Lezioni di Comunicazione d'Impresa PDF

Summary

Questi appunti di lezioni trattano la comunicazione d'impresa, esaminando i dieci tormentoni dell'estate 2021, il processo di comunicazione e le sue componenti, la scelta dei canali, la decodifica e il feedback. Sono trattati anche il ruolo strategico della comunicazione nell'attuale contesto globale e competitivo. Focalizzandosi sul ciclo di vita dei prodotti e sull'importanza di un'immagine aziendale coerente e vincente.

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Lezione II I dieci tormentoni dell’estate 2021: Mille di Orietta Berti: Le labbra rosso coca-cola → Coincidenza, produttrice Fedez e Responsabile Agenzia di Comunicazione (hanno inserito appunto Coca-Cola, che ha pagato per entrare nella canzone di Fedez). Esercizio: rossetto, guanti bianco-rossi,...

Lezione II I dieci tormentoni dell’estate 2021: Mille di Orietta Berti: Le labbra rosso coca-cola → Coincidenza, produttrice Fedez e Responsabile Agenzia di Comunicazione (hanno inserito appunto Coca-Cola, che ha pagato per entrare nella canzone di Fedez). Esercizio: rossetto, guanti bianco-rossi, costumi rosso-bianco, bevanda nel bicchiere, freezer, bevanda, cocktail rosso, la rosa. Il problema di comunicazione di un’azienda è di arrivare al consumatore, costantemente bombardato da altri messaggi. Così Coca-Cola trova il suo Fedez, la canzone è una HIT, sfruttano la comunicazione già creata e la uniscono alla comunicazione tradizionale della pubblicità. La canzone tutt’oggi continua a esistere, quindi si ha ancora questa comunicazione. La comunicazione nel governo dell’impresa → La comunicazione non è soltanto pubblicità, è qualsiasi azione che punti a modificare il comportamento del soggetto con cui vuole interagire. L’azienda usa la comunicazione per influenzare il soggetto terzo con cui vogliono interagire, agendo sulla sfera economica. L’azienda utilizza degli stakeholder, sono persone che hanno a che fare con l’azienda, sono primari quelli che hanno un rapporto diretto con l’azienda, spesso di natura contrattuale (fornitori, dipendenti, business partner, clienti, ecc…) sono secondari quelli che hanno a che fare con l’azienda ma senza vincoli di contratto (comunità locale, pubblico, istituzioni, gruppi di pressione, gruppi di rappresentanza). La comunicazione è diventata strategica, grazie a quattro fattori: - Globalizzazione dell’economia → le aziende hanno bisogno di lavorare su mercati nazionali e internazionali, bisogna essere capaci di parlare con il mio pubblico negli USA, in Pakistan, Giappone ecc.. Bisogna sapere cosa si dice e come lo si dice; - Innovazione tecnologica → innovazioni con prodotti di cui il consumatore non aveva bisogno, come il tablet o il telecomando. Bisogna far capire al consumatore che ha bisogno del tablet, comunicando. Attraverso il web si perde il contatto diretto con il consumatore, quindi si creano nuovi modi di comunicazione per far capire che la lavatrice X è più conveniente della lavatrice Y. - Ambiente di marketing → Il cliente vuole acquistare prodotti personalizzati, dalla macchina con lo specchietto fucsia alle scarpe. Il cliente sceglierà una macchina non per convenienza, ma perchè può avere la macchina con specchietti fucsia. Le aziende devono essere capaci di comunicare con la grande distribuzione. Dualismo sempre più forte tra branded-unbranded, il prodotto MSC è un prodotto speciale, non è una crociera qualsiasi. - Pressione Società civile → Le aziende devono dimostrare di essere sostenibili realmente, perchè la società si aspetta alcune cose. La comunicazione diventa importante, grazie ad alcuni fattori → Il ciclo di vita dei prodotti si è enormemente accorciato, il time to market (tempo che penso al prodotto e momento in cui lo lancio) è estremamente breve, aumento della dimensione spaziale del mercato, iper-competizione fra aziende, riconfigurazione della catena del valore (si hanno bisogno di reti per garantire la filiera e fidelizzare il cliente), nascita e sviluppo dei social. Il ruolo della comunicazione sta nel saper trasformare il valore reale del prodotto nel valore percepito dallo stakeholder, una buona comunicazione risulterà in un valore percepito maggiore rispetto al valore intrinseco (e viceversa). Il governo dell’immagine entra nelle competenze della gestione strategica. L’immagine è la rappresentazione che l’azienda all’esterno di sè stessa. L’immagine può essere intrasistemica, ovvero interna all’azienda e può essere esterna, l’immagine che costruisco attraverso la comunicazione. Esiste poi la comunicazione non pianificata, per es. Ronaldo in conferenza stampa che sposta la Coca e dice di bere acqua. La comunicazione d’impresa serve a interpretare e influenzare l’ambiente esterno e interno per conseguire un vantaggio competitivo. Il limite tra comunicazione interna ed esterna sono molto labili (es. siamo una buona azienda, però non pagano gli stipendi). Quattro tipi di comunicazione: - Comunicazione di marketing: i destinatari sono i clienti è ha come obiettivo di migliorare le relazioni di mercato - Comunicazione gestionale: riguarda la comunicazione interna - Comunicazione economico-finanziaria: i destinatari sono gli investitori e mira a migliorare le relazioni con il sistema finanziario - Comunicazione istituzionale: è rivolta a tutti gli stakeholder e mira a ottenere legittimazione e consenso. Il piano comunicativo → è composto da meta-comunicazione (sostrato su cui si crea la comunicazione corrente) si decide valori da trasmettere, a chi è rivolto, dove si manda ecc.. e poi c’è lo la comunicazione corrente, ovvero lo spot. Livello di riferimento → Elemento dell’offerta, area funzionale, corporate. Bilanciamento tra specializzazione e integrazione → La comunicazione richiede ampia e grande specializzazione, si richiedono tecniche e canali specifici, bisogna saper parlare in maniera efficace con lo stakeholder. Però è difficile mettere un confine netto sulla comunicazione (anche sulla definizione dello stakeholder a volte). Nella nostra società bisogna essere in grado di integrare i vari tipi di comunicazione, è necessario per rendere l’immagine unitaria della mia azienda, vanno integrate le singole aree della comunicazione. La comunicazione è fatta di elementi verbali ed elementi non verbali. Ci dobbiamo concentrare su quello che la nostra azienda dice e su quello che fa trasparire, su quello che fa. Es. Virgin Active → realizzazione materiale (la palestra fisica), comunicazione verbale (live happy - be active), produzione di gadget ecc, che creano sinergia. Bisogna inserire la dimensione temporale, andando a vedere cosa ha fatto e detto l’azienda nel passato (es. evoluzione logo Coca Cola). I consumatori sono fortemente radicati al passato, quando si deve trasmettere un messaggio nuovo, bisogna essere consci che il consumatore è legato al passato (es. logo juventus 2017, rimane il bianco e nero e la storia). Lezione III Il processo di comunicazione → Prevede uno scambio di messaggi tra un emittente e un ricevente, il cui schema di riferimento è questo → (sta nel libro o in qualsiasi foto). Elementi principali del processo sono sette → fonte emittente, codifica del messaggio, scelta del canale, decodifica, destinatario, risposta e feedback e il contesto. Fonte è colui che vuole comunicare qualcosa (il processo di comunicazione solitamente parte in maniera cosciente e consapevole). Il processo funziona bene quando la fonte è autorevole, credibile e affidabile. La fonte vuole emettere un messaggio e lo codifica, ovvero lo trasforma in un linguaggio, elementi che sono parole, simboli, immagini, suoni, colori. questa è una fase centrale, perchè influenza le successive → (Es. del posizionamento iniziale della Marlboro e successivo cowboy Marlboro). Una volta che si è associati a un simbolo si rimane ancorati a esso, anni ’70 Marlboro Men muore di cancro ai polmoni, è stata una botta drammatica per l’azienda. La codifica può comprendere anche un suono e un brand si può identificare in esso (es. Plin plin di acqua Rocchetta), addirittura si può sentire un’immagine (es. pa pa pa papa di McDonald’s). Nell’ambito del piano di comunicazione bisogna tenere conto della cultura dove la campagna verrà emessa. Per esempio ci sono dei colori che hanno un significato diverso a seconda della cultura, per esempio il bianco in Europa e USA significa purezza, matrimonio, in Cina e Sud America il lutto, in India è il colore sacerdotale. I brand utilizzano i colori in maniera specifica → Giallo colore dell’energia, rosso della passione, marrone colore della tradizione, blu colore della tradizione, saggezza, fiducia, fedeltà e affidabilità, verde colore della freschezza e dell’ambiente, nero colore assoluto (lusso). Se cambio il coloro del mio simbolo cambio la codifica e cambio posizionamento. (Retroazione sta per feedback). I colori possono essere utili per farsi trovare dal consumatore sullo scaffale del supermercato, per esempio la Barilla è ampiamente riconoscibile dalla grande macchia blu sugli scaffali, cioccolata milka viola (lo fa per differenziarsi) oppure i colori servono a differenziarsi come nelle compagnie telefoniche (wind tre, ski wifi, vodafone ecc…). Addirittura si può arrivare a identificare un colore con il nome del brand, come il Rosso Ferrari (Pantone 185C), il Giallo Post-It (caso per cui il brand diventa il nome di un oggetto), blu tiffany, verde lacoste. Il messaggio che vado a trasmettere può essere di vario tipo, per esempio persuasivo oppure emozionale. Il significato dei segni dipende da come il destinatario svolge il processo di significazione (es. Omino Michelin), se il mio destinatario non ha la chiave di lettura per capire il simbolo che sto codificando può travisare il significato (azienda di gomme vs azienda per persone grasse). Importante è la scelta del canale, che è ciò che mi permette di trasmettere il messaggio dall’emittente al destinatario. Si scelgono la forma di comunicazione, gli strumenti di comunicazione, i mezzi di comunicazione generici e poi i canali specifici. La comunicazione può essere personale, ovvero prendo una persona che distribuisce campioncini di un prodotto, oppure non personale, una pubblicità in radio, come strumenti si hanno pubbliche relazioni, spot ecc…, il mezzo generico può essere la carta stampata, la radio ecc…, il canale specifico è il canale, quindi per la radio Subasio o RTL, la pagina sulla Repubblica o su Libero ecc… Le scelte devono essere coerenti con la strategia di comunicazione, con le caratteristiche idonee a raggiungere il target prefissato. Lezione IV Il canale deve avere caratteristiche tecniche coerente con i media scelti e il mio target di riferimento. La decodifica del messaggio è il processo attraverso cui un destinatario intercetta e assegna un significato a un messaggio. La significazione può essere non corretta, perchè l’attribuzione di significato vale a due livelli, uno connotativo e uno denotativo. Quando codifichiamo un messaggio dobbiamo tenere conto dei filtri del destinatario. Prima ancora che il messaggio arrivi al destinatario, lui l’ha già filtrato e tolto di mezzo (es. del banner su internet), l’azienda ha perso così un investimento. Inoltre bisogna tenere conto dell’attenzione selettiva, ovvero vedo il banner, lo noto, ma non lo guardo minimamente. Il destinatario può inoltre interpretare il messaggio attraverso le sue esperienze. Dopo l’incontro con il messaggio, il destinatario difficilmente si ricorda del messaggio, è quel fenomeno chiamato ritenzione selettiva dei ricordi. Il destinatario, sono dei target eterogenei, ne parliamo al singolare, ma sono molti e frammentati. Bisogna tenere conto dell'effetto alone (halo effect), può essere negativo o positivo → Pubblicità Crossland X, target uomini 45-60 anni, richiamando situazione classica in cui si va a riprendere la figlia. La pubblicità era perfetta per il target, suscitando la risposta aspettata, l’effetto alone si ha quando una forma di comunicazione qualsiasi raggiunge un altro target, che non è quello per cui era nata e quel target, reagisce in maniera diversa (es. la figlia della prof). Per risolvere il problema si deve specializzare il canale di trasmissione del messaggio. A seguire c’è una risposta e un feedback del destinatario → il feedback può essere diretto o indiretto a seconda del media che utilizziamo. Importante è il contesto, noi comunichiamo all’interno di uno specifico elemento, composto da elementi sociali, culturali, strutturali ecc… che cambiano nello spazio e nel tempo. Inoltre, bisogna tenere conto del rumore di sottofondo, dove altri, concorrenti soprattutto e non, comunicano, in continuazione. Per comunicare, bisogna studiare il livello di consonanza (compatibilità di codici, ovvero emittente e ricevente devono usare lo stesso linguaggio) e il livello di risonanza (ovvero condivisione dello stesso sistema valoriale) → es. pubblicità di idealista, che non può uscire in fascia protetta, che viene modificata. In questo caso non è stata ricevuto il grado di consonanza e risonanza, che ricordati cambiano a seconda del contesto. La pubblicità di J’adore Dior e Saratoga non destavano problemi, visto che il target e il contesto erano diversi. La natura del contatto → si possono ipotizzare diverse scelte, ci possono essere dei contatti personali, face to face, massima larghezza di banda, maggiore qualità di informazioni trasmessa (o a distanza) oppure impersonale, si utilizza un canale per trasmettere un messaggio, ci sono costi diversi, molto più bassi, ma anche l’efficacia del messaggio, per via dei filtri e del rumore. Ci sono canali unidirezionali come la TV o bidirezionali, a seconda del grado di interazionalità (che può essere progettato). Ci sono vari modelli di comunicazione → One to many, classico esempio di pubblicità di massa, (quella su canale 5 per es.), c’è un emittente e una pluralità di riceventi, il flusso di comunicazione è pacchettizzato e trasmesso ai riceventi attraverso una certa tecnologia. Il destinatario decodifica il messaggio e attiva i filtri. Nelle forme bidirezionali, abbiamo feedback diretti, nell’one to one, il flusso è interattivo e personalizzato, è una comunicazione interpersonale, oppure c’è la forma many to many, classico esempio Tripadvisor, dove tanti soggetti interagiscono tra di loro attraverso interazioni, come su un forum, comunità virtuali ecc… In relazione alla tempistica di interazione, le forme di comunicazione bidirezionale possono essere sincrone (ovvero in contemporanea come una telefonata) o asincrone (come per esempio contattare l’assistenza samsung per un problema). La comunicazione costituzionale → (Pastore, cap.3) Si parla di comunicazione di istituzione e anche di aziende che comunicano. Attraverso questo tipo di comunicazione, si comunica se stessi, l’azienda, si parla di cosa immateriali. Si fa riferimento a sintesi di caratteri distintivi dell’azienda e relazioni con gli stakeholder. I destinatari sono il pubblico e i non-consumatori del prodotto. L’effetto alone è massimo. Gli obiettivi sono far conoscere l’identità, i valori e la mission, rafforzare il posizionamento, stimolare atteggiamento positivo verso l’azienda e consolidamento della reputazione. La reputazione è un giudizio sedimentato che gli interlocutori hanno della mia azienda, sulla qualità e affidabilità dei prodotti, sulla responsabilità sociale, valori ecc… è un mix di valutazioni che il target compone sull’azienda. Ha un alta valenza strategica, perchè permette di avere un vantaggio competitivo altissimo, si può copiare un prodotto ma non la sua reputazione. Gli effetti che creo attraverso questo tipo di comunicazione è ci creare un legame razionale ed emotivo con i vari stakeholder e far sì che l’azienda sia fonte di autorevolezza e credibilità e si crea nel corso del tempo → es. Armani che non vuole vendere, perchè vuole che l’azienda rimanga italiana, Hotel Arman, ECC… le comunicazioni di prodotto sono coerenti con le comunicazioni istituzionali, si costruiscono nel tempo valori, caratteristiche, simboli ecc… e poi si trasferiscono alla pubblicità di prodotto. Lezione V Nella reputazione troviamo cultura organizzativa, capacità, prodotto venduto ecc… troviamo anche la coerenza, risulta quindi centrale che i comportamenti dell’impresa siano coerenti con i valori che cerco di esprimere attraverso la comunicazione. Es. di Trenitalia con il testimonial (Celentano) che dice che nella mia azienda non c’è niente di nuovo al di là del marchio, fanno questa scelta perchè dicono la verità, onde evitare di peggiorare la situazione. Altro spot, adesso parlano di star iniziando a lavorare per cambiare, non poteva dire che arrivavano in orario (non sarebbe stato vero), mostra un cambiamento in divenire. Terzo spot, parla di un prodotto, di Freccia Rossa, che è bello, pulito, comodo, con servizi e arriva puntuale. Hanno iniziato dicendo la verità, creando un sostrato di fiducia all’interno dell’azienda. La reputazione è una leva di business, un giudizio sintetico che comprende una serie di elementi, si da un giudizio intuitivo che comprende una serie di elementi di percezione. Ci fa vere il report di Reputation Institute, che fa graduatorie sulle aziende mondiali, sommando punteggi di vari tipi che rende una misura di una azienda. Ognuno di questi ambiti ha un proprio sotto ambito, e tutti assieme formano una reputazione a 360°. Per definire questi ambiti si chiede nella survey se lo stakeholder sia disposto a parlare dell’azienda, sia disposto a lavorare, ecc… C’è differenza tra forza del brand e reputazione del brand. Ho i prodotti di un’azienda ma non gli attribuisco una buona reputazione es. Meta o Coca Cola. La comunicazione costituzionale va a migliorare la conoscenza dell’identità aziendale, supporta l’immagine a livello corporate, forma aspettative degli stakeholder, coerente tra image, valori, stakeholder e le loro aspettative (disomogenee come gli stakeholder) → Pubblicità istituzionale di Esselunga delle pesche, Puntano sull’emozione collegata alla famiglia (supermercato connubio con la famiglia), c’è una narrazione di una storia emotivamente coinvolgente e supera i filtri, ci si può immedesimare (non ho messo mio figlio in questa situazione per es.). Pubblicità perchè denigra famiglie divorziate e divorziati, il bambino con la famiglia separata non è felice. Visione della società estremamente tradizionale, è una verità cruda, madre messa in cattiva luce. Lezione VI La comunicazione istituzionale parla a una pluralità di soggetti, non necessariamente si deve eliminare il prodotto dalla stessa, si può in parte inserire, molto o poco → es. pubblicità Barilla. Principali temi sono la mission, valori guida, CSR, sistema di offerta, risultati ecc… lo strumento più utilizzato è la pubblicità ma si annoverano anche comunicati stampa, influencer, annual report, bilancio sociale, blog ecc… Altra pubblicità Barilla dove si trasmettono valori attraverso simboli di tradizione, famiglia, italianità ecc… sono valori costruiti attraverso i colori, suoni, immagini e così via. Lo spot che segue è fatto durante la pandemia, non si pubblicizza la pasta (il prodotto c’è ma non è protagonista), né i valori dell’azienda. Muove emozioni, quindi la comunicazione istituzionale risulta efficace → Confronto con lo spot post (visto prima), implicitamente richiama l’altra pubblicità, stesso cielo, stesse persone, senza mascherina, non più sole ma insieme che mangiano pasta. La comunicazione di crisi → Una crisi d’impresa è un evento grave che capita a un’azienda che richiede un intervento immediato, si ha bisogno di evitare danni ingenti con un’azione tempestiva. La crisi può essere traumatica, nasce da un evento sconvolgente che impone una reazione immediata (errori aziendali, catastrofi naturali, azioni delittuose, …) oppure gestionali, che nascono da uno squilibrio economico-finanziario (es. Alitalia, in perdita e non riesce a prendere guadagni). Alle prime seguono crisis management e alle seconde dei processi di risanamento. Tre aspetti essenziali delle crisi (traumatiche): - eccezionalità dell’evento critico; - visibilità dell’evento e dei suoi effetti che può variare in funzione di visibilità dell’azienda (importanza e immagine), area geografica interessata dalla crisi, conseguenze pratiche per gli stakeholder, concomitanza di altri fatti che possono distogliere l’attenzione dell’op. pubb. - Necessità di una risposta tempestiva ed esaustiva che può salvaguardare l’azienda. Il crisis management è la modalità di risposta alle crisi traumatiche, è un processo ordinato che va dalla previsione della crisi alla gestione della stessa. Gli obiettivi del processo sono quelli di superare la crisi e di creare sistemi per evitare crisi future. Ci sono tre momenti: - prima della crisi dove si fanno previsioni di crisi attraverso analisi di rischi aziendali, verifica di segnali premonitori e preparazione di piani di crisi. Non vanno ignorati gli alert come insoddisfazioni, pericoli, taroccaggio dati ecc… gli alert si monitorano internamente ed esternamente ovvero dove si parla di questi alert, come SHEIN, può informarsi attraverso i TikTokers che li accusano, sui forum, ecc… Inoltre si può prevedere un piano di emergenza, l’azienda sa di essere esposti a certi rischi, che possono essere colposi come il taroccaggio dei dati da parte di Volkswagen o eventi non colposi come la caduta di un aereo (es. comunicato stampa del portavoce Lufthansa) - durante la crisi si costruisce un team che ha un portavoce, ruolo importantissimo perchè parla per l’azienda. La fase è frenetica, se non c’è un piano di crisi o uno adeguato risulterebbe un grosso problema. - dopo la crisi c’è una fase detta di apprendimento, l’azienda impara dalla crisi, guarda come si è comportata, analizza la situazione perchè possa verificarsi di nuovo in futuro. Case of study → D&G, la più grande sfilata mai organizzata, a Shangai, nel novembre 2018. Per promuovere il brand si pensano a una serie di spot da mettere su Weibo (equivalente di Instagram), dove una ragazza cinese cerca di mangiare cibi italiani con le bacchette. Voleva essere divertente ma i risultati sono pessimi. I social cinesi protestano perchè si sentono offesi (sessismo, razzismo, pochezza, ecc…), il brand non è pronto a una crsi del genere e cancellano i video a cui segue il silenzio dell’azienda, una giornalista di Diet Prada porta la vicenda su Instagram e attacca l’azienda. Stefano Gabbana risponde in direct e lei reposta la risposta. La crisi diventa globale, tutti boicottano la serata, la scusa finale è stata quella di hackeraggio del profilo di D&G di S. Gabbana. Poi fanno un video di scuse orrido. Caso simile Cruciani e Barilla, nessuna scusa, spopola l’hashtag, fanno un comunicato stampa di scuse ne sito istituzionale di Barilla, nell’area Press, nessuno le vede. Capiscano la necessità di comunicazioni social, che sono pessime. Continua la crisi, i competitors lanciano i propri messaggi. Guido Barilla una settimana dopo fa uscire un video di scuse. Seppur la gestione sia stata pessima, il dopo l’hanno fatto bene, ci hanno addirittura guadagnato. Si cambia gestione della comunicazione e soprattutto policy a favore dell’inclusione. Si fanno azioni concrete. Piani di crisi per gestire informazioni all’interno e all’esterno → contenere danni sull’immagine e fiducia degli stakeholder. L’indagine sulla natura della crisi → (quali aree coinvolte, responsabilità, entità dei danni ecc…). Bisogna analizzare le informazioni sulla percezione della crisi da parte dei pubblici, a chi e come indirizzare i diversi messaggi La comunicazione di crisi deve essere → - Immediata e completa - centralizzata - costantemente aggiornata - trasparente - multidirezionale Lezione VII I mezzi e i veicoli di comunicazione → Il comunicato stampa rimane fondamentale perchè viene rimbalzato ovunque, anche la conferenza stampa rimane fondamentale, le interviste, bisogna controllare e monitorare i sondaggi, le opinioni e il sentiment. Internet è importante, ma sui social si ha poco spazio, sul proprio sito invece si ha lo spazio necessario, è anche possibile rendere disponibile un numero verde. Il contenuto dei messaggi dipende dal tipo e dalla gravità della crisi. Bisogna essere consapevoli delle cause e dei danni arrecati, bisogna assumersi le proprie responsabilità, ci si deve impegnare a rimuovere le cause e minimizzare danni materiali o immateriali. Importante guardare i feedback. Importante il ruolo svolto dai media nel tempo si devono costruire rapporti collaborativi con i media e con tutti gli interlocutori delle varie comunità. Importante utilizzare tutti i media. Dopo la crisi → Bisogna valutare a posteriori per mettere a punto e migliorare i miei sistemi di difesa. Bisogna capire e rimuovere le cause che l’hanno generate (come per es. Barilla). Bisogna riflettere come è stata generata la comunicazione e sfruttare le opportunità per l’apprendimento. H&M gennaio 2018 → Catalogo online, coolest monkey of the jungle sul ragazzo bianco, il bambino bianco è un jungle survivor → In poche ore esce il comunicato, si scusano, ammettano la colpa e cancellano la foto. Si scusano con tutti, staff, stakeholder, clienti e non, non solo a chi si sentiva offeso. Team Work → Balenciaga Objects → Slides su UniStudium. -DEFINIZIONE DI STAKEHOLDERS (Merli 2012): ciascuno dei soggetti direttamente o indirettamente coinvolti in un progetto o nell'attività di un'azienda, posto in condizione di prendere decisioni (cioè portatori di interesse). La CSR riconosce l’importanza dell’impresa e del mercato, ma chiede all’impresa stessa di assumersi le responsabilità verso molteplici Stakeholder. Questa visione innovativa è alla ricerca di un equilibrio equo ed efficiente tra diritti e responsabilità di tutti quei soggetti posti in condizione di prendere decisioni. Inoltre, in una società dove la reputazione costituisce un valore fondamentale per un’azienda, la RSI è in grado di costruire la fedeltà e la fiducia necessarie per durare nel tempo. Promuovere la responsabilità sociale significa: favorire atteggiamenti cooperativi; migliorare la qualità delle relazioni con le organizzazioni sindacali; aumentare la capacità dell’impresa di attrarre risorse umane migliori; aumentare la fiducia dei consumatori; attrarre nuovi investitori; aumentare l’affidabilità dell’impresa; migliorare le relazioni dell’impresa con la comunità circostante; promuovere lo sviluppo d’impresa ai rappresentanti dei paesi in via di sviluppo, contribuire al benessere generale ed ecosostenibile. Oggi, diversamente da quanto avveniva in passato, la responsabilità sociale si tenta di gestirla strategicamente come contributo volontario allo sviluppo sostenibile. Le imprese sono libere di agire e di scegliere le soluzioni che meglio si adattano alla loro dimensione e all’ambiente in cui operano. Spesso ci si è inoltre chiesti se, l’imposizione all’impresa di un vincolo legislativo, produca effettivamente un innalzamento della sua responsabilità sociale. Infatti, accanto ad alcune aziende che decidono di aderire ai principi normativi, ce ne sono altre che invece aderiscono solo se i danni economici derivanti dal mancato rispetto della normativa, siano maggiori in confronto ai vantaggi. In una recente ricerca, sono state individuate le caratteristiche dell’impresa socialmente capace: impresa che produce ricchezza, benessere e socialità, genera contesti idonei allo sviluppo, assicura remunerazione a tutti gli stakeholder, inclusi gli shareholder. Lezione VIII Marca e Comunicazione → (Pastore, cap. 7) L’etimologia deriva dal germanico marka, marcare, segnare il confine, il termine brand, deriva sempre dal germanico brandr, ovvero marchiare il bestiame. Marca risulta essere una risorsa immateriale ed è anche fonte di vantaggio competitivo, non solo, rappresenta un fattore chiave per i rapporti con il network: abbiamo due risposte, una valutativa, ovvero il consumatore valuta il brand come un valore aggiunto (prodotti con determinati brand costano di più) e una relazionale, ovvero il consumatore si fida del brand e si fidelizza al brand (compro sempre Sunsilk per i ricci perfetti). Il coinvolgimento è su tutta la catena di marketing, ci sono i fornitori, i distributori, i dipendenti ecc… Il primo cliente di un brand come Monini è il supermercato, devo coinvolgere il trade con la mia marca. Il brand deve costruire nella business community un clima di fiducia attraverso sostenibilità, qualità e altri valori creando così un vantaggio competitivo. A oggi diventa importante l’utilità sociale dell’impresa (es. pubblicità ENI, “se scegli Eni investi nel futuro di tutti”), attraverso la mia azienda creo un’utilità che va oltre i miei confini di azienda, associo al brand valori di utilità sociale. Il brand è l’anima del prodotto, ci sono tre elementi costituenti del brand → - Il fisico, sono aspetti intrinseci del prodotto e sue funzionalità (Geox respira, la Ferrari è veloce e così via); - il carattere, riguarda le caratteristiche immateriali del brand (Pringles sono associati al divertimento e alla convivialità, Nike è associato al movimento); - e lo stile, ovvero come io appaio attraverso il marketing mix (insieme delle forme di comunicazione di marketing), per esempio pubblicità Barilla o Benetton. Il marchio diventa marca soltanto se ci evolviamo dall’aspetto materiale all’aspetto immateriale. Ciò rende nella mente del consumatore il prodotto migliore, la rende un’offerta distinte → La pubblicità inagnnevole e il limite di tolleranza sull’ingannevolezza della pubblcità es. Frullatore tritaghiaccio vs crema antirughe. Questo aspetto immateriale si forma nel tempo con il processo di consumo attraverso pubblicità, consumo del prodotto, eventi, passaparola ecc… Es. Caso Coca-Cola → Il valore immateriale del consumo di Coca Cola assieme alla pizza e consumo in compagnia. L’obiettivo dell’azienda è quello di strutturare un sistema di significati attorno al marchio. Se si vuole aggiungere un valore, deve essere coerente con la storia del brand e i valori preesistenti. Ci sono tre componenti della struttura della marca: - una componente identificativa (funzione informativa), come i loghi con i valori e significati a essi associati. Bisogna far riconoscere il prodotto rispetto agli altri. Il fulcro sta nella brand identity, ovvero un insieme di caratteri fisici e psicologici che rendono la marca unica. Si parla di qualcosa di materiale e immateriale, si progetta perchè comprende una serie di significati e quindi va progettata. La brand identity deve essere differenziante, interessante per i clienti, credibile e sostenibile nel tempo. La brand identity è possibile misurarla, attraverso la brand awareness, ovvero quanto i consumatori conoscono e sono consapevoli della marca. - componente valutativa (funzione comunicativa), basato sulla brand image, significati e associazioni mentali, simboliche ed emozionali legate alla marca - componente fiduciaria (funzione di garanzia), ovvero quanto ci si fida del brand, si prende nel lungo periodo (attraverso la brand reputation), il giudizio è in termini di credibilità e affidabilità (il brand trust). I vantaggi del Brand sono diversi, possono essere funzionali, ovvero rendendo riconoscibile il prodotto e identifica le caratteristica, agevolando il processo di acquisto, assicurando informazioni e qualità costanti → es. Il caso Valentino, spot che trasmette idee, cantano tutti insieme ma sono tutti diversi, vestiti di alta moda, lei immersa nella natura ma anche L.A. (elemento naturale come il profumo e città dei vip). Sunto, ognuno può far parte di questo coro. I vantaggi possono essere simbolici, la marca è uno stile di vita, appartenenza a gruppo sociale e modo di pensare → es. Il caso Jeep, Spot 1, 2 e 3. Il focus non è su quanto costa, quanto accelera o altro, mi focalizzo su vantaggi e valori simbolici del brand, in dieci anni si è coerenti, si può andare ovunque, resistente, sei libero di fare quello che vuoi se hai questa macchina e così via. I vantaggi possono essere esperienziali, ovvero rendere gratificante l’acquisto con una brand experience, creando una relazione emotiva con l’acquirente → es. di P&G, campagna “Thank you mum”, si fa vedere il sacrificio, la cura, qualunque mamma vi si riconosce, senza che il proprio figlio abbia vinto una medaglia. → es. di Sauvage Dior, Jhonny Deep è un profumo selvaggio e libero, fuori dalle regole e da tutto, è attraente e affascinante, ho detto tutto senza dire niente. → es. Moka Bialetti Lezione IX/X/XI Il piano di comunicazione → Da dove si inizia? Si parte da un brief dell’azienda che ci contatta. Si parte da un esempio, dalla Leffe Rituel → Il piano deve racchiudere tutte le informazioni necessarie per impostare la campagna. I contenuti di un piano di comunicazione integrata comprendono due parti. 1) Progettazione strategica, è la base, premessa indispensabile dove si individuano obiettivi strategici della comunicazione: - scenario, mercato e concorrenza si analizza il contesto competitivo e dove si opera, analisi degli stakeholder. Ci sono alcune domande chiave come “Qual è il mercato di riferimento, chi sono i competitors, chi è il leader, qual è il trend, stagionalità del prodotto, si compra per il prezzo o per il brand ecc…” ANALISI DI SCENARIO LEFFE, il mercato ↓ Birre “Standard” e “Premium” costituiscono l’80,2% del consumo,forte crescita Birre ‘’Speciali’’ raggiungendo il 6,8% dei volumi (14% del fatturato). Il consumatore attribuisce sempre maggiore importanza alla qualità. Le Birre Premium migliorano le performance sulle Birre Standard, mercato che è composto da 11 family brand che producono il 75% dei volumi, il restante 25% è prodotto da 647 brand - Il mercato: I fatturati hanno superato per la prima volta il miliardo di Euro. Sforzo promozionale delle aziende sempre più aggressivo (38,9%; +2,5pt). Il mercato ha chiuso l’anno con un incremento dei volumi del 4,2%. Trend positivi in tutte le aeree e in tutti i canali: Nord-Est e Sud canale GDO Nord-Ovest maggiori volumi sviluppati con trend molto positivo. Birre premium: 33,5% dei volumi, con una crescita del 5,3% sul totale del mercato. Questo segmento di mercato ha prodotto maggiori sforzi per generare crescita facendo promozione (il 45,2% dei volumi contro un 41,7% delle birre standard). L’assortimento della presenza a scaffale è concentrato su pochi brand. Si prospetta nel lungo periodo un aumento dell’offerta delle Birre Premium superiore rispetto a quello delle Birre Standard. Definire il mercato non è banale, molte aziende hanno creato opportunità, definendo diversamente il proprio mercato, altre hanno fallito pensando in modo ristretto. I concorrenti possono essere effettivi, sono quelli potenzialmente più facili da individuare (per Coca Cola è la Pepsi, Kodak e Fujifilm), potenziali, Kodak ha chiuso, ma non è stata spaziata via da Fujifilm, ma da Sony, che inventò la macchina digitale (non produceva pellicole, produceva altro), i concorrenti nascosti, es. sono Mulino Bianco e produco il pan bauletto integrale, concorrente diretto è il pane a fette Coop, le gallette di riso sono potenziali, chi si fa il pane in casa con la macchinetta è un concorrente nascosto. ANALISI DI SCENARIO LEFFE, la concorrenza ↓ Principali concorrenti: Beck’s Next, Menabrea Forst, Baffo d’oro Heineken. - Nata nel 1873 viene fondata sotto il nome di "Kaiser Brauerei Beck & May“, in Italia dal 1950, oggi BECK'S è diffusa in tutti e cinque i continenti e bevuta di 120 paesi. Beck's ha un percorso da grandi successi e da crescente notorietà: è la birra internazionale premium più conosciuta al mondo, sia per il suo gusto caratteristico e fresco, sia per l'inimitabile etichetta ovale che contiene la "chiave di Brema" e le due medaglie vinte. Il marchio infatti è l'ambasciatore della birra tedesca e della città di Brema in tutto il mondo. Beck's Next è una birra dal gusto morbido e piacevolmente rinfrescante. E' una birra che si adatta a ogni situazione e a tutti i gusti: una birra giovane, vivace e dinamica. E' prodotta secondo la "Legge della Purezza" tedesca che risale al lontano 1516 e che prevede l'utilizzo di solo 4 ingredienti. Beck's Next è una Premium Pilsner dal colore chiaro, a bassa fermentazione con una gradazione alcolica di 5° vol. La nuova birra è proposta sul mercato italiano in bottiglie da 66 cl e da 33 cl (quest’ultima in multipack da 3 pezzi). - Oggigiorno l’azienda Menabrea, confluita nel 1991 nel gruppo Forst nel “risiko” delle concentrazioni birrarie che cambiarono il profilo della produzione e della distribuzione birraria in Italia, è ancora sotto la guida della famiglia Thedy. Nel 1996, per festeggiare il 150° anniversario dell’apertura del birrificio, la Membrana ha creato un’edizione speciale delle bottiglie, tutte caratterizzate dalla scritta “150° anniversario” sul collarino della bottiglia. Dal punto di vista produttivo si è passati dai 36/40.000 hl. degli anni ’80 agli attuali 140.000 hl. (circa). Oggi Menabrea propone una ristretta gamma composta da: la Menabrea Bionda, la Menabrea ambrata, la Menabrea strong ale, la Menabrea 1846, la Christmas beer brassata una sola volta l’anno e la linea Top Restaurant dedicata al segmento della ristorazione. Tredici in totale le medaglie, fra quelle d’oro e quelle d’argento, raccolte dalla Menabrea con le sue birre al World Beer Championship di Chicago fra il 1997 e il 2006. Come per altri birrifici storici italiani lo stabilimento della Menabrea, da sempre nel quartiere Riva, è un ottimo esempio di archeologia industriale, attentamente e scrupolosamente accudito dalla proprietà. - I principali marchi di Heineken Italia S.p.A. (propri o su licenza) sono: Heineken, Birra Moretti, Dreher, Amstel, Baffo d’Oro, Buckler, Henninger, Ichnusa, Mc Farland, Messina, Moretti La Rossa, Murphy’s, Sans Souci, Sans Souci Ice, Spirtu, Stuck, Von Wunster, Adelscott, Desperados, Affligem, Amstel 1870, Brand, Doreleï, Fischer Blonde, Fischer Tradition, Gasoline, Wieckse Witte. È stato effettuato un restyling del packaging di Baffo d'Oro per armonizzarlo con quelli della famiglia Birra Moretti, confermando il posizionamento di Baffo d’Oro come birra premium 100% puro malto, conferendo qualità, preziosità e contemporaneità al prodotto. Il nuovo packaging Baffo d'Oro veicola al massimo la qualità e la genuinità della produzione della birra, la tradizione e la garanzia di qualità e l’unicità del gusto, veicolando il piacere di bere e la desiderabilità del prodotto con un’immagine contemporanea, distintiva, appealing e più premium (nell'etichetta il bollo è formato virtualmente dalle spighe di grano che racchiudono e proteggono la tradizione e la genuinità di questa birra). - prodotto e storia, ricostruire le tappe principali della storia dell’azienda e del prodotto, capendo così i valori, i punti forza da richiamare ecc…, ci sono degli attributi fondamentali del prodotto che ci aiutano a qualificare l’offerta “quanto costa, come appare, quanto dura, come è confezionato, sostenibilità, come si chiama, ecc…” - la marca e il suo posizionamento, dove si colloca il prodotto nella mente del nostro consumatore? Qual è il processo di acquisto del consumatore? Dove si colloca la nostra marca nel mercato? Quali sono i punti di forza e di debolezza? Quali fattori hanno contribuito a creare i punti di forza e di debolezza della nostra marca? Il nostro brand è percepito come sostenibile? Per posizionamento del prodotto si intende → Per posizionamento del prodotto si intende la porzione o lo «spazio» che il prodotto occupa nella mente del consumatore rispetto al suo ideale di prodotto, a dire la «personalità distintiva» di un bene percepita dal consumatore rispetto ad altri beni che soddisfano il medesimo bisogno (Valdani, 1986). Il posizionamento, dunque, è una operazione compiuta soprattutto sulla mente del consumatore (e non sul prodotto) attraverso una serie di azioni che consentono al prodotto di occupare una certa posizione nella mente del consumatore rispetto ai prodotti concorrenti. L’azienda ha un ideale di posizionamento del proprio prodotto, che persegue con idonee strategie di comunicazione → il brief ci aiuta molto. Per analizzare il posizionamento del brand sono utili le mappe di posizionamento, le quali sono rappresentazioni in due dimensioni del posizionamento del brand, consentendo di riassumere la posizione dei prodotti e delle marche sul mercato o su un segmento confrontandolo con quella dei principali competitors. Ci sono due tipi di mappe, la prima è basata sulle percezioni, di posizionamento percettivo, vado ad analizzare gli attributi percepiti dai consumatori per ciascun prodotto sul mercato, la seconda è basata sulle preferenze, dei consumatori (posizionamento preferenze): analizzano le preferenze, cioè le caratteristiche del prodotto ritenute più importanti dai consumatori. Ci sono spazi liberi sulla mappa, che stanno a indicare un buon mercato oppure un’azienda ci si vuole posizionare, si trova dei segmenti affolati (grossa concorrenza di mercato), la mappa permette anche di analizzare le debolezze di un prodotto già presente e le eventuali opportunità di riposizionamento. L’utilità della mappa dipende dalla capacità di individuare le variabili appropriate da analizzare. ↓ - Un altro strumento per la progettazione strategica: l’analisi SWOT L’analisi SWOT fornisce un quadro sommario dei punti di forza (S, Strenghts), e di debolezza (W, Weaknesses), delle opportunità (O, Opportunities) e delle minacce (T, Threats) che possono influenzare lo sviluppo delle strategie. Scopo principale: identificare fino a che punto i punti di forza e di debolezza sono rilevanti e in grado di influenzare i cambiamenti dell’ambiente competitivo. L’analisi SWOT mira ad individuare i punti di forza, i punti di debolezza, le opportunità e le minacce di un determinato progetto o programma. I punti di forza e di debolezza → sono i fattori endogeni, ovvero propri del contesto di analisi, sono modificabili grazie alla politica o all’intervento proposto. Le opportunità e le minacce sono i fattori esogeni in quanto derivano dal contesto esterno, difficilmente modificabili, ma è necessario tenerli sotto controllo in modo da sfruttare le opportunità e ridurre le minacce. Due rischi principali: elencazione di una serie troppo lunga di fattori l’affidamento eccessivo rispetto a uno strumento non sostitutivo dell’analisi strategica. - il target → A chi ci rivolgiamo? → A chi va a comprare il prodotto? (responsabile d’acquisto); A chi usa il prodotto? (Utilizzatore finale); Ai Key opinion leader? (Chi influenza l’acquisto); Queste categorie possono anche essere (in tutto o in parte) sovrapposte. Bisogna essere in grado di identificare il nostro target, aspetti rilevanti sono le caratteristiche demografiche, psicologiche, economiche e lo stile di vita. Target Leffe Rituel 9° ↓ Uomini/Donne → èlite Vivono nel nord-ovest o al centro delle grandi città Età media tra 25-54 anni Istruzione alta Status medio-alto Imprenditori, manager Coppie giovani, senza figli o con figli piccoli; «Lavori d’assalto» → Diffusi in tutto il territorio nazionale, aree urbane Età media tra 25-44 anni Persone giovani con mentalità giovanile Istruzione medio alta Status alto Imprenditori e executives «Una marketing personas è uno schizzo rappresentativo di un segmento del tuo pubblico. Per produrre contenuti, ti serve sapere a chi indirizzarli. Ecco quindi che le marketing personas sono profili ideali di clienti che ti aiutino a produrre e veicolare contenuti rilevanti e utili», Ardath Albee (Content Marketing Institute). Definire una persona costringere a pensare e riflettere sul target sia attuale che potenziale e su come offrigli valore. Sono detti anche buyer personas. Come li definiamo? possiamo stilare una lista di domande a cui dobbiamo rispondere: - Nome della persona (per renderlo più realistico); - Tipo di lavoro (dettagli sul tipo di lavoro e sull’azienda); - Dati demografici (età, sesso, stipendio, educazione, famiglia, location); - Obiettivi, sfide, aspettative, bisogni (obiettivi primari, secondari, come può l’azienda aiutarlo a raggiungerli, bisogni primari, secondari e come l’azienda può far fronte per soddisfarli); - Valori-paure (valori che può condividere con l’azienda, timori, paure e ostacoli durante il processo di acquisto). - gli obiettivi di comunicazione → Vanno definiti gli obiettivi e i traguardi da raggiungere. Diverse tipologie di obiettivi: - La notorietà: farsi conoscere (aumentare la notorietà dell’azienda e/o del prodotto; rafforzarne determinate caratteristiche; …) - L’immagine: farsi apprezzare (rafforzare il prestigio di una marca; cambiare il posizionamento del prodotto); - I comportamenti: far agire il consumatore o il trade (comprare; provare; ricomprare; diventare fedele; richiedere un servizio; partecipare ad un evento; …); - Cambiare qualcosa (lanciare un nuovo prodotto; cambiare le abitudini di utilizzo; …) - Enfatizzare alcuni aspetti della brand identity. Obiettivi di comunicazione Leffe Rituel ↓ 1. Posizionarsi nella fascia alta di mercato, raggiungendo quei consumatori che frequentano la vita mondana 2. Legare il prodotto a momenti speciali di socialità e condivisione, alla celebrazione della vita e a un’attitudine rilassata 3. Essere considerata una birra premium dai consumatori di massa. Dagli obietti strategici si passa a quelli operativi, solitamente si usa lo S.M.A.R.T. approach → Specific, Measurable, Achievable, Realistic, Time Scaled. Obiettivi di comunicazione Leffe Rituel ↓ 1. Aumentare le vendite del 2% in un anno 2. Aumentare il premium-price di 0,50 euro 3. Aumentare la riconoscibilità spontanea del 5% nei prossimi 6 mesi 4. Aumentare la Total Brand Communication Awareness del 6% in un anno 5. Raddoppiare il numero di punti vendita Horeca nei prossimi 3 anni 6. Aumentare la quota di mercato nelle birre premium nelle regioni del centro-nord del 10% in 2 anni. Si passa al concreto, individuando: il messaggio da trasmettere (cosa dire, concept idea, registro, roni, linguaggio), il target della campagna (non possiamo rivolgerci al mondo intero, vanno individuate delle categorie, chi vogliamo che ascolti e chi è probabile che ci ascolti), i canali e gli strumenti più adeguati a comunicare i contenuti che si intende veicolare (canali a disposizione, quali è opportuno utilizzare, sono elementi legati alle risorse economiche che abbiamo), i tempi della comunicazione (non può essere casuale e improvvisata, legata agli obiettivi della campagna, va preparato un calendario dettagliato delle uscite di comunicazione, si utilizza la time-line per riassumere), le risorse economiche, umane e tecnologiche a disposizione, le modalità di valutazione durante e dopo la campagna di comunicazione. Piano di comunicazione Leffe Rituel 9° ↓ Presenza in eventi e locali «in» e «cool» di Milano (fino a fine giugno) (invito prima) Presenza in località balneari alla moda (luglio e agosto) Eventi improvvisi spiaggia Sponsorizzazione e presenza in alcuni eventi sportivi OOH (con tecnologia QR code) Stampa e payTV Creazione di un nuovo sito, dedicato al prodotto Canale e-commerce App mobile Ad search Presidiare i Social Network. Esempio: STAMPA Presenza su riviste di moda, travel e sport «esclusivi» Moda: Vanity Fair ✓ 1 pagina pubblicitaria al mese tra gennaio e settembre; costo 30.000 euro l’una ✓ Moda: Vogue (donna) ✓ 1 pagina pubblicitaria al mese per tutto il 2016; costo 35.000 euro l’una ✓ Moda: Vogue (uomo) ✓ 1 pagina pubblicitaria al mese per tutto il 2016; costo 35.000 euro l’una Travel: Dove Viaggi 1 pagina pubblicitaria al mese tra gennaio e settembre; costo 15.000 euro l’una Sport: Il mio cavallo 1 pagina pubblicitaria al mese per tutto il 2016; costo 5.000 euro l’una Sport: Il tennis italiano 1 pagina pubblicitaria al mese per tutto il 2016; costo 5.500 euro l’una - budget, bisogna prevedere analiticamente tutti i costi per acquisto di spazi pubblicitari, competenze tecniche, creazione di messaggi, spese varie. Si utilizza solitamente il foglio di lavoro. Piano di comunicazione Leffe Rituel 9° ↓ BUDGET TOTALE 5 MILIONI DI EURO. Pre-Estate (67%) 3,35M 44,8% → tv (1,5M) 4,5% → stampa (150k) 26,9% → eventi (1M) 20,9% → digital (700k) Estate (33%) 1,65M 18,2% → tv (300k) 6,1% → stampa (100k) 60,6% → eventi (1M) 15,1% → digital (250k) Implementazione del piano → Si mette in pratica il piano progettato, stando comunque attenti a eventualità di doversi adattare ai cambiamenti possibili nello scenario, non si deve perdere il contatto con la realtà, verificando che gli obiettivi siano realistici, controllare i risultati, calcolare le probabilità di successo, controllare i costi, non promettere ciò che non si può mantenere, essere pronti a cambiare rotta. Valutazione → Durante e dopo è necessario valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi, si valutano le novità e i cambiamenti apportati, le razioni del pubblico di riferimento. Lezione XII L’advertising: “Qualsiasi forma a pagamento di presentazione e promozione non personale di idee, beni e servizi da parte di un promotore ben identificato" (Kotler, 2005). Per pubblicità intendiamo una forma di promozione a pagamento, di tipologia pull, lo voglio spingere da qualche parte, avvalendosi di un processo di comunicazione impersonale, fa parte del mix promozionale. Contribuisce a creare un’immagine di marca, utilizziamo quindi questa forma di promozione a pagamento per creare questa immagine di marca. Ci sono diversi tipi di risposte che mi aspetto dal mio target → quando facciamo una campagna di promozione ci si aspetta più tipi di risposte, comportamentali (è relativa a una o più azioni relative al messaggio come la prova del prodotto, l’acquisto, cambiamento di abitudine, passaparola ecc…), non comportamentali (riguardano la percezione a seguito del messaggio, come interesse e rilevanza, riconoscimento e notorietà del brand, consapevolezza ecc…), valutative (coinvolge il soggetto nei suoi valori, stili di vita, nel suo modo di pensare e mettersi in relazione con il brand), relazionali (abbiamo a che fare con la relazione tra target e brand, l’idea è quella di fedeltà d’acquisto, il mio consumatore deve fidelizzarsi), esperienziali (è un pò la sintesi degli altri punti, deriva dagli stimoli della pubblicità, l’emozione gioca un ruolo importante, è ciò che rimane al target dopo aver incontrato la mia campagna). Gli effetti della campagna si possono misurare a livello di individuo o di mercato. La risposta del singolo si può misurare attraverso la mental advertising response, ovvero una campagna può puntare a farsi ricordare a prescindere dall’acquisto del prodotto → es. pubblicità dell’amaro Lucano, non siamo consumatori ma ci ricordiamo dello slogan, idem cioccolato NOVI. Un altro tipo di risposta potrebbe essere il mental brand response, l’idea è quella di sapere se i possibili target siano consapevoli del brand → per es. pubblicità sofficini che evidenzia il brand con l’idea con il consumatore vede Carletto e si ricorda sofficini. La brand behavioural response, ovvero la frequenza di consumo di una marca o comportamento di acquisto. La risposta può arrivare anche dal mercato, con indicatori che valutano fatturato, quota di mercato, target, ecc… Diverse tipologie di advertising → possiamo ideare una campagna che genera valori riferiti al consumo, creando valori simbolici o razionali. Nella semiotica la pubblicità può rientrare entro quattro aree, c’è la pubblicità pratica → che si rifà a valori funzionale, descrive modalità d’uso, consigli per l’impiego, ecc… i contenuti sono per lo più informativi, si usano argomenti logici, il meccanismo di persuasione è razionale. Es. Dyson, Candy lavatrice e Head&Shoulder. La pubblicità ideale (o utopica) → si discosta dalla realtà delle caratteristiche fisico-tecniche del prodotto, suggerisce suggestione e associazioni simboliche, sviluppando di un’immagine di marca imperniata su valori psico-simbolici. Es del Breil, spot della kinder colazione più (più intermedio). Pubblicità critica → è difficile da costruire, l’idea è quella di favorire un confronto critico (qualità-prezzo, costi-benefici, o co n altri prodotti), attraverso un’informativa si deve far ragionare il target, fortemente legata all’offerta produttiva (prezzo, ingredienti, processo produttivo ecc…). Es. Sky wifi. Pubblicità ludica → crea una narrazione leggera, un intrattenimento, che cerca di sviluppare una valorizzazione emozionale del consumo. Es. della pubblicità Lavazza, Nespresso. Spesso però uno stesso messaggio può combinare più tipologie, queste categorie non sono nette. Bisogna andare a guardare l’elemento prevalente. Es. Sambuca Molinari. Le tipologie si possono classificare ulteriormente in base all’angolo visuale e in base al criterio interpretativo utilizzato → pubblicità strategica vs tattica → Quanto più cerca di creare valori del brand, immagine di marca, posizionamento ecc… tanto più essa sarà una pubblicità di tipo strategico, l’obiettivo tattico è quando la campagna punta a un obiettivo immediato, come una promozione, un lancio del prodotto, stimolare le vendite ecc… punta sul breve periodo. Pubblicità istituzionale vs di marca → la campagna istituzionale ha sempre la caratteristica di avere un obiettivo strategico, non è incentrata sui prodotti o brand, ma sull’impresa nel suo complesso (valori, mission, ecc…), il fulcro sta nel corporate brand. Es. Fiat, per dire Fiat è l’Italia. Nella pubblicità di marca, il fulcro è sul prodotto, si possono trasmettere valori mentre parlo del prodotto ovviamente. Es. Fiat e nuova Fiat 600, il fulcro è sul prodotto, ma dico cose che riguardano il brand, rimandi alla pubblicità della 500. Pubblicità d’immagine vs informativa → la seconda è più logica, informativa, la prima cerca di stimolare la sfera delle emozioni. Pubblicità Booking, ti mostra che noleggi un’emozione, pubblicità Idealista, focus sulle emozioni, pubblicità AirBNB, “sei già in vacanza”. Lezione XIII Pubblicità comparativa, legale, ha bisogno di requisiti oggettivi come la dimostrabilità, non deve discriminare il concorrente e non deve creare confusione nel mercato. E’ poco usata, c’è un rischio giuridico e un rischio strategico di reazione dei competitors. Es. Renault Megan. Da evitare la comparazione diretta, come il caso dash - dixan → Nel 2013 fanno questi spot, dove dicono che un misurino di Dash smacchia più di un misurino e mezzo del principale concorrente. Per evitare problemi non lo nomino direttamente, ma l’AGCM, ha commissionato alcune analisi comparative sui due prodotti, emerge che non c’è sostanziale differenza in termini di caratteristiche ed efficace, l’Antitrust li ha condannati a pagare una multa di 100mila euro. La dixan, risponde con una grafica riprendendo un frame e scrivendo pubblicità ingannevole → il danno non sono stati i soldi ma la risposta di Dixan. L’advertising è veicolabile attraverso molteplici media → ci sono delle differenze di tipo tecnico (se uso la stampa non ho il suono per esempio), modalità di utilizzo, potenzialità di raggiungere il target, i costi ecc… Quando si parla di mass media dobbiamo ricordarci che abbiamo un processo di tipo unidirezionale ma con un pubblico ampio, diverso è se parliamo di social. Ogni media ha un proprio audience, ovvero individui esposti al messaggio in un determinato periodo di tempo, il mio target riguarda una quota dell’audience totale (audience utile). Negli anni sono aumentati sia il numero di media che la complessità degli stessi che provoca una difficoltà nel raggiungere il mio target, in quanto assistiamo al problema di frammentazione dell’audience. I media principali sono la radio, internet, social, televisione, radio, stampa, cinema ecc… Televisione → grande attenzione di media buyer e inserzionisti, però è un gran pentolone, abbiamo tanti target e tante audience, frammentati nei diversi orari della giornata. Importante andare a fare un’analisi qualitativa e quantitativa per individuare il segmento orario e di canale più adatto. Non esiste solo lo spot pubblicitario, abbiamo il diario che precede il break, c’è il promo per es. prima di un film, televendita, telepromozione ecc… Bisogna individuare la maggiore concentrazione nell’audience nel nostro target, utilizzando strumenti di raccolta dati come Auditel. La pubblicità in televisione costa, bisogna decidere in un arco di tempo definito quanti spazi comprare, i prezzi si trovano sulla rete come per esempio su Publitalia o Rai Pubblicità (per Mediaset e Rai). Stampa → molto flessibili per quanto riguarda target e obiettivi, ci sono migliaia di testate che pubblicano quotidiani e periodici. La possibilità di scelta è anche in funzione geografica (se il mio target è di Napoli, sceglierò il Mattino). I lettori sono in calo, ma sono fedeli, inoltre la stampa è considerata “autorevole” e di “prestigio”. I dati utili si trovano su AudiPress per esempio. Ci sono diversi formati della pubblicità, a seconda della quantità di spazio acquistato, in funzione della pubblicità tabellare. L’unità di misura è il modulo, il modulo tipico è fatto così ↓ Se compro una pagina compriamo 108 moduli, o uno, due, otto, ventiquattro o trentasei ecc… alcuni quotidiani nel loro listino danno il prezzo di un modulo, altri combinano già i pezzi di moduli. Attenzione va posta alla cross-medialità, a dx e sx di un giornale troviamo le manchette. Importanti perchè quando vediamo le prime pagine nella rassegna stampa (per es. skytg24) le vediamo quando inquadrate. Il costo effettivo dipende dal tipo di giornale, una mezza pagina su un quotidiano nazionale circa 10-12k, la pagina intera 100k, meno le pagine locali. I quotidiani locali costano di meno. Lezione XIII I media della pubblicità → Radio, il mezzo più utilizzato dopo la TV, con una penetrazione di oltre il 70%, varia a seconda del target e dell’orario. Ci sono radio nazionali, locali, o syndication, non hanno la stessa frequenza ovunque in tutta Italia, ma si appoggiano ad altre frequenze locali, come Radio Latte e Miele. Per aumentare la competitività troviamo dei media diversi sotto uno stesso gruppo → Es. La Repubblica. Interessante l’innovazione tecnologica che ha permesso lo sviluppo delle Web Radio e quindi un duplice canale. La curva di ascolto della radio è complementare a quello della TV, al picco massimo della radio, corrisponde il minimo della TV, altissima penetrazione. RadioTer ci permette di ottenere i dati di ascolto → Dati di ascolto medio al giorno per le radio nazionali, quali sono le più ascoltate, ecc… Ovviamente ci sono dei costi variabili, in generale si può considerare spot 30 sec: a carattere locale 100 euro / a carattere regionale 200 / a carattere nazionale 300 (grande variabilità in funzione degli ascolti). Interessante opportunità per le web radio. Bisogna considerare l’evoluzione delle radio, la musica ora si trova per lo più su app di streaming. Recente è Spotify Advertising, quindi si può usare anche quella piattaforma, dobbiamo pensare però al target. Due opzioni, o carichi la tua traccia o lasci il testo ai creatori. Ci sono poi video, short video, banner, sponsored playlist. Importante è che dall’annuncio non si scappa, a meno che non sei premium. Pubblicità Esterna - OFH, out of home → Sono tutti i messaggi inseriti in spazi aperti, come cartelloni pubblicitari (fissi) o sportello di un taxi (dinamici). Le innovazioni tecnologiche hanno portato alla produzioni di maxi schermi per riprodurre video e gli spot. Lo svantaggio principale è il pubblico generale e casuale, ma c’è un basso costo di contatto. Sono ottimi da posizionare in luoghi di grande passaggio, come stazioni o aeroporti, lungo le strade ecc.. Cinema → Nicchia di mercato ma con caratterizzazione dello spettatore, costo basso. Dipende molto dal film, ma tendenzialmente lo spettatore è giovane e con un potenziale d’acquisto superiore alla media, elevate potenzialità espressive ma bassa copertura. Il mondo online → Diventato rapidamente molto importante: maggiore potenziale di espansione, ci sono banner e annunci pubblicitari, pop up e i social. Caratteristiche peculiari come l’interattività, la personalizzazione, il coinvolgimento e la targetizzazione. Importante catturare l’attenzione delle community, che possono essere usate per aumentare l’engagement sul prodotto/servizio offerto. Le decisioni sulle pubblicità non si fanno solo per obiettivi operativi, ma anche strategici, che derivano dalla strategia di comunicazione e di marketing. A partire dalla strategia, di marketing elaboro la strategia di comunicazione e possono essere ideate e attuate strategie pubblicitarie che si differenziano per obiettivi, target, media, costi ecc… La strategia pubblicitaria a sua volta influenza il communication mix, è necessaria una coerenza e l'integrazione tra tutti gli strumenti comunicativi. A questo punto si inizia a fare una pianificazione media, legata a due fattori, caratteristiche dei mezzi → ovvero dimensione del budget pubblicitario, continuità-frequenza-copertura della campagna, sovrapposizione e indipendenza dei vari media, efficacia ed efficienza, sconti di quantità nell’acquisizione; e fattori di mercato → caratteristiche del pubblico di bersaglio, estensione del mercato obiettivo, caratteristiche del prodotto, caratteristiche della distribuzione e comportamento della concorrenza. Elementi essenziali → La frequenza è data dal numero di volte in cui una comunicazione pubblicitaria viene effettuata in un determinato lasso di tempo. La copertura indica quante persone raggiungo ALMENO UNA VOLTA in un determinato lasso di tempo. Le fasi di una campagna pubblicitaria → - Diagnosi → si parte dal brief, ci dà le linee guida e le informazioni di base per procedere con la campagna pubblicitaria, viene redatto o dal cliente o insieme all’agenzia. Al suo interno troviamo alcuni elementi come vision e mission aziendale, obiettivi finanziari, obiettivi di marketing, il prodotto/marca, il posizionamento, il prezzo, la distribuzione ed eventualmente delle campagne passate. - Definizione di target e obiettivi → Importante individuare un focus target, un target primario su cui concentrarci. In genere è più ampio del target di marketing, non solo consumatori potenziali, ma anche persone con qualche interesse per il bene/servizio offerto. Il target può essere più ristretto, si può pensare di rivolgersi a influencer e opinion leader. Si va a definire così il posizionamento della marca. A questo punto c’è la redazione di un brief creativo, base per la creazione del messaggio e di un media brief, punto di partenza per il media planning; - Strategia creativa → il lavoro di progettazione del messaggio fatto da art director e copywriter. La Copy Strategy è un documento sintetico in cui si interpretano i punti chiave del brief: prospetta l’evoluzione della marca nella mente del consumatore nel m edio lungo-termine e i motivi che lo dovrebbero spingere a sceglierla. Essa descrive in modo preciso ciò che il messaggio pubblicitario "deve essere” e i concetti essenziali da trasmettere (cosa si deve dire). Traccia i criteri guida dell'impostazione stilistica. Al suo interno troviamo la promise: assumendo l'ottica del consumatore, esprime il principale beneficio (funzionale o simbolico) offerto dal prodotto (per esempio: «Antirughe Nivea Q10. Nutri la tua giovinezza ogni giorno"). La reason why: indica il perché la promessa dovrebbe essere credibile (per esempio: "L'unico con Q10 e preziose vitamine antiossidanti...“). La supporting evidence: è un'argomentazione che rafforza la reason why (per esempio: "... che combattono l'azione dei radicali liberi dall'interno e stimolano il rinnovamento cellulare in modo naturale". Tone of voice letteralmente è il "tono di voce" che caratterizza la comunicazione, in armonia con l'identità della marca (giocosa, sobria, razionale, tradizionale, ecc.) Lezione XIV Gli elementi di una pagina pubblicitaria → - headline, spesso coincide con slogan o claim, apre la pagina pubblicitaria, sintetizzando il significato di quello che vogliamo dire con la nostra campagna, deve essere anche capace di attirare l’attenzione. Deve essere facile da ricordare ed esprimere un concetto. Spesso sui social occupa tutto il post, è un carattere solitamente più grande rispetto al testo, solitamente in fondo non si mette il punto. Deve sintetizzare il mio messaggio e comprensibile al target a cui mi riferisco; - occhiello, concettualmente sta prima, ma spesso sta sotto, a volte a lato. Spiega o integra la headline, si usa moltissimo con una headline che punta su un doppio senso o un gioco di parole, svela il trucco ma lascia l’effetto catchy del titolo; - sub-headline, contiene più parole e spiega la headline; - visual, va scelto con molta attenzione, è l’immagine che domina la pagina insieme alla headline. Il visual può essere in contrasto o coerente con l’headline; - body-copy, è la parte descrittiva dell’annuncio pubblicitario, spiega, completa il messaggio e giustifica la headline; - Pay off, è una frase messa accanto al marchio e conclude il messaggio, riassume i valori della marca e dell’azienda; → Oberlo genera slogan. E’ composto da poche parole, è facile da leggere e pronunciare e ha la capacità di farsi ricordare. E’ breve, semplice ma valido in diversi contesti geografici, viene associato a valori positivi, credibile e originale; - Il logo e il marchio, è la parte leggibile e pronunciabile di un marchio, è la scritta che rappresenta il nome del prodotto, un servizio o un produttore con un uso ben preciso di font, colori e forme. Il logo diventa logotipo quando unisce la parte scritta con un simbolo (il marchio, es. Unilever); - pack shot, SOLITAMENTE è un tipo di immagine secondaria, è diverso dal visual. E’ un’immagine che rappresenta o il prodotto o un dettaglio dello stesso. E’ particolarmente utile se nel visual primario non vediamo direttamente il prodotto/servizio; - Informazioni tecniche, sono elementi che prescindono dal messaggio pubblicitario, che informano su varie cose, come su promozioni, dove trovare il report di sostenibilità, dove trovare il negozio o lo stand. Si trovano solitamente in piccolo a lato, possiamo inserire indirizzi, link, mail ecc… Fasi di una campagna pubblicitaria → Arrivati a questo punto si deve pianificare una strategia media e un media plan. Si deve scegliere accuratamente il media, che va scelto in base al ruolo che deve rivestire all’interno di questa campagna. Importante definire la tempistica della campagna nei limiti del budget e dei vincoli creativi. Va definito il target-group media, importante per capire quale media va scelto. Gli obiettivi generali della pianificazione media sono: - la copertura del target e frequenza → La copertura del target si può misurare in vari modi. Si possono considerare i contatti lordi, ovvero il totale dei contatti in target sviluppati in un certo periodo da una campagna in un periodo definito, attenzione, sommano più volte un individuo che è stato esposto alla campagna, si considera sia la cumulazione, ovvero incremento dello stesso annuncio dalla stessa persona, duplicazione, stessa persona esposta allo stesso annuncio su due media diversi (radio e insta per es.). I contatti netti, sono le persone che vengono in contatto con la campagna almeno una volta. La copertura è invece il rapporto percentuale tra contatti netti e numero di individui nel target, detta anche reach o penetrazione. La frequenza è il numero medio di volte in cui un individuo viene raggiunto dall’annuncio in un dato periodo di tempo, condiziona il ricordo del messaggio e si calcola come rapporto tra contatti lordi e contatti netti, una frequenza efficace è un numero minimo di volte per cui il consumatore vede quell’annuncio e se lo ricorda. Bisogna tenere conto il calcolo del recall decay, ovvero velocità in cui l’annuncio viene dimenticato dal consumatore. La pressione pubblicitaria tiene conto del grado di copertura del target e di frequenza insieme. Il Gross Rating Point’s, è un indicatore che indica la quantità di comunicazione che ho prodotto rispetto a un target. Si calcola attraverso il rapporto percentuale tra contatti lordi e target, se si calcola con i contatti netti è pari a copertura per frequenza media. Nell’ambito di un budget limitato si punta o sulla frequenza o sulla copertura, perchè il raggiungimento di uni conduce al minor raggiungimento dell’altro, si deve trovare un equilibrio ottimale tra le due. Un altro elemento che ci interessa per la pianificazione media è il costo per contatto utile, che è dato dal rapporto tra costo totale del messaggio e numero di persone appartenenti al target group raggiunto. - continuità/intermittenza della campagna nel tempo → All’interno del budget ci possono essere varie sequenze temporali, nell’arco di sei mesi per es. tutti i giorni, solo la domenica ecc… la frequenza può essere concentrata, costante o intermittente, e ognuna può essere nel tempo uniforme, crescente, decrescente, oscillante; - diversificazione/concentrazione tra mezzi → La scelta dei media scelti è una scelta strategica, che tiene conto del budget; - qualità della comunicazione → si intende capacità di aver colto il target con la scelta dei media, si calcola con il rapporto tra incidenza del target con il pubblico del mezzo e incidenza del target sul totale della popolazione. Fatte queste considerazioni, si eliminano i media non adatti o fuori budget e si fa un mix tra queste cose. Per ogni media (es. radio), si scegli il giusto veicolo (es. Radio Italia), per ogni veicolo si sceglie lo spazio da acquistare. Si arriva così al calendario delle uscite che indica giorno d’uscita e costo per giorno di diffusione della comunicazione. Realizzazione creativa → Qui c’è il passaggio da strategia creativa all’effettiva realizzazione dei messaggi. Sotto la direzione del reparto creativo dell’agenzia e dell’agenzia di produzione, con la collaborazione di un gruppo selezionato di fornitori e tecnici specializzati (registi, fotografi, case di produzione, testimonials, ecc.). Due personaggi → Copywriter, lui pensa all'elaborazione del linguaggio verbale e costruzione del discorso pubblicitario. Art director è il responsabile della traduzione visiva di concetti, valori di marca, atmosfere, ecc… Es. spot televisivo: script + storyboard: lo script (copywriter) è una versione scritta del futuro spot (parole, personaggi, dialoghi, toni espressivi, musiche, ecc.) mentre lo storyboard (art director) è il piano visivo dello spot (sequenza scene e progressione dell’azione) Media Buying → E’ una negoziazione, svolta da professionisti specializzati, con le concessionarie dei vari mezzi. Come faccio a sapere i prezzi degli spazi pubblicitari? Utilizzo strumenti come Media Clic, che è un motore di ricerca dei prezzi per i vari media. Dopo il media buying abbiamo la prenotazione (booking) degli spazi sui diversi media e la consegna dei materiali pubblicitari (filmati, registrazioni audio, ecc.) con congruo anticipo. Uscita dalla campagna → Dopo l’uscita della campagna vi è una fase di assessment (valutazione) con conseguente verifica dei risultati ottenuti. Si fanno dei post-test quali-quantitativi per raccogliere elementi di valutazione circa l'efficacia della campagna (ad esempio, ricordo spontaneo e sollecitato, gradimento, ecc.) Lezione XV Le tendenze emergenti emergenti nel marketing mix → Pastore Cap. 22. Il marketing non convenzionale, ci interessa, perchè in uno scenario in cui tutti intasano i media, troviamo dei metodi per farsi largo in mezzo a contenuti, aziende, persone che comunicano. Il nostro consumatore, alza dei filtri, vanificando il budget in pratica, es. pubblicità alla radio, la ascolta ma non la trattiene. Ci serve un nuovo approccio alla comunicazione, dato in parte dall’utilizzo delle nuove tecnologie e grazie alla possibilità di usare un mix di strumenti e di media diversi. A differenza dle marketing “convenzionale”, cambiano messaggi e canali, ma il marketing rimane uno solo: quello che funziona. Con un approccio convenzionale con il passare del tempo, la curva di retention, ovvero, quanto un consumatore trattiene quel messaggio, si abbassa. Con il marketing non convenzionale, abbiamo il cosiddetto effetto virale, nel tempo, la curva è ascendente, perchè se ne parla e quindi si attiva un effetto teaser che mi permette di amplificare l’effetto della pubblicità. Ne è un esempio la pubblicità Esselunga sulla pesca. In una campagna del genere la curva è diversa → 1. spinta iniziale del lancio: impulso iniziale che una campagna ottiene generalmente al lancio 2. altipiano: conversazione della comunità, intorno alla campagna sui social 3. coda lunga: Il concetto di viral marketing nasce nel 1997, in riferimento al caso di HotMail. Una volta per avere un indirizzo email si pagava, a un certo punto arriva hotmail, che dà indirizzi email gratuiti. Se si mandava una mail con hotmail, appariva la scritta claim che ti rimandava al sito per ottenere una mail gratuita, e all’epoca quel post scriptum non si capiva se lo mettesse il sistema o lo scrittore. Così facendo ottengono 18 mln di utenti spendendo veramente poco. E’ una reinterpretazione del passaparola. IL viral marketing quindi è un tipo di marketing che invoglia le persone a diffondere un messaggio in maniera più o meno esponenziale, il metodo di trasmissione è simile a quello dei virus. Un’ operazione di Viral Marketing: - identifica solamente le persone maggiormente interessate a un messaggio; - veicola, un messaggio interessante - si auto propaga, generando un’epidemia - il messaggio è facile da condividere, così che si auto propaga, il costo è solo iniziale Il momento più delicato è la fase di progettazione per renderlo il più interessante possibile, per poi piantarlo in un network sociale, in modo che si trasferisca e giri da solo. Il successo dipende dal fatto che l’idea-virus facile e interessante da trasmettere, ovviamente deve essere coerente con il posizionamento della marca. Ci sono diverse possibilità di Viral Marketing: frictionless v. m. è difficile da progettare, l’utente diffonde il virus attraverso l’utilizzo del prodotto (es. hotmail). Active viral marketing, l’utente è un trasmettitore del messaggio, ha facoltà di controllo sul messaggio ed è un trasmettitore pro-attivo. Il social viral marketing, economicamente non ci guadagno nulla, ma ho un ritorno sociale, come riconoscimento di appartenenza a un gruppo, avanguardia tecnologica ecc… es. fasi iniziali di Gmail e Saldiprivati, un altro è il caso del deodorante Axe, app su FB per modificare lo stato delle relazioni. Viral Marketing Classico → utilità dell’utente legata al numero di iscritti o di attivazioni promosse. Es. di sistemi di instant messaging. Incited viral Marketing → l’incentivo può essere di tipo economico o meno per la divulgazione del messaggio, per es. la ruota di Shein o giochi che ti mandano inviti per le vite. Oppure anche un messaggio meritevole di essere condiviso, come quello di Dove. I video virali: sono la creazione di contenuti progettati per diventare virali, pubblicità vere e proprie pensate per essere condivise. Es. Salvini e Ceres. Ci sono delle campagne che utilizzano i social per diffondersi, es. tag dei prodotti Ikea su FB, o l’acqua della Ferragni. I sei principi di Wilson → Lui ha studiato il v. m., cerca di identificare sei principi che possono permettere a una campagna di diventare virale: - l’utente non deve pagare, perchè se deve, il sistema finisce. Il servizio o prodotto deve essere gratuito; - deve essere facile da trasferire, senza troppi inserimenti di numeri, indirizzi ecc… - devo andare a sfruttare delle motivazioni comuni (sono il salutista, sono un appassionato di moda, mi interessa l’universo, sono protettore di animali ecc…) - utilizza un qualcosa che già c’è, come le reti di comunicazione tiktok, facebook, instagram ecc… altrimenti se devo scaricare qualcosa di nuovo per esempio possibile che si blocchi - deve essere facile da scalare, ovvero da trasmettere - approfitta delle risorse degli altri, come piattaforme già esistenti. Così è più facile progettare una campagna virale Lezione XVI Il Viral Marketing vs Passaparola → In generale il passaparola decresce a ogni interazione, basato sull’interazione member get member. Nel caso del v. m. abbiamo un messaggio che si allarga a ogni interazione, dopo quattro passaggi il numero di contatti è aumentato esponenzialmente (es. video che mi piace lo condivido), si espande come un virus, fa leva sull’emozione, positiva o negativa, comunque sia emozionalmente coinvolgente (es. campagna LG, video divertenti ottimi strumenti). E’ utile sfruttare i nodi, ovvero passando da un network a un altro, c’è un nodo, ovvero un soggetto credibile che trasmette il messaggio, come un influencer o un opinion leader. L’influencer viene ritenuto fonte affidabile di un messaggio, che riceve il messaggio e lo ritrasmette con una autorevolezza che lo fa apparire come “più credibile”. I nodi anticipano i nuovi prodotti, sono cosmopoliti, hanno una rete di contatti ampia, parlano di più e sono esposti ai media. Caratteristiche di un messaggio virale → Le emozioni sono quelle che girano meglio, le migliori sono → gioia, rabbia, tristezza, paura, sorpresa. Il messaggio può far divertire, può far riflettere ma non in maniera noiosa, un contenuto provocatorio, contenuto non presente nel mainstream (uso della CGI nell’industria pubblicitaria per es., campagna maybelline). Il caso Taffo → promozione del proprio prodotto attraverso il dark humor. Studio UniPG, il fatturato pre e post la “svolta” virale, ma non è aumentato, la comunicazione non è coerente con il prodotto. Quindi adesso come business collaterale vendono corsi di social media management. Guerriglia Marketing → Levinson conia il termine nel 1984 per indicare una forma non convenzionale di marketing che punta a ottenere la massima visibilità con il minimo sforzo. Azioni rapide, incisive e inaspettate per sorprendere l’avversario. Il g. m. punta a sorprendere il pubblico con qualcosa di sensazionale che cattura l’attenzione. Se ben impostato, permette di avere una grandissima visibilità, grazie ai meccanismi di amplificazione del v. m.. Si struttura in tre fasi → - teaser, è l’innesco, finalizzato a creare curiosità - guerrilla, il brand esce allo scoperto - consolidamento, si passa ai mezzi di comunicazione tradizionale Es. TNT, lancio di un nuovo canale action → ritroviamo i tre punti sopra, altro es. Crema Nivea, es. Coca Cola. Le azioni di guerriglia creano eco tramite due vie: -media hunting, se piazzo la mia azione durante festival, centro di grandi città ecc, ottengo la reazione dei social e dei media tradizionali; - passaparola: passaparola, blog, social ecc… i testimoni tramite il passaparola condividono quel momento di azione. - L’idea creativa e veicolo devono essere coerenti Questa azione di guerriglia deve attirare l’attenzione in un momento limitato del tempo, quindi non può essere un cartellone pubblicitario OOH, l’idea è quella di attivare il ronzio, l’effetto virale basato sullo stupore, creando contatti in maniera gratuita. Il vantaggio è che si associa un’emozione forte, quindi si superano i filtri, crea un intrattenimento basato sulla sorpresa, associando emozioni positive al brand, crea ricordo. Lo svantaggio è che non c’è un target group specifico, quando l’azione si svolge, si becca chi c’è. La targettizzazione può avvenire solo a livello macro, con una profilazione possibile nell’ambito generale (es. installazione di un OOH nel pavimento di un centro commerciale, targetizzazione nei confronti di consumatori magari che frequentano quel luogo e magari a livello regionale). Il guerriglia marketing è spesso usato dalle ONG. Ci sono varie tipologie → - out of place artifact, sono installazioni, come per es. il wrap Kit Kat o pavimento di un centro commerciale con il cane; - Stickering, costa pochissimo, si mettono adesivi in luoghi strategici per trasmettere il proprio messaggio, es. ONG delle mine, Duracell, - body rental, utilizzo dei corpi per trasmettere un messaggio, come per es. Amnesty International; - graffiti sui muri, palazzi ecc… es famiglia cristiana, volantini a Berlino; - twisted protest, eventi anomali che vengono condivisi sui social, es. angry birds, c’è una parte attiva, la persona è protagonista. Il caso Heineken → birra che bevi con amici in momenti di socializzazione (è sponsor di tante manifestazioni sportive). Loro creano un evento musicale fake, a Milano, la sera della partita di Champions, Milan - Real. C’erano le ragazze complici, vari giornalisti ecc… Poi dopo 15 minuti trasmettono al partita, l’evento è stato guardato da 6,6 mln di utenti di SKY, 5 mln sul web. Erano in target e coerenti con il brand. Il marketing tribale → studi in Francia negli anni ‘80, l’idea è che la società post moderna ha perso quei legami forti che esistevano nella società rurale/contadina ed è alla ricerca disperata di ricreare questi legami, le radici. Queste tribù non sono di appartenenza di sangue, famiglia o appartenenza geografica, ma basata su interessi e passioni comuni. I membri di una stessa tribù, hanno comportamenti di consumo omogenei, acquistando brand simili. Es. spot Harley Davidson, Harley è uno stile di vita, caso paradigmatico del marketing tribale. Il focus è su una comunità che condivide valori, idee, azioni, fedele al brand. Come si crea un marketing tribale? Devo individuare una tribù, o costruirla o infilarmici dentro. Es. Ichnusa, hanno preso una birra di nicchia, che si beveva solo in Sardegna e l’hanno fatta diventare tribale. Il gruppo tribale è quello che conosce e ama la Sardegna, da lì si sono espansi. Offerta e legami → iniziative basate per rafforzare i legami con proposte basate su passione comune (es. raduno Harley, raduno Vespa, spot Ichnusa). Aumento della rilevanza del marketing tribale, perchè aumenta la rilevanza del valore delle “relazioni”. Il m. t. crea fidelizzazione, hanno un forte potere di convinzione che può essere sfruttato a livello di web, internet e social → inoltre i membri della tribù cercano di allargare la tribù, sono i nostri promoter. Es. tipico è il co-design, dove individuo una tribù, li coinvolgono nella progettazione del prodotto o una parte di esso. Una volta che partecipano, solo loro i brand ambassador, loro diffonderanno l’idea per voi → es. beta tester. Lezione XVII Il marketing esperienziale → Customer experience come driver per la creazione di valore, l’esperienza può essere a livello sensoriale, emotivo, intellettuale e relazionale. Incide in maniera molto forte nel ricordo, che agirebbe sul filtro. L’obiettivo è potenziare la relazione con il cliente. Si pone il consumatore al centro della scena, vive un’esperienza unica e se lo ricorda → nasce nel settore dell'entertainment, es. DisneyLand. L’elemento è basato su uno spostamento dei driver del consumo, che passano da essere razionale a quelli emozionali, es. negozio build-a-bear, il bambino sceglie il tipo di orsetto e lo riempe lui, scegli il nome, il certificato di nascita ecc… e l’esempio di sua figlia. Es. di Rosso Bastardo ti mandano il vino delle tue vigne, capre in Sardegna che ti mandano il pecorino delle tue capre. Si vende quindi un’esperienza, che diventa memorabile, perché se posso comprare un prodotto o servizio al posto di una altro, l’esperienza rimane unica e quindi non si sostituisce. Diversi tipi di esperienza → sense, si utilizza l’esperienza dei cinque sensi per mettere in atto la pratica di marketing, es. Magnum 5 Sense, Magnum pleasure store a London, dove potevi comporre il tuo magnum a piacimento. In alcuni casi vengono evidenziati degli attributi superflui, es. pubblicità Garnier Ultra dolce, sei in estate, il consumatore ha sete, all’acqua di cocco vi si associa qualcosa di dissetante e quindi la inserisco nello shampoo, altri es. shampoo al miele, granfruttato, capelli liscio seta. - si associa il prodotto a sentimenti ed emozioni, associandolo a momenti di vita. Es. Cornetto Algida (amore/estate), non si associa il cornetto a nessuna qualità, ma a momenti della vita in cui i consumatori si riconoscono. Es. Coca Cola (amicizia/condivisione). - Think, il consumatore associa il prodotto a un esperienza cognitiva, es. Huawei, che ha coinvolto chi guarda lo spot, raccontando una storia, creo un’emozione con il brand. - Act, il consumatore viene coinvolto all’interno di un’azione, es. di Gatorade e di Nike Offrire un’esperienza al consumatore → si utilizzano gli experience provider, come pubblicità, packaging, i social, la web community, un evento. C’è il rischio di voler rendere tutto un’esperienza, es. BMW driving experience, TechnoGym wellness experience. La ricerca della personalizzazione a tutti i costi, porta a spot mal riusciti come quello Mulino bianco, per es. non mi ritrovo nella persona che gira il mappamondo, non apro i bagliocchi, ecc… non lo associo al brand e non mi ci ritrovo. Per offrire un’esperienza unica ci vuole un bagaglio di unicità, altrimenti non si è credibili → es. Pubblicità Nutella, Nutella con il nome o quello con la lettera, concorso per la personalizzazione del barattolo di nutella. Lezione XVIII Verso le strategie di comunicazione sociale → le volontarietà della CSR → spesso si parla di responsabilità sociale d’impresa e di sostenibilità senza sapere di cosa si parla. Si può parlare di responsabilità sociale d’impresa, solo se siamo nel volontario. Se si fa qualcosa per legge come raccolta differenziata, non inquinare ecc… è un obbligo di legge non resp. soc. d’impresa. E’ a discrezione degli organi di governo aziendale, dovuto a fattori interni → se l’azienda è in crisi si fermerà sugli standard di legge, mentre una in via di sviluppo ne farà. I fattori di carattere esterno, coinvolgono fattori settoriali (per es. il mio concorrente ci punta, devo farlo anche io), fattori nazionali (in Italia gli stakeholder si aspettano la responsabilità sociale d’impresa, in Pakistan no), fattori sovranazionali (es. focus dell’U.E. sulla sostenibilità). Date le circostanze interne ed esterne, il carico degli investimenti è un fattore strategico. Alcune aziende hanno soggetti al vertice estremamente sensibili e ciò si tramuta in azioni di responsabilità sociali. C’è la tendenza a valorizzare la relazione tra CSR e sviluppo durevole, per mantenere perfomance economiche positive soddisfacendo le attese degli stakeholder (...) video H&M → Sanno qual è il problema, le persone pensano o spesso succede che chi lavora in Pakistan è trattato da schiavo. Loro hanno definito un codice di condotta e hanno trovato degli auditor indipendenti che vanno a controllare se questo codice viene applicato. La soluzione viene trovata. Motivazioni della CSR → Tre elementi → - vincoli legislativi: se c’è un obbligo di legge, non è CSR (anche se non è scontato, c’è chi viola la legge); - Stimoli etici; - rapporti tra impresa e stakeholder: si configurano in maniera di pressione o di opportunità. Pressioni, riguardano le aspettative che hanno gli stakeholder, che spesso hanno molteplici aspettative in conflitto tra loro. E’ un gioco a somma zero, es. CAP, investono sui dipendenti, ma non sugli addolcitori. Si entra nell’ottica della logica della responsabilità parziale. Ovviamente la pressione dipende dalla dimensione dell’azienda, dal settore dell’azienda, livello della filiera (Monini risponderà anche della pessima qualità delle bottiglie). Il modello di Mitchell, ci dà una visione su quali stakeholder sono più importanti per un’azienda: legittimità delle richieste (tappi in armocromia vs acqua che non crei pozzanghere), urgenza delle richieste (più sono urgenti più l’azienda deve farsene carico urgentemente, prodotto che deperisce velocemente o pericoloso da maneggiare), potere di influenzare i risultati, sono pochi rispetto agli altri due, ma le aziende ascolteranno molto di più questo stakeholder, solitamente un consumatore. Le aziende quando fanno comunicazione di resp. soc. e resp. soc. si chiedono cosa voglia il cliente. Ci sono poi gli stakeholder critici, il più importante è quello che ha la strategia di ritenzione, è una cosa che questo stakeholder da all’azienda e può minacciare di non darla più, per es. CAP ha nello stakeholder critico i propri dipendenti, Monini i clienti. Es. di rompiscatole di Greenpeace, nel 2010 ha iniziato ha fare una graduatoria di produttori di tonno, per classificare chi facesse una pesca sostenibile → c’è chi non risponde, chi non sa nemmeno da dove venga. Prendono un leader del mercato, il Rio Mare, che non era sostenibile. Uno stakeholder debole, GreenPeace, si allea con uno forte, i consumatori, alleandosi fanno un enorme pressione che porta Rio Mare a cambiare strategie di pesca. Problema di credibilità, enti indipendenti che danno certificati di qualità. Il consumatore è così interessato alla sostenibilità? In parte non è particolarmente interessato, perchè gli svantaggi non lo riguardano indirettamente, il beneficio individuale sul prezzo vale più che la salvaguardia dell’ambiente. Anche i consumatori più attenti alla sostenibilità, difficilmente riesce a capire chi sia più sostenibile tra le due aziende. Inoltre si tende più a punire che a premiare un’azienda. Inoltre si punisce e si premia solo chi si conosce, altrimenti si ragiona in base al prezzo. La CSR crea delle opportunità, perchè a parità di prezzo, si sceglie il prodotto più sostenibile. Importante il premium price, ma soprattutto la fedeltà di acquisto. Greenwashing, il caso di San Benedetto → Antitrust condanna la bottiglietta eco-friendly, viene fuori che non avevano mai fatto un calcolo a riguardo, era un numero a caso. La campagna ha funzionato, multa di soli 70 k, instillando nel consumatore che S. Benedetto è stata la prima che ha posto attenzione sulla quantità di plastica nei prodotti di plastica. Questo esempio ci fa capire come il consumatore sia molto disattento. La sostenibilità può impattare sui costi, per es. il Salvambiente Emulsio, si compra lo spruzzino la prima volta, la seconda volta si acquista solo il refill, dando il principio attivo del detergente da mischiare con acqua, racchiuso in un film. Lezione IXX Importante per la CSR è l’immagine e la reputazione → Corporate Citizenship, è un esempio e le imprese si comportano come cittadini del mondo, dove le imprese difendono una causa (es. acquisti un pannolino, l’azienda regala un vaccino). E’ importante che ci sia un forte legame tra azienda e causa promossa. - Stimoli etici → L’azienda adotta comportamenti socialmente responsabili perchè crede in quei valori, non c’è un obbligo, il tornaconto è in termini di ritorno di immagine nei confronti del consumatore. Questo stimolo deriva dai capi dell’azienda, nell’esempio di pampers il tornaconto è vendere di più, in questo caso si vuole dimostrare che si fanno determinate cose perchè l’azienda crede in quei valori. Es. del sito di Cucinelli, troviamo Kant e una frase, non troviamo uno dei prodotti che vende a differenza di borse e scarpe. Si trova una comunicazione basata sulla sostenibilità. Come si comunica? Attraverso sì il sito, ma anche attraverso il racconto delle persone, es. del video pubblicitario di Cucinelli, dove lui racconta il suo mondo agli stranieri → Lui non sta vendendo il suo prodotto, lui fa un video basato sui valori, che si trasferiscono in valori di sostenibilità. Questo tipo di comunicazione viene percepita come autentica, la pubblicità di Pampers come strumentale. Le strategie di marca → Cap.8 Pastore e Vannuccio. La creazione di un valore della marca è un obiettivo strategico. Prende in considerazione delle variabili che sfuggono dal controllo dell’impresa, perchè dipendono dalla valutazione del cliente. Le imprese cercano strumenti e strategie per massimizzare il valore della marca. Tutte queste azioni rientrano all’interno del Brand Management. La prima fase sta nell’articolazione del portafoglio, Monini ha un solo Brand, Farchioni ha i vini (Terre della Custodia) e le birre (Mastro Birraio) oltre l’olio. Heineken cerca di posizionare ichnusa e heineken per far sì che non si cannibalizzino. Le strategie di portafoglio di Nestlè, hanno i Baci, le polo, Motta, KitKat, Buitoni ecc… In alcuni casi abbiamo prodotti uguali (Smarties e Polo) e prodotti diversi (Antica Gelateria e Buitoni), utilizzo prodotti diversi per coprire meglio il mercato e li posiziono per non fargli fare concorrenza. Uno strumento per le decisioni di Brand Portfolio → Matrice marca-prodotto. In una delle due dimensioni abbiamo le categorie (biscotti, gelati, caramelle ecc…) e nell’altra le marche (polo, smarties, kitkat ecc…), questo mi consente di vedere le varie sovrapposizioni, per verificare di avere una copertura ottimale per le richieste del mercato e per evitare situazioni di cannibalismo (es. Motta e Ant. Gel. del Corso non si fanno concorrenza, ottima strategia). In verticale vedo quanti brand ho per la stessa categoria, e vedo l’ampiezza del brand, la varietà di categorie, in orizzontale abbiamo le diverse categorie ricoperte dallo stesso brand. Es. Garofalo → Pasta, pasta naturale e sugo. Ovviamente l’azienda cerca di non farsi concorrenza da sola, di solito i brand nella stessa categoria di prodotto sono (e devono) destinati a categorie diverse. All’interno del gruppo Tezenis, abbiamo Calzedonia, Intimissimi, Signorvino, Falconeri ecc… Le mutande le vendono sia Tezenis sia Intimissimi, però i target sono diversi. Come definisco le categorie per lo studio della matrice? Non esiste un criterio univoco, dipende dagli obiettivi di mercato e dalle strategie dell’azienda. Es. L’Oreal, detengono molti brand, loro definiscono le categorie in base ai canali di distribuzione che utilizzano, ci sono i prodotti per il grande pubblico, mass market (L’Oreal, Garnier, May Belline), i prodotti professionali per i saloni di bellezza per esempio (Kerastase, L’Oreal professional), prodotti di lusso per profumerie (Lancome, Giorgio Armani Beauty, BioTherm), prodotti dermo-cosmetici nelle farmacie (Vichy, la Roche Posay). Lezione XX Brand Architecture → Strumento strategico con cui si definisce il brand portfolio, termine con cui si intende l’impalcatura attraverso cui si allacciano relazione tra i diversi brand dell’azienda per coprire più aree di mercato. Un’azienda come visto ha tanti brand, ognuno ha la propria identità di marca. Obiettivo è di sistema, il sistema deve avere un senso e una coerenza, l’azienda deve gestire i brand e i canali distributivi in funzione di caratteristiche qualitative, di target, occasioni d’uso ecc.. L’obiettivo è creare un’identità di brand per ogni prodotto del portafoglio, tenendoli separati o uniti a seconda della necessità, per sviluppare sinergie e complementarietà. In funzione degli obiettivi strategici l’azienda deciderà come operare nei vari livelli della brand architecture → Es. L’Oreal. Prendiamo un prodotto. Abbiamo un corporate brand, L’oreal, qui non lo vediamo. Poi abbiamo il family brand, è un brand di gamma riferito a diverse categorie di prodotto. Brand di linea, si estende a più prodotti (Fructis), brand di prodotto (hydra liss), il modificatore (maschera fortificante). Lo stesso possiamo vederlo nell’esempio di Nestlè mostrato. Es. Pizza Buitoni: - Corporate Brand → Nestlè, non c’è nella scatola, perchè il brand è italiano, il

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