Delinquenza Giovanile PDF
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Filippo Petruccelli
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This document discusses adolescent delinquency, examining risk factors and aggressive behaviors. It also looks into moral disengagement as a potential cause. The document provides an overview of the topic, serving as a study resource.
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Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04....
Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 1 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile Indice 1. FATTORI DI RISCHIO DELLA DELINQUENZA GIOVANILE........................................................................ 3 2. COMPORTAMENTI AGGRESSIVI IN ADOLESCENZA............................................................................ 10 3. MECCANISMI DI DISIMPEGNO MORALE DI BANDURA....................................................................... 17 BIBLIOGRAFIA................................................................................................................................................. 20 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 2 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile 1. Fattori di rischio della delinquenza giovanile La preadolescenza e l'adolescenza rappresentano due momenti evolutivi di particolare delicatezza per il grado di disorientamento e di incertezza che il minore prova nell'affrontare il proprio cambiamento e quello dell'ambiente nei suoi confronti. Tale disagio svanisce con la crescita e l'inizio di un itinerario formativo che lo aiuti nella costruzione della propria identità. In alcuni casi la crescita comporta la comparsa di occasionali comportamenti antisociali mentre altre volte tali condotte si cristallizzano generando forme di devianza stabilizzata. La devianza minorile è una forma di espressione del disagio e del mancato equilibrio provato da un ragazzo. Analizzando il fenomeno è possibile notare come esso si manifesti spesso in condizioni di marginalità sociale e individuale. Non sempre però la devianza si collega a situazioni socio- economiche molto precarie; oggi emerge un'altra tipologia strettamente collegata alla spinta consumistica e al desiderio di appropriarsi nel mancato rispetto delle norme. Tuttavia il rischio di devianza nelle classi sociali meno abbienti risulta tuttora maggiore. Le ricerche ci informano che esistono dei segnali di ordine biologico e neurologico; come afferma De Leo: “il 24% dei ragazzi che diventano devianti lo diventano perché alla base ci sono dei disagi di origine neurologica, sono soprattutto ragazzi che presentano problematiche di iperattività, deficit di attenzione e deficit di apprendimento”1. La presenza di un tale disturbo non è causa certa della comparsa di atteggiamenti delinquenziali ma certamente la compresenza di tutti e tre i deficit dovrebbe preoccupare un po' di più. Tuttavia, perché un bambino assuma poi comportamenti devianti, è necessario che il suo disagio non venga percepito né dalla famiglia né dalla scuola. Infatti, che il minore, che ha alle spalle dei genitori e degli insegnanti capaci di far fronte alla sua situazione eviterà l'adozione di comportamenti antisociali2. 1 Gaetano De Leo, Indicatori di disagio e devianza minorile: aspetti psico-giuridici, Dispensa, Università La Sapienza- Roma, 2004, p.1. 2 Bruno Bertelli, Forme di devianza e politiche preventive, Corso di Sociologia della Devianza a.c. 2004/2005 Università di Trento, p.79. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 3 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile De Leo dichiara l'importanza di riconoscere tali disturbi prima dell'ingresso alla scuola primaria al fine di intervenire precocemente e consentire al bambino l'acquisizione di atteggiamenti prosociali. Anche l'aggressività intesa come violenza sistematica può rappresentare un fattore di rischio di devianza: il bambino che la usa in modo immotivato rischia di farne uno strumento per regolare i rapporti interpersonali. La violenza, come sostiene sempre De Leo, è un'abitudine molto difficile da destrutturare quando si organizza in maniera forte in preadolescenza e adolescenza; è quindi necessario intervenire prima che diventi un costume e una modalità. Secondo Maggiolini e Riva “la trasgressività è una caratteristica universale dell'adolescenza, età in cui il rapporto con le regole educative e sociali viene rivisto e rimesso in discussione”3. Ciò spiega la difficoltà degli adulti a differenziare gli atti antisociali quasi fisiologici da quelli indicativi di un disagio più profondo e rischioso. Nella letteratura criminologica minorile l'ambiente familiare occupa un posto di notevole interesse poiché in esso avviene la prima socializzazione. La famiglia esercita una forte influenza nella formazione della personalità dell'adolescente, grazie alla sua funzione intermediaria, essa si pone come filtro tra il soggetto e il sociale, condizionando la capacità interpretativa del primo e determinandone la reazione. De Leo spiega che: “una delle principali aree d'indagine in questo campo riguarda la carenza e/o l'assenza di cure materne nella prima infanzia, aspetto considerato spesso determinante nella genesi di atteggiamenti e comportamenti delinquenziali”. Questa considerazione d'impronta psicoanalitica vuole sottolineare l'importanza della presenza di una “buona madre” come premessa per una sana formazione dell'identità, per lo sviluppo della capacità di tollerare le frustrazioni e per la costruzione della fiducia. Bowlby (1969) focalizza la sua attenzione sugli effetti delle carenze materne nello sviluppo psico-sociale del bambino. Le sue ricerche evidenziano come l'indifferenza affettiva vissuta nei primi anni di vita, e spesso prolungata nel corso del tempo, sia maggiormente riscontrabile nelle storie personali dei soggetti devianti. Egli ha inoltre dichiarato, come la deprivazione materna, 3Dipartimento Giustizia Minorile e C.I.R.M.P.A dell'Università La Sapienza di Roma, I gruppi di adolescenti devianti: un'indagine sui fenomeni di devianza di gruppo in Italia, p. 18. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 4 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile accompagnata da una precoce istituzionalizzazione, sia la principale causa dell'incapacità di stabilire legami affettivi. La sua tesi, oltre a rappresentare un prezioso contributo teorico, scatena presto una conseguenza sulle pratiche preventive adottate nel campo della delinquenza minorile. Per un certo periodo si rileva il chiaro intento dei Tribunali Minorili di mantenere i minori devianti nel proprio nucleo familiare, seppure degradato, pur di evitarne l'ingresso in istituti. L'assenza delle cure materne come fonte di devianza è un principio ripreso da Debuyst (1984) il quale riconduce a questa variabile la comparsa di alcuni tratti di personalità come: l'aggressività, il sentimento di abbandono e l'insensibilità affettiva. Il focus unidirezionale di Bowlby viene in seguito discusso da Andry (1969) che lo accusa di aver trascurato la figura paterna e di non aver distinto tra separazione fisica e psicologica dalla madre. Oggi è possibile constatare che la carenza delle cure materne può essere una causa della devianza ma risulta erroneo concepire un legame lineare tra i due elementi, infatti dalla medesima situazione possono risultare diversi esiti non per forza coincidenti con un atteggiamento delinquenziale. Inoltre, è importante valutare anche la qualità delle cure materne della madre presente; alcuni studi hanno dimostrato come esista una connessione tra madri possessive, assenti o crudeli e figli delinquenti. Allo stesso modo, un amore materno nevrotico o ansioso provoca una degenerazione comportamentale nel minore. Tuttavia, anche l’assenza o la scarsa presenza del padre nell'educazione della prole comporta non pochi problemi comportamentali. Della funzione della figura paterna si interessano particolarmente i coniugi Glueck nel 1968; essi notano come non sia tanto l'assenza del padre, ma la qualità del rapporto tra lui e il bambino a fungere da discriminante tra i ragazzi delinquenti e quelli che non lo sono. La loro analisi porta a notare come solo il 40% della popolazione delinquenziale presa in esame presenta un rapporto valido con il padre. Spesso i giovani devianti vivono un rapporto molto intenso e quasi invischiante con la madre, contemporaneamente si registra un ruolo periferico della figura paterna nell'educazione del figlio oppure un sentimento di rifiuto percepito dal ragazzo da parte del padre. La figura genitoriale maschile rappresenta un modello di identificazione rilevante sul piano normativo poiché egli esercita un'influenza sul rapporto madre-bambino e sull'intero sistema familiare. Il Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 5 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile comportamento delinquenziale non va riferito al singolo ruolo genitoriale ma esso necessita di una lettura globale con riferimento all'intero contesto familiare. Tutto questo conduce ad una riflessione sulle situazioni di separazione dei genitori, in particolar modo gli studi dei Glueck aiutano a capire come la stabilità familiare sia il fattore primario per una buona crescita del bambino. In caso contrario, soprattutto nella tipologia del “divorzio emotivo” che prevede una convivenza dei coniugi nonostante una frattura emotiva in atto, lo sviluppo del minore subisce dei condizionamenti negativi. Gli esperti esprimono la loro convinzione scientifica che tale divorzio sia alla base del disadattamento del minore e degli atteggiamenti incongrui e confusivi che egli può mettere in atto. La presenza di un contesto conflittuale e l'incongruenza emotiva tra le figure parentali genera un forte disorientamento che può sfociare in condotte antisociali. Anche gli stili educativi, hanno la loro rilevanza nel percorso formativo di un soggetto, ma ricordiamo che non è tanto il tipo di disciplina quanto la sua applicazione costante e coerente associata alla continuità del messaggio normativo a fare la differenza. Altro punto dell'emisfero famiglia che merita attenzione è la presenza in essa di adulti già avviati alla carriera criminale. Questo comporta un processo d'identificazione con modelli devianti mediante la socializzazione primaria e l’oggettiva difficoltà per il bambino di poter rivalutare tale esempio. Negli ultimi anni la famiglia ha subito molti cambiamenti ed è così mutato il modo di guardarla e valutarla. La famiglia monoparentale e la famiglia allargata non possono essere più dichiarate semplicemente come modelli patologici o esempi di disgregazione affettiva ma rappresentano delle realtà a volte anche migliori delle precedenti unioni. Altro fattore di rischio di devianza nella preadolescenza e nell'adolescenza è l'appartenenza ad un gruppo dei pari che assume comportamenti devianti. In questo periodo dello sviluppo il gruppo diventa un prezioso riferimento; all'interno di esso vengono stabiliti ruoli e norme che il giovane interiorizzerà fino ad attuare dei comportamenti che possono essere anche di carattere antisociale. Il gruppo dei coetanei rappresenta una fonte di sicurezza e di stima di sé, costituisce un sostegno nel processo di emancipazione dai genitori e da Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 6 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile tutti gli adulti in generale, fornisce un sistema valoriale sostitutivo a quello infantile. L'aggregazione con i pari permette al minore di vivere situazioni lontane dal controllo degli adulti al fine di aumentare il suo grado di autonomia decisionale e di far propri i concetti di cooperazione e competizione. Egli apprende così il modo adeguato per rapportarsi con persone esterne al suo nucleo familiare e sperimenta nuovi ruoli di carattere sociale e sessuale. Come definisce Ausubel: “il gruppo è una sorta di preparazione alla vita adulta”4. Tuttavia, il gruppo adolescenziale oltre a imporre delle regole e un proprio linguaggio, richiede anche autentiche dimostrazioni di fedeltà scaturendo quei fenomeni di conformismo facilmente visibili nella società. L'inserimento in un gruppo è dunque una tappa importante per lo sviluppo dell'identità ma non per tutti gli adolescenti rappresenta un momento facile e scontato; alcuni incontrano difficoltà a relazionarsi con gli altri e a prendere parte ad una vita comunitaria rimanendo così in una condizione di isolamento tanto da ritenere che questo sia un fattore di rischio psico-sociale associabile ad altre variabili. Vari studi hanno permesso di comprendere meglio come il gruppo dei pari possa favorire o impedire il coinvolgimento in attività devianti e quali siano i meccanismi adottati nella costruzione del comportamento trasgressivo. Emler e Reicher (1995) sostengono che alcune caratteristiche del gruppo, come la sua compattezza, possano amplificare le tendenze comportamentali di alcuni membri, ecco dunque che le azioni devianti sono quasi sempre compiute in compagnia perché in esse si cela la ricerca della reputazione dei coetanei. La devianza rappresenta quindi una scelta motivata dalla volontà di appartenere a un gruppo; se in esso esiste un valore normativo alla delinquenza è quasi sicuro che i componenti del gruppo attueranno condotte antisociali. Nel caso in cui, il gruppo disapprovasse la violazione delle norme sociali sarebbe probabile la mancata rilevazione della devianza. Il gruppo detta quindi le dinamiche comportamentali ed instaura un rapporto di interdipendenza con ogni suo singolo. Il gruppo è un sistema sociale autonomo a volte complementare, altre volte sostitutivo di altri ambiti di comunicazione interpersonale come può essere, ad esempio, la famiglia. Il ragazzo impara a riconoscersi sia come 4Dipartimento Giustizia Minorile e C.I.R.M.A.P dell'Università La Sapienza di Roma, I gruppi di adolescenti devianti: un'indagine sui fenomeni di devianza di gruppo in Italia, p.14. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 7 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile essere distinto dotato di autonomia sia come parte di un insieme, egli sviluppa il senso di appartenenza che lo porta a rispecchiarsi o a distinguersi da altri coetanei. Tuttavia, l'aspetto della comunicazione nei gruppi merita un inciso, in quanto non sempre essa avviene in modo bilaterale. A volte nei contesti violenti essa non si esprime ma l'uso della forza e della prevaricazione diventa lo strumento per creare un “Noi” senza dialogo. Si deduce che il gruppo dei pari gioca un ruolo quasi decisivo nell'avvio alla carriera deviante attraverso dinamiche di identificazione e di partecipazione. In genere l'ambiente scolastico risulta essere il luogo dove i comportamenti antisociali si esplicano maggiormente; attraverso atti di vandalismo e di bullismo, i gruppi devianti agiscono nei confronti dei coetanei e di tutto ciò che assume un aspetto contestabile. La letteratura sul bullismo segnala che lavorare su questo fenomeno non significa focalizzarsi sul singolo e sul suo rapporto con la vittima. Il bullismo è un problema di gruppo; se non ci fossero dei ruoli a sostegno del bullo e se non si verificasse una cultura che legittima i comportamenti di prevaricazione esso non esisterebbe. Gli studi dimostrano che il ragazzo impara molto di più da questa cultura che da ciò che l'insegnante dice. De Leo afferma che: “la classe è un micro esempio di come funziona la società o di come la società non funziona e dal suo clima, privato dell'adulto, il minore apprende modelli comportamentali e di pensiero”5. È indispensabile ricordare che ci sono altri elementi legati alla scuola che meritano attenzione rispetto al tema della devianza. La scuola viene da tutti intesa come un'agenzia di formazione tesa a fornire le conoscenze necessarie per lo sviluppo della personalità; purtroppo la mancata frequenza e/o l'insuccesso scolastico predispongono il minore a compiere atti indesiderabili a volte molto estremi. Sono fenomeni che interferiscono sulla rappresentazione del Sé e sulla progettualità della propria esistenza, ecco perché la modalità di insegnamento e la capacità di rapportarsi agli alunni di un docente possono racchiudere tanta importanza. Inoltre, il tipo di cultura trasmessa associata alla sua abilità nel sviluppare un senso critico nei bambini può favorire in loro il rispetto del sistema normativo vigente e la costruzione di una propria identità pro- 5Gaetano De Leo, Indicatori di disagio e devianza minorile: aspetti psico-giuridici, Dispensa, Università La Sapienza- Roma,p.2 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 8 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile sociale. Come dichiarato negli “Orientamenti per la comunicazione tra scuola, servizi sociali e sociosanitari per la protezione e tutela dei diritti dei bambini e dei ragazzi nel contesto scolastico” della Regione Veneto elaborati nel 2008, gli insegnanti sono un'antenna sensibile ai segnali di disagio espressi dall'alunno e per tale motivo vanno sostenuti mediante un lavoro cooperativo tra docenti, dirigente scolastico, le famiglie e i servizi territoriali. Altro elemento da considerare è la struttura della classe e quanto essa consenta l'apertura dell'individuo. Una buona integrazione con i compagni e lo spirito di partecipazione condivisa consentono al singolo di fidarsi nelle relazioni interpersonali e di prendere parte anche a nuove esperienze extra-scolastiche non dirette dall'adulto. La scuola offre modelli e valori validi per una corretta interpretazione della realtà, per tale motivo deve assumersi l'impegno di prevenire e di intervenire nei confronti di tutte le situazioni in cui vi è alla base il disagio di un ragazzo. L'analisi di questi tre fattori di rischio, famiglia, gruppo dei pari e scuola, consente di delineare l'ambito di comparsa del comportamento deviante. La carenza di cure parentali, l'appartenenza a gruppi violenti e l'insuccesso scolastico sono degli indicatori di rischio ma non vanno interpretati in senso assolutistico. Bisogna tenere presente la centralità del soggetto: è l'individuo che attribuisce significato a quello che gli succede, egli costruisce il proprio modello di interazione con il mondo attraverso determinate risposte agli stimoli. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 9 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile 2. Comportamenti aggressivi in adolescenza Nella nostra società uno dei problemi emergenti è quello della criminalità giovanile che presenta un continuo crescendo e interessa aspetti economici, sociali e psicologici. Ai sensi della legge, si intende per persona minorenne, quell'individuo che non ha compiuto la maggiore età, i diciotto anni, limite che prima del 1975 era fissato a ventuno anni. Il codice penale, all'articolo 85, dichiara che nessuno può essere punito per un fatto-reato se al momento in cui l'ha commesso non era imputabile e quindi oggetto di procedimento penale, inoltre l'articolo 97 C.p. precisa che non è imputabile chi al momento del fatto non ha compiuto i quattordici anni. Sempre scorrendo il codice penale si legge all'articolo 98 che è imputabile chi ha compiuto quattordici e non ha ancora la maggiore età se dimostra la capacità di intendere e volere. In ogni caso la pena inflitta sarà diminuita e tesa al recupero del minore come affermato dall'articolo 27 della Costituzione che ribadisce la funzione rieducativa della pena nei confronti del condannato. Su questo principio si basa il DPR 448/88 che fornisce le disposizioni per il processo penale a carico di imputati minorenni favorevoli, il più possibile, alla rieducazione e al reinserimento sociale del ragazzo con lo scopo di lasciare la sanzione penale come ultima ratio. Questo sguardo normativo consente di comprendere come la devianza possa divenire oggetto di un procedimento penale qualora il minore autore di reato abbia compiuto i quattordici anni e dimostri la capacità di intendere e volere, ossia un adeguato sviluppo intellettivo e una forza di carattere. Il passaggio dalla devianza alla criminalità presuppone il compimento di un fatto sanzionabile penalmente, quindi un atto contrario ai fini dello Stato. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 10 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile Si distinguono tre differenti tipologie di criminalità giovanile: quella fisiologica, quella patologica e quella patologica-relativa: Criminalità fisiologica: è strettamente legata alla fascia evolutiva dell'adolescenza e destinata a riassorbirsi con l'ingresso nell'età adulta; Criminalità patologica: si concretizza nel coinvolgimento del ragazzo nella criminalità organizzata; Criminalità partologica-relativa: si riferisce ai minorenni stranieri che vengono indotti al crimine in età precoce a causa di condizioni pregresse di povertà e marginalità sociale. Come già citato nel paragrafo precedenti il gruppo rappresenta per il minore una zona intermedia che facilita il passaggio dall'infanzia alla società adulta. Riprendendo Maggiolini e Riva, il gruppo offre un sistema normativo composto da atteggiamenti e comportamenti ai quali i ragazzi si uniformano. A volte, però, questo legame di dipendenza comporta la partecipazione a “prove di iniziazione” spesso coincidenti con azioni devianti e/o criminali. Il reato può quindi divenire una forma d'ingresso in un gruppo più comunemente chiamato “banda” (youth gang). Esistono diverse definizioni di “banda giovanile” ma tutte includono alcuni elementi come l'auto- formazione, la condivisione di interessi, il controllo di un territorio o di un commercio, l'utilizzo di simboli di comunicazione e il coinvolgimento in azioni criminali. Bisogna tener presente che il reato commesso in gruppo rappresenta un'aggravante in ambito penale. Non sempre però si hanno dati reali dei fatti delittuosi ad opera di minorenni. Bonino, Cattelino e Ciairano (2007) affermano che: “la violazione delle norme è un comportamento molto diffuso tra i dodici ed i sedici anni, infatti la maggioranza degli atti devianti commessi non viene scoperta, denunciata e sanzionata e non è quindi possibile accedere ad essa se non attraverso resoconti soggettivi”. Uno studio della criminalità minorile sulla base dei dati ufficiali non è rappresentativo del fenomeno reale in quanto non tiene conto del numero oscuro rappresentativo dei reati non Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 11 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile denunciati e quindi non registrati. Le motivazioni di questo fenomeno possono essere addotte, per esempio, al perdono o all'occultamento del fatto, inoltre vi sono differenze in base alla categoria di reato: mentre si registra una maggiore denuncia per il reato di omicidio e furto, nel caso della violenza sessuale notiamo un netto calo poiché tale reato è perseguibile solo a querela di parte e spesso la vergogna o la paura frenano la vittima nella denuncia. Una recente ricerca compiuta dal Dipartimento di Giustizia Minorile evidenzia come la gran parte dei reati commessi dai minori in Italia siano contro il patrimonio (furti, anche aggravati, danneggiamenti) a seguire quelli contro la persona (lesioni, aggressioni, minacce), si registra inoltre un aumento dei reati di violenza sessuale. Questo punto fa riflettere in quanto non si è certi che vi sia un reale aumento di violenza sessuale oppure se invece ci sia una maggiore denuncia grazie all'entrata in vigore della nuova normativa (Legge 66/96 “Norme contro la violenza sessuale”; 269/98 “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori quali nuove forme di schiavitù”). Entrando nello specifico della distribuzione territoriale, si vede come al nord vi siano meno reati contro il patrimonio rispetto al sud del Paese, ma si registra una crescita dei danneggiamenti e delle violenze. Sempre al nord i reati commessi in gruppo hanno una gravità maggiore rispetto a quelli compiuti singolarmente, al sud si verifica l'esatto contrario. In molte regioni italiane i reati hanno subito una metamorfosi in questi ultimi anni: si registra maggiore efferatezza negli atti di violenza e un abbassamento dell'età del reo minorenne ma ciò che desta preoccupazione è l'aumento del coinvolgimento nel crimine da parte di ragazzi appartenenti a ceti sociali medio e medio-alti. Questo conferma che la devianza e la criminalità giovanile non sono più settoriali ma rappresentano un fenomeno ampiamente diffuso. Esaminando le fonti Istat relative al numero di minori denunciati alle procure italiane nel 2007 notiamo come il 73% sia costituito da minori italiani di genere maschile il cui 53% ha un'età compresa tra i 16 e i 17 anni. Molto allarmante risulta invece l'aumento di minori italiani non imputabili denunciati: nel 2007 si registra un aumento del 7,5% rispetto al 1997. Sempre tali fonti sostengono che in Veneto la gran parte dell'utenza dei Centri di Servizio Sociale della Giustizia Minorile è costituita da minori italiani spesso portatori di disagi multipli Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 12 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile e di disturbi relazionali all'interno della famiglia di appartenenza. Inoltre, a tali difficoltà si associa la poli-assunzione di sostanze stupefacenti che, tra l'altro, rappresenta il reato più frequente: il 58% dei minori denunciati rientra in questa fattispecie. Tali soggetti provengono prevalentemente da famiglie ben collocate sia sotto il profilo economico sia dal punto di vista culturale. Questo sguardo alla situazione italiana ci porta a riflettere su questo fenomeno in crescita e sulla necessità d'intervento nelle agenzie educative che lavorano a stretto contatto con i preadolescenti e gli adolescenti. Tuttavia, non possiamo negare l'utilità di un'azione preventiva anche nella fase dell'infanzia dove i minori si presentano più propositivi e fiduciosi nei confronti degli adulti e della stessa società. L'azione educativa deve condurre il giovane ad elaborare un proprio strumento di valutazione della realtà affinché egli possa interagire con l'ambiente che lo circonda nel rispetto delle norme sociali. Bandura scrive che è una competenza straordinaria quella di sviluppare nei giovani la capacità di stare in gruppo senza subirne un condizionamento. Qui risiede l'abilità delle figure educande. Secondo le statistiche nazionali nel 2009 sono stati 22.139 i minori autori di reato segnalati agli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni, il 25% dei quali era già conosciuto dall'Autorità Giudiziaria. L'intervento di tali servizi ha riguardato 18.885 minori, prevalentemente maschi di origine italiana. Secondo quanto dichiarato da Serenella Pesarin, direttore generale delle Commissioni di Studio del Ministero di Grazia in una relazione sulla devianza minorile nel biennio 2009-2010, l'utenza italiana ha varie caratteristiche che possono portare ad un raggruppamento in due macro- tipologie: i ragazzi “senza problemi”, il cui reato rappresenta l'espressione del “malessere del benessere”, e i giovani con problemi economici e sociali. Nella prima categoria includiamo minori appartenenti al ceto medio, scolarizzati e desiderosi di un benessere esclusivamente materiale legato al possesso di beni voluttuari. Secondo la dott.ssa Pesarin risiede in questa sorta di ansia di benessere la genesi di tanta solitudine e fragilità negli adolescenti, nonché il conseguente abuso di alcool e di sostanze stupefacenti intesi come mezzi per sconfiggere un sentimento di inadeguatezza. La paura di vivere e di progettare il proprio futuro si trasforma in auto aggressività e Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 13 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile in etero-aggressività medianti agiti devianti e criminali. Il ritenere che solo attraverso la ricchezza economica si possa ottenere una propria realizzazione porta i giovani a delinquere con il fine di appropriarsi di beni materiali. Questo spiega come mai la prevalenza dei reati compiuti per mano minorile siano soprattutto contro il patrimonio (furti, rapine) ma ciò non deve distogliere l'attenzione verso altre due tipologie di reato frequentemente compiute da minori italiani: la violazione delle disposizioni in materia di sostanze stupefacenti (31%) e i reati contro la persona (7%). Ci sono poi i giovani che presentano forme di devianza collegate ad una condizione di svantaggio socio- economico oppure ad una sintomatologia. Quello che gli esperti di criminologia sostengono è che difficilmente un reato viene compiuto per scelta o per il desiderio di intraprendere una carriera criminale. Spesso alla base dell'azione deviante vi è la richiesta di visibilità agli occhi dell'adulto, la volontà di far apparire la propria personalità con l'esigenza di essere riconosciuto nella propria singolarità. Il direttore generale delle Commissioni di Studio del Ministero di Grazia e Giustizia dichiara che “i ragazzi sono splendidi, non spengono mai la luce, non hanno bisogno di parole ma di coerenza e, soprattutto, hanno bisogno della nostra umanità[...]6. I ragazzi richiedono l'autenticità degli adulti e la loro comprensione al fine di migliorare e riscoprire importanti valori come la convivenza civile. Il senso di appartenenza ad una comunità implica una interiorizzazione delle norme e del concetto di legalità, concetti che devono essere trasmessi fin dalla tenera infanzia mediante modelli educativi presenti e coerenti. Il nostro diritto gode di un'impronta umanistica, cioè intende porre al centro della propria azione l'uomo e la sua rieducazione. La giustizia minorile, più di quella adulta, mira al recupero del ragazzo affinché egli possa reinserirsi socialmente e riscattarsi così da una condizione di pregiudizio. Per tale motivo all'Autorità Giudiziaria prevalgono le richieste di misure cautelari seguite dai casi di sospensione del processo con “messa alla prova”. Oggi si tende ad abbandonare la risposta penale di tipo punitivo per arrivare ad un modello pedagogico-trattamentale che privilegia il lavoro di equipe tra i servizi sociali e tutte le agenzie educative che si occupano dei minori (famiglia, scuola, volontariato, associazionismo e altro). 6Serenella Pesarin Devianza minorile: un commento sui flussi dei minori presi in carico nel 2009 (2010),Pubblicazione nel sito www.giustizia.it, p.2. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 14 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile Il DPR 448/88 “Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni”, finalizzato a delineare un nuovo modus operandi nel processo penale minorile attraverso misure sospensive e alternative al carcere inteso come estrema ratio, getta le basi per lo sviluppo di attività di mediazione. Secondo l'articolo 28 del DPR 448/88 il giudice può sospendere il processo e affidare il minore ai servizi sociali dell'amministrazione della giustizia affinché ripari alle conseguenze del reato compiuto e promuova una riconciliazione con la vittima. Questo modello di giustizia riparativa ha la caratteristica di riconsegnare ai diretti interessati la gestione del conflitto che li ha coinvolti consentendo al reo minorenne di adoperarsi in favore della vittima. La mediazione vuole così coniugare “assistenza e sanzione”: garantire la punibilità del minore, mediante la sua rieducazione e riconoscere nella vittima un ruolo attivo nella riparazione. La responsabilizzazione del reo mediante la mediazione, è uno strumento rieducativo di grandi potenzialità: prima di tutto consente alle due parti implicate nel processo di trovare una conciliazione, inoltre permette di far fuoriuscire il minore dal processo estinguendo il reato. Il nostro modello di giustizia minorile ha una sua grande validità per il fine educativo che sottende nelle proprie azioni. Attorno al minore autore di reato ruotano diversi attori volti a creare una rete sociale di supporto: uno di questi è la scuola. In Italia esiste l'obbligo scolastico fino al compimento del sedicesimo anno di età, motivo per cui sia nelle scuole medie inferiori sia in quelle di grado superiore possono esserci minori soggetti a misure penali. Il corpo docente dell'alunno sottoposto ad una misura cautelare non detentiva oppure beneficiario dell'articolo 28 del DPR 448/88 è tenuto a collaborare con la famiglia e con i servizi sociali al fine di permettere allo studente un adeguato percorso rieducativo privo di pregiudizi e discriminazioni. Tuttavia, non sempre il lavoro di rete tra diverse istituzioni risulta convergente, a volte si adottano punti di vista differenti e linguaggi non condivisi; tra gli operatori si forma così una discrepanza che comporta una gestione errata del caso con il conseguente sovraccarico gestionale per i singoli agenti. Tuttavia, non sempre il reato Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 15 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile compiuto da un minore avviene fuori dall'ambiente didattico ma talvolta succede che l'azione sanzionabile si verifichi all'interno della vita scolastica. In tal caso il dirigente scolastico, in qualità di pubblico ufficiale, ha l'obbligo di denunciare il reato all'Autorità Giudiziaria ai sensi dell'articolo 357 C.p. pena la configurabilità del reato di omessa denuncia di reato (art. 361 C.p.). “Il Dirigente scolastico, ricevuta notizia dal personale coinvolto nell'evento, è obbligato a denunciare, senza ritardo, all'Autorità giudiziaria i reati procedibili d'ufficio commessi dagli studenti, verificatisi o rilevati all'interno dell'istituto, o comunque di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio ruolo”7. Il dovere di riferire la notizia di reato da parte degli insegnanti deve ritenersi assolto con la comunicazione al dirigente scolastico. Da quanto detto si comprende che la scuola odierna ha un ruolo importante nella prevenzione e gestione della devianza; essa è chiamata a cogliere i primi segnali di disagio nel minore e ad attivarsi di conseguenza collaborando con i servizi territoriali e le famiglie. Tuttavia, non sempre si presenta facile la cooperazione con i genitori degli alunni; a volte gli insegnanti trovano una scarsa percezione del problema da parte della famiglia e un debole attivismo per farvi fronte. Il riconoscimento del comportamento deviante del figlio rappresenta il primo passo per l'avvio di un'azione di coping che vede coinvolto il ragazzo e tutte le agenzie educative che si occupano di lui. Solo con il riconoscimento del problema da parte del minore e della propria famiglia si può dare avvio ad un intervento rieducativo, in caso contrario le sole intenzioni scolastiche potrebbero avere un esito nullo. L'insegnante è un'antenna sensibile capace di catturare i primi segnali di disagio ma rischia di non trovare alleati né nella famiglia, né nei servizi territoriali e neppure nella stessa istituzione scolastica. Per tale motivo esistono delle linee guida contenute negli Orientamenti della Regione Veneto affinché tutto gli organismi che ruotano attorno al minore possano collaborare in modo efficace. 7Antonio Caragliu e Laura Paolucci, Responsabilità penale e minori: il ruolo del dirigente scolastico, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, maggio 2010, p.4. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 16 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile 3. Meccanismi di disimpegno morale di Bandura Il disimpegno morale è un costrutto psicologico che permette di colmare il divario tra azione e pensiero, che si crea nel momento in cui l’individuo agisce contro i propri valori morali e quelli della società senza però far emergere in lui il senso di colpa o la modificazione del pensiero di sé. Bandura ha approfondito i meccanismi e le condizioni che, nel corso della socializzazione, determinano l’attivazione o meno dei controlli morali interni, agendo così come cause del comportamento immorale di persone pur capaci delle più elevate forme di ragionamento morale8. Bandura ha individuato otto diversi meccanismi di disimpegno morale: Giustificazione morale: meccanismo attraverso il quale i comportamenti socialmente dannosi vengono resi accettabili sia socialmente che personalmente attraverso la ricostruzione cognitiva. Ad esempio, molti comportamenti aggressivi vengono giustificati con pretesto di voler proteggere l’onore o la reputazione. Etichettamento eufemistico: meccanismo che si fonda sul potere del linguaggio. Tramite un linguaggio elaborato si maschera un’azione riprovevole. Confronto vantaggioso: meccanismo che consiste nel mettere a confronto la propria azione con una peggiore in modo da alternarne la percezione e il giudizio. Dislocazione della responsabilità: permette alle persone di commettere azioni che solitamente ripudiano poiché non si sentono responsabili del loro operato. Diffusione di responsabilità: è un meccanismo che permette di distribuire fra membri diversi la responsabilità derivante dall’attività rischiosa, della quale vengono eseguiti aspetti parziali che sembrano quindi innocui in sé, ma che sono pericolosi nella loro totalità. La diffusione della responsabilità permette agli individui, altrimenti attenti alle esigenze altrui, di 8Cohen, D., & Nisbett, R.E., (1994). Self-protection and the culture of honor. Explaining southern Violence. Personality and Social Psychology bulletin, pp 551-567. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 17 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile comportarsi in maniera crudele. Gli individui si comportano in modo molto più crudele quando la responsabilità è del gruppo rispetto a quando si ritengono personalmente responsabili delle loro azioni9. Distorsione delle conseguenze: è un meccanismo in cui opera la minimizzazione o la selezione strumentale nella rappresentazione delle conseguenze positive o negative dell’atto. Disumanizzazione della vittima: si fonda sulla capacità di attribuire alla vittima caratteristiche spregevoli, non umane, in modo da evitare l’insorgenza di angoscia alla visione della sofferenza causata. Infatti, considerare le vittime come soggetti subumani consente di mettere in atto azioni estremamente crudeli, considerandole giustificabili così da alleviare il senso di angoscia. Attribuzione di colpa: vengono attribuite delle colpe alla controparte in modo da giustificare le condotte violente come difesa contro la provocazione aggressiva. Sebbene i meccanismi di disimpegno morale operino simultaneamente nel processo di autoregolazione, essi differiscono per grado di influenza nelle diverse età. Ad esempio, l’interpretazione della condotta lesiva come funzionale a scopi giusti, il disconoscimento della responsabilità per gli effetti lesivi e la svalutazione di coloro che vengono maltrattati sono le modalità maggiormente utilizzate per autogiustificarsi durante l’infanzia e l’adolescenza; mentre celare attività riprovevoli dietro denominazioni eufemistiche oppure renderle innocue tramite il confronto palliativo sono meccanismi che richiedono capacità cognitive avanzate e sono pertanto utilizzate con minor frequenza. Il processo di disimpegno morale, che trasforma individui benevoli in carnefici, non avviene sicuramente repentinamente, bensì in maniera graduale; il mutamento avviene attraverso una progressiva rimozione del sentimento di autocensura. Inizialmente, coloro che compiono azioni disumane si abbandonano a misfatti abbastanza limitati, che essi mettono in atto non senza qualche difficoltà morale. Una volta che la ripetitività degli atti 9Zimbardo, P. G., (1969) The human choice: individuation, reason, and order versus deindividuation, impulse and caos. V. J. Arnold & D. Levine (eds.), Nebraska symposium on motivation, vol 17, 237.309. Lincoln: University of Nebraska Press. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 18 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile di natura violenta ha smussato il loro sentimento di colpevolezza, le azioni diventano via via più odiose, fino al punto che azioni considerate all’inizio come ripugnanti, vengono perpetrate quotidianamente senza suscitare angoscia né disgusto. Il comportamento disumano diviene a questo punto una routine, traducendosi in carriera deviante. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 19 di 24 Filippo Petruccelli - La delinquenza giovanile Bibliografia Associazione Aquilone Blu, 2001, Relazione sull'infanzia e l'adolescenza in Italia. Bandini T., Gatti U., 1987, Delinquenza giovanile. Analisi di un processo di stigmatizzazione e di esclusione, Milano: Giuffré. Bandura, A., 1969, Social learning of moral judgments. Journal of Personality and Social Psychology, 11(3), 275–279. Bandura, A., 1978, The self system in reciprocal determinism. American Psychologist, 33(4), 344–358. Bandura, A., 1999, Moral disengagement in the perpetration of inhumanities. Personality and Social Psychology Review, 3(3), 193–209. 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