La Guerra Fredda di Joseph Smith PDF
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Università di Torino
Joseph Smith
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Questo documento descrive la Guerra Fredda dal 1945 al 1991, analizzando l'ascesa delle superpotenze, il problema della Germania, il contenimento del comunismo, e le origini della guerra fredda. Il testo evidenzia le dinamiche politiche e i conflitti ideologici del periodo. Si focalizza sulle strategie delle potenze coinvolte e gli sviluppi che hanno caratterizzato il periodo.
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Guerra Fredda di Joseph Smith Storia Università di Torino 35 pag. La Guerra Fredda 1945-1991 L’inizio L’ascesa delle superpotenze Usa e Urss svolsero nonostante la vastità delle dimensioni geografiche un ruolo marginale nel quadro polit...
Guerra Fredda di Joseph Smith Storia Università di Torino 35 pag. La Guerra Fredda 1945-1991 L’inizio L’ascesa delle superpotenze Usa e Urss svolsero nonostante la vastità delle dimensioni geografiche un ruolo marginale nel quadro politico internazionale nel periodo tra le 2 guerre quindi dal 1919-1939. I primi adottarono una politica di astensione dal coinvolgimento politico e militare detta “isolazionismo”. Decisero di rimanere neutrali difronte alle dispute europee. La seconda anche se confinava con l’Europa mantenne per volere del suo segretario generale un atteggiamento di sospetto verso i contatti troppo ravvicinati coi governi capitalistici, quest’ultimi si riteneva che fossero ostili all’esistenza del Comunismo. Settembre del 1939 scoppio della prima guerra mondiale. Gli Usa si mantengono neutrali nonostante la preoccupazione dei funzionari Americani nei confronti della diffusione di Regimi Fascisti. Questa neutralità si concluse con l’attacco Giapponese a Pearl Harbor 1941. Stalin non era dispiaciuto di vedere le potenze capitalistiche combattersi a vicenda. Giugno del 1941 attacco nazista all’Urss anche se nel 1939 firmarono il Patto di Non Aggressione. Nel 1933 Usa e Urss avevano stabilito accordi ma i primi nonostante questo erano ostili al comunismo ma vedevano come male maggiore l’ascesa del Nazismo. Comune terrore della Germania Nazista= Alleanza delle 3 Grandi(imperialismo britannico, capitalismo americano e Comunismo Sovietico). Destino dei paesi europei determinato da potenze fuori dalla loro zona geografica. Germania e Italia nazioni sconfitte. Gran Bretagna rinnovato orgoglio nazionale per aver portato a termine una grande missione ma allo stesso tempo declino di superpotenza e conseguente subordinazione economica degli Usa. 1947 Indipendenza Indiana. La Francia venne liberata e inserita successivamente nel novero delle superpotenze ma non poteva nascondere la stagnazione economica in corso, le sconfitte militari e la vergogna per aver collaborato con i tedeschi. Gli Usa traggono vantaggio dalla guerra: aumenta il Pil e la popolazione, presero il posto britannico di superpotenza. L’Urss aveva subito le maggiori perdite. Roosevelt aveva concesso all’Urss l’influenza sull’ Europa Orientale. Malgrado le proteste britanniche gli Usa concessero all’Urss il controllo sulla Polonia Comunista. Nel 1945 si risolse a Yalta la questione: vennero previste elezioni libere nei paesi liberati dalla tirannia nazista. Ottenne la partecipazione dell’Urss a combattere contro il Giappone; fu anche riluttante a prendere qualsiasi impegno post-bellico in Europa, le sue truppe se ne sarebbero dovute andare dopo 2 anni. Il Riconoscimento sul piano privato da parte di Roosevelt dell’esistenza di 2 sfere di influenza britannica e sovietica era contraddetto dai suoi discorsi pubblici che ribadivano il diritto dell’autodeterminazione e della diplomazia “aperta”. A Potsadam si riunirono per ribadire il desiderio di assicurare la pace e di evitare una 3° guerra mondiale. Il problema della Germania Reich annientato quando i 3 eserciti degli alleati si ritrovano trionfalmente nella pianura tedesca. Fu sottoposta a un governo militare e divisa in zone geografiche: I russi a est, i britannici a nord-est nella zona industriale della Rurh, gli americani al Sud e alla Francia parti tra la GB e gli Usa. Berlino divenne il quartier generale del Consiglio Alleato e divisa in 4 settori. Si voleva impedire il suo risorgere e si decise di sciogliere le forze armate tedesche. Si pensava ad una temporanea divisione del paese in zone. Le linee di una comune linea economica prevedevano lo smantellamento delle industrie belliche e di limitare la produzione economica favorendo solo un minimo vitale alla popolazione. La strategia venne ostacolata da Stalin che esigeva enormi riparazioni di guerra nella forma di trasferimento di attrezzature industriali. Non avendo subito invasioni o bombardamenti gli Usa non pretendevano riparazioni di guerra. Truman non cercava di mascherare l’ostilità personale nei confronti del comunismo. A Potsdam venne deciso che i sovietici avrebbero tratto il grosso delle riparazioni dalla loro zona, si mise in luce il desiderio americano di limitare il contatto sovietico con le zone occidentali. In contrasto con la dura politica di riparazione favorita dai Sovietici le autorità statunitensi adottarono un atteggiamento umanitario verso il paese sconfitto. Il governo britannico condivideva il sospetto statunitense che i sovietici stessero usando la questione delle riparazioni per mantenere la Germania economicamente debole. La cooperazione anglo-americana venne formalizzata nel 1946 con la decisione di combinare le 2 rispettive zone in un’unità economica separata, si chiamò: BIZONA. Tutto ciò avvenne poiché la GB aveva bisogno di dollari americani per finanziare le importazioni mentre gli Usa avevano bisogno di rifornimenti di carbone dalla zona britannica. Abbandono del progetto di una grande conferenza di pace per decidere le sorti della Germania a causa dell’impasse diplomatica. Il contenimento del Comunismo L’insediamento di un governo comunista in Polonia portò gli Usa ad accusare Stalin di essersi rimangiato l’impegno preso a Yalta. La questione venne affrontata direttamente da Truman con il Ministro degli esteri Molotov. Iran sotto occupazione anglo-sovietica dal 1941, gli occupanti si accordarono di liberarlo entro il Marzo del 1946. Notizia di permanenza di alcune truppe sovietiche in una provincia dell’Azerbaigian per aiutare un movimento separatista contro il regime dello scià. La ragione scottante era il controllo delle risorse petrolifere presenti nella regione. La questione venne sollevata alle Nazioni Unite ricevendo sostegno diplomatico americano. I sovietici decisero di rispettare l’impegno e di ritirare le truppe. Nel 1947 approvazione del National Security act: l’obbiettivo era di migliorare il flusso di informazioni al presidente tramite la creazione del National Security Council con funzione consultativa in politica estera e della CIA(Central Intellligence Agency) con la funzione di raccogliere e interpretare le informazioni provenienti dall’estero nonchè di intraprendere operazioni segrete in campo internazionale; inizio della politica di contenimento delle tendenze espansionistiche russe. Aggressione sovietica e ingerenza comunista nella guerra civile in Grecia(sfera di influenza britannica finchè la GB dichiarò di non riuscire a svolgere più un ruolo economico).Sospetti confermati dalle pressioni di Stalin al governo turco per assicurare alle navi sovietiche lo sbocco sul mediterraneo. Aiuti a Grecia e Turchia non inizialmente approvati dal Congresso ma con l’ingigantimento dello spauracchio comunista la situazione mutò: Il Congresso stanziò i 400 milioni di dollari(Dottrina Truman) per salvare i 2 stati dal comunismo. Piano Marshall poiché preoccupati dalle forti attività politiche comuniste presenti in Europa. Per farli approvare al Congresso volto a una politica di rigore finanziario, i funzionari del dipartimento misero in rilievo l’estrema gravità delle difficoltà economiche europee e il grave pericolo che costituiva per la stabilità dei governi democratici. Venne offerto anche ai sovietici che lo consideravano come un’alternativa alle riparazioni di guerra tedesche. Il programma esigeva che i benefattori fornissero dettagli sulle loro economie. La prospettiva di un’ implicita supervisione americana nell’economia sovietica apparve inaccettabile a Molotov. I sovietici corsero in soccorso e organizzarono una conferenza rivale: Il Cominform cioè l’ufficio di informazione dei partiti comunisti europei. In poco tempo venne elaborato uno schema per la ripresa economica dell’Europa Occidentale: 17 miliardi di dollari per finanziare l’Erp cioè l’European Recovery program in seguito al colpo di stato comunista del 1948 in Cecoslovacchia. Il dibattito storico sulle origini della guerra fredda Essa ha rappresentato il problema dominante dei rapporti internazionali durante la metà del 20secolo. L’esatta collocazione temporale del conflitto è stata materia di dibattito. Gli storici sovietici non avendo accesso agli archivi diplomatici si sono attenuti alla versione ufficiale del governo. Alcuni autori americani hanno fatto risalire la battaglia ideologica della democrazia contro il comunismo, le cui radici risalirebbero all’ascesa del potere bolscevica del 1917. Questa tesi risulta poco attendibile poiché nessuna delle 2 rappresentava una potenza militare. Altri autori ne fanno risalire l’inizio nel 1945 quando Stalin si rifiutò di consentire le libere elezioni in Polonia. Le tesi in questo dibattito sono 3: -Tesi ortodossa: gli autori ortodossi ritengono che Stalin mirasse alla conquista del mondo e andasse per tanto contrastato. Prevalente fino agli anni 60 -Tesi revisionista: i revisionisti isolano Truman come strumento di forze economiche e concludono che Stalin è stata una vittima delle irragionevoli pressioni esercitate dagli americani perché cedesse al disegno di una “porta aperta” globale cioè la creazione di un ordine economico internazionale di stampo liberale; sottolineavano anche che il leader sovietico era stato un alleato di fiducia degli Usa -Tesi postrerevisionista: i postrevisionisti sostengono che entrambi i leader perseguivano politiche pragmatiche e che dovrebbero condividere la responsabilità dei loro errori e malintesi che consentirono l’avvento della guerra fredda L’Europa in una situazione di stallo Il blocco di Berlino Il Piano Marshall prevedeva di imprimere un forte impulso alle economie delle 3 zone occidentali della Germania. I sovietici cercarono di impedire la creazione di uno stato tedesco occidentale anticomunista. Fu la questione della riforma valutaria a mettere in evidenza il deterioramento dei rapporti tra est e ovest cioè la sostituzione del Reichsmark con il marco tedesco. Come ritorsione per non essere stati consultati i sovietici si ritirarono dal Consiglio alleato di controllo nel 1948. Le autorità sovietiche imposero un blocco formale di Berlino chiudendo tutte le vie di accesso, gli abitanti dei paesi occidentali vennero tagliati fuori da ogni rifornimento. Il Generale Clay consigliò una prova di forza: l’invio di un convoglio americano per spezzare il blocco; ma il timore di una nuova guerra giocò contro il generale. Si decise per un ponte aereo per i rifornimenti. Le autorità occidentali dichiararono il blocco sovietico illegale e istituirono un controblocco nei confronti della zona orientale. Il 12 Maggio del 1949 Stalin riconobbe la propria sconfitta e riapri tutte le vie di accesso alla città. La crisi di Berlino accellerò il processo di Anticomunismo in Europa Occidentale. Le 3 zone Occidentali nel settembre 1949 istituirono la Repubblica Federale tedesca e Stalin nell’Ottobre la Repubblica Democratica Tedesca La Creazione della Nato La crisi di Berlino riaccese i timori occidentali di un’aggressione comunista. Nel 1948 Olanda, Benelux, Francia e GB avevano firmato il patto di Bruxelles che prevedeva assistenza militare in caso di guerra. Il trattato Nordatlantico firmato a Washington dai paesi firmatari del Patto di Bruxelles e da Canada, Danimarca, Islanda e Italia desiderosi della potenza militare americana a protezione dell’Europa. “Concetto dello scudo e della spada”: L’Europa avrebbe fornito lo scudo nella forma di forze terrestri convenzionali per fermare un attacco sovietico mentre la spada sarebbe stata rappresentata dalle armi atomiche del Comando aereo strategico americano. La scoperta nell’agosto del 1949 del Test Atomico portato avanti con successo dai sovietici lasciò gli esperti americani allibiti poiché non si sarebbero aspettati un simile sviluppo per almeno altri 20 anni. Il tramonto del monopolio atomico statunitense coincise con la conquista della Cina da parte dell’esercito popolare di liberazione comunista. Il clima di prevalente ansietà a Washington trovò riflesso in una revisione nota come Nsc-68 un rapporto segreto che venne completato nel 1950. Esso sosteneva che la potenza militare degli Usa era inadeguata ad adempire al ruolo di potenza mondiale. Anche se la Nato prevedeva nei suoi piani difensivi la Germania Ovest il paese non era membro dell’alleanza atlantica e non poteva offrire il minimo contributo alla sua difesa. La logica di incorporare truppe tedesche nella Nata venne infine accettata dall’amministrazione Truman Il Riarmo L’accellerazione della corsa al riarmo tra le superpotenze ebbe come un risultato l’intensificazione della Guerra Fredda. Venne aumentata la consistenza numerica dell’armata rossa. Inoltre risorse supplementari vennero assegnate a programmi di ricerca che avrebbero portato i sovietici allo sviluppo della bomba a idrogeno. Lo spettro del riarmo tedesco e l’inclusione della Germania nella Nato venne usato come strumento di propaganda per giustificare i sacrifici imposti e chiederne di nuovi. La controparte sovietica alla Nato era il Patto di Varsavia annunciato nel 1955. Elezione nel 1952 di Eisenhower come presidente dovuta alla sua campagna elettorale basata sul desiderio di liberare l’Europa dell’Est dalla tirannia comunista, il principale esperto di affari esteri Dulles propugnò la fine della politica del Contenimento adottata da Truman e basata sul riarmo a favore del New Look che prevedeva una riduzione delle forze convenzionali spostando l’attenzione sull’importanza strategica delle forze aeree. Gli Usa dovevano prendere iniziativa nella guerra fredda visto l’esempio della superiorità morale del mondo libero. Venne condotta una guerra di parole. Nel 1952 l’alleanza venne estesa al Mediterraneo orientale con l’adesione della Grecia e della Turchia. La questione che stava a cuore dell’amministrazione Eisenhower era assicurarsi che i suoi alleati Europei potenziarono le loro forze convenzionali per compensare la riduzione americana proposta nel settore. Nacque la Ced(Comunità europea di difesa) poiché era forte la preoccupazione dello stato francese, era un esercito multinazionale posto sotto il comando della Nato e formato da Unità tedesche. Segni di Rapprochement franco- tedesco si ebbero con l’inclusione della RFT nella Ceca creata nel 1951. L’atmosfera di pessimismo costituita dal protrarsi del dibattito in Francia venne risolta con l’intervento Americano che spiegò come il rifiuto del Trattato avrebbe comportato una riconsiderazione della politica Americana nei confronti della Ue. La Germania occidentale venne inserita nella UEO cioè l’unione europea occidentale. La Germania però acconsenti a limitare la sua consistenza dell’esercito e a non costruire armi nucleari o missili. La sconfitta della Ced coincise con una riduzione della spesa per la difesa nei paesi della Nato, il riarmo era ritenuto responsabile dell’inflazione Il declino della guerra fredda in Europa Anche se i sovietici rimasero del tutto indifferenti alle critiche che gli americani levavano alla morsa soffocante da loro esercitata sull’Europa Orientale, un atteggiamento più malleabile verso l’ovest si rese evidente in altri campi. La morte di Stalin nel 1953 offri una possibilità di allentare le tensioni. Essi la esercitarono per cooperare(l’influenza) al raggiungimento di un cessate il fuoco in Corea nel 1953.Dopo i 10 anni le superpotenze si incontrarono a Ginevra nel 1955 ma non trovarono accordo su nulla. Gli occidentali trovarono come antagonista nel 1957 Nikita Chruscev nuovo segretario del partito. Nello stesso anno i sovietici assetarono un colpo psicologico all’orgoglio americano lanciando un satellite artificiale lo ”sputnik” intorno alla terra, si inaugurò cosi l’era dei missili balistici internazionali. Durante il decennio seguente quasi 2 milioni di rifugiati della RDT passarono alla RFT. Nel Novembre del 1958 Chruscev creò una crisi internazionale chiedendo di impedire l’uso di Berlino come un trampolino di lancio per intensive azioni di spionaggio. Adottò il leader russo una tattica psicologica: se le guarnigioni occidentali non fossero stare ritirate dalla città entro 6 mesi, i sovietici minacciavano di firmare un trattato separato col Governo della Germania est. Eisenhower voleva evitare una guerra. Alla fine Chruscev cedette. Un incontro al vertice si ebbe nel Maggio del 1960 a Parigi, ma qualsiasi possibilità di giungere ad una soluzione costruttiva venne vanificata dall’abbattimento di un U2 un aereo spia da ricognizione americano nei cieli dell’Urss. Alcuni esperti americani avevano attestato che i sovietici disponevano di una maggiore superiorità missilistica. Questo timore venne sfruttato in campagna elettorale dal democratico John Kennedy. Quest’ultimo chiese al Congresso di aumentare la spesa per la difesa. Incontro a Vienna nel 1961 tra i 2. Prima del vertice Kennedy aveva subito un umiliante sconfitta quando un’operazione segreta organizzata dalla Cia per rovesciare Fidel Castro da Cuba era fallita. Tra il 12 e 13 Agosto del 1961 le autorità comuniste estesero una barriera di filo spinato per impedire lo spostamento a Ovest, quella barriera sarebbe diventata il futuro Muro. La Germania ovest entrò a far parte pienamente dell’alleanza atlantica. Chruscev installò missili nucleari a Cuba per proteggerla da un’invasione americana. Nell’Ottobre del 1962 aerei americani dell’U2 rivelarono la costruzione di basi missilistiche a Cuba. Kennedy convocò con la massima urgenza i suoi consiglieri che costituirono un Comitato esecutivo del Consiglio di Sicurezza nazionale. Kennedy si pronunciò a favore dell’istituzione di un blocco navale per impedire al materiale sovietico di giungere a destinazione. Il 28 Ottobre mollò Chruscev e smantellò le basi. Kennedy si impegnò a ritirare gli antiquati missili dalla Turchia. La crisi di Cuba aveva condotto il mondo sull’orlo della guerra nucleare. Nel 1963 venne istituito un filo rosso diretto per le comunicazioni in tempo reale tra il Cremlino e la Casa Bianca Il conflitto in Asia Le reali battaglie militari si stavano combattendo in altre parti del Mondo Il groviglio Cinese Nel corso del XX secolo la sua potenza egemonica venne bruscamente messa a repentaglio dall’incursione delle Potenze occidentali. Per più di 1000 anni aveva esercitato un controllo sui paesi dell’Estremo Oriente, nel 1911 la Rivoluzione segnò la fine dell’impero Cinese. I crescenti interessi commerciali americani furono sottolineati dall’annessione delle Hawaii e delle Filippine nel 1899. Istituirono con la Cina la politica della “porta aperta” con la quale i commercianti americani si assicurarono un accesso a condizioni di parità agli immensi mercati cinesi in cambio dell’impegno del loro governo di assicurare sostegno diplomatico alle rivendicazioni di integrità territoriali e di indipendenza politica della Cina. Il desiderio di agire come protettore autodisegnato della Cina produsse una tensione tra USA e Giappone. Dopo l’attacco di Pearl Harbor truppe americane vennero mandate a combattere in Europa principalmente, preferirono mobilitare la loro potenza aerea e navale in una campagna condotta isola dopo isola. La resistenza giapponese si rivelò feroce e fanatica. Sostegno finanziario venne accordato al governo nazionalista di Chiang Kai- Sheck, venne riconosciuto formalmente dagli Usa nel 1928, in modo che potesse tenere impegnata una parte consistente delle forze Giapponesi sul continente. Sconfitta immediata di quest’ultima dopo lo sgancio delle bombe atomiche. Gli Usa rifiutarono esplicitamente ai sovietici una loro occupazione militare del Giappone. Con gli accordi raggiunti con la conferenza di Yalta truppe sovietiche entrarono in Manciuria. Nella stessa Cina Mao controllava vaste aeree del nordest. La prospettiva di ulteriori avanzate comuniste spinse l’amministrazione Truman a inviare 50000 marines per aiutare i nazionalisti a ristabilire la loro autorità nelle importanti città dell’est della Cina. Nel Dicembre del 1945 Truman inviò Marshall col compito di fare da mediatore tra Mao e Chiang; venne annunciato il cessate il fuoco. L’amministrazione Truman desiderava districarsi dal groviglio Cinese, i marines furono ritirati nel 1947 quando la minaccia sovietica rientrò nel 1946 con il ritiro delle truppe dalla Manciuria. Nell’Ottobre del 1949 Mao proclamò la Repubblica Popolare Cinese e Chiang si ritirò a Taiwan. Molti americani furono pronti ad attribuire la vittoria comunista cinese come una cospirazione mondiale diretta da Mosca. Alleanza cino- sovietica del 50 La guerra di Corea Gli abitanti della penisola erano abituati alle interferenze straniere nei loro affari interni. Agli inizi del secolo la regione era stata soggetto tra la contesa Cinese, Russa e Giapponese; dal 1910 al 1945 venne incorporata in quest’ultima. Truppe sovietiche alla fine della guerra entrarono nella Corea del Nord. Gli Usa volevano impedire che l’Urss assorbisse l’intera Corea e quindi inviarono truppe nel sud del paese demarcando una linea di confine posta al 38esimo parallelo. Tale partizione avrebbe dovuto essere temporanea: il progetto iniziale era infatti quello di restituire una Corea unificata al suo popolo una volta che Stati Uniti, Regno Unito, Unione Sovietica e Repubblica di Cina avessero trovato un accordo per organizzare un'amministrazione fiduciaria. Nel dicembre 1945 una conferenza si riunì a Mosca per trattare il futuro della Corea: fu discussa un'amministrazione fiduciaria di cinque anni e fu istituita una commissione congiunta sovietico-statunitense. La commissione si riunì in modo discontinuo a Seul, ma giunse a un punto morto sulla questione di costituire un governo nazionale e nel settembre 1947, con nessuna soluzione prospettata all’orizzonte, gli Stati Uniti sottoposero la questione coreana all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Nel Nord nacque la Repubblica democratica di Corea guidata da Kim Il Sung a Pyongyang e al Sud la Repubblica di Corea con a capo Rhee a Seul. Nel Gennaio del 1950 la questione coreana venne a legarsi a quella cinese. Secondo l’America paesi come Taiwan e la Corea del Sud si trovavano al di fuori del cosiddetto “perimetro difensivo” dell’America. Ciò diede a Stalin buone ragioni per credere che gli Usa restassero a guardare mentre le truppe della Corea del Nord invadevano la penisola intera. Ci fu un’inversione di rotta da parte dell’amministrazione Truman riguardante il disimpegno militare del Continente asiatico. La difesa della Corea Del Nord venne dichiarata di vitale importanza per la sicurezza nazionale americana. Nel Luglio del 50 Gli Usa mobilitarono il proprio esercito a favore delle Nazioni Unite. Durante le prime settimane di combattimenti i nordcoreani si impadronirono di un numero cospicuo di territori ma non riuscirono a realizzare una completa vittoria. Le unità dell’Onu( un’alleanza composta da 18 nazioni che, capitanata dalle truppe statunitensi comandate dal generale Douglas Mc Arthur, ed equipaggiata con armamenti moderni, aerei a reazione e napalm attraversarono il 38esimo parallelo e avanzarono fino al fiume Yalu, luogo di Confine tra Cina e Corea del Nord. Si trasformò quindi in una guerra per conquistare la Corea del Nord. La Cina a Novembre lanciò un’offensiva con 200000 uomini. Questo intervento impedi alle forze americane di vincere la guerra prima di Natale. A ciò si aggiunge un altro elemento destinato a trascinarsi per anni, e cioè quello dei prigionieri di guerra. Il numero dei prigionieri nelle mani degli Stati Uniti era di molto superiore rispetto a quelli nelle mani nordcoreane. Era quindi impossibile impostare uno scambio alla pari. Gli alleati volevano dare ai prigionieri la possibilità di scegliere di restare in quello che ai loro occhi rappresentava il mondo libero, mentre i nordcoreani insistevano affinché essi fossero rimpatriati in Cina o in Corea del Nord. L’8 giugno 1953 fu raggiunto un accordo in base al quale i prigionieri che si fossero opposti al ritorno nei paesi d’origine, avrebbero dovuto essere posti sotto il controllo di una commissione neutrale per un periodo di tre mesi. Se alla fine dei tre mesi, essi si sarebbero ancora dimostrati contrari al rimpatrio, sarebbero stati liberati Truman abbandonò l’obbiettivo di conseguire una vittoria totale e fu disposto ad accettare un assetto territoriale che riflettesse in linea di Massima lo status quo prebellico. Eisenhower si rese pronto ad usare armi nucleari contro la Cina a causa della crescente disillusione dell’opinione pubblica. Nel luglio del 1953 a Panmunjon si firmò un armistizio che riconosceva l’attuale linea di battaglia(influenza comunista a Nord). I due distinti stati coreani, divennero così vetrine delle due società: a Sud una società capitalistica avanzata, sempre più ricca e profondamente americanizzata con tratti simili a quella taiwanese; a nord una società austera e sempre più povera, posta sotto la dittatura comunista totalitaria di Kim Il Sung, alla cui morte, nel 1994, succede il figlio Kim Jong Il e a questi, nel 2011, il giovane figlio Kim Jong U. I funzionari americani da questa guerra iniziarono a considerare il comunismo una lotta globale non semplicemente applicabile all’Europa.1° guerra combattuta in nome dell’ONU. Gli Usa continuarono a riconoscere i nazionalisti di Formosa(Taiwan) come il legittimo governo Cinese. La 7ttima flotta americana venne mandata a pattugliare lo Stretto di Taiwan da una possibile invasione comunista. Nel 1951 venne formalizzata l’indipendenza Giapponese dagli Usa. Per contenere il dilagarsi Cinese gli Usa mantennero rapporti con i giapponesi. Trattati di difesa vennero firmati nel 1951 con L’Australia, Nuova Zelanda e Filippine, Patto di Manila o SEATO. I membri concordarono di conferire nel caso di qualche evento o situazione che avrebbe potuto minacciare la pace della regione; era una sorta di Nato sudorientale. Il DOMINIO VIETNAMITA La regione del sudest asiatico dal 19secolo entrò a far parte dell’influenza francese. Il centro dell’impero asiatico francese era l’Indocina che comprendeva il Laos, la Cambogia e 3 province Vietnamite. La colonia era diventata molto preziosa grazie alla presenza di gomma e riso. Offriva l’opportunità alla Francia di promuovere la sua missione civilizzatrice cioè il diffondere la sua lingua e le tradizioni. I funzionari francesi che amministravano il governo dell’Indocina si arresero senza opporre resistenza agli invasori Giapponesi nel 1940. A Tonchino vicino al confine con la Cina si organizzò un movimento locale di resistenza noto come il Vietminh guidato da Ho Chi Min; il suo obbiettivo era quello di determinare l’occupazione francese nell’Indocina. Esso sostenne di rappresentare le aspirazioni nazionaliste di indipendenza dal dominio straniero. A Hanoi venne proclamata la Rep demo del Vietnam. Rendendosi conto del fatto che gli Usa erano la nazione più potente nella regione Ho Chi Min chiese il loro aiuto. Truman a differenza di Roosevelt era meno incline a trasformare l’Indocina in un motivo di divisione tra Usa e Francia. Ignorò quindi le richieste di Ho Chi Min e diede tacito assenso alla restaurazione del dominio francese. 1° guerra di Indocina che durò dal 1946 al 1954. Le brillanti tattiche di Guerriglia impiegate dai Vietminh provocarono un’ emorragia di vite e denaro alla Francia. La capitolazione di Dien Bien Phu portò alla caduta del Governo Francese. Nel 1950 riconoscimento diplomatico dell’Urss e della Cina Comunista al Vietminh e successivi finanziamenti per coprire la spesa bellica da parte degli Usa alla Francia. Teoria del dominio che Eisenhower spiegò in una conferenza: la caduta dell’Indocina avrebbe fatto seguito a analoghi successi comunisti nei paesi vicini: Birmania, Thailandia etc. Accordi del Vietnam col governo francese per stabilire la divisione del paese lungo la linea del 17° parallelo. Gli Usa instaurarono la Rep del Vietnam del Sud con a capo Ngo Diem nel 1955. Il suo nepotismo(favoreggiamento di parenti) e la sua forte devozione cattolica avevano esacerbato le divisioni politiche, culturali del paese. Dal 1957 al 1975 Seconda guerra di Indocina. Sfruttando l’impopolarità di Diem i nordvietnamiti acquisirono sempre più maggior influenza nei paesaggi rurali. Dal 1960 essi presero il nome di Fronte Nazionale di Liberazione che venne poi chiamato Vietcong nel sud. John Kennedy nel 1961 si trovò coinvolto nelle questioni vietnamite. Squadre di Consiglieri Americani tra cui le truppe dai berretti verdi vennero inviate a istruire l’esercito sudvietnamita: l’accento venne posto sulla capillare azione di propaganda nelle campagne per conquistare “cuori e menti” dei contadini. I risultati iniziali furono deludenti. Kennedy riteneva che il ritiro dal Vietnam del Sud avrebbe distrutto la credibilità dell’America nel mondo. Nel 1963 Lyndon Johnson successore di Kennedy lanciò una politica volta a perseguire il raggiungimento di una Great Society, e cioè una grande società che garantisse abbondanza, libertà per tutti e senza ingiustizie. Oltre alla garanzia dei diritti civili, Johnson si fece portavoce di una guerra totale contro la povertà, compresa l’assistenza pubblica agli indigenti (MedicAid) e agli anziani (Medic Care), promosse piani di edilizia pubblica, borse di studio e prestiti d’onore agli studenti disagiati e firmò progetti di riqualificazione per i disoccupati. Chiese la resa incondizionata del Vietnam del Nord e dei Vietcong. Nel 1964 ordinò uno dei molti bombardamenti in territorio Vietnamita Operazione Rolling Thunder. Nel 1965 venne inviato il primo battaglione americano, il conflitto si era cosi americanizzato. Anziché abbattere la politica di escalation(aumento progressivo nell’uso delle armi e di militare) rafforzò la determinazione del Vietnam del nord di continuare la guerra. Comportò anche un indebolimento a Saigon capitale del Vietnam del Sud dell’autorità Vietnamita questa massiccia presenza americana. La svolta decisiva avvenne nel 1968 quando l’offensiva del Tet venne lanciata dai Vietcong, assestò un forte colpo psicologico agli Americani. Jonhson fu costretto a negoziare con il Vietnam del nord a Parigi nel 68. Il nuovo presidente Nixon attuò la strategia della vietnamizzazione(riduzione dell’esercito americano gradualmente). L’esercito americano nel 70 invase la Cambogia. La decisione provocò ondate di proteste pubbliche in tutti gli Usa, il presidente spiegò che era l’unico modo per ottenere una soluzione equa. Nel 1973 a Parigi venne stabilito un cessate il fuoco e consentiva il ritiro americano come “pace di onore”. La seconda guerra di Indocina termina nel 1975 con l’invasione delle truppe Nord Vietnamiti. La rivoluzione nel terzo mondo Le Nazioni Unite Stalin e Churchill pensavano al futuro con un concerto tradizionale di grandi potenze che si sarebbero spartite il mondo. Roosvelt desiderava la creazione di un’ organizzazione internazionale di stati sovrani e uguali cioè l’ONU; la partecipazione venne aperta a tutti i paesi indipendenti. Dei 51 stati membri solamente 5 provenivano dai paesi comunisti e questo creò preoccupazione nei sovietici che vedevano l’Onu come una sorta di parlamento occidentale. Le prime querelle avvennero quando la richiesta dell’Argentina fascista venne accetta mentre quella della Polonia comunista rinviata. Dopo l’indipendenza dalle colonie europee nel 1960 potè contare sul doppio dei membri iniziali l’Onu. L’Urss si adoperò per promuovere radicali cambiamenti in Asia e Africa sfruttando i sentimenti nazionalistici antioccidentali. Intraprese l’Urss un programma di aiuti esteri rivolto soprattutto a Egitto e India. Quest’ultima assunse il ruolo di leader del terzo mondo attuando una politica di non allineamento, per impulso soprattutto dell’India di Nehru, dell’Egitto di Nasser e della Jugoslavia di Tito, un mondo quindi distinto dall’ovest capitalista e dall’est comunista. A Bandung(Indocina) si svolse una conferenza tra 29 stati neutrali nel 1955 seguita nel 1961 da una successiva riunione a Belgrado, E’ proprio allora che nacque l’espressione di terzomondismo, ovvero la tendenza a individuare proprio nei paesi di nuova indipendenza il principale fattore di mutamento e di rinnovamento a livello mondiale.I loro violenti attacchi contro gli ex padroni coloniali portarono il 3° mondo ad un’alleanza con i paesi comunisti che diede al neutralismo una colorazione anti occidentale. Il Medio Oriente Area che si estende dal Mar Rosso, dall’Oceano Indiano al Mediterraneo. Nel 19° secolo grazie alla sua importanza strategica e economica venne fatto teatro di rivalità tra Russia, Gran Bretagna e Francia; soprattutto nel 1869 con l’apertura del Canale di Suez e dalla scoperta di giacimenti petroliferi. La Gran Bretagna era considerata la potenza straniera dominate sulla Regione ma nel 1948 iniziarono a ritirare le truppe a causa dello sforzo economico eccessivo. Cosi l’amministrazione Truman per paura di un espansionismo sovietico in quelle zone iniziò ad interessarsi dell’area. Destarono preoccupazione le truppe sovietiche non ritirate in Iran e l’avvio di Stalin di mosse diplomatiche in Turchia. Però Stalin preferi non avere un confronto con gli Usa nel Medio Oriente. Nel 1950 Francia, Gb e Usa firmarono il Patto Tripartito allo scopo di limitare la vendita di armamenti. L’Egitto sotto la guida di Nasser cercò di presentare al mondo un modello di nazionalismo rivoluzionario. Il governo francese e quello britannico adottarono un atteggiamento nei confronti del paese arabo soprattutto perché decise di assumere il pieno controllo del canale di Suez. Gli Usa invece adottarono un atteggiamento più verso il paese soprattutto per la loro vocazione all’anticolonialismo. Gli Usa rifiutarono la richiesta di armamenti da Nasser che quindi si accordò con l’Urss, la quale accettò il cotono egiziano come pagamento per le armi fornite dalla Cecoslovacchia. La Crisi di Suez: i britannici e i francesi mandarono le loro truppe per riacquisire il controllo ma a causa di una crisi finanziaria accettarono il piano finanziario degli Usa di Cessate il Fuoco. L’Egitto e i suoi alleati Iraq e Siria si rivolsero a Cheruscev per ottenere assistenza finanziaria e militare. Gli Usa risposero finanziando e intrattenendo rapporti con i paesi considerati amici. Africa Sub-Sahariana Rimase per il resto del Mondo il “continente nero” mentre nei secoli a partire dal 400 con I portoghesi si susseguirono invasioni da parte degli Europei. Negli anni immediatamente successivi il secondo conflitto l’area mantenne una stabilità politica notevole. Anche se gli Usa censuravano per linea di principio il dominio coloniale, i funzionari americani dovevano riconoscere che esso serviva a impedire infiltrazioni comuniste. Negli anni 50 la situazione cambiò quando con l’avvio del processo di decolonizzazione molti di questi paesi si riconobbero neutrali e si identificarono con il terzo mondo. Organizzazione per l’unità africana OUA creata nel 1963 era un raggruppamento panafricano. Tuttavia i 32 membri furono uniti solo dal nome. Fu la Crisi del Congo(Zaire) a far balzare l’Africa al centro della crisi della guerra fredda. Nel 1960 il paese divenne indipendente dal Belgio a Leopoldville oggi Kinshasa sotto l’occhio del re Baldovino discendente di Leopoldo II che diede vita alla colonia. Transizione dal Dominio coloniale all’autogoverno fu difficile. Nello stesso anno l’esercito si ammutinò e fu il caos. La ricca provincia mineraria del Katanga cercò di staccarsi dal resto del paese; il primo ministro Congolese Lumumba, un giornalista denunciò fin da subito le violenze e le discriminazioni razziali subite dai congolesi, chiese allora aiuto all’Onu per restaurare l’ordine. Si recò anche a Washington per ottenere aiuti militari ma l’amministrazione Eisenhower giudicò sospette le sue opinioni di Sinistra. Lumumba si rivolse cosi all’Urss. Nel Settembre del 1960 venne rovesciato il governo Lumumba e lui venne assassinato 4 mesi più tardi, questo segnò la fine dell’influenza sovietica. A settembre prese il potere un collaboratore di Lumumba, e cioè Sese Seco Mobutu, un colonnello dell’esercito, che avrebbe fondato un regime a partito unico, corrotto e clientelare. 1971, decise in nome del concetto di autenticità africana, di mutare non solo la denominazione dello stato (che da Congo divenne Zaire derivato dalla voce dialettale Nzadi cioè fiume), ma anche dei toponimi, cancellando ogni riferimento a parole straniere (Elisabethville divenne Lubumbashi) e impose gli abiti tradizionali negli uffici pubblici. L'ascesa al potere di Mobutu fu fortemente appoggiata sul piano internazionale, in particolare dagli Stati Uniti e dai governi occidentali, sia in funzione anti-sovietica, sia per garantirsi che la decolonizzazione politica non avesse conseguenze destabilizzanti sullo sfruttamento delle risorse africane da parte delle multinazionali statunitensi e straniere. Mentre all'interno del paese creava un regime autoritario, responsabile di molte violazioni dei diritti umani, nei confronti dell'estero mantenne una posizione anticomunista, così da ottenere una buona posizione nella diplomazia internazionale. Malgrado Mobutu fosse un dittatore accusato di violazioni di diritti umani, negli anni Sessanta e Settanta godette di ampio credito internazionale: fu ospitato alla Casa Bianca da diversi capi di Stato, tra cui Richard Nixon, in Belgio dal Re Baldovino e a Londra, dalla Regina Elisabetta II, che lo fece salire sulla propria carrozza. Queste attenzioni da parte delle potenze occidentali furono in gran parte dovute all'interesse verso le ingenti risorse minerarie dello Zaire (uranio, oro, diamanti). Il 29 giugno 1989 tenne addirittura un discorso alla Casa Bianca, invitato dal presidente George H. W. Bush. Nel 1986, comunque, il regime di rapina e corruzione di Mobutu, che venne ribattezzato cleptocrazia, condusse lo Zaire ad una grave crisi economica ed il fossato che si era aperto tra il dittatore e la sua cerchia ed il resto del paese diventò incolmabile. Consapevole del crescente malcontento popolare, inarrestabile anche con la violenza, e della caduta dei suoi sostenitori storici in Occidente, nell'aprile del 1990 Mobutu si rassegnò ad accettare la presenza di un Parlamento multipartitico al proprio fianco e a condividere il potere con il presidente del Parlamento stesso. Morì nel 1997 e gli successe Kabila. I paesi africani approvarono il desiderio di Kennedy di lasciare all’Onu il compito di risolvere la questione congolese. L’aiutò americano dal 1958 al 1962 Sali. Nel 1963 l’interesse americano per l’Africa dopo la morte del presidente diminui. L’Africa rimase insignificante in termini di scambi e investimenti globali. Gli ambienti americani diressero la maggior parte dei loro interessi verso il Sudafrica governato da bianchi. L’Influenza sovietica nell’Africa Sub-Sahariana non crebbe in maniera significativa, e dovettero affrontare la concorrenza della Cina comunista che stabili una propria testa di Ponte in Africa Orientale. Il “Non Allineamento” rimase la linea politica favorita in campo internazionale. Le nazioni africane riuscirono a mantenere una certa estraneità alla Guerra Fredda. America Latina Per quasi 3 secoli Portogallo e Spagna mantennero le colonie nel nuovo mondo in uno stato di forzato di isolamento internazionale. A eccezione di Cuba nel 800 tutti i paesi dell’America Latina ottennero l’indipendenza ma non la potenza per affermarsi sul Piano Internazionale. Anche se situate nello stesso emisfero vi era un rapporto complicato tra Usa e i paesi dell’America latina a causa delle differenze etniche e religiose. Erano troppo deboli per sfidare la supremazia degli Usa. Infatti fin dall’Ottocento, gli Stati Uniti si arrogavano il diritto di esercitare una funzione di tutela – in realtà di controllo – sul continente, sia sul piano politico appoggiando rappresentanti di oligarchie locali, che economico. Insomma, gli Stati Uniti appoggiarono le locali classi dirigenti nell’impedire in America Latina ogni forma di rinnovamento, sia politico che economico, che avrebbe potuto minacciare i loro interessi. I governi latino americani si aspettavano che la cooperazione con gli Usa continuasse dopo la guerra(finanziamenti americani importanti per combattere l’esplosione demografica), ma durante la guerra emerse l’interesse di concentrarsi sull’Europa e sull’Estremo oriente. Ricordiamo che, quasi ovunque, in America Latina il potere era concentrato nelle mani di oligarchie tradizionali e cioè forze armate, proprietari terrieri e chiesa, quasi sempre appoggiati dagli Stati Uniti. Non è un caso che sotto l’impulso degli Stati Uniti, nel 1948 fu creata l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), un organismo che si proponeva di realizzare e promuovere la cooperazione economica tra gli Stati del continente, ma che aveva anche una precisa funzione politica, e cioè impedire che l’aggravarsi dell’instabilità politica e il riacutizzarsi delle tensioni sociali, aprissero spazi alla penetrazione comunista. I paesi latini si lamentarono di un mancato piano Marshall nei loro confronti. Anche se la regione era considerata sicura da aggressioni comuniste nel 1951 vennero sviluppati programmi di assistenza militare in modo che i paesi latino-americani si assumessero una quota più consistente dell’onere della difesa emisferica. Nell’era del maccartismo i funzionari americani si interessarono al crescente nazionalismo rivoluzionario crescente in Guatemala: il tentativo di confiscare i terreni di proprietà di una società venne visto come il tentativo provenisse da comunisti locale. Eisenhower temette la creazione di uno stato satellite in America centrale e cosi esercitò una pressione sul governo guatalmalteco per rimuovere dalla carica i presunti comunisti. Nel 1954 un piccolo gruppo di esiliati equipaggiato dalla Cia organizzò un colpo di Stato militare per rovesciare il presidente che aveva acquistato armi dalla Cecoslovacchia. I governi latino-americani si preoccuparono dall’uso di forze segrete americane per sovvertire un governo democraticamente eletto. Stanziamenti per gli aiuti finanziari alla regione per cercare di rimediare da parte di Eisenhower(programma sostenuto nel 1961 con Kennedy che sviluppò “l’alleanza per il progresso”).Gli effetti furono negativi poiché la disoccupazione aumento. Cuba: L’isola caraibica era stata sottratta dagli Stati Uniti alla Spagna nel 1898. Tre anni dopo divenne indipendente ma, di fatto, restò sempre sotto il controllo degli Stati Uniti che sull’isola avevano anche grossi interessi nelle piantagioni di zucchero. Per gli statunitensi l’isola divenne anche un luogo di evocazione letteraria, grazie soprattutto a Ernst Hemingway, popolare romanziere che si era trasferito a l’Avana nel 1938, dove scrisse uno dei suoi capolavori, Il vecchio e il mare. Nel 1952 Fulgencio Batista, uomo di fiducia degli Stati Uniti, si impadronì del potere senza incontrare grande opposizione. Solo un giovane avvocato, Fidel Castro, denunciò la presa di potere di Battista e organizzò con un manipolo di amici e parenti un attacco armato a una caserma. Era il 26 luglio 1953. L’attacco fallì e Castro fu imprigionato, poi condannato e in seguito amnistiato. Però non si diede per vinto: fondò il Movimento 26 luglio che aveva come obiettivo la destituzione di Battista e l’introduzione a Cuba di una nuova politica che si schierasse in favore degli umili e del popolo, contrastando la tirannia e la corruzione del governo di Battista. Tentò così un nuovo colpo di stato, che però – se possibile – andò ancora peggio del primo, al punto che nel natale del 1956, Castro poteva contare sul supporto di sole dodici persone, rifugiatesi nella Sierra. Da questo manipolo di uomini partì la rivoluzione cubana. Tre anni dopo, nel 1959, Castro riuscì a spodestare Battista (che fuggì) e a prendere il potere. A capodanno entrò con i suoi barbudos (barbuti, perché in montagna non ci si radeva) da trionfatore a L’Avana. In quei tre anni di dura lotta – condotta con il metodo e le tecniche della guerriglia – Castro era riuscito a ottenere il sostegno dei contadini e quello di buona parte del mondo. Con lui vi era anche un medico argentino, Ernesto Guevara, il “Che” (così soprannominato per un certo intercalare nel parlare), destinato a diventare una vera icona con il basco militare, il sigaro in bocca e gli occhi sorridenti e pieni di speranza. Ispirata dal pensiero e dalla esperienza ‘bolivariana’ , la rivoluzione castrista aveva inizialmente poco a che spartire con il comunismo sovietico. Giunto al potere, Castro nazionalizzò l’industria dello zucchero e gli Usa imposero un ferreo embargo. Allora l’Unione Sovietica si offrì di acquistare lo zucchero di Cuba, che divenne lo zuccherificio dell’Urss. Cuba si avvicinò così all’orbita sovietica. A poche miglia dagli Stati Uniti, si era instaurato un regime dominato «dal comunismo internazionale». Chruščëv, dal canto suo, aveva invece garantito a Cuba appoggio missilistico e protezione in caso di attacco statunitense. Fu così che Castro optò per il socialismo, dando vita all’unico regime comunista del continente. Nel 1961 toccò a Kennedy attaccare Cuba. Il 16 aprile 1961 un contingente di un migliaio di anticastristi cubani in esilio negli Stati Uniti, addestrati dalla CIA e appoggiati dall’esercito e dall’aviazione americana, sbarcò a Cuba, nel sud dell’Isola, in un luogo conosciuto come la Baia dei Porci. La loro speranza era quella di sollevare la popolazione contro Castro. Fu però un completo fallimento. Gli anti castristi furono respinti dalle truppe di Castro che, nel frattempo, ottenne da Mosca la possibilità di installare sul proprio territorio una postazione di missili nucleari. Nel 1962, poco prima di essere attivata, gli aerei spia statunitensi individuarono l’installazione e Kennedy ordinò il blocco navale dell’isola. Una flotta russa diretta verso Cuba venne intercettata. Si sfiorò lo scontro militare. Dopo giorni di tensione i missili furono ritirati e, da parte loro, gli Stati Uniti si impegnarono a rispettare l’indipendenza di Cuba. Repubblica domenicana: quando precipitò nel caos il presidente Johnson inviò 20000 soldati a ristabilire l’ordine. L’intervento suscitò polemiche negli Usa poiché il presidente venne incolpato di esagerare con la preoccupazione comunista. 6 mesi dopo vennero ritirate le truppe americane. La distensione Durante gli anni 70. Quando Nixon Sali al potere nel 1969 gli Usa non erano più considerati la superpotenza numero 1 al mondo. L’Urss aveva finalmente colmato il gap. A sfidare la supremazia commerciale economica e Americana vi erano Il Giappone e la Germania Occidentale. Insieme a Kissinger(il segretario di stato americano) attuarono la strategia del Linkage, i 2 si proposero di influenzare la condotta internazionale dell’Urss fornendo incentivi nella forma di accesso preferenziale al commercio, alla finanza e alla tecnologia americana. Con Breznev l’Urss si senti lusingata di essere trattata come pari dagli Usa ma fu al contempo stesso sospettosa. La maggior spinta alla distensione non provenne ne da Washington ne da Mosca ma dal cancelliere della Germania Ovest appartenente a quella nuova generazione di Europei la cui crescente fiducia in se stessi incoraggiava un maggiore desiderio di autonomia nei confronti degli Usa; non si percepiva più l’Urss come nemico dell’Occidente, questa visione venne tradotta nella realtà da Brandt che fu il 1° ministro degli esteri della Germania. La sua politica venne chiamata Ostpolitick e puntò a normalizzare i rapporti tra la Germania Occidentale, l’Urss e i paesi dell’Est. La mossa cruciale di Brandt fu quella di avviare trattative con l’Urss, mentre per 2 motivi fu difficile stabilire accordi diplomatici con la Germania est a causa dell’opposizione del leader comunista della RDT e purchè si tenessero colloqui tra le 4 potenze occupanti per definire lo status di Berlino. Nel Dicembre del 1972 le 2 Germanie firmarono un “Trattato base” per aumentare gli scambi economici e commerciali. Nel 1973 le 2 Germanie vennero ammesse all’Onu come membri separati dell’Assemblea generale. L’amministrazione Nixon aveva accettato con poco entusiasmo l’Ostpolitik perché la sua preoccupazione che i sovietici lo considerassero come un’opportunità per mettere in 2° piano le trattative con gli Usa. Tuttavia Brandt assicurò che Nixon sarebbe stato informato di tutti gli sviluppi diplomatici. Nel 1970 era ormai evidente che le economie dell’Urss e dell’Europa dell’est erano fortemente arretrate rispetto a quelle dell’occidente. Anche le difficoltà con La Cina misero l’Urss in una situazione di svantaggio nelle trattative con gli Usa. Fin dal 1956 le 2 repubbliche comuniste avevano ingaggiato una battaglia ideologica dai toni sempre più aspri per la leadership del comunismo mondiale. Crisi sino-sovietica: Mao non ruppe subito i rapporti fra il Pcus e il Pcc, sperando in un ravvedimento di Chruščëv. Già fra il 1956 e il 1959, comunque, le tensioni si inasprirono. La Cina non seguì l'URSS nel ristabilire le relazioni diplomatiche con la Jugoslavia di Tito, espulsa dal Cominform nel 1948, e difese l'Albania quando il suo leader Enver Hoxha criticò pubblicamente Chruščëv a Mosca. Nel 1959, Chruščëv compì scelte fortemente criticate dalla dirigenza cinese: da un lato si incontrò con il presidente statunitense Eisenhower, dall'altro criticò il Grande balzo in avanti, giudicandolo non marxista. Nel 1960, al Congresso del Partito Comunista Rumeno, Chruščëv dichiarò che Mao era un deviazionista e un nazionalista, mentre il Pcc accusò il dirigente sovietico di essere un revisionista e un dittatore. Alla riunione di ottantuno partiti comunisti tenutasi a Mosca ci furono altre tensioni, risolte solo con un sofferto compromesso. Infine, nel 1961, il XXII Congresso del PCUS rinunciò alla dittatura del proletariato in favore della dittatura del popolo, e propose un avanzamento riformista verso il socialismo. Zhou Enlai, in rappresentanza del partito comunista cinese, lasciò Mosca indignato, ponendo provocatoriamente corone di fiori al mausoleo di Lenin e Stalin. Sempre nel 1961, Chruščëv ritirò gli specialisti sovietici dalla Cina e la rottura proseguì. L'URSS e il Patto di Varsavia vennero giudicati revisionisti da Mao e dalla Cina. Gran parte dei partiti comunisti occidentali - come quello italiano - si schierarono a favore dell'URSS, mentre molti partiti comunisti asiatici restarono dalla parte della Cina. Dopo la caduta di Chruščëv nel 1964, Zhou Enlai si recò a Mosca dove ebbe un incontro con i nuovi capi sovietici, Brežnev e Kosygin ma le fondamentali divergenze avute con Chruščëv vennero confermate e non vi furono tentativi di riavvicinamento. Dal 1961, i rapporti fra URSS e Cina rimasero gelidi. L'unico contatto avvenne durante la guerra del Vietnam, quando entrambe le nazioni si trovarono ad aiutare la Repubblica Democratica del Vietnam e i vietcong militarmente Il lancio della Grande rivoluzione culturale proletaria nel 1966 era diretto anche contro il “revisionismo sovietico” che, dopo la repressione della primavera di Praga, venne bollato anche di "social-imperialismo". Nel 1968 truppe sovietiche attaccarono le guardie di frontiera cinesi sul fiume Ussuri, ma la crisi non degenerò in guerra. Il confronto sino-sovietico proseguì e si accentuò in Africa, dove sia l'URSS che la Cina sostennero partiti e movimenti comunisti o di liberazione nazionale, aiutando le fazioni a loro alleate nelle guerre civili in Zimbabwe, Angola e Mozambico. Differentemente dai cinesi, però, i sovietici inviarono truppe militari in queste zone, contribuendo ad allargare la loro orbita d'influenza con i paesi occupati. Il lavoro della diplomazia venne condotto da terze parti nel corso di colloqui tenuti a Varsavia fra gli ambasciatori americani e Cinesi. Nel 1968 questi incontri vennero sospesi dopo i bombardamenti americani sul Vietnam. I rapporti si riaprirono con la carta cinese da giocare contro i sovietici per persuaderli a mostrare un atteggiamento più conciliatorio. Nel 1971 il governo cinese invitò una squadra di ping-pong americana a visitare la Cina. Punto culminante incontro personale tra Mao Zedong e Nixon in Cina nel 1972 che pose fine alla guerra fredda in Oriente. La Cina appariva cosi ora come una forza per fermare l’espansione sovietica in Asia. La visita di Nixon per la Cina comportò l’apertura della via a redditizi contatti commerciali con l’occidente e il Giappone. I guadagni tangibili però furono scarsi poiché la Cina continuò ad aiutare i Vietcong. Il semplice fatto che i rapporti cino- americani stessero migliorando scosse i sovietici a proseguire la politica di distensione con l’occidente. Relativamente al rapporto con gli Stati Uniti, Mao comprese come il suo paese non potesse sostenere un conflitto con Stati Uniti e Unione Sovietica. Ammissione della Repubblica popolare all’ONU a discapito del nemico storico della Cina comunista: la Repubblica nazionalista di Taipei (Taiwan) di cui era capo Chiang Kai-shek. Riavvicinamento cino-sovietico: Dopo la morte di Mao e la svolta politica impressa da Deng Xiaoping, la nuova dirigenza cinese smise di condannare il “revisionismo sovietico”, ponendosi anzi sulla linea di un timido riavvicinamento. Ogni contatto venne però interrotto dalle dispute internazionali, come l'invasione vietnamita della Cambogia del 1978, che depose il regime filocinese dei Khmer rossi, alleato cinese, stabilizzando l'area, e destituendo Pol Pot. Nel 1979, l'URSS invase l'Afghanistan e la Cina denunciò l'occupazione, alleandosi agli Stati Uniti e al Pakistan nel tentativo di destabilizzare il governo filosovietico. Nello stesso periodo, il governo cinese contrastò i sandinisti in Nicaragua. Solo nel 1982, Brežnev diede segno di essere disposto ad una certa apertura. Michail Gorbačëv ristabilì le relazioni con la Cina, grazie anche alla ritirata sovietica dall'Afghanistan. Nel 1989, il capo di Stato sovietico visitò la Repubblica popolare cinese, incontrandosi con Deng. Con la dissoluzione dell'Unione Sovietica ebbe fine anche la crisi. Summit di Mosca Ne Nixon ne Breznev considerarono il summit per intavolare trattative complesse e prolungate: la loro funzione principale fu quella di partecipare come statisti a cerimonie teletrasmesse nel corso delle quali apponevano firme a una serie di “protocolli” che contribuirono al processo di distensione. Il Salt 1 il trattato per la limitazione delle armi strategiche attrasse la maggiore attenzione. Venne preceduto nel 1963 dalla messa al bando degli esperimenti nucleari e nel 1968 dal trattato sulla non-proliferazione; quest’ultimi però non impedirono che Usa e Urss continuassero a sviluppare ed accumulare arsenali nucleari. Nel Novembre del 1969 ad Helsinki funzionari americani e sovietici diedero il via a negoziati denominati colloqui sulla limitazione delle armi strategiche. La distensione La proclamazione pubblica della distensione arrecò vantaggi politici a Nixon e Breznev. Particolarmente positivo per il leader sovietico fu l’incremento della cooperazione economica con l’occidente. L’economia americana ebbe molto da guadagnare dal fronte incremento degli scambi commerciali con l’Urss. Nel 1973 presero il via le 2 conferenze parallele che impegnavano le superpotenze e i loro alleati, le superpotenze però rimasero sempre distanti sul piano ideologico. L’idea che gli Usa dispensavano premi e punizioni all’Urss contraddiceva il principio basilare della distensione, entrambi i paesi dovevano essere considerati uguali. Le difficoltà politiche interne dall’amministrazione Nixon contribuirono alla mancata conclusione del nuovo trattato Salt. Gli Americani erano preoccupati dal fatto che nel 1973 avessero i sovietici collaudato con successo un bombardiere. Il nuovo presidente Gerald Ford, lui espresse il desiderio di proseguire i colloqui sul controllo delle armi. Ford e Breznev approvarono una bozza di accordo intesa a formare la base di un nuovo trattato che sarebbe stato denominato Salt II. A differenza del 1° questo poneva l’accento sulla parità stabilendo che ciascuna parte sarebbe stata limitata allo stesso numero di missili offensivi. I Conflitti tra le superpotenze nel 3° mondo Gli inerenti difetti della distensione furono messi in luce dall’inasprirsi anziché attenuarsi delle tensioni fra le superpotenze nel 3° mondo in particolare nella Guerra dei 6 giorni. A suscitare la preoccupazione americana ci fu anche l’interesse sovietico nell’area sub-Sahariana. L’Angola paese diventato indipendente nel 1975 dal Portogallo; i sovietici favorirono il MLPA cioè il fronte nazionale di liberazione dell’Angola di ispirazione marxista. Ad essa si opponeva il FNLA il fronte nazionale di liberazione dell’Angola che ottenne fonti segrete dagli Usa. Allo scoppio della guerra civile nel 1975 i sovietici inviarono i trasporti aerei e soldati cubani, questo preoccupò notevolmente Ford. Dalla vittoria della MLPA nacque la repubblica popolare di Angola e concluse con l’Urss un trattato nel 1976. Gli eventi vennero seguiti con falsariga in Africa orientale dove i sovietici erano interessati a sostenere governi radicali. Nel 1974 i sovietici firmarono un trattato con la Somalia che prevedeva notevoli aiuti finanziari e forniture militari. In risposta gli Usa cercarono di coltivare rapporti più stretti con l’Etiopia ma questa politica subi una battuta di arresto nel 1974 quando l’imperatore venne rovesciato e sostituito da un regime militare marxista. Nel 1977 la Somalia inviò truppe in Etiopia per conquistare l’Ogaden(regione dell’Etiopia che fa parte della regione somala della nazione): in un rovesciamento di alleanze i sovietici scelsero di appoggiare l’Etiopia e inviarono anche qui soldati cubani. La vittoria dell’Etiopia sulla Somalia venne interpretata da molti come una vittoria diplomatica dell’Urss. L’intervento sovietico in Africa coincise con l’invasione del Vietnam del sud nel 1975 da parte delle truppe nordvietnamite con la conseguente instaurazione dei governi comunisti in Cambogia e Laos. La debolezza della distensione non fu determinata dall’avventurismo sovietico quanto al crollo politico intorno a Nixon negli Usa. Fine della distensione L’insoddisfazione degli americani verso questa politica portò alla vittoria di Jimmy Carter su Gerald Ford nelle elezioni presidenziali del 1976. Il nuovo presidente promise cambiamenti radicali tra cui la fine dell’ossessione verso la guerra fredda. Molto più importante nella sua opinione era promuovere una comunità globale fondata sulla cooperazione in cui l’accento sarebbe stato posto sul dialogo tra nord- sud anziché sulla rivalità est-ovest, ma si trovò molto più coinvolti nell’est-ovest. Carter aveva prospettato un mondo futuro in cui tutte le armi nucleari sarebbero state eliminate. All’inizio si pensava che l’accordo Salt II fosse completo per poter essere firmato. Ancora una volta la politica americana intervenne il processo Salt. Carter rese nota la sua proposta alternativa che prevedeva tagli che avrebbero ridotto il totale dei missili a un terzo della cifra concordata nel 1974. Il ministro degli esteri sovietico liquidò questa proposta. L situazione si sbloccò quando nel 1979 a Vienna si firmò Salt II tra Carter e Breznev, l’accordo doveva essere valido fino al 1985. Le difficoltà riscontrate nei negoziati e nei tentativi di ratificare il SALT II furono indicative dell’incerto procedere durante gli anni 70 della politica della distensione. Un altro esempio del crescente disaccordo fu il ricorso calcolato dall’amministrazione americana alla “carta cinese” per esercitare pressioni diplomatiche sui sovietici. Dopo la visita di Nixon a Pechino si era creato un periodo di stagnazione tra Usa e Cina; dopo la morte di Mao Zedong nel 1976 la nuova leadership cinese passo a Deng Xiaoping che scelse di sviluppare rapporti politici ed economici più stretti con l’occidente. Il presidente Carter rispose positivamente. Gli Usa erano decisi a schierarsi con la Cina per acquisire vantaggio Geopolitico sull’Urss. Erano preoccupati di questo rapprochement tra Cina e USA i sovietici. Il dissidio più acuto tra le superpotenze provenì dagli eventi in Iran e Afghanistan. Questi paesi occupavano la parte centrale della regione che si estendeva dal Corno d’Africa al Pakistan e che era stata denominata “area di crisi”. Durante gli anni 70 gli Usa dedicarono sforzi alla cura di un rapporto speciale con l’Iran e il suo sovrano. Ma la società Iraniana era lacerata da tensioni interne: i fondamentalisti islamici denunciarono il regime autocratico dello scià e attribuirono all’influenza americana la colpa dei suoi tentativi di imporre riforme occidentali. Un prestigioso leader religioso ayatollah Khomeini bollò gli Usa come il “grande satana”. Il rovesciamento dello scia nel 1979 e l’instaurazione di una repubblica islamica guidata da Khomeini fu un duro colpo per la politica americana anche se la rivoluzione iraniana non era ispirata al comunismo il suo carattere fortemente antiamericano e anti rappresentò una minaccia occidentale all’influenza occidentale in tutto il Medio oriente. L’Afghanistan il paese confinante a nord con l’Iran. Il 27 aprile 1978, un colpo di Stato abbatté il governo di Mohammed Khan, che da 5 anni si opponeva all’influenza nella politica afghana della confinante Urss. Il colpo di stato portò al potere Mohammed Taraki, leader di un partito di ispirazione marxista e uomo sostenuto da Mosca. La sua politica, laica e socialista, incontrò l’opposizione dell’ala più intransigente degli islamici afghani, che organizzano la resistenza armata dei mujaheddin, “i combattenti per la fede”. Gli Stati Uniti finanziano i mujaheddin in funzione anti-sovietica. Il 14 settembre 1979 il presidente Taraki venne rovesciato: il suo posto fu preso dal primo ministro Hafizullah Amin, che aprì al dialogo con i mujaheddin e con gli USA. Per non perdere il controllo dell’Afghanistan, Brežnev decise di invadere il paese nel 1979. Nell’arco di tre giorni, l’Armata Rossa sovietica conquistò Kabul, la capitale. Le Nazioni Unite condannarono la manifestazione sovietica aggressiva verso l’Afghanistan, ma i sovietici usarono il loro potere di veto nel consiglio di sicurezza per evitare qualsiasi ritorsione militare adottata dall’Onu. Gli Stati Uniti reagiscono promuovendo un embargo contro l’URSS, e decidendo di boicottare le Olimpiadi di Mosca del 1980. La resistenza afghana era sostenuta da armi e denaro statunitensi. si trasformò in jihad, una guerra santa contro i sovietici considerati nemici dell’Islam.I mujaheddin costrinsero i nemici a combattere sulle impervie montagne afghane, dove l’Armata Rossa non poteva sfruttare la sua superiorità tecnologica. Tra i guerriglieri emersero figure che diventeranno leggendarie come quella di Ahmad Massud. I sovietici subirono pesanti sconfitte. La difficile gestione della guerra si sommò ai gravi problemi interni dell’Urss, che negli anni Ottanta era vicina al collasso economico e politico. Di fronte ai continui successi dei mujaheddin, il 20 luglio 1987 l’Unione Sovietica annunciò il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, completato il 15 febbraio 1989. L’Afghanistan uscì dal conflitto in ginocchio: dopo un’aspra guerra civile, il potere fu preso dai talebani, fondamentalisti religiosi che governeranno secondo la legge islamica. Molti chiamarono questi dissidi come la “seconda guerra fredda” La fine della guerra fredda Reagan di fronte all’impero del male La politica di Reagan si caratterizzò per una contrapposizione pressoché totale al comunismo, tanto da opporsi a qualunque sistema comunista con ogni mezzo. L’altro aspetto determinante della sua presidenza fu il crescente investimento nel riarmo, in quanto egli credeva che la deterrenza nucleare non fosse sufficiente a impressionare l’Urss. Rientrano in tale campo il posizionamento di missili nucleari in Europa e la volontà di dotarsi di un sistema di difesa strategica, detto “scudo spaziale”. Rifiutò la distensione e preferiva il confronto rispetto al negoziato. Il suo approccio aggressivo generò una guerra verbale. Nel 1982 ribadì in un discorso la missione americana di promuovere la causa della libertà. Accompagnò le sue parole di sostegno dirette ai combattenti per la libertà in Afghanistan dove i ribelli ricevettero armi al confine per il Pakistan. Attività su scala minore vennero condotte in Angola, Etiopia e Cambogia. Molto più controversa fu la politica seguita in America centrale dove Reagan cercò di correggere quello che considerava un errore madornale dell’amministrazione Carter ovvero la tacita approvazione nel 1979 del rovesciamento di regimi autoritari “amici” ovvero in En Salvador e Nicaragua. I funzionari dell’amministrazione Reagan erano allarmati dalla possibile estensione dell’influenza cubana e sovietica in El Salvador e Nicaragua e temevano l’inizio di un “effetto domino”. Il risultato fu una sostanziosa assistenza finanziaria e militare prestata al Governo democratico del Salvador per reprimere l’insurrezione comunista, i ribelli si videro negare la vittoria militare ma il Salvador assomigliò sempre di più al Vietnam del Sud lacerato dalla Guerra. La Cia organizzò e finanziò un esercito di guerriglieri noto come “contras” cioè i controrivoluzionari che operavano da basi in Honduras e Costarica. L’opinione politica americana si mostrò fortemente divisa sulla questione centro-americana: la paura di essere risucchiati in un altro Vietnam ridusse anche di forte misura l’entità degli aiuti finanziari che il Congresso era disposto a votare per assistere i contras. Ciò spinse l’amministrazione Reagan a ricorrere a metodi occulti di finanziamento dei Contras tra i quali il dirottamento di denaro derivante dalla vendita di armi segrete dall’Iran. Questa azione illegale venne rivelata nel 1986 e portò a quello che fu chiamato Scandalo Iran-Contras. Il ritiro degli aiuti militari costrinse i contras ad accettare nel 1988 il cessate il fuoco. Reagan decise di inviare truppe americane nell’isola caraibica di Grenada nel 1983 perché sostenne che l’intervento era necessario per sconfiggere le forze del comunismo che stavano cercando di stabilire una colonia sovietico- cubana. La promessa di restaurare il prestigio internazionale americano e di negoziare con l’Urss solamente in una posizione di forza era stata una fortunata campagna presidenziale di Reagan nel 1980. Il più costoso, controverso programma di armamenti era l’Iniziativa di difesa strategica(SDI). L’obbiettivo era l’installazione di uno scudo protettivo armato nello spazio per difendere gli Usa da un attacco missilistico. Nel 1983 SDI si trovava in una fase sperimentale preliminare. Non c’è nessuna prova del fatto che volesse una guerra Reagan. Sorprese alleati e avversari accettando di rispettare i limiti sulle armi strategiche e di aprire negoziati con i Sovietici sulla sicurezza Europea. Tali negoziati Ginevra 1981, qui i diplomatici americani sorpresero i sovietici proponendo l’opzione zero= alla cancellazione da parte americana dello schieramento di un tipo dei loro missili sarebbe corrisposto lo smantellamento dei missili sovietici. Il ministro degli esteri sovietico rifiutò con vemenza la proposta. Nel 1982 decise di riprendere i colloqui sulle armi strategiche col nome Start cioè trattative per la riduzione delle armi strategiche, essi iniziarono nel 1982 ma già nel 1983 vennero sospesi. Con la morte di Breznev nel 1982 si creò un vuoto di potere nell’Urss. Nel marzo del 1985 Sali al potere Michail Gorbaciov. Gorbaciov al potere Liquidando l’era Breznev come anni di stagnazione Gorbaciov 54 enne energico e sicuro di sé annunciò la coraggiosa intenzione di prendere iniziative radicali per trasformare l’Urss sul piano politico e quello economico. Rappresentante di una generazione che non era stata direttamente coinvolta nello stalinismo. Il suo progetto era caratterizzato da due parole chiave: perestroika(in russo riforma) proponendo una serie di interventi nel segno della liberalizzazione, volti a introdurre nel sistema socialista elementi di economia di mercato. Le riforme economiche principali furono la reintroduzione (per la prima volta dopo i tempi di Lenin) della proprietà privata nelle imprese di commercio, produzione, servizi ed import-export. Ciò esercitò un certo impulso alle attività commerciali (laboratori, negozi e ristoranti) che, gestite da cooperative, diventarono parte del nuovo panorama economico sovietico. Un'altra riforma importante fu quella che consentì al capitale straniero di investire in Unione Sovietica attraverso la costituzione di joint-venture (cioè società di investitori). Anche questa legge prevedeva inizialmente alcune restrizioni (49% massimo di capitale straniero) che vennero successivamente allentate. Altre riforme strutturali riguardarono la restituzione (ma non vendita) della terra ai contadini che, per poterla coltivare, potevano godere di contratti d’affitto a lunghissima scadenza (cinquant’anni), la tentata liberalizzazione delle grandi imprese statali responsabilizzando il personale. Sul piano istituzionale Gorbaciov si fece promotore, nel 1988 di una nuova costituzione che, senza intaccare il sistema del partito unico, lasciava spazio a un pluralismo limitato (ovvero elezioni libere con più candidati per i soviet). A ciò accompagnò una nuova legge sulla stampa il glasnost (libertà d’espressione) che consentì maggiori aperture e il fiorire di un dibattito politico e culturale impensabile fino a pochi anni prima. L’impianto riformista però fallì, perché non coincise con l’instaurazione di un vero stato di diritto: la sua applicazione fu infatti ostacolata da buona della nomenclatura del partito, timorosa di perdere i propri privilegi. Anche sul piano economico la situazione non ottenne i risultati sperati al punto che l’intera economia sovietica sprofondò in una crisi profonda. Nel 1990 il governo aveva praticamente perso il controllo dell'economia nazionale: l'eliminazione dei meccanismi di controllo centrale sulla produzione, specialmente nel settore dei beni di consumo, portò al formarsi di uno stallo nella produzione e nella distribuzione delle merci, arrivando anche a lasciare le grandi città in situazioni di penuria di articoli di prima necessità. Il sistema economico ibrido tra un'economia centralizzata ed una di mercato, tipico della fase di transizione, incontrò le prime difficoltà e portò l'economia dalla stagnazione al vero e proprio collasso. Un ulteriore problema con il quale Gorbaciov e l’intera Unione Sovietica erano chiamati a fare i conti era costituito dal progressivo emergere di movimenti indipendentisti tra le popolazioni facenti parte dell’impero zarista e poi inglobate, spesso con forza nei confini sovietici. A iniziare furono le repubbliche baltiche (annesse all’Urss in seguito al patto russo tedesco del 1939), seguite dalle repubbliche caucasiche (Armenia, Georgia, Azerbaigian) e dalle regioni musulmane dell’Asia centrale. Si dimostrò disponibile a viaggiare e a incontrare i leader occidentali ai quali cercava di fare capire di essere un partner e non un avversario. L’incontro tra Reagan Gorbaciov avvenne nel 1985 a Ginevra. Il summit fu un successo perché entrambi i leader stabilirono un immediato rapporto personale. Nelle effettive discussioni tra i 2 massima considerazione venne dedicata alla questione della riduzione delle armi strategiche. Nel 1986 Gorbaciov lanciò un proclamo invocando l’eliminazione di tutte le armi nucleari per la fine del secolo. Questa volta toccò all’America rispondere negativamente a quella che venne descritta come l’offensiva di pace sovietica per attirare l’attenzione dei media internazionali. Si incontrarono nel 1986 di nuovo a Reyjakvik, essi parvero di acconsentire addirittura all’eliminazioni di tutte le armi nucleari, ma la SDI non permise la conclusione di un accordo storico. I sovietici riconobbero che la SDI non era negoziabile e che insistere sulla sua inclusione impediva semplicemente di raggiungere un accordo su altre questioni di grande rilevanza. Nel summit di Washington nel 1987 fu pronto per la firma dei leader il trattato INF cioè il trattato sui missili a corta e media distanza. Dopo quasi un decennio di paralisi nei negoziati fu il 1° accordo raggiunto tra le superpotenze sulle armi strategiche. A differenza di Salt I e II il trattato anziché porre limitazioni sanciva vere e proprie riduzioni ed eliminava un’intera categoria di missili nucleari. A dare un ulteriore impulso ai disarmi fu una serie di iniziative prese da Gorbaciov per portare un forte disimpegno sovietico in Europa Orientale e nel 3° mondo. Nel 1988 annunciò Gorbaciov una riduzione delle forze militari sovietiche alle Nazioni Unite. Cercò di liquidare quelli che fossero stati impegni esteri costosi e rischiosi di Breznev. All’inizio del 1988 dichiarò che tutti i soldati russi sarebbero stati ritirati dall’Afghanistan entro 10 mesi, nel 1989 l’operazione fu completata come previsto. In Africa pressioni diplomatiche sovietiche portarono ad analoghi ritiri di truppe cubane dall’Etiopia e dall’Angola; a ciò si aggiunse una sostanziale nel 1991 riduzione aiuti militari ed economici a Cuba. Gli sforzi dinamici per realizzare la pace del mondo permisero a Gorbaciov nel 1990 di ottenere il premio Nobel per la pace e di essere scelto come uomo dell’anno dal settimanale Time Il crollo del comunismo L’impero sovietico di paesi satelliti nel triennio 1989-1991 crollò improvvisamente seguito nel 1991 dalla stessa Urss. La 1° Grande sfida al controllo comunista si ebbe in Polonia: La situazione politica polacca vide, nel 1973, la sostituzione al potere del vecchio leader Gomulka con Edward Gierek, tecnocrate che poteva vantare esperienze personali e lavorative in occidente. Gierek mirava a riottenere consenso popolare. E lo fece attuando una strategia politica, approvata dai sovietici e facilitata dalla progressiva distensione del blocco che puntava sulla modernizzazione delle strutture produttive del paese grazie a tre elementi: investimenti tecnici, collaborazione con imprese occidentali (in tal senso va intesa l’importante partnership avviata con la Fiat che aprì nel paese alcuni stabilimenti) e prestiti occidentali. Gierek riuscì nel proprio intento. Instaurò anche rapporti cordiali con la Chiesa cattolica, dove stava emergendo la figura del vescovo di Cracovia, Karol Wojtyla. Sul piano sociale Gierek stimolò i consumi privati e favorì la costruzione di alloggi popolari a basso costo. In realtà a partire dal 1976 il sistema entrò in crisi: crebbe l’indebitamento e si videro i limiti di uno sviluppo economico basato in particolare sull’industria pesante, principalmente quella di acciaio. Nel giugno 1976 il governo decise di aumentare improvvisamente i prezzi dei generi alimentari del 60%. La reazione della popolazione si tradusse in una rivolta con violenze diffuse e attacchi alle sedi di partito. Da sottolineare come in Polonia fossero presenti degli organismi di opposizione politica sorti al di fuori del partito, su tutti il Comitato di difesa degli operai. Intanto nel 1978 Karol Wojtyla fu eletto papa, assumendo il nome pontificale di Giovanni Paolo II. Nel 1979 il pontefice visitò la Polonia e lo accolsero milioni di cittadini. La situazione sembrava essersi stabilizzata, ma nel 1980 un’ondata di scioperi scoppiò nei cantieri navali di Danzica e da qui si diffuse in tutto il paese. A guidare gli scioperanti vi era un elettricista, Lech Walesa che si pose alla guida di un movimento, Solidarność, e cioè un sindacato indipendente, che venne riconosciuto dal governo che firmò con gli scioperanti un accordo di ventuno punti. I principali erano il riconoscimento del diritto di sciopero e gli aumenti salariali. Era un movimento politico che non mirava alla conquista del potere, non nasceva dal partito unico ma anzi si opponeva a esso, praticando dialogo e non violenza, ispirandosi a principi di matrice cattolica. Nel 1980 a Gierek successe alla guida del partito e del paese Stanislaw Kania, che promosse un dialogo con Solidarność. Mosca guardò con preoccupazione alla situazione polacca. Il timore era che dalla Polonia la protesta potesse diffondersi nel resto dei paesi del blocco. Nel 1981 il generale Wojciech Jaruzelski, militare di carriera di origini aristocratiche, assunse la carica di 1° ministro. Il 13 dicembre portò a termine con l’appoggio di esercito e forze dell’ordine un colpo di stato. Furono migliaia gli attivisti sindacali e gli intellettuali arrestati. Venne proclamata la legge marziale (revocata poi nel 1983) e Solidarność fu posto fuorilegge. Alcuni dei suoi leader, tra i quali Walesa, furono arrestati e rilasciati nel 1982, altri nel 1986. Il colpo di stato che Jaruzelski avrebbe in seguito giustificato come un’azione condotta per riportare l’ordine in Polonia nel timore di un intervento sovietico, spezzò la spinta modernizzatrice e l’evoluzione democratica del paese. Fino al 1989 Solidarność sopravvisse in clandestinità, godendo di una rete di appoggi e di aiuti di vari settori della società polacca e occidentali (anche in Italia con la Cisl). Il governo Jaruzelski cercò di dare stabilità economica al paese. Promulgò una legge sulla liberalizzazione del visto di espatrio, consentendo a centinaia di migliaia di persone di lasciare il paese. Nella seconda metà degli anni Ottanta, spinto dalla pressione del debito, Jaruzelski iniziò ad avvicinarsi all’Occidente, portando la Polonia nel Fondo monetario internazionale. Sul piano politico intensificò il dialogo con le forze di opposizione firmando nel 1989 un accordo per una riforma costituzionale che, pur assicurando ai comunisti la maggioranza in una delle due assemblee legislative, prevedeva lo svolgimento di libere elezioni, le prime in un paese comunista. Le elezioni si svolsero nel giugno 1989 e videro la vittoria di Solidarność, aprendo alla nascita di un governo di coalizione presieduto da Tadeusz Mazowiecki. Restò alla guida dello stato fino al 1990 quando nuove elezioni consegnarono la vittoria a Lech Walesa, rimasto presidente della Polonia fino al 1995. Gli avvenimenti polacchi avviarono una sorta di reazione a catena. L’Ungheria, dove all’inizio del 1989 era stato deposto il vecchio leader János Kádár (gli successe Karoly Grosz), protagonista della repressione di Budapest del 1956, ma anche del successivo trentennio di relativo benessere e graduale liberalizzazione. Infatti Kádár attuò una serie di concessioni in campo economico e sociale incoraggiando l’iniziativa privata e i consumi individuali. Deposto Kádár i dirigenti del partito comunista ungherese riabilitarono sulla scena pubblica i protagonisti della rivolta del 1956, legalizzando i partiti e indicendo per l’anno successivo nuove elezioni. Nel 1989 il Parlamento adottò un "pacchetto democratico", che comprendeva unioni commerciali pluraliste, libertà di associazione, assemblea e stampa, una nuova legge elettorale e, nell'ottobre 1989, una revisione della costituzione. Nell'ottobre 1989 il partito comunista si riunì nel suo ultimo congresso e si ricostituì come Partito socialista ungherese (MSZP). In una storica riunione, tenutasi dal 16 ottobre al 20 ottobre 1989, il Parlamento adottò una legislazione che istituiva elezioni multipartitiche. La legislazione trasformò l'Ungheria da Repubblica Popolare a Repubblica d'Ungheria, garantendo diritti umani e civili e creando una struttura istituzionale che assicurasse la separazione dei poteri. Nel giorno della rivoluzione del 1956, il 23 ottobre, fu ufficialmente dichiarata la Repubblica d'Ungheria (guidata dal Presidente provvisorio della Repubblica Mátyás Szűrös). La transizione ungherese fu la più soft di tutto il blocco. Una politica economica responsabile e pianificata attenta alle esigenze dei ceti operai e delle classi medie (impiegati e funzionari) fece della Cecoslovacchia uno dei paesi più sviluppati e relativamente prosperi del blocco sovietico.Gli avvenimenti polacchi e tedeschi accelerarono anche nel paese il processo di trasformazione. Nel 1989 si svolsero una serie di manifestazioni contro il regime. La prima – che diede origine al movimento che portò al crollo del regime – ebbe luogo a Bratislava a opera di studenti universitari slovacchi a favore della democrazia. Da lì la protesta si propagò arrivando fino a Praga. Nei giorni seguenti, i dissidenti (in gran parte studenti) formarono il movimento del Forum Civico, alla cui guida vi era lo scrittore Václav Havel, dando vita alla cosiddetta Rivoluzione di velluto. Questa nuova organizzazione ottenne il sostegno di milioni di cechi e di slovacchi. Dovendosi confrontare con il rifiuto della popolazione, il PC crollò. I suoi capi si dimisero nel 1989 e Havel fu eletto Presidente della Cecoslovacchia il 29 dicembre. Seguì la formazione di un governo di coalizione, in cui il Partito Comunista ebbe la minoranza dei ministeri. Nel 1990 si tennero così libere elezioni, le prime dal 1946. Come previsto, il Forum Civico e il Pubblico contro la violenza vinsero nelle rispettive repubbliche, ma l’alleanza, anche se aveva ottenuto il principale obiettivo di rovesciare il regime comunista, era inefficace come coalizione di governo: le dimissioni furono inevitabili. Nel luglio del 1992 Havel si dimise, e nell’ultima metà dell’anno rappresentanti cechi e slovacchi trovarono un accordo sulla separazione delle due repubbliche entro la fine dell’anno solare. Nascevano così la Repubblica ceca e quella di Slovacca. In Romania il mutamento del regime che negli altri paesi si era svolto seguendo processi pacifici, ebbe risvolti drammatici per la resistenza opposta dalla dittatura personale di Nicolae Ceausescu, che insieme a sua moglie Elena guidò il paese con il pugno di ferro. Nel 1965 divenne segretario del partito romeno dei lavoratori, subito ribattezzato Pc romeno, dichiarando la nascita della Repubblica socialista della Romania. Criticò il principio della sovranità limitata dei paesi del blocco, sfidando la supremazia sovietica, non partecipò attivamente al patto di Varsavia e portò la Romania a essere uno dei primi paesi del blocco sovietico a instaurare relazioni con la Comunità Europea, con la quale firmò accordi economici nel 1974 e nel 1980. Sul piano internazionale e delle relazioni estere seguì una politica indipendente rispetto a quelle di Mosca: ad esempio la Romania fu insieme alla Jugoslavia e alla Cina l’unico paese comunista a prendere parte alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984, boicottate dal resto del blocco orientale. Ceausescu rifiutò qualsiasi ipotesi di riforma liberale. Omaggiato negli anni Ottanta del titolo di Conducator (Duce), Ceausescu nell’ultimo periodo del suo regime aveva però portato la Romania sull’orlo del collasso. Mancavano i generi di prima necessità che la popolazione era costretta ad acquistare al mercato nero e la mortalità infantile raddoppiò nel giro di pochi anni. Mentre il suo popolo versava in condizioni di miseria e indigenza, Ceausescu e sua moglie Elena vivevano nel lusso, completamente staccati dalla realtà. Sul piano demografico, nel 1966 il regime decretò la messa al bando di ogni forma di contraccezione o aborto, introducendo politiche atte a sostenere l’incremento di natalità. L'aborto era ammesso solo per le donne sopra i 42 o già madri di quattro (successivamente cinque) bambini. Madri che avessero più di cinque bambini ricevevano vari benefici, mentre quelle con più di dieci bambini erano dichiarate madri-eroine, ricevevano una medaglia d'oro, un'automobile e altri bonus. L’obiettivo di Ceausescu era quello di raggiungere i 30 milioni di abitanti entro l’anno 2000. La popolazione aumentò notevolmente, seppure in misura minore alle aspettative, passando dai 18 milioni del 1966 ai 23 del 1989. Dalla fine degli anni Sessanta la crescita della popolazione fu accompagnata da un incremento della povertà e del numero di persone senza fissa dimora. La crescita incontrollata dell’abbandono dei bambini divenne un fenomeno sempre più diffuso nel paese che vide una decisa crescita della popolazione degli orfanotrofi. Inoltre sul piano del diritto di famiglia il regime si diede come obiettivo anche la diminuzione dei divorzi. Nel 1971 Ceausescu si recò a visitare la Cina, il Vietnam del Nord e la Corea del Nord, rimanendo colpito dai modelli presenti in questi paesi che cercò di riproporre in Romania. Proclamò così le cosiddette tesi di luglio, un programma di diciassette proposte tra le quali le principali riguardarono: continua crescita del ruolo di guida del partito miglioramento dell'educazione del partito e una massiccia azione politica aumentare la partecipazione giovanile al grande piano di costruzioni come parte del loro "lavoro patriottico" intensificazione dell'istruzione politico-ideologica in scuole e università, così come tra i bambini, la gioventù e le organizzazioni studentesche espansione della propaganda politica, coinvolgendo radio e spettacoli televisivi così come le case editrici, i teatri e il cinema, l'opera, il balletto e le unioni degli artisti ecc. promozione di un carattere "militante-rivoluzionario" nelle produzioni artistiche Le tesi nei fatti riaffermavano un ritorno alle stringenti linee guida del realismo socialista e attaccavano gli intellettuali non allineati. Nel 1977 la Romania fu colpita da un terremoto. Un’occasione che consentì a Ceausescu di avviare a Bucarest e in molte altre città del paese un programma di ricostruzione edilizia. Buona parte del centro storico di Bucarest che poteva contare su decine di basiliche ortodosse e case patrizie, fu raso al suolo per consentire l’erezione del palazzo presidenziale in stile neoclassico, denominato Casa Poporului, e del suo viale d’ingresso, un’arteria lunga 3 chilometri. Altro elemento caratterizzante la dittatura di Ceausescu e che ne spiega la sua lunga resistenza fu costituito dalla pervasività dell’apparato di sicurezza. Sicurezza affidata alla Securitate che poteva contare sull’apporto di oltre 40.000 membri operativi e di un’impressionante rete di informatori, praticava su vasta scala forme di coercizione fisica (pestaggi, omicidi di oppositori, finti incidenti). Nel dicembre 1989 il paese fu scosso da una profonda ondata rivoluzionaria che, scoppiata a Bucarest al centro di manifestazioni operaie contro il regime, dilagò nel resto della nazione. Ceasusescu e sua moglie Elena furono arrestati, consegnati all’esercito, processati sommariamente e condannati a morte il 25 dicembre del 1989. La loro condanna fu eseguita mediante fucilazione. La Romania fu dunque l’unico regime socialista a vivere una rivoluzione violenta. La fine di Nicolae Ceausescu fu anche il primo evento ad essere trasmesso integralmente in televisione in Romania. Jugoslavia Nel 1974 venne promulgata e approvata la quarta costituzione che intendeva garantire un equilibrio attraverso un complicato meccanismo di contrappesi di tipo corporativo ed etnico. Il sistema delle quote prevedeva che ciascuna delle sei repubbliche costituenti (Serbia, Montenegro, Slovenia, Croazia, Bosnia e Erzegovina e Macedonia) vedesse garantita una propria quota di rappresentanza. La nuova costituzione trasformò così la Jugoslavia in uno stato federale, formato da sei repubbliche costituenti, ai cui governi attribuiva poteri legislativi ed esecutivi. A garantire l’unità nazionale era Tito, signore assoluto senza eredi. La morte di Tito (1980), preceduta nel 1979 da quella del suo braccio destro Edward Kardelj segnarono l’avvio dell’inevitabile disgregazione jugoslava, Negli anni Ottanta scoppiarono le rivalità e le tensioni nazionali che prima la figura di Tito – e il suo potere – era riuscito a contenere. Ad aggravare le tensioni, contribuiva anche il modo con cui il gruppo dirigente di Tito aveva trattato il problema dei confini tra le repubbliche nella costituzione del 1974. Infatti poiché ogni repubblica – secondo la carta – aveva diritto di secessione dalla federazione, sarebbero potute emergere rivendicazioni tra le diverse unità territoriali. Questa eventualità, assolutamente improbabile nella Jugoslavia riunita intorno a Tito (collante capace di frenare la competizione tra i differenti gruppi etnici), si sarebbe concretizzata in seguito alla sua morte. Quindi nel contesto jugoslavo, il 1989 non significò come negli altri paesi del blocco sovietico la fine del socialismo, ma essenzialmente l’inizio di un decennio contraddistinto da un’instabilità etnica e politica che sfociò nelle guerre del 1991, e nella creazione di sei stati e cioè Serbia, Montenegro, Slovenia, Croazia, Bosnia y Erzegovina e Macedonia. Bulgaria La carica di primo ministro era ricoperta da Todor Živkov che, assunto il potere nel 1954, avrebbe governato al Bulgaria per i successivi trentatre anni, con una politica totalmente fedele ai dettami sovietici e più moderata sul piano interno che vide la chiusura dei campi di lavoro per gli oppositori, la restituzione di forme limitate di libertà di espressione e la fine della repressione contro la chiesa. Nel 1971 venne emanata una nuova costituzione grazie alla quale Živkov acquisì la carica di capo dello stato. Anche se non era mai stato stalinista nei modi, a partire dalla fine degli anni Settanta Živkov rese il suo governo sempre più severo e totalitario. Nel 1984 venne approvata una legislazione anti-turca, che proibiva alla minoranza turca (il 10% della popolazione) di parlare nella lingua madre e di "bulgarizzare" le proprie generalità. L’ondata democratica che avvolse l’intero est Europa nel 1989 coinvolse anche la Bulgaria, dato che la classe dirigente comunista, ormai superata, non aveva la forza per poter resistere a cambiamenti così netti e radicali; nel novembre del 1989 si svolse una manifestazione ecologista a Sofia, che unì quasi subito alle rivendicazioni ambientali quelle politiche. La dirigenza del Partito comunista bulgaro si rese conto che era arrivata l'ora di cambiare e il 10 novembre Živkov, ormai 79enne , venne sostituito nella carica di capo dello Stato dal ministro degli Esteri Petăr Mladenov. La prontezza degli apparati del partito nel prendere tale decisione impedì che nascesse nel paese un forte clima di tensione che potesse generare un cambiamento rivoluzionario. Mladenov traghettò lo stato dall'economia socialista a quella di mercato. Nel febbraio del 1990 il Partito comunista bulgaro rinunciò volontariamente al potere: nel giugno dello stesso anno si organizzarono delle elezioni politiche che aprirono la strada del multipartitismo anche in Bulgaria. Mladenov rimase capo dello stato fino al 6 aprile e presidente del Consiglio, ad interim, fino al 6 luglio: il passaggio di consegne a Želju Želev determinò la fine della storia della Bulgaria comunista. Albania Figura di potere assolutista è quella di Enver Hoxha, che governò l'Albania dalla fine della 2° guerra mondiale fino alla sua morte nel 1985 come primo segretario del Partito del Lavoro d'Albania (Pc). Hoxha si dichiarava un marxista-leninista ortodosso. Prese come modello l'Urss e irrigidì le relazioni con i suoi vecchi alleati, i comunisti jugoslavi, in seguito alla condanna della Jugoslavia decisa alla riunione del Cominform nel 1948. Fino a quando la Jugoslavia non venne espulsa dal Cominform nel 1948, l'Albania agì come un satellite della federazione di Tito, che la rappresentava alle riunioni del Cominform. Nella possibilità di un'invasione occidentale o jugoslava, dal 1950 Hoxha fece costruire in tutto il paese migliaia di bunker in cemento armato, per essere usati come posti di guardia e ricoveri di armi; La loro costruzione accelerò quando nel 1968 il paese uscì ufficialmente dal Patto di Varsavia, aumentando il rischio di un attacco straniero. Nel 1967, dopo due decenni di ateizzazione sempre più forte, Hoxha dichiarò trionfalmente che la nazione era il primo paese dove l'ateismo di stato era scritto nella Costituzione. Hoxha rimase un convinto stalinista nonostante la relazione del ventesimo congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, e questo significò l'isolamento dell'Albania dal resto dell'Europa. L'articolo 55 del codice penale del 1977 stabiliva la reclusione da 3 a 10 anni per propaganda religiosa e produzione, distribuzione o immagazzinamento di scritti religiosi. Hoxha procedette così alla confisca di moschee, chiese, monasteri e sinagoghe. Molti di questi furono trasformati in musei o uffici pubblici. Ai genitori fu proibito dare nomi religiosi ai figli. I villaggi con nomi di santi furono rinominati con nomi non religiosi. Secondo un rapporto di Amnesty International pubblicato nel 1984, lo stato dei diritti umani in Albania sotto Hoxha raggiungeva livelli drammatici. Alcuni diritti civili come la libertà di parola, religione, stampa e associazione, sebbene la costituzione del 1976 li enunciasse, vennero sensibilmente compressi con una legge del 1977, per garantire stabilità ed ordine. Nel 1981 Hoxha ordinò l'arresto e l'esecuzione capitale di diversi dirigenti di partito e di governo accusati di corruzione e di attività controrivoluzionaria. La repressione politica di Hoxha in Albania provocò migliaia di vittime. Dopo la morte di Enver Hoxha (1985), Ramiz Alia assunse anche la carica di segretario del Pc albanese, instaurando un governo che comportò una certa distensione sia interna che in politica estera, mentre il potere del partito comunista si indeboliva. Diede inizio a una tendenza parzialmente riformista incentrata su un decentramento economico e su incentivi materiali per i lavoratori albanesi. Tuttavia i problemi di sistema che Hoxha aveva lasciato in eredità con la propria politica erano di una natura e dimensione tali che il tentativo di Alia compiuto tra il 1985 e il 1989 e volto a revisionare il sistema fu insufficiente a scongiurare il disastro. Rieletto alla guida dello Stato dopo le elezioni presidenziali del 1987, avviò una timida apertura politica. La caduta del comunismo in Albania iniziò nel dicembre del 1990 con le manifestazioni studentesche. Le elezioni del marzo 1991 lasciarono i comunisti ancora al potere, ma uno sciopero generale e l’opposizione cittadina decisa esercitò una forte pressione per la creazione di un governo di coalizione, che includeva anche non-comunisti. Infatti, contestualmente alla caduta dei regimi comunisti dell'Europa orientale, Ramiz Alia introdusse il multipartitismo. Eletto nel 1991 alla presidenza della repubblica, Alia si dimise il 3 aprile 1992 dopo la vittoria elettorale del Partito Democratico d'Albania di Sali Berisha. In seguito fu arrestato con l’accusa di corruzione e rilasciato dal carcere nel luglio 1995. Gli albanesi in Italia: la situazione era di assoluta confusione politica e economica. Alla vigilia delle prime elezioni libere nel marzo del 1991, il popolo albanese, convinto che la natura dello stato non fosse sostanzialmente mutata scelse di raggiungere il 'paradiso' occidentale. In condizioni di povertà l'emigrazione sembrava l'unica strada percorribile. Il richiamo della libertà era molto forte e il sogno di trovare una sorta di Eldorado fece sì che gli albanesi, nel mese di febbraio-marzo, si dessero alla fuga. L'Albania con Hoxa era stata fino a quel momento come una prigione. Per uscire e riconquistare la libertà bisognava attraversare il mare Adriatico. Nell’agosto 1991 venne sequestrata la nave mercantile Vlora al porto di Durazzo e il comandante dell’imbarcazione dovette partire con un carico di quasi ventimila uomini, donne e bambini, stipati e ammassati in ogni angolo dell’imbarcazione. L’arrivo della nave nel porto di Bari fu drammatico: l’equipaggio affamato e assetato trovò un paese indifferente, in cui le ricchezze facili e il benessere si sarebbero ben presto dimostrate delle illusioni. Lo stato italiano non era preparato ad affrontare l’arrivo di un flusso migratorio così imponente: gli individui appena sbarcati vennero raccolti frettolosamente nello Stadio della Vittoria. Seguirono otto giorni di terrore, dove la polizia presidiava gli ingressi, i viveri venivano lanciati solamente dall’alto e i fenomeni di violenza o di tentata fuga divennero molto frequenti. I contrasti tra il sindaco di Bari e il prefetto furono molto duri: il comune aveva richiesto all’esercito l’allestimento di cucine da campo, tendopoli e un’infermeria. Tuttavia nulla venne messo a disposizione e furono invece organizzati rimpatri a mezzo di autobus e traghetti. Si cercava di dare l’idea di un’Italia poco disponibile all’accoglienza per dissuadere ogni futuro tentativo di approdo. A quel primo, drammatico arrivo, ne seguirono altri, altrettanto traumatici. I boat-people albanesi divennero infatti un fiume inarrestabile, che partiva da Durazzo, Valona e Santi Quaranta in direzione dell'Italia, con i motori in panne e lanciando disperati SOS. Le scene toccarono il cuore degli italiani che accolsero i profughi come fratelli non senza l'imbarazzo che derivava dal fatto che la 'Legge Martelli' in materia di immigrazione era appena entrata in vigore: essa, che permetteva ai cittadini di entrare in Italia soltanto se riconosciuti come perseguitati politici, rendeva impossibile la permanenza dei profughi albanesi. Costoro, infatti, non erano secondo il governo italiano dei perseguitati politici, ma solamente uomini e donne esasperati dalla fame e dalla crisi economica. L'Italia fece ricorso ad una normativa ad hoc. Il governo italiano accordò ai migranti un permesso di soggiorno straordinario per la durata di un anno, nel corso del quale gli albanesi avrebbero dovuto frequentare dei corsi di formazione, trovare un lavoro e una casa. Contemporaneamente in una conferenza tra stato e regioni fu raggiunta l'intesa per la ripartizione degli stessi profughi in diverse regioni al fine di un loro più facile inserimento nel tessuto socio-economico del territorio di accoglienza. In Occidente, i mutamenti politici dell’Europa orientale furono osservati con un misto di sorpresa e confusione. George Bush che era stato eletto nel 1988 alla presidenza americana desiderava intrattenere rapporti amichevoli con i sovietici e vedere realizzate con successo le riforme in tutto il blocco sovietico. Nel 1989 a bordo di una nave da guerra al largo di Malta il rapporto di cooperazione tra le superpotenze venne ribadito, Gorbaciov osservò che la politica sovietica non era più quella di costringere gli Usa ad andarsene dall’Europa. Nel Luglio del 1991 Bush si recò a Mosca per firmare il trat