Il sapere didattico PDF
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Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
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Questo documento tratta il tema del sapere, della ricerca, della pratica didattica, della formazione e dell'insegnamento. Si evidenzia l'importanza della tecnologia nell'educazione moderna e si sottolinea la necessità di una maggiore consapevolezza critica nei confronti dei contenuti online.
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Il sapere didattico Prefazione Il tema vero di questo libro si incentrerà su sapere, ricerca, pratica didattica, formazione e insegnamento. In Italia siamo fortemente in ritardo su tutti i principali indicatori rispetto agli altri Paesi europei e per colmare il divario non resta che compensare con u...
Il sapere didattico Prefazione Il tema vero di questo libro si incentrerà su sapere, ricerca, pratica didattica, formazione e insegnamento. In Italia siamo fortemente in ritardo su tutti i principali indicatori rispetto agli altri Paesi europei e per colmare il divario non resta che compensare con un massiccio impiego della tecnologia. Principalmente le nuove generazioni si adattano meglio ai nuovi media digitali: hanno meno barriere d’ingresso, li capiscono prima e imparano a gestirli meglio. Tutto ciò si ricollega ad un’esperienza del concetto di lettura: non si ha più il contatto fisico con l’oggetto materiale, il transito dal libro cartaceo all’ebook richiama il momento in cui si passa dai libri illustrati dell’infanzia ai testi in versione adulta, fatta di sole parole. Si perderà quindi l’incontro con il libro cartaceo ma soprattutto gli strani segni sulle pagine che raccontano, ricordano la vera storia del rapporto lettore-libro richiamando momenti, emozioni, affanni e gioie che ogni segno porta con sé. Principalmente è la “coscienza digitale” da formare: ogni salto tecnologico postula la crescita della consapevolezza umana, non è sufficiente trasmettere online i contenuti, serve vigilanza critica. Vanno contestualmente sottolineati anche i vantaggi della velocità digitale: la libera circolazione d’informazione, la crescente disponibilità di dati ecc… sono fattori che aprono nuove possibilità individuali e collettive. Si sta profilando un mondo nuovo. Un mondo che arricchisce rispetto al passato ma che ha anche delle ombre, una tra queste è l’ombra del controllo totale sulla vita degli umani, un vero e proprio Grande Fratello che sorveglia e misura tutto. La materia intelligente, le simulazioni e i mondi immaginari, stanno entrando nella vita di ogni giorno e la loro dinamicità si riflette nella loro pervasività: è da esse che ormai dipende il nostro modo di osservare le cose e il nostro modo di guardare a noi stessi. In sintesi, la digitalizzazione sta aumentando l’efficienza e amplierà le opportunità, ma potenzierà il rischio di avvelenare le relazioni e appannare le nostre intelligenze. Infine, si ha un nuovo umanesimo, una nuova prospettiva di fraternità universale che ci porterà a ridimensionare la nostra superiorità, la nostra presunzione di controllare e prevedere i nostri artefatti. Il mondo che abitiamo con gli animali, i vegetali, i viventi, e i batteri, è un mondo co-costruito, di cui l’essere umano è uno degli innumerevoli elementi fisici. Le scienze dell’educazione sono chiamate a estendere la nozione di società e di comunità ai non umani, sollecitando un atteggiamento francescano verso tutte le creature esistenti. Introduzione Un sapere, questo didattico, che continua ancora oggi a non avere quel pieno riconoscimento scientifico in alcuni settori della nostra cultura e addirittura viene messa in discussione l'esistenza stessa di un campo di indagine che corrisponda a esso. Il giudizio negativo sta nel considerare l'atto didattico in una sorta di isolamento estetico nei confronti del contesto nel quale il suo accadere si colloca. Permane l'assunto secondo cui “sapere cosa” includa anche il sapere come si deve insegnare, un conto è ciò che si vuole che accada, altro è quello che si deve fare perché si realizzi l'apprendimento. Negli anni 80 la didattica raggiunse dei risultati significativi definendo il campo di indagine e soprattutto utilizzando un nuovo paradigma nello studio del suo oggetto. Principalmente la comprensione della concreta realtà dell'insegnamento non può avvenire attraverso la semplificazione di ciò che in esso risulta complesso, essa piuttosto deve passare per altre vie, cioè, elaborare modelli plurali e flessibili. La didattica è un sapere di sintesi con una sua autonomia indagativa: studia l'insegnamento in quanto tale, vale a dire tutto quello che si fa perché un soggetto, ovvero lo studente, apprenda conoscenze relative ai diversi saperi/contenuti, di solito disciplinari. Il sapere dell'insegnare è un genere di sapere che non è lineare ne è formalizzabile interamente, è un sapere elaborato anche sul campo, cioè, fare interventi mirati, trovare soluzioni pertinenti ed efficaci a problemi di scelta o decisionali risolti appunto selezionando fra i mezzi disponibili quelli che meglio si adattano a determinati fini. Il sapere didattico si colloca nella rinascita della filosofia pratica che punta a legittimare la specificità dell'azione in quanto forma di conoscenza che investe campi di indagine come la morale, il diritto, la politica. Così intesa, la didattica non si riduce a un corpus di conoscenze astratte da mandare a memoria ma si configura come un sapere che innesca e affina nel docente la capacità di essere e di saper essere un buon insegnante, in questo senso lo studio di essa aiuta l'insegnante non solo ad approfondire le conoscenze di cui non può fare a meno ma anche a essere capace di costruire conoscenze, elaborare concetti, attraverso la riflessività sulle proprie e altrui azioni educative, sviluppando modalità di learning from experience. Gli attuali orientamenti della ricerca didattica sollevano la questione cruciale della qualità della relazione attraverso cui si costruisce la ricerca collaborativa. L'avanzamento della conoscenza non dipende solo da rigore metodologico e dalla capacità di dire la pratica, ma anche dalla qualità dei processi relazionali che si dispiegano fra di loro. L'azione didattica deve non banalizzare il sapere da trasmettere né semplificarlo, bensì farlo vivere, tradurlo in sempre più vasti e stimolanti contesti e soprattutto funzionalizzare alla crescita personale di colui colei che apprende, che trasmetta il piacere della scoperta e dell'intelligence facendo guardare a quella saggezza che è sapore delle cose della vita. Allora l'insegnante è tale e si fa maestro. Accanto ai saperi accademici, un luogo è stato offerto ai saperi direttamente generati dall'azione, questi saperi sono difficili da cogliere per un osservatore esterno, non sono qualificabili come meri saperi proprio perché sfuggenti rispetto alle categorie tradizionali del sapere scientifico: il sapere moderno tende a differenziare questi due tipi di sapere; il primo quello teorico di carattere generale debitamente controllato, il secondo quello pratico attribuito al buon senso e appunto suggerito dalla pratica. Così inteso il sapere pratico, essendo quello che si acquisisce facendo, non ha bisogno di essere impartito formalmente per essere valido ha solo bisogno di funzionare. Il sapere pratico si delinea dunque come attività contestualizzata o situata dove sono presenti non soltanto rappresentazioni, pensieri, idee, ma anche un intricato complesso di fenomeni e di processi materialmente connotati. In Italia il dominio della filosofia neoidealistica ha esercitato tramite Benedetto Croce un influsso negativo assimilando la pratica alla teoria e specificamente l'arte all'estetica. Sarà Giovanni Gentile, infatti, ad associare alla critica d'arte crociana il nomignolo di philosophia pigrorum. Antonio Banfi col suo razionalismo critico invece curerà i mali dell'estetica post idealistica malata di anemia, guarnendola dalle affezioni cruciali come identificazione appunto di arte ed estetica, saranno due sfere che verranno opportunamente distinte da Dino Formaggio. Nel 900 l'attenzione si è spostata sul sapere pratico: per quanto riguarda l'insegnante, in particolare, parlare di sapere pratico significa anche chiamare in causa uno spazio di costruzione e produzione di conoscenze, frutto di esperienze e confronti, agendo riflessivamente e discorsivamente nel contesto in cui lavora. Il sapere dell'azione si costruisce in corso d'opera conversando con la situazione, con ciò che accade. Il sapere pratico può essere visto e analizzato come attività e quindi può essere studiato come attività situata, cioè, emergente dal contesto di produzione. È questo il significato che è stato assunto dalle nuove teorie dell'insegnamento e che ha dato nuova e più puntuale configurazione al sapere dell'insegnamento. La ricerca (Parte prima) 1 Oltre la teoria-pratica: verso il paradigma buttom up Negli anni 60 e 70 la sociologia e la psicologia dell'educazione hanno studiato gli insegnanti, cioè principalmente volevano svelare la funzione di riproduzione della scuola e degli insegnanti evidenziando la dipendenza strutturale dell'educazione scolastica e lo sforzo di non pochi docenti, innovatori uniformi misti, senza possibilità di soluzioni. Da qui nasce il modello top down che ha dominato la ricerca educativa e didattica: dice l'insegnamento come dovrebbe essere e non come effettivamente è, assegnando alla teoria la funzione di governare il modo di pensare correttamente l'insegnamento, o meglio indicare agli insegnanti come dovessero pensare e svolgere la loro attività, ciò veniva profilato sotto forma di discorsi, raccomandazioni o istruzioni per eseguire correttamente il loro compito professionale, teorie queste lontane dalla pratica. In realtà gli insegnanti non vengono affatto attrezzati delle competenze necessarie al loro lavoro, le regole professionali formali finiscono per non fornire sempre le soluzioni giuste per quello che devono fare o non fare. Questo modello di ricerca ha mostrato dunque i suoi limiti. Tale modello si colloca in un contesto culturale in cui didattica e saperi disciplinari sono in conflitto: la didattica teorizzata e progettata da ricercatori dell'ambito delle scienze dell'educazione; i saperi disciplinari difesi dai disciplinari fedeli custodi di un epistemologismo didattico di matrice gentiliana. Alla fine degli anni 70, alcuni studiosi dell’educazione, come Gaston Mialaret, avevano fatto notare come teoria e pratica educative si fossero sviluppate senza reciproco arricchimento e come molti pedagogisti quali Montessori, Decroly, hanno avvertito tale limite e sottolineato l'esigenza di rivolgere particolare attenzione alla vita reale dell'educazione e dunque sollecitato l'impegno di acquisire conoscenze dalla pratica. Scheda: School Effectiveness Research studia le variazioni delle acquisizioni degli alunni in funzione della scuola o della classe. In breve, l'insegnamento non va soltanto teorizzato per via deduttiva ma va scoperto, studiato, indagato, anche per via induttiva, cioè capire ciò che si fa quando si insegna rimarcando così la stretta connessione tra pratica didattica e ricerca educativa. Così affermato il modello bottom up: dalla pratica alla teoria. Da qui nasce la nuova ricerca sull’insegnamento, cioè, intraprendere lo studio della pratica reale. Scheda: Le pratiche d’insegnamento non sono solo quelle che fa l'insegnante e non sono separate da quelle degli alunni, e ancora le pratiche degli insegnanti non possono essere considerate fuori dal contesto. Avviata inizialmente negli Stati Uniti, la ricerca sulla pratica di insegnamento ha fornito numerosi studi e importanti contributi. Questi studi hanno finito però col ridurre lo studio del processo di insegnamento ai soli comportamenti osservabili dell'insegnante, successivamente, si sono sviluppati i modelli cognitivi sul pensiero degli insegnanti e hanno analizzato appunto la natura cognitiva dell'insegnamento. Sono stati poi elaborati i modelli ecologici che hanno sottolineato l'importanza della situazione nella quale si svolge l'insegnamento, cioè hanno rivalutato gli effetti del contesto scolastico. Le analisi delle pratiche educative costituiscono un'indagine per studiare e verificare i comportamenti reali dei soggetti inseriti in un sistema organizzato, quali sono la scuola, l'università, e altri luoghi formativi. Così facendo possiamo verificare se le regole funzionano concretamente e anche le procedure poste agli insegnanti per raggiungere i risultati. Il fine di questa analisi è produrre il sapere dell'azione e formalizzare i saperi del fare. In sintesi, si tratta, da parte della ricerca, di formalizzare ciò che fa l'insegnante quando insegna quindi: la spiegazione, il riepilogo, le modalità di verifica, la valutazione, la cura nel seguire l'apprendimento ecc. Scheda: Società scientifiche dell'insegnamento Internazionali: ISATT All’interno dell’AERA nasce uno studio sul pensiero degli insegnanti, successivamente si sostiene che gli insegnanti pensano l'insegnamento secondo modalità ricche e articolate, i loro pensieri hanno un'incidenza reale su quello che succede in classe e a scuola. Nasce così un movimento di ricercatori chiamato teacher’s thinking e nel 1983 diventa un'associazione a sé con il nome di ISATT. Réseau Open si caratterizza per modelli e impianti di tipo contestuale, compatibili con le evidenze di una professionalità rivolta alla soluzione dei problemi in situazioni che richiedono flessibilità e prontezza di decisione e di intervento. Italiane: SIRD società italiana di ricerca didattica che promuove la riflessione scientifica sulle metodologie e le tecniche della ricerca pedagogica e didattica. APRED intende studiare le pratiche educative per riuscire a offrire un contributo al sapere dell'insegnamento, cercando di coordinare le ricerche in vista di una via italiana vuoi per la comprensione delle pratiche educative. Il fine è quello di cogliere analizzare e comprendere quel fare ragionato e ragionevole, ricavato via via dall'esperienza del lavoro quotidiano, consistente in credenze, abilità e conoscenze necessarie per svolgere l'attività didattica e professionale ovvero di rendere: idee, le pratiche teorie, le conoscenze concetti, le esperienze La pratica educativa comporta le procedure di realizzazione dell'attività in una situazione data da parte di una persona, e quindi, le scelte, le prese di decisioni, e di conseguenza i gesti, le condotte, le ideologie che sono implicate. Il fare dell'insegnante rimanda a un'attività professionale situata, orientata da fini, da obiettivi e da norme proprie di un gruppo professionale, di molteplici dimensioni che compongono la pratica, interagiscono fra loro per permettere all'insegnante di adattarsi alla situazione professionale e di gestire l'apprendimento degli allievi e la conduzione della classe. Avere a che fare con le pratiche di insegnamento significa riferirsi alle azioni che il docente svolge, alle attività, ai gesti carichi di senso, alle diverse modalità di relazionarsi e di interagire con gli alunni. In sintesi, l'oggetto di studio è costituito sia da fatti, sia da comportamenti, procedure, processi, significati, la cui natura non è sempre esplicita. A tutto ciò si aggiunge che sarebbe opportuno indagare anche sull'insegnante: ogni essere umano è un essere unico, irripetibile, con una sua singolarità originale, proprio per tutto questo non è sempre possibile operare con un sapere di regole generali. Qui la logica è anche quella dell'interpretazione: chi segue il principio di verità come aletheia, come disvelamento progressivo, scoperta sempre rinnovata. Forse il tipo di sapere cui è legittimo guardare non può che essere un sapere molto legato ai dati di realtà, e dunque un sapere di dati di elementi o di casi. In breve, la connessione, congiungimento di queste parti, permette di ritrovare l'insieme nella sua integrità ma, come si sa, qualcosa può sempre sfuggire all'analisi. Appunto per questo, leggere o analizzare una pratica da parte di un ricercatore vuol dire sforzarsi di rendere espliciti criteri, cogliere elementi comuni, reperire meccanismi e dinamiche meno visibili, analizzare i dati rilevati sul campo per indirizzare processi in una direzione desiderata. Così il lavoro quotidiano degli insegnanti è divenuto oggetto di studio. A questo punto, introduciamo un possibile dispositivo di analisi delle pratiche. I dispositivi sono molteplici e vari anche perché per sostenere l'analisi delle pratiche c'è bisogno di cautela. Sulle diverse questioni che solleva l'analisi plurale di una sequenza di insegnamento apprendimento da quelle concettuali ai tipi di approccio, dagli elementi comuni alle criticità, accendiamo alla macro-distinzione: Discorsi sulle pratiche Lettura/osservazione delle pratiche La pratica è una nozione multidimensionale non riducibile alla mera applicazione di una teoria o di un metodo, ciò che va studiato sono le variabili d'azione, specificatamente: variabili relative al sapere da insegnare e alle conoscenze disciplinari da trasmettere; variabili relative all'organizzazione e alla gestione della classe cioè le attività che si fanno in vista dell'uso del tempo, degli spazi, dei materiali eccetera ovvero le strategie, le procedure; variabili relative alle finalità cioè: gli atti e i gesti professionali dell'insegnante volti a dare un senso all'insegnamento-apprendimento; ai processi relazionali con gli alunni e, dunque, le scelte responsabili, le decisioni etiche, sociali, politiche. Infine, ci sono altre variabili come il mondo del sentire, sentimenti, passioni, affezioni, queste intervengono quando non si conosce il soggetto e quindi non si può fronteggiare direttamente oppure quando la situazione in atto non ha le condizioni favorevoli. In sintesi, quando avviene qualcosa che non ci si aspettava o quando qualcosa che ci si aspettava non avviene. Scheda: L’emozione è un enigma difficile da identificare, venuta da un tempo in cui l'umano non era separato dal resto della vita, dagli animali e dalla luce degli spiriti, è soprattutto una forza di resistenza che ci consente di trasformare la vita assegnata all'affermazione aggressiva di sé. 1.2 Il sapere professionale dell’insegnante, fonte principale per la teorizzazione dell’insegnamento La produzione delle conoscenze pratiche degli operatori della scuola chiede da tempo di essere elaborata come principale fonte della didattica intesa come teoria dell'insegnamento così gli insegnanti si attestano oggi come titolari di un sapere dell'insegnare nato dalla pratica che va formalizzato. Il conseguire uno statuto scientifico da parte della didattica è strettamente legato alla formazione degli educatori, così come diceva John Dewey che la realtà della scienza dell'educazione sta nelle menti degli individui impegnati nella direzione delle attività educative. L'insegnante è tale se possiede un sapere, una cultura da trasmettere, ma non solo: è titolare di un sapere professionale che si è costruito riflettendo sull'azione o a seguito dell'azione e anche in vista dell'azione, e dunque un professionista riflessivo, è la produzione di un sapere di azioni didattiche e pedagogiche al fine di gestire la situazione dinamica, mirata a ogni insegnamento/apprendimento. Una delle difficoltà più importanti della gestione dei processi didattico educativi è la tematizzazione e la progettazione di percorsi di apprendimento, spesse volte il docente tende a non parlare con i suoi colleghi di ciò che fa, non vuole esporsi, ha generalmente timore di essere giudicato. Da qui nasce la premura di invitare l'insegnante a dire la pratica didattica quotidiana così conosciamo il punto di vista dell'insegnante e indaghiamo la sua attività, si pensi per esempio alla scrittura diaristica e alla scrittura del “tempo rubato”: si tratta di raccogliere la testimonianza dell'insegnante, il suo pensiero il suo sapere didattico di cui è appunto titolare, tramite interviste, seminari, videoregistrazioni, commentate con i diretti interessati, con i soggetti analizzati. Scheda: Scrittura del tempo rubato È la scrittura di se stesso che l'insegnante realizza in momenti particolari della sua esistenza, cioè, è un colloquio faccia a faccia con se stesso, quello della solitudine, quello dei tempi vuoti che lavoro impone, quello dei buchi dell'orario scolastico, quello del viaggio in treno o in metro per raggiungere la sede scolastica, una professione faticosa che soltanto la scrittura sembra riscattare rivitalizzando. Scrive su fogli sparsi, su diari, su post-it, così l'insegnante cerca sfogo ma anche riflessione, poi comprensione. 1.2.1 La valenza euristica della scrittura Si può attribuire una forte capacità euristica a quei testi scritti che consentono la tessitura delle azioni. (Euristica= la metodologia di ricerca di fatti o verità, ovvero di fonti e documenti, preliminare allo studio specifico.) L'insegnante ritiene che tali esperienze non abbiano un valore né meritino di essere considerate degne di lettura altrui, a volte non sa come comportarsi di fronte alle domande che vengono interpretate da lui come consegne anziché come occasioni per comprendere il proprio lavoro, preoccupandosi quindi principalmente dei contenuti dei programmi scolastici, per la preparazione dei propri studenti agli esami, ma ciò porta a non avere traccia della vita viva di scuola, si hanno pagine piatte, banali, che non descrivono quello che gli insegnanti effettivamente fanno o tentano di fare, da qui l'esigenza di rinnovare profondamente le buroscritture degli insegnanti invitandoli a scrivere del loro sé professionale per la ricerca. I racconti esperienziali mettono in evidenza ciò che altrimenti rimarrebbe celato o, peggio, perduto. In primo luogo, un certo tipo di memoria contribuisce nell'adulto allo sviluppo delle conoscenze pratiche: di fronte a problemi si ricorre alla memoria di situazioni analoghe, si raccontano storie professionali, le storie sono dotate di una flessibile generalità che le rende adattabili e insieme particolari, è un mezzo utile per interpretare ogni nuova situazione alla luce del sapere accumulato e delle circostanze in costante cambiamento. Da qui la valorizzazione dell'uso esteso della narrazione, tutto ciò che abbiamo detto precedentemente può essere veicolato soltanto tramite le modalità narrative e la viva testimonianza. Esistono anche i casi in cui un livello di conoscenza non si riesce sempre a tradurlo in parole, cioè quando per esempio si sa che cosa si sta facendo ma non si è sempre capace di verbalizzarlo; si tratta di conoscenze basate sull'esperienza e elaborare dall'esperienza di buoni giudizi. Essi attivano le conoscenze tacite e mobilitano dei savoirs cachés, i saperi nascosti nell'agire professionale. La tacit knowledge contiene elementi effimeri come i pareri soggettivi, altamente personale, difficile da formalizzare è perciò difficile da comunicare agli altri. Scrive Polanyi che possiamo sapere più di quanto siamo in grado di raccontare; infatti, è l'insieme di conoscenze su cui si fonda qualsiasi competenza esperta. La conoscenza su cui si basa il comportamento quotidiano ha anche una caratterizzazione: essere contestuale, riferirsi cioè a un ambiente specifico. Una parte importante della conoscenza condivisa da una comunità di pratiche è tacita: una delle caratteristiche che permette di riconoscere una comunità di pratiche da un insieme di individui è proprio la condivisione di conoscenze tacite. Recuperiamo ora la distinzione fra dimensione cognitiva e dimensione tecnica: l'apprendimento della dimensione tecnica sarà possibile solo attraverso una relazione ricca di scambi tra un soggetto esperto e un novizio, una relazione centrata su osservazione, pratica e imitazione. La conoscenza tacita aiuta a comprendere la specificità di una nuova situazione che non rientra completamente in una di quella sperimentata in precedenza, questa è costituita da un repertorio di schemi cognitivi e modelli personalmente sviluppati mediante una continua interazione fra teorie, modelli, ed esperienze pratiche esemplari. Scheda: L’insegnante come bricoleur Per bricoleur si intende chi esegue un lavoro con le proprie mani, chi è capace di eseguire un gran numero di compiti differenziati concepiti per la realizzazione del suo progetto, in poche parole il bricoleur è colui che utilizza tutto quello che ha sottomano per rispondere alle circostanze. È l'intelligenza clinica dell'insegnante che si manifesta nella capacità di far fronte agli imprevisti, di programmare le reazioni alla casualità e all'incertezza e di saper improvvisare al momento. Il Bricolage è di solito l'unica risposta razionale, anche se limitata, alla situazione riconducibile all'apprendimento di terzo grado di cui parla Bateson. Edgar Morin con il suo richiamo afferma che tutto il nostro insegnamento tende al programma, mentre la vita ci richiede strategia e se possibile serendipità e arte, è proprio un ribaltamento di concezione che si dovrà attuare per prepararci ai tempi di incertezza. Ma non sempre è così, perché c'è il rischio di essere schiacciati dalla routine, incapaci di spiegare casi non compresi in catalogo né in grado di risolvere situazioni impreviste. Rispetto alla linearità della teoria il docente professionista deve essere capace anzitutto di problem setting e poi di problem solving e infine deve avvalersi come pratico riflessivo di una circolarità di teorie, di punti di vista, di memorie ecc. Dunque, da qui nasce una forma di indagine razionale fatta di cooperazione con gli insegnanti considerati appunto fonti in cui le loro vite professionali sono documenti da investigare in un clima di reciproca fiducia. A tal proposito Michalinos Zembylas afferma che il metodo narrativo offre una ricostruzione interpretativa di parti di vita delle persone e che la stessa ricerca narrativa è diventata così un'importante mezzo per comprendere la cultura degli insegnanti ossia: gli insegnanti come ricercatori di se stessi. Attualmente la ricerca didattica attribuisce un rilevante valore alle testimonianze degli insegnanti e quindi ne sollecita la produzione in forma narrativa, ciò significa contribuire a costruire il sapere didattico mediante la testimonianza orale e scritta. Il narrare deve però scaturire sul reale, il pensare non è al servizio di un autismo epistemico, quello che nel reale cerca solo conferme, ma è piuttosto al servizio del sentire dell'esperienza. Non solo pensiamo l'esperienza ma inevitabilmente la sentiamo. Il razionalismo con cui interpretiamo la ricerca ci fa stare distratti rispetto al sentire. Allora bisogna sollecitare gli insegnanti ad aprirsi ad una riflessione scritto. L'obiettivo principale consiste non nella pretesa di afferrare oggettivamente la pratica e di valutarla, bensì, nell'apertura interpretativa e nella disponibilità di comprensione con cui i ricercatori si accostano alla testimonianza dei pratici. Scheda: Il metodo quantitativo Il metodo quantitativo non fissa le generalità, le ricorrenze, quanto le specificità. La formazione, l'educazione, l'apprendimento è sempre processo di singoli. In didattica è soprattutto statistico, cioè, fissa la presenza di una variabile e tramite le coordinate numeriche registra la presenza di un effetto, e lo rende valido. Infine, possiamo dire che chiunque scrive per raccontare del sé professionale lo fa in modo ammirevole, fa di tutto per apparire puro e mite ispirando emozioni soavi. Per concludere possiamo dire che far scrivere racconti delle pratiche di insegnamento significa mettere a disposizione dei giovani docenti un capitale di sapere di densa rilevanza professionale. 1.2.2 La restituzione Quando l'oggetto di studio sono le persone è opportuno far conoscere i risultati della interpretazione fatta dal ricercatore. Intesa come trasmissione, la restituzione si configura come un comportamento motivato dalla deontologia professionale del ricercatore nell'ambito delle scienze umane. Ciò apre un dibattito molto significativo che fa passare gli insegnanti da uno stato di attivismo non riflessivo a uno stato di rianalisi del loro lavoro, questo passaggio consente di: riconoscere soggettività agli insegnanti nella lettura dell'itinerario di indagine, far conoscere l'interpretazione del proprio scritto, cioè dalla discussione nascono idee per comprendere ancora meglio. Valorizzare l'incontro fra ricercatori e insegnanti e parallelamente tra università e scuola. Assegnare una prospettiva in cui il mutamento della situazione di partenza è subordinato alla crescita in consapevolezza di tutti gli attori coinvolti. Scheda: La ricerca-azione È un modello di ricerca empirica che intende risolvere i problemi della pratica didattica così come si danno all'interno di uno specifico contesto formativo. Di fronte a un problema non cerca subito la decisione, ma antepone una fase di analisi e una definizione del problema stesso, infine formula un'ipotesi di soluzione che sarà messa alla prova. Scheda: Evidence Based Education Ha l'obiettivo di promuovere l'applicazione di varie conoscenze e strategie che abbiano avuto un riscontro positivo nelle ricerche empiriche. Per evidenza si intende un'affermazione che stabilisce una relazione causale fra un fattore e un preciso effetto, queste sono necessarie per progettare azioni che poggiano su dati certi da garantire interventi efficaci, da qui si ricavano linee guida che offrono al maestro una cornice di riferimento quando si trova ad affrontare situazioni problematiche. Scheda: Le ricerche sul campo/in classe Le ricerche sul campo/ in classe, sono orientate a mettere in luce l'articolazione fra diverse dimensioni privilegiando l'osservazione, la descrizione, l'interpretazione delle pratiche effettive. Si tratta di scegliere l'approccio che rispetti la multidimensionalità della pratica dell'insegnamento: induce a riconsiderare la distinzione fra gli studi delle didattiche disciplinari incentrati sulla gestione dei contenuti e sollecita a tenere conto sia delle ricerche sulla dimensione pedagogica che si focalizzano sul senso delle azioni, sui valori, sui significati, sia delle indagini sulle dimensioni psicologiche, culturali e sociologiche incentrate sugli attori e sulle loro strategie. Questi lavori sono incisivi se si vuole effettivamente capire la reale pratica educativa. Scheda: Un itinerario di ricerca Prima di abbozzare un itinerario di ricerca è importante rilevare che avere a che fare con le pratiche di insegnamento significa non indagare su qualcosa di immediatamente riscontrabile ma riferirsi a costrutti piuttosto che a eventi: rimanda di solito alle azioni routinarie che il docente svolge, alle attività, agli atti carichi di senso, alle modalità di relazione e di interagire con gli alunni. 1.2.3 Il ruolo degli altri saperi scientifici Molto importante è il contributo delle scienze dell'educazione e anche altri campi della conoscenza scientifica, in particolar modo la conoscenza della mente e del cervello. Finora l'accento è stato posto più sulla mente e meno sul corpo, nello specifico sul cervello. Il corpo svolge una funzione di mediazione sensoriale tra cervello e mondo esterno ma è grazie ad esso che sviluppiamo apprendimento e produciamo conoscenza realizzando esperienze. Il cervello non è un semplice accumulatore di rappresentazioni mentali ma è un organo fortemente strutturato con regole di funzionamento proprie e comuni a quasi tutte le culture e a tutti gli esseri umani. La nostra mente è strutturata per aggiungere informazione a ciò che la materia ci mostra, è una macchina nata per fare previsioni: se penso, aggiungo, quindi prevedo. Oggi il cervello umano è concepito dagli studiosi come l'esito di continui processi di variazioni, l’evoluzione impara attraverso la selezione naturale e immagazzina conoscenze sull'ambiente nel genoma: il cervello ha scoperto e inventato i mezzi per adattarsi il più rapidamente possibile a condizioni imprevedibili. Stanislas Dehaene è un fautore della teoria del cervello bayesiano (siamo statistici innati), individuiamo regolarità ed eccezioni dell'ambiente per imparare nuove lezioni. La teoria bayesiana sarebbe la soluzione all'antico dilemma dell'empirismo contro il nativismo/razionalismo. Scheda: Il ragionamento bayesiano Il ragionamento che gli studiosi chiamano bayesiano, dal nome di Thomas Bayes, procede come un susseguirsi di congetture che noi formuliamo mettendo insieme i quadri della realtà che ci giungono dal tatto, olfatto, vista e udito. Leggere e calcolare procedono riciclando funzioni più antiche messe al servizio di nuove abilità attraverso la plasticità cerebrale. Plasticità che è limitata da vincoli genetici e dovuti allo sviluppo. Il periodo in cui apprendiamo di più raggiunge il picco della prima infanzia, successivamente l'istruzione è il principale acceleratore del nostro cervello per questo Dehaene raccomanda di investire molto nella scuola dell'infanzia e nell’istruzione primaria. Nella capacità di apprendimento sono coinvolti quattro meccanismi essenziali: L'attenzione che seleziona le informazioni su cui ci si focalizza; l'impegno attivo o motivazione che incoraggia la formulazione di nuove ipotesi; il ritorno sugli errori che consente di correggere; il consolidamento che memorizza le informazioni a lungo termine specialmente durante il sonno. Il sapere dell'insegnare oggi non può non avvalersi degli apporti delle neuroscienze. Scheda: La plasticità cerebrale La plasticità cerebrale è il punto di forza del cervello perché è la proprietà di modificare sé stesso e di autoripararsi, ed è anche il motivo per cui può evolversi nel corso dell'intera esistenza. Ma alle grandi potenzialità del nostro cervello va posto il grande rischio della sua infiammazione cronica che provoca l'invecchiamento precoce e induce patologie come la depressione, il Parkinson e l'Alzheimer. I neuroscienziati sono impegnati nella ricerca di metodi che contrastino la neuro infiammazione. Gli studi di neuro scienze offrono ogni giorno modelli sempre più dettagliati del funzionamento cognitivo umano che la Didattica deve tradurre in istanze operative da validare attraverso la ricerca empirica sul campo. Gli approcci scientifici più significativi sono tre: 1. La scoperta dei Mirror neurons 2. la scoperta dei marcatori somatici 3. la teoria previsionale di Frith tutti e tre fanno riferimento a un repertorio costruito da esperienze corporee, così come la nozione di simulazione che ha assunto un ruolo centrale nelle teorie dell’embodied cognition. Giacomo Rizzolatti sostiene che la scoperta dei neuroni specchio dovrebbe indurre a rivedere il modo di insegnare delle nostre scuole perché questa scoperta ha dimostrato come osservare gli altri, imitarli, ripetere molti gesti essenziali, costituiscono il fondamento dei processi di apprendimento da cui muovere per conseguire i risultati positivi delle scuole. La Teacher Education (Parte seconda) È fondamentale che l'insegnante abbia una preparazione culturale ampia e una formazione teorica relativa alle discipline psico-socio-cultural-pedagogiche, ma molto importante è anche la pratica. Per molto tempo si è affidata la formazione soltanto a congegni trasmissivi e assimilativi in modalità top down: le regole professionali formali, poste a priori senza collegamenti con la pratica di insegnamento, non forniscono più i quadri generali di quello che si deve fare in classe o non fare, come e a che proposito farlo. Questo punto è molto importante perché la mancanza di una preparazione ad affrontare la complessità delle situazioni scolastiche reali provocherebbe nei futuri docenti quei fenomeni che da diversi studiosi vengono chiamati reality shocks, transition shocks. La formazione esperienziale odierna si scrive in un movimento degli anni 70 in cui, grazie allo sviluppo dell'educazione permanente, il modello dominante della trasmissione delle conoscenze e del capitale culturale viene superato. È l'atto di autoformazione e quindi va valorizzato, esteso, fatto divenire nuovo paradigma della teacher education contemporanea: decostruire e ricostruire evidenziano sempre la problematicità del tracciato di ogni professione, la quale, proprio quando si ripensa, si rinnova. Una professionalità consapevole, critica, responsabile, si ha grazie all'acquisizione approfondita dei saperi disciplinari e delle corrispettive metodologie, ma anche attraverso un costante esercizio di procedure di revisione critica delle esperienze vissute, delle azioni messe in essere, dai guadagni conoscitivi che tali esperienze hanno prodotto. Ogni docente sa che tutto ciò che avviene in classe non ha alcun valore formativo se non viene posto ad analisi e alla riflessione e perciò riprese a posteriori all'interno di una struttura, il laboratorio didattico, che permette scambi, confronti e apporti dialettici finalizzati alla francamento della competenza, volta a sapere analizzare e a sapere intervenire in situazioni in un quadro coordinato con i colleghi. Il laboratorio didattico produce una conoscenza esplicita costituita in vista dell'azione e a seguito dell'azione e dunque sempre mediante la riflessione. Sono diversi e molteplici tipi di laboratorio didattico, tra questi la clinica della formazione che si caratterizza principalmente per un coinvolgimento emotivo affettivo sia del soggetto informazione che dal conduttore del laboratorio, sollecitati entrambi a realizzare un percorso comune di co-costruzione attraverso un confronto intensivo di esperienze attuali e remote. La formazione attraverso la ricerca che si qualifica per il suo orientamento euristico ha contenuto socio professionale, si tratta di mettere a punto strumenti di analisi delle pratiche professionali correnti. Osservazione reciproca realizzare una simmetria di osservazione che consente all’osservato di diventare osservatore. Simulazioni o gioco di ruolo. Sperimentazione. Il racconto orale nel Lab del consiglio di classe. 1 Writing as teacher education Altra prospettiva si fonda Sull'approccio narrativo costruito intorno alla “teacher education as reconstruction”: la formazione si configura come un processo di rielaborazione, riflessione, approfondimento scritto su quanto si vive nel curricolo formativo. Il significato profondo di questa prospettiva si basa sul fatto che in ogni momento delle nostre vite, in classe o meno, la nostra intera persona è lì, il nostro passato è lì. Dunque, percorsi mirati a invitare a narrare e rinarrare le loro esperienze durante la partecipazione ai programmi di formazione dell'insegnamento. In sintesi, possiamo dire che lo scrivere di sé sollecita e abitua il giovane insegnante a coltivare la pensosità e la lentezza introspettiva; ascoltare se stesso per essere così capace di ascoltare anche l'altro; delineare attraverso gli eventi un senso in modo consapevole, critico, aperto e responsabile; dare al processo formativo un traguardo personale, una visione razionale, per raggiungere alcuni obiettivi quali: scoprire, conoscere e potenziare i livelli di motivazione; affinare la consapevolezza del ruolo delle emozioni in ambito lavorativo; fornire nuove prospettive per la comprensione dei propri bisogni e anche di quelli dei colleghi e degli studenti; contribuire a diminuire la percezione dello stress; incrementare la capacità di ascolto e di comprensione degli altri. Passiamo ora alla distinzione fra il dire e lo scrivere di pratica e il dire o lo scrivere la pratica: scrivere di pratica fa pensare a chi scrive stando fuori dalla storia, dall'insegnamento, e può essere proprio chi rimane ai margini dell'insegnamento cioè compilatori di manuali o di testi di didattica per fare divulgazione; scrivere la pratica fa pensare invece a chi scrive stanno all'interno della storia quindi la vive, la dice, la racconta. Scheda: Le narrazioni autobiografiche Jerome Bruner considera lo studio delle narrazioni autobiografiche fondamentale per la ricerca psicopedagogica poiché da ciò si rileva l'informazione sul modo in cui la persona riesce a organizzarli. In questo modo l'insegnante può risignificare la propria identità professionale, la conoscenza pratica personale è un modo particolare di ricostruire il passato e le intenzioni del futuro allo scopo di confrontarsi con le esigenze della situazione attuale. Scheda: I ricordi professionali Recuperare i ricordi professionali comporta un'operazione riflessiva che connota il ricordo perfino attraverso la presunta cancellazione dei segni impressi nel tempo, ci sono alcuni ricordi che si pescano nell'inconscio e ciò porta alla luce pregiudizi, blocchi o quei momenti che hanno generato i maggiori cambiamenti. Tutte quelle occasioni in cui è stato possibile vivere la sorpresa sono talvolta un vero e proprio insight cioè una versione improvvisa e illuminante della propria situazione. La risorsa autobiografica si capitalizza nella capacità del singolo di cogliere insight fulminanti, immagini che spingono la consapevolezza al di là delle sue paure. Diviene il dispositivo per riconoscere, nominare, oggettivare ed elaborare l'esperienza della formazione professionale: si apre alle letture e alle riletture, alle decostruzioni e alle ricostruzioni e perciò alle riscritture. 2 Verso la doppia polarità C'è uno spazio di interazione dialettica fra l'una e l'altra polarità nella formazione docente: la logica della congiunzione e non della disgiunzione: teoria e pratica, pensare fare, studiare e agire. Studio continuo, cultura generale, aggiornamento professionale sono naturalmente imprescindibili comportamenti per una formazione continua di un docente. Il “fare scuola” coerente ed efficace postula un mix di conoscenze teoriche aventi come riferimenti situazioni educative reali. Gli interventi dell'insegnante che intendono promuovere l'apprendimento non possono prescindere dalla progressiva conoscenza di come funziona la nostra mente; infatti, il nostro cervello non è un semplice accumulatore di rappresentazioni mentali, ma un organo fortemente strutturato con regole di funzionamento proprie e comuni a quasi tutte le culture e a tutti gli esseri umani. L'insegnante favorisce una fecondazione reciproca e bidirezionale tra il mondo delle neuroscienze e quello della pratica della didattica quotidiana. In conclusione, va tenuta presente la presa in carico della consapevolezza delle proprie credenze, di concezioni poco articolate, implicite, ma che sembrano influenzare in maniera notevole i processi cognitivi: idee ingenue; credenze personali; concezioni spontanee. La vulnerabilità della nostra esistenza e del nostro mondo soggettivo, condivisa con gli altri individui o colleghi, costituisce il mezzo attraverso il quale possiamo superare la nostra solitudine e trovare il conforto e il riconoscimento di cui abbiamo bisogno. Il destinatario di una condivisione di emozioni viene sollecitato a esprimere messaggi di conforto, di necessità profonda di senso: rifare ordine per capire quello che è successo e per ristabilire il senso. Risulta fondamentale la necessità del possesso di specifiche competenze e psicopedagogiche, socio-relazionali, insieme a quelle didattico-pedagogiche e culturali legate alle discipline di insegnamento, e per concludere si richiedono nuove competenze nell'utilizzo delle tecnologie. 2.1 La funzione formativa del ricercatore Gli insegnanti sono la fonte privilegiata della ricerca didattica, serve che ciascun insegnante sia in grado di dire quello che fa. Vediamo ora come si pone il come accendere e coltivare il desiderio di dire, di raccontare e di essere capace di scrivere per cercare di capire quello che si fa insegnando, per cercare di far emergere quella soggettività magistrale fatta dall'insieme degli atteggiamenti, della storia personale, della vita del sentire che è proprio di chi è impegnato nell'istruzione scolastica. Ciò solleciterà in seguito il ricercatore a rintracciare nell'esperienza del docente, nei fatti che sono capitati, i tratti di cui l'insegnare e l'educare sono costituiti. Si inizia dunque un lavoro di animazione all’esplicitazione che si basa sulla capacità di porre domande utili a rievocare l'esperienza con attenzione e simpatia, cioè, far scrivere ciò che un'insegnante è riuscito a fare e che ha capito, mentre agiva, e che è riuscito ad ottenere degli esiti. In questa prospettiva si assumono forme di accompagnamento nel facilitare la produzione di racconti didattici, in particolari quelli in grado di orientare e sollecitare l'insegnante a trovare il tempo per scrivere e successivamente stabilire un dialogo costruttivo con il ricercatore. John Dewey definisce essenziali le posture epistemiche, cioè il cercare alternative, il riconoscere le conseguenze del proprio agire, il praticare una continua analisi. Quando il narrare è supportato da queste posture cognitive allora il lavoro di indagine consente agli insegnanti di non dare nulla per scontato e che ogni dimensione dell'esperienza possa divenire oggetto di esplorazione scientifica e sistematica. Un problema aperto è quello di trovare un alfabeto della conoscenza pratica per riuscire a dirla con un registro perspicuo, pertanto una particolare attenzione va nel sollecitare e formulare un racconto credibile e realistico, cioè dalle condizioni favorevoli utilizzate alle difficoltà incontrate e dunque alle strategie messe in opera per affrontarle e superarle; incoraggiare a rendere esplicite le sue teorie di azione; non trascurare quell'ordine del discorso, come afferma Foucault, riferendosi a rituali, regole, gesti, spazi e tempi; invitare l'insegnante a saper dire della sua vita professionale includendo le difficoltà incontrate e gli errori commessi, proprio perché il fallimento è una condizione favorevole per apprendere a migliorarsi; stimolare a parlare delle sue esperienze in riferimento agli incidenti critici e alle emergenze, rassicurandolo circa la loro significatività; curare la forma linguistica. Il ricercatore a sua volta deve avere fiducia dell'interpretazione offerta dall'insegnante: in termini di sincerità, realismo e credibilità, per cui egli deve fare attenzione a non confondere la sua prospettiva di analista esterno che deve spiegare l'azione che si svolge sotto i suoi occhi con la prospettiva di coloro che sono in situ, in prima persona, a svolgere le loro pratiche didattiche, inoltre è bene sottolineare l'importanza di considerare come effettivamente persone che si comportano a prescindere da come riteniamo o pensiamo che facciano e l'importanza del while working as teacher (mentre lavorava come insegnante). L’apporto del digitale (Parte terza) La tecnologia digitale sta diventando una commodity: il contesto odierno è decisamente cambiato, prima con il web poi con il cloud e con le città smart. Tutti gli oggetti avranno un computer con velocità crescente, ciò servirà a raccogliere dati e a comunicarli a chi li inserisce nei big date. Spostare atomi richiede tempo, spostare dati non richiede tempo, è istantaneo. Il problema vero è chi gestisce quei dati, chi li raccoglie e chi ne governa l'accesso. Nell'arco di poco tempo la realtà a cui siamo stati abituati a vivere si è arricchita di una dimensione immateriale, e chi controlla questa dimensione controlla l'accesso a mercati, informazioni e relazioni. In epoca COVID-19 la Dad si è rivelata una vera e propria leva strategica in grado di ampliare e perseguire la missione fondamentale di qualunque istruzione formativa e culturale, da qui la necessità dell'uso maturo delle tecnologie informatiche ovvero capire e gestire una tecnologia diventa un processo reiterativo di adattamento all'innovazione. Si diffonde nel mondo anche l'istanza forte di una innovazione che sappia abbinare gli sviluppi della scienza e della tecnologia a un rinnovato umanesimo: lo Stemanesimo (scienze, tecnologia, ingegneria, matematica). Per sei secoli l'Italia è stata la culla di quella creatività che, abbinata alle competenze tecniche, è sfociata in innovazioni in grado di contribuire al progresso dell'umanità arricchendola di nuove potenzialità. 1 Una nuova configurazione del sapere Esiste un modo diverso di potenziare il sapere, fatto di domande, di confronto, di ascolto. La conoscenza avanza grazie a un insieme di buone domande, di valide teorie, di intelligenti sperimentazioni e di nuovi interrogativi. Un sapere quindi caratterizzato dal potenziamento cognitivo, ovvero l'amplificazione delle capacità mentali di base, e legato strettamente al cognitive empowerment, ossia affinare la conoscenza e l'uso regolato di strategie di studio, assumere convinzioni e percezioni di sé adeguate che sostengano l'intero processo attraverso il quale si riparte dopo una defaillance, da qui specificatamente: insegnare non solo i contenuti ma anche i processi attraverso i quali si apprende; automatizzare l'uso delle rappresentazioni mentali; abituare giovani ad affrontare problemi inediti; fornire suggerimenti pratici tratti dall'esperienza per svolgere attività in modo ottimale. Un sapere basato su una nuova cultura digitale ma che non trascuri la cultura tradizionale basata sui classici letterari e scientifici. Scheda: Il sapere da acquisire Preoccupata di fornire una professione, la società mette fra parentesi il gusto del pensare. È ancora possibile, attraverso lo studio serio e la ricerca vera, alimentare nei giovani la rilevanza dello scegliere nel costruire il proprio progetto di vita facendo guardare a quella Sapienza che è conoscenza e sapore delle cose della vita. Un insegnamento, insomma, che indichi una serie di ragioni, i valori per cui vale la pena di vivere. 2 Una innovativa metodologia didattica L'innovazione metodologica favorisce la possibilità concreta di personalizzare l'insegnamento-apprendimento e si basa su percorsi diretti a stimolare la creatività e ad accendere la curiosità generale e quindi gli interessi e le passioni dei discenti. In che modo? 1. Promuovendo l'uso attivo delle preconoscenze e l'elaborazione dei contenuti; 2. Fornendo un continuo e adeguato supporto cognitivo e motivazionale; 3. Utilizzando in modo sistematico il feedback, che è molto importante. Il One to One teaching, il feedback immediato e specifico sul dato di apprendimento e la didattica tutoriale sono indicazioni di lavoro emergenti della ricerca recente; 4. Praticando la didattica dell'accompagnamento; 5. Rendendo autonomo lo studente nella costruzione, nella autovalutazione delle proprie rappresentazioni; 6. Gestendo il carico cognitivo: l'insegnante attraverso sequenze istruttive deve ottimizzare il carico cognitivo intrinseco per ridurre al minimo quello estraneo; 7. Facendo svolgere attività di gruppo strutturate: a) Reciprocal teaching b) Peer tutoring c) Small group learning d) Figsaw (prevede la formazione di gruppi che approfondiscono ciascuno un argomento e poi la ricomposizione di nuovi gruppi in cui ci sia un soggetto che possa esporre agli altri il tema su cui lavorare) e) Peer explaining (costruire occasioni di confronto perché la realtà non si appiattisca su semplici opinioni). Infine, l'innovazione metodologica tende a favorire processi inclusivi, costituire un sostegno per gli allievi in difficoltà, considerare i talenti, valorizzare la diversità delle intelligenze. Aver imparato a compensare l'assenza offre l'opportunità di riflettere sul miglioramento nell'uso del digitale, un'indagine Ipsos, commissionata dall'intesa San Paolo, ha evidenziato che il lockdown ha spinto il pubblico a sperimentare nuove forme di consumo digitale, eventi, conferenze, dibattiti, che grazie alla digitalizzazione possono essere consultati, studiati, riprodotti, pubblicati e divulgati a titolo gratuito. L'elemento di simulazione, la capacità di costruire modelli e di confrontarli sperimentalmente, l'elaborazione di dati alfanumerici rendono lo smartphone un mezzo attivo di apprendimento. Il processo formativo va composto di elementi differenti, alcuni di natura emotiva che si esplicitano attraverso l'interazione con l'insegnante e i compagni; altri di materiali didattici da condividere come: pagine web, video, documenti in ogni formato; altri ancora di riferimenti bibliografici, testuali e video. È importante che vengano potenziate e valorizzate le relazioni formali e informali tra tutti, la relazione educativa è uno scambio diretto e immediato di esperienze, di pratiche e di competenze, che le tecnologie possono potenziare ma non sostituire. Durante una lezione il docente può arricchirla utilizzando dei testi di supporto cioè dei rimandi: quando il docente deve spiegare le teorie di un certo autore apre una sorta di parentesi con il rimando al testo di quell'autore; con il digitale non è più necessario poiché se si deve svolgere un'argomentazione che implica il ricorso a un testo non si deve interrompere il filo della spiegazione ma si crea un link nel testo e si mette il testo di riferimento così chi segue può andarsi a vedere subito il testo con un clic o tornare a vederlo, dopo aver seguito il ragionamento del docente. Scheda: Didattica tutoriale Il tutoring è ormai centrale nel processo formativo che dura tutta la vita, a seconda delle diverse età e delle funzioni che deve svolgere, la persona ha sempre più bisogno di essere assistita nel suo percorso di apprendimento da sostegni umani, culturali e organizzativi che lo aiutino a crescere nel sapere, nella verifica soggettiva e oggettiva, nelle motivazioni a proseguire nel percorso formativo. Al tutor spetta un insegnamento basato sull'osservazione, sull'assistenza e approssimazioni successive. In Europa si parla di accompagnamento proprio perché le forme di sostegno, di aiuto, sono molteplici e variegate, il tutoring è ritenuta una risorsa per avviare un'azione didattica costituita sull'informazione-sostegno-governo delle differenze, e può anche svolgere una funzione di coordinamento, per esempio, facilitare l'integrazione fra i saperi, la collaborazione fra i docenti, la reciproca apertura fra università e extrascuola. Scheda: Didattica dell’accompagnamento L'accompagnamento costituisce una delle modalità di sostegno nelle pratiche sociali, centrate sulla formazione degli adulti. Secondo Guy Le Bouedec tale situazione di emergenza socio-storica è stata innescata negli anni 70-80 allorché la famiglia, la scuola e la chiesa sono andate in crisi, l'accompagnamento diviene la maniera di gestire delle situazioni di crisi, mirato soprattutto ad aiutare le persone fragili. Scheda: Deep learning Pensare è molto di più che imparare dalle esperienze, il cervello umano non si limita ad apprendere ma si pone ad un livello superiore, cioè, apprende ad apprendere. Un vero apprendimento deep dovrebbe essere un meta-apprendimento reale cioè, da ogni apprendimento specifico le strategie aiutano ad apprendere con più efficacia una situazione del tutto diverso dalla prima. In breve, significa saper catturare da un'esperienza quelle regole astratte che possono generare regole utili per apprendere un'altra esperienza parzialmente o totalmente diversa dalla prima. Ecco il significato di apprendere ad apprendere: pensare e quindi pensare i propri pensieri essere consapevole di quello che uno sa e di ciò che non sa. Scheda: Scaffolding Un contributo rilevante è quello di Vygotsky, che ritiene l'apprendimento concettuale un'impresa collaborativa: un adulto allaccio con il bambino, un dialogo inteso a fornirgli indicazioni e appoggi che gli consentano una nuova salita, facendogli fare quei passi avanti di cui egli da solo non è ancora in grado di apprezzarne il significato. Tale sostegno è costituito dal costrutto teorico dello scaffolding, che individua la funzione cognitiva di “sostegno per elaborazione”, di cui il soggetto ha bisogno per imparare, ricordare, elaborare. 3 Un’inedita organizzazione dello spazio-tempo La contestualizzazione dell'apprendimento necessita di una traduzione digitale della tradizione per creare un nuovo spazio- tempo della formazione. Spazio: nel quale e attraverso il quale si rendono possibili il confronto intellettuale e le esperienze fruttuose vissute. Tempo: la nuova organizzazione del tempo di insegnamento può consentire la contestualizzazione dell'insegnamento- apprendimento. Il contesto favorisce “l'azione situata”, le diversità che rappresentano opportunità di arricchimento personale e professionale, creando le basi per lo sviluppo di abilità di dialogo e di lavoro con gli altri. L'esigenza di usare nella pratica didattica le tecnologie digitali risiede nella consapevolezza di dover educare le nuove generazioni a un loro utilizzo selettivo e responsabile, ciò spetta a ciascun insegnante. L'utilizzo delle tecnologie digitali nella pratica didattica svolge una duplice valenza formativa: come uno degli obiettivi principali di apprendimento e come mediatore utile a dispiegare molte strategie didattiche. È l'obiettivo che anima la Media Education, i principi fondamentali che la ispirano, primo fra tutti la promozione della Media Literacy cioè la capacità di accedere e utilizzare consapevolmente gli strumenti digitali. È riduttivo limitarsi solo a carta e penna quando invece c'è un immenso spazio che dallo schermo del computer si estende nelle capacità infinite della memoria digitale. Si pensi per esempio a come si potrebbe far conoscere la storia attraverso ricostruzioni virtuali del passato e insegnare la geografia e navigando nelle città o in un luogo che susciti la curiosità o ancora la storia antica con passeggiate dirette a scoprire le narrazioni che un luogo nasconde e a seguire le tracce di chi ci è stato prima. Quindi ciò consente una conoscenza quasi diretta degli eventi passati o recenti. Insegnare non è soltanto trasmettere contenuti quanto piuttosto allestire tutte quelle molteplici opportunità in grado di innescare in ciascun ragazzo dinamiche di apprendimento formativo, da qui uno in continuo lavoro di ricerca e di individuazione di percorsi in grado di conseguire gli obiettivi prefissati nelle reali situazioni formative. Si rende sempre più possibile offrire agli studenti di ricevere feedback immediati, colmare le distanze, potenziare le abilità cognitive, valutarsi e correggersi, lavorare con ritmi più congrui. Didattica con l'uso del digitale offre ai docenti opportunità per gestire-monitorare l'attenzione del soggetto-studente in modo da mantenerla focalizzata sul compito, fornire suggerimenti pratici per svolgere attività in modo ottimale, utilizzare in modo positivo le dinamiche di gruppo in termini di consapevolezza, riflessività; migliorare la capacità di riflettere sulle pratiche didattiche e sulla possibilità di modificarle, acquisire nuovi linguaggi nuovi strumenti per l'innovazione didattica, superare una modalità esclusiva di relazione educativa trasmissiva. Infine, possiamo dire che servono docenti in grado di governare il potere che si dà in mano ai giovani con il digitale, così si educano i giovani anche alla cittadinanza digitale. Si apre una relazione significativa asimmetrica nella quale la studentessa e lo studente imparano dal docente e il docente impara da entrambi, rendendo reale una relazione autentica, in questo modo l'insegnante interrompe la sua lezione per dedicare del tempo a ciascun alunno per entrare nel campo simultaneo dell'ambiente digitale. Scheda: Il contesto educativo Con il termine “contesto educativo” si intende il quadro socioculturale e organizzativo entro cui ha luogo un particolare evento interattivo al quale offre risorse per la realizzazione e dal quale è arricchito e modificato grazie agli interventi di tutti i partecipanti. Molto importante sono sia le dinamiche concrete: attraverso cui gli alunni apprenderò ciò che gli insegnanti richiedono loro; sia gli artefatti e oggi soprattutto le tecnologie dell'informazione. La tradizionale cultura scolastica tende a coltivare un'immagine individualistica dell'apprendimento, per cui si impara solo se si studia da soli anche se ormai è dimostrata l'efficacia dell'apprendere insieme, per cui va posta attenzione alle relazioni sociali che si stabiliscono. Scheda: Il feed-back Il feedback assume il ruolo di modalità continua di rilevazione delle informazioni sull'attività di insegnamento, orientata al sostegno-accompagnamento nell'assunzione di decisioni il cui intento sia il perseguimento di obiettivi determinati. 4 Un uso maturo delle tecnologie informatiche Gli insegnanti dispongono di alcune chance: la didattica blended, una didattica ibrida, senza margini rigidi, in rapida evoluzione, aperta per garantire modelli di insegnamento a elevata variabilità, tra “in presenza” e “a distanza”. La didattica ampliata consente agli insegnanti di vedere e sperimentare le nozioni con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, tramite laboratori virtuali stampanti 3D ecc. La didattica del con tende a fornire un adeguato supporto motivazionale, oltre a far vivere attività strutturate di gruppo. La Media Education è un approccio per affrontare temi e situazioni ricorrenti nella vita quotidiana, principalmente c'è la necessità di capire in che modo gli ambienti comunicativi e le modalità espressive in cui crescono le ragazze e i ragazzi di oggi possano diventare un'ulteriore opportunità per progettare e realizzare attività didattiche strategiche. Infine, saper alternare sia il rapporto con la realtà digitale sia con la realtà fisica. Un cenno va anche alle attività realizzabili attraverso Google classroom, tra cui: esercitazioni, forme plurali di coinvolgimento, somministrare test, gruppi di lavoro, gruppi di ricerca, interventi orali, interventi scritti ecc. La valutazione finale si può avvalere di un dossier elettronico che raccoglie gli interventi svolti in aula. La valutazione non può non tener conto delle forme di partecipazione attiva da parte dell'alunno quindi degli interventi orali e scritti, spiegazioni di brani dei testi da studiare e ancora fare domande pertinenti e impertinenti eccetera. In questa prospettiva, la valutazione non avviene soltanto nel giorno d'esame ma si configura come valutazione sommativa sia del profitto sia della partecipazione in classe. Si è fin qui disegnato un sapere didattico, una didattica generale, che dispone di propri occhiali, occhiali teoricamente formalizzi, graduati su una scala “induttivo-deduttivo”, che va dal noto all'ignoto, dal concreto all'astratto, dal vicino al lontano. Si ribadisce infine che non è possibile applicare grandi cambiamenti senza la formazione e la valorizzazione dei docenti e dei dirigenti più motivati e più aggiornati. Le tecnologie digitali possono svolgere un grande ruolo di abilitazione e miglioramento della qualità dell'insegnamento solo se vengono ampliate le opportunità di formazione. Scheda: La didattica del con La didattica del con si realizza negli spazi della condivisione, collaborazione, cooperazione: quasi un darsi la mano per fare un cammino di conoscenza, istruzione e educazione insieme. Oggi è diffuso il bisogno di celebrare la virtù di fare con gli altri, del fare con poco. Le nuove tecnologie consentono forme di conoscenza collaborativa, attraverso le quali è possibile evolvere il sapere comune con il concorso delle conoscenze individuali. Scheda: La scuola come comunità di conoscenza La scuola è uno spazio aperto dove il sapere condiviso arricchisce chi lo trasmette e chi lo riceve. La partecipazione a tale comunità fa sì che l'insegnante sia disposto a cogliere di opportunità di cambiamento, c'è bisogno di insegnanti che si rendano disponibili a tessere conversazioni, è appunto dall'insegnante che deve partire nella veste di soggetto che si mette in gioco in prima persona. Scheda: L’autorevolezza del docente L'autorevolezza del docente si attesta nel far apprendere agli studenti che l'uomo è sempre in cammino verso la propria umanizzazione avvalendosi dei contributi che i suoi simili possono offrirgli. Un'insegnante che accetta talora la posizione, in ruolo, di One down, e che testimonia di essere innamorato e appassionato della conoscenza, è senza dubbio di grande significato pedagogico. All'insegnante in questa nuova configurazione didattica non gli risulterà affatto difficile lasciarsi sfuggire le 1000 opportunità che l'insegnamento può offrirgli per mostrare soprattutto in termini contrastivi l'altra faccia della scrittura, nella vastità della sua gamma, cioè da quella letteraria a quella saggistica, dalla prosa scientifica alla poesia. Scheda: DigComEdu Abbreviazione di Digital Competence of Educators, delinea il quadro europeo di riferimento delle competenze digitali di docenti e educatori per poter utilizzare in modo efficace le tecnologie digitali nei processi di insegnamento e apprendimento. Realizzato nel 2017 dal centro Comune di ricerca della commissione europea, costituisce uno strumento di mappature delle competenze pedagogiche digitali necessarie ai docenti, descritti attraverso un linguaggio comune; ha inoltre lo scopo di raggiungere i livelli sempre più complessi di competenze da applicare alla pratica formativa. Il DigiEduComp individua 22 competenze suddivise in sei macroaree, ogni competenza è definita in base alle attività che la costituiscono ed è articolata in sei livelli di padronanza. Scheda: Forme plurali di comunicazione L'uomo ha utilizzato nel corso del tempo diversi strumenti per comunicare: dai segnali alla parola, dalla scrittura manuale alla stampa. Le funzioni comunicative che possono svolgere le tecnologie digitali sono: funzione organizzativa, cioè l'utilizzo di tecnologie digitali può velocizzare e rendere più efficace gli scambi comunicativi tra gli studenti, i docenti e le famiglie; funzione professionale, cioè la creazione di comunità di pratiche può essere incentivata dall'utilizzo di tecnologie digitali in grado di favorire la condivisione di esperienze e professionali con lo scopo di migliorare e rinnovare la pratica didattica; funzione didattica, cioè la compresenza di più media comunicativi i quali costituiscono una pluralità di mediatori didattici in grado di favorire l'organizzazione, l'elaborazione e la comprensione dei contenuti disciplinari, consentendo in tal modo un più efficace apprendimento da parte degli allievi. Considerazioni conclusive Le considerazioni finali riguardano il 2030. Tra qualche anno passeremo tutti del tempo con il metaverso, un nuovo spazio virtuale. Il nome è un omaggio a Neal Stephenson che descrive un mondo digitale tridimensionale, una realtà virtuale condivisa che permette agli utenti di fuggire da un mondo fisico diventato poco interessante. Fermi nello spazio di casa come utenti del metaverso indosseremo visori che assomigliano a maschera da sub e vivremo alcune esperienze del web 3.0: incontrare un amico che abita lontanissimo, fare un consulto medico o addirittura andare a un concerto. Alcune di queste esperienze saranno gratuite altri invece costeranno poco altre moltissime. Vivremo il 25% di vita fisica e il 75% di vita digitale. Esiste un'enorme differenza tra il metaverso descritto da Neal Stephenson e quello a cui stanno lavorando le grandi aziende tecnologiche: la caratteristica principale del nuovo metaverso è la realtà mista, la fusione del mondo virtuale a quello fisico. Indossando tutto il giorno un paio di occhiali ibridi potremmo vedere e interagire nel nostro ambiente fisico con persone e oggetti digitali, se mi muovo nel mondo reale, anche il mio avatar si muove nel mondo virtuale; se l'avatar viene toccato nel mondo digitale un feedback tattile viene fornito al corpo fisico. Per non pochi il mondo reale è una delusione, è scomodo, sempre in emergenza, dominato soprattutto dalla paura. Il metaverso appare a non pochi una buona alternativa: offre più chance di vita! Per concludere è importante ribadire il tema del senso dell'insegnare che significa dover fare i conti con i cosiddetti giudizi di valore in quanto la sua definizione di istruzione comporta il riferimento a una filosofia dell’istruire o comunque a una visione del mondo e della vita (Weltanschauung). Nell'insegnare-istruire è importante l'intenzione, le aspirazioni, le decisioni che sollecitano a operare una buona scelta; l'insicurezza, la paura, l'incognito, non ci devono portare a soccombere. Serve guardare un sapere dell'insegnare che aiuti a non far cadere la speranza per un mondo migliore, il contrario della paura non è il coraggio ma la voglia di desiderare di essere un soggetto umano libero e solidale. Se alla fine non si raggiunge la meta conta averla perseguita!