Odontoiatria Preventiva e di Comunità PDF

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This document provides an overview of preventative and community dentistry. It discusses the definition of health according to the WHO, the promotion of health, and the various factors that influence health status. It describes different levels of prevention and their methodologies.

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ODONTOIATRIA PREVENTIVA E DI COMUNITÀ Salute: definizione OMS (1948) Stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non soltanto stato di assenza di malattia o infermità. Promozione della salute – Dichiarazione di Alma-Ata del 1978 L'OMS precisa che: La salute, intesa come stato d...

ODONTOIATRIA PREVENTIVA E DI COMUNITÀ Salute: definizione OMS (1948) Stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non soltanto stato di assenza di malattia o infermità. Promozione della salute – Dichiarazione di Alma-Ata del 1978 L'OMS precisa che: La salute, intesa come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto come assenza di malattia e di infermità, è un diritto fondamentale dell’essere umano, e l'accesso al più alto grado possibile di salute è un obiettivo sociale di estrema importanza, che interessa il mondo intero e presuppone la partecipazione di molti altri comparti socio-economici oltre a quello sanitario. Promozione della salute Carta di Ottawa del 1986 Sottolinea che è necessario attivare tutte le possibili procedure per mettere in grado la popolazione di aumentare il controllo della propria salute e far prendere coscienza che la Sanità è una risorsa. La salute non è semplicemente uno stato di assenza di malattie, ma è una condizione dinamica di benessere fisico, mentale e sociale. La condizione di benessere dipende in larga misura da fattori obiettivi individuali e collettivi, che possono essere rilevati ed espressi in termini numerici, come, ad esempio: efficienza fisica (statura, peso corporeo, pressione arteriosa, volumi polmonari statici e dinamici, ematologici e parametri ematochimici, ecc.); il reddito; il livello di istruzione; l'indice di affollamento (numero di abitanti in rapporto al numero di vani disponibili); il numero e la qualità dei servizi sanitari e sociali. FATTORI CONDIZIONANTI LO STATO DI SALUTE Fattori genetici Fattori ambientali o Ambientale fisico (di vita o di lavoro) § Esterno § Interno § Agenti chimici e fisici: sostanze tossiche, cancerogene, radiazioni e rumore o Ambientale sociale § Fattori psico-relazionali § Agenti infettanti Fattori comportamentali Igiene: Disciplina che si propone di promuovere e conoscere la salute sia individuale che collettiva. Dal punto di vista didattico l'Igiene può considerarsi articolata in tre parti principali: 1. EPIDEMIOLOGIA 2. PREVENZIONE (Medicina Preventiva ed Igiene Ambientale) 3. MEDICINA DI COMUNITÀ (o Sanità Pubblica) ANDAMENTO COMPARATIVO DELLA MORTALITÀ PER MALATTIE INFETTIVE E NON INFETTIVE ANDAMENTO DEI DECESSI PER MALATTIE INFETTIVE* 1 PRINCIPALI CARATTERISTICHE DISTINTIVE DELLA PATOLOGIA INFETTIVA E NON INFETTIVA Se la prevenzione rappresenta un intervento comunque utile per qualsiasi tipo di patologia, ora diviene addirittura un imperativo categorico, una necessità inderogabile per malattie come quelle oggi prevalenti che sono croniche ed inguaribili. PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE! «longe præstantius est præservare quam curare», «prevenire è di gran lunga meglio che curare» Bernardino Ramazzini è stato un medico, scienziato e scrittore italiano. È oggi riconosciuto come fondatore e padre della medicina del lavoro. comprensione dell'associazione tra ambiente e salute sospetto dell'origine ambientale di ogni patologia necessità di raccogliere la storia lavorativa di ogni paziente suggerimenti di prudenza nella terapia Utilizzando un approccio che oggi chiameremmo epidemiologico egli valuta il rischio, anticipando alcune misure di prevenzione dei rischi, di protezione della salute, di informazione sui rischi. PREVENZIONE Le linee strategiche che si possono percorrere per proteggere e potenziare la salute dell'uomo sono: allontanare e/o correggere tutti i fattori potenzialmente nocivi; incrementare il livello di benessere, potenziando la presenza dei fattori protettivi aumentando il grado di resistenza all'azione dei diversi fattori di danno. LA PREVENZIONE ha compiti ben definiti che consistono nell'impedire l'insorgenza e la progressione delle malattie, mediante interventi sulla popolazione e sull'ambiente di vita e di lavoro. MEDICINA CLINICA MEDICINA DI SANITA' PUBBLICA Attori della Prevenzione e Promozione della Salute La Sanità Pubblica è la scienza e l'arte di prevenire la malattia, di prolungare la vita e di promuovere l'efficienza fisica tramite sforzi comunitari organizzati per l'igiene dell'ambiente, il controllo delle infezioni comunitarie, l'educazione del singolo sui principi dell'igiene personale, l'organizzazione dei servizi medici ed infermieristici per la diagnosi precoce delle malattie, e l'incremento dei meccanismi sociali capaci di garantire a ciascun individuo e alla comunità uno standard di vita adeguato per il mantenimento della salute (Hobson, 1961) INTERVENTI INIDIRIZZATI ALLA PROMOZIONE, DIFESA E RECUPERO DELLA SALUTE 2 METODOLOGIA DELLA PREVENZIONE Momento conoscitivo = epidemiologia Momento degli interventi o Promozione della salute o Livelli di prevenzione o Campi di intervento o Tipologia degli interventi Momento valutativo MOMENTO CONOSCITIVO EPIDEMIOLOGIA = studio della distribuzione dei fattori di rischio e delle malattie in seno alla popolazione e delle condizioni che ne favoriscono l'insorgenza. Branca delle scienze mediche che ha per oggetto lo studio dello stato di salute e di malattia di popolazioni umane in rapporto con i fattori genetici, l'ambiente e le abitudini di vita. Obiettivo dell'epidemiologia è l'individuazione dei fattori positivi di benessere e di quelli causali delle malattie, le loro modalità di intervento e le condizioni che ne favoriscono od ostacolano l'azione RAPPORTI FRA EPIDEMIOLOGIA E MEDICINA CLINICA MOMENTO DEGLI INTERVENTI- LIVELLI DI PREVENZIONE Prevenzione primaria: impedire l'insorgenza di casi di malattia. Prevenzione secondaria: individuare e trattare i casi di malattia il più precocemente possibile. Prevenzione terziaria: impedire l'aggravamento di malattie croniche in atto. PREVENZIONE PRIMARIA Impedire insorgenza di nuovi casi di malattia negli individui sani riducendo (o azzerando) il rischio individuale. se la causa è ignota o non eliminabile si agisce sui fattori di rischio, ottenendo una riduzione della incidenza. Metodi di intervento: aumentare difese dell'individuo agire sullo stile di vita agire sull'ambiente eugenetica Gli interventi sono diversi per le malattie infettive e non infettive. per le malattie infettive la prevenzione è più efficace e collaudata. per le non infettive, spesso dovute a fattori comportamentali, i successi sono inferiori e grande importanza ha l'educazione sanitaria. Obiettivo: impedire l'insorgenza di nuovi casi di malattia nelle persone sane, quindi produrre una diminuzione del tasso di incidenza della malattia, che è tanto maggiore quanto più efficace è l'intervento Diminuzione incidenza della malattia à Riduzione del RISCHIO INDIVIDUALE 3 RISCHIO INDIVIDUALE Può essere ridotto a zero se si riesce a rimuovere definitivamente la causa della malattia o ad impedire che essa continui ad agire sulla popolazione. Causa della malattia sconosciuta o non eliminabile à Ottenere riduzioni di incidenza agendo sui fattori di rischio, quantificandoli in termini di percentuale di riduzione dell’incidenza di malattia, dopo aver determinato la quota di rischio attribuibile al fattore che si vuole eliminare ESEMPIO: TUMORI DEL POLMONE - rischio attribuibile al fumo di sigaretta 90% - la riduzione del 50% del numero di fumatori porterà alla diminuzione progressiva dell'incidenza - contrazione massima del 45% entro 30 anni tenendo conto del periodo di latenza di 20-30 anni della malattia Ha il fine di impedire l'insorgenza della malattia (o dell'evento dannoso) attraverso la rimozione della causa e la riduzione del rischio. Eventi di cui è noto l'agente causale fisico o chimico à È possibile ridurre il rischio, e di conseguenza il danno, rimuovendo l'agente sesso. Eventi di cui non è noto un agente causale unico à L'azione preventiva avrà l'effetto di ridurre l'incidenza dell'evento nella popolazione. PREVENZIONE SECONDARIA scoprire ed ottenere la guarigione di casi di malattia ancora clinicamente non manifesti (incidenza resta immutata) si tratta della diagnosi precoce nella fase preclinica. possibile solo a certe condizioni: prolungato periodo di latenza, test disponibili (rapidi, sicuri, attendibili), terapie utilizzabili. attualmente possibile solo per alcune malattie non infettive metodi di intervento. "screening" selettivo (asbestosi) o di massa (k. mammella) esami mirati a certe età Obiettivo: scoperta e guarigione dei casi di malattia prima che essi si manifestino clinicamente Intervento di prevenzione secondaria ben condotto: - riduzione della mortalità che sarà più o meno consistente a seconda dell'efficacia dell'intervento stesso; - diminuzione della prevalenza di quelle malattie che una volta scoperte giungono rapidamente a guarigione - nessun effetto di riduzione sull'incidenza (non rimuove le cause di malattia, né evita l'insorgenza di nuovi casi). NON TUTTE LE MALATTIE SONO SUSCETTIBILI DI PREVENZIONE SECONDARIA I requisiti sono: - la storia naturale della malattia sia ben conosciuta per poterne prevedere l'evoluzione; - il periodo di latenza in fase asintomatica sia sufficientemente lungo per avere la possibilità di scoprire il caso - Disponibilità di terapie efficaci in grado di curare la malattia o di ritardarne l'evoluzione letale. Malattie infettive à Non si prestano alla prevenzione secondaria Breve incubazione e decorso acuto Malattie non infettive à Sono suscettibili di prevenzione secondaria Prevenzione su base comunitaria METODOLOGIA: Ogni intervento, basato sull'inizio della terapia in fase preclinica richiede l'esame di una massa di persone apparentemente sane per effettuare lo screening Screening à selezione di coloro che sono già ammalati pur non presentando ancora sintomi di malattia 4 Modalità di screening SELETTIVO: la ricerca è operata fra individui apparentemente sani, ma appartenenti ad una categoria con rischio di ammalare particolarmente elevato DI MASSA: riguarda l'intera popolazione esposta al rischio e va effettuato solo quando l'incidenza della malattia che si vuole prevenire è elevata oppure quando, pur trattandosi di malattia rara, la diagnosi tardiva implica un danno irreversibile, mentre la diagnosi precoce può essere fatta agevolmente e consente un efficace trattamento PREVENZIONE TERZIARIA RIABILITAZIONE MALATI - (impedire invalidità nei malati e favorire recupero di portatori di handicap) Obiettivo: impedire l'invalidità in persone già ammalate di malattie croniche; pertanto, si identifica in larga misura con la riabilitazione. LE TECNICHE DI RIABILITAZIONE devono essere messe in atto precocemente per evitare complicanze della malattia principale durante il suo decorso e per ottenere il massimo di recupero funzionale dopo che la malattia è guarita o si è stabilizzata. È intesa come prevenzione dell'invalidità, ha specifiche applicazioni nelle singole malattie non infettive. In generale, il precoce ripristino delle diverse funzioni dell'organismo, deve mirare a prevenire l'invalidità fisica provocata dal decorso delle malattie croniche o conseguente ad intervalli chirurgici demolitivi. Accanto alla riabilitazione fisica occorre provvedere ad un adeguato sostegno psicologico PREVENZIONE QUATERNARIA La prevenzione quaternaria o prevenzione della ipermedicalizzazione o prevenzione della medicina non necessaria è una forma di prevenzione ormai sempre più accettata in varie branche della medicina. Il termine è stato coniato da Marc Jamoulle dell'Università di Liegi nel 1986. «Azione intrapresa per identificare pazienti a rischio di overmedicalization (sovra- medicalizzazione), per proteggerli da un approccio medico aggressivo e suggerire interventi che siano eticamente accettabili; tale concetto è ormai accettato in varie branche della medicina. L'idea è quella di evitare eccesso di diagnosi nel paziente e l'accanimento terapeutico, si applica durante tutto l'episodio di cura (periodo preclinico e clinico). Si devono identificare i pazienti a rischio di trattamento eccessivo, per poterli proteggere da un approccio aggressivo, suggerendo interventi che siano eticamente accettabili e al contempo efficaci. PREVENZIONE IN ODONTOIATRIA Le malattie odontostomatologiche sono un enorme onere a carico della società, specialmente adesso che si connette sempre di più la patologia del cavo orale con altre patologie a livello sistemico. In passato l’odontoiatria era prevalentemente orientata al trattamento, mentre oggi si assiste ad un interesse crescente per la prevenzione. È meglio prevenire la malattia rispetto che trattarla, una volta che quest’ultima si è instaurata, e questa affermazione è applicabile per la maggior parte delle patologie in medicina. 5 Le tre principali patologie su cui si concentra l’attenzione delle scienze odontoiatriche sono: Carie Dentale Malattia Parodontale Tumore del cavo orale Gli obiettivi dell'odontoiatria preventiva sono correlati alla prevenzione di tutte le patologie. PREVENZIONE PRIMARIA: Mantenere uno stato di salute, quando si attuano precocemente delle modifiche ai propri stili di vita, si riescono a minimizzare i rischi di sviluppare una malattia odontostomatologica. PREVENZIONE SECONDARIA: intervento immediato per fermare l'inizio della malattia. Uno stato di buona salute può essere raggiunto quando le lesioni incipienti dello smalto sono fermate prima dell'inizio della formazione della carie, quando la gengivite è bloccata prima che si trasformi in parodontopatia e quando una displasia viene diagnosticata e rimossa prima che si sviluppi il cancro. Il ritorno ad uno stato di buona salute ed il controllo della malattia è possibile MANCATA PREVENZIONE: Il trattamento della malattia odontoiatrica ( cura della carie o chirurgia) porta spesso alla perdita dell'elemento dentario, ed in caso di cancro, alla menomazione o alla morte. SALUTE ORALE E STATO DI BENESSERE GENERALE L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come segue "uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non la mera assenza di malattia o infermità” (World Health Organization 1946). Uno dei reali indicatori di una buona qualità della vita, di vero benessere sia fisico, sia mentale, sia sociale include godere di buona salute generale. La salute orale è parte integrante della salute generale. Funzione Fonazione Respirazione Digestione masticazione Funzione Gustativa Propiocezione Funzione Immunitaria Estetica Ruolo sociale Percezione di sè La tabella riassume alcuni dei fattori di rischio generali che vengono associati più di frequente alle patologie del cavo orale, le malattie che ne possono derivare e le loro possibili conseguenze. 6 CARIE La carie è una malattia infettiva a carattere cronico-degenerativo ad eziologia multifattoriale. Colpisce circa l'80% della popolazione nei Paesi sviluppati e si forma per un iniziale processo di demineralizzazione dei tessuti duri dei denti (smalto, dentina e cemento), a causa della produzione acida della placca batterica presente sulle superfici dentarie. La carie consiste nella distruzione dei tessuti dentali causata dalla presenza di acidi prodotti dai batteri della placca depositati sulle superfici dei denti. Se non trattata, la carie può comportare la perdita del dente. La carie colpisce i tessuti duri del dente (smalto, dentina o cemento radicolare) una volta che gli elementi dentari sono erotti nella cavità orale. La carie dentale non può interessare i denti inclusi (elementi ancora inclusi nel tessuto osseo o osteo-mucoso ). Prerogativa dell' inizio del processo carioso è la colonizzazione batterica della superficie dura del dente. Carie della corona àSmalto- Dentina Carie della radice à Cemento- Dentina FORMULA DENTARIA L'odontoiatra ha la necessità e l'obbligo di utilizzare un linguaggio che permetta l'identificazione precisa degli elementi dentari. Per ridurre i margini di errori e standardizzare la comunicazione l'organizzazione mondiale della sanità ha stabilito un sistema di numerazione dentale così da associare ogni informazione in modo univoco ad uno specifico dente. Rimangono ancora però in uso altre due classificazioni, una utilizzata più di frequente negli Stati Uniti, Universal numbering system, l'altra in ambito militare, Palmer notation method. Per formula dentaria si intende una rappresentazione schematica in grado di visualizzare con immediatezza il numero e le tipologie di denti presenti nella dentatura dei mammiferi. L'essere umano è un bifiodonte 2 dentizioni, decidua e permanente) In tutti questi sistemi la bocca è idealmente divisa in 4 quadranti (emiarcate) per mezzo dei suddetti piani. In tutte le formule dentarie il primo passo è il riconoscimento del tipo di dente La dentatura umana contiene 4 tipi di denti Incisivi (centrali o laterali) Canini Premolari (1° o 2º) Molari (primo, secondo o terzo) Il secondo passo per l'identificazione dentale è sapere a quale arcata appartiene il dente precedentemente descritto; arcata superiore (mascellare) o inferiore (mandibolare). In terzo luogo, deve indicare a quale emiarcata appartiene (destra - sinistra) Sistema di Palmer Con questo sistema i diversi tipi di denti (incisivo centrale, laterale, canino ecc.) vengono rappresentati usando i numeri arabi da 1 a 8, per la dentatura permanente, o quelli romani da I a V, in caso di dentatura decidua. Per indicare la specifica posizione spaziale del dente, nei quattro quadranti o emiarcate, si colloca il numero, arabo o romano, all'interno delle superfici delimitate da una croce (+) le cui rette ortogonali corrispondono ai 2 piani, sagittale-mediano e trasversale. Metodo dei segni aritmetici Il metodo dei segni aritmetici consiste nell' indicare con il segno + l'arcata mascellare con il segno - l'arcata mandibolare. Se il segno precede il numero es. +6, i denti sono sinistri; Se lo segue es 6+, i denti sono destri Lo stesso procedimento è valido anche per i denti inferiori ma usando il segno - 7 The International Standards Organization Designation System (ISO System) o metodo della "doppia cifra” Questo sistema identifica i denti attraverso due numeri: il primo si riferisce al quadrante corrispondente all'emiarcata in cui si trova il dente da rappresentare; il secondo, invece, indica il tipo di dente (incisivo centrale, canino ecc.) come già illustrato nel metodo di Palmer. Nella dentizione permanente i quadranti (emiarcate) si indicano, convenzionalmente, con i seguenti numeri arabi: 1= emiarcata superiore destra (quadrante sup. dx) 2= emiarcata superiore sinistra (quadrante sup. sx) 3= emiarcata inferiore sinistra (quadrante inf. sx) 4= emiarcata inferiore destra (quadrante inf. dx) Ad esempio, per indicare il canino sinistro superiore (dentizione permanente) si scriverà semplicemente 23. Per gli elementi decidui la numerazione prevede lo stesso criterio; al quadrante superiore di destra è assegnato il numero 5, il 6, il 7 e l'8 invece indicano rispettivamente il quadrante superiore sinistro, inferiore sinistro ed inferiore destro. I numeri degli elementi dentari decidui vanno da 1 a 5. Universal numbering system Questa numerazione dentale è adoperata maggiormente negli Stati uniti ed è per questo chiamata anche "sistema Americano". I denti decidui sono indicati da lettere che vanno da "A" a "T", mentre i denti permanenti sono classificati da 1 a 32. Il dente 1 è il dente terzo molare superiore destro ed il conto avanza in direzione del lato sinistro. La numerazione continua a livello del dente del giudizio mandibolare di sinistra (numero 17) per proseguire verso destra. INCIDENZA DELLA CARIA L'incidenza di carie in bambini fino a 12 anni (Sopra) e adulti tra 35 e 44 anni (sotto) nel mondo rappresentata secondo l'indice DMFT. Questo indice rappresenta l'incidenza di carie valutando il numero di denti che sono cariati (Decayed), mancanti (Missing) e otturati (Filled). -Fonte, WHO La patologia cariosa costituisce una delle patologie croniche più diffuse a livello mondiale. Nonostante l'Oms sottolinei che la salute del cavo orale è in netto miglioramento negli ultimi anni, si tratta comunque ancora di un rischio che interessa tutte le fasi della vita di una persona. Le carie dentali sono ancora oggi uno dei maggiori problemi sanitari nei paesi industrializzati, dove interessano dal 60 al 90 per cento dei bambini in età scolare e la maggior parte degli adulti. Il problema è molto diffuso anche in Asia e in America Latina mentre sembra meno presente in Africa. I cambiamenti degli stili di vita in corso però fanno pensare all'Oms che anche molti paesi africani si troveranno presto ad affrontare alti numeri di persone con problemi del cavo orale. EVOLUZIONE DELLA PREVENZIONE DELLA CARIE 8 AMALGAMA VS COMPOSITO - Facilità di impiego - Impiego solo in casi di stretto controllo dell' - Stabilità nel tempo per grande resistenza all'usura isolamento del campo - Possibilità di essere posizionato anche in presenza - Minore resistenza all' usura (specie nei settori di umidità e fluidi organici posteriori) - Resistenza alla carie secondaria (formazione di - Umidità e fluidi organici possono minare strato di ossidi ) l'adesione alla struttura dentaria - Indicato in cavità profonde di II classe, le carie - Possibilità di carie secondaria radicolari e/o sottogengivali di difficile accesso - Indicato in cavità poco estese e con uso di sistema - Scarse necessità estetiche di isolamento - Assenza di legame chimico ai tessuti dentari - Notevoli capacità mimetiche e grande resa estetica - Ritenzione meccanica ( cavità a coda di rondine) - Legame chimico di adesione ai tessuti dentari - Cavità tridimensionalmente ritentive - Geometria cavitaria dettata dalla sola rimozione - Sacrificio di tessuto dentale sano del tessuto cariato - Indebolimento della struttura residua dentaria - Cavità minimamente invasive - Pericoli di fratture dello smalto nel caso di - Risparmio di tessuto dentale sano ricostruzioni estese. - Rinforzo della struttura dentaria residua - Scarsa resistenza ai carichi masticatori > Dr. G.V. Black 540 nm con una piccola camera intra- orale. Questo produce un'immagine che è compresa solo nei canali verdi e rossi (il blu viene filtrato fuori) ed il colore predominante dello smalto è il verde. La demineralizzazione dello smalto causa una riduzione di questa autofluorescenza. La fonte dell'autofluorescenza è la giunzione amelo-dentinale (EDJ). La luce eccitata passa attraverso lo smalto trasparente eccitando i fluorofori contenuti nella EDJ. Studi hanno dimostrato che se la dentina sottostante viene rimossa dallo smalto, la fluorescenza è persa, quindi si necessita di una minima quantità di dentina per far si che la fluorescenza avvenga. Se invece si diminuirà lo spessore dello smalto, si avrà una maggior intensità di fluorescenza. La presenza di un'area di smalto demineralizzato riduce la fluorescenza per due motivi principali. 1. l'effetto della dispersione sulla lesione darà una minor eccitazione della luce che arriva alla EDJ su quest'area 2. qualsiasi fluorescenza dalla EDJ è dispersa nella direzione opposta non appena tenta di passare attraverso la lesione. Quando si devono esaminare longitudinalmente delle lesioni, il dispositivo QLF usa un sistema di riposizionamento che permette la geometria possibile dell'immagine iniziale di modo che possa che possa essere replicata nelle visite successive. Esempi di immagini con il QLF: (a) un'immagine con una luce bianca di carie iniziali vestibolari sui denti mascellari; (b) un'immagine QLF presa nello stesso momento del punto (a). Si noti il miglior rilevamento delle lesioni come risultato di un aumentato contrasto tra smalto intatto e demineralizzato; (c) sei mesi dopo l'istituzione di un programma di igiene orale le lesioni sono guarite. Vantaggi della tecnica a fluorescenza: 1. identificazione e valutazione di una lesione iniziale 2. le immagini prese possono essere archiviate e trasmesse, ad esempio se bisogna rinviare il paziente a colleghi 3. le immagini stesse possono essere usate per motivare il paziente per quanto riguarda la prevenzione 4. l'abilità di analizzare le lesioni aumenta la capacità di legittimazione nei processi, permettendo ad esempio, il ripetersi delle analisi svolte da un terzo professionista. Il QLF rappresenta una delle migliori tecnologie per l'individuazione della carie. 20 FLUORESCENZA LASER - DIAGNODENT Lo strumento DIAGNOdent, (DD)(KaVo, Germania) è un dispositivo che usa la fluorescenza per individuare la presenza di carie. Usando un piccolo laser il sistema produce una lunghezza d'onda di eccitazione di 655nm, che crea una luce rossa. Questa è trasmessa ad una delle due punte intra-orali: una disegnata per i solchi e le fessure, l'altra per le superfici lisce. Entrambe le punte emanano una luce di eccitazione e raccolgono la fluorescenza rilevata. A differenza del sistema QLF, il DD non produce un'immagine del dente, ma proietta un valore numerico su uno dei due display dell'apparecchio. Il primo display mostra la lettura attuale che si sta facendo, il secondo display mostra il valore massimo rilevato durante quell'esaminazione. Una piccola torsione della punta dell'apparecchio crea il reset dei valori rilevati, e permette quindi di procedere le letture su un altro sito, coadiuvata anche da un sistema di calibrazione inserito nel dispositivo. Il sistema è in grado di rilevare il grado di attività batterica. La lunghezza d'onda di eccitazione è adatta per indurre la fluorescenza data dalla porfirina batterica, prodotto di scarto del loro metabolismo. L'apparecchio tendeva a fornire molti falsi positivi rispetto ai sistemi diagnostici tradizionali. Lo strumento richiede che i denti siano ben puliti ed asciutti. La presenza di macchie, tartaro e placca, e quando usato in laboratorio anche dei supporti di memorizzazione, mostrano che ci sono degli errori di lettura del DD. Un nuovo dispositivo DIAGNOdent, chiamato DIAGNOdent a penna è stato lanciato sul mercato nel 2008 Basato sulla stessa tecnologia del precedente, in questo la punta della sonda è stata studiata per individuare anche le lesioni interprossimali. Diagnosi facile: soprattutto bambini e giovani presentano nell'80% dei casi la carie fissurale che può essere più facilmente scoperta con DIAGNOdent pen Individuazione facile della sindrome dell'iceberg: 90% della carie si trova nella zona interprossimale, con il dispositivo di diagnosi DIAGNOdent pen questa viene individuata Individuazione precoce facile: carie fissurale, carie interprossimale sono individuate per tempo, meno bisogno di interventi in seguito RADIOMETRIA FOTO-TERMALE (PTR) Un nuovo sistema, chiamato Canary System, è basato sull'uso di livelli combinati di luminescenza e calore rilasciati da un dente dopo essere stato stimolato da un laser. Il sistema è basato sulla teoria che le aree di demineralizzazione risponderanno a questa eccitazione in modi differenti rispetto alle aree integre e quindi si può creare una mappatura delle aree demineralizzate. CANARY SYSTEM Rileva la carie sotto i sigillanti e intorno ai margini dei restauri. Rileva la carie su tutte le superfici dei denti, fino a 50 micron fino a 5 mm sotto la superficie. Non è influenzato da macchie o tartaro. Non necessita di isolamento o campo asciutto. Maggiore specificità rispetto ad altri dispositivi e rileva la carie prima dei raggi X. o Il sistema Canary è più accurato delle radiografie bitewing e della CBCT nel rilevare la carie sottogengivali e sotto i restauri in composito. o Il sistema Canary ha rilevato l'89% della carie, mentre gli altri dispositivi hanno rilevato il 40%. o Le radiografie sono meno sensibili per le lesioni precoci o secondarie sotto i restauri. o Il sistema Canary non utilizza radiazioni ionizzanti e può fungere da strumento sensibile nella diagnosi precoce della carie. o Uno studio clinico del 2015 ha rilevato che il sistema Canary era superiore alla radiografia bitewing per il rilevamento della carie interprossimale, rilevando il 92% delle carie, mentre le bitewing rivelavano solo il 67%. 21 o Le radiografie, comprese le bitewing, sono comunemente usate per rilevare la carie nelle aree interprossimali o di contatto, ma non rivelano lesioni white spot dello smalto o tutte le carie secondarie intorno ai restauri. È necessario circa il 30-40% di perdita di minerali prima che una lesione precoce della carie dello smalto sia visibile radiograficamente e la demineralizzazione potrebbe non apparire radiograficamente fino ad almeno nove mesi o più dopo l'inizio. Con la sua diagnostica della struttura cristallina, il Canary System è in grado di quantificare, visualizzare, monitorare e registrare i cambiamenti nella struttura dello smalto, della dentina e del cemento. È in grado di rilevare la carie sotto sigillanti opachi, intorno ai margini dei restauri, intorno ai bracket ortodontici e sotto superfici interprossimali, occlusali e lisce. TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA OCT (OPTICAL COHERENCE TOMOGRAPHY) Il metodo, che si basa sull'interferometria a bassa coerenza, è stato presentato per la prima volta da Huang. In medicina, l'OCT è attualmente utilizzato principalmente in oftalmologia per valutare i cambiamenti patologici negli strati retinici e nel nervo ottico. Le caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto all'applicazione clinica sono: 1. azione non invasiva, evitando il danno tissutale indotto dalle radiazioni; 2. immagini trasversali e 3D di facile comprensione dei tessuti molli e duri 3. così come i difetti in una fase molto precoce con un'elevata risoluzione spaziale. 4. I cambiamenti strutturali possono essere ottenuti sia qualitativamente che quantitativamente. 5. l'acquisizione dati ad alta velocità consente l'imaging in tempo reale in vitro, ex vivo e in vivo. Come tecnica di imaging non invasiva, la tomografia a coerenza ottica apre un enorme potenziale per la sua applicazione nella diagnosi e nella terapia più efficaci e riproducibili della carie. Le lesioni della carie possono essere rilevate significativamente prima e il progresso della carie dentale precoce e l'efficacia delle opzioni di trattamento restaurativo potrebbero essere monitorati longitudinalmente. Questa tecnica esplorativa potrebbe fornire ulteriori informazioni clinicamente rilevanti, è veloce e quindi adatta ed economica da utilizzare nella ricerca. Nella pratica clinica potrebbe essere applicato altrettanto bene se si rendessero disponibili attrezzature appropriate. SD-OCT applica una sorgente laser a banda larga in combinazione con uno spettrometro per suddividere il segnale di interferenza in singole lunghezze d'onda. Dopo la trasformata di Fourier del segnale, viene generato un profilo di profondità di backscattering lungo una linea perpendicolare alla superficie dell'oggetto (A-scan). La scansione punto per punto del fascio OCT attraverso il campione produce immagini in sezione trasversale 2D (B- scan) e la scansione riga per riga genera una serie di immagini 2D da cui è possibile creare pile di immagini 3D. L'OCT consente di generare immagini dal diverso assorbimento e dispersione della luce di vari componenti del materiale nei tessuti duri e molli. Il contrasto dell'immagine si verifica in aree con strutture con diverso indice di rifrazione e assorbimento della luce, come interfacce dentale-restauro, lacune, bolle, crepe del materiale o aree porose nelle lesioni cariose. Le strutture dentali e i restauri possono essere visualizzati fino a una profondità di 2-2,5 mm grazie alla traslucenza e agli indici di rifrazione specifici dei tessuti duri dentali e materiali compositi da restauro nell'intervallo 1325 nm di luce nel vicino infrarosso. In questa gamma di lunghezze d'onda la trasparenza dello smalto è più alta con un'elevata risoluzione assiale allo stesso tempo. Gli indici di rifrazione delle lesioni variano notevolmente a seconda del grado di demineralizzazione, come ad esempio i valori delle lesioni naturali dello smalto carioso. Solitamente questi hanno superato i valori dello smalto sano adiacente fino a +16%. A differenza del rilevamento clinico solo in superficie, l'OCT può visualizzare strutture fino a una profondità di 2,5 mm e potrebbe quindi essere un utile complemento alla valutazione visivo-tattile delle superficidentali (ICDAS II) e alla radiografia. Una differenziazione più affidabile tra i segni di lesione veramente precoci (codici ICDAS II 0-2) potrebbe diventare possibile, indipendentemente dai cambiamenti di colore esistenti o 22 dall'umidità superficiale. A differenza di altri metodi diagnostici, le immagini OCT in sezione trasversale possono presentare l'estensione assiale e laterale di diverse zone demineralizzate VALUTAZIONE DELLA SIGILLATURA DI FOSSE E FESSURE Uno dei principali obiettivi della prevenzione è la sigillatura di solchi e fessure come misura per prevenire l'inizio precoce della carie e la progressione nelle superfici occlusali. Nelle immagini OCT in sezione trasversale, la profondità della fessura e le lesioni della carie possono essere rilevate a causa dell'aumento della retrodiffusione della luce. Dopo l'applicazione del sigillante, le immagini rivelano la sua penetrazione nelle fessure e il suo adattamento alla superficie del dente È possibile rilevare zone o bolle riempite in modo incompleto ed è possibile monitorarle nel tempo. IMMAGINI AD INFRA-ROSSI VICINI NIR (NEAR INFRA-RED IMAGING) L'imaging ad infrarossi vicini (NIRI) è una nuova tecnologia e ha il potenziale per migliorare l'accuratezza diagnostica del rilevamento della carie. Il principio del NIRI prevede l'uso di luce nel vicino infrarosso di banda specifica che può penetrare nello smalto sano ma viene dispersa e riflessa dalla dentina e dallo smalto non sano. La luce riflessa viene catturata da un sensore per creare un'immagine digitale dello smalto, della dentina e della carie in diversi livelli di luminosità. La sensibilità del NIRI è superiore a quella delle BWR nella diagnosi precoce della carie prossimale dello smalto, mentre l'accuratezza e la sensibilità erano paragonabili per il rilevamento di lesioni avanzate dello smalto che coinvolgono la giunzione dentina-smalto (DEJ). Uno dei vantaggi del NIR è che promettono l'abilità di penetrare attraverso le pigmentazioni ed altresì mitigare questo fattore confondente che crea non pochi problemi nell'individuazione delle carie occlusali. La NIR è un'importante tecnica ausiliaria per la diagnosi clinica della carie prossimale, con una sicurezza e un valore clinico soddisfacenti. TECNICHE AD ULTRASUONI PER LA DIAGNOSI DI CARIE Il principio dietro questa tecnica è che le onde sonore possono passare attraverso gas, liquidi e solidi e attraverso i legami di queste forme. Le immagini dei tessuti possono essere acquisite raccogliendo le onde sonore riflesse. Per far si che le onde sonore raggiungano il dente, devono passare prima attraverso un meccanismo di appaiamento, vale a dire acqua e glicerina, che va bene per un'applicazione clinica. Sono stati fatti numerosi studi sull'uso degli ultrasuoni ottenendo diversi risultati. Uno studio riferiva che un dispositivo ad ultrasuoni poteva discriminare tra una lesione interprossimale cavitata ed una non cavitata (Matalon et al. 2007). Un altro studio provò che le misurazioni ultrasoniche effettuate su più di 70 siti prossimali in vitro davano una sensibilità di 1,0 ed una specificità di 0,92 se comparate al gold standard istologico (Ziv et al 1998). Un ultimo studio in vivo è stato condotto usando il dispositivo Ultrasonic Caries Detector (UCD) che esaminò 253 siti prossimali e si vantò di avere un miglior risultato diagnostico rispetto alle radiografie fatte con le bite- wings (Bab et al. 1998) CONCLUSIONI Il modello di carie dentali sta cambiando, con un aumento dell'incidenza delle carie occlusali, specialmente nei bambini più piccoli, dove la prevenzione avrebbe i maggiori benefici. Questo cambiamento ha fatto si che i mezzi diagnostici tradizionali quali le bitewings si dimostrano meno utili per i protocolli diagnostici dei clinici. Spesso i metodi tradizionali di individuazione sono troppo poco sensibili per consentire il miglior utilizzo di prodotti di remineralizzazione. Sussiste un gran bisogno di sistemi per l'individuazione e la quantificazione di carie per aumentare le capacità diagnostiche dei clinici. 23 I sistemi che permettono un'individuazione precoce delle lesioni dello smalto, e i sistemi quali il QLF ed il DiFOTI che permettono l'archiviazione di queste immagini che possono essere così rivalutate nel tempo, costituiscono un valido supplemento o addirittura sostituzione di sostituzione di altri sistemi diagnostici usati da maggior tempo. Offrono una miglior efficienza diagnostica, una miglior cura del paziente, includendo probabilmente anche gli aspetti legali. LA FLUOROPROFILASSI È stato appurato che il fluoro ha un'influenza diretta (topica) sul processo dinamico di mineralizzazione- remineralizzazione che avviene sotto il biofilm orale (placca batterica) che aderisce allo smalto del dente (porzione coronale del dente), come pure al cemento e alla dentina (superfici esposte della radice). L'idea che le compresse di fluoro assunte durante lo sviluppo dei denti o il consumo di acqua fluorurata rendano i denti più forti e più resistenti alla carie è stata ampiamente abbandonata in molti Paesi. Gli effetti benefici delle applicazioni topiche di fluoro sono stati notati per la prima volta come risultato di esposizioni giornaliere a concentrazioni molto basse di fluoro, somministrato nell'acqua potabile o nella dieta arricchita con il fluoro. Le successive sperimentazioni che hanno utilizzato diversi metodi di somministrazione topica di fluoro hanno dimostrato riduzioni significative nell'incidenza di carie. Tutto ciò ha portato all'inserimento del fluoro nei dentifrici e nei collutori con concentrazioni 1,000 volte superiori a quelle contenute nell'acqua fluorata. Questa introduzione diventò popolare fino a diventare il "gold standard", specialmente dopo l'approvazione delle organizzazioni odontoiatriche professionali. Il fluoro offre i suoi benefici quando è presente all'interno del cavo orale. La sua efficacia dipende da quanto frequentemente viene somministrato nel cavo orale e il meccanismo dell'effetto anti-carie del fluoro topico dipende o dai modi di applicazione, o dalla formulazione chimica, o dalla sua concentrazione. Alcuni livelli di fluoro sono estremamente bassi (ad esempio le concentrazioni di fluoro nel siero 0,01 ppm), mentre altri sono estremamente alti (vernici topiche al fluoro contenenti circa 20.000 ppm). 1,0ppm 1mg/L 1,000 ppm = 52,630 μM GLI EFFETTI DEL FLUORO SULLA COMPONENTE MINERALE DEL DENTE Lo smalto è composto principalmente da cristalli di idrossiapatite (HA) e si ritrovano anche un certo numero di altri ioni incluso il fluoruro. I cristalli di HA hanno una configurazione esagonale di ioni calcio e fosfato con al centro uno ione idrossido. L'incorporazione di magnesio e carbonato, a causa di una forma non completa del cristallo, tende a destabilizzare il cristallo stesso rendendolo più suscettibile alla dissoluzione acida. A. La singola cella di idrossiapatite mostra uno ione idrossile centrale circondato da triangoli di calcio e fosfato, il tutto circondato da un esagono di ioni di calcio. B. La singola cella di idrossiapatite mostra uno ione centrale (lo ione idrossile è stato sostituito da uno ione fluoruro) e la possibile locazione di altri ioni sostituenti, quali carbonato e magnesio. Il fluoro, sostituendo i gruppi idrossile, si adatta molto bene e stabilizza la molecola di HA formando un'apatite fluorizzata. Il fatto che sia così diffuso in natura non lo rende però biologicamente disponibile, proprio per la grande stabilità chimica dei composti che forma. Se tutti gli ioni idrossido vengono sostituiti, si crea la fluorapatite (FA). Lo ione fluoruro è estremamente elettronegativo e forma dei legami idrogeno molto forti con i gruppi idrossile e dell'acido fosfato nel cristallo di HA, rendendo la superficiedello smalto molto più difficile da protonare (addizionare con protoni). Essenzialmente questo processo rende molto più difficile la demineralizzazione dello smalto, ed inoltre favorisce la remineralizzazione. L'apatite fluorizzata e/o la fluorapatite sono generalmente riscontrate sugli strati superficiali dello smalto che contengono alte concentrazioni di fluoro.Questi livelli possono innalzarsi durante lo sviluppo del dente o a seguito di trattamenti topici con il fluoro. 24 I CAMBIAMENTI CHIMICI DELLO SMALTO DURANTE - UN ATTACCO CARIOSO I batteri acidogeni della placca, principalmente S. mutans, producono acido lattico che si dissocia in lattato e protoni. Il basso pH favorisce la dissoluzione dei cristalli di apatite in componenti ionici (Ca++, PO4 ---, OH- , Mg++, CO3 --). Quando l'acido viene neutralizzato, il Mg++, e il CO3 - vengono perduti, e gli ioni fluoruro (F-) entrano nei cristalli che si stanno remineralizzando e sostituiscono il gruppo idrossile (OH-), dando origine ad un cristallo arricchito di fluorapatite (FA). La lesione cariosa inizia con la demineralizzazione della superficie dello smalto. Comunque solo i componenti solubili (ricchi di magnesio e carbonato) vengono rimossi. Questo permette agli acidi di passare nelle regioni sottostanti la superficie, creando un danno minimo alle superfici ricche di fluoro e quindi acidoresistenti. Questo strato superficiale relativamente intatto agisce anche come barriera nei confronti del calcio e del fosfato dissolti. La perdita di questi ioni è rallentata, creando un ammasso di ioni calcio fosfato. Questo meccanismo insieme alle alte concentrazioni di fluoro tende a favorire la re-precipitazione preservando l'apparente integrità dello strato superficiale. Senza uno strato superficiale intatto, la placca rimarrebbe incastrata nelle fasi iniziali della cavitazione e il processo di formazione della lesione cariosa si velocizzerebbe. Dopo la formazione di una zona superficiale, una zona sotto-superficiale di smalto viene progressivamente demineralizzata e si possono riscontrare delle aree con una struttura porosa. Durante questo processo alcuni cristalli si arricchiscono di fluoro diventando più resistenti ad una futura dissoluzione acida. Inoltre non appena gli ioni fluoruro si accumulano nei cristalli di apatite remineralizzati, si determina una perdita netta di magnesio e carbonato. La rimozione del carbonato e del magnesio destabilizzanti e un accumulo di fluoro nella lesione, renderanno il tessuto meno solubile agli acidi. Dato che lo strato superficiale è relativamente intatto, le reazioni avvengono nello strato sotto-superficiale aumentando il contenuto di fluoro anche nelle fasi iniziali delle lesioni incipienti. L'equilibrio tra la demineralizzazione remineralizzazione (i cicli "demin-remin") è determinato dall'ammontare di acidi prodotti dalla placca del biofilm e da quanto velocemente l'acido viene dilavato dalla saliva o neutralizzato dai tamponi salivari. Fasi del ciclo demin-remin: 1. l'acido alimentare e, in misura minore, alcuni acidi metabolici causano un calo del pH a riposo. 2. La saliva a riposo (PO43-), seguita dalla saliva stimolata (HCO3-) tampona l'acido. 3. Se si verificano condizioni di insaturazione, segue la demineralizzazione e, quando il pH aumenta e le condizioni di saturazione sono soddisfatte, la remineralizzazione ripara il danno. FLUOROPROFILASSI Il fluoro favorisce la remineralizzazione per due ragioni. 1. la solubilità dei minerali arricchiti di fluoro è minore; 2. non appena il fluoro è incorporato nei cristalli di apatite che si stanno re-cristallizzando, i gruppi idrossile vengono rilasciati, neutralizzando così alcuni dei protoni prodotti dai batteri (i gruppi idrossile "rastrellano" alcuni protoni e li combinano assieme per formare acqua). La rimozione dei protoni innalza il pH, favorendo la precipitazione dell'apatite. Al contrario, quando i cristalli di idrossiapatite crescono, gli ioni idrossido vengono accumulati e il pH si riduce, inibendo ulteriormente la remineralizzazione. Analisi trasversale di un molare umano che mostra la distribuzione di fluoro. La legenda indica le concentrazioni di fluoro nelle diverse regioni dello smalto. Lo smalto è più ricco di fluoro nei solchi e nelle fossette come pure nelle aree prossimali di contatto. Questo risultato di molti cicli di "denim- remin", che hanno incoraggiato l'aumento di fluoro in quelle aree che sono sottoposte giornalmente agli "attacchi degli acidi". 25 Quando gli acidi batterici sono prodotti, il fluoro, attraverso la formazione di apatite fluorizzata e fluorapatite, non solo favorirà la remineralizzazione, ma inoltre aiuterà a controllare i bassi livelli di pH. Le riserve di fluoro nello smalto sono limitate e se la produzione di acidi è notevole, il grado di severità del gradiente di pH determinerà l'eventuale perdita netta di componenti minerali. Se le condizioni intraorali sono tali da favorire la remineralizzazione, come ad esempio con una buona capacità tampone salivare, il ciclo "denim-remin” favorirà la remineralizzazione. Il processo "denim-remin" si ripete innumerevoli volte dal momento in cui il dente erompe nel cavo orale e continua durante i mesi e gli anni successivi. Fino a che non si verifica la cavitazione o non c'è un'eccessiva perdita di minerali a livello della sotto-superficie, c'è il potenziale per una completa inversione della lesione. Essenzialmente la lesione dello smalto viene arrestata o "guarita" e risulta ancor più resistente alla carie, rispetto a quando si era formata inizialmente la lesione incipiente. Il meccanismo d'azione dell' idrossiapatite remineralizzazione dello smalto (a) e della dentina (b). Nello smalto, l' idrossiapatite penetra nelle porosità per sostituire gli ioni fosfato e calcio disciolti e forma uno strato di smalto sintetico sulla superficie del dente. Nella dentina, l' idrossiapatite penetra nella matrice di collagene demineralizzato fungendo da impalcatura per la remineralizzazione e fornisce una buona fonte di calcio a livello locale. È stata mappata la distribuzione del fluoro nei tessuti dentari dimostrando che la concentrazione di fluoro sulla superficie è di circa 1.000 ppm e scende precipitosamente più ci avvicina alla dentina, dove aumenta lievemente ridursi nuovamente. Il contenuto di fluoro nei denti dalla superficie dello smalto alla polpa, come risultato di una elevata esposizione all'acqua fluorurata. Lo smalto ha più fluoro vicino alla superficie come risultato di anni di esposizione al fluoro, ma i livelli non sono molti alti statisticamente. EDJ=giunzione amelo-dentinale, DPJ= giunzione dentino-pulpare). Analisi del fluoro nell'area prossimale di contatto di un premolare. L'illustrazione riporta una lesione white spot, l'area bianca nell'area prossimale di un premolare, i puntini rappresentano le aree del dente nella regione dell'area di contatto che sono state analizzate per il loro contenuto di fluoro. Chiaramente la regione centrale della white spot, l'area che probabilmente era maggiormente coperta da placca per maggior tempo (vale a dire quando non si usa il filo), aveva un maggior contenuto di fluoro.Questo è risultato di frequenti cicli "denim-remin" in presenza di fluoro. I profili di fluoro nelle diverse regioni associate con lo sviluppo di una lesione cariosa incipiente dello smalto. (a) La regione dello smalto della superficie dentale vicino alla giunzione smalto- dentinale (DEJ) le sottostanti aree dove ci sono frequenti posti di placca. (b) La regione della superficie della placca sullo smalto immediatamente adiacente alla superficie dello smalto. (c) La regione della superficie liscia di smalto esposta all'acqua fluorurata. Questi profili rappresentativi sono rappresentati in nero. In B il profilo verde rappresenta l'aumento di fluoro nella placca che è ottenuto grazie all'impiego di un dentifricio con 1,000 ppm di fluoro. Solo una minima quantità di fluoro entra negli strati di placca adiacenti alla superficie dello smalto. In C il contenuto di fluoro dalla fluorizzazione (area in blu) è lievemente innalzato rispetto al dente fluorurato IL FLUORO PER VIA TOPICA Il fluoro nella saliva Il fluoro contenuto nella saliva contribuisce ben poco in termini di somministrazione di fluoro topico se paragonato ad altre fonti di fluoro. Cibi e bevande (inclusa l'acqua fluorurata) contenenti livelli di fluoro 100 volte superiori, possono essere consumati molte volte al giorno. A questo vanno aggiunti i prodotti contenenti 26 fluoro che hanno all'incirca 1.000 - 1.100 ppm e che vengono usati 2/3 volte al giorno. Dopo tali esposizioni, raramente i livelli salivari di fluoro tornano al livello base di riposo/digiuno. Questi elevati livelli di fluoro contenuti nella saliva possono quindi rappresentare una fonte extra di fluoro durante i cicli di "denimremin". Il profilo in alto mostra che i livelli di fluoro orali nella saliva possono essere ottenuti in 1 giorno se la persona spazzola i suoi denti per due volte con 1.000 ppm di fluoro, mangia tre pasti e consuma tre snacks. Questa persona dovrebbe vivere in un'area fluorurata e consumare cibi (profilo blu) che sono stati preparati con acqua fluorurata (1 ppm). I livelli salivari a tempo zero sarebbero più alti del normale (profilo verde) ma potrebbero eccedere a 0,04 ppm. È importante avere il fluoro presente quando si formano gli acidi della placca. Il profilo del pH della placca è mostrato nel grafico in basso. Si prega di notare che lo snack a base di mela e acqua non ha raggiunto la soglia critica del pH. In modo simile il caffè non zuccherato il tè alle erbe non hanno causato nessuna precipitazione del pH. Quindi questi erano tutti snack "sicuri". I tre pasti hanno causato una precipitazione del pH che poteva potenzialmente contribuire alla carie ma è stato concesso tempo (in presenza di fluoro) a sufficienza allo smalto per remineralizzarsi. I DENTIFRICI AL FLUORO Le evidenze scientifiche sul fatto che i dentifrici al fluoro siano più efficaci nel ridurre la carie dentale rispetto ad altri veicoli non fluorati sono notevoli. La maggior parte degli studi sono stati realizzati su dentifrici contenenti circa 1.000 ppm e comparati ad altri veicoli di controllo (con meno fluoro). A causa del rischio di fluorosi dentale, dovuta ad un accidentale ingerimento del dentifricio al fluoro, i dentifrici con il fluoro sono venduti a concentrazioni di circa 1.000 ppm. A queste concentrazioni, ogni grammo di dentifricio contiene 1 mg di fluoro. La concentrazione disponibile nel cavo orale dipende comunque dalla quantità di dentifricio utilizzata. Dato che i bambini più piccoli tendono a ingerire una quantità significativa di dentifricio, si determina un aumentato rischio di fluorosi dentale, causato da un uso precoce di fluoro a queste concentrazioni. Dal 1991 l'American Dental Association (ADA) ha disposto che sulla confezione dei dentifrici contenenti fluoro venisse riportata la seguente raccomandazione: "Non ingerire. Usare solo una quantità pea- sized per i bambini sotto i 6 anni. Per prevenire l'ingerimento, i bambini sotto i 6 anni di età dovrebbero essere supervisionati durante l'uso del dentifricio". In Europa e in Australia sono stati creati prodotti dentifrici per bambini contenenti la metà delle normali concentrazioni di fluoro (500 ppm), sebbene ci siano delle evidenze scientifiche sul fatto che queste concentrazioni non siano poi così efficaci. Alcuni dentifrici con un contenuto di fluoro estremamente alto sono consigliati dagli odontoiatri e sono disponibili senza ricetta nelle farmacie. Basandosi sul fatto che queste concentrazioni possono addirittura causare danni negli adulti se vengono ingerite quantità eccessive i dentifrici con 5.000 ppm dovrebbero essere usati con estrema cautela. Una revisione sistematica della Cochrane Collaboration ha evidenziato che l'impiego di un dentifricio contenente fluoro ha proprietà preventive nello sviluppo e nella progressione della lesione cariosa iniziale rispetto ai dentifrici privi di fluoro. La stessa revisione sistematica evidenzia che la presenza di fluoro in concentrazioni pari a 1.000-1.100 ppm (parti 27 per milione) è più efficace rispetto a concentrazioni minori e simile rispetto a concentrazioni pari a 1.450 ppm di fluoro (massima concentrazione permessa per legge in Italia) o addirittura a concentrazioni più elevate (non disponibili in Italia). L'efficacia di un dentifricio al fluoro si valuta anche attraverso la sua biodisponibilità, l'abilità del fluoro di diffondere all'esterno della pasta dentifricia, durante l'impiego, e per quanto tempo il fluoro rimane in forma libera (forma attiva) nella saliva una volta terminate le manovre di igiene orale. La concentrazione di fluoro all'interno del cavo orale è massima subito dopo l'igiene orale domiciliare, per poi decadere nel periodo successivo, principalmente a causa dell'azione diluente della saliva. La presenza del fluoro per un discreto periodo di tempo all'interno del cavo orale è importante per permettere l'interazione con lo strato superficiale dell'idrossiapatite, trasformandola in fluoroapatite. Le formulazioni chimiche di fluoro aggiunte alla pasta dentifricia non sono tutte uguali tra loro e tra le principali ritroviamo il fluoruro di sodio (NaF), il fluoruro amminico (AmF), il monofluorofosfato (Na2FPO3), il fluoro rilasciato dalle particelle di biovetro inorganico aggiunte ad alcuni dentifrici specifici. In linea generale è possibile affermare che il livello di fluoro libero (forma attiva) nella saliva, dopo le manovre di igiene orale domiciliare, ritorna a valori prossimi allo zero dopo circa 120 minuti dalla procedura, ma con delle specifiche differenze tra le diverse formulazioni chimiche di fluoro disponibili. 1. L'efficacia di una pasta dentifricia nel prevenire l'insorgenza delle lesioni cariose ed arrestare la progressione di quelle in fase iniziale è decisamente superiore nei dentifrici che contengono fluoro. 2. L'efficacia di un dentifricio al fluoro non dipende solo ed esclusivamente dalla concentrazione del fluoro aggiunto (ppm) ma anche dalla sua biodisponibilità, vale a dire la quota di fluoro libero e in forma ionica disperso nella saliva. Grafico della distribuzione dei dati del contenuto di fluoro nella saliva dopo l'applicazione di diversi composti fluorurato a diversi tempi di raccolta (scala logaritmica dell'asse Y) 3. Le paste dentifricie che contengono fluoruro di sodio a 1.450 ppm permettono di mantenere del fluoro libero nella saliva per un periodo di tempo pari a 120 minuti dopo le manovre di igiene orale e lo stesso si può osservare per i dentifrici addizionati con particelle di biovetro in grado di liberare concentrazioni di fluoro decisamente inferiori e pari a 530 ppm.I dentifrici fluorati a base di fluoruro amminico a 1.450 ppm evidenziano la minor biodisponibilità, garantendo una forma libera di fluoro nella saliva per solo 30 minuti dopo lo spazzolamento. Data la quasi onnipresente disponibilità di dentifrici al fluoro, molti di essi non sono stati testati clinicamente. Sarebbe particolarmente importante riuscire a dimostrare che il fluoro nelle nuove formulazioni di dentifrici abbia ancora la stessa biodisponibilità, e nessuno degli altri ingredienti possa interferire con l'abilità del fluoro di promuovere la remineralizzazione. Alcuni agenti abrasivi possono risultare incompatibili con il fluoro. Gli abrasivi che contengono calcio, ad esempio, interferiscono col fluoro perché questo può reagire con il calcio e precipitare, rendendolo meno attivo. I COLLUTORI AL FLUORO I collutori possono rilasciare delle significative quantità di fluoro nella cavità orale. Gli sciacqui al fluoro sono stati testati con due concentrazioni principali: 0,05% NaF (225 ppm fluoro, raccomandato per un utilizzo giornaliero) e 0,2% di NaF (900 ppm di fluoro raccomandato per un utilizzo volta alla settimana). 28 I rapidi movimenti a cui è sottoposto il collutorio nel cavo orale possono migliorare l'accesso del fluoro nelle aree di stagnazione, unita al fatto che una miglior penetrazione nel biofilm possa avvenire anche in zone di non stagnazione. Il fluoro presente nella saliva e rilasciato da riserve orali (placca, smalto, mucosa) entro un'ora dallo sciacquo, contribuisca alla formazione di apatite fluorizzata o fluorapatite durante le frequenti esposizioni giornaliere agli zuccheri, ed alla caduta del pH nelle lesioni incipienti che si trovano sotto il biofilm della placca. Gli effetti di uno sciacquo con 0,2% NaF sulla dissoluzione dello smalto di squalo in un modello (a) I risultati dell’analisi del fluoro nei frammenti di smalto dello squalo (rosso) e i frammenti di smalto umano (blu). Lo smalto dello squalo contiene all’incirca il 100% di fluorapatite. Questi frammenti sono stati attaccati con un dispositivo ortodontico e sottoposti alle normali sfide cariogeniche degli umani. In (b) si vede che sotto condizioni di demineralizzazione in situ, i frammenti di smalto umano si demineralizzano ma così fanno anche i frammenti di smalto degli squali. Uno sciacquo a priori con un collutorio al fluoro riduce l'estensione della demineralizzazione dei frammenti umani. GEL AL FLUORO PER USO PROFESSIONALE The American Dental Association Council on SciL'American Dental Association Council on Scientific Affairs ha sviluppato delle linee guida, basandosi sulla forza dell'evidenza scientifica, sull'uso professionale di gel al fluoro. 1. I gruppi a basso rischio di carie non dovrebbero ricevere un trattamento professionale con il fluoro. 2. I pazienti con un rischio di carie moderato dovrebbero ricevere un trattamento professionale con il fluoro ogni 6 mesi. 3. I pazienti con un rischio di carie elevato dovrebbero ricevere un trattamento professionale con il fluoro ogni 3-6 mesi È stato dimostrato che le vernici lavorano bene quanto i gel, e le vernici sono da preferire perché viene ingerita una quantità inferiore di fluoro. Le schiume al fluoro sono state testate in due sole sperimentazioni cliniche e la percentuale di assorbimento del fluoro nello smalto valutata in vitro non è sufficiente a garantirne l'efficacia. è stata approvata l'applicazione per un tempo di 1 minuto; è richiesta un'applicazione di 4 minuti dei gel o delle schiume. Anche gli sciacqui non sono stati approvati. Il fluoro somministrato con un gel topico ad alta concentrazione con un basso pH, mordenza la superficie dello smalto. Il calcio viene rilasciato e si combina con il fluoro per formare delle sfere di CaF2 sulla superficie. Quando gli acidi della placca vengono prodotti queste sfere vengono svuotate rilasciando fluoro a livello locale per far parte del processo di remineralizzazione. Un ritorno ad un pH neutro della saliva riforma le sfere di CaF2. Le immagini inserite nei blocchi sono scansioni del microscopio a scansione elettronica (SEM) della superficie della smalto immediatamente dopo l'applicazione di fluoruro acidulato fosfato o APF (sinistra). Il blocco in mezzo mostra un'immagine ingrandita del SEM delle sfere. Il blocco di destra mostra un'immagine del SEM dello strato di CaF2 parzialmente svuotato. STRATEGIE A LENTO RILASCIO DI FLUORO Studi hanno dimostrato che questi dispositivi possiedono un potenziale e vi sono evidenze scientifiche sulla loro efficacia nel ridurre la carie. I sigillanti e le ricostruzioni a base di vetro-ionomerico possono offrire un rilascio di fluoro a lungo termine, poiché questi materiali possono essere anche ricaricati con fluoro, ma bisogna ancora dimostrare se possono abbassare in modo significativo l'incidenza di carie. 29 I SIGILLANTI DENTALI Poiché le carie occlusali costituiscono una porzione significativa delle carie nei bambini e negli adolescenti, la prevenzione della carie sulle superfici occlusali ridurrà sostanzialmente le percentuali complessive di patologia. L'uso dei sigillanti è ad oggi riconosciuto come metodo valido per la prevenzione della carie nei solchi dei molari e sono particolarmente idonei per quelle superfici occlusali con ripidi versanti cuspidali e solchi profondi. Nei denti completamente erotti la tecnica di mordenzatura con resine è associata ad un'alta percentuale di ritenzione e prevenzione della carie. Nei denti parzialmente erotti i cementi vetro-ionomerici sono invece il materiale di scelta, perché creano legami chimici i tessuti duri del dente, sono più tolleranti all'umidità e rilasciano fluoro, fornendo un'ulteriore elemento di prevenzione della carie. DEFINIZIONE DI SIGILLANTI DENTALI Una definizione dei sigillanti per i solchi e le fossette, introdotta nel 1978 da Simonsen, li definisce come un "materiale che viene introdotto nei solchi e nelle fossette occlusali dei denti suscettibili alla carie, formando quindi uno strato protettivo legato micro-meccanicamente, che impedisce ai batteri cariogeni l'accesso ai nutrienti". Questa definizione esclude i sigillanti vetro-ionomerici e vetro-ionomerici modificati con resine perché sono legati chimicamente allo smalto; è quindi importante modificare la definizione sopra citata e rileggere legato micro-meccanicamente o chimicamente…". I solchi e le fossette si trovano sulle superfici occlusali dei denti posteriori e sulle facce vestibolari e palatali dei molari. I dati epidemiologici e clinici dimostrano in modo coerente che i solchi e le fossette dei molari sono molto più esposti alle carie. Lo status di rischio delle superfici occlusali e degli sbocchi esterni dei solchi e delle fossette verrà abbassato dopo una completa eruzione nell'ambiente del cavo orale, sottoposte ad una pulizia meccanica. Lo status di rischio dei solchi e delle fossette solitamente non cambia proprio per le loro caratteristiche morfologiche, che tendono a far proliferare indisturbata la microfloral restringono l'accesso alla proprietà di remineralizzazione della saliva. La demineralizzazione segue il modello di accumulo della placca al di sotto dell'opercolo. Su un dente in eruzione è possibile che l'intera superficie occlusale si sia demineralizzata. Lo strato aprismatico riduce la permeabilità dello smalto sigillando le terminazioni dei prismi. Lo spazio esistente tra i prismi dello smalto costituisce una prevalente via di diffusione dei prodotti acidi e batterici. È stato ipotizzato che lo strato aprismatico protegga il sottostante strato prismatico di smalto in ragione della combinazione di fitti cristalli di apatite e mancanza di spazio inter- prismatico. Sezione trasversale di un solco che mostra l'apertura ristretta circondata dalle cuspidi con profonde inclinazioni e una lesione avanzata alla base. Le pareti di un sistema di solchi e fossette allineate con lo smalto aprismatico La durata del periodo di eruzione è un ulteriore fattore di rischio, perché i denti con tempi di eruzione più prolungati tendono ad avere più carie occlusali. Residui di cibo incastrati al di sotto dell'opercolo di un molare in eruzione rappresentando un sito specifico a rischio di carie. La non completa eruzione limita anche le possibilità di detersione e isolamento del dente, rendendo più difficili le tecniche di sigillatura. Il dente non è completamente erotto così il controllo dell'umidità risulta difficile. Si raccomanda di usare un sigillanti vetro-ionomerico se è necessaria una protezione occlusale se è un elemento ad alto rischio. 30 SIGILLANTI VETRO-IONOMERICI & SIGILLANTI RESINOSI La maggior parte dei sigillanti applicati con la tecnica della mordenzatura possono avere una percentuale di ritenzione fino ad oltre il 90% nei primi 5 anni; in ogni caso, non ci sono evidenze che dimostrino differenze significative negli effetti preventivi tra i due gruppi di materiali. Un vetro-ionomerico si lega al dente con un legame chimico, e tende a fallire restando coeso, ma rimane sempre uno strato di vetro-ionomerico sulla superficie dentale o nella fessura. 1. L'effetto preventivo della carie del CVI è dovuto al fatto che permane uno scambio di ioni dopo la perdita di gran parte del sigillante. 2. II CVI ha una maggior tolleranza per la tecnica e andrebbe considerato quando: Non è possibile operare a quattro mani Manca una totale collaborazione del paziente C'è sanguinamento o infiltrazioni di fluidi gengivale Il controllo dell'umidità è compromesso 3. Non è disponibile una lampada fotopolimerizzante. 4. Necessità successiva di riparazione, per il legame chimico tra il nuovo e il vecchio vetro-ionomero. 5. Il CVI è il materiale di prima scelta per la protezione dei denti parzialmente erotti. Assieme ai metodi tradizionali per la prevenzione della carie, come l'uso topico del fluoro, un altro innovativo metodo per la sigillatura delle superfici lisce (cioè le superfici prossimali dei molari durante alcune fasi della dentizione, quando i denti sono parzialmente erotti e prima dell'instaurarsi dei punti di contatto) contribuirà ASSUNZIONE ECCESSIVA DI FLUORO E LA FLUOROSI DENTALE La fluorosi dentale è una condizione simmetrica che si presenta sui denti omologhi che stanno avendo una maturazione dello smalto (mineralizzazione finale) contemporaneamente. La relazione tra la prevalenza/severità della fluorosi dentale e l'ingestione di fluoro è dose-dipendente. Quando la prevalenza di carie era elevata, la presenza di fluorosi dentale era considerata un compromesso "accettabile" della dose "ottimale" di 1,0 ppm di fluoro nell'acqua. I bambini sono i soggetti maggiormente a rischio per la fluorosi sui denti anteriori ( in particolare i bambini che vengono nutriti con il latte artificiale preparato con acqua fluorata) dato che i primi tre anni di vita sono il momento nel quale i denti permanenti anteriori risultano maggiormente sensibili al fluoro. Il fluoro si accumula nello stadio di transizione/maturazione dello sviluppo dentale, esponendo così l'intera superficie del dente a rischio di fluorosi. I sono a maggior rischio per lo sviluppo di fluorosi dentale. 31 IL MECCANISMO DI FORMAZIONE DELLA FLUOROSI DENTALE Il fluoro causa fluorosi dentale interferendo con la formazione dei cristalli e con le funzioni degli ameloblasti. Il fluoro che entra all'interno degli ameloblasti causa uno stress a livello del reticolo endoplasmatico (ER), provocando una riduzione della produzione di enzimi extracellulari che rompono le proteine della matrice dello smalto. Accelerando la crescita extracellulare dei cristalli nello stesso modo in cui il fluoro aiuta a remineralizzare le lesioni cariose incipienti, si determina una aumentata produzione di protoni. Dato che il fluoro interferisce con gli ameloblasti in termini di regolazione del pH, la neutralizzazione dell'ambiente acido, essenziale per la crescita continua dei cristalli, viene inibita. Lo smalto sotto la superficie diventa quindi ipocalcificato con cristalli disorientati, ed è questo smalto scarsamente formato che riflette la luce in modo differente e causa l'aspetto di linee bianche opache oppure macchie. I denti con una fluorosi molto lieve presentano a volte delle strie incrementali di sviluppo, che possono apparire come linee opache bianche. Tenui macchie o strie si trovano su meno del 25% delle superfici dello smalto. I denti con fluorosi lieve hanno delle linee bianche gessose più distinte che coprono fino al 50% delle superfici dentali. I denti con fluorosi moderata hanno più del 50% delle superfici dentali ricoperte da aree opache bianche ben distinte. Possono presentarsi delle perdite strutturali sulla superficie dello smalto, dove si esfoliano sottili strati superficiali. Alcuni denti possono avere una pigmentazione intrinseca arancione o marrone. Le forme più severe di fluorosi si presentano con ipoplasia "a fossette" e una pigmentazione marrone su tutte le superfici dei denti. Spesso le superfici dello smalto risultano adeguatamente mineralizzate, ma solitamente presentano un'usura estesa della superficie FARMACI Ci sono molti farmaci di uso comune che contengono fluoro, i più comuni includono Celebrex, Cipro, Diflucan, Prozac, Dalmane, Lipitor e quasi tutti gli anestetici alogenati per l'anestesia generale. A seconda della formula molecolare, questi farmaci contengono dal 3 al 17% di fluoro in peso. Alcuni di questi hanno dimostrato di liberare fluoruro attraverso la defluorizzazione degli enzimi del citocromo P-450. MALATTIA PARODONTALE - DEFINIZIONE La parodontite o malattia parodontale è una distruzione infiammatoria cronica dei tessuti che circondano i denti, causata da specifici patogeni anaerobi contenuti nella placca dentale organizzata sulla superficie del dente. La parodontite, se non trattata o trattata in modo inadeguato, porta al riassorbimento dei tessuti di supporto del dente e quindi alla perdita dell'elemento stesso, con notevoli problemi funzionali, estetici e psicologici per i pazienti. È la causa principale dell'edentulia tra gli adulti. Una quota rilevante di queste patologie, tuttavia, non viene attualmente diagnosticata né adeguatamente trattata. MALATTIA PARODONTALE - EPIDEMIOLOGIA La parodontite è la malattia infiammatoria cronica non trasmissibile più comune nell'uomo. Oltre il 40% della popolazione nei paesi industrializzati mostra segni clinici di malattia parodontale e oltre il 10% manifesta forme gravi di malattia. Secondo lo studio Global Burden of Disease 2010, la prevalenza globale della parodontite grave, standardizzata per età, nel ventennio 1990-2010 è stata dell'11,2%, rappresentando così la sesta patologia più diffusa al mondo. L'incidenza standardizzata per età delle forme gravi nel 2010 è stata di 701 casi su 100.000 persone per anno, con un trend simile al 1990. La prevalenza è aumentata gradualmente con l'età, mostrando un forte aumento tra la terza e la quarta decade di vita, con un picco di incidenza a circa 38 anni di età. All'interno di questo trend, esistono notevoli variazioni geografiche. Studi più recenti rilevano che la prevalenza globale della parodontite grave è stata stimata nel 7,4% della popolazione mentre la prevalenza di forme più lievi può affliggerne il 50%. In Italia è stato eseguito uno studio epidemiologico per valutare la prevalenza della parodontite in una popolazione adulta urbana del Nord Italia. 32 È stato selezionato un adeguato campione rappresentativo della popolazione adulta della città di Torino. Circa 1600 individui, di età compresa tra 20 e 75 anni, sono stati selezionati e 736 soggetti hanno accettato di partecipare alla raccolta dei parametri clinici (47% dei soggetti campionati). La stima di prevalenza di parodontite grave e di parodontite moderata erano, rispettivamente, del 34,94% e del 40,78%. La probabilità di parodontite è aumentata nei fumatori e con l'età ma si è stabilizzata nel gruppo di età superiore ai 50 anni. LE MALATTIE PARODONTALI - GENGIVITI E PARODONTITI La malattia parodontale comprende le gengiviti e le parodontiti. Le gengiviti interessano la gengiva vicina al dente (gengiva marginale) e sono caratterizzate da: arrossamento del margine gengivale edema sanguinamento sotto stimolo meccanico aumenti di volume della gengiva. Si tratta di quadri clinici completamente reversibili se adeguatamente trattati. Le parodontiti sono un gruppo di patologie che hanno in comune la distruzione del sistema di sostegno del dente. Si manifestano con una perdita di attacco e di osso, formazione di tasche e recessione della gengiva. Sono sempre precedute da gengivite e, quindi, se si previene quest'ultima, è possibile prevenire la ben più grave parodontite. Il segno caratteristico delle parodontiti è la formazione della tasca parodontale associata a mobilità dentaria. La distruzione dei tessuti di sostegno dei denti è nella maggior parte dei casi irreversibile. Relativamente alle condizioni parodontali: 1. a 4 anni il 3.56% degli individui presenta tartaro 2. a 12 anni, i tessuti parodontali appaiono sani nel 47.81% dei casi 3. la presenza di tartaro si attesta al 28.33% 4. la presenza di sanguinamento al sondaggio è del 22.46%. PARODONTOPATIE = MALATTIE DEL PARODONTO Il parodonto è costituito da un gruppo di tessuti atti al supporto del dente. I tessuti sono la gengiva, la mucosa alveolare, il cemento, il legamento parodontale e l'osso alveolare e di supporto Le relazioni dinamiche tra questi tessuti ed il dente creano un complesso che svolge diverse funzioni (masticazione, fonazione, propriocezione, occlusione e estetica). Queste interrelazioni possono però portare lo svilupparsi di malattie parodontali. Una porzione del dente è esposta agli agenti esterni mentre il resto protetto dal tessuto e proprio per questa relazione, la colonizzazione batterica può avvenire su molte superfici che sono a contatto con i tessuti parodontali. IL PARODONTO SANO La relazione dinamica esistente tra parodonto e dente permette al dente di rimanere ancorato alle ossa mascellari mentre è sottoposto a delle forze masticatorie ed inoltre il parodonto è responsabile delle percezioni sensoriali derivanti dalla pressione esercitata sui denti. L'OSSO ALVEOLARE ED IL PROCESSO ALVEOLARE Il processo alveolare è quella porzione di osso che ospita il dente ed è connesso all'osso mascellare sottostante. La formazione del processo alveolare dipende dall'eruzione del dente: se il dente non erompe, non esiste neanche il processo alveolare. Dopo aver estratto un dente, l'osso alveolare scompare. Il processo alveolare si espande dal piatto corticale esterno, detto anche osso spongioso, che è costituito da osso trabecolare, ed un piatto corticale interno che è a contatto con il dente, detto osso alveolare. Radiograficamente l'osso alveolare è identificato dalla lamina dura. Radiograficamente, si è stabilito che non si parla di perdita d'osso se la cresta alveolare è a meno di 2 mm dalla giunzione amelocementizia. La presenza radiografica di una lamina crestale dura è considerato un buon indicatore per un parodonto sano. 33 Il processo alveolare è costituito da due componenti: il piatto cribriforme e l'osso compatto. Il piatto cribroso o cribriforme è osso corticale con delle perforazioni dalle quali passano i vasi sanguigni ed i nervi che vanno dallo spazio della matrice ossea al legamento parodontale. L'osso compatto è la componente più interna dell'osso alveolare a contatto del dente ed è la sede dei principali fasci di fibre collagene del La cresta alveolare si forma nel punto dove l'osso corticale esterno incontra l'osso alveolare L'osso è vascolarizzato dai vasi sanguigni che scorrono all'interno degli osteoni o sistema Haversiano, che contiene inoltre delle cellule progenitrici indifferenziate che possono poi differenziarsi in osteoblasti. L'osso è sottoposto ad un continuo rimodellamento regolato da un delicato equilibrio di apposizione ossea e riassorbimento osseo. IL LEGAMENTO PARODONTALE Il legamento parodontale è costituito da tessuto connettivo fibroso che funge da supporto per il dente. Gengiva marginale. Possiede anche delle componenti cellulari, neurali e vascolari che gli permettono funzioni addizionali quali il rimodellamento, la nutrizione e le funzioni sensoriali. Il legamento parodontale supporta il dente formando una rete fibrosa che connette il cemento all'osso alveolare. Dalla parte dell'osso alveolare, le fibre sono mineralizzate ed incorporate nell'osso compatto e prendono il nome di fibre di Sharpey. Le fibre contenute nel cemento sono invece più piccole di diametro, ma anch'esse si assottigliano in fibre più piccole e formano una rete serrata con le fibre provenienti dall'osso compatto, creando insieme le fibre del legamento parodontale. In base alla loro sede anatomica ci sono 5 gruppi principali di fasci di fibre collagene nel legamento parodontale: 1. fibre cresta alveolare; 2. fibre orizzontali; 3. fibre oblique; 4. fibre periapicali; 5. fibre interradicolari L'ampiezza del legamento parodontale va da 0,15 a 0,38 mm. Il punto più stretto è attorno al terzo medio della radice, mentre il punto più largo è nella porzione cervicale. Quest'ampiezza è preservata in presenza di forze fisiologiche grazie al fatto che il legamento parodontale è capace di rimodellare e distribuire le forze lungo tutto il legamento stesso e l'osso alveolare. La capacità di rimodellamento è dovuta alla presenza di cellule nel legamento stesso. CEMENTO Il cemento è un tessuto connettivo mineralizzato che riveste la radice del dente. A differenza dell'osso il cemento non è vascolarizzato e subisc pochissimo rimodellamento, perlopiù è sottoposto ad un processo di apposizione. È tipicamente più sottile nella porzione cervicale e si ispessisce apicalmente con uno spessore che varia da 0,05 a 0,60 mm. Il cemento che si trova nei due terzi più cervicali del dente è acellulare, ha fibre estrinseche e gioca un ruolo di supporto per il dente stesso. Il cemento cellulare a fibre miste si trova nel terzo apicale della radice e nelle forcazioni. È un misto di fibre intrinseche, prodotte dai cementoblasti, e fibre estrinseche. Le estrinseche sono perpendicolari al cemento e sono deputate all'ancoraggio del dente mentre le fibre intrinseche sono orientate parallelamente alla superficie. I cementociti sono cementoblasti circondati dal cemento, ed hanno il compito di proteggere la dentina durante i movimenti del dente ed il suo logoramento, dato che il cemento cellulare è anche in grado di svolgere funzioni di riparazione. GENGIVA Nella cavità orale troviamo tre tipi di mucosa oral (masticatoria, di rivestimento e specializzata). La mucosa masticatoria forma un collare attorno al dente, ed è definita gengiva. La gengiva è attaccata al dente ed al processo alveolare. In salute, l'altezza della gengiva aderente varia da 1 mm a 9 mm attorno ai denti mandibolari e sul versante vestibolare dei denti mascellari. C'è una grande variazione di altezza, ed è possibile mantenere uno stato di salute anche in siti dove la gengiva è di un solo 1 mm di altezza. Il rivestimento di 34 mucosa situato apicalmente alla gengiva è definito mucosa alveolare ed è lassamente adeso al versante basale del processo alveolare. La gengiva e la mucosa alveolare sono separate dalla giunzione mucogengivale La gengiva è costituita da tessuto connettivo (lamina propria) ed epitelio. La lamina propria contiene le fibre gengivali, la sostanza fondamentale della matrice, cellule, vasi sanguigni e nervi. II 55-60% del tessuto connettivo è costituito prevalentemente da fasci di fibre collagene molto serrati fra loro. In base al loro orientamento le fibre collagene sono raggruppate come dentogengivali, dentoperiostali, alveologengivali, circolari, semicircolari, transgengivali, intercircolari, interpapillari, periosteogengivali, intergengivali e fibre transettali. L'epitelio che riveste la lamina propria svolge un ruolo fondamentale nel proteggere il corpo e rappresenta la prima linea di difesa contro i batteri. Viene suddiviso in tre parti 1. l'epitelio gengivale orale è stratificato, squamoso e cheratinizzato e si estende dalla giunzione mucogengivale fino al margine gengivale. In un parodonto sano, il margine gengivale è ben definito e "a lama di coltello" 2. Dal margine gengivale alla base del solco, l'epitelio che riveste le superfici laterali del solco è stratificato squamoso ma non è cheratinizzato, conosciuto anche come epitelio sulculare orale. 3. La base del solco è formata dall'aspetto coronale dell'epitelio giunzionale, che è un epitelio stratificato non cheratinizzato ma con funzioni differenti dagli altri due strati di epitelio. Gli epiteli sulculare ed orale sono strettamente serrati tra loro dai desmosomi, ed offrono protezione alla gengiva da possibili traumi meccanici Le invasioni batteriche e i loro prodotti di scarto a passare più facilmente attraverso l'epitelio giunzionale. In una gengiva sana, l'epitelio giunzionale è spesso dalle 15 alle 30 cellule nell'aspetto coronale e di solo 1-3 cellule in quello apicale. L'intera lunghezza dell'epitelio giunzionale offre un sigillo attorno al dente, grazie alle sue due lamine basali. La lamina basale esterna è attaccata al tessuto connettivo, mentre la lamina basale interna è adesa al dente grazie agli emidesmosomi che offrono l'attacco epiteliale della gengiva al dente SPECIE BATTERICHE IN UN PARODONTO SANO In un parodonto sano, ci possono essere presenti più di 200 tipi specie di batteri. Il 75% dei batteri sono cocchi e bastoncelli Gram positivi facoltativi mentre il 13% è costituito da bastoncelli Gram negativi. Le specie riscontrate in salute includono Streptococcus sanguis, Streptococcus mitis, Actinomyces naeslundii e Actinomyces viscosus, e Veillonella parvula. Comunque, nel complesso rosso pericoloso di batteri, conosciuti anche come patogeni parodontali, si elencano il Porphyromonas gingivalis, Tannerella forsythia ed il Treponema denticola, ma sono stati identificati anche in parodonti sani. A causa della costante presenza di questi batteri anche in un parodonto sano, si possono evidenziare i segni subclinici di una lieve infiammazione. SALUTE PARODONTALE Definire la salute parodontale è un aspetto molto importante che rappresenta un punto di riferimento comune per la valutazione della malattia parodontale e per determinare i risultati significativi ottenuti dal trattamento. La salute può essere valutata sia a livello istologico che clinico e dovrebbe essere considerata come condizione di partenza sia ai fini preventivi che come risultato terapeutico finale. La malattia può insorgere in presenza di una condizione di salute parodontale e, di contro, la salute parodontale può essere ripristinata anche in un parodonto anatomicamente ridotto. La salute parodontale è definita come uno stato libero da malattia infiammatoria parodontale. Ciò significa che l'assenza di infiammazione associata a gengivite o parodontite, valutata clinicamente, è un prerequisito per definire la salute parodontale Si propongono 4 livelli di salute parodontale, in base allo stato del parodonto (strutturalmente e clinicamente sano o ridotto) e dei relativi esiti del: 1. stato di salute parodontale originale incontaminata, con parodonto sano e non infiammato; 2. salute parodontale ben mantenuta, con un parodonto strutturalmente e clinicamente in buono stato (integro); 3. malattia parodontale stabile in parodonto ridotto; 35 4. malattia parodontale in remissione/controllo in un parodonto ridotto. PARODONTO SANO L'esame clinico di un parodonto sano dovrebbe rivelare l'assenza di fattori eziologici significativi come placca, assenza di infiammazione e nessun segno di perdita di attacco clinico o distruzione dei tessuti parodontali. Lo strumento usato per valutare la profondità del solco è la sonda parodontale. La profondità di sondaggio è la distanza che corre tra il margine gengivale alla punta della sonda. Studi hanno dimostrato che la profondità di sondaggio tende a sovrastimare l'attuale profondità del solco. In un parodonto sano, la profondità media del solco è di 0,69 mm e l'epitelio giunzionale è di 0,97 mm. Quindi ci si aspetta che il sondaggio di un parodonto sano sia attorno ai 2 mm. GENGIVITE La gengivite è definita come una reazione infiammatoria aspecifica in risposta a un accumulo non specifico di placca confinato al tessuto gengivale, senza alcuna distruzione dell'apparato di attacco sottostante. I parametri per definire un caso di gengivite riguardano il sanguinamento al sondaggio, ma profondità del solco e livelli ossei restano inalterati. Per il trattamento della gengivite ci si aspetta un totale ripristino dello stato di salute (senza BOP e nessuna perdita anatomica nelle strutture parodontali) dopo la rimozione dei depositi di biofilm e tartaro tramite una costante ed efficace igiene orale. Secondo recenti dati epidemiologici, la gengivite colpisce fino al 95% della popolazione. Si identifica, quindi, la salute gengivale clinica su parodonto integro e su parodonto ridotto con o senza storia di malattia parodontale Quando ci discostiamo dai valori di salute ci possiamo trovare in una condizione di gengivite che può manifestarsi, anche in questo caso, in un parodonto integro o ridotto con o senza storia di parodontite stabilizzata. La gengivite indotta da placca è confermata essere una risposta infiammatoria dei tessuti gengivali risultante dall'accumulo di placca batterica situata a livello del margine gengivale. Non provoca direttamente la perdita di denti, tuttavia, la gestione della gengivite è una strategia di prevenzione primaria per la parodontite GENGIVITE INDOTTA DA PLACCA Le caratteristiche cliniche comuni alle condizioni infiammatorie gengivali indotte da placca comprendono: a) segni e sintomi clinici di infiammazione limitati alla gengiva; b) reversibilità dell'infiammazione mediante rimozione o disgregazione del biofilm c) presenza di un elevato carico di placca batterica capace di dare inizio all'infiammazione; d) presenza di fattori modificanti sistemici (per esempio disturbi sistemici, farmaci) che possono alterare la gravità dell'infiammazione indotta dalla placca; 36 e) livelli di attacco stabili, non modificabili, su un parodonto che può o meno aver subito una perdita di attacco o di osso alveolare (parodonto ridotto). In base all'estensione o al numero di siti gengivali che presentano infiammazione, la gengivite sarà descritta come localizzata quando 3 mm rilevabili in ≥2 denti. La CAL osservata non può essere ascritta a cause non parodontali come: 1. recessione gengivale di origine traumatica, 2. carie dentali che si estendono nella zona cervicale del dente 3. malposizione o estrazione di un terzo molare, 4. una lesione endodontica drenante attraverso il parodonto marginale, 5. il verificarsi di una frattura verticale della radice. DIAGNOSI DELLA MALATTIA PARODONTALE La diagnosi deve essere effettuata da tutti gli odontoiatri su tutti i pazienti, applicando le appropriate metodiche cliniche ed interpretando ed elaborando tutti i dati raccolti. La visita parodontale si compone dei seguenti elementi: 1. anamnesi, 2. esame obiettivo, 3. esami radiografici, 4. esami di laboratorio L'anamnesi medica e dento-parodontale può far emergere la presenza di una serie di fattori che influenzano l'insorgenza e la progressione delle parodontiti. I fattori di maggior interesse sono: 1. esposizioni ambientali quali il fumo e l'assunzione di alcuni farmaci (ciclosporine, nifedipina, difenilidantoina); 2. malattie sistemiche come il diabete o altre patologie ereditarie o acquisite che alterano la risposta immunitaria; 3. predisposizioni genetiche: le forme di parodontite a insorgenza precoce presentano un andamento a carattere familiare; alcuni polimorfismi (modificazioni) genetici sembrano influenzare l'espressione clinica delle parodontiti; 4. modificazioni ormonali, quali quelle legate alla pubertà e alla gravidanza. L'esame obiettivo si basa essenzialmente sull'osservazione e ispezione dei denti e dei tessuti gengivali mucosi peri-dentali, sulla accurata valutazione dell'igiene orale del paziente e sul sondaggio parodontale. L'osservazione e l'ispezione consentono di annotare la formula dentale, la posizione degli elementi dentari, lo stato dei tessuti molli e ogni altra caratteristica ritenuta rilevante per il processo diagnostico. La valutazione dell'igiene orale è determinante per la diagnosi (rapporto relativo fra quantità di placca batterica rilevata e 38 gravità delle lesioni parodontali) e per la formulazione di un corretto piano di trattamento, in cui le modificazioni delle abitudini igieniche del paziente giocano un ruolo fondamentale. Il sondaggio parodontale è la manovra clinica essenziale per la diagnosi della malattia parodontale in quanto consente di eseguire la diagnosi differenziale tra gengivite e parodontite, nonché di stimare la perdita di attacco che rappresenta il segno patognomonico della parodontite. Il sondaggio si effettua con la sonda parodontale, strumento millimetrato standardizzato, che deve essere inserito fra dente e gengiva con la corretta angolazione e spinto con una forza di circa 25-30 grammi fino a raggiungere il fondo del solco o della tasca. La sonda permette: 1. di misurare la profondità delle tasche parodontali e delle recessioni 2. di individuare il coinvolgimento delle forcazioni 3. di rilevare la presenza di sanguinamento al sondaggio 4. di rilevare la presenza di tartaro e restauri debordanti in sede sub gengivale. Il sondaggio deve essere effettuato facendo scorrere la sonda lungo tutta la circonferenza di ogni elemento dentale: questo è molto importante poiché la parodontite può causare distruzioni di diversa entità nei diversi siti di ogni dente o causare lesioni solo su un sito di un singolo elemento dentale. Le registrazioni nella cartella clinica, tuttavia, vengono effettuate in posizione standard (normalmente 6 siti per dente) che rappresentano convenzionalmente i “siti parodontali" Gli esami radiologici endorali devono essere effettuati nei casi o nelle zone in cui rappresentano un complemento utile all'esame obiettivo e permettono di acquisire nuove informazioni per la diagnosi e/o il piano di trattamento. La metodica utilizzata è la radiografia endorale periapicale effettuata con la tecnica dei raggi paralleli Gli esami di laboratorio possono essere un complemento alla diagnosi nei casi in cui le informazioni cliniche raccolte facciano emergere la presenza di parodontite grave, parodontite ad insorgenza precoce, parodontite associ

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