Le Obbligazioni e Gli Altri Titoli a Reddito Fisso: Rischio 2024 PDF
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2024
Pierpaolo Ferrari
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Questo documento presenta un'analisi dei fattori di rischio associati ai titoli a reddito fisso, concentrandosi sul rischio di insolvenza, di interesse, di liquidità e di cambio. Sono spiegati diversi concetti come il rating, l'issuer rating e l'issue rating, con particolare attenzione alle società di rating come Standard & Poor's, Moody's e Fitch.
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Il rischio dei titoli a reddito fisso Nel caso dei titoli a reddito fisso, i diversi fattori di rischio che è necessario considerare sono: - rischio di insolvenza della controparte (o rischio di credito); - rischio di interesse; - rischio di liquidità; - rischio di cambio. 1. Ris...
Il rischio dei titoli a reddito fisso Nel caso dei titoli a reddito fisso, i diversi fattori di rischio che è necessario considerare sono: - rischio di insolvenza della controparte (o rischio di credito); - rischio di interesse; - rischio di liquidità; - rischio di cambio. 1. Rischio di insolvenza della controparte (o rischio di credito) Per rischio di insolvenza si intende il rischio che una variazione inattesa del merito creditizio dell’emittente determini una variazione del valore di mercato del titolo. Pertanto, esso si riferisce non solo al rischio di mancato pagamento degli interessi o al mancato rimborso del capitale secondo le scadenze pattuite, ma anche all’ipotesi che un deterioramento del merito creditizio dell’emittente determini una riduzione nel valore di mercato delle obbligazioni. Tale rischio può essere apprezzato dall’analisi del rating - assegnato all’emittente (issuer rating) e all’emissione obbligazionaria (issue rating) - che esprime un giudizio sintetico sul merito di credito del debitore, espresso da società di valutazione indipendenti. I tre leader mondiali nell’assegnazione del rating sono: Standard&Poor’s, Moody’s e Fitch. 1. Che cos’è il rating? 2. Chi lo rilascia? 3. Chi lo richiede? 4. Chi lo paga? 5. E’ possibile richiedere il rating e, una volta assegnato, non divulgarlo al pubblico? 6. E’ possibile, una volta che si è ottenuto il rating e lo si è diffuso, chiederne il ritiro? 7. E se manca il rating? 1. Il rating è un giudizio sintetico di affidabilità, basato prevalentemente su variabili settoriali e su variabili patrimoniali, finanziarie ed economiche (in sostanza i bilanci e i flussi finanziari prospettici) di un dato emittente di obbligazioni. Esso indica la probabilità di insolvenza dell’emittente. 2. Esso viene rilasciato da tre società di valutazioni indipendenti: Fitch, Moody’s, Standard&Poor’s. La rilevante presenza di conflitti di interesse ha leso fortemente, negli ultimi tre anni, la credibilità e l’indipendenza delle tre società. 3. Lo stesso emittente. 4. Lo stesso emittente. 5. Sì, è possibile. In questo caso si parla di shadow rating. 6. Sì, è possibile. In questo caso si parla di withdrawn rating. 7. Se manca il rating e le obbligazioni sono collocate anche presso investitori istituzionali, si può facilmente calcolare, per comparazione, un rating implicito. Poiché gli investitori istituzionali sono in grado di calcolare un proprio rating interno per valutare l’emittente, essi richiederanno un premio per il rischio coerente. Rating: elementi definitori Sovereign rating: giudizio sintetico di affidabilità di un debitore sovrano, ossia di uno Stato. È basato sulla stessa scala del rating assegnato ai debitori privati. Corporate rating: giudizio sintetico di affidabilità assegnato a società e ad emissioni obbligazionarie di società. Comprende a sua volta diverse tipologie di rating. Issuer rating (rating dell’emittente): è il giudizio sintetico di affidabilità di un debitore privato. Di norma, non può superare il “sovereign rating” assegnato allo Stato in cui il debitore è residente: il “rischio paese” che deriva dalla eventuale inaffidabilità dello Stato si riflette in questo modo su tutte le imprese e gli altri debitori di quello stesso Paese. Eccezionalmente, l’issuer rating di un emittente può essere superiore a quello del proprio Stato di residenza, quando lo standing creditizio dell’impresa valutata è tale da essere indipendente dal proprio contesto di riferimento. Issue rating (rating dell’emissione): è il giudizio sintetico di affidabilità relativo a una singola emissione obbligazionaria. Generalmente, per le obbligazioni plain vanilla coincide con l’issuer rating. Tuttavia, può essere inferiore o superiore al rating assegnato all’emittente. Per esempio, un’obbligazione privilegiata (accompagnata da particolari garanzie reali o personali) di un dato emittente avrà un issue rating migliore rispetto a quello assegnato all’emittente (issuer) di quel dato titolo. Al contrario, un’obbligazione subordinata (che in caso di fallimento dell’emittente prevede il rimborso solo dopo che siano stati soddisfatti tutti gli altri creditori) avrà un issue rating inferiore rispetto a quello dell’emittente, come conseguenza del maggior rischio implicito in tali tipologie di emissioni obbligazionarie. Economia del Mercato Mobiliare 16 Pierpaolo Ferrari Economia del Mercato Mobiliare 17 Pierpaolo Ferrari Per quanto concerne l'espressione di sintesi, essa è rappresentata dai simboli alfanumerici che ciascuna agenzia di rating propone in maniera diversa. Pur nella diversità della proposizione, comunque, sono ravvisabili alcuni tratti comuni che riguardano i seguenti aspetti: - l'utilizzo delle lettere in ordine alfabetico (dalla lettera A in avanti) e in numero decrescente (da tripla lettera a singola lettera) per segnalare gli emittenti o le obbligazioni con il rischio di credito progressivamente più elevato; - il ricorso, in affiancamento alle lettere, ai numeri in ordine crescente (da 1 a 3) o ai segni algebrici in ordine decrescente (da + a –) per indicare, nell'ambito dello stesso livello di rischio, gli emittenti o le obbligazioni con il rischio più basso o, rispettivamente, più alto; - l'espressione del rating a lungo termine e del rating a breve termine attraverso due distinte scale di simboli; - l'individuazione, in corrispondenza di misure del rating pari o superiori a una certa soglia e inferiori alla medesima soglia, degli emittenti o delle obbligazioni con un basso grado di rischio di credito (investment grade) e, rispettivamente, degli emittenti o delle obbligazioni con un alto grado di rischio di credito (speculative grade). L’attività delle agenzie di rating non si esaurisce con l'attribuzione del rating, ma si sviluppa attraverso un lavoro di valutazione dinamica e di monitoraggio sistematico del rischio di credito i cui momenti essenziali sono il rating outlook e il rating watch. Il rating outlook riguarda la possibile evoluzione nel medio periodo del rating attribuito a un emittente o a un'emissione. Esso può essere positivo, negativo, stabile o in evoluzione. Il rating watch è conseguente all'avvio di un periodo di osservazione, solitamente breve, durante il quale la società di rating sviluppa un'attività volta a verificare l'opportunità di modificare in prospettiva il giudizio da essa espresso su un emittente o su un'emissione a seguito del manifestarsi di un evento nuovo e rilevante. I rating watch sono qualificati come positivi, negativi o in evoluzione, a seconda che la società di rating preveda che l'accertamento dell'evento e dei suoi effetti possa portare, rispettivamente, a un innalzamento del rating (upgrade), a un suo declassamento (downgrade) oppure a una decisione che al momento dell'inizio del periodo di osservazione appare ancora incerta. Le determinanti del credit risk Una volta chiarita la necessità di considerare il credit risk, risulta opportuno “segmentare” il medesimo nelle sue componenti elementari: rischio di insolvenza (default risk): esso esprime la frequenza con cui le imprese appartenenti alle diverse categorie di rating sono risultate in passato insolventi; rischio di migrazione (migration risk): esso si riferisce all’eventualità (desiderabile) di un incremento del rating (upgrading) o quella (non auspicabile) dell’abbassamento del rating ( downgrading) prima della scadenza; rischio di variazione dello spread (spread risk): esso si riferisce all’ampliamento o alla riduzione dello spread richiesto dal mercato sulle obbligazioni corporate in relazione alle obbligazioni prive di rischio (default free). Rating 1yr 2yr 3yr 5yr 7yr 10yr 30yr Aaa/AAA 15 30 39 48 53 63 72 Aa1/AA+ 24 42 50 62 68 92 108 Aa2/AA 30 48 56 72 78 97 122 Aa3/AA- 36 53 61 77 84 103 127 A1/A+ 42 56 66 80 90 108 133 A2/A 60 81 95 111 123 143 174 A3/A- 90 120 136 160 182 202 254 Baa1/BBB+ 125 163 185 225 245 285 385 Baa2/BBB 138 175 210 255 320 335 450 Baa3/BBB- 175 220 258 308 370 403 525 Ba1/BB+ 238 288 338 418 498 525 613 Ba2/BB 288 338 400 530 555 575 725 Ba3/BB- 350 438 525 588 638 638 788 B1/B+ 413 463 550 638 688 750 825 B2/B 463 513 663 788 813 850 913 B3/B- 525 600 788 875 938 988 1138 Caa/CCC 988 1100 1163 1213 1225 1338 1513 Economia del Mercato Mobiliare 18 Pierpaolo Ferrari Il rendimento di un’obbligazione è quindi ottenibile sommando al rendimento di un’obbligazione default-free su ciascun orizzonte temporale il premio per il rischio di credito (credit spread) richiesto dal mercato per lo specifico emittente. Il credit spread è strettamente legato al rating esterno dell’emittente e dipende da: fattori specifici dell’emittente (default risk, migration risk); fattori generali di mercato (ciclo economico e altri fattori esogeni in grado incidere sul credit spread, quali fenomeni di “flight-to-quality”, con conseguente innalzamento del credit spread). Come valutare iL rischio di credito in alternativa al rating? Un’efficace alternativa al rating per valutare il rischio di credito consiste nell’osservare le quotazioni - quando disponibili – dei derivati su crediti. I contratti derivati su crediti (credit derivatives) hanno lo scopo di trasferire il rischio di credito sottostante a una determinata attività dal soggetto che acquista protezione al soggetto che vende protezione. In particolare, i "Credit Default Product" (CDP) sono contratti con i quali il venditore di protezione assume il rischio di credito relativo a una determinata attività dietro corresponsione di un premio da parte dell’acquirente di protezione: l’importo versato è assimilabile ad un premio assicurativo per coprire l’eventualità del default. Fra questi il più diffuso è il Credit Default Swap (CDS) nel quale il venditore di protezione, a fronte del pagamento di un premio periodico, si impegna a effettuare un pagamento finale all’acquirente di protezione nel caso di inadempienza da parte del soggetto di cui è stato trasferito il rischio di credito. I CDS sono strumenti derivati appartenenti alla categoria dei cosiddetti credit derivatives, tipicamente con durata pari a 5 anni o a 10 anni, attraverso i quali un soggetto titolare di un credito verso un terzo (noto come reference entity e solitamente rappresentato da un'impresa non finanziaria, una banca oppure da uno stato sovrano) trasferisce il rischio collegato a tale credito a un altro soggetto nell'ipotesi che il terzo possa risultare insolvente. A fronte di questo trasferimento del rischio si determina una prestazione contrapposta tra i contraenti: il soggetto titolare del credito riconosce alla controparte un corrispettivo fisso articolato su più prestazioni periodiche fino alla scadenza del contratto e determinato applicando, sulla base di specifici modelli di pricing, un quantum espresso in basis points (noto come CDS spread) al valore nozionale del credito; la controparte si impegna nei confronti del soggetto titolare del credito a corrispondergli tale valore nozionale nel caso dell'accertata insolvenza del terzo, cioè del verificarsi del cosiddetto credit event (solitamente rappresentato dal fallimento e, in ogni caso, contrattualmente disciplinato). In pratica i CDS sono una specie di contratto di assicurazione sul rischio d'insolvenza, tanto è vero che il soggetto titolare del credito che trasferisce il rischio di credito è solitamente qualificato come protection buyer, mentre il soggetto che si assume il medesimo rischio nell'ipotesi dell'accertata insolvenza del terzo è solitamente qualificato come protection seller. In questo senso, il corrispettivo fisso periodico che il protection buyer riconosce al protection seller si può configurare come un premio il cui valore viene evidentemente determinato in funzione del rischio di credito oggetto del trasferimento e della contestuale protezione, in Economia del Mercato Mobiliare 19 Pierpaolo Ferrari particolare con riferimento alla probabilità che tale rischio si manifesti concretamente attraverso l'insolvenza del debitore. Da tutto ciò consegue che quello che prima abbiamo definito CDS spread, può essere assunto come riferimento per pervenire a una valutazione del rischio di credito degli emittenti. Sotto questo profilo, utili approfondimenti possono derivare dall'analisi dell'andamento nel tempo del medesimo CDS spread riferito a ciascun emittente e dalla comparazione a un dato istante del livello dei CDS spread relativi a diverse reference entìty. Ulteriori interessanti indicazioni possono venire dal confronto tra il CDS spread relativo a ciascun emittente privato e lo spread espresso dal mercato obbligazionario sotto forma di differenza tra il tasso di rendimento effettivo dei titoli obbligazionari di pari scadenza dello stesso emittente e il tasso di rendimento di uno strumento finanziario risk free della medesima durata. In particolare, il confronto è opportuno che si traduca nel calcolo di una differenza algebrica (la quale in teoria non si dovrebbe formare, ma che nella realtà esiste a causa delle imperfezioni dei mercati di riferimento e la cui esistenza spiega anche le strategie di arbitraggio messe in atto dagli operatori tra tali mercati), con conseguente esplicitazione di un differenziale che consenta di esprimere, tramite la valutazione congiunta del suo segno (positivo o negativo) e della sua misura (alta o bassa), la percezione da parte degli operatori del mercato dei CDS rispetto a quelli del mercato obbligazionario del rischio d'insolvenza dei prenditori dei fondi presi in esame. In conclusione, dunque, il CDS spread valutato di per sé e attraverso opportune modalità di comparazione nel tempo e nello spazio e, con riferimento agli emittenti privati, rispetto allo spread espresso dal mercato obbligazionario, configura un indicatore indiretto del rischio di credito che si aggiunge all'indicatore diretto del rating. Economia del Mercato Mobiliare 20 Pierpaolo Ferrari 2. Rischio di interesse Il rischio di interesse delle obbligazioni comprende due diverse componenti: - il rischio di volatilità, talvolta definito come rischio di prezzo; - il rischio di reinvestimento. Il rischio di volatilità si riferisce alla variabilità del prezzo di mercato dei titoli obbligazionari conseguente a variazioni dei tassi di mercato. Il rischio di reinvestimento riguarda le condizioni di tasso alle quali sarà possibile reinvestire i flussi finanziari intermedi via via giunti a maturazione. Le due componenti del rischio di interesse risentono delle variazioni dei tassi di interesse di mercato in modo speculare: - se il livello dei tassi di interesse di mercato aumenta, il prezzo delle obbligazioni scende (rischio di volatilità negativo), ma migliorano le condizioni di reinvestimento dei flussi finanziari intermedi (rischio di reinvestimento positivo); - se il livello dei tassi di interesse di mercato si riduce, il prezzo delle obbligazioni sale (rischio di volatilità positivo), ma peggiorano le condizioni di reinvestimento dei flussi finanziari intermedi (rischio di reinvestimento negativo). Nonostante l’andamento antitetico delle due componenti del rischio di interesse, l’impatto del rischio di volatilità è notevolmente più forte dell’impatto del rischio di reinvestimento, rendendo univoca la relazione fra la variazione dei tassi di interesse di mercato e il prezzo delle obbligazioni: - a seguito di un aumento dei tassi di mercato, il prezzo scende in modo proporzionale alla vita residua dell’obbligazione e in modo diverso a seconda del tipo di remunerazione da essa fornita; - a seguito di una riduzione dei tassi di mercato, il prezzo sale in modo proporzionale alla vita residua dell’obbligazione e con un’intensità diversa in funzione delle sue condizioni di redditività (rendimento predeterminato o rendimento indicizzato). 2.1 Il rischio di volatilità Per rischio di volatilità di un’obbligazione si intende la possibilità che variazioni inattese dei tassi di interesse incidano sul valore di mercato delle obbligazioni. Il rischio si configura in modo completamente diverso a seconda che si tratti di: - obbligazioni a rendimento predeterminato (tasso fisso, zero coupon e varianti varie, tipo step-up step-down, one coupon); - obbligazioni a tasso variabile. Nel caso delle obbligazioni a tasso fisso, zero coupon, step-up, step-down e one coupon, una variazione dei tassi di interesse si ripercuote necessariamente sul valore di mercato del titolo. In particolare, data la relazione inversa fra tassi di rendimento e prezzi dei titoli obbligazionari: - un aumento dei tassi di mercato determinerà una riduzione del prezzo del titolo, tanto maggiore quanto più è lunga la scadenza e/o minore è la cedola; - una riduzione dei tassi di mercato determinerà un aumento del prezzo del titolo, tanto maggiore quanto più è lunga la scadenza e/o minore è la cedola. La variabilità del rendimento di un’obbligazione a rendimento predefinito è infatti funzione di due elementi: - la vita residua del titolo; - il livello della cedola. Maggiore è la vita residua del titolo, maggiore è la variabilità di un titolo obbligazionario. A parità di cedola, sono più rischiosi i titoli con vita residua maggiore. Maggiore è il livello della cedola, minore è la sua variabilità. A parità di vita residua, sono più rischiosi i titoli con cedola minore Esempi: Date due obbligazioni con prezzo di mercato pari a 100, con cedola fissa annua del 3% e con una vita residua, rispettivamente, di 3 anni e di 10, quale è la più rischiosa delle 2 in termini di rischio di interesse? Ovviamente la seconda. Se i tassi salissero dell’1%, il valore della prima scenderebbe a 97,22, mentre il valore della seconda scenderebbe a 91,89. Nel primo caso la riduzione sarebbe del 2,78%, mentre nel secondo caso dell’8,11%. Date due obbligazioni con vita residua di 5 anni, stesso rendimento effettivo a scadenza del 5% e con una cedola, rispettivamente, del 2% e del 10%, quale è la più rischiosa delle 2 in termini di rischio di interesse? Economia del Mercato Mobiliare 21 Pierpaolo Ferrari In questo caso la risposta è meno ovvia. La più rischiosa è la prima: il titolo con cedola più bassa conferisce al suo portatore un flusso periodico inferiore da poter reinvestire alle nuove condizioni di mercato, per cui la variazione del prezzo dovrà tener conto di questa sua minor capacità di adattamento all’andamento del mercato. Dati i due Tres del 5% (cui conseguono prezzi correnti di mercato, rispettivamente, di 87,01 e 121,65), se i tassi dopo un anno salissero dal 5 al 6%, il primo titolo subirebbe una variazione all’ingiù del 4,44% mentre il secondo del 3,94%. Entrambi gli elementi possono essere sintetizzati più efficacemente in un unico indicatore di rischiosità: la duration o durata media finanziaria. Essa esprime una media ponderata delle scadenze in cui si manifestano i diversi flussi finanziari del titolo, con peso pari al rapporto fra il valore attuale del flusso in maturazione a ogni scadenza e il prezzo tel quel del titolo. Con questo modo di procedere si riconosce il fatto che flussi nominalmente identici presentano un valore finanziario differente in quanto si manifestano in momenti temporali diversi. Analiticamente, la duration è data da: Ft n (1 + Tres ) t D = t t =1 P Dove: D = duration t = scadenza dei diversi flussi Ft = flusso finanzario in maturazione a quella scadenza P = prezzo tel quel del titolo La duration è espressa nella stessa unità di misura in cui sono misurate le scadenze dei flussi. Di norma, viene espressa in anni e frazioni di anno. La duration rappresenta la velocità di rientro del capitale o, alternativamente, il punto in cui si colloca il baricentro finanziario ossia il punto in corrispondenza del quale i flussi già incassati e reinvestiti bilanciano il valore attuale di quelli ancora da percepire. Tenuto conto di queste modalità di interpretazione della duration, è possibile affermare che: - per i titoli con cedola, la duration è senz’altro inferiore alla vita residua del titolo; - per i titoli zero coupon, essa coincide con la vita residua del titolo (visto che essi non conferiscono alcun flusso prima della scadenza naturale). Se per i titoli senza cedola la duration coincide con la vita residua, per le obbligazioni con cedola essa presenta 3 proprietà: 1. è direttamente correlata alla vita residua; 2. è inversamente correlata con il livello delle cedole; 3. è inversamente correlata con il tasso di rendimento a scadenza. L’evoluzione del valore della duration al trascorrere del tempo, a parità di Tres, è: - lineare per i titoli zero coupon; - discontinuo (“a strappi” per i titoli redimibili con cedole. Per quest’ultima categoria di titoli si manifesta un effetto di “duration drift” in quanto alle date di stacco cedola o di rimborso di quote di capitale si manifesta un incremento della duration. Economia del Mercato Mobiliare 22 Pierpaolo Ferrari La duration può quindi essere utilizzata per: - stilare una graduatoria in termini di rischio di volatilità fra una pluralità di titoli obbligazionari. All’aumentare della duration aumenta il rischio di variazioni del prezzo del titolo conseguente a variazioni dei tassi di interesse di mercato; - stimare il grado di sensibilità del prezzo di un titolo a variazioni dei rendimenti di mercato, attraverso l’impiego della duration modificata (modified duration), data dalla duration divisa per (1+TRES). In relazione a questo secondo aspetto, vale infatti la seguente relazione: P − DM TRES P ossia P D − TRES P (1 + TRES) Economia del Mercato Mobiliare 23 Pierpaolo Ferrari convessitiy c = Da cosa dipendono le variazioni dei tassi di rendimento effettivo a scadenza delle obbligazioni? Dal livello più generale dei tassi di interesse e dai credit spread. Quindi, più nel dettaglio, tali variazioni dipendono: - da variazioni dei tassi risk free nella valuta di denominazione, che sono prevalentemente, anche se non esclusivamente, influenzati dalla politica monetaria in funzione degli obiettivi perseguiti; - da variazioni dei credit spread richiesti dal mercato per ogni titolo, a loro volta dipendenti da: ▪ fattori specifici dell’emittente (default risk, migration risk); ▪ fattori generali di mercato (ciclo economico e altri fattori esogeni in grado incidere sul credit spread, quali fenomeni di accentuazione della avversione al rischio, con conseguente innalzamento del credit spread). Un approfondimento: la duration delle obbligazioni a tasso variabile Nel caso delle obbligazioni a tasso variabile se il meccanismo di indicizzazione fosse perfetto, con adeguamento istantaneo e cedole giornaliere, la duration e la duration modificata sarebbero nulle. La quotazione dell’obbligazione sarebbe sempre alla pari e variazioni dei tassi di mercato sarebbero immediatamente incorporate dal meccanismo di indicizzazione nella nuova cedola variabile. In realtà: ❑ le cedole non sono giornaliere ma maturano a intervalli discreti; ❑ le cedole sono fissate il giorno di entrata in maturazione o in giorni antecedenti; ❑ la cedola non coincide con il tasso di riferimento ma è previsto uno spread. Queste circostanze fanno sì che, in concreto, la duration delle obbligazioni a tasso variabile non sia nulla, per quanto assai inferiore rispetto a quella delle obbligazioni a cedola fissa di pari durata. Economia del Mercato Mobiliare 24 Pierpaolo Ferrari 2.2 Il rischio di reinvestimento Il rischio di reinvestimento è legato all’aleatorietà delle condizioni alle quali possono essere reimpiegati i flussi finanziari intermedi prodotti da un investimento obbligazionario. Questa tipologia di rischio: - riguarda le sole obbligazioni con cedole periodiche e non coinvolge invece le obbligazioni zero coupon; - è più rilevante, a parità di durata, per le obbligazioni sinking fund che non per le obbligazioni bullet; - è direttamente proporzionale al livello e alla frequenza di pagamento della cedola; - è direttamente correlato all’holding period assunto dall’investitore. Innanzi tutto, il rischio di reinvestimento riguarda i soli titoli che, nel corso della vita del prestito obbligazionario, pagano flussi finanziari intermedi. Non esiste pertanto rischio di reinvestimento per le obbligazioni senza cedola, caratterizzate dall’assenza di flussi finanziari intermedi, mentre il rischio accompagna, pur con livelli di intensità potenzialmente diversi in funzione delle altre variabili, tutte le obbligazioni che pagano una cedola periodica, sia essa predeterminata o indicizzata.35 Oltre che al pagamento di una cedola periodica, il rischio di reinvestimento è legato alla modalità di rimborso del capitale. Se il titolo obbligazionario, anziché essere rimborsato integralmente alla scadenza (bullet), è rimborsato in modo graduale nel tempo (sinking fund), ne deriva un’ulteriore fonte di rischio di reinvestimento. Il rischio di reinvestimento è poi legato al livello e alla frequenza della cedola periodica. Maggiore è il livello della cedola periodica, più è elevato il rischio di reinvestimento. Maggiore è la frequenza della cedola, più è elevato il rischio di reinvestimento. Infine, un’ultima variabile ha natura soggettiva e dipende dal periodo di detenzione del titolo (holding period) assunto dall’investitore. Se l’investitore detiene il titolo per un periodo breve o, comunque, che non arriva alla successiva data di pagamento, il rischio di reinvestimento è nullo. Se il periodo di detenzione coinvolge più date di pagamento, il rischio di reinvestimento cresce. 3. Rischio di liquidità La liquidità di uno strumento finanziario è la sua attitudine a essere convertito in denaro prontamente, nei tempi tecnici strettamente necessari (t+2) e senza perdite di valore rilevanti, quindi senza costi espliciti o impliciti rilevanti. Se il titolo è quotato su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, il rischio di liquidità (ossia il rischio di non riuscire a liquidare prontamente l'investimento o di riuscire a liquidarlo prontamente ma con perdite di valore consistenti) è più ridotto e riguarda le sole emissioni di piccolo importo o, comunque, caratterizzate da controvalori medi giornalieri di negoziazione ridotti. Se il titolo non è quotato, tale rischio è massimo. Il ricorso a emissioni obbligazionarie non quotate è tipico delle banche che poi provvedono in molti casi ad “assicurare” la liquidità del titolo ponendosi come controparte diretta per la negoziazione del titolo stesso. L’acquisto di titoli poco liquidi da parte dell’investitore dovrebbe avvenire a fronte di un maggiore rendimento rispetto a una analoga obbligazione, con identiche caratteristiche ma con una maggiore liquidità, allo scopo di compensare il maggiore rischio sopportato. 4. Rischio di cambio (o di valuta) Se l’obbligazione è denominata in una valuta diversa da quella di riferimento dell’investitore sorge anche un rischio ulteriore: il rischio di cambio, vale a dire la possibilità che variazioni inattese del tasso di cambio incidano sulla redditività finale dell’investimento obbligazionario. L’accezione negativa di rischio è rappresentata dalla possibilità che nel periodo di investimento la valuta estera si deprezzi nei confronti della valuta nazionale. In questo caso, il montante dell’investimento, convertito alla scadenza in valuta nazionale, risentirà negativamente dell’andamento del tasso di cambio fra valuta estera e valuta domestica. Economia del Mercato Mobiliare 25 Pierpaolo Ferrari I mercati obbligazionari Le obbligazioni possono essere acquistate: - in emissione, sul così detto “mercato primario”; - in un momento successivo all’emissione, sul così detto “mercato secondario”. Sul mercato primario, la controparte dell’investitore è l’emittente, che si finanzia tramite l’emissione dell’obbligazione. Sul mercato secondario, la controparte dell’investitore è un altro investitore, che smobilizza l’investimento trasferendo ad altri l’obbligazione. La distinzione – oltre che per la funzione del mercato – è anche rilevante in quanto: - le transazioni sul mercato primario sono esenti da costi di negoziazione (con la sola eccezione dei BOT, che prevedono commissioni parametrate alla durata);1 - le transazioni sul mercato secondario sono soggette a costi di negoziazione, la cui misura massima è pari al 5 per mille. Le obbligazioni, nei paesi dell’Unione europea, possono essere negoziate su tre tipi di mercati secondari: - mercati regolamentati; - sistemi multilaterali di negoziazione (o multilateral trading facilities), noti anche come MTF; - mercati over-the-counter. I mercati regolamentati obbligazionari in Italia comprendono: - MOT, gestito da Borsa Italiana; - MTS, gestito da MTS Spa. I due principali sistemi multilaterali di negoziazione sono: - Euro-TLX, gestito da Borsa Italiana; - Extra-Mot, gestito da Borsa Italiana. I sistemi multilaterali di negoziazione sono mercati organizzati caratterizzati da minori requisiti organizzativi e informativi rispetto ai mercati regolamentati e possono così funzionare con minori costi operativi e con maggiore semplicità, con un conseguente risparmio di costi anche per gli emittenti che intendono quotarvi le proprie obbligazioni. I mercati obbligazionari over-the-counter Le obbligazioni che non sono quotate su mercati regolamentati né su sistemi di scambi organizzati possono essere scambiate solo al di fuori di queste due trading venues e danno vita a negoziazioni over-the-counter che possono alternativamente avvenire: - nel caso di obbligazioni per le quali esistono delle quotazioni indicative, espresse su base continuativa da market maker sui principali circuiti informativi (Bloomberg e Reuters), attraverso un contatto diretto, telefonico o telematico, fra le due controparti; - negli altri casi, attraverso la richiesta di una quotazione in acquisto o in vendita ad un intermediario negoziatore, che opera come dealer. Quest’ultimo è il caso tipico delle obbligazioni bancarie: meno del 10 per cento delle emissioni obbligazionarie realizzate dalle banche italiane è quotato su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione e lo smobilizzo anticipato avviene tramite la stessa banca emittente che opera come controparte diretta (o dealer). 1 Per i BOT, l'importo massimo di tali commissioni è così stabilito: 0,03% per i buoni aventi durata residua pari o inferiore a 80 giorni; 0,05% per i buoni aventi durata residua compresa tra 81 e 140 giorni; 0,10% per i buoni aventi durata residua compresa tra 141 e 270 giorni e 0,15% per i buoni di durata residua pari o superiore a 271 giorni. Sono azzerate nel caso di rendimento nullo o negativo. Economia del Mercato Mobiliare 26 Pierpaolo Ferrari