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10 -L'arte della stampa diffonde il nuovo sapere Una scoperta di straordinaria portata fu la stampa a caratteri mobili. Messa a punto tra il 1436 e il 1438 da Johannes Gutenberg, tedesco di Magonza. Il primo libro stampato in latino fu la Bibbia nel 1455.L'Italia si appropriò rapidamente della nuova...

10 -L'arte della stampa diffonde il nuovo sapere Una scoperta di straordinaria portata fu la stampa a caratteri mobili. Messa a punto tra il 1436 e il 1438 da Johannes Gutenberg, tedesco di Magonza. Il primo libro stampato in latino fu la Bibbia nel 1455.L'Italia si appropriò rapidamente della nuova tecnica; nel giro di qualche decennio vennero impiantate tipografie in molte città della penisola. Il primo editore italiano famoso per l'estrema eleganza dei suoi caratteri fu Aldo Manuzio, tipografo e umanista originario di Bassiano nel Lazio, la cui stamperia risulta attiva a Venezia nel 1490. Il libro stampa si rivelò uno strumento formidabile in grado di rivoluzionare l'intero sistema di trasmissione della cultura. Lungo tutto il millennio medievale, copiare a mano un libro, era stato un operazione lunga e costosa con il risultato che i manoscritti erano rimasti per lunghi secoli poco accessibili, invece adesso diventava possibile moltiplicare il numero dei libri rispetto ai codici o manoscritti medievali; l'abbassamento dei costi permise l'ampliamento del pubblico, anche se in questa fase ancora limitato agli strati più elevati della borghesia e all'ambito delle corti signorili.Si stampavano opere religiose e letterarie, ma presto di lagò anche una stampa più popolare, che comprendeva fogli di preghiera e indulgenze, oltre a fascicoli musicali, avvisi (che erano le notizie giornalistiche di allora), e poi grammatica per gli studenti. accanto alle opere in grande formato, detto in quarto, ottenute piegando il foglio tipografico due volte per ricavare quattro fogli impressi su entrambi i lati, cominciarono ad essere stampate anche edizioni in sedicesimo, di dimensioni più piccole destinate alla lettura personale. Con i libri a stampa nacquero l’intraprendenza ed entusiasmo della vita culturale via via affievolirsi indietro addizionali corsi universitari, benché inizialmente i tocchi umanisti rifiutassero i libri stampati, considerati volgari e pieni di errori, nel giro di qualche decennio molti di loro presero a collaborare con gli stampatori più avvenuti e lungimiranti. Il più famoso fu proprio Aldo Manuzio che all'inizio del Cinquecento sta un po' numerose edizioni di autori classici e moderni con la supervisione di Pietro Bembo, Erasmo da Rotterdam, ed altri. 11-Lo sviluppo degli studi e della scienza E per la natura, determinò anche una vivace ripresa dell'indagine scientifica. Nel Medioevo, la scienza si era affidata non tanto all'osservazione diretta dei fatti quanto alla lettura di testi autorevoli; si rintracciano le spiegazioni dei fenomeni naturali contenute nella Bibbia oppure nell'opera del filosofo greco Aristotele. A partire dall'umanesimo e poi, via via con maggiore forza nel corso del Cinquecento, l'indagine scientifica cominciò a liberarsi dal timore del confronto con i grandi autori del passato e ad affidare le ricerche dello scienziato alle sue libere valutazioni. Si cominciò anche a discutere se fosse giusto servirsi della Bibbia, un testo religioso, come fonte di conoscenza scientifica, seppure parziale. Questo rinnovamento degli studi si manifestò in diverse discipline. Un deciso impulso venne alla geografia, grazie alla ripresa degli studi che favorì il ritorno e la diffusione dei testi di Claudio Tolomeo, matematico e astronomo del secondo secolo. Furono pubblicate le sue due opere basilari: "La Geografia", uscita nel 1477 con un corredo di preziose carte, e "L'Almagesto", una raccolta di osservazioni astronomiche destinata a influire notevolmente sulla navigazione oceanica. In un certo senso, si può dire che l'America non sarebbe mai stata scoperta da Colombo nel 1492 senza il contributo decisivo delle carte di Tolomeo, disegnate con la tecnica da lui inventata dei meridiani e dei paralleli. Nel campo dell'astronomia, vanno ricordati gli studi del polacco Niccolò Copernico, riassunti nell'opera "Sulle rivoluzioni delle sfere celesti" del 1543. In essa, Copernico dava la dimostrazione matematica che la Terra gira intorno al Sole e non viceversa, come si credeva comunemente. Tale tesi era destinata a soppiantare nel Seicento il sistema aristotelico-tolemaico, basato sulla centralità della Terra. Nel corso dell'età umanistico-rinascimentale emerse la figura dello studioso enciclopedico, che conosce e approfondisce diverse discipline, anche nei loro aspetti tecnici e concreti. L'esempio più noto è rappresentato da Leonardo da Vinci, che fu pittore, architetto, ingegnere, matematico, inventore e studioso dell'anatomia umana. Leonardo lasciò circa 4000 pagine di appunti manoscritti su meccanica, idraulica, ottica, anatomia e storia naturale, che riassumono le conoscenze del suo tempo e avanzavano brillanti ipotesi di soluzione di problemi tecnici. Pur non trovando applicazione all'epoca, molte di esse furono adottate successivamente. Prima di Leonardo, operò in questo campo della cultura enciclopedica il fiorentino Leon Battista Alberti, che fu illustre architetto ma anche filosofo, fisico e ottico. Dopo di lui, fu attivo Michelangelo Buonarroti, che fu contemporaneamente grandissimo pittore, scultore e architetto. In tutte queste ricerche, cominciava ad emergere un nuovo modo di conoscere la realtà, che poneva le basi per la successiva rivoluzione scientifica del Seicento. Tuttavia, va detto che la cultura quattro-cinquecentesca rimase lontana da quegli sviluppi, poiché molte ricerche rimasero limitate all'ambito pratico ed empirico, finalizzate a conoscere per manipolare la natura e costruire oggetti. Inoltre, si continuava a guardare al mondo della natura muovendo da un punto di vista che mescolava spesso scienza e magia. Infatti, più che indagare con rigore i fenomeni per estrapolare le leggi universali di comportamento, come farà un secolo più tardi Galileo Galilei, si preferiva sfruttare le qualità più o meno segrete per dar vita a nuove combinazioni, ad esempio per realizzare la sospirata trasformazione dei metalli in oro, un traguardo degli alchimisti. Dunque, più che di scienza pura, nel Quattrocento e nel Cinquecento si deve parlare di scienza applicata, che cercava di imporre alle cose i propri desideri. 12-Le ricerche filosofiche e la diffusione del platonismo Dal punto di vista del pensiero filosofico, il primo dato che spicca è la qualità e quantità delle traduzioni dal greco in latino, realizzate in questo periodo, specialmente riguardo ai testi di Platone e Aristotele. Dopo l'aristotelismo imperante al tempo della filosofia scolastica medievale, Platone divenne oggetto di grandi attenzioni, in particolare grazie all'opera del filosofo fiorentino Marsilio Ficino, che fondò a Firenze, su richiesta di Lorenzo il Magnifico, un'accademia di studi platonici. Tale predilezione per Platone aveva precise ragioni culturali. Il pensiero platonico, che esaltava lo spirito e disprezzava la materia, si integrava perfettamente con la tendenza classicistica dell'umanesimo rinascimentale, aspirando a raggiungere una perfezione ideale in ogni campo. Platone, infatti, aveva teorizzato l'esistenza di un mondo delle idee, considerato superiore e modello di quel mondo naturale e umano di cui facciamo esperienza ogni giorno. Tuttavia, neppure il pensiero cristiano era dimenticato. Alcuni intellettuali come Giovanni Pico della Mirandola cercarono una sintesi tra il pensiero platonico e la saggezza classica pagana. In particolare, egli scrisse nel suo "De hominis dignitate" riguardo all'immortalità dell'anima, influenzando il pensiero teologico platonico. Un altro grande umanista cristiano fu l'olandese Erasmo da Rotterdam, impegnato in un'opera di riforma della Chiesa e nel tentativo di rendere la cultura umanistica una preziosa alleata per recuperare la purezza originaria del messaggio evangelico. Questi tentativi di conciliazione tra il pensiero classico e quello cristiano sono significativi, anche se l'età umanistico-rinascimentale tendeva in generale ad attribuire maggiore importanza alla creatura rispetto al Creatore. Inoltre, si coltivava l'idea che l'uomo, attraverso le sue sole forze, potesse giungere alla felicità personale e costruirsi un mondo terreno giusto e appagante. Era dunque chiaro il distacco dalla religiosità di un tempo, come dimostrano le critiche di Lorenzo Valla alla Chiesa e alla cultura medievale, oltre al pensiero politico totalmente laico di Nicolò Machiavelli. 13-L'impegno politico e pedagogico degli umanisti L'umanesimo non rimase solo una teoria o un'astrazione, ma affermò il diritto dell'uomo a realizzare nel mondo la propria personalità. Gli umanisti si orientarono a rivalutare l'intero mondo terreno del sapere, inclusi la storia e la politica. Questa sensibilità portò molti di loro a impegnarsi direttamente nel governo delle corti signorili dell'Italia quattrocentesca. Erano spesso entusiasti e capaci di scrivere opere di storia e diritto, e venivano regolarmente incaricati di redigere corrispondenze ufficiali, formulare leggi, comporre elogi dei potenti e scrivere cronache storiche municipali. Tra gli umanisti toscani, spiccano figure come Coluccio Salutati, Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini, tutti segretari della Cancelleria del Comune di Firenze e teorici delle libertà comunali in contrapposizione alla servitù. A loro rimproverarono la loro posizione intellettuali al servizio dei Visconti di Milano e alla corte Aragonese di Napoli. Al contrario, il poeta Giovanni Pontano operò in qualità di diplomatico e ministro. La passione civile degli umanisti ha portato a quello che è stato definito "umanesimo civile", che in molti casi sfociò nella scelta di diventare educatori. Due esempi noti di questo impegno educativo sono Guarino Veronese e Vittorino da Feltre. La più celebre scuola umanistica fu la "Casa Gioiosa" (o "Kazuiosa"), fondata da Vittorino da Feltre nel 1423 a Mantova. Si trattava di una sorta di collegio in cui venivano impartite soprattutto materie umanistiche come il latino, il greco e la storia, affiancate da musica, canto, attività sportive e giochi. 14-Machiavelli e Guicciardini-La nascita della scienza politica e della moderna storiografia Non vi era soltanto la pratica politica, accanto ad essa c'era anche la teoria. La cultura umanistico-rinascimentale ottenne uno dei suoi risultati più originali e innovativi nell'ambito degli studi politici, con particolare riferimento al funzionamento dello Stato. Tra i nomi più importanti spicca quello dello scrittore e uomo politico fiorentino Niccolò Machiavelli, autore del breve ma densissimo trattato intitolato Il Principe (1513), considerato ancora oggi il testo classico della scienza politica. Nel Medioevo erano fioriti diversi trattati dedicati all'arte del governo, in cui il principe ideale era visto come uno strumento della Giustizia di Dio. Di conseguenza, la sua azione doveva ispirarsi ai criteri della morale e della religione. Machiavelli, tuttavia, portò una rivoluzione in questa tradizione, affermando che la politica di governo non dipende dal giudizio di una divinità. Il principe, ossia l'uomo di governo, doveva impegnarsi in un'azione condotta con abilità e finalizzata alla conquista e al mantenimento del potere; pertanto, poteva ignorare la sfera morale se ciò gli fosse tornato utile. D'altra parte, Machiavelli sosteneva che gli uomini sono normalmente malvagi, e non c'era da meravigliarsi se si potessero governare solo con la forza e spesso con l'inganno. Ciò che è profondamente rinascimentale in Machiavelli è la sua aspirazione a fondare un uomo e uno Stato nuovi, dotati di dignità intrinseca e di autonomia, un obiettivo che riporta all'utopia degli umanisti del primo '400. Un altro autore che si dedicò alla storia e alla politica fu Francesco Guicciardini, cittadino e amico di Machiavelli, autore di un'importante Storia d'Italia e delle Considerazioni sopra i discorsi del Machiavelli del 1528. A differenza di Machiavelli, Guicciardini appariva assai diffidente verso le teorie generali e si limitava a proporre un modello di individuo saggio, lucido e disincantato di fronte alle proprie virtù e ai molti vizi della società che lo circonda. Il filo conduttore per l'individuo, secondo Guicciardini, doveva essere la discrezione, ovvero la capacità di valutare criticamente i fatti.

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