auspicavano i mercantilisti, ma si adottano piuttosto politiche di tipo liberistico, quindi improntate alla libertà ed al libero commercio. La possibilità che ci siano diversi soggetti economici a proporre grano a vedere grano sul mercato è ciò che permette al buon prezzo di consolidarsi, ma non è ciò che lo determina. Il prezzo precede sempre le compravendite, questo mutamento che allora avviene per la concorrenza del commercio non è che un consolidamento dei prezzi. I prezzi devono inoltre in qualche modo strutturarsi in modo proporzionale alla terra contenuta nel valore delle merci. Quindi il riferimento che si danno è che il valore di una quantità di terra che può essere individuata all’interno di un prodotto è ciò che determina il valore di quel prodotto sul mercato, però è un valore che si rende evidente e diventa concreto quando lasciamo liberi di commerciare i diversi soggetti economici. È quindi quella quantità di terra invisibile, ma inclusa in questo bene che ne determina il valore. Questo valore può emergere sul mercato solo perché siamo in tanti a vendere tavoli sul mercato. Tableau economique Il Tableau Economique spiega il funzionamento economico e viene la formazione della ricchezza. È un primo modello che astraendo dal funzionamento del sistema economico, vuole spiegare come questo si riproduce con le stesse quantità e proporzioni che aveva in partenza e conseguentemente anche come si riproducono in modo circolare gli input che sono necessari per far funzionare il sistema economico. Il modello si applica ad un ciclo di durata annuale la cui attività economica è determinata dal succedersi di questi cicli annuali. È un’astrazione, quindi è una sempli cazione che individua quelle variabili che secondo questi economisti sono signi cative e che quindi devono essere descritte all’interno del modello e lascia da parte altri aspetti. Per fare ciò si utilizza il metodo del Coeteris paribus 18/10 - DAL DEGAN Quesnay arriva ad elaborare diversi schemi che vogliono spiegare il sistema di distribuzione della ricchezza all’interno di un paese. Il primo tableau economique è quello del 1758, ma fi fi fi fi fi fi fi fi fi quello a cui si fa riferimento quando si parla del tableau economique di questa y è quello del 1776. Dei diversi diagrammi quello alla quale si fa riferimento quando si fa riferimento al tableau economique di Quesnay è quello elaborato nel 1776. Descrizione funzionamento tableau economique Ci sono tre classi sociali quella dei proprietari, degli artigiani e quella degli imprenditori agricoli. CLASSE PRODUTTIVA: La classe produttiva è quella degli imprenditori agricoli e pittavori, ovvero coloro che a ttano la terra e la coltivano. Questa classe produttiva parte avendo a disposizione dei capitali propri che utilizza per e ettuare due tipi di investimenti. Le avances primitive, cioè gli investimenti in capitale sso, quindi gli imprenditori agricoli utilizzano una parte degli utili per fare degli investimenti nel capitale sso e nella terra, migliorie boni che… L’altra parte dei capitali che hanno a disposizione viene utilizzato per le avances annulles, cioè per pagare i salari dei lavoratori a giornata e dei coltivatori della terra. La classe produttiva di chiama produttiva perché è l’unica classe sociale che produce un sovrappiù, cioè riceve sotto forma di reddito degli input dalle altre classi sciali, questi input che riceve gli spende attraverso questi due tipi di investimento e attraverso la propria attività quindi attraverso l’attività che è consentita, cioè il lavoro applicato alla terra. Attraverso il lavoro della terra producono un sovrappiù grazie al naturale potenzialità produttiva della terra (seminiamo 10 patate e ne otteniamo 50). Questa classe è considerata produttiva perché è la classe dei lavoratori che applicano lavoro alla terra e che quindi possono generare il sovrappiù nel sistema economico. Questo sovrappiù serve per pagare la rendita ai proprietari terrieri e quindi per poter avere a disposizione la terra per essere lavorata, perciò il sovrappiù prodotto all’interno di questo sistema viene percepito da un’altra classe sociale che è quella dei proprietari. CLASSE DISTRIBUTIVA: La classe dei proprietari riceve il prodotto netto dell’agricoltura e lo consuma, infatti la classe dei proprietari si chiama classe distributiva perchè percepisce il prodotto netto e lo spende, quindi lo ridistribuisce, acquistando prodotti agricoli dalla classe produttiva per potersi mantenere ed acquistando manufatti dalla classe che viene de nita sterile, cioè la classe degli artigiani. Quindi tutto ciò che riceve sotto forma di rendita viene speso e redistribuito all’interno del sistema della società acquistando prodotti agricoli e manufatti dagli artigiani. Di questa classe fanno parte i proprietari, ma anche il sovrano, la corte, gli apparati dello stato che a loro volta si mantengono attraverso le imposte che percepiscono sulla base delle rendite che ricevono dai proprietari terrieri. I siocratici dicono se l’unica classe sociale che produce un sovrappiù è la classe degli agricoltori e questa classe cede il sovrappiù alla classe dei proprietari terrieri, l’unica classe che percepisce un prodotto netto sotto forma di rendita e la classe dei proprietari terrieri mentre gli altri sono coinvolti in scambi che sono tra quantità e valori equivalenti. Se l’unica classe che percepisce un reddito netto è la classe dei proprietari terrieri, la classe die proprietari terrieri sarà anche l’unica classe sulla quale devono ricadere le imposte. Quindi l’unico reddito giustamente tassabile per non erodere la ricchezza che si deve riprodurre deve essere quello delle rendite percepite dai proprietari. I siocratici propongono di imporre una sola tassa sulle rendite percepite dai proprietarie questa tassa dovrebbe servire per nanziare la corte ed il sovrano. CLASSE STERILE: La classe de

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