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This document provides a summary of Italian legal principles, including the structure of the legal system, the difference between positive law and natural law, the concept of fairness, and the distinction between private and public law. It also discusses the different types of laws and their temporal effects. The document is suitable for undergraduate students in legal studies.
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1. Ordinamento giuridico: L’ordinamento giuridico è il complesso di norme e istituzioni che regolano e dirigono la vita sociale e i rapporti tra individui. Perché un gruppo possa essere considerato organizzato, devono esistere tre condizioni fondamentali: innanzitutto, il coordinamento dei rapporti...
1. Ordinamento giuridico: L’ordinamento giuridico è il complesso di norme e istituzioni che regolano e dirigono la vita sociale e i rapporti tra individui. Perché un gruppo possa essere considerato organizzato, devono esistere tre condizioni fondamentali: innanzitutto, il coordinamento dei rapporti tra le persone deve essere regolato da norme di condotta e non lasciato al caso; in secondo luogo, queste regole devono essere stabilite da organi specifici incaricati attraverso precise regole strutturali; infine, sia le norme di condotta che quelle strutturali devono essere rispettate effettivamente. È proprio questo sistema di norme e modelli che forma l’ordinamento giuridico. 2. Norma giuridica: Un ordinamento giuridico si compone di un sistema di regole, e ciascuna di queste regole è una norma. La norma giuridica, a differenza di quella morale, trae la sua forza vincolante non dal suo contenuto intrinseco, ma dal fatto di essere prevista da un atto dotato di autorità all’interno dell’organizzazione di una collettività. La norma giuridica si distingue chiaramente da quella morale, che è assoluta e valida in sé stessa, mentre la prima ha bisogno dell’autorità per essere vincolante. Le norme che producono effetti giuridici si chiamano fonti del diritto, poiché costituiscono l’origine delle regole giuridiche. 3. Diritto positivo e diritto naturale: Il diritto positivo rappresenta l’insieme delle norme che compongono l’ordinamento giuridico di una società. In contrapposizione, il diritto naturale può essere inteso in diversi modi: come fonte dei diritti positivi, come criterio per valutare criticamente gli ordinamenti, o come un insieme di principi universali ed eterni, secondo il pensiero giusnaturalista. 4. La struttura della norma: la fattispecie: La norma giuridica è un enunciato prescrittivo che si articola in una fattispecie, ovvero un’ipotesi di fatto alla quale viene ricollegata una conseguenza giuridica. Questa conseguenza può essere l’acquisizione di un diritto, l’insorgenza di un obbligo, o l’applicazione di una sanzione. Una caratteristica fondamentale delle norme giuridiche è la loro forza di legge, che è garantita da una sanzione in caso di trasgressione. Inoltre, le norme devono essere generali, ovvero applicabili a tutti, e astratte, ossia non limitate a singoli casi concreti. Il principio di uguaglianza, sancito dall’art. 3 della Costituzione, è essenziale e si articola in un profilo formale, che afferma la pari dignità dei cittadini, e in un profilo sostanziale, che impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano l’eguaglianza. 5. L’equità: A volte, l’applicazione rigida della legge a un caso concreto può portare a risultati ingiusti. In questi casi si parla di equità, considerata la giustizia del caso singolo. Tuttavia, l’ordinamento giuridico sacrifica spesso l’equità a favore della certezza del diritto, preferendo che i cittadini possano prevedere le conseguenze dei loro comportamenti, piuttosto che lasciare ampio margine di discrezione ai giudici. 6. Il diritto privato e le sue fonti: Tradizionalmente, il diritto è diviso in due grandi categorie: diritto pubblico e diritto privato. Il diritto pubblico regola l’organizzazione e l’azione dello Stato e degli enti pubblici, mentre il diritto privato disciplina le relazioni tra privati, lasciando loro la gestione e l'attuazione delle norme. Un concetto fondamentale del diritto privato è la distinzione tra norme derogabili e norme cogenti. Le norme derogabili possono essere modificate attraverso accordi tra privati, mentre quelle cogenti sono obbligatorie e non possono essere modificate dalla volontà dei singoli. 7. Il sistema delle fonti del diritto: Il sistema delle fonti del diritto comprende le fonti di rango costituzionale, che includono la Costituzione e le leggi costituzionali. Queste sono norme rigide, cioè non possono essere modificate da una semplice legge ordinaria. Abbiamo poi le fonti comunitarie, che prevalgono sulle leggi statali ordinarie e comprendono regolamenti e direttive vincolanti, oltre a decisioni e pareri non vincolanti. Le fonti di rango primario includono le leggi ordinarie approvate dal Parlamento e i decreti-legge del Governo, mentre le fonti secondarie sono rappresentate dai regolamenti governativi e locali. 8. Il Codice Civile: Infine, uno degli strumenti fondamentali del diritto privato italiano è il Codice Civile. Emanato nel 1942, il Codice Civile rappresenta una raccolta sistematica di norme giuridiche che disciplinano vari ambiti della vita sociale. È suddiviso in sei libri, ciascuno dedicato a una materia specifica, come le persone e la famiglia, le successioni, la proprietà e le obbligazioni. Il codice è concepito con criteri di organicità e sistematicità, e si distingue per la sua funzione unificatrice delle classi sociali. 9. Efficacia temporale delle leggi: L'efficacia temporale delle leggi riguarda il momento in cui una legge entra in vigore e quando cessa di essere applicabile. Affinché una legge entri in vigore, oltre all'approvazione da parte delle Camere, è necessaria la promulgazione del Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione, come stabilito dall'art. 73 della Costituzione. Successivamente, la legge viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e decorre un periodo di vacatio legis di 15 giorni. Durante questo periodo, la legge è pubblicata ma non è ancora obbligatoria; alla fine della vacatio, la legge si presume conosciuta da tutti, in forza del principio "ignorantia legis non excusat", secondo il quale nessuno può ignorare la legge una volta che è stata pubblicata. Quando parliamo di abrogazione, intendiamo la cessazione dell’efficacia di una legge tramite una nuova norma di pari valore gerarchico. L'abrogazione può essere espressa, quando una nuova legge dichiara esplicitamente l'abrogazione della precedente, o tacita, quando una nuova disposizione è incompatibile con una precedente o regola l'intera materia precedentemente disciplinata. A volte l’abrogazione è implicita, ossia la vecchia norma viene considerata superata senza una dichiarazione formale. Esiste poi la deroga, che avviene quando una nuova norma sostituisce quella precedente solo in casi specifici, lasciando la vecchia norma in vigore per tutte le altre situazioni. La dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte Costituzionale, invece, ha un effetto diverso rispetto all’abrogazione: rende la legge nulla ex tunc, cioè come se non fosse mai esistita. Al contrario, l’abrogazione ha effetto ex nunc, ovvero solo per il futuro. È importante parlare anche del principio di irretroattività della legge, sancito dall’art. 11 delle preleggi, che stabilisce che la legge non può disporre per il passato, salvo il caso delle leggi interpretative, che hanno efficacia retroattiva poiché non introducono nuove norme, ma chiariscono quelle esistenti. In particolare, l'art. 25 della Costituzione garantisce che le leggi penali non possano essere retroattive, a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini. In alcuni casi, il legislatore introduce specifiche disposizioni transitorie per regolare il passaggio tra la vecchia e la nuova legge, garantendo che questo avvenga in modo ordinato e senza creare vuoti normativi. 10. Applicazione e interpretazione della legge: L'applicazione della legge si riferisce alla concreta attuazione delle regole stabilite dallo Stato. Per quanto riguarda il diritto pubblico, è lo Stato stesso, attraverso i suoi organi, a garantire l'applicazione delle norme, spesso in modo autoritativo. Nel diritto privato, invece, l'applicazione delle norme è generalmente lasciata all'iniziativa dei singoli, che possono gestire le loro controversie autonomamente, utilizzando strumenti come la diffida, la compensazione o altri atti di autotutela. Tuttavia, quando la controversia non può essere risolta autonomamente, si può ricorrere all'esecuzione forzata, tramite la quale lo Stato interviene per garantire l'applicazione coattiva di una sentenza. Non tutte le liti arrivano in tribunale: molte sono risolte tramite la rinuncia alla lite da parte di uno dei contendenti, la transazione (in cui le parti raggiungono un accordo facendo reciproche concessioni) o il compromesso, che prevede di affidare la risoluzione della controversia a uno o più arbitri privati. Per quanto riguarda l'interpretazione della legge, ci riferiamo al processo di attribuzione di un significato a un testo normativo. L'interpretazione può essere giudiziale, dottrinale o autentica. L'interpretazione giudiziale è svolta dai giudici nell’esercizio della loro funzione giurisdizionale e ha valore vincolante solo per le parti coinvolte nel giudizio. Tuttavia, le sentenze possono assumere il valore di precedente giurisprudenziale quando si consolidano in un orientamento stabile, influenzando casi simili successivi. L'interpretazione dottrinale è fornita dagli studiosi del diritto, mentre l'interpretazione autentica è emanata dallo stesso legislatore e ha efficacia retroattiva poiché chiarisce il significato di una norma preesistente. Le regole dell’interpretazione sono sancite dall’art. 12 delle preleggi. L’interprete non deve limitarsi al significato letterale della norma, ma deve considerare anche l’intenzione del legislatore. Tra i criteri interpretativi vi sono il criterio logico, che comprende vari metodi: Argumentum a contrario, che esclude dalla norma quanto non vi è espressamente incluso; Argumentum a simili, che estende la norma a casi simili a quelli disciplinati; Argumentum a fortiori, che estende la norma a casi che, per ragioni di logica, meritano ancor più di essere regolati come il caso esplicitamente previsto (ad esempio, se è vietato per legge condurre veicoli a motore in stato di ebbrezza, a maggior ragione lo sarà condurre un aereo in stato di ebbrezza); Argumentum ad absurdum, che esclude interpretazioni che porterebbero a risultati illogici o assurdi. Oltre a questo, l’interprete può fare uso del criterio storico, che valuta il contesto in cui la norma è stata emanata, e del criterio sistematico, che colloca la norma nel quadro generale dell’ordinamento per evitare contraddizioni. Infine, il criterio sociologico e il criterio equitativo permettono di adeguare l’interpretazione alle esigenze sociali ed economiche, tenendo conto del senso di giustizia percepito dalla collettività. L'analogia: Infine, l'analogia interviene quando il legislatore non ha previsto una norma specifica per un caso concreto. L'art. 12 delle preleggi stabilisce che, in mancanza di una norma specifica, il giudice deve applicare le disposizioni che regolano casi simili (analogia legis), o, se ciò non è possibile, fare ricorso ai principi generali dell'ordinamento (analogia iuris). L’analogia si basa su una somiglianza di ratio tra i due casi. È importante ricordare che l’uso dell’analogia è vietato in materia penale e per le norme eccezionali, al fine di garantire certezza giuridica. Ad esempio, nel diritto penale, non è possibile applicare una norma per analogia perché questo violerebbe il principio di legalità, sancito dall’art. 25 della Costituzione. 11. Diritto Internazionale Privato: Il diritto internazionale privato si occupa delle norme interne che il giudice italiano deve applicare quando si trova a risolvere controversie che presentano elementi di estraneità rispetto all'ordinamento italiano, ossia quando una fattispecie coinvolge più ordinamenti giuridici. Sebbene il nome possa indurre a pensare che si tratti di una branca del diritto internazionale pubblico, in realtà il diritto internazionale privato fa parte del diritto interno di ciascun Paese. Ogni Stato, infatti, stabilisce le proprie regole su come individuare la legge applicabile in caso di questioni transnazionali. Non si limita ai rapporti di diritto privato, ma include anche norme di carattere processuale. È importante notare che il diritto internazionale privato non disciplina direttamente i rapporti, ma serve a identificare quale ordinamento giuridico regolerà la controversia. 12. Qualificazione e momenti di collegamento Per stabilire quale ordinamento giuridico deve essere applicato, si segue un processo in due fasi: 1. Qualificazione del rapporto: il giudice deve identificare la natura giuridica del rapporto in questione. Si deve capire, ad esempio, se si tratta di un rapporto coniugale, successorio, contrattuale o extracontrattuale. 2. Momento di collegamento: una volta qualificato il rapporto, si identifica un elemento chiave, chiamato "momento di collegamento", che stabilisce a quale ordinamento fare riferimento per risolvere la controversia. Questo momento può variare a seconda della materia trattata. 13. Principali momenti di collegamento Vediamo ora i principali momenti di collegamento: Capacità giuridica delle persone fisiche: è regolata dalla legge nazionale della persona, con una particolarità: se una persona ha più cittadinanze, prevale quella italiana, se presente. Capacità d’agire: anch'essa è regolata dalla legge nazionale della persona. Enti e società: questi soggetti seguono la legge del Paese dove si è perfezionato il procedimento di costituzione, salvo eccezioni, come la sede dell'amministrazione principale o l’oggetto dell’ente. Matrimonio: la capacità matrimoniale segue la legge nazionale di ciascun coniuge, mentre per la forma del matrimonio si applica la legge del luogo di celebrazione. Tuttavia, i coniugi possono scegliere di applicare la legge nazionale di uno di loro o quella dello Stato di residenza comune. Rapporti personali e patrimoniali tra coniugi: vengono regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi. Se i coniugi hanno cittadinanze diverse, si applica la legge dello Stato in cui la vita matrimoniale è più radicata. Per i rapporti patrimoniali, i coniugi possono decidere di applicare una legge diversa, concordando per iscritto l’applicabilità della legge di uno degli Stati di cui sono cittadini o in cui risiedono. Stato di figlio: è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita. Adozione: si regola secondo la legge nazionale degli adottanti, o se comune, della legge dello Stato di residenza degli stessi. Successione mortis causa: si applica la legge nazionale del defunto al momento della sua morte. Beni immobili: seguono la legge del luogo in cui si trovano (lex rei sitae), mentre per i beni immateriali si applica la legge dello Stato in cui avviene la loro utilizzazione. Obbligazioni contrattuali: seguono la legge dello Stato con cui il contratto ha il collegamento più stretto, secondo la Convenzione di Roma del 1980. Si tratta di un accordo internazionale che fornisce criteri uniformi per determinare la legge applicabile ai contratti. Obbligazioni non contrattuali: sono regolate dal Regolamento UE Roma II, che disciplina le obbligazioni non derivanti da contratto, come nel caso della responsabilità civile. Rinvio ad altra legge e limite dell’ordine pubblico: Nel contesto del diritto internazionale privato, uno degli aspetti più delicati riguarda il rinvio ad altra legge straniera. Quando una norma italiana rinvia a un ordinamento straniero per regolare una controversia, può accadere che quell'ordinamento rinvii a sua volta a un altro. L'art. 13 della L. 218/1995 stabilisce che si può accettare questo rinvio se lo Stato destinatario lo riconosce o se il rinvio riporta alla legge italiana. Tuttavia, il rinvio ad una legge straniera può presentare un ulteriore problema: la compatibilità di quella legge con i principi fondamentali del nostro ordine pubblico. Secondo l'art. 16, la legge straniera non può essere applicata se i suoi effetti sono in contrasto con i principi del nostro ordinamento. In tal caso, si tenta di applicare comunque la legge straniera utilizzando criteri di collegamento alternativi. Solo in assenza di questi criteri si applicherà direttamente la legge italiana. Conoscenza della legge straniera: Un altro aspetto importante riguarda la conoscenza della legge straniera. In passato, era la parte che invocava l'applicazione della legge straniera a dover dimostrarne l’esistenza di fronte al giudice. Oggi, invece, con la riforma introdotta dall'art. 14, è il giudice a dover accertare il contenuto della legge straniera, anche avvalendosi dell’aiuto del Ministero della Giustizia o di istituzioni specializzate. Se il giudice non riesce in alcun modo a stabilire il contenuto della norma straniera, dovrà decidere in base alla legge italiana. Condizione dello straniero: Un’altra questione fondamentale del diritto internazionale privato riguarda la condizione giuridica degli stranieri. È importante distinguere tra cittadini comunitari e extracomunitari. I cittadini comunitari, secondo l'art. 17 del Trattato di Maastricht, hanno il diritto di circolazione e soggiorno negli Stati membri dell'Unione Europea e godono degli stessi diritti civili dei cittadini nazionali, come il diritto di voto alle elezioni comunali. Per quanto riguarda gli extracomunitari, essi hanno diritto all'asilo e non possono essere estradati per reati politici. Gli stranieri presenti in Italia, anche se non comunitari, godono dei diritti fondamentali della persona umana, come previsti dalle norme di diritto interno. Gli extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia hanno anche diritto di godere dei diritti civili attribuiti ai cittadini italiani, salvo che convenzioni internazionali stabiliscano diversamente. Un principio tradizionale che riguarda gli stranieri è quello della reciprocità, per cui uno straniero ha diritto a determinate garanzie solo se queste stesse garanzie sono concesse ai cittadini italiani nel suo Paese d'origine. Tuttavia, oggi questo principio ha un'applicazione limitata e residuale. Infine, va sottolineato che tutti i lavoratori stranieri godono di parità di trattamento e degli stessi diritti dei lavoratori italiani, garantendo così una piena eguaglianza in ambito lavorativo. Le situazioni giuridiche soggettive e il rapporto giuridico In ambito giuridico, un rapporto giuridico rappresenta una relazione tra due o più soggetti, regolata dall'ordinamento giuridico. Quando parliamo delle persone coinvolte in un rapporto giuridico, usiamo i termini soggetto attivo e soggetto passivo. Il soggetto attivo è colui al quale l'ordinamento attribuisce un diritto o un potere, mentre il soggetto passivo è colui che ha l’obbligo di adempiere a una prestazione o di astenersi dal compiere determinate azioni. Ad esempio, in un rapporto tra creditore e debitore, il creditore è il soggetto attivo, poiché ha il diritto di richiedere il pagamento, e il debitore è il soggetto passivo, che ha il dovere di adempiere. Non dobbiamo però dimenticare il concetto di terzo, cioè chi non è parte del rapporto giuridico. Di norma, il rapporto giuridico non produce effetti nei confronti dei terzi, ma in alcuni casi, la legge si preoccupa di regolare anche la posizione dei terzi, specialmente quando i loro interessi potrebbero essere coinvolti indirettamente. Il rapporto giuridico, quindi, è la figura centrale nella più ampia categoria delle situazioni giuridiche soggettive, che rappresentano le diverse posizioni giuridiche che i soggetti possono avere in un rapporto giuridico. Situazioni giuridiche soggettive attive 1. Il diritto soggettivo è una delle situazioni giuridiche attive più importanti. Si tratta del potere riconosciuto a una persona di agire per soddisfare un proprio interesse che è protetto dall’ordinamento giuridico. È quindi un vero e proprio "potere di agire". Un esempio classico di diritto soggettivo è quello dell’art. 2043 del Codice Civile, che vieta di arrecare danni ad altri. Se qualcuno subisce un danno, ha il diritto soggettivo di chiedere un risarcimento, ma può anche decidere di non farlo. Non tutti gli interessi individuali sono considerati giuridicamente rilevanti: solo quelli protetti dalla legge possono costituire un diritto soggettivo. La tutela giuridica è quindi essenziale per qualificare un interesse personale come diritto soggettivo. 2. La potestà è un concetto diverso dal diritto soggettivo. La potestà è un potere-dovere conferito a una persona, non per soddisfare un suo interesse personale, ma per proteggere gli interessi di altri. Un esempio tipico è la potestà dei genitori sui figli: i genitori hanno il potere di prendere decisioni per i figli, ma sempre nell'interesse dei figli stessi. La potestà, quindi, comporta un potere, ma anche un dovere legato a quel potere. 3. Le facoltà sono parte del diritto soggettivo e ne sono una manifestazione. Esse non esistono autonomamente, ma dipendono dall'esistenza di un diritto soggettivo più ampio. Ad esempio, un proprietario di un terreno ha il diritto soggettivo di proprietà e, come manifestazione di questo diritto, ha la facoltà di costruire una casa sul terreno. Finché il diritto di proprietà esiste, esistono anche le facoltà connesse. 4. L’aspettativa si riferisce a situazioni in cui una persona si trova in una posizione di attesa per acquisire un diritto futuro. Questo avviene quando l'acquisizione di un diritto dipende dal verificarsi di un evento futuro. Un esempio classico è l’eredità subordinata a una condizione, come la laurea: l'erede non ha ancora il diritto all'eredità finché non si laurea, ma si trova in una posizione di aspettativa, giuridicamente tutelata. 5. Lo status è una qualità giuridica che deriva dalla posizione di una persona in una collettività o in un gruppo sociale. Può essere di diritto pubblico (come lo status di cittadino) o di diritto privato (come lo status di figlio o di coniuge). Lo status definisce i diritti e i doveri che una persona ha per il solo fatto di appartenere a un determinato gruppo o categoria sociale. Ad esempio, lo status di cittadino italiano attribuisce diritti e doveri diversi rispetto a chi non ha questa cittadinanza. Collocazione logica dei concetti Questi concetti si collocano all'interno di una gerarchia logica. Alla base abbiamo il rapporto giuridico, che è il legame tra due o più soggetti regolato dal diritto. All'interno di questo rapporto, possiamo trovare le situazioni giuridiche attive, che sono i poteri, diritti o facoltà che il soggetto attivo può esercitare. Il diritto soggettivo è il più ampio di questi poteri e può includere facoltà o aspettative. La potestà è un potere-dovere che viene esercitato nell’interesse altrui. La facoltà è una manifestazione del diritto soggettivo e dipende dalla sua esistenza. L'aspettativa è una posizione di attesa, giuridicamente tutelata, che può portare a un diritto soggettivo pieno. Infine, lo status è la qualità giuridica che definisce la posizione di una persona nella società o in un gruppo, influenzando i diritti e i doveri a essa connessi. Esercizio del diritto soggettivo L'esercizio del diritto soggettivo consiste nell’agire per proteggere o soddisfare un proprio interesse. Ad esempio, un proprietario può esercitare il diritto di proprietà usando il bene, affittandolo o vendendolo. Tuttavia, è importante distinguere l’esercizio del diritto dalla realizzazione dell’interesse: l'esercizio consiste nell'azione (come decidere di affittare una casa), mentre la realizzazione si ha quando l’interesse viene effettivamente soddisfatto (come ricevere il pagamento dell'affitto). Se la realizzazione non avviene spontaneamente, il titolare del diritto può ricorrere a mezzi legali, come l’esecuzione forzata. Un esempio di questo è il caso di un creditore che non riceve il pagamento: può richiedere l’espropriazione dei beni del debitore. Abuso del diritto soggettivo Si parla di abuso del diritto quando il titolare usa il proprio diritto non per soddisfare l’interesse che la legge protegge, ma per fini diversi o eccessivi. Questo comportamento è vietato dall’ordinamento (ad esempio, art. 833 del Codice Civile). Un esempio di abuso del diritto è il proprietario di un terreno che costruisce un muro altissimo solo per disturbare il vicino, pur avendo il diritto di costruire. Categorie di diritti soggettivi Esistono tre categorie principali di diritti soggettivi: 1. Diritti assoluti: Sono diritti che possono essere fatti valere verso tutti (erga omnes), come il diritto di proprietà o i diritti della personalità (ad esempio, il diritto al nome o all’immagine). Questi diritti richiedono che tutti gli altri rispettino il diritto del titolare. 2. Diritti relativi: Possono essere fatti valere solo nei confronti di una o più persone determinate. Un esempio è il diritto di credito, che può essere esercitato solo nei confronti di una persona specifica (il debitore), che ha l’obbligo di adempiere. 3. Diritti potestativi: Danno al titolare il potere di modificare unilateralmente la situazione giuridica di un’altra persona, senza che questa possa opporsi. Un esempio è il diritto di chiedere la divisione di un bene in comunione. Diritti personali di godimento Infine, i diritti personali di godimento sono diritti che nascono da un rapporto contrattuale, come la locazione. In questo caso, il locatario ha un diritto relativo nei confronti del proprietario (perché deriva da un contratto) e, allo stesso tempo, un diritto assoluto nei confronti di tutti gli altri, che devono rispettare il suo diritto di godere del bene. In conclusione, l’esercizio dei diritti soggettivi, la distinzione tra diritti assoluti, relativi, potestativi, e i diritti personali di godimento, sono fondamentali per comprendere come funzionano i rapporti giuridici e quali poteri o doveri ne derivano. Situazioni di fatto "L’ordinamento giuridico italiano inoltre offre una protezione provvisoria contro la violenza e il dolo altrui anche nelle situazioni di fatto in cui un soggetto può trovarsi rispetto a un bene. In queste circostanze, l'ordinamento attribuisce alcuni effetti giuridici anche alle situazioni di fatto, come il possesso e la detenzione. Il possesso è la situazione in cui una persona esercita il potere su un bene con l'intenzione di comportarsi come proprietario, mentre la detenzione implica il controllo di un bene ma senza l'intenzione di farlo proprio. Queste situazioni di fatto, inoltre, possono avere rilevanza in diversi ambiti, come il diritto societario, il pre-uso di un marchio, il diritto di famiglia, i rapporti di lavoro e la mezzadria. Situazioni soggettive passive Passando alle situazioni soggettive passive, possiamo identificare quattro figure principali: 1. Il dovere generico di astensione: Questo dovere incombe su tutti, ed è il rovescio del diritto assoluto. Ad esempio, ogni persona ha il dovere di astenersi dal ledere un diritto assoluto altrui, come il diritto alla proprietà o alla vita. 2. L'obbligo: L’obbligo si riferisce alla posizione del soggetto passivo in un rapporto obbligatorio. In questo contesto, il soggetto passivo è tenuto a compiere una prestazione, che corrisponde alla pretesa, ossia il diritto del soggetto attivo di esigere tale comportamento. 3. La soggezione: Questo concetto è legato al diritto potestativo, dove un soggetto è tenuto a subire gli effetti di una decisione presa da un altro soggetto che ha un potere giuridico. Un esempio classico è il diritto di un coniuge di chiedere la separazione, che impone l'effetto giuridico della separazione all'altro coniuge. Infine, occorre distinguere queste situazioni passive dalla figura dell'onere. L’onere si verifica quando un soggetto ha la possibilità di esercitare un diritto, ma per farlo deve adempiere a una certa condizione. Questo adempimento, tuttavia, non è obbligatorio perché è previsto nell’interesse dello stesso soggetto e non comporta sanzioni in caso di mancato rispetto. Un esempio tipico è quello del compratore che, se vuole avvalersi della garanzia per i vizi della cosa acquistata, ha l’onere di denunciare i vizi entro otto giorni dalla loro scoperta, come previsto dall’articolo 1495 del Codice Civile. Tuttavia, se non lo fa, perde il diritto alla garanzia, ma non è soggetto a una sanzione." Vicende del rapporto giuridico Il rapporto giuridico si costituisce nel momento in cui un soggetto attivo acquista un diritto soggettivo. Questo acquisto può avvenire in due modi: 1. A titolo derivativo, quando il diritto si trasmette da una persona a un'altra. Questo fenomeno viene definito successione. 2. A titolo originario, quando il diritto soggettivo sorge a favore di una persona senza essere trasmesso da nessuno. Il titolo d’acquisto o causa adquirendi è l’atto che giustifica il passaggio di questo diritto. Quando c'è una successione, la persona che perde il diritto è chiamata dante causa o autore, mentre chi lo acquista viene definito successore o avente causa. È importante notare che la successione si verifica solo nel caso di acquisto derivativo, non in quello originario. L'acquisto a titolo derivativo può essere di due tipi: Derivativo-traslativo, quando si trasmette esattamente lo stesso diritto che aveva il precedente titolare. Derivativo-costitutivo, quando al nuovo titolare viene attribuito un diritto diverso, ma che scaturisce comunque dal diritto del precedente titolare. In questo caso, il nuovo diritto assorbe o limita in parte il contenuto del diritto originale. In entrambe le forme, il nuovo soggetto entra in possesso del diritto con lo stesso contenuto che aveva il precedente titolare. Quando si parla di successione, possiamo distinguerla in due tipologie: Successione a titolo universale, dove una persona subentra in tutti i rapporti attivi e passivi del dante causa. Un esempio tipico è la fusione tra società, in cui una società subentra in tutti i rapporti di un'altra. Successione a titolo particolare, dove una persona subentra solo in un determinato diritto o rapporto giuridico, come ad esempio nel caso della morte di una persona, quando l'erede acquisisce solo specifici beni o diritti. L’ultima vicenda di un rapporto giuridico è la sua estinzione. Il rapporto si estingue quando il titolare perde il diritto, ma questo non viene trasmesso ad altri. Tuttavia, non tutti i diritti soggettivi possono essere trasferiti o rinunciati. Esistono i cosiddetti diritti disponibili, di cui il titolare può liberamente disporre, e i diritti indisponibili, che non possono essere né trasferiti né abbandonati. In genere, questi diritti indisponibili sono quelli che soddisfano un interesse superiore, come le potestà genitoriali e i diritti familiari. Soggetti del rapporto giuridico Il soggetto del rapporto giuridico è colui a cui fanno capo le situazioni giuridiche soggettive, come i diritti e gli obblighi. In altre parole, è il soggetto che ha la capacità di essere titolare di diritti e doveri. Questa capacità di essere titolare di situazioni giuridiche soggettive è definita capacità giuridica. Nel nostro ordinamento, la capacità giuridica compete a diverse categorie: 1. Le persone fisiche, ossia gli esseri umani. 2. Gli enti, che possono essere divisi in due categorie principali: ○ Gli enti con personalità giuridica, come le associazioni riconosciute e le società di capitali, che godono di autonomia patrimoniale perfetta, ossia i loro patrimoni sono separati da quelli dei singoli membri. ○ Gli enti senza personalità giuridica, come le associazioni non riconosciute e le società di persone, che invece non hanno questa autonomia patrimoniale e per cui il patrimonio dei membri può essere coinvolto in eventuali obbligazioni dell'ente. 3. Altre strutture organizzate, che la legge tratta, almeno per certi fini, come centri autonomi di imputazione di situazioni giuridiche soggettive, come il condominio. Capacità giuridica e persona fisica Passiamo ora alla persona fisica. La capacità giuridica della persona fisica è l'idoneità a diventare titolare di diritti e doveri. Questa capacità è riconosciuta a tutti gli esseri umani, senza alcuna distinzione, come sancito dall’articolo 3 della Costituzione Italiana, che afferma che 'tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge'. Tuttavia, questa capacità giuridica non è limitata ai soli cittadini italiani. Anche agli stranieri viene riconosciuta, con il limite del principio di reciprocità. In altre parole, gli stranieri possono godere dei diritti civili solo se nel loro Paese i cittadini italiani godono di pari diritti. Tuttavia, ci sono alcuni diritti fondamentali della persona umana che vengono garantiti a tutti, indipendentemente dalla cittadinanza, grazie al diritto interno e alle convenzioni internazionali. Quando si acquista la capacità giuridica? La capacità giuridica viene acquisita al momento della nascita, come previsto dall’articolo 1 del Codice Civile. La nascita si considera avvenuta quando c'è piena indipendenza dal corpo materno, che si realizza con l'inizio della respirazione polmonare. Quindi, anche se il neonato non è vitale, il semplice fatto della nascita gli attribuisce la capacità giuridica. Entro dieci giorni dalla nascita, l’evento deve essere dichiarato all'ufficiale di stato civile per la formazione dell'atto di nascita, che serve a ufficializzare l’esistenza giuridica del neonato. La capacità giuridica si perde con la morte, che viene definita come la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo. Determinare la morte, però, è diventato sempre più complesso con l’avanzare delle tecniche di rianimazione, che possono prolungare alcune funzioni vitali. Anche in questo caso, entro 24 ore dalla morte, il decesso deve essere dichiarato all'ufficiale di stato civile per la formazione dell’atto di morte. Nel nostro ordinamento, oltre alla capacità giuridica generale, esistono delle incapacità speciali, che limitano l’accesso a determinati rapporti giuridici. La capacità giuridica generale, che si acquisisce alla nascita, infatti, non sempre è sufficiente per accedere a tutti i rapporti o compiere tutti gli atti giuridici. In alcuni casi, sono richiesti ulteriori presupposti. Ad esempio, la capacità matrimoniale si acquisisce al compimento dei 16 anni di età, mentre la capacità di testare si acquista solo con il compimento della maggiore età, quindi a 18 anni. Queste incapacità speciali si distinguono in due categorie: Incapacità assolute: in questo caso, il soggetto è completamente escluso dalla possibilità di accedere a quel determinato tipo di rapporto o di atto. Ad esempio, un minore non può in alcun caso stipulare un contratto senza l’assistenza di un tutore o di un genitore. Incapacità relative: qui, il soggetto può accedere a quel tipo di rapporto o di atto, ma solo con determinate persone o in specifiche circostanze. Un esempio potrebbe essere il divieto di sposarsi con un parente diretto. Queste incapacità speciali rappresentano, quindi, delle limitazioni della capacità giuridica. I diritti del concepito Un altro aspetto importante da considerare è quello del concepito. Sebbene non ancora nato, il concepito gode di una certa protezione giuridica. Per esempio, l'articolo 462 del Codice Civile prevede che il concepito abbia la capacità di succedere per causa di morte, sia per legge che per testamento. In altre parole, se una persona muore prima che il bambino nasca, quest’ultimo può ereditare a condizione che nasca vivo. Accanto alla capacità di succedere, il legislatore riconosce anche ai nascituri non ancora concepiti la capacità di ricevere per donazione, come stabilito dall'articolo 784 del Codice Civile. In questo caso, si tratta di donazioni fatte in favore dei figli di una persona vivente al momento della donazione, anche se questi figli non sono ancora stati concepiti. La giurisprudenza ha anche riconosciuto al concepito il diritto al risarcimento del danno per eventuali danni alla salute o all'integrità fisica subiti prima o durante il parto, oppure per il danno derivante dall’uccisione del padre durante la gestazione. Tuttavia, è importante notare che questi diritti potranno essere fatti valere solo se il concepito nasce vivo. La capacità di agire Un'altra nozione fondamentale è la capacità di agire. Questa rappresenta l’idoneità del soggetto a compiere in proprio atti negoziali, cioè a svolgere azioni destinate a produrre effetti giuridici nella sua sfera. È importante sottolineare che la capacità di agire presuppone la capacità giuridica, ma non si confonde con essa. Un soggetto può avere la capacità giuridica (quindi essere titolare di diritti e doveri) senza però avere la capacità di agire, come accade ai minori. La capacità di agire si acquisisce al compimento dei 18 anni, che coincide con il raggiungimento della maggiore età, come stabilito dall’articolo 2 del Codice Civile. Tuttavia, per proteggere quei soggetti che non hanno piena autonomia, come nel caso di minori o persone affette da malattie fisiche o mentali, il codice prevede una serie di istituti di protezione, come la minore età, che garantisce una tutela fino al raggiungimento della maggiore età. La minore età La legge 8 marzo 1975 ha stabilito che la maggiore età si raggiunge con il compimento dei 18 anni. A partire da quel momento, l'individuo acquisisce la piena capacità di compiere tutti gli atti giuridici per i quali non è richiesta un’età diversa. Gli atti compiuti da un minorenne sono di solito annullabili, a meno che il minore non abbia non solo dichiarato falsamente di essere maggiorenne, ma anche nascosto con inganno la sua vera età. In tal caso, l'atto non può essere impugnato dalla controparte maggiorenne, ma solo dal minore o dal suo legale rappresentante entro cinque anni dal raggiungimento della maggiore età. Questo tipo di contratto si definisce 'claudicante'. Nella vita quotidiana, però, ai minori è consentito stipulare alcuni contratti, come l'acquisto di un biglietto dell'autobus, poiché si tratta di atti necessari per soddisfare le esigenze ordinarie della vita. La gestione del patrimonio del minore spetta esclusivamente ai genitori. Essi possono agire disgiuntamente per atti di ordinaria amministrazione, come la riscossione di un affitto. Per gli atti di straordinaria amministrazione, come la vendita di un immobile, i genitori devono agire congiuntamente e ottenere l’autorizzazione preventiva del giudice tutelare. Se i genitori compiono tali atti senza autorizzazione, questi sono annullabili. Nel caso in cui uno dei genitori sia deceduto, la gestione del patrimonio passa all'altro genitore. Se entrambi i genitori sono impossibilitati, la rappresentanza del minore viene affidata a un tutore nominato dal giudice tutelare, il quale deve sempre ottenere l'autorizzazione per compiere atti significativi. L’interdizione giudiziale L'interdizione giudiziale comporta per l'interdetto una condizione simile a quella del minore. La persona interdetta non può compiere atti negoziali, tranne quelli necessari alla vita quotidiana. L'interdizione preclude inoltre la possibilità di sposarsi, riconoscere figli naturali o fare testamento. Presupposti per l'interdizione (art. 414 c.c.): 1. Infermità di mente. 2. Abitualità dell'infermità: l'infermità deve essere non transitoria. 3. Incapacità di provvedere ai propri interessi: causata dall'infermità. 4. Necessità di protezione: serve per garantire una tutela adeguata alla persona. Soggetti che possono promuovere il procedimento di interdizione (art. 417 c.c.): 1. L'interdicendo stesso. 2. Il coniuge. 3. La persona convivente stabilmente. 4. I parenti entro il quarto grado. 5. Gli affini entro il secondo grado. 6. Il pubblico ministero. Fasi del procedimento di interdizione: 1. Promozione del procedimento (art. 417 c.c.). 2. Esame diretto dell'interdicendo da parte del giudice (art. 419 c.c.). 3. Nomina di un tutore provvisorio (art. 419 c.c.), se il giudice lo ritiene necessario. 4. Rappresentanza legale: fino al termine del giudizio, l'interdicendo è rappresentato dal tutore provvisorio. 5. Annullabilità degli atti compiuti dall'interdicendo prima della nomina del tutore provvisorio (art. 427 c.c.). Effetti dell'interdizione: Decorrono dalla pubblicazione della sentenza di primo grado (art. 421 c.c.). La sentenza viene annotata nel registro delle tutele e sull'atto di nascita (art. 423 c.c.). Revoca dell'interdizione (art. 429 c.c.): Se i presupposti dell'interdizione vengono meno, il tribunale può revocarla con una nuova sentenza. L’interdizione legale L'interdizione legale è un'ulteriore forma di incapacità d'agire, prevista come pena accessoria nel codice penale. Essa si applica a chi viene condannato a una pena detentiva di almeno 5 anni. La durata dell'interdizione legale corrisponde alla durata della pena detentiva, quindi ha una funzione sanzionatoria. Caratteristiche principali dell'interdizione legale: 1. Condizioni: si applica a chi viene condannato a una reclusione non inferiore a 5 anni. 2. Durata: coincide con la durata della pena. 3. Effetti: ○ Per quanto riguarda la gestione e la disponibilità dei beni, si applicano le stesse norme previste per l'interdetto giudiziale. ○ Non ci sono conseguenze per gli atti a carattere personale, quindi l'interdetto legale non perde la capacità di compiere questi atti L’incapacità relativa L'incapacità relativa o parziale si verifica quando un soggetto può compiere atti di ordinaria amministrazione, ma non può compiere da solo atti che incidono sul patrimonio, per i quali necessita l'assistenza di un curatore (artt. 394 e 424 c.c.). Questo tipo di incapacità riguarda il minore emancipato e l'inabilitato. Emancipazione: L'emancipazione può essere ottenuta solo dal minore che viene autorizzato dal tribunale a contrarre matrimonio prima dei 18 anni (art. 84, c. 2 c.c.). Il matrimonio emancipa automaticamente il minore senza ulteriori provvedimenti (art. 390 c.c.). Se il minore emancipato è sposato con un maggiorenne, quest'ultimo diventa curatore. In caso contrario, il giudice tutelare nomina un curatore, preferibilmente tra i genitori. Inabilitazione: L'inabilitazione viene pronunciata dal giudice nei confronti di un soggetto la cui infermità di mente non è così grave da richiedere l'interdizione (art. 415 c.c.). Altre cause di inabilitazione includono la prodigalità, l'abuso abituale di alcol o stupefacenti, il sordomutismo o la cecità dalla nascita o dalla prima infanzia. Il procedimento per l'inabilitazione è simile a quello dell'interdizione, e la rev La revoca può essere richiesta quando cessano le cause che l'hanno motivata. Amministrazione di sostegno L’amministrazione di sostegno è una misura di protezione prevista per chi, a causa di un'infermità o menomazione fisica o psichica, non riesce a gestire autonomamente i propri interessi. Questa procedura si apre con un decreto motivato del giudice tutelare quando sono soddisfatti due presupposti (art. 404 c.c.): a) infermità o menomazione fisica o psichica; b) incapacità del soggetto di provvedere ai propri interessi a causa di tale condizione. Rispetto all’interdizione, l’amministrazione di sostegno può essere attivata anche per menomazioni fisiche o psichiche meno gravi, che incidano solo su alcuni aspetti della personalità. Si applica solo a maggiorenni, in quanto i minorenni sono già tutelati dalla legge. Promozione del procedimento (art. 406 c.c.): Può essere richiesto dallo stesso beneficiario, dal coniuge, dalla persona convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore, o dal pubblico ministero. Fasi del procedimento: 1. Promozione della procedura. 2. Audizione personale dell’interessato (art. 407 c.c.). 3. Il giudice può nominare un amministratore di sostegno provvisorio in caso di urgenza (art. 405 c.c.). 4. Gli effetti dell’amministrazione di sostegno decorrono dal deposito del decreto, che viene annotato e comunicato all’ufficiale di stato civile per l'annotazione sull'atto di nascita. Nomina dell’amministratore di sostegno (art. 408 c.c.): Il giudice nomina la persona indicata dall’interessato (mediante atto pubblico o scrittura privata) o, in mancanza, sceglie tra i familiari. Poteri dell’amministratore di sostegno: Il giudice stabilisce: a) gli atti che l’amministratore può compiere in nome del beneficiario; b) gli atti per cui deve prestare assistenza. Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti non specificati dal giudice. Gli atti compiuti in violazione delle disposizioni di legge o eccedendo i poteri conferiti sono annullabili (art. 412 c.c.). L’incapacità naturale L'incapacità naturale riguarda una persona che, pur essendo legalmente capace, non è in grado di intendere o di volere nel momento in cui compie un atto giuridico (art. 428 c.c.). Questa condizione può essere sia permanente (come nel caso di un infermo di mente o di un malato grave), sia temporanea (come per un ubriaco o una persona sotto l’effetto di droghe). Ciò che conta è il momento preciso in cui l'atto viene posto in essere. Se in quel momento la persona non è capace di intendere o di volere, l'atto può essere impugnato in base a tre diverse situazioni: 1. Atti unilaterali (es. accettazione di un’eredità dannosa): per annullare l'atto, devono esserci sia l'incapacità naturale sia un grave pregiudizio a danno dell'incapace. 2. Contratti: oltre all’incapacità di intendere o di volere, l'invalidità dell'atto richiede che l'altro contraente agisca in mala fede, cioè consapevole dell’incapacità dell’altra parte. 3. Atti personali (matrimonio, testamento, donazione): sono impugnabili solo dimostrando che il soggetto non era capace di intendere o di volere al momento in cui ha compiuto l'atto. In questi casi, l'incapacità naturale ha rilevanza giuridica e può portare all'invalidità dell'atto se sono soddisfatte le condizioni previste per ogni tipologia di atto. Incapacità naturale / Incapacità legale Incapacità legale ed incapacità naturale Incapacità legale: riguarda il fatto che una persona si trovi in una determinata condizione giuridica che la rende incapace di compiere atti giuridici. Esempi di incapacità legale includono la minore età, l'interdizione giudiziale, l'interdizione legale, l'inabilitazione, l'emancipazione e l'amministrazione di sostegno. In queste situazioni, la legge stabilisce in maniera oggettiva l'incapacità del soggetto. Incapacità naturale: si riferisce a una situazione concreta e temporanea in cui una persona, pur essendo legalmente capace, non è in grado di intendere o volere al momento in cui compie un atto giuridico. Questa condizione può derivare da uno stato di infermità fisica o mentale, anche solo momentaneo, come un malore o uno stato di ebbrezza. La rilevanza giuridica dell'incapacità naturale dipende dal momento preciso in cui viene posto in essere l'atto negoziale. La legittimazione e l'apparenza Legittimazione: è l'idoneità di una persona a esercitare o disporre di un determinato diritto. Un soggetto è legittimato quando ha il potere di disporre di un diritto (ad esempio, il proprietario di un bene è legittimato a venderlo) o quando è qualificato a esercitare quel diritto (ad esempio, un rappresentante legale può agire in nome e per conto di un minore). Apparenza: in alcuni casi, la legittimazione non coincide con la titolarità del diritto. In questi casi, l'ordinamento può riconoscere la validità degli atti basati sull'apparenza, cioè sulla ragionevole convinzione di una persona che la situazione di fatto corrisponda a una situazione di diritto. Ad esempio, se acquisto un bene mobile (come un vestito) da una persona che non ne è proprietaria, posso comunque diventare proprietario del bene, se ne ho ricevuto la consegna e ho agito in buona fede, ignorando che il venditore non ne fosse legittimato. La giurisprudenza tende a riconoscere il principio dell'apparenza in presenza di due presupposti: 1. Una situazione di fatto che non corrisponde alla situazione di diritto. 2. L'errore scusabile da parte del terzo, che ha ragionevolmente creduto che la situazione di fatto corrispondesse a quella di diritto. La sede della persona Il luogo in cui una persona vive e svolge la propria attività ha diverse implicazioni giuridiche. La legge distingue: 1. Domicilio (art. 43 c.c.): ○ Luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari, morali e familiari. ○ Può essere legale (fissato dalla legge) o volontario (eletto dall’interessato). 2. Residenza: ○ Luogo in cui la persona ha la sua dimora abituale e volontaria. 3. Dimora: ○ Luogo in cui la persona attualmente abita, anche temporaneamente. Per quanto riguarda i minori, hanno il domicilio del genitore con cui convivono (art. 45 c.c.). È possibile stabilire un domicilio speciale per determinati affari, a differenza del domicilio generale. La cittadinanza La cittadinanza indica l'appartenenza di un individuo a uno Stato. In Italia, si acquisisce: 1. Iure sanguinis: ○ Per nascita, se uno o entrambi i genitori sono cittadini italiani. I figli adottivi di un cittadino italiano acquisiscono la cittadinanza tramite adozione. 2. Iure soli: ○ Chi nasce nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi. 3. Per iuris communicatio: ○ Il coniuge straniero di un cittadino italiano può acquisire la cittadinanza se ne fa richiesta, risiedendo in Italia da almeno sei mesi o essendo sposato da almeno tre anni. 4. Per naturalizzazione/concessione: ○ La cittadinanza può essere concessa a stranieri che risiedono in Italia per almeno tre anni, a cittadini di paesi della CEE che risiedono in Italia per almeno quattro anni, e ad apolidi che risiedono in Italia da almeno cinque anni. La legge consente la doppia cittadinanza e il riacquisto della cittadinanza perduta. L’art. 22 della Costituzione stabilisce che nessuno può essere privato della cittadinanza per motivi politici. La posizione della persona nella famiglia Il rapporto tra i membri di una famiglia crea diritti e doveri (status familiae). Parentela: ○ Vincolo tra le persone che discendono da un comune progenitore (art. 74 c.c.). ○ Linee: Linea retta: unisce le persone che discendono direttamente l'una dall'altra (es. nonno-nipote, padre-figlio). Linea collaterale: unisce persone che hanno un comune progenitore, ma non discendono l'una dall'altra (es. fratelli, zio e nipote). ○ Gradi: Si calcolano sottraendo uno dal totale delle persone coinvolte. Es. tra padre e figlio vi è parentela di primo grado; tra fratelli di secondo grado (3-1=2); tra nonno e nipote di secondo grado; tra cugini di quarto grado. La legge riconosce effetti alla parentela solo fino al sesto grado (art. 77 c.c.). Affinità: ○ Vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro (art. 78 c.c.). ○ Il grado di affinità si basa sul grado di parentela dell'affine con il coniuge. Ad esempio, suocera e nuora sono affini di primo grado; cognati di secondo grado. La morte di un coniuge non estingue l'affinità, mentre un matrimonio nullo la estingue. Scomparsa, assenza e morte presunta La personalità giuridica si estingue con la morte. La morte cerebrale è considerata decisiva. La legge punisce l'istigazione al suicidio, ma non il tentativo. 1. Persona scomparsa: ○ Si verifica quando una persona si allontana senza dare notizie. Il tribunale può nominare un curatore per gestire il patrimonio dello scomparso (art. 48 c.c.). 2. Assenza: ○ Situazione che si verifica quando la scomparsa dura più di due anni. Dichiarata con sentenza, permette l'apertura dei testamenti e l'immissione in possesso temporaneo dei beni per i presunti eredi (art. 49-50 c.c.). Non scioglie il matrimonio dell’assente. 3. Morte presunta: ○ Dichiarata dal tribunale dopo un periodo di tempo maggiore di assenza o in caso di eventi che fanno probabile la morte (guerra, incidenti). Gli aventi diritto possono disporre dei beni e il coniuge può risposarsi (art. 63-65 c.c.). Tuttavia, la persona che torna recupera i beni nello stato in cui si trovano, e il nuovo matrimonio del coniuge è invalido (art. 66-68 c.c.). Atti dello stato civile Le principali vicende della persona sono registrate negli atti dello stato civile, che sono pubblici (art. 450 c.c.) e comprendono: 1. Registro di cittadinanza. 2. Registro di nascita. 3. Registro di matrimonio. 4. Registro di morte. Questi registri assolvono anche alla funzione di pubblicità e notizia delle vicende principali della persona fisica. I diritti della personalità I diritti della personalità, sanciti dall’art. 2 della Costituzione, sono diritti inviolabili riconosciuti a ciascun individuo, sia come singolo che nelle formazioni sociali. Questi diritti mirano a proteggere il cittadino contro gli abusi dello Stato, garantendogli una sfera di libertà intangibile (giusnaturalismo, Locke, welfare state). Essi non sono tutelati solo contro lo Stato, ma anche contro altri individui, grazie a norme penali e civili che proteggono l'integrità fisica (art. 5 c.c.), il nome (artt. 6-9 c.c.) e l’immagine (art. 10 c.c.). L’art. 2 della Costituzione non si riferisce solo ai diritti esplicitamente indicati, ma include anche quelli che la coscienza sociale considera essenziali per la persona. Pertanto, l'elenco dei diritti inviolabili è aperto e storicamente condizionato. La giurisprudenza, inoltre, ha ampliato nel tempo l'ambito di tali diritti, tenendo conto di norme internazionali come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, la CEDU e la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Le disposizioni di questi trattati possono essere invocate direttamente davanti al giudice nazionale. I diritti della personalità hanno cinque caratteri distintivi: 1. Necessari: competono a tutte le persone fisiche. 2. Imprescrittibili: non si estinguono per non uso. 3. Assoluti: sono tutelabili erga omnes. 4. Non patrimoniali: non possono essere valutati economicamente. 5. Indisponibili: non possono essere oggetto di rinuncia. Tra i diritti più importanti, troviamo: Diritto alla salute (art. 32 Cost.): tutela l'individuo e la collettività, prevedendo cure gratuite per gli indigenti e trattamenti obbligatori solo per malattie pericolose. È previsto l'indennizzo per chi subisce danni da trattamenti obbligatori e il consenso informato è necessario prima di qualsiasi intervento sanitario. Sono inoltre consentiti espianti e trapianti di organi nel rispetto di condizioni specifiche. Diritto alla vita: riconosciuto indirettamente dall’art. 27 Cost., che vieta la pena di morte, conferendo alla vita un carattere di intangibilità. Diritto al nome: identifica socialmente la persona ed è regolato dagli artt. 6-9 c.c. Il nome è protetto da usurpazione e utilizzo abusivo. Diritto all’integrità morale: tutela l'onore, il decoro e la reputazione della persona, con sanzioni civili e penali per le offese. Diritto all’immagine: vieta l’esposizione o la pubblicazione del ritratto altrui senza consenso, salvo in alcuni casi legittimi come per personaggi pubblici o per scopi di giustizia. Diritto alla riservatezza: riconosce a ciascuno la possibilità di escludere intrusioni nella propria vita privata, salvo motivi di interesse pubblico. È regolato dal Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs 196/2003). Diritto all’identità personale: garantisce la rappresentazione veritiera di sé stessi, senza distorsioni della propria immagine o storia. Questi diritti proteggono la dignità e l'identità dell'individuo nella sua integrità fisica, morale e sociale Gli enti: soggettività giuridica e personalità giuridica Nel nostro ordinamento, i soggetti di diritto (titolari di situazioni giuridiche soggettive) sono: le persone fisiche, gli enti (ad esempio, la responsabilità per atto illecito come nel caso di un'auto dei carabinieri che investe un pedone). Soggettività giuridica Un ente giuridico è un ente dotato di soggettività giuridica, ossia la capacità di essere titolare di situazioni giuridiche soggettive. La soggettività giuridica permette all'ente di possedere e gestire beni e diritti, contrarre obbligazioni e rispondere patrimonialmente per le proprie azioni. Esempi di situazioni giuridiche soggettive includono la proprietà, il credito, il debito e la responsabilità patrimoniale. Personalità giuridica Gli enti che godono di personalità giuridica sono dotati di autonomia patrimoniale perfetta, il che significa che rispondono delle loro obbligazioni solo con il proprio patrimonio. Esempi di enti dotati di personalità giuridica sono le associazioni riconosciute e le società di capitali. Gli organi degli enti Gli enti agiscono attraverso persone fisiche che ricoprono il ruolo di organi dell'ente. Questi si distinguono in: Organi interni, che gestiscono l'organizzazione interna, Organi esterni, che hanno poteri di rappresentanza verso l'esterno. Classificazione degli enti Gli enti possono essere distinti in base a diversi criteri: 1. Enti pubblici: ○ Enti giuridici pubblici (art. 11 c.c.), come lo Stato, le Regioni, i Comuni e altri enti pubblici (INPS, INAIL). ○ Essi possono esercitare poteri autoritativi (ad esempio, esproprio), ma possono anche agire mediante strumenti privatistici. 2. Enti privati: ○ Possono essere registrati (associazioni riconosciute, fondazioni) o non registrati (associazioni non riconosciute, società semplici). ○ Alcuni sono dotati di personalità giuridica, mentre altri ne sono privi. ○ Gli enti a struttura associativa (basati su un contratto e una pluralità di persone) possono avere finalità di lucro o finalità ideali (non profit). Associazioni e società La differenza tra associazione e società risiede nel loro scopo: l’associazione ha finalità non economiche (no profit), mentre la società ha uno scopo lucrativo. Le associazioni, sebbene possano svolgere attività economiche, non distribuiscono gli utili tra gli associati ma li destinano allo scopo dell'ente. Associazioni riconosciute e non riconosciute Le associazioni riconosciute godono di personalità giuridica e, quindi, di autonomia patrimoniale perfetta. Acquistano personalità giuridica con l’iscrizione nel Registro delle persone giuridiche presso le Prefetture. Le associazioni non riconosciute, pur avendo capacità giuridica, non godono di autonomia patrimoniale perfetta. Le responsabilità economiche e legali ricadono su coloro che agiscono in nome dell’associazione. La fondazione La fondazione è un ente che persegue uno scopo non economico, avvalendosi di un patrimonio vincolato alla realizzazione di tale scopo. La fondazione può essere costituita mediante un atto inter vivos o tramite testamento. Per il riconoscimento, la fondazione deve presentare atto costitutivo, statuto e atto di dotazione presso la Prefettura competente. L’oggetto del rapporto giuridico Il concetto di bene nel diritto italiano si riferisce a tutto ciò che può essere oggetto di diritti. Tuttavia, è importante distinguere tra cose e beni: una cosa è una parte della materia, mentre un bene è una cosa che può essere utile e soggetta a appropriazione. Non sono considerati beni le cose che non possono essere utilizzate (ad esempio, i giacimenti sulle stelle) o quelle di cui tutti possono fruire (come l'aria o la luce). Giuridicamente, il bene è più legato al diritto sulla cosa (ad esempio, nuda proprietà, usufrutto, locazione) piuttosto che alla cosa in sé. Categorie di beni: 1. Beni materiali e immateriali: ○ Materiali: sono percepibili con i sensi e hanno corporeità (ad esempio, edifici, energia elettrica). ○ Immateriali: includono diritti negoziabili come il credito, strumenti finanziari, dati personali, opere d'ingegno e idee (es. know-how). 2. Beni mobili e immobili: ○ Immobili: il suolo, corsi d'acqua e tutto ciò che è incorporato ad esso (es. edifici). ○ Mobili: tutto ciò che non è immobile (compresi beni registrati come automobili, navi e aeromobili). 3. Beni fungibili e infungibili: ○ Fungibili: beni individuati per appartenenza a un genere (es. denaro, titoli di Stato). ○ Infungibili: beni con specifica identità (es. opere d'arte, immobili). 4. Beni consumabili e inconsumabili: ○ Consumabili: beni che si esauriscono con l'uso (es. cibo, carburante). ○ Inconsumabili: beni che possono essere utilizzati più volte senza perdere la loro consistenza (es. edifici, automobili). 5. Beni divisibili e indivisibili: ○ Divisibili: beni che possono essere divisi in parti senza alterarne la funzione (es. terreno). ○ Indivisibili: beni che non possono essere suddivisi senza comprometterne l’uso (es. un animale vivo). 6. Beni presenti e futuri: ○ Presenti: beni già esistenti e attualmente disponibili. ○ Futuri: beni non ancora esistenti, ma che possono esistere in futuro (es. frutti di un albero). Frutti: 1. Frutti naturali: derivano direttamente da un altro bene (es. prodotti agricoli). 2. Frutti civili: derivano dall'uso di un bene, come interessi o rendite (es. canoni di locazione). Queste distinzioni hanno rilievo giuridico in vari ambiti, come la proprietà, la contitolarità e i rapporti obbligatori. I fatti giuridici Si definiscono fatti giuridici tutti quegli eventi che hanno rilevanza per il diritto e che producono effetti sia nel mondo naturale sia in quello giuridico. Possono essere: Fatti materiali: accadimenti percepibili dai sensi umani (es. l'abbattimento di un albero). Fatti in senso ampio: comprendono omissioni o fatti psicologici (es. il mancato esercizio di un diritto che può portare alla prescrizione). A seconda dell’intervento umano, si distinguono tra: Fatti giuridici in senso stretto o naturali: eventi senza intervento umano (es. morte naturale). Atti giuridici: eventi che richiedono un’azione umana (es. contratti, reati). Gli atti giuridici Gli atti giuridici sono atti umani volontari che producono effetti giuridici. Si distinguono in: Atti leciti: conformi alla legge (es. la presa di possesso di un bene). Atti illeciti: violano norme giuridiche, causando la lesione di diritti altrui (es. fatti illeciti). Tra gli atti leciti, i negozi giuridici sono particolarmente importanti, poiché rappresentano le dichiarazioni di volontà delle parti con l’obiettivo di regolare i loro interessi. Gli atti giuridici in senso stretto si differenziano dai negozi giuridici, poiché producono effetti giuridici indipendentemente dalla volontà dell’autore (es. la costituzione in mora di un debitore). Il negozio giuridico Il negozio giuridico è una manifestazione di volontà a cui l'ordinamento attribuisce effetti giuridici corrispondenti agli interessi perseguiti (es. la vendita di un bene). Nonostante la sua rilevanza, il codice civile non dedica una disciplina specifica al negozio giuridico in generale, ma regola singole figure negoziali come il contratto, il testamento e il matrimonio. Classificazione dei negozi giuridici Struttura soggettiva: ○ Unilaterali: perfezionati con la volontà di una sola parte (es. testamento). ○ Bilaterali o plurilaterali: richiedono la volontà di due o più parti (es. contratti). ○ Atti collegiali: la volontà di più persone si fonde per formare la volontà di una collettività (es. deliberazione di un'assemblea). ○ Atti complessi: la volontà di più parti si unisce per formare un'unica dichiarazione. Funzione: ○ Mortis causa e inter vivos: si distinguono i negozi che producono effetti alla morte (es. testamento) e quelli che producono effetti durante la vita (es. vendita). ○ Patrimoniali e apatrimoniali: i primi riguardano interessi economici, i secondi no (es. negozi familiari). Negozi a titolo gratuito e oneroso Un’altra distinzione riguarda i negozi patrimoniali: A titolo gratuito: un soggetto acquisisce un vantaggio senza dover corrispondere un sacrificio (es. donazione). A titolo oneroso: un soggetto accetta un sacrificio per ottenere un diritto. La rinunzia La rinunzia è un negozio giuridico abdicativo, in cui il titolare di un diritto dichiara di voler dismettere il diritto stesso senza trasferirlo ad altri. Se riguarda un credito, si parla di remissione. Elementi del negozio giuridico Gli elementi del negozio giuridico si distinguono in: Essenziali: necessari per la validità del negozio (es. la volontà, la dichiarazione, la causa). Accidentali: aggiunti dalle parti, ma non indispensabili (es. condizione, termine, modo). Esistono anche i presupposti del negozio, che sono circostanze esterne indispensabili affinché il negozio sia valido (es. capacità della persona, idoneità dell'oggetto). La dichiarazione e la forma La dichiarazione della volontà può essere: Espressa: manifestata con parole o gesti. Tacita: dedotta da comportamenti (es. accettazione implicita). La forma del negozio è generalmente libera, salvo casi specifici in cui è imposta per legge (es. atti relativi ai diritti immobiliari, contratti di donazione). La forma può essere richiesta anche ad substantiam, cioè come requisito per la validità dell'atto (es. art. 1350 c.c.). Bollo e Registrazione degli atti: Bollo: ○ Non è un requisito di forma per la validità di un atto. ○ È imposto dallo Stato per ragioni fiscali (acquisto di carta bollata per versare all'erario). ○ L'inosservanza non comporta nullità del negozio, ma una sanzione pecuniaria. ○ Eccezioni: Cambiale e assegno bancario: se non bollati al momento dell’emissione, sono validi ma non hanno efficacia a titolo esecutivo. Registrazione: ○ Serve prevalentemente per scopi fiscali (deposito del documento presso l’ufficio del registro). ○ Importanza nel diritto privato: attesta la data certa di una scrittura privata, opponibile ai terzi (art. 2704 c.c.). Pubblicità: fini e natura Serve a rendere conoscibili determinati fatti giuridici per farli valere nei confronti di terzi. Avviene mediante l'iscrizione in registri pubblici o la pubblicazione in bollettini ufficiali. Tipi di pubblicità giuridica: 1. Pubblicità notizia: ○ Serve solo a dare informazione di un fatto. ○ L’omissione non incide su validità o efficacia del fatto, ma può comportare sanzioni. ○ Esempi: Imprenditori iscritti alla sezione speciale del Registro delle imprese. Pubblicazioni matrimoniali (art. 93 c.c.). Annotazione della sentenza di interdizione (art. 423 c.c.). 2. Pubblicità dichiarativa: ○ Garantisce l’opponibilità dell’atto ai terzi. ○ L’atto è valido anche senza pubblicità, ma i suoi effetti non sono opponibili a terzi. ○ Esempi: Residenza (art. 19 c.c.). Trascrizioni immobiliari (art. 2644 c.c.). Imprenditori iscritti nella sezione ordinaria del Registro delle imprese (escluse le società di capitali). 3. Pubblicità costitutiva: ○ La pubblicità è necessaria per la validità ed efficacia dell’atto. ○ Senza pubblicità, l’atto non produce effetti neanche tra le parti. ○ Esempi: Iscrizione dell’ipoteca nei registri immobiliari. Acquisto della personalità giuridica di una società per azioni L'Influenza del Tempo sulle Vicende Giuridiche Nel diritto, il tempo gioca un ruolo fondamentale, influenzando il calcolo di termini e l’acquisto o l’estinzione dei diritti soggettivi. È importante sapere che le attività giuridiche devono spesso essere completate entro periodi di tempo specifici, il che richiede regole precise per il calcolo di tali termini. A tal fine, ci si avvale del calendario gregoriano, seguendo anche le disposizioni dell’articolo 2963 del codice civile. Secondo questa norma, il computo dei termini di prescrizione avviene in modo che non si conti il giorno iniziale, ma si computi il giorno finale. Se il termine scade in un giorno festivo, viene prorogato al giorno successivo non festivo. Inoltre, per i termini mensili, si fa riferimento al giorno corrispondente del mese iniziale: ad esempio, un termine di un mese che inizia il 2 ottobre scade il 2 novembre e non il 1 novembre. Qualora nel mese di scadenza manchi il giorno corrispondente, il termine si conclude con l'ultimo giorno dello stesso mese. Il decorso di un determinato periodo di tempo può influenzare l’acquisto o l’estinzione di diritti soggettivi. Quando il tempo favorisce l’acquisto di un diritto, parliamo di usucapione o prescrizione acquisitiva. D’altra parte, l’estinzione dei diritti soggettivi avviene attraverso due istituti distinti: la prescrizione estintiva e la decadenza. Prescrizione Estintiva La prescrizione estintiva si verifica quando il diritto soggettivo si estingue a causa dell’inerzia del titolare, il quale non esercita il proprio diritto per un periodo di tempo determinato dalla legge (art. 2934 cod. civ.). Il fondamento di questo istituto risiede nell’esigenza di certezza nei rapporti giuridici: se un diritto non viene esercitato, le persone possono formarsi l'idea che esso non esista o sia stato abbandonato. La prescrizione estintiva è un istituto di ordine pubblico, il che significa che le norme relative all’estinzione del diritto e i termini stabiliti dalla legge non possono essere derogati (art. 2936 cod. civ.). Le parti non possono rinunciare preventivamente alla prescrizione, né prolungare o abbreviare i termini stabiliti. Tuttavia, è possibile rinunciare alla prescrizione solo dopo il decorso del termine. Un esempio di ciò si verifica quando un debitore, per una questione di principio, decide di pagare un debito anche dopo la scadenza; in questo caso, si configura un’obbligazione naturale (art. 2034 c.c.). In generale, tutti i diritti possono essere soggetti a prescrizione estintiva, tranne i diritti indisponibili, come quelli derivanti da status personali. Inoltre, alcune azioni, come quella di petizione di eredità, sono imprescrittibili. La prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere esercitato. In caso di sospensione e interruzione della prescrizione, ci sono due fattori da considerare: la sospensione avviene quando ci sono cause che giustificano l’inerzia del titolare (es. rapporti tra coniugi o condizioni del titolare come nel caso di minori non emancipati), mentre l’interruzione si verifica quando il titolare compie un atto che comporta l’esercizio del suo diritto o quando il soggetto passivo riconosce il diritto dell’altra parte. Infine, i termini di prescrizione possono essere ordinari, che durano dieci anni, o brevi, per specifici diritti come il risarcimento danni, che si prescrive in cinque anni. Decadenza La decadenza, invece, rappresenta la preclusione dell’esercizio di un diritto, stabilita da un termine perentorio fissato dal legislatore o in un contratto. La sua funzione è quella di limitare i tempi di incertezza delle situazioni giuridiche. A differenza della prescrizione, non sono ammesse interruzioni o sospensioni, salvo che sia diversamente disposto (art. 2964). Per evitare la decadenza, è necessario compiere l’atto prescritto dalla legge o riconoscere il diritto da parte del soggetto contro il quale si può far valere tale diritto. La decadenza può essere legale, prevista dalla legge; giudiziale, fissata dal giudice; o convenzionale, stabilita dalle parti. Se non è fissato alcun termine di decadenza, il diritto sarà soggetto ai normali termini di prescrizione (art. 2967 cod. civ.). La Tutela Giurisdizionale dei Diritti Premessa Quando i diritti soggettivi non vengono rispettati, l'ordinamento di solito non consente al titolare di agire direttamente per la loro tutela, tranne in rare eccezioni note come autotutela. In linea generale, chi desidera far valere un proprio diritto contestato deve rivolgersi al giudice, come stabilito dall'articolo 2907 del codice civile. Tra le situazioni eccezionali che consentono l'autotutela ci sono: Diritto di ritenzione Eccezione di inadempimento Diffida di adempimento Difesa del possesso (in caso di aggressione) Legittima difesa Cenni sui Tipi di Azione Il potere di garantire giustizia spetta allo Stato, ma al cittadino è riconosciuto il diritto di rivolgersi agli organi preposti per ottenere giustizia, dato che non può ottenerla da solo. Questo diritto è definito azione. Chi propone la domanda giudiziale è l'attore, mentre colui contro cui si propone l'azione è il convenuto. Il diritto di agire in giudizio è garantito dall'articolo 24 della Costituzione, il quale afferma che non può essere limitato in alcun modo. In caso di controversia riguardante un diritto soggettivo, si instaura un processo di cognizione, il cui scopo è determinare la regola di diritto applicabile. Le finalità dell'azione di cognizione possono essere: 1. Accertamento dell'esistenza o inesistenza di un rapporto giuridico controverso. 2. Emissione di un comando del giudice alla parte soccombente. 3. Costituzione, modifica o estinzione di rapporti giuridici. Qualora si ottenga una sentenza favorevole, ad esempio, con la condanna di un soggetto a risarcire danni, ma quest'ultimo non ottempera, si può avviare un processo di esecuzione per realizzare il comando della sentenza. A questo scopo, si possono eseguire pignoramenti e vendite forzate dei beni del debitore per soddisfare il credito. Per tutelare i diritti durante il processo di cognizione, è possibile richiedere un processo cautelare, come il sequestro conservativo di beni, per prevenire che il convenuto disperda i propri beni prima dell'eventuale esecuzione della sentenza. Cosa Giudicata La cosa giudicata si riferisce alla definitività dell'accertamento contenuto in una sentenza, che è valida anche oltre il processo in cui è stata emessa. Le parti possono impugnare la decisione, ma questo riesame è limitato nel tempo e secondo certe condizioni. La cosa giudicata impedisce ulteriori impugnazioni e offre un valore sostanziale, in quanto riconosce diritti come la proprietà o il credito che non possono più essere contestati in futuri processi. In base all'articolo 2909 del codice civile, l'accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato è efficace tra le parti, i loro eredi e aventi causa. Processo Esecutivo Se il comando della sentenza non viene adempiuto, il beneficiario può avviare un processo esecutivo. Questo procedimento mira a ottenere coattivamente il risultato previsto dalla sentenza, che può includere: Consegna di beni determinati (es. un appartamento). Obbligo di fare (es. ultimare un'opera edilizia), nel qual caso si potrà solo ottenere il risarcimento per il danno. Obbligo di non fare, per il quale si può chiedere la distruzione di opere realizzate in violazione di tale obbligo (es. costruzione non autorizzata). L'espropriazione forzata, il processo esecutivo più importante, ha inizio con il pignoramento, che vincola i beni all'azione esecutiva. L'articolo 2913 del codice civile stabilisce che gli atti di disposizione del bene pignorato non hanno effetto nei confronti del creditore e dei creditori intervenuti, garantendo così la protezione dei diritti dei creditori stessi. La Prova dei Fatti Giuridici Nozioni generali Nel caso in cui le parti forniscono ricostruzioni diverse su una circostanza, il giudice è tenuto a scegliere tra le versioni contrapposte per definire la lite. Nel giudizio civile, è compito delle parti indicare i mezzi di prova che intendono utilizzare (documenti, testimonianze, dichiarazioni) per dimostrare che la propria versione è più convincente rispetto a quella della controparte. Il giudice deve innanzitutto valutare se i mezzi di prova offerti siano: Ammissibili: conformi alla legge (es. è inammissibile la testimonianza di chi ha un interesse diretto nella controversia). Rilevabili: riguardano fatti che possono influenzare la decisione della lite. Dopo aver ammesso e assunto le prove, il giudice, ascoltando testimoni e interrogando le parti, acquisirà i documenti necessari. Infine, con la sentenza, valuterà la concludenza delle prove, ovvero la loro idoneità a dimostrare i fatti in questione (art. 116, cod. proc. civ.). È importante sottolineare che il giudice deve sempre motivare la sua decisione, spiegando le ragioni del suo convincimento (art. 115, cod. proc. civ.). L’onere della prova L’onere della prova si può definire come il rischio di non provare un fatto rimasto incerto nel giudizio. Quando le parti presentano versioni opposte di un fatto, potrebbe mancare del tutto un mezzo di prova. In tale caso, il giudice deve comunque decidere e il criterio offerto dalla legge si chiama “onere della prova” (art. 2697 cod. civ.). Su ogni fatto grava sempre l'onere di persuadere il giudice su una sola parte; se questa parte non riesce a convincere il giudice, quest’ultimo dovrà accogliere la versione della controparte, anche se questa non è considerata altrettanto convincente. La legge presume che la buona fede sia presente (art. 1147), e quindi chi contesta gli effetti della buona fede deve dimostrare la malafede dell’altra parte. I mezzi di prova I mezzi di prova sono elementi (documenti, fotografie) idonei a influenzare la decisione del giudice su quale versione di un fatto sia più convincente. Il principio fondamentale è che i mezzi di prova devono essere liberamente valutati dal giudice (art. 116 del cod. proc. civ.). Tuttavia, ci sono eccezioni in cui alcune prove sono considerate “prove legali” (es. atto pubblico, confessione), la cui rilevanza è predeterminata dalla legge, e il giudice è vincolato a considerarle come pienamente provate. I mezzi di prova si suddividono in due categorie: Prova precostituita o documentale: esiste già prima del giudizio (es. atto pubblico, scrittura privata). Prova costituenda: deve formarsi durante il giudizio (es. testimonianze, confessioni, presunzioni, giuramenti). La prova documentale Il "documento" è qualsiasi elemento idoneo a rappresentare un fatto, consentendo la sua presa di conoscenza nel tempo (es. certificati, fatture). I documenti più rilevanti sono: Atto pubblico: redatto secondo specifiche formalità da un pubblico ufficiale, ha piena prova della provenienza e delle attestazioni fatte dal pubblico ufficiale (art. 2700 c.c.). Se una parte intende contestare la veridicità dell’atto, deve presentare una querela di falso. Scrittura privata: un documento sottoscritto da un privato. Prova solo contro chi ha firmato, a meno che non sia autenticata (in tal caso, ha la stessa efficacia probatoria di un atto pubblico). La data è un elemento importante della scrittura privata; essa deve dimostrare che il documento è stato formato anteriormente. I documenti informatici possono essere valutati in base alla loro firma elettronica o digitale. La prova documentale è di fondamentale importanza nella valutazione delle prove. La prova testimoniale La testimonianza è la narrazione di una persona estranea alla causa riguardo a fatti controversi di cui ha conoscenza. Di solito, il testimone deve rendere la propria deposizione oralmente, ma può anche farlo tramite dichiarazione scritta. La prova testimoniale è limitata a fatti oggettivi e incontra restrizioni legali di ammissibilità: 1. Contratti di valore superiore a 2,58 Euro: non è ammissibile prova testimoniale, a meno che non ricorrano determinate eccezioni (art. 2721 cod. civ.). 2. Altri patti stipulati: non si può usare testimonianza per provare patti non risultanti da un accordo scritto (art. 2722 cod. civ.). 3. Contratti che devono essere scritti: per quelli con forma scritta ad substantiam o ad probationem tantum (art. 2725 cod. civ.). Le presunzioni La presunzione (o prova indiretta) è un argomento o illazione che porta a considerare provata una circostanza basandosi su un fatto già provato. Le presunzioni possono essere legali (attribuite dalla legge) o semplici (lasciate al giudizio del giudice). Le presunzioni legali possono essere: Assolute: non ammettono prova contraria. Relative: ammettono prova contraria. La confessione La confessione è una dichiarazione di verità su fatti sfavorevoli alla parte, che può essere giudiziale (resa in giudizio) o stragiudiziale (fuori dal giudizio). La confessione stragiudiziale ha valore se fatta alla parte o al suo rappresentante; se fatta a un terzo, è apprezzata liberamente dal giudice. La confessione può essere revocata solo se provata l’esistenza di un errore di fatto o violenza (art. 2732 cod. civ.). Si distingue tra confessione qualificata (che include circostanze modificative) e dichiarazione ricognitiva. Il giuramento Il giuramento è un mezzo di prova richiesto dalle parti nel corso di un giudizio civile. Può essere decisorio o suppletorio: Giuramento decisorio: riguarda circostanze che hanno valore decisivo; se la parte si rifiuta di giurare, la sua versione non sarà considerata vera. Giuramento suppletorio: offerto dal giudice quando un fatto è incerto ma sono stati forniti elementi sufficienti per richiederlo. Il giuramento non è ammesso per diritti indisponibili, fatti illeciti o atti che richiedono forma scritta ad substantiam. I DIRITTI REALI Schema Introduttivo ai diritti reali: NOZIONE: “categoria che raggruppa i diritti su cosa materiale determinata (iura in rem).” Caratteristiche: Assolutezza (possono essere fatti valere “erga omnes”). Immediatezza del potere sulla cosa. Tipicità cioè sono stabiliti dalla legge (“numerus clausus”). Patrimonialità, il contenuto è prevalentemente economico. A) DIRITTI REALI SU COSA PROPRIA Proprietà - diritto pieno ed assoluto. Art. 832 c.c. - Contenuto del diritto “Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico.” Modi di acquisto (art. 922 c.c.) occupazione (923 e seguenti). invenzione (927 e seguenti). accessione (934 e seguenti). specificazione (940). unione o commistione (939). usucapione (1158 e seguenti). per effetto di contratti (1376 e seguenti). successione a causa di morte (456 e seguenti). negli altri modi stabiliti dalla legge (es. espropriazione). B) DIRITTI REALI SU COSA ALTRUI (si dividono in diritti di godimento e garanzia) 1. Di Godimento: Superficie Art. 952 c.c. “Il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri che ne acquista la proprietà. Del pari può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo.” Enfiteusi Art. 959 c.c. “L'enfiteuta ha gli stessi diritti che avrebbe il proprietario sui frutti del fondo, sul tesoro e relativamente alle utilizzazioni del sottosuolo in conformità delle disposizioni delle leggi speciali.” Art. 960 c.c. “L'enfiteuta ha l'obbligo di migliorare il fondo e di pagare al concedente un canone periodico.” Usufrutto Art. 981 c.c. “L'usufruttuario ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne la destinazione economica.” Uso Art. 1021 c.c. “Chi ha il diritto d'uso di una cosa, può servirsi di essa e, se è fruttifera, può raccogliere i frutti per quanto occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia. I bisogni si devono valutare secondo la condizione sociale del titolare del diritto.” Abitazione Art. 1022 c.c. “Chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia.” Servitù Art. 1027 c.c. “La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario.” 2. Di Garanzia: Pegno Art. 2784 c.c. “Il pegno è costituito a garanzia dell'obbligazione dal debitore o da un terzo per il debitore. Possono essere dati in pegno i beni mobili, le universalità di mobili, i crediti e altri diritti aventi per oggetto beni mobili.” Ipoteca Art. 2808 c.c. “L'ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriare anche in confronto del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall'espropriazione. L'ipoteca può avere per oggetto beni del debitore o di un terzo e si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari. L'ipoteca è legale, giudiziale o volontaria.” A) I DIRITTI REALI Caratteri e categorie di diritti reali. DIRITTO REALE: categoria che raggruppa i diritti su cosa materiale determinata (iura in rem). CARATTERI dei diritti reali: Immediatezza → possibilità che il titolare eserciti direttamente il potere sulla cosa, senza necessità della cooperazione di terzi (es. il proprietario può utilizzare il bene, senza necessità della collaborazione di altri, essendo sufficiente che questi ultimi non vi frappongano ostacolo). Assolutezza → dovere di tutti i consociati di astenersi dall’interferire nel rapporto fra il titolare del diritto reale ed il bene che ne è oggetto e, correlativamente, possibilità per il titolare di agire in giudizio contro chiunque contesti o pregiudichi il suo diritto (c.d. efficacia erga omnes). Inerenza → opponibilità del diritto a chiunque possieda o vanti diritti sulla cosa (es.: il proprietario può agire nei confronti di chiunque possieda il bene per ottenerne la restituzione; la servitù di passaggio continua a gravare sul fondo, anche quando la proprietà di quest'ultimo passi a terzi - c.d. diritto di sequela). NUMERO CHIUSO E TIPICITÀ: Si ritiene che i diritti reali costituiscano un numerus clausus (sia cioè precluso ai privati di creare diritti reali diversi da quelli espressamente disciplinati dalla legge) e, contestualmente, siano connotati dal carattere della tipicità (sia cioè precluso all'autonomia dei privati di modificare la disciplina legale dei singoli diritti reali): si vuole così, da un lato, impedire che i privati possano moltiplicare limiti e vincoli destinati a comprimere i poteri del proprietario e, dall'altro lato, tutelare i terzi che, volendo acquisire diritti sulla cosa, devono essere posti in grado di conoscere con esattezza i vincoli che gravano su di essa. IURA IN RE PROPRIA E IURA IN RE ALIENA: Nell’ambito dei diritti reali si è soliti distinguere tra: ius in re propria → la proprietà; iura in re aliena → diritti reali che gravano su beni di proprietà altrui e che sono destinati a coesistere, comprimendolo, con il diritto del proprietario (es. su un medesimo fondo possono gravare il diritto di proprietà di Tizio ed una servitù di passaggio a favore di Caio: è evidente che quest’ultimo diritto limiterà il potere del primo, il quale potrà sì utilizzare il proprio fondo, ma gli saranno precluse tutte quelle attività che impediscano a Caio l’esercizio del suo diritto). I diritti reali in re aliena si distinguono in: DIRITTI REALI DI GODIMENTO (superficie, enfiteusi, usufrutto, uso, abitazione, servitù prediali) → attribuiscono al loro titolare il diritto di trarre dal bene talune delle utilità che lo stesso è in grado di fornire (al contempo comprimendo il potere di godimento che compete al proprietario); DIRITTI REALI DI GARANZIA (pegno ed ipoteca) → attribuiscono al loro titolare il diritto di farsi assegnare, con prelazione rispetto agli altri creditori, il ricavato dell’eventuale alienazione forzata del bene, in caso di mancato adempimento dell’obbligo garantito. OBBLIGAZIONI PROPTER REM (o obbligazioni reali) → non bisogna confonderle con i diritti reali; si caratterizzano per il fatto che la persona dell'obbligato viene individuata in base alla titolarità di un diritto reale su un determinato bene (es. l’obbligo di sostenere le spese necessarie per la conservazione e il godimento della cosa comune grava su ciascun comproprietario). Si ritiene che non sia dato all'autonomia privata creare obbligazioni reali atipiche, cioè diverse ed ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge. Da non confondere con l’obbligazione reale è l’ONERE REALE, in forza del quale il creditore, per il pagamento di somme di denaro o altre cose generiche da prestarsi periodicamente in relazione ad un determinato bene immobile, può soddisfarsi sul bene stesso, chiunque ne diventi proprietario o acquisti diritti reali di godimento o di garanzia su di esso. Si ritiene che non sia dato ai privati costituire oneri reali La Proprietà: Concetti Fondamentali 1. La Concezione Liberal-Ottocentesca Nel XIX secolo, la proprietà privata era considerata un diritto inviolabile e sacro, rappresentando un pilastro fondamentale dell'organizzazione sociale. Era vista come espressione della libertà individuale, un diritto innato che i poteri pubblici potevano comprimere solo in casi eccezionali, sempre rispettando la sua priorità rispetto all'organizzazione statale. 2. Codice Civile e Contenuto del Diritto Secondo l'articolo 832 del Codice Civile, il proprietario ha diritto di godere e disporre del bene in modo pieno ed esclusivo, a condizione di rispettare i limiti imposti dall'ordinamento giuridico. I poteri attribuiti al proprietario comprendono: Potere di Godimento: Capacità di trarre utilità dal bene, sia direttamente (ad esempio, abitandolo) che indirettamente (affittandolo). Potere di Disposizione: Facoltà di trasferire diritti su di esso, come vendere o donare. La proprietà è caratterizzata da due connotati principali: 1. Pienezza: Il proprietario può fare tutto ciò che desidera sul bene, inclusa la possibilità di distruggerlo. 2. Esclusività: Il proprietario ha il diritto di escludere terzi dalle proprie scelte riguardanti il bene. Tuttavia, queste caratteristiche si applicano principalmente alla proprietà di beni di uso personale, mentre per altri beni l'ordinamento prevede limitazioni per bilanciare l'interesse privato e quello collettivo. 3. La Proprietà nella Costituzione Con l'avvento della Costituzione, la proprietà privata non è più considerata inviolabile e non è inclusa tra i principi fondamentali. L'articolo 42 garantisce la proprietà, stabilendo che è riconosciuta e regolamentata dalla legge. La Costituzione stabilisce che la legge può anche limitare la proprietà per fini sociali, conferendo al legislatore la possibilità di regolare i diritti del proprietario per garantire una funzione sociale e una più equa distribuzione delle risorse. 4. Legislazione Post-Bellica Nel dopoguerra, sono stati introdotti numerosi interventi normativi che hanno reso necessario parlare di "proprietà" al plurale, in quanto le diverse categorie di beni richiedono regole e diritti distinti. La proprietà è tradizionalmente caratterizzata da: Imprescrittibilità: Non può essere persa per non uso, ma solo attraverso l'usucapione. Perpetuità: Non può avere una durata limitata. Elasticità: I poteri del proprietario possono essere limitati da diritti reali altrui, ma riprendono automaticamente quando tali diritti o vincoli vengono meno. 5. Espropriazione e Indennizzo L'articolo 42 comma 3 della Costituzione prevede che la proprietà privata possa essere espropriata per motivi di interesse generale, ma solo previa legge e con indennizzo. Le condizioni per l'espropriazione includono un interesse generale, una legge che la preveda e un indennizzo adeguato. La Corte Costituzionale ha ampliato il concetto di espropriazione per includere anche limitazioni che, pur non trasferendo la proprietà, incidono significativamente sul godimento del bene. 6. Proprietà dei Beni Culturali e Proprietà Edilizia I beni culturali, definiti come beni di interesse artistico o storico, sono soggetti a normative specifiche che limitano i poteri di godimento e disposizione dei proprietari. Allo stesso modo, l'attività edilizia è sottoposta a rigorosi controlli e richiede permessi per garantire la conformità agli strumenti urbanistici. La legislazione prevede sanzioni per l'abusivismo edilizio e stabilisce norme per la pianificazione del territorio attraverso strumenti pubblici e privatistici. 7. Competenza Legislativa Con la riforma del Titolo V della Costituzione, la materia dell'espropriazione e della gestione della proprietà è oggetto di un dibattito sulla sua competenza legislativa, che può essere esclusiva dello Stato o concorrente con le Regioni. Proprietà Fondiaria La proprietà fondiaria si estende sia in linea verticale che orizzontale, secondo il codice civile e alcuni brocardi medievali. Estensione in linea verticale In linea verticale, la proprietà fondiaria si estenderebbe all'infinito, sia nel sottosuolo che nello spazio aereo sovrastante. Tuttavia, il Codice civile stabilisce che il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgono a profondità o altezze che non interessano il suo diritto. Ad esempio, non può impedire l'escavazione di una galleria che non comprometta la statica del suo edificio o il passaggio di aerei. Secondo l'articolo 840 comma 2, la proprietà del suolo si limita a quella parte del sottosuolo e del soprassuolo che può essere utilizzata in modo normale, con alcune eccezioni, come nel caso del diritto di superficie. Estensione in senso orizzontale In senso orizzontale, ciascuna proprietà si estende all'interno dei propri confini. Il proprietario ha il diritto di chiudere il proprio fondo e di impedire l'accesso a chiunque, eccetto in specifiche circostanze previste dal codice, come per la caccia o la ripresa di animali fuggiti. Gli articoli 841 e 842 stabiliscono i diritti e i doveri relativi alla chiusura del fondo e alle attività di caccia e pesca. Rapporti di Vicinato Le proprietà immobiliari sono destinate a convivere, il che può dare luogo a conflitti tra i diritti dei proprietari. Per questo motivo, il codice civile prevede regole specifiche per disciplinare i “rapporti di vicinato”, che includono atti emulativi, immissioni, distanze legali, muri, luci e vedute, e acque. Atti Emulativi Il proprietario non può compiere atti di emulazione, ossia atti che non hanno altro scopo se non quello di nuocere o arrecare molestia agli altri (Art. 833). Gli atti emulativi devono soddisfare due presupposti: l'assenza di utilità per chi compie l'atto e l'intenzione di nuocere. Immissioni Il diritto di godere del bene in modo esclusivo implica che il proprietario può opporsi a immissioni materiali (ad esempio, scarico di rifiuti) sul suo fondo. Tuttavia, per le immissioni immateriali, come fumi e rumori, si applicano diverse regole. Le immissioni sono tollerabili se rimangono sotto la soglia della “normale tollerabilità”. Se superano tale soglia ma sono giustificate da esigenze produttive, il vicino non può farle cessare ma può chiedere un indennizzo. Se non sono giustificate, il vicino ha diritto a farle cessare e a ottenere un risarcimento (Art. 844). Distanze Legali Per prevenire conflitti tra immobili, il codice civile stabilisce che le costruzioni su fondi finitimi devono essere mantenute a una distanza minima di tre metri (Art. 873). Le violazioni di queste distanze possono legittimare il vicino a richiedere la rimozione dell'opera o un risarcimento. Muri e Comunione Il proprietario ha diritto alla comunione del muro sul confine (Art. 874) e può richiederne la comproprietà, versando una quota del valore del muro. Se un muro è a meno di un metro e mezzo dal confine, può essere richiesta la comunione solo per la costruzione (Art. 875). Luci e Vedute Le aperture nei muri contigui possono essere classificate in luci e vedute. Le luci permettono il passaggio di luce e aria ma non consentono di affacciarsi sul fondo vicino, mentre le vedute lo permettono. La legge stabilisce distanze minime per l'apertura di vedute dirette (1,5 metri) e laterali (75 cm) (Art. 905 e 906). Le luci devono rispettare requisiti di sicurezza e altezza (Art. 901). Conclusione Il sistema giu