Psicologia dei gruppi PDF

Document Details

VibrantEuphemism

Uploaded by VibrantEuphemism

Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli

null

Tags

psicologia sociale gruppi comportamento sociale psicologia

Summary

Questi appunti di psicologia dei gruppi trattano vari approcci all'analisi del comportamento sociale umano. Le diverse prospettive, dallo studio delle interazioni intra e interpersonali fino alla teoria del campo di Lewin, e le relazioni con la percezione sociale e la cognizione sociale sono analizzate. Un'ampia panoramica di differenti scuole psicologiche fornisce una visione d'insieme.

Full Transcript

lOMoARcPSD|48440534 Psicologia dei gruppi Consulenza pedagogica e formazione continua (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è s...

lOMoARcPSD|48440534 Psicologia dei gruppi Consulenza pedagogica e formazione continua (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 La psicologia sociale, è lo studio del comportamento sociale umano nell’ambito delle interazioni che si producono nei vari contesti della vita quotidiana. Le persone in base alla loro concezione verso sé stessi, gli altri e il mondo, sviluppano un determinato comportamento fino a costruire la realtà in cui vivono. Tale psicologia è influenzata dalle situazioni, infatti Doise suggerisce di accettare che esistano differenti livelli di spiegazione: Intrapersonale, relazione con sé stessi; Interpersonale,con altri individui; Intragruppo - posizionale, all’interno del gruppo; Intergruppo - ideologico, tra gruppi e membri diversi. Quindi, la psicologia sociale evidenzia lo spostamento da ciò che è oggettivo dell’agire umano a ciò che è soggettivo. Con Lewin, ci sarà il superamento del comportamentismo e la valorizzazione del cognitivismo. Vi è il contributo delle diverse scuole psicologiche:  Orientamento comportamentista, fondato da Watson, si parla del condizionamento classico – operante, stimolo – risposta, comportamento osservabile - misurabile. La differenza tra il condizionamento classico e operante sta nella modalità di utilizzazione del rinforzo, in quanto nell’impostazione Skinneriana è contingente laddove Pavlov era erogato in modo invariante.  Teoria Psicoanalitica, Freud e il concetto di inconscio. Il comportamento è situato su una base biologica data da impulsi e istinti, così facendo l’inconscio si applica a quei contenuti psichici che vengono rimossi dalla coscienza poiché in contrasto con fattori bio-sociali: ES – IO – SUPER IO. Io, istanza psichica con funzioni di controllo percettivo in cui individuo cosciente, ma anche inconsapevole. E’guidato da principio di realtà. Mediatore tra conscio, preconscio e inconscio, Mentre Super io, controllo e autocritica, concetto di censura e senso di colpa, principio del dovere. Freud evidenza la natura conflittuale del processo di socializzazione, un processo di affermazione e controllo dell’energia psicosessuale, mettendo insieme quella dell’individuo con quella della società, quindi il piacere con il dovere, dove queste non coincidono. (studio non sperimentale).  Gestalt, dal tedesco vuol dire forma, configurazione. E’ conosciuto come “psicologia della forma”. I gestaltici mostrano interesse su come appare il mondo, al concetto di percezione e all’esperienza fenomenica. Tali psicologi sono contro l’idea che la percezione sia il risultato di un processo sommativo di informazioni che caratterizzano la realtà esterna, piuttosto sostengono che la percezione sia determinata da una serie di processi dinamici organizzati secondo delle leggi. Tale leggi sono basate sul principio di unificazione e organizzazione (vicinanza, somiglianza, chiusura…). Questa psicologia influenzò la psicologia sociale e fu proprio con i Gestaltici che l’interesse si spostò dal singolo individuo al gruppo e dal gruppo alla comunità.  Il cognitivismo – La scienza cognitiva serve per comprende le funzioni della mente umana, valorizza i processi cognitivi interni come presupposto dell’azione. L’aspetto cognitivo della psicologia sociale è la comprensione del mondo sociale al cui interno agisce la persona e di conseguenza il sociale influenza la comprensione del mondo. Gli aspetti più vicini alla prospettiva cognitivista sono la categorizzazione, l’attribuzione e la rappresentazione.  La Psicologia sociale deriva da numerose discipline: Psicologia generale e sociale hanno delle differenze, quella sociale analizza caratteristiche e funzioni dell’individuo, quella sociale si concentra sul gruppo. Lo psicologo da importanza a ciò che e generale e particolare, mentre per quello sociale non esiste, perché tale disciplina ha delle teorie. C’è un’altra differenza, tra la sociologia e la psicologia, entrambe si dedicano allo studio dei comportamenti Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 dell’individuo o dei gruppi, ma il sociologo considera la società come una realtà che include il soggetto (faccia oggettiva dell’interazione sociale), mentre lo psicologo evidenzia una certa autonomia tra il soggetto e la realtà esterna (faccia soggettiva).  Prospettiva evoluzionista, Darwin – l’origine della specie. Etologia – studio del comportamento animale. L’approccio evoluzionista mira ad interpretare i processi culturali tra conservazione e innovazione, variabilità è uniformità in base a leggi di derivazione filogenetica, ovvero relative all’evoluzione della specie. Il ruolo della teoria in un mondo di fatti – La psicologia è una disciplina caratterizzata da diverse teorie e modelli. Le teorie mirano a interpretare quella che è la realtà sociale, nel senso, una certa teoria non è mai vera o falsa solo perché poggia su riscontri fattuali ed empirici. Affinché le supposizioni e le definizioni empiriche costituiscano una teoria, sono necessarie regole di corrispondenza che colleghino teoria e fatti osservabili. La percezione sociale – Per poter agire, affermare le proprie idee, comunicare con gli altri… bisogna sviluppare dei processi mentali che anticipano, accompagnano e seguono l’azione. I primi ad essersi concentrati sulla mente umana furono quelli della Gestalt, fecero ricerche sulle leggi fenomeniche della percezione, su come la nostra mente organizza l’esperienza sensoriale. Infatti, per capire una persona dobbiamo vederla nel suo ambiente. Infatti si parla di “Leggi sociali della percezione”, maggior esponente fu Bruner che con un esperimento evidenziò che i bambini percepivano il mondo in base al valore sociale assunto dalle caratteristiche degli elementi presenti nell’ambiente circostante. E’ possibile parlare di percezione delle emozioni, sono un modo per comunicare. Schacter e Singer introdussero la “Teoria Bifattoriale delle emozioni”, l’individuo percepisce le proprie emozioni in base agli elementi forniti dall’ambiente esterno, piuttosto che interno. La percezione sociale è un processo che attiviamo intenzionalmente, ma anche al di fuori del nostro controllo. Questa teoria bifattoriale fu chiarita da Mandler attraverso una metafora del Juke – box, in modo che per fa sì che funzioni sono necessarie due azioni principali, inserire una moneta e scegliere un numero; La prima è una sorta di attivatore in modo da far suonare la macchina, la seconda è un meccanismo di percezione di una situazione. Lewin disse, prima che un sistema possa essere pienamente utilizzato i concetti devono essere definiti, quindi bisogna considerare aspetti qualitativi e quantitativi, rappresentare contributi genetico condizionali o casuali dei fenomeni, facilitare la misurazione e consentire la generalizzazione a leggi universali. Gestalt, perché è importante per Lewin, diede un forte apporto teorico alla Gestalt, avvalendosi di una serie di informazioni provenienti dall’ambito della fisica per spiegare la relazione esiste tra individuo/ambiente. A tal proposito sviluppò la Teoria del Campo, secondo la quale ogni oggetto non può intendersi se non in relazione al contesto nel quale è incluso. Il campo è la realtà che ci circonda e in cui l’individuo si muove per raggiungere i propri obiettivi, mentre il campo percettivo è una sorta di cornice da cui emergono figure nuove, percepite dall’individuo come rilevanti per riuscire a perseguire i propri obiettivi o scopi. Uno stesso oggetto può assumere significati diversi a seconda del bisogno espresso dalla persona in quel preciso momento. Insomma, per Lewin sono i bisogni che determinano e sostanziano il processo inserito in un campo. Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 C’è poi la percezione dell’altro, quando si interagisce per la prima volta con qualcuno si tende ad inquadrarlo in maniera rapida in modo da decidere che tipo di comportamento assumere. Per questo vi è una formazione delle prime impressioni:  Teoria implicita della personalità, è una teoria generale formata sulla base degli elementi che si conoscono di chi si ha di fronte.  Effetto alone, se riconosciamo in una persona una certa caratteristica è in base ad essa che colleghiamo quella persona ad un certo carattere.  Carattere centrale, una persona è caratterizzata da diversi elementi, i quali insieme fanno emergere un unico aspetto che è sottoposto al giudizio.  Effetto d’ordine, le prime impressioni influenzano il giudizio, per questo ci fu un esperimento di ASCH. Egli chiese ad un primo gruppo di soggetti sperimentali di giudicare una persona considerata intelligente, operosa, impulsiva, esigente ed invidiosa; mentre ad un secondo gruppo di giudicare la stessa persona, ma considerandola invidiosa, esigente, impulsiva e intelligente. Cambiando l’ordine i giudizi nel primo caso furono positivi, mentre nel secondo caso negativi. Social Cognition - La cognizione sociale. La cognizione del mondo è il risultato dei processi influenzati dalle relazioni e dai contesti culturali. Tale cognizione esamina come le persone ricavano le informazioni dall’ambiente, le interpretano, le immagazzinano in memoria e le recuperano in modo da riuscire a comprendere l’ambiente sociale e di conseguenza i loro comportamenti. Teoria dominane è la coerenza cognitiva, modello di cognizione sociale secondo cui le persone cercano di ridurre l’incoerenza tra le proprie cognizioni, poiché la trovano spiacevole. Nella prospettiva socio – cognitivista la mente riflette:una dimensione ecologica, un’esperienza del mondo; una dimensione gruppale, cioè gli altri intorno a noi; una dimensione personale, cioè il Sé e l’identità. In particolare emerse la figura di: Heider, è un ricercatore di coerenza, vede il processo cognitivo delle persone come quello di assecondare la propria organizzazione previlegiando il proprio ordine. Festinger,parlò di “dissonanza conoscitiva” spiegando che l’incoerenza percepita dall’uomo costituiva una motivazione per ristabilire l’equilibrio cognitivo - teoria dell'equilibrio cognitivo in psicologia sociale è una teoria nell'ambito dello studio dell'atteggiamento. La coerenza è l'impulso a mantenere i propri valori e le proprie credenze nel tempo. Heider ha proposto che le relazioni di "sentimento" o di gradimento sono equilibrate se la valenza affettiva all'interno di un sistema si moltiplica in un risultato positivo. In un sistema vengono descritte le relazioni che esistono tra individui e tra oggetti e individui. Quando per qualche ragione l'equilibrio nel sistema viene a mancare, le persone cercano di ripristinare una condizione di coerenza, ossia uno stato di equilibrio. La base teorica è che ogni persona mira a mantenere una stabilità psicologica, e forma le sue relazioni in base ai suoi atteggiamenti e gusti. In sintesi, gli atteggiamenti degli individui all'interno di un sistema tendono a mantenere uno stato di equilibrio. Fiskie e Taylor, parlarono di un uomo inteso come “economizzatore di risorse”, il quale adotta delle strategie per semplificare i problemi da affrontare, dove però così facendo aumentava il rischio di sviluppare i bias, cioè degli errori sul piano cognitivo. Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 Vi sono due tipi di processi di conoscenza:  Bottom-up, gli individui riflettono in termini di elaborazione sistematica sugli eventi.  Top-down, si basa su configurazioni di giudizio o modelli già esistenti. La categorizzazione, è il processo cognitivo in base al quale vengono distinti elementi potenzialmente uguali al fine di attivare comportamenti categoricamente differenti. Bruner, afferma che la creazione di categorie rende equivalenti cose diverse, consente di raggruppare oggetti ed eventi di classi e di rispondere ad esse in base alla loro appartenenza. Tajfel ci parla di differenziazione categoriali, ci spiega che la percezione è influenzata dal sistema di categorie che adottiamo per produrre informazioni. Infatti col tempo è stato dimostrato che la categorizzazione è più di un processo cognitivo, essa è centrale per la vita sociale, rappresenta il fondamento su cui si basa ogni tipo di rapporto sociale. L’attività categorizzatici è una dotazione della mente, mentre l’organizzazione categoriale è l’espressione dell’ambiente sociale e culturale. Dal momento che le persone interpretano la realtà, esse sono intolleranti all’ambiguità. L’ambiguità è contraria alla categorizzazione perché produce incertezza, confusione. Le funzioni schematiche servono per rendere gestibile la realtà dal punto di vista della mente e dell’azione. Sono caratterizzate da schemi ed euristiche. Gli schemi, sono di quattro tipi e si riferiscono alla concezione che un soggetto ha di sé, degli altri e del mondo e rendono semplice l’organizzazione cognitiva e la gestione degli eventi della vita quotidiana:  Schemi di sé, costruiamo il nostro personaggio selezionando e valorizzando aspetti della nostra storia e identità a uso dei nostri interlocutori e di noi stessi.  Schemi di ruolo, ci aspettiamo che le persone si comportino in relazione alle attribuzioni di ruolo sociale e professionale (padre, manager).  Schemi di eventi e script, rappresentazione di una sequenza coerente di eventi caratteristici della vita quotidiana.  Schemi di persone, introverso vs estroverso, sono richiamati e descrivere una terza persona. Le euristiche – sono delle scorciatoie cognitive che riflettono schemi di ragionamento non sistematici. Sono strategie cognitive utilizzate dall’individuo nella vita quotidiana. Ci sono:  Euristica della disponibilità e della rappresentatività, i giudizi sono formulati in base alle informazioni e conoscenze di cui disponiamo.  Della controfattualità, pensiero ipotetico.  Dell’ancoraggio e dell’accomodamento, ogni giudizio espresso diventa un punto di ancoraggio per ogni ulteriore giudizio correlato. Processi schematici ed elaborazione dell’informazione. Per fare la distinzione tra i processi di elaborazione automatica e controllata dell’informazione bisogna tener presente del grado di consapevolezza, intenzionalità e controllabilità. A tal proposito emerge l’ EFFETTO PRIMING, è un fenomeno per cui un’informazione viene recuperata con più prontezza, anche perché in precedenza viene innescata un’altra informazione a essa strettamente connessa. Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 Attribuzione è un processo percettivo – interpretativo che riguarda gli eventi e la vita delle persone.  A livello interpersonale l’attribuzione è definita il processo attraverso il quale si riconosce del nostro ed altrui comportamento, varie diposizioni, abilità, pervenendo a descriverci l’un l’altro in un certo modo.  A livello casuale è un processo che le persone utilizzano per spiegare il proprio comportamento e quello degli altri, cioè quando tali comportamenti producono le cause che stanno dietro azioni specifiche. Tale processo fu spiegato da Heider, è una “teoria ingenua”, secondo cui l’attribuzione è adottata da un soggetto, inteso “uomo di strada”. Questa privilegia il cosiddetto senso comune secondo cui le persone comuni spiegano il proprio comportamento ed interpretano quello degli altri. L’osservatore ingenuo interpreta il comportamento degli altri sulla base di fattori ambientali e personali, i quali determinano il ruolo che l’altro svolge all’interno del suo spazio di vita e in che modo egli stesso reagisce nei suoi confronti. Dunque Heider sostiene che la percezione di un soggetto deriva dal collegamento di più esperienze che aumentano la capacità di controllo dell’ambiente. La teoria di Kelley, “uno scienziato in miniatura”.Egli evidenzia che l’attribuzione viene effettuata da un uomo inteso come scienziato in miniatura che utilizza il metodo di analisi della variazione. L’osservatore possiede delle informazioni statistiche, ma durante l’osservazione può individuare una “covariazione”, cioè una variazione contemporanea tra più componenti ed effetti. Per giungere ad un’attribuzione servono tre tipi di informazione: consenso, coerenza e distintività. L’impatto combinato di questi tre fattori determinerà il tipo di attribuzione. A tal proposito vi fu una “Correlazione illusoria”, di Hamilton e Gifford. Spesso si ha la tendenza a collegare relazioni tra eventi e fatti che in realtà ne sono privi o sovrastano la corrispondenza. E’ basata sugli stereotipi. (Es. Gli zingari sono ladri, persone porta sfortuna – pensiero magico). La teoria dell’inferenza corrispondente Jones e Davis , si tende a rintracciare le cause del comportamento nelle disposizioni di fondo o caratteristiche di personalità. Si elaborano tre tipi di informazione, desiderabilità sociale, scelta e effetti non comuni. Evidenzia una possibile corrispondenza tra effetto-intenzionalità-disposizione. Cioè l’osservatore osserva le azioni di un soggetto e gli effetti prodotti, così facendo può collegarli a specifici tratti della personalità di colui che agisce. Per poter collegare l’intenzionalità alle disposizioni bisogna analizzare sia le caratteristiche dell’azione intrapresa, sia gli effetti da essa prodotta:  Il principio degli effetti non comuni, la probabilità di sviluppare un’inferenza è maggiore quanto più il comportamento osservato sembra generare effetti diversi da quelli derivanti dalle altre alternative comportamentali.  Il principio della desiderabilità sociale, l’osservatore giunge ad un’inferenza corrispondente quando l’azione svolta provoca degli effetti indesiderabili che non rispecchiano le sue idee o credenze. Le persone comuni fanno delle attribuzioni in modo molto rapido, utilizzando meno informazioni e più scorciatoie che li portano a compiere “errori di attribuzione”, cioè giudizi distorti e irregolari:  Errore di attribuzione di Ross, egli consiste nella tendenza a sovrastimare il peso dei fattori disposizionali e sottostimare il peso di quelli situazionali quando cerchiamo di spiegare il Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 comportamento altrui. Quando riguarda il nostro comportamento e gli effetti sono negativi prevale la tendenza a giustificarli per l’incidenza di fattori situazionali.  Attribuzioni intergruppo, processo di assegnazione della causa del comportamento proprio o altrui all’appartenenza a un gruppo. Le attribuzioni intergruppo sono etnocentriche, i nostri giudizi sono sbilanciati in favore del gruppo a cui apparteniamo.  Errore ultimo di attribuzione, tendenza ad attribuire a fattori interni i comportamenti negativi di un outgroup e quelli positivi di un ingroup e ad attribuire a fattori esterni i comportamenti positivi di un outgroup e quelli negativi di un ingroup. Le attribuzioni nei confronti dei gruppi forniscono spiegazioni per fenomeni come povertà, ricchezza, disoccupazione. Sono legate all’ideologia.  Rappresentazione sociale, designa l’insieme di convinzioni e spiegazioni condivise tra ampi gruppi di persone relativi ad un certo tema. Tale rappresentazione sociale nasce nella vita quotidiana, attraverso le comunicazioni interpersonali, una volta create non rimangono isolate, piuttosto circolano e i diffondono attraverso la comunicazione, dando così un senso comune alla realtà e dando vita a nuove rappresentazioni. Prendono forma attraverso due processi:Ancoraggio, consiste nell’associare a ciò che è percepito come nuovo ciò che è noto; Oggettivazione, consiste nel concretizzare ciò che è astratto. La costruzione sociale della realtà. Gli interessi della psicologia sociale sono rivolti a interpretare i motivi del comportamento e le strategie cognitive con riferimento ad ambiti di azione che non sono gli stessi dei nostri antenati e parenti animali.I livelli di studio del Sé sono quattro:  Ontologico, che cos’è il Sè–Evolutivo, come si sviluppa il Sè– Fenomenico, come si manifesta il Sè–Gnoseologico, come e cosa si conosce del Sé. L’ultimo livello ci parla di cosa gli individui conoscono di sé e di come questa conoscenza sia influenzata socialmente. Si tratta di una conoscenza soggettiva. Il sé può rappresentare l’interfaccia tra il mondo psicologico e il mondo sociale. Gergen definisce il sé come l’insieme di concetti che gli individui hanno a disposizione quando tentano di definire sé stessi. Nella psicologia sociale la conoscenza di sé è soggettiva, ma anche socialmente condivisa e influenzata, quindi è intersoggettivo. Quando analizziamo un processo di costruzione di conoscenza tendiamo a differenziare il soggetto e l’oggetto della conoscenza stessa. Nel caso del sé il soggetto e l’oggetto sembrano coincidere. La complessità del tema del Sé è determinata dal collegamento tra il Sé e temi forti come l’identità, il ruolo, gli scemi, la personalità. L’autostima è la valutazione degli individui di sé stessi. Sì possibile distinguere due componenti, la percezione della propria competenza, cioè essere capaci di svolgere al meglio i propri obiettivi, la percezione del proprio valore, cioè piacere a sé stessi ed avere un pensiero positivo di sé. Tajfel sostiene che per entrare in un gruppo il soggetto ha bisogno di tutelare un’immagine positiva di sé, infatti nell’ambito collettivo l’autostima viene sviluppata attraverso il confronto tra sé e gli altri. Le diverse forme di conoscenza del sé, Parlando di un approccio di tipo cognitivo, Neisser vede cinque diverse forme di conoscenza del sé:  Sé ecologico, percepito in rapporto con l’ambiente.  Sé Interpersonale, conoscenza immediata dell’interazione con altre persone.  Sé esteso, conoscenza del Sé come oggetto – soggetto unico integrato e non come collezione di esperienze isolate. Collega ricordi alle proiezioni future.  Sé privato, conoscenza che4 alcuni vissuti sono privati e non condivisibili. Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534  Sé concettuale, sono i concetti che si elaborano verso se stessi. Il Sé nella prospettiva del Social Cognition, strutture – schemi – concetti Fiske e Taylor parlano del Sé come un insieme di credenze che abbiamo di noi stessi, comprende attributi di personalità, ruoli sociali, esperienze passate, scopi e futuri. Markus, parla di social cognition, lo schema di sé, un insieme di alcuni elementi dei loro attributi e relazioni tra essi depositato in memoria. E’ una struttura cognitivo – affettiva che rappresenta le qualità del sé in un determinato ambito. Uno schema di sé viene attivato quando un individuo utilizza in modo prevalente una dimensione specifica per particolarizzare se stesso e la considera rilevante in quel contesto. Gli schemi influenzano il nostro modo di essere, la nostra autopercezione, la selezione delle informazioni ambientali, il comportamento e la memoria. Lo schema ha due caratteristiche fondamentali:Disponibilità se è presente in memoria; Accessibilità, data per l’individuo a richiamarlo nella memoria operativa. Quanto più uno schema è accessibile tanto più influenzerà il nostro modo di essere, in quanto questi sono connotati emotivamente. Lo schema viene attivato nello specifico contesto ed è definito working self – concept, cioè concetto di sé operativo. Nella funzione regolatrice del sé le persone hanno la capacità di modulare la propria autorappresentazione in rapporto alle esigenze e caratteristiche situazionali, ma anche agli scopi e interessi di cui sono portatrici. La conoscenza che gli individui hanno di sé attiene ciò che pensano di essere, ma anche ai desideri e paure del futuro e alle norme sociali che impongono loro di essere in un determinato modo. Quindi abbiamo (Higgins):  Schemi reali, ciò che le persone pensano di essere  Schemi ideali, ciò che le persone vorrebbero o non essere  Schemi normativi, ciò che le persone pensano di dover essere Vi sono delle discrepanze:  tra il sé reale e il sé ideale: quando ciò che pensiamo di essere nella realtà presente ci sembra diverso da ciò che vorremmo essere = disagi emotivi, depressione, demotivazione, pigrizia, senso di impotenza.  tra il sé reale e il sé normativo: ciò che pensiamo di essere ci sembra differente da ciò che pensiamo di dover essere = disagio emotivo come sentimenti di colpa. L’identità sociale ha origine dagli studi di Tejfel, è quella parte del concetto di sé degli individui che deriva dalla loro consapevolezza della loro appartenenza ad un gruppo o categoria sociale. Secondo Tajfel il gruppo e la categoria sono due concetti vicini, il gruppo è esteso come un insieme di individui che si considerano membri di una stessa categoria. Per questo identificarsi come membro di un gruppo significa AUTOCATEGORIZZARSI. L’auto-categorizzazione risponde ad un bisogno di ridurre l’incertezza poiché essa offre all’individuo una griglia valoriale e di significato cui fare riferimento per autodefinirsi, posizionarsi e orientarsi nei contesti di vita. Ciascuna appartenenza categoriale ha più funzioni relative a: bisogni legati al sé, auto comprensione, autoconsapevolezza; relazioni infragruppo, coinvolgimento affettivo; rapporti intergruppi, competizione/cooperazione. Secondo Brewer persone hanno due bisogni contrapposti:  Assimilazione, sentirsi simili agli altri - Differenziazione, sentirsi unici e diversi. Questi due bisogni contrapposti motivano le persone a cercare la distintività ottimale, cioè una condizione di equilibro tra le due dimensioni. Questo equilibrio viene raggiunto grazie all’identificazione con un gruppo che consente all’individuo di sentirsi simile ai membri del suo stesso Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 gruppo e diverso da quelli che fanno parte di un altro gruppo. Si viene a creare una struttura gerarchica nell’ambito dell’identità sociale in ogni persona. Le persone categorizzano sé stesse a diversi livelli, ognuno ne comprende altri ed è compreso da altri. L’identità sociale ha un costrutto multidimensionale (più dimensioni), in particolare nell’ambito dell’identificazione con un gruppo ha:  Centralità cognitiva, l’importanza dell’appartenenza a quel gruppo per l’individuo  L’affettività, mozioni e stati affettivi, positivi o negativi, connessi a tale appartenenza  Il legame con l’ingroup, cioè la percezione, di essere legato agli altri membri del gruppo La teoria dei processi dell’identità- Identità può essere descritta su due livelli: LIVELLO STRUTTURALE LIVELLO PROCESSUALE Struttura: è l’interazione situata tra gli Vi sono due processi, intesi come universali organismi biologici e i contesti sociali ed è psicologici (cioè presenti in tutti gli individui a caratterizzata da due dimensioni: prescindere dalla cultura di appartenenza): CONTENUTO: elementi legati alla persona e ASSIMILAZIONE/ACCOMODAMENTO: la alle appartenenze sociali. Questi elementi hanno struttura dell’identità ingloba nuovi elementi ognuno un grado di centralità nella struttura, il (ass) e modifica la sua configurazione globale in suo grado di importanza e di salienza. È relazione ad essi (acc). un’organizzazione mutevole. VALUTAZIONE: e di significato e valore ai VALORE: ogni elemento ha un valore positivo diversi elementi. o negativo. I due processi interagiscono strettamente. Il La struttura è composta dalle reti di relazioni livello processuale consiste nelle dinamiche di interpersonali, dai gruppi, dalle appartenenze influenza sociale in base a cui vengono costruiti categoriali, relazioni intergruppi, da cui sistemi di norme e credenze condivise. derivano ruoli, credenze, valori che diventano L’individuo costruisce la sua identità attraverso poi elementi dell’identità. l’assimilazione – accomodamento L’identità può essere minacciata quando i due processi non riescono ad inglobare nuovi elementi e a preservare la continuità, distintività, autoefficacia e autostima. La complessità del Sé - Si intende la varietà di modelli e attributi cui il sé fa riferimento. Le varie categorie sociali si intrecciano continuamente andando a creare diverse situazioni, facendo sì che ogni individuo deve rendersi conto della complessità del suo sé e di quella degli altri, per poter rispettare le diversità e per aprirsi al confronto con gli altri. L’Atteggiamento è definito come uno stato mentale e nervoso di preparazione, organizzato attraverso l’esperienza, esercitando un’influenza sulle risposte dell’individuo in base alle situazioni con cui si trova in relazione. I primi ad utilizzare tale termine furono Thomas e Znaniecki i quali lo definirono come un processo mentale individuale che determina l’azione, cioè le risposte di ogni soggetto verso il mondo sociale, dunque è sempre rivolto verso un oggetto, situazione e gruppo. Successivamente Allport, approfondì tale concetto definendolo come uno stato mentale e nervoso di preparazione, organizzatosi attraverso l’esperienza che influenza molto le rispose dell’individuo Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 verso gli oggetti e l’intero mondo sociale. Aggiunge che in inglese il termine atteggiamento ha più di un significato e in particolare emergono:  Stato mentale di preparazione all’azione, atteggiamento mentale.  Posizione di un corpo, atteggiamento motorio. L’evoluzione del dibattito. Doob, sulla base della teoria dell’apprendimento definì l’atteggiamento come una pulsione implicita che produce una risposta importante e osservabile nella società in cui il soggetto vive. Successivamente tale teoria venne modificata con la nascita della psicologia cognitiva, l’atteggiamento inizia ad essere considerato come il risultato delle varie credenze che un soggetto possiede su un determinato oggetto. Nacque poi il Costruzionismo, dove l’atteggiamento non è qualcosa interno alle persone, ma una costruzione che si trova nel contesto sociale e dipende da esso. Questo modello di atteggiamento venne elaborato grazie a tre filoni di ricerca:  la teoria dell’azione, secondo cui gli atteggiamenti sono costruzioni mobili, molteplici e contraddittorie  psicologia culturale, secondo cui le persone devono essere concepite come parte di un gruppo e con una propria cultura.  psicologia discorsiva, che dà molta importanza al discorso intenso come uno spazio in cui si crea la relazione tra soggetti e ambiente. Nel corso degli anni sono stati sviluppati vari modelli riguardo al concetto di atteggiamento: Modello tripartito – Rosenberg e Hovlan: Gli atteggiamenti sono predisposizioni a rispondere ad una classe di stimoli attraverso specifiche classi di risposte che sono: sentimenti e preferenze valutative (componente affettiva); emozioni e sentimenti che la persona mostra verso l’oggetto dell’atteggiamento; pensieri, opinioni e credenze (componente cognitiva); convinzioni e credenze circa l’oggetto; intenzioni comportamentali o azioni manifeste (componente comportamentale). Modello aspettativa – valore, Fishbein: Gli atteggiamenti riflettono le attese del soggetto nei confronti dell’oggetto dell’atteggiamento, cioè del valore che la persona ha attribuito a quell’oggetto. Il comportamento, in questo caso, si basa su una valutazione di utilità dell’oggetto per raggiungere i propri scopi. Approccio criticato perché gli atteggiamenti vengono visti come il risultato di un calcolo razionale. Modello dell’azione ragionata, Fishbein e Ajzen: Gli individui si comportano in modo razionale e sulla base di intenzioni consce. Valutano tutti gli aspetti collegati all’azione e sulla base delle proprie intenzioni, sviluppano i propri atteggiamenti e comportamenti. Per questo si parla di azione ragionata. Modello del comportamento pianificato, Ajzen: Approccio che costituisce un aggiustamento del modello precedente, il soggetto non sempre dispone del completo controllo, quindi agisce se si verificano delle condizioni, cioè se valuta positivamente il comportamento se ritiene di avere opportunità e risorse, cioè il controllo. L’atteggiamento si declina in tre possibili livelli: Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534  A livello cognitivo intrapersonale: semplice pensiero non condiviso. I comportamenti non sempre seguono le dichiarazioni delle persone: una ricerca che si fonda solo sulle dichiarazioni delle persone non dà alcuna garanzia del fatto che alle parole sarebbero seguiti i fatti.  A livello interpersonale abbiamole opinioni (es. in una conversazione), che a sua volta ha vari livelli: Il livello di manifestazione della risposta all’oggetto: gli atteggiamenti possono essere considerati tendenze latenti a rispondere in modo positivo o negativo nei confronti di un oggetto. Il livello emotivo-cognitivo: l’atteggiamento è ancorato alla dimensione affettivo- emotiva, le opinioni dovendo essere verbalizzate, si basano su processi cognitivi. La natura degli oggetti: l’atteggiamento è una disposizione stabile a rispondere ad un insieme di stimoli, le opinioni sono risposte specifiche a particolari questioni. Le opinioni sono più sensibili al contesto in cui vengono espresse per effetto della desiderabilità sociale o bisogno di approvazione, per cui si esprime una certa opinione perché si ritiene che essa sia maggiormente condivisa e non perché si è effettivamente convinti di quella posizione.  A livello conativo: comportamento concreto - ATTEGGIAMENTO IMPLICITO:Di solito si ritiene l’atteggiamento consapevole ed esplicito, ma in realtà degli atteggiamenti possono essere attivati al di fuori della propria consapevolezza, perciò si parla di atteggiamento implicito, che influenza il comportamento. Esso è generato da processi di attivazione automatici, è un sistema impulsivo (si attiva in assenza di decisione consapevole deicomportamenti), quello esplicito è un sistema riflessivo (processi consapevoli). La misurazione - Gli atteggiamenti, non essendo osservabili, possono essere rilevati direttamente, chiedendo agli intervistati la propria posizione rispetto all’oggetto dell’atteggiamento, o indirettamente, con tecniche per inferire implicitamente la collocazione dei soggetti rispetto al tema d’analisi. MISURE ESPLICITE: Procedure più utilizzate sono quelle dirette, si chiede alle persone un’autovalutazione del proprio atteggiamento. Vengono utilizzate delle scale di atteggiamento (strumenti psicometrici) costituiti da una serie di item (affermazioni) astratte o non, in base a cui ogni soggetto intervistato esprime un giudizio che può andare da un valore minimo ad uno massimo. Questo comporta al soggetto di esprimere il grado di accordo - disaccordo rispetto ad una certa affermazione.  METODO THURSTONE (centrato sullo stimolo), o su intervalli uguali. Scala di valori. Item cui i ‘’giudici’’ attribuiscono un valore, poi si fa una mediana tra i risultati ottenuti (item vengono eliminati quando ci sono troppe discordanze o somiglianze). Successivamente si misura l’atteggiamento delle persone chiedendo loro quali affermazioni riflettono il loro punto di vista. Infine si calcola la media dei valori scalari degli item scelti per ogni persona e questo rappresenta il punteggio di ognuno.  METODO LIKERT (centrato sul soggetto), il ricercatore non si preoccupa di raccoglie affermazioni in grado di ricoprire tutto il continuum favore/sfavore, anzi si cercano di evitare le affermazioni intermedie. Il punteggio di ognuno è ricavato dalla somma dei punteggi di ogni soggetto relativo ai singoli item. Bisogna presentare le affermazioni in forma impersonale o al condizionale, inserire affermazioni concise con linguaggio semplice, evitare di presentare item che contengono due pensieri nella stessa frase, evitare frasi con doppia negazione e presentare item in modo che esprimano per metà un atteggiamento favorevole e per metà non favorevole distribuiti casualmente nel questionario, invitando i soggetti a riflettere.  METODO GUTTMAN (centrato sulla risposta), E’ la risposta del soggetto a fornire l’indicazione metrica. Il punteggio qui è pari al numero degli item ai quali il soggetto dichiara la propria disponibilità.  DIFFERENZIALE SEMANTICO, strumento costituito da una griglia di aggettivi bipolari (un aggettivo e il suo contrario), ai soggetti viene chiesto di valutare il concetto segnando il Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 punto della scala compresa tra i due aggettivi in modo da graduare il proprio giudizio. Le crocette poi vengono espresse in forma numerica da 1 a 7 o da -3 a 3. La scala di atteggiamento deve possedere alcuni requisiti:  SENSIBILITA’: capacità di identificare coloro che differiscono nel loro atteggiamento.  VALIDITA’: è la capacità di misurare ciò che è valutabile. - Validità concorrente, confermata dalla correlazione ottenuta tra due serie di misure, quindi tra la scala da validare e uno strumento diverso. - Validità predittiva, possibilità di verificare a posteriori la capacità dello strumento di prevedere un comportamento connesso all’atteggiamento misurato.  AFFIDABILITA’: quando misura con accuratezza un attributo e non tradisce il punteggio precedente in occasione di due successive misurazioni. MISURE IMPLICITE: Si cerca di rilevare la posizione del soggetto in maniera non intrusiva, a volte anche mascherando l’obiettivo dell’indagine. Vengono utilizzate quando si pensa che il soggetto non esprima sinceramente il suo atteggiamento. “Implicito” significa descrivere gli effetti residui sul successivo giudizio di un’esperienza precedente che non sono riportabili verbalmente. Quindi si hanno dei processi automatici, incontrollati, non intenzionali e al di fuori della consapevolezza. Misure efficienti, veloci, autonome. Differenti tipi di automaticità:  PRECONSCIA: perché si possa rilevare uno stimolo nell’ambiente ed è sufficiente una quantità minima di attenzione  POSTCONSCIA: vi è consapevolezza dello stimolo ma non del processo che questo attiva  GOAL-DEPENDENT: il processo avviato è implicito e inconsapevole, mentre lo scopo di partenza è intenzionale e cosciente. Quando parliamo di PRIMING, facciamo riferimento a:  Priming semantico, il significato di una parola viene attivato automaticamente in seguito alla sua presentazione.  Priming concettuale, misura la capacità di un concetto ad influenzare inconsapevolmente il giudizio o il comportamento sociale.  Priming sequenziale, studia i legami associativi, viene presentato uno stimolo “prima”, che sia una parola, un’immagine o una persona. Questo deve essere in grado di attivare il corrispondente concetto in memoria. Poi in successione viene rappresentato uno stimolo “target”, in quanto tanto maggiore è l’associazione semantica tra prime e target, tanto minore sarà il tempo di risposta del soggetto. ESPERIMENTI  Esperimento di La pierre Si dedicò al tema della coerenza tra atteggiamento e comportamento: accompagnò, senza farsi vedere, una coppia di cinesi tra alberghi, bar, ristoranti e rilevò che in un solo caso la coppia fu respinta. Qualche mese più tardi inviò un questionario ai rispettivi posti che avevano ospitato la coppia cinese, chiedendo se fossero disposti ad accettare come ospiti dei membri di razza cinese. Il 92% non avrebbe accettato, altri diedero risposte evasive, e solo in un caso si dichiarava la propria disponibilità. La discrepanza tra ciò che le persone avevano fatto e avevano dichiarato era enorme. Da questo esperimento egli concluse che i comportamenti delle persone non sempre seguono le loro dichiarazioni, Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 quindi ogni ricerca che si fondasse solo sulle dichiarazioni non dava alcuna garanzia al fatto che alle parole sarebbero seguiti i fatti. Struttura del gruppo - Per poter parlare di gruppo si devono rilevare relazioni stabili in termini di sentimenti reciproci, ruoli, valori, norme e anche organizzazione. I gruppi sono sistemi di relazioni alimentati sia dall’ambiente che dalle istanze individuali. Ogni gruppo ha la sua storia con le sue dinamiche interne (fenomeni e processi infragruppo) e dinamiche esterne (relazioni intergruppi). Si possono individuare fattori costitutivi e organizzativi come la struttura, le funzioni e processi dinamici ed evolutivi. Quando parliamo di strutture:  Struttura Formale: gruppi che operano all’interno di organizzazioni. E’ sostenuta da norme e regole che specificano il comportamento dei soggetti che ricoprono un ruolo, ne definiscono mansioni e compiti (o task).  Struttura Informale: gruppi che si formano spontaneamente. Anche questa è sostenuta da norme e regole, ad esempio, in un gruppo di amici si possono cristallizzare abitudini e gerarchie che caratterizzano il gruppo come una struttura quasi-formale.  Struttura Gerarchica, distribuzione del potere tra i membri, attraverso rapporti di dominanza e sottomissione. Tale posizione può essere caratterizzata dallo status o dal ruolo. Il ruolo può avere una accezione socio-organizzativa (comporta una precisa posizione gerarchica es: il dirigente è collocato in alto rispetto alla segretaria) e un’accezione socio-relazionale.  Struttura Funzionale, concerne le modalità relazionali che regolano la vita di un gruppo. Accezione di ruolo come insieme di comportamenti esibiti alla luce delle aspettative reciproche dei membri (es. un capo che non ha capacità decisionale delude le aspettative dei dipendenti, che confidavano nella sua capacità di prendere decisioni).  Struttura o rete di comunicazione, riguarda i flussi di comunicazione nel gruppo. I membri possono comunicare o no con altri membri per confidarsi su aspetti privati o confrontarsi su un problema di lavoro.  Struttura Socio – affettiva, sentimenti che legano i membri di un gruppo. SOCIOGRAMMA DI MORENO. Viene utilizzata la metodologia sociometrica, avente un questionario in cui ogni membro risponde a delle domande dicendo in ordine decrescente di preferenza le persone con cui vorrebbero associarsi e quelle con cui non vorrebbero. La prospettiva INTRAGRUPPO. Coesione: LEWINl’espressione ‘’dinamica di gruppo’’ sottolinea la mutabilità delle condizioni di vita del gruppo, le fluttuazioni nei sentimenti e nei comportamenti. Ogni gruppo vive, ha conflitti e tensioni, cambia e muore, come ogni essere vivente. Un fattore che consente la sopravvivenza di un gruppo è la forza delle relazioni. Un gruppo viene considerato dinamico per la variabilità delle condizioni di vita dei membri, cioè cambiamenti relativi a comportamenti e sentimenti. Si parla di interdipendenza del destino (membri del gruppo condividono la stessa sorte relativamente alla sopravvivenza del gruppo) e di interdipendenza del compito (la possibilità di successo dipende dalla capacità dei membri di interagire in modo efficace). (LEWIN) Se in tutto questo la coesione non è presente i membri tenderanno a ricercare altri legami sociali più gratificanti. Ciò non riguarda i gruppi come la famiglia, che sono tenuti insieme da collanti istituzionali. La coesione si avvale di alcune forze: quelle che rendono il gruppo attraente, avente valenza positiva; quelle corrispondenti al prezzo che l’individuo pagherebbe abbandonando il gruppo; Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 quelle a valenza negativa derivanti da situazione sociale (insuccessi, clima sfavorevole); quelle connesse alla presenza di alternative con una valenza superiore. Quando la coesione è massima, c’è una reciprocità di scelte e non esistono posizioni marginali (soggetti non sono scelti/graditi da altri). Altri fattori che incidono sulla coesione sono la sussistenza di minacce provenienti dall’ambiente esterno e la competizione con altri gruppi. La coesione è influenzata dalla condivisione di norme e valori che favorisce la regolazione reciproca e sancisce criteri di giudizio e di comportamento. Per cogliere l’importanza della norma come punto di riferimento è doveroso considerare l’esperimento dell’effetto auto cinetico di Sherif. Esso venne realizzato in un laboratorio, oscuro, con l’obiettivo di presentare ai soggetti un punto luminoso immobile che, a causa del buio assoluto, cioè per la mancanza di punti di riferimento, produceva un’illusione di movimento del punto stesso (effettoautocinetico). Al termine dell’esperimento Sherif raccolse vari giudizi (relativi allo spostamento del punto luminoso) sia a livello individuale che gruppale, e giunse alla conclusione che se i giudizi individuali venivano espressi in presenza del gruppo allora si presentava una certa corrispondenza tra giudizi, ma anche se i giudizi del gruppo precedevano quelli individuali era possibile individuare una corrispondenza. Sono queste le condizioni che portano ad affermare che in un gruppo c’è condivisione. Stili di interazione gruppale:  Stili di interazione gruppale sono: interazioni strumentali, comportamenti che tendono a realizzare l’obiettivo del gruppo;interazione espressiva, si valorizza il ruolo dei sentimenti e delle emozioni.  Cooperazione e conflitti infragruppo: Due tipi di conflitti: Interpersonale, quando entra in crisi il sistema delle compatibilità delle alternative che si offrono a due o più persone Intrapersonale, quando l’individuo è combattuto tra opportunità non compatibili. Insorge quando l’individuo è combattuto tra due valenze positive di pari intensità (es. mangiare carne o pesce), l’individuo è a metà strada tra due valenze negative quindi sgradevoli, l’individuo è esposto a due forze opposte che hanno una positiva e una negativa, quindi ha sentimenti di attrazione e repulsione per entrambe le alternative. Fenomeni e processi di gruppo: SOCIALIZZAZIONE DI GRUPPO, Si parla di socializzazione secondaria (primaria:famiglia), che comporta l’ingresso in un gruppo diverso da quello di origine. Si intende l’interazione tra individuo e gruppo in fase di accesso in qualità di nuovo membro. Fasi: Esplorazione a cui può seguire l’ingresso, Socializzazione che è l’accettazione reciproca, Mantenimento, Risocializzazione in caso di divergenza che può prevedere convergenza o fuoriuscita e il Ricordo. FACILITAZIONE SOCIALE, Si tratta di capire quando e perché un soggetto di fronte ad altri tende a fornire risposte più efficienti o meno. La presenza degli altri implica l’attivazione di uno stato emozionale e questa presenza funge da moltiplicatore della risposta. Quindi la risposta, se sarebbe stata negativa senza la presenza degli altri, diventa ancora più negativa o positiva, e lo stesso vale per una risposta positiva. POLARIZZAZIONE DI GRUPPO, Tendenza dei gruppi ad accentuare gli spostamenti di giudizio nella direzione verso cui i soggetti erano individualmente disposti. In gruppi molto coesi, gli individui tendono a condividere idee e opinioni senza discutere e confrontarsi. Entrano in gioco i concetti di desiderabilità sociale o di confronto sociale, per cui le persone danno un’opinione uguale a quello degli altri per essere accettati. Polarizzazione è una forma di iperconformità. Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 BYSTANDER EFFECT, L'effetto spettatore, definito anche apatia dello spettatore o effetto testimone, si riferisce ai casi in cui gli individui non offrono alcun aiuto a una persona in difficoltà, in una situazione d'emergenza, quando sono presenti anche altre persone. La probabilità d'intervento è inversamente correlata al numero degli spettatori. In altre parole, maggiore è il numero degli astanti, minore è la probabilità che qualcuno di loro presterà aiuto. Numerose variabili intervengono nel determinare l'effetto spettatore. Esse comprendono l'ambiguità, la coesione sociale e la diffusione della responsabilità.Fenomeno della diffusione della responsabilità: gli individui avvertono in modo più lieve il rischio connesso a delle azioni che commettono. GROUPTHINK - significa pensiero di gruppo, si tratta di capire come avvengono i processi decisionali in un gruppo ad alta uniformità, perché i suoi membri condividono la stessa idea o minimizzano i fattori di dissenso, rinunciando a sottoporre a verifica i loro presupposti decisionali per effetto della pressione alla conformità. Potere – Controllo – Autorità – Leadership POTERE - Capacità potenziale di influenzare i pensieri, sentimenti, azioni degli altri in base alla capacità di controllo di cui si dispone. Vi sono cinque fattori alla base del potere esercitato da un qualsiasi agente sociale (persona, ruolo, norma, gruppo) su una persona: potere di ricompensare, di coercizione, della legittimità, di riferimento, di competenza. Bisogna capire ciò che spinge un soggetto a sottoporsi all’autorità e bisogna capire le percezioni e reciproche che sostengono le gerarchie sociali. JOHN FRENCH E BERTRAM RAVEN (1959), inoltre, individuarono 5 fattori alla base del potere: il potere di ricompensare; il potere di coercizione; il potere della legittimità; il potere di riferimento (basato sull’identificazione); il potere della competenza. AUTORITA’ - Prodotto del conferimento sociale del potere dal momento che poggia sul suo riconoscimento da parte di individui, gruppi o istituzioni. Si parla di controllo (un agente sociale sviluppa azioni per assicurarsi che ci sia corrispondenza tra le sue aspettative e i comportamenti di un’altra persona), di influenza (si esplica la capacità di modificare le azioni altrui), migr (eseguire dei comandi immorali che implicanoazioni distruttive, verso sé stessi o verso gli altri). Il fattore in grado di ridurre l’obbedienza ad una persona è la vicinanza della vittima, mentre quello che la potenzia è la vicinanza dell’autorità. L’obbedienza è meno consistente se il soggetto ingenuo viene affiancato da un altro individuo che si dissocia. LEADERSHIP – Il capo è colui che dispone di autorità, potere e controllo. Dicotomia ‘’leader si nasce’’/leader si diventa’’: studi dimostrano che le caratteristiche che accomunano un leader sono tante, perciò ‘’leader si nasce’’ non viene sostenuto da molti. Il leader, è tale perché viene visto come persona in grado di generare un clima di gruppo funzionale o meno alla produttività ed efficienza. Metodo democratico (leader partecipa, è attivo, agisce come parte del gruppo) più efficace rispetto al clima lassista (leader non partecipa al lavoro, non interviene mai nelle discussioni e decisioni di gruppo, libertà assoluta del gruppo). LEADERSHIP CONTINGENTE: non esiste un leader ‘’buono’’: le caratteristiche e i comportamenti del leader andrebbero valutati in relazione alle contingenze relazionali. La LEADERSHIP è la modalità con la quale il leader esercita la sua influenza sul gruppo. Tale modalità è influenzata dalle caratteristiche individuali del leader e da quelle del gruppo, nonché da fattori esterni. La forma di conduzione di un gruppo può essere autocratica, democratica o permissiva Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 (in base alla classificazione effettuata da Lewin). La parola “Leadership” significa dirigere, pertanto questo termine fa riferimento alla capacità di un individuo di saper guidare un gruppo di persone. Il leader è colui che guida il gruppo al successo, che ottiene che altre persone facciano determinate cose non perché si sentono obbligate, ma perché lo vogliono. Nel fare ciò, egli combina l’abilità di comprendere quali sono gli obiettivi raggiungibili con la capacità di motivare gli altri. LA LEADERSHIP. La leadership può essere interpretata secondo diversi punti di vista, ovvero “leader si nasce e leader si diventa”.  LEADER SI NASCE. Quest’affermazione fa riferimento al fatto che una persona, grazie al suo carisma, è predisposta a rivestire ruoli importanti che gli permettono di soddisfare bisogni personali. In questo caso il carisma consiste nel possesso delle capacità intellettive, caratteriali, di adattamento e relazionali, nonché dei fattori motivazionali.  LEADER SI DIVENTA. RONALD LIPPIT E RALPH WHITE dichiararono che leader si può diventare, dato che si tratta di una persona in grado di favorire nel gruppo un clima funzionale, ottimale. A tal proposito vennero osservati 3 stili di leadership: democratico, autoritario e lassista. GRUPPO CON CLIMA DEMOCRATICO: Il leader agisce come parte del gruppo, incoraggia le discussioni e le decisioni di gruppo, se serve fa anche delle proposte durante il piano di attività, ma i membri sono liberi di lavorare con chi vogliono; GRUPPO CON CLIMA AUTORITARIO: Il leader non partecipa attivamente al lavoro del gruppo anche se segue costantemente le attività esprimendo critiche e apprezzamenti personali. Egli lavora con determinazione e precisione, prescrivendo ai membri i compiti di lavoro da fare e con chi ognuno deve lavorare; GRUPPO CON CLIMA LASSISTA: Il leader non partecipa mai al lavoro del gruppo, non organizza il lavoro, non commenta nulla e da libertà assoluta sia riguardo le decisioni individuali che di gruppo. LA LEADERSHIP CONTINGENTE. In questo contesto molto importante fu il contributo di ROBER TBALES che diede molta importanza alla comunicazione e alle interazioni all’interno di un gruppo, 2 dimensioni fondamentali per il raggiungimento di obiettivi comuni. Nel 1964 FRED FIENDLER con la sua teoria della contingenza evidenziò che l’efficacia della leadership, comunque, dipende dalla situazione, dalle contingenze e proprio sulla base del suo studio lanciò un programma di formazione con lo scopo di responsabilizzare i leader in base alle varie situazioni che si presentano. LA LEADERSHIP IN UN’EPOCA DI MUTAMENTI. Oggi siamo in un’epoca ricca di trasformazioni e il leader viene considerato valido ed efficace solo se è in grado di adattare lo stile della leadership alla situazione. Si tratta di una leadership caratterizzata dalla “vision”, cioè la capacità di tracciare nuovi scenari che anticipano i cambiamenti e preparano il gruppo allo sviluppo continuo di conoscenze e competenze. Alla fine leader si nasce, ma lo si comprende solo quando lo si diventa. Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 ESPERIMENTI  Esperimento di Scherif Chiarisce il concetto di norma. In laboratorio in un ambiente oscuro, presentò ai soggetti un punto luminoso immobile, che per effetto del buio assoluto produceva un’illusione del movimento del punto stesso. Nel contesto di sessioni individuali e di gruppo si notò che i giudizi espressi individualmente erano più ampi rispetto a quelli di gruppo; gli individui esprimevano valutazioni che riflettevano la norma elaborata nel contesto di gruppo. Sherif ha osservato che gli effetti della norma di gruppo sono stabili e presenti a lungo anche a distanza di un anno. Sono queste le condizioni che portano ad affermare che in un gruppo esiste condivisione.  Il gioco dei trasporti (cooperazione e competizione) Deutsch e Krauss esaminano in ambito della contrattazione in che modo si comunica. Obiettivo del gioco dei trasporti - che vede contrapposte due ditte, la Acme e la Bolt - è quello di guadagnare trasferendo merci a destinazione nel minor tempo possibile. Primo esperimento non è possibile comunicare e i soggetti possono solo contemplare l’andamento del gioco. C'è un cancello attivabile dalle due ditte sulla strada a senso unico che è la più breve. Questo serve come metodo di comunicazione tra i contendenti. Ciascuno di essi sarà in grado di controllare il proprio cancello, che può essere chiuso solo quando il proprio veicolo è sul percorso principale. Questo serve come la minaccia, rafforzata dallo sperimentatore che è lì per fare più denaro possibile prescindendo dal profitto dell’avversario. Risultati: entrambi i contendenti costringono i camion avversari sul percorso più lungo, causando una grande perdita complessiva. In una successiva serie di prove, i camion possono incontrarsi lungo la strada a senso unico, concedendo la possibilità di inversione di marcia, a costo di tempo e denaro. Nessuno fu in grado di maturare profitti. Secondo esperimento. I partecipanti possono comunicare usando un sistema di cuffie. Risultati: non si osservarono variazioni significative del profitto. Evidentemente l’orientamento alla competizione si rivelò più forte della loro motivazione a cooperare. Terzo esperimento: Comunicazione forzata, i partecipanti sono sollecitati a comunicare. Nel caso in cui non avviene, lo sperimentatore ricorda loro di farlo. Risultati: si rileva un qualche esito positivo in termini di successo economico ma la comunicazione forzata non incide sulla sensazione di minaccia. Sembra che le persone siano così competitive quando entrambi si sentono minacciati che è difficile evitare che entrambe le parti alla fine siano perdenti.  Esperimento di Tucker - Il dilemma del prigioniero Un famoso tipo di gioco sperimentale, simula un’ipotetica situazione in cui possono venire a trovarsi due prigionieri. Ai due prigionieri viene prospettata la possibilità di una riduzione della pena, nel caso di una confessione a riguardo dell’altro. Il punto è che se tutti e due decidono di denunciare c’è un aggravamento della pena per entrambi (si prevede sempre che uno dei due tradisca l’altro). La Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 situazione è emblematica, e molto spesso questo gioco viene utilizzato anche in contesti educativi o aziendali, per misurare la propensione alla collaborazione. Esperimento di Milgram (obbedienza distruttiva), maggioranza Lo sperimentatore (autorità) chiede ai soggetti ingenui di erogare scosse elettriche di intensità crescente fino ad una soglia mortale ad altri soggetti (complici) per esigenze connesse ad un esperimento fittizio. Le scosse sono finte ma l’effetto è realistico. Risultato sconvolgente è che una percentuale consistente di individui si rende disponibile a somministrare scosse ad alta intensità, anche potenzialmente mortali, e che questi non evidenzino alcun tipo di alterazione psichiatrica: si tratta di persone comuni che non riescono a sottrarsi al volere dell’autorità. Gli psicologi sociali hanno manifestato un particolare interesse per “l’obbedienza distruttiva”. Questo tema si trova al centro di un famoso lavoro di STANLEY MILGRAM (1963), in cui egli si concentrò sulle reazioni dei soggetti nei confronti dei comandi che richiedevano azioni distruttive. Proprio per questo motivo, tale lavoro venne definito “Esperimento di Eichmann”, cioè il nome di un importante gerarca nazista processato per aver compiuto dei crimini contro l’umanità. Esperimento: Lo sperimentatore (cioè l’autorità) ordina a dei soggetti ingenui di eseguire delle azioni che sono opposte ai propri valori morali ed etici. Si tratta cioè di somministrare delle scosse elettriche, fino ad arrivare alla morte. Milgram in questo esperimento osserva come questi soggetti ingenui non riescano a non obbedire e comprende che in questo contesto pseudoscientifico l’obbedienza è influenzata da 4 variabili: la vicinanza della vittima, la vicinanza dell’autorità, la legittimità dell’autorità e l’influenza dei pari. L’esistenza di questo tema venne confermata anche dopo 10 anni da PHILIP ZIMBARDO e Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 i suoi collaboratori (1973) che ricrearono una prigione al cui interno un gruppo di studenti ricopriva il ruolo di detenuti e altri quello di carcerieri. Anche in questo caso erano previsti ordini violenti che, addirittura, costrinsero ad interrompere l’esperimento. L’INFLUENZA SOCIALE E LA PERSUASIONE. L’influenza sociale è un insieme di processi e di dinamiche che caratterizzano la specie Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 umana. All’inizio essa era concepita come un qualcosa di biologico, successivamente si è giunti a pensare che essa è prodotta dai processi culturali, essendo gli uomini esseri pensanti e portatori di cultura. L’influenza sociale, negli anni, è diventata sempre più forte e pressante tanto da lasciare sempre meno spazio alla libertà e all’autonomia del comportamento umano. Tuttavia in questa prospettiva, gli uomini non sono solo il bersaglio delle pressioni ambientali e culturali, ma ne sono anche i protagonisti in quanto non solo vengono influenzati ma a loro volta possono influenzare comportamenti, pensieri, sentimenti altrui. In riferimento al paradigma della comunicazione umana è possibile affermare che NONE’ POSSIBILE NON INFLUENZARE. L’influenza sociale esiste, bisogna solo comprendere: come essa avviene e quali sono le condizioni e le variabili che agiscono. L’INFLUENZA COME SUGGESTIONE COME PERSUASIONE. L’influenza sociale viene interpretata secondo 2 paradigmi: quello della suggestione e quello della persuasione. La suggestione è il processo secondo cui gli individui sono costretti ad accettare opinioni,valutazioni e scelte senza tener conto della loro qualità. La persuasione è il processo attraverso cui si convince una persona a fare e adottare certi valori, credenze, opinioni, atteggiamenti. Dalle origini fino agli anni 30 del Novecento fu dominante il paradigma della suggestione, mentre successivamente, tra gli anni 50 e70, fu prevalente quello della persuasione. LAPERSUASIONECOMEMODIFICADEGLIATTEGGIAMENTI. I ricercatori hanno dato molta importanza all’analisi della “comunicazione persuasiva” capace di modificare sentimenti, opinioni e comportamenti alla base dell’atteggiamento. In riferimento all’atteggiamento sono state sviluppate varie teorie, e ciò ha permesso di sviluppare varie idee sul modo di agire della persuasione. Gli studi condotti sulla persuasione sono orientati verso l’analisi delle strategie di elaborazione utilizzate dai soggetti-bersagli. A tal proposito sono stati individuati vari modelli: IL MODELLO DELL’ELABORAZIONE SEQUENZIALE DELL’INFORMAZIONE: Per WILLIAM MCGUIRE (1968) l’atteggiamento cambia in seguito a 6 fasi di elaborazione dell’informazione: presentazione del messaggio, attenzione, comprensione dei contenuti, accettazione/rifiuto della posizione, memorizzazione e infine comportamento. Secondo tale modello le persone reagiscono in modo differente al messaggio persuasivo ed alcune possono anche essere suscettibili. IL MODELLO DELLA PROBABILITA’ DI ELABORAZIONE (ELM/ Elaboration like lihood model): Secondo RICHARD PETTY e JOHN CACIOPPO (1981) le persone elaborano in modo diverso, in base alle circostanze, il messaggio persuasivo. A tal proposito sono stati sviluppati 2 percorsi: il percorso periferico, secondo cui la persona non possiede l’abilità e non è motivata a riflettere sul messaggio persuasivo essendo influenzata dagli stimoli esterni; Il percorso centrale, secondo cui la persona possiede l’abilità ed è motivata a riflettere sul messaggio persuasivo senza farsi distrarre dagli stimoli del contesto. In ogni caso, secondo tale modello, la persona sarà persuasa solo se il contenuto del messaggio è convincente e non debole. Inoltre nel caso in Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 cui la persuasione avviene, il cambiamento che deriva dal percorso centrale è stabile mentre quello del percorso periferico potrà subire ulteriori modifiche. IL MODELLO EURISTICO-SISTEMATICO (HSM/ Heuristic-Systematic Model): Secondo CHAIKEN, EAGLY e altri la scelta della strategia di elaborazione dell’informazione dipende dall’esigenza del soggetto di giungere alla formulazione del giudizio impegnando solo le risorse cognitive. Mentre l’elaborazione sistematica viene utilizzata dal soggetto solo se la strategia di elaborazione non è possibile o fornisce poche garanzie. L’INFLUENZA SOCIALE DELLE MAGGIORANZE E DELLE MINORANZE. In termini generali, per influenza sociale si intende qualsiasi tipo di cambiamento che avviene a livello cognitivo, affettivo e comportamentale in seguito alle pressioni poste da altri soggetti. Il suo obiettivo è quello di favorire “conformità” all’interno del gruppo, e a tal proposito KELMAN (1958) HERBERT distinse 3 meccanismi di conformità dell’individuo rispetto al gruppo: acquiescenza, cioè quando il soggetto si adegua al gruppo con lo scopo di evitare critiche e ritorsioni, essendo deviante. interiorizzazione, cioè quando il soggetto accoglie le idee espresse dal gruppo e le condivide interiormente. identificazione, cioè quando il soggetto subisce l’influenza del gruppo essendo che egli si sente parte del gruppo stesso. L’INFLUENZA DELLA MAGGIORANZA. SALOMON ASCH si interessò al tema della “pressione di gruppo” partendo dal presupposto che noi siamo dipendenti dagli altri. A tal proposito Asch condusse un ESPERIMENTO molto importante: Riunì in una classe universitaria gruppi dai 7 ai 9 studenti a cui veniva presentato un normale esercizio di “discriminazione visiva”. Asch gli chiese di confrontare una linea standard con altre 3 linee di lunghezza diversa, identificando tra queste quella uguale alla prima. Inoltre propose circa 12 cartelloni con linee differenti. La maggioranza dei partecipanti era complice dello sperimentatore, infatti rispondevano in modo giusto in riferimento ai primi due cartelloni, spingendo il soggetto ingenuo a fidarsi del loro giudizio. In riferimento agli altri cartelloni i complici fornivano risposte sbagliate al fine di influenzare il giudizio del soggetto ingenuo. Al termine dell’esperimento Asch notò che più la maggioranza esprimeva una posizione unitaria più aveva la capacità di influenzare il giudizio del singolo, il quale nonostante potesse conoscere la risposta giusta, decideva consapevolmente di accordarsi con la maggioranza. Solo una piccola parte si sottraeva alla pressione del gruppo, dichiarando ciò che vedeva realmente e non ciò che sentiva di "dover" dire. Tali soggetti sperimentali, in questo modo, commettevano circa il 33,2% di errori, rispetto a quelli elaborati dalla maggioranza che ricoprivano il 7,4%. INFLUENZA DELLE NORME E INFLUENZA DELL’INFORMAZIONE. In riferimento agli studi di Asch, MORTON DEUTSCH EHAROLD GERARD(1955) parlarono di influenza delle norme e influenza dell’informazione. Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 La 1° mira a cogliere, nella relazione individuo-gruppo, l’effetto che produce la pressione del gruppo sull’individuo per raggiungere l’uguaglianza; La 2°, invece, consiste nel fatto che la conformità dipende dal fatto che i soggetti Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 considerano i giudizi degli altri più attendibili rispetto ai propri. Facendo riferimento all’esperimento di Asch i 2 studiosi dichiararono che i soggetti sperimentali tendevano a produrre gli stessi giudizi della maggioranza soprattutto se gli veniva offerta una ricompensa, e attribuirono molta più importanza all’influenza normativa rispetto a quella dell’informazione. L’INFLUENZA DEGLI ASTANTI E IL COMPORTAMENTO D’AIUTO. BIBBLATANE’eJOHNDARLEY(1968)conl’espressione“bystandereffect”labassa tendenza delle persone ad intervenire nelle situazioni di emergenza se ci sono altri soggetti presenti (comportamento d’aiuto). I motivi principali di questo effetto sono l’ignoranzapluralistica(glialtrinonagisconoequindinonagisconeancheio)ela diffusionediresponsabilità(nonagiscodatochecisonogiàaltrepersonechepotrebbero farlo). L’INFLUENZA DELLA MINORANZA. SERGE MOSCOVICI fu il primo a spiegare gli effetti prodotti da un gruppo di minoranza all’interno della società. Fondamentale è lo stile assunto da un gruppo minoritario, in quanto i membri presentano comportamenti resistenti volti a difendere la propria posizione. In questo contesto molto importante fu l’ESPERIMENTO definito “After effect o Effetto postulato”: Esso si riferisce al fatto che se si osserva intensamente uno stimolo colore su uno sfondo bianco, alla scomparsa dello stimolo segue la percezione di un colore illusorio (residuo). I partecipanti sono divisi in coppie formate da un soggetto ingenuo e un complice e l’esperimento si divide in 4 fasi: Si mostra ai soggetti una serie di 5 diapositive blu o verdi e successivamente lo sperimentatore in privato ricava le risposte relative al colore primario e a quello residuo; Successivamente vengono mostrate ai soggetti altre diapositive e in questo caso essi esprimono la risposta pubblicamente senza però dichiarare il colore residuo. In questo caso il soggetto complice, che risponde per primo, dichiara sempre che le diapositive siano verdi. A questo punto la coppia torna a esprimere il giudizio segretamente. Il complice a questo punto si allontana, e al soggetto ingenuo viene chiesto di rispondere ad altre 5 prove in privato. Attraverso questo esperimento è interessante osservare che l’influenza minoritaria ha un effetto non solo sui giudizi pubblici del soggetto ingenuo ma anche sulle sue condizioni più profonde. Dunque l’influenza minoritaria influenza soprattutto le posizioni private (voto segreto), mentre l’influenza maggioritaria avviene maggiormente a livello pubblico. Il fatto che una minoranza esprima una posizione di versa dalla maggioranza, porta quest’ultima porsi domande sulle sue credenze e sulla sua posizione, tanto da produrre anche effetti di conversione. Inoltre sempre in riferimento all’influenza minoritaria fondamentale è apparso l’effetto della divergenza ideato da CHARLAN NEMETH (1986) caratterizzato dal fatto che il contesto, il compito o lo stimolo (presenza di una minoranza) sollecitano le persone a pensare e agire in modo autonomo esprimendo idee nuove e originali. L’INFLUENZA DEIMEDIA. Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 Nel corso del 900 si sono susseguiti molti modelli e teorie riguardo i processi mediatici e i loro effetti. In ogni caso possono esserci sia soggetti favorevoli che sfavorevoli. I primi, definiti “integrati” sottolineano gli aspetti positivi che possono essere prodotti da tali processi, in termini di informazione, divertimento, educazione; I secondi, invece definiti “apocalittici” sottolineano i rischi e i problemi che possono essere prodotti da strumenti così potenti. Nonostante ciò i media, tra gli anni 30 e 40, sono stati considerati come degli strumenti con un potere straordinario e illimitato, paragonato a quello di un proiettile che se colpisce il bersaglio non lascia scampo in termini di influenza (Teoria ipodermica). Successivamente, negli anni 60, gli è stato associato un potere limitato ed essi sono stati costituiti come una fonte probabile di cambiamento delle opinioni, atteggiamenti e comportamenti. LE TEORIE DEGLI EFFETTI LIMITATI. Il collegamento tra il messaggio e il comportamento è influenzato in primis dalle differenze psicologiche tra gli individui. In altri termini i messaggi dei media che contengono caratteristiche particolari, agiscono diversamente in base ai tratti specifici della personalità del soggetto. Questo pensiero venne formulato da KEPPLER autore di Gli effetti delle comunicazioni di massa. A tal proposito egli individuò 2 effetti: quello di conversione, che si ha quando il soggetto modifica completamente i propri atteggiamenti e comportamenti; e quello di rafforzamento quando gli individui affermano la propria coerenza. LA TEORIA DEGLI USI E DELLE GRATIFICAZIONI. Il ruolo dei media è fondamentale in quanto essi hanno il potere di soddisfare i bisogni dei soggetti. Dunque i soggetti attraverso l’uso dei media ricavano gratificazioni. Inoltre le principali motivazioni d’uso sono: ottenere in formazioni, effettuare comunicazioni interpersonali, intrattenimento, distrazione, interazione parasociale (interazionea distanza/TV). L’AGENDA SETTING. Con questa espressione si fa riferimento al fatto che le comunicazioni di massa tendono ad orientare i soggetti a concentrarsi su alcuni temi piuttosto che altri, e di conseguenza esse contribuiscono a realizzare rappresentazioni che le persone identificano come realtà. LA TEORIA DELLA COLTIVAZIONE. Secondo tale teoria, la comunicazione mediatica ha l’obiettivo di diffondere una certa immagine del mondo e fornire agli individui determinati metodi di interpretazione degli eventi che si verificano nel contesto sociale di riferimento. L’APPROCCIO COGNITIVO ALLE COMUNICAZIONI DIMASSA. Le comunicazioni di massa sono le fonti principali delle cognizioni strutturate. Le persone hanno dei veri e propri schemi valorizzati attraverso la comunicazione pubblicitaria, dall’intrattenimento televisivo, dalla propaganda e dalle mode. IL DIBATTITO SULL’INFLUENZA DEI MEDIA. Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 Dunque negli anni sono state formulate varie teorie riguardo al potere di influenza dei media, i quali comunque possono produrre effetti sia negativi che positivi. A tal proposito molto importante è apparsa la figura di ALBERT BANDURA, il quale elaborò la teoria del modellamento o apprendimento vicario. Secondo Bandura l’apprendimento può avvenire anche indirettamente, attraverso l’osservazione di azioni messe in atto da soggetti per poi essere imitate (dunque “osservazione di un modello e imitazione del suo comportamento”). Soprattutto durante l’adolescenza, però, possono presentarsi effetti negativi, infatti la televisione, videogiochi, mondo di internet, ecc. possono rappresentare dei modelli negativi di comportamento che destabilizzano emotivamente il soggetto. Le relazioni tra gruppi Le relazioni tra gruppi sociali sono un tema centrale nella ricerca psicosociale. Molti fenomeni hanno a che fare con la relazione intergruppi: rapporti tra cittadini e migranti, rapporti tra opposte tifoserie. Le relazioni intergruppi sono anche un livello d’analisi dell’indagine psicosociale. Se l’individuo Z è aggressivo contro l’individuoY, ad un primo livello di analisi (individuale) spieghiamo il suo comportamento in base alla sua personalità, cioè l’aggressività è un tratto della sua personalità; a un secondo livello d’analisi (interpersonale) spieghiamo il comportamento di Z sulla base dell’antipatia verso Y; ad un terzo livello d’analisi (intergruppi) spieghiamo il comportamento di Z dicendo che i due individui appartengono a due gruppi ostili tra loro. Quindi anche se la situazione coinvolge solo 2 persone, sono comunque implicate relazioni intergruppi perché le appartenenze a gruppi influenzano il comportamento (Non c’è bisogno di un confronto diretto tra due gruppi per parlare di relazioni intergruppi). La psicologia sociale considera i 3 livelli di comportamento contemporaneamente e cerca le connessioni tra di essi. Quindi il conflitto e la cooperazione intergruppi può riguardare le dinamiche di due gruppi ma anche semplicemente due individui solo. Il nucleo conflitto/cooperazione intergruppi è stato studiato da due approcci teorici principali: teoria del conflitto realistico e teoria dell’identità sociale. Etnocentrismo:il proprio gruppo (ingroup) è considerato il centro di ogni cosa e tutti gli altri (outgroup) sono classificati e valutati in rapporto ad esso Pregiudizio: atteggiamento negativo verso un individuo, basato sulla sua appartenenza a un gruppo sociale. Stereotipo: credenze condivise secondo cui i membri di un particolare gruppo sociale presentano determinate caratteristiche. Discriminazione: comportamento effettivamente messo in atto contro individui e gruppi Conflitto tra gruppi sociali: contrapposizione fisica o simbolica di una parte contro l’altra. Gruppo: totalità dinamica basata sull’interdipendenza invece che sulla somiglianza: Interdipendenza del compito Interdipendenza del destino Scaricato da Valeria Ragosta ([email protected]) lOMoARcPSD|48440534 La prospettiva intergruppi. Le relazioni intergruppi che possono essere amichevoli o conflittuali. Sono un livello d’analisi dell’indagine psicosociale. Ma per ‘’relazioni intergruppi’’ intendiamo anche due soli individui nella cui interazione sono implicate variabili che fanno parte nei rapporti tra gruppi diversi, poiché le appartenenze sociali dei singoli ne influenzano il comportamento. Questo livello di analisi diviene rilevante ogni volta che le azioni di un individuo sono spiegabili nei termini delle sue appartenenze sociali. Conflitto intergruppo - Teoria del conflitto realistico (RCT) Per Sherif ci si sente parte di un gruppo quando vi è la necessità di collaborare per raggiungere degli obiettivi Secondo la teoria del conflitto realistico di Sherif, l’ostilità tra i gruppi nasce dalla competizione per risorse materiali ambite ma scarse. Tale teoria ha dei limiti: la cooperazione non è sufficiente ad annullare atteggiamenti negativi, è importante l’esito della collaborazione, a volte il conflitto si fonda sulla sola percezione di conflitti con l’outgroup. Robbers, spiega le relazioni intergruppi in base alla loro struttura funzionale che le caratterizza: A) Se due gruppi perseguono un obiettivo comune, ma il raggiungimento dell’obiettivo da parte di uno non implica necessariamente né il successo né il fallimento dell’altro gruppo, la relazione sarà caratterizzata da indipendenza funzionale. B) Interdipendenza Intergruppi: situazione in cui il risultato di un gruppo dipende da quello dell’altro gruppo. Tale interdipendenza può essere a struttura negativa, quando il risultato positivo di un gruppo implica il risultato negativo dell’altro (conflitto), e a struttura positiva nel caso opposto (cooperazione). Gruppi minimi– Tajfel, Punto di partenza: concetto di categorizzazione. L’«intergroup bias», Tajfel ha indagato se la discriminazione si presenta anche quando i membri dei gruppi non siano in competizione e non vi sia interdipendenza. Paradigma sperimentale dei gruppi minimi: i soggetti non interagivano tra loro; non dovevano svolgere nessun compito di collaborazione e non avevano alcun destino comune. Risultato di esperimenti: la differenziazione di due sottoinsiemi cui vengano imposte etichette (A e B) ha come effetto un prec O e P

Use Quizgecko on...
Browser
Browser