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Università degli Studi Niccolò Cusano

Micela Capobianco

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psicologia dello sviluppo teoria della mente sviluppo cognitivo psicologia

Summary

Questo documento è un set di dispense per un corso di psicologia dello sviluppo e dell'educazione, in particolare si concentra su un modulo sulla teoria della mente. Le dispense descrivono diverse tappe di sviluppo della ToM (teoria della mente) nei bambini, da una comprensione più elementare degli stati mentali e dei desideri ad una più complessa comprensione della falsa credenza, anche di secondo ordine.

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DISPENSE DELL’INSEGNAMENTO DI PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO E DELL’EDUCAZIONE PROF. SSA MICAELA CAPOBIANCO RICERCATORE (Lettera B) (art. 24 c.3-b L. 240/10) MODULO VII LO SVILUPPO DELLA TEORIA DELLA MENTE Argomenti VII 1. LA TEORIA...

DISPENSE DELL’INSEGNAMENTO DI PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO E DELL’EDUCAZIONE PROF. SSA MICAELA CAPOBIANCO RICERCATORE (Lettera B) (art. 24 c.3-b L. 240/10) MODULO VII LO SVILUPPO DELLA TEORIA DELLA MENTE Argomenti VII 1. LA TEORIA DELLA MENTE (ToM): DEFINIZIONE VII. 2 Teoria della mente: I POSTULATI VII. 3 TAPPE DI SVILUPPO DELLA ToM 3.1 I TAPPA: I PRECURSORI DELLA ToM: TRA I 9 E I 24 MESI 3.2 II TAPPA: LA “PSICOLOGIA DEL DESIDERIO” E DELLA “CREDENZA-DESIDERIO” TRA I 24 E I 36 MESI 3.3 III TAPPA: LA “PSICOLOGIA DELLA FALSA CREDENZA DI I ORDINE”: DAI 4 ANNI CIRCA 3.4. IV TAPPA: LA “PSICOLOGIA DELLA FALSA CREDENZA DI II ORDINE”: DAI 6 ANNI CIRCA (ETA’ SCOLARE) VII.4. LIMITI DEI COMPITI DI FALSA CREDENZA. RIFLESSIONI CRITICHE VII. 5 MODELLI TEORICI A CONFRONTO SULLA ToM VII 1 TEORIA DELLA MENTE (ToM): DEFINIZIONE Verso la fine degli anni ‘80 alcuni studiosi iniziaromo a mettre maggiormente in evidenza i limiti della teoria piagetiana che, nonostante considerasse il bambino come un “piccolo scienziato”, attivo partecipante sul mondo e costruttore delle proprie conoscenze, escludeva l’aspetto del ruolo delle interazioni del bambino con le altre persone, adulti e bambini. Per la teoria stadiale in bambino è in continua interazione con il mondo fisico e attua processi di adattamento con il suo ambiente fisico ma non viene assolutamente considerato il ruolo delle dinamiche interattive con gli adulti o altri bambini per lo sviluppo delle conoscenze. In un qualche modo Piaget non pensava ad un ambiente sociale, emotivo, relazionale e affettivo in cui il bambino è inserito fin dalla nascita ma esclusivamente ad un ambiente fatto di oggetti e di problem solving sugli oggetti. Altri studiosi, non soddisfatti della metafora piagetiana che vede il bambino esclusivamente come “piccolo scienziato” sul mondo fisico, si sono interessati ad approfondire e comprendere come il bambino costruisce la propria conoscenza del mondo psicologico, come arriva a comprendere il proprio e altrui comportamento, i pensieri e le emozioni sottostanti che regolano quotidianamente le relazioni umane. Il bambino deve gradualmente sviluppare una capacità peculiare che riguarda la conoscenza degli stati mentali e comportamentali propri e altrui per potersi adattare in modo funzionale all’interno delle interazioni con gli altri. Deve conoscere gradualmente la mente umana per comprendere gli eventi della vita quotidiana che non sono legati ad entità fisiche, ma che implicano come gli individui intorno a noi ragionano, si comportano e provano emozioni. Ciò significa, attribuire e riconoscere al piccolo dell’uomo una abilità specie specifica complessa che può essere definita TEORIA DELLA MENTE (ToM’, dall’inglese Theory of Mind) , cioè un modulo cognitivo di come funzionano gli esseri umani in quanto diversi da oggetti inanimati (Camaioni, 1995). Il concetto di “Teoria della mente” o “Psicologia ingenua” su come funziona la mente umana è un termine coniato da Premack e Woodruff nel 1978. Vediamo più nel dettaglio la definizione del modulo della teoria della mente. La teoria della mente è la capacità di intuire o comprendere gli stati mentali e comportamentali propri e altrui, i pensieri, le credenze, i ragionamenti, le inferenze, le emozioni, le intenzioni e i bisogni sulla base dell’osservazione del comportamento e del contesto in cui si manifestano (Baron-Choen 2001). Per comprendere ed interpretare dterminate dinamiche relazionali e comportamentali che si osservano in un dato momento, significa che il bambino deve attuare la capacità di fare INFERENZE DI SIGNIFICATO e gradualmente deve costruire un SISTEMA più o meno complesso di inferenze che permette di dare significato, interpretare i comportamenti e gli stati mentali propri e altrui. Si parla anche di “PSICOLOGIA INGENUA” proprio perché riguarda concezioni sempre più mature che il bambino costruisce sulla mente e sul suo modo di funzionare. Queste concezioni all’inizio sono molto semplici per poi evolvere in veri e propri sistemi cognitivi complessi che si basano anche su un insieme di tradizioni e convenzioni accettate e condivise dalla specifica cultura in cui l’individuo è inserito. Possiamo sicuramete affermare che il modulo della TEORIA DELLA MENTE è una compentenza specie-specifica dell’essere umano, biologicamente determinata: i dati scientifici evidenziano che solo l’essere umano riesce a raggiungere un livello così complesso di conoscenza del mondo umano. Tuttavia, questo sistema di inferenze, che l’uomo è predisposto specificatamente a sviluppare è anche strettamente legato alle esperienze peculiari relative ai valori, ai significati, ai pensieri tipici del contesto socio-culturale in cui il bambino nasce e cresce. Inoltre, tale sistema di inferenze è legato anche alle esperienze affettivo-relazionali che il bambino sperimenta nei contesti di vita più importanti, quali la famiglia e la scuola. Come già discusso negli altri moduli, i domini di sviluppo si costruiscno parallelamente, interagiscono tra di loro fin dall’inizio, ognuno diventa espressione dell’altro e ogni dominio che si sta costruendo influisce sullo sviluppo dell’altro: visione integrata del bambino e della psicologia dello sviluppo. VII. 2 Teoria della mente: I POSTULATI Flavell, Miller e Miller propongono di suddividere lo sviluppo della teria della mente in cinque aspetti, o postulati della teoria, che si costruiscono nel corso dei primi 4 anni di vita e che iniziano con i precursori della teoria della mente, passando per una psicologia basata sul desiserio e sugli stati fisiologici (Psicologia del desiderio) , fino ad arrivare, intorno ai 4-5 anni, a comprendere che le rappresentazioni mentali dell’essere umano possono essere erronee e non sempre corripsondenti con la realtà (Psicologia della falsa credenza di I e II grado). Quindi, punto di partenza di tale teoria sono da un lato le emozioni fondamentali (felicità, paura, tristezza, rabbia) e gli stati fisiologici (fame, sete, dolore) che generano i desideri; dall’altro percezioni e sensazioni che generano e alimentano le credenze. Poiché le teorie hanno dei postulati (principi di base, regole di inferenza, allo scopo di fornire la spiegazione di determinati fatti), gli autori hanno definito lo sviluppo della “Teoria della mente” nei seguenti postulati: -POSTULATO 1: La mente esiste. Già dal primo anno di vita il bambino saprà orientarsi verso gli altri in modo specifico, distinto da quello con cui guarda e agisce sugli oggetti, comportandosi dunque con le persone come se avessero comportamenti ed emozioni. In questo periodo possiamo certamente parlare di precursori della teoria della mente. Intorno agli 8 mesi circa compaiono due fenomeni importanti sul piano dello sviluppo socio-cognitivo: la “referenza sociale” e la “paura dell’estraneo”. Referenza sociale: il bambino che si trova di fronte ad una situazione di pericolo, sconosciuta, per cui non sa come comportarsi, in questo periodo inizia a guardare l’espressione del viso della mamma, interpretare il suo stato emotivo e il suo comportamento e orientarsi di fronte all’oggetto sconosciuto anche in funzione dello stato emotivo e comportamentale della mamma. Come discusso el modulo dello sviluppo comunicativo-liguistico, in questo periodo il bambino ha una comunicazione intenzionale ecomprende il concetto di ”agentività” negli altri, è consapevole che i propri comportamneti hanno effetti sui comportamenti degli altri. Il bambino è consapevole che gli adulti hanno dei comportamenti che possono essere modificati. Come approfondito sempre nel modulo sul linguaggio, i gesti deittici e in particolare l’uso dell’indicazione denota la capacità del bambino di comprendere che il comportmaneto dell’altro può essere modificato (agentività). Successivamente utilizzerà l’indicazione per condividere uno stato psicologico con l’adulto e comprenderà che l’essere umano ha comportamenti ma anche stati psicologici. La “paura dell’estraneo” che compare nello sviluppo intorno agli 8 mesi denota la capacità del bambino di riconoscere e discriminare tra persone familiari e non, e questa competenza inferenziale sugli altri lo porta a manifestare uno stato emotivo di paura che gli permette di allontanarsi e cercare la vicinanza con la mamma. -POSTULATO 2: La mente collegata al mondo fisico. A 3 anni il bambino comprende piuttosto bene la connessione tra stimoli fisici e stati mentali. Stimoli particolari portano a stati mentali particolari e questi portano al comportamento. Il primo postulato descrive la consapevolezza che esista la mente con degli eventi non osservabili, il secondo postulato si riferisce ad una comprensione grossolana delle relazioni di entrata e uscita degli eventi mentali e dei fenomeni fisici come il comportamento, gli oggetti e gli eventi. -POSTILATO 3. La mente è separata dal mondo fisico e differisce da adesso. Già a 3 anni il bambino sa molto bene che i pensieri non si possono toccare. Wellman e Estes (1986) dimostrano che il bambino di 3 anni sa che le rappresentazioni mentali non sono cose fisiche. Il bambino sa, inoltre, che i pensieri non sono “pubblici”: “Le persone non possono vedere la mia immaginazione”. -POSTULATO 4:Le rappresentazioni mentali possono essere anche false. La mente lavora in modo attivo. Capire che il modo in cui si percepisce la realtà è influenzato dalle conoscenze pregresse è un’abilità molto complessa che inizia appena ad affacciarsi in età prescolare a partire dai 4 anni ed evolve anche fino a dopo i 6 anni. Prima dei 4 anni un bambino può non comprendere che una persona agisce sulla base di ciò che crede essere vero, piuttosto che di ciò che in quel momento è realmente vero. Al contrario, i bambini di 4-5 anni normalmente comprendono le “False credenze”, sanno perché una credenza può essere falsa. Comprendono che “il comportamento delle persone normalmente non è determinato direttamente dalla relatà ma dalle sue “credenze” che possono essere coerenti o non coerenti con la realtà oggettiva. In sintesi, punto di partenza di della ToM sono da un lato le emozioni fondamentali (amore, odio, paura) e gli stati fisiologici (fame, sete, dolore) che generano i desideri; dall’altro percezioni e sensazioni che generano e alimentano le credenze. VII. 3 TAPPE DI SVILUPPO DELLA ToM 3.1 I TAPPA: I PRECURSORI DELLA ToM: TRA I 9 E I 24 MESI Lo sviluppo della teoria della mente ha delle fasi di acquisizione che, come per gli altri domini, sono strettamente legate allo sviluppo parallelo delle altre abilità. Tra i 9 e i 24 mesi parliamo di “Precursori della TEORIA DELLA MENTE”, ossia quegli aspeti dello sviluppo che denotano le prime conoscenze sulla comprensione del comportamento e della mente umana. I precursori della teoria della mente si esprimono atttraverso la comparsa e l’uso dei gesti deittici. Come discusso nel modulo che si occupa di approfondire lo sviluppo del linguaggio, intorno ai 9-12 mesi i bambini con svilupo tipico passano da una INTERAZIONE DIADICA a una INTERAZIONE TRIADICA, iniziano a condividere un oggetto/evento con l’adulto all’interno di una’attenzione condivisa e l’uso del gesto deittico “distale”, dimostra questo passaggio importante. All’inizio il bambino utilizza il gesto RICHIEDERE (apre e chiude la mano con il braccio esteso) alternando lo sguardo tra oggetto e adulto con l’intenzione comunicativa di voler ottenre l’oggetto, di avvicinarlo a sé. Il bambino dimostra di sapere autoregolare il proprio comportamento richiestivo per lo scopo specifico, il raggiugimento dell’oggetto desiderato modificando il comportamento del’adulto. Il bambino ha l’intenzione di modificare il comportamento dell’adulto per il proprio scopo che è quello di ottenre l’oggetto desiserato. Il gesto deittico RICHIESTIVO e l’INDICAZIONE con funzione richiestiva nel’interazione triadica sono l’espressione chiara che il bambino comprende che l’altro ha dei comportamenti propri che possono essre modificati in funzione del proprio scopo. Il bambino, quindi, comprende un I livello di teoria della mente, ossia il concetto di AGENTIVITA’ dell’essere umano: “L’UOMO E’ UN ESSERE CON DEI COMPORTAMENTI CHE POSSONO ESSERE MODIFICATI PER I PROPRI SCOPI”. In questo periodo, in cui il bambino utilizza la “deissi con funzione richiestiva”, in termini di relazione MEZZI-FINI l’adulto rappresenta il MEZZO, lo strumento, mentre l’oggetto che il bambino desidera ottenere è il FINE. All’inizio, quindi, l’adulto in qualche modo viene considerato in senso strumentale ma ciò denota un primo livello di comprensione dell’essere umano come avente dei comportamenti. Come possiamo osservare in queste immagini seguenti, il bambino indica in modo insistente un oggetto che sta dietro la mamma, alternado lo sguardo tra oggetto e adulto, perché vuole che la mamma gli prenda l’oggetto. La mamma gira lo sguardo verso l’oggetto indicato dal bambino. 12 mesi-contesto del pasto sto I LIVELLO DI ToM 1a 1b 1c Comprensione della nozione di “agentività”: riconoscere gli esseri umani come agenti autonomi che si attivano per raggiungere i propri o altrui scopi Successivamente, intorno ai 16-18 mesi il bambino inizia ad INDICARE esprimendo una fuzione DICHIARATIVA, ossia indica un oggetto, non semplicemente perché vuole avere l’oggetto, ma per condividere con l’adulto uno stato psicologico. Ad esempio il bambino indica l’immagine su un libro che sta leggendo con la mamma o anche un oggetto lontano, come un aereo che passa, alternando lo sguardo tra oggetto e adulto, con l’intenzione comunicativa di condividere uno stato psicologico, emotivo: ad esempio paura, sorpresa, gioia, rabbia. L’udo dell’INDICAZIONE con funzione DICHIARATIVA, denota il passaggio ad un II livello di ToM, che presuppone che il bambino comprenda che l’essere umano non ha solo dei comportamenti che possono essre modificati per i propri scopi, ma posside anche degli stati psicologici che possono essere condivisi. L’immagine che segue rappresenta un momento di uso dell’indicazione con funzione dichiarativa in un contesto di interazione madre-bambino di lettura di libro. Il bambino indica una immagine sul libro per condividere con la mamma uno stato emotivo, non certo con l’intenzione di ottenere l’oggetto sul libro. La mamma, a sua volta, comprende l’intenzione comunicativa del bambino e indica a sua volta la stessa immagine. 16 mesi-contesto di lettura condivisa II LIVELLO DI ToM Comprensione della nozione di “stato psicologico”: riconoscere gli esseri umani, non solo come aventi comportamenti, ma anche stati psicologici che possono essere modificati e condivisi. In questo periodo dello sviluppo (tra i 16 e i 18 mesi) compare anche il gesto deittico del MOSTRARE che è l’unico gesto deittico “non distale”, in cui il bambino ha l’oggetto in mano e lo orienta sulla linea dello sguardo dell’adulto, al fine di condividere uno stato psicologico per quell’oggetto. Per definizione, quindi, il gesto deittico MOSTRARE è un gesto che esprime una funzione dichiarativa e quindi evidenzia la capacità del bambino di comprendere l’adulto avente stati psiclogici (II livello di ToM). Il II livello di teoria della mente presuppone un diverso rapporto MEZZI-FINI, per cui l’adulto diventa il FINE, mentre a questo livello l’oggetto è il MEZZO. Qui di seguitoalcune immagini che rappresentano il gesto deittico MOSTRARE In sintesi. La capacità di comunicare intenzionalmente, il passaggio ad una interazione tradica e l’uso della DEISSI prima con funzone richiestiva e poi dichiarativ, rappresentano i principali precursori della ToM. Quando il bambino fa una “Richiesta” vuole influenzare il comportamento dell’adulto ed è sufficiente che formuli un’aspettativa circa l’efficacia dell’adulto come “strumento”; Quando fa una “Dichiarazione”: il bambino vuole influenzare lo stato interno (interesse) dell’adulto ed è necessario che lo rappresenti come dotato di “stati psicologici” (soggettività). I dati clinici evidenziano tra i bambini -con successiva diagnosi di Disturbo dello spettro autistico- la mancanza o un utilizzo deficitario della capacità comunicativa dichiarativa. Non si osserva generalmente, infatti, tra questi bambini l’uso del MOSTRARE, per definizine gesto deittico con funzione dichiarativa. Se utilizzano l’indicazione è prevalentemente a scopo strumentale, con funzione richiestiva. 3.2 II TAPPA: LA “PSICOLOGIA DEL DESIDERIO” E DELLA “CREDENZA- DESIDERIO” TRA I 24 E I 36 MESI Intorno ai 24 mesi circa i bambini possiedono una PSICOLOGIA DEL DESIDERIO, che interpreta le azioni sulla base dei desideri e spiega le reazioni emotive rispetto al fatto che i desideri siano stati o meno soddisfatti. Quando io dico “lui vuole una mela” attribuisco all’altra persona uno stato interno diretto verso un oggetto esterno (desiderare qualcosa) (psicologia del desiderio). Il bambinino di 2 anni inizia ad adoperare dei termini per descrivere i DESIDERI e le EMOZIONI di sé e dell’altro, comprendendo che i desideri motivano e regolano l’azione propria e altrui. Possiamo quindi dire che intorno ai 2 anni il bambino riconosce le emozioni e i desideri propri e altrui, ma non è in grado di comprendere altri tipi di pensieri. È la fase in cui domina la “Psicologia del desiderio”, in cui se un bambino desidera qualcosa, anche se gli viene detto che deve aspettare per averlo, continuerà a chiederlo a ripetizione. Il desiderio è uno stato mentale sicuramente più semplice della credenza. Verso i 3 anni i bambini padroneggiano una più complessa PSICOLOGIA DELLA CREDENZA-DESIDERIO, grazie alla quale sono in grado di prevedere che le azioni di una persona saranno guidate non soltanto dai suoi desideri ma anche dalle sue credenze. All’inizio, tuttavia, questi PENSIERI sonon considerati sempre veri e corrispondenti alla realtà oggettiva. Qui di seguito uno schema semplice rispetto al concetto di desiderio e di vera credenza DESIDERIO “LUI VUOLE UNA MELA” CREDENZA VERA “LUI PENSA CHE QUESTA SIA UNA MELA“ Tra i 12 e i 24 mesi, inoltre, il bambino arricchisce il suo vocabolario iniziando ad utilizzare termini linguistici per descrivere desideri ed emozioni (sé-altro) che denotano una comprensione della mente basata sui desiderie sulle credenze vere. Il lessico che si riferisce specificatamente alla teoria della mente viene demnominato LESSICO PSICOLOGICO, ossia un vocabolario che esprima stati emotivi, stati fisiologici, vere credenze: ad esempio, “ho sete”, “ho fame”, “voglio”, “penso”.Non dimentichiamo che intorno ai 24 msi compare anche la consapevolezza di sé e la capacità di rappresentarsi se stesso in modo stabile.il bambino utilizza sempre di più i pronomi: “io”, “mio”. Intorno ai 24 mesi avviene proprio quel fenomeno importante dal punti di vista linguistico che è l’ESPLOSIONE DEL VOCABOLARIO, sia per ciò che riguarda la frequenza d’uso delle parole ma soprattutto il repertorio, l’acquisizione di parole diverse, 3.3 III TAPPA: LA “PSICOLOGIA DELLA FALSA CREDENZA DI I ORDINE”: DAI 4 ANNI CIRCA Intorno ai A 4 ANNI il bambino arriva a comprendere che l’azione di una persona può essere determinata anche da una credenza falsa. (“Io credevo che la pallina fosse nella scatola..ma mi sbagliavo”). I bambini di 4 anni circa, non solo comprendono la differenza tra comportamenti legati ad un desiderio e comportamenti associati ad una credenza, ma comprendono che l’azione di una persona può derivare da una credenza che può non corrispondere con il dato di realtà: un individuo può credere che qualcosa sia vera anche se non è così, perchè possiede credenze errate o false. In che modo possiamo valutare la capacità del bambino di fare inferenze sulla base delle FALSE CREDENZE piuttosto che sulla base di VERE CREDENZE? Nel corso del tempo sono state strutturati diversi compiti che si basano su “principi di violazione dell’aspettativa” e risposte con comportamento di sorpresa e verbalizzazione sulla propria credenza erronea. In altri compiti si crea una soria basata sul “principio dello spostamento”. Vediamo un compito denomiato “scatola ingannevole” o “Compito degli smarties”,basato sul principio della violazione dell’aspettativa e sulla capacitàdi rifletetre sulle proprie e altrui credenze erronee. I compiti generalmente sono presentati a bambini tra i 3 e i 5 anni, proprio per evidenziare differenze evolutive sul concetto di credenza in età prescolare. La procedura è la seguente.Viene chiesto al bambino cosa pensa vi sia dentro la scatola degli smarties e lui risponde che vi sono le caramelle. Poi viene fatto vedere il reale contenuto, cioè una matita. Poi lo sperimentatore domanda: quando hai visto per la prima volta questa scatola cosa pensavi vi fosse dentro? I bambini di 3 anni dicono una matita, mentre i bambini di 4 anni hanno la capacità di possedere rappresentazioni multiple nella loro mente e quindi sono in grado di rispondere correttamente. I bambini di 4 anni rispondono correttamente anche se si chiede loro come risponderà un altro bambino che non ha visto il reale contenuto della scatola e come lui potrà sorprendersi e sorridere per aver pensato qualcosa di sbagliato. In un’altra versione del compito degli “Smarties” al bambino viene chiesto di indovinare cosa contiene un tubo di Smarties (un noto pacchetto di caramelle). Dopo che il bambino risponde correttamente "dolci" o "Smarties" lo sperimentatore apre il pacchetto e mostra il contenuto reale, una matita. Il coperchio viene poi sostituito e al bambino viene chiesto: "Quando per la prima volta hai visto questa scatola, prima di levare il coperchio, cosa pensavi ci fosse dentro? (domanda sul proprio stato mentale). In questo compito, bambini di 3 anni non sembrano ricordare la loro falsa credenza ma invece rispondono "una matita". Lo stesso risultato, come abbiamo già evidenziato, si verifica quando al bambino viene chiesto: “cos'altro un bambino potrebbe dire se gli venisse indicato lo stesso tubo di Smarties?” (domanda sullo stato mentale di un'altra persona). A 3 anni di età si aspettano una vera credenza, mentre a 4 anni riconoscono la falsa credenza. I bambini che falliscono al test, dimostrano di non avere alcuni prerequisiti per il superamento di tale prova (compito di falsa credenza di I ordine) che richiedono: la capacità di saper decentrare la propria conoscenza saper rappresentare la credenza (falsa) (Perner, Leekam, Wimmer, 1987). Qui di seguito una immagine che rappresenta il compito e la risposta di un bambino che ha raggiunto il concetto di falsa credenza. “Compito degli smarties” o “scatola ingannevole” basato su violazione dell’aspettativa e comportamento di sorpresa (Perner, Leekam, Wimmer, 1987). Noo..credevo ci fossero le caramelle Smarties..invece ci sono delle matite! Mi sono sbagliato.. ALE 4,5 ANNI Vediamo ora la prova classica dello “spostamento inaspettato” di Wimmer e Perner (1983) che ha rappresentato la prima dimostrazione sperimentale di questa capacità nei bambini di età prescolare. Vediamo una storia basata sullo spostamento inaspettato, qui di seguito. Maxi, nasconde un cioccolatino in una scatola prima di andare fuori a giocare. Mentre lui è fuori, la madre sposta la cioccolata di Maxi dalla scatola all'armadio. Poi Maxi ritorna e lo sperimentatore chiede: "Dove cercherà Maxi la cioccolata?" Il test permette di distinguere se il bambino predice il comportamento di Maxi sulla base delle proprie conoscenze (Maxi guarderà dove il cioccolato è davvero) o se capisce la falsa credenza di Maxi (Maxi guarderà dove il cioccolato era prima). Gli autori hanno osservato che mentre la maggior parte dei bambini di 4 anni predicono correttamente il comportamento di Maxi sulla base della sua falsa credenza, la maggior parte dei bambini di 3 anni rispondono sulla base della nuova situazione senza tener conto che la credenza di Maxi è rimasta la stessa indipendentemente dalla realtà cambiata (Wimmer & Perner, 1983). Baron-Cohen, Leslie e Frith (1985) hanno usato una variazione del paradigma Wimmer e Perner (1983) dello “spostamento inatteso” con il “compito di Sally e Ann”. Ai bambini è stata presentata una scena con due bambole, 'Sally' e 'Ann' nella quale Sally ha un cestino e Ann una scatola. Sally mette la sua biglia nel cestino e lascia la scena. Mentre lei è fuori, Ann toglie la biglia fuori dal cesto e la mette nella la sua scatola. Viene poi posta la domanda: “Dove cercherà Sally la biglia?” Gli autori hanno dimostrato che l'80% dei bambini con diagnosi di Disturbo dello Spettro autistico falliscono, mentre la maggior parte dei gruppi di controllo hanno superato il test (85% dei bambini con sviluppo tipico e 86% di bambini con la sindrome di Down). Il superamento del compito e l’acquisizione o meno del concetto di “falsa credenza di I ordine” è legato all’età di sviluppo nei bambini tipici, per cui la comparsa di questa abilità si può collocare dopo i 3 anni, intorno ai 4 anni. Per i bambini con disturbo dello spettro autiscrico, ilnon superamento del compito di falsa credenza è legato ad un deficit proprio nelmodulo della teoria della mente, per cuigeneralmente questi bambini riescono ad utilizzare una comunicazione di tipo strumentale e non riescono a comprendere una mente come sistema di rappresentazioni e che un individuo può avere una credenza falsa noncorrispondente alla realtà. Qui di seguito due immagini che illustrano laprocedura del compito della falsa credenza di Sally e Ann. “Spostamento inatteso” anche questo compito permette di valutare la presenza o meno di una teoria della mente che include la falsa credenza Compito di Sally e Anne di Frith (1989) In questo periodo, a partire dai 4 ai 6 anni, compaiono nel lessico psicologico del bambino termini e frasi che si riferiscono a pensieri e ipotesi erronei, come ad esempio: “ io credo che” “ ho pensato...ma sbagliavo..”, “ipotizzavo che…”; “lui credeva che i calzini stavano dentro il cassetto ma non sapeva che il fratello gli aveva fatto uno scherzo”.; “Francesconon sapeva che...perchènon c’era”. Il vocabolario e la formulazione frasale dopo i 4 anni del bambino, quindi, riflette lo sviluppo cognitivo e la capacità di far riferimento alle false credenze proprie e altrui nella comprensione che i pensieri possono essere diversi dalla realtà di quelmomento. Il bambino dai 4 anni fino ai 6 anni circa possiede una comprensione della falsa credenza di I ordine. 3.4. IV TAPPA: LA “PSICOLOGIA DELLA FALSA CREDENZA DI II ORDINE”: DAI 6 ANNI CIRCA (ETA’ SCOLARE) La psicologia della falsa credenza di 2° ordine è il passaggio successivo che percorre un bambino in età scolare: la comprensione di una falsa credenzadi II ordine implica anche una capacità metacognitiva, cioè la comprensione delle credenze sulle credenze (es. “cosa Billy pensa che Sally pensi?”). A 8 anni circa il bambino è in grado di strutturare un pensiero più complesso in cui una METARAPPRESENTAZIONE E’ INCLUSA IN UN’ALTRA. Inoltre, il bambino in età scolare coglie pienamente la complessità sociale cioè cosa le persone pensano rispetto agli altrui pensieri (“Io penso che tu pensi che X pensi Z”, “Giovanni crede che Marzia crede che…”). Il bambino è in grado di inserire la comprensione complessa e ricorsiva dei propri e altrui pensieri anche all’interno dei contesti socio-culturali in cui è inserito. A questa età può cogliere più chiaramente le ironie, cioè l’intenzionale formulazione di una falsa affermazione il cui obiettivo è condividere un contesto ipotetico (scherzo), può capire le metafore, i modi di dire, le menzogne e gli inganni. Nella prova per la valutazione della falsa credenza di II ordine (compito di John e Mary) (Perner & Wimmer, 1985), al bambino viene raccontata la storia di J. e M. che giocano insieme nel parco, quando vedono un carretto dei gelati. Mentre M. va a casa a prendere il denaro per comprare il gelato, J. vede il carretto spostarsi verso la chiesa. Anche M. però viene a conoscenza, all'insaputa di J., che il gelataio si è spostato. A questo punto si chiede al bambino: “Dove pensa John che Mary sia andata a comprare il gelato?”. Per rispondere in modo corretto il bambino deve tenere in considerazione che John sa che Mary è a conoscenza del fatto che il carrellino si è spostato. Deve avere a disposizione un pensiero ricorsivo del tipo metarappresentazionale. (Perner & Wimmer, 1985). L’immagine seguente illustra il pensiero ricorsivo e complesso che può avere un bambino in età scolare Falsa credenza di II ordine in età scolare VII.4. LIMITI DEI COMPITI DI FALSA CREDENZA. RIFLESSIONI CRITICHE Alcuni autori (Surian e Leslie 1999; Clements e Perner 1994) hanno cominciato a sottolineare le difficoltà concettuali del test della falsa credenza. Diversi studi hanno messo in evidenza come risolvere tale test implichi non solo, e non tanto, una buona capacità di ToM, ma anche diverse e ben sviluppate capacità cognitive, di tipo linguistico, attentivo/mnestico e di ragionamento (Barres & Johnson-Laird,1997). Tali capacità cognitive non sono però specifiche della ToM (Fodor, 1992). L’incompleto sviluppo di tali capacità, più che la mancanza di una ToM, potrebbe allora spiegare l’insuccesso dei bambini più piccoli in questo tipo di compiti ed evidenziare un limite metodologico. Bloom e German (2000) argomentano quindi che il test della falsa credenza richiede qualcosa di più che la ToM per essere superato e che, d’altro canto, la ToM è una capacità più ampia del semplice passare il compito sulla falsa credenza, concludendone che il paradigma della falsa credenza non è completamente appropriato allo studio e alla valutazione della ToM. A prescindere dalle modalità di valutazione, la nozione di falsa credenza è divenuta un criterio evolutivo fondamentale per stabilire il momento in cui i bambini sviluppano una teoria della mente strutturalmente simile a quella adulta e per effettuare screening preoci sulle compentenze di comprensione della mente propria e altrui. Ciò diventa fondamentale per individuare precocemente profili a rischio sul piano delle abilità socio-pragmatiche o diagnosticare precocemente disturbi del neurosviluppo che implicano uno sviluppo deficitario della ToM. Come tutti i metodi di valutazione, i compiti di falsa credenza devono essere utilizzati in modo integrato ad altri metodi, quali ad esempio l’osservazione clinica, i test standardizzati che valutano il profilo cogitivo e nueropsicologico , al fine di delineare un profilo completo del bambino. VII.5 MODELLI TEORICI A CONFRONTO SULLA ToM Nel corso del tempo sono state formulati 3 principali modelli teorici, al fine di spiegare il funzionamento della mente umana relativamente all’apprendimento dei comportamenti, alla previsione di azioni e all’empatia. La Teoria della Teoria sostiene che la conoscenza del mondo è di natura prevalentemente empirica; ciò significa che un bambino acquisisce il suo bagaglio di conoscenze attraverso esperienze e teorie comuni. Tale bagaglio rimane a disposizione dell’individuo e rappresenta la base sulla quale viene costruita la personale capacità rappresentazionale e il modo di interpretare il mondo mentale altrui. Dalle meta-rappresentazioni deriva anche il modo di relazionarsi con gli altri. La Teoria Modulare si basa sull’ipotesi di Fodor, secondo cui la mente umana funziona per moduli. Ogni singolo modulo, determinato geneticamente, funziona in maniera autonoma; di conseguenza anche la Teoria della Mente dispone di un proprio modulo (ToM-Module), funzionante sulla base delle informazioni provenienti dall’esperienza e dal contesto circostante. Il modulo ToM separa le informazioni rilevanti da quelle irrilevanti, per cui il corretto funzionamento determina una corretta inferenza degli stati mentali altrui. La Teoria Modulare sarebbe quindi legata allo sviluppo neurologico delle strutture cerebrali coinvolte nel processo di selezione. La Teoria della simulazione sostiene che la comprensione degli stati mentali altrui si basa sull’empatia, sulla capacità di provare lo stesso stato emotivo dell’altro e quindi di porsi nella sua stessa prospettiva. La teoria in questione non è quindi basata su esperienze teoriche ma è legata alla capacità di mettersi nei panni dell’altro. Si ipotizza quindi che la capacità di leggere gli stati mentali altrui sia un’evoluzione che parte dal funzionamento dei neuroni specchio.

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