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2024

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History of Philosophy Causality Philosophy Western Philosophy

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This document is a lecture on the concept of causality in Western Philosophy, from Aristotle to Hume. The lecture covers the different interpretations of causality, and the relationship between the order of things and the order of ideas.

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Corso di Storia della Filosofia Il principio di causalità nella tradizione occidentale: dalla Fisica di Aristotele al Trattato sulla Natura Umana di Hume. Anno accademico 2023-2024 Primo Semestre Prof Fronterotta Introduzione Lezione 1 di 25 Concetto di causalit...

Corso di Storia della Filosofia Il principio di causalità nella tradizione occidentale: dalla Fisica di Aristotele al Trattato sulla Natura Umana di Hume. Anno accademico 2023-2024 Primo Semestre Prof Fronterotta Introduzione Lezione 1 di 25 Concetto di causalità: agente, azione causale, effetto come esito dell’azione causale messa in atto da un agente. Hegel, Spinoza e Platone pensano che c’è una corrispondenza tra l’ordine delle cose e ordine delle idee, significa che a livello soggettivo, della mente, c’è la possibilità di ricostruire l’ordine che sussiste tra le cose esistenti all’esterno, la relazione che rispecchia un soggetto e il mondo esterno. Il tema della relazione della causalità è un caso in cui questa relazione può essere colta nel modo più evidente. Corrispondenza tra la conoscenza e le cose, vi è un'identità tra l’ordine delle cose e l’ordine delle idee. Il tema della causa e la nozione della causalità è uno degli ambiti in cui questa relazione sembra potersi cogliere nel modo più evidente. Se si afferma che a 100 gradi la pentola con l’acqua va in ebollizione, si sa sul piano oggettivo ma su quello soggettivo. Non si tratta di una connessione scontata. Si potrebbe avere una concezione della conoscenza deflazionista. La conoscenza che un soggetto può avere delle cose può anche essere considerata puramente descrittiva. Nel momento in cui si mette una pentola con l’acqua sul fuoco e quando arriva la temperatura a 100 gradi va in ebollizione. Si descrive il fenomeno senza applicare un rapporto di causa ed effetto. Con la conoscenza descrittiva non si conosce molto. Il primo a dare contezza del concetto di conoscenza delle cose come oltre la mera descrizione, ma relativamente alle cose stesse bisogna indagare il perché delle cose, conoscere una certa cosa significa saper dire perché, è Aristotele. Individuare i perché di una cosa, significa individuare le cause, to dia ti, la causa, la aitia della cosa. Una teoria della causa implica sempre e necessariamente una pluralità di cause che possano spiegare un certo fenomeno. La nozione di causa ha una duplice faccia, per un certo aspetto riguarda la realtà, cioè le cause delle cose sono ciò che spiegano le cose come stanno, ma anche la capacità della mente soggettivamente di ricostruire le connessioni causali, 1 ovvero riprodurle all’interno della mente. La mente deve pure disporre di meccanismi causali che ritrova nell’ambito delle cose esistenti. Parlare della teoria della causalità sembra fare riferimento sempre a questi due aspetti. Non è un caso che il più rigoroso critico della causa e della causalità sia proprio David Hume, e in che modo aggredisce questa concezione. Cerca di rompere la connessione dell’ambito causale posto all'oggettività delle cose e la mente. Cerca di indebolire questa nozione di causa, ovvero aristotelica, non c’è possibilità di rispecchiamento tra il mentale e le cose esterne. Le cose esterne appartengono a un altro ordine, e la mente lavora per conto suo. Si crea una sfasatura concreta e la nozione tradizionale di causa e causalità viene a cadere. Ad Aristotele si può ascrivere il merito di aver analizzato una prima teoria della causalità, innanzitutto il termine causa è aitia, che deriva a livello di significato dal linguaggio giuridico, significa che la aitia intesa come causa è da un punto di vista giuridico la responsabilità. E’ la responsabilità di un’azione. Il termine sembra indirizzare verso la causa efficiente, ma non è l’unica accezione di cui Aristotele si serve. A questo titolo Aristotele si esprime spesso ricorrendo a una coppia di termini, accanto ad aitia; aggiunge il termine arché, principio, parla di principi e cause, ponendoli insieme, spesso confondendoli. Afferma che l’effettiva conoscenza di una certa cosa coincide con la conoscenza dei suoi principi e delle sue cause. Le cause si pongono in una determinata catena, la conoscenza assoluta e definitiva consiste nel possesso non solo delle cause, ma delle cause e principi primi, ovvero oltre i quali non si può andare. Bisogna risalire l’ordine causale delle cose, fino ad arrivare alla prima causa. Esistono quindi diversi livelli di accertamento delle cause, esistono le cause prossime e le cause ultime, o prime se si preferisce. Cioè si può dar avvio a una serie di domande sui perché che generano una catena. Tendenzialmente viene fatto valere un principio di omogeneità, il principio causale della omogeneità della fisica, ci deve essere un qualche tratto di omogeneità tra la causa e l’effetto, devono appartenere a uno stesso ordine di realtà. Un ente estraneo all’ordine delle effetto non può essere considerato causa. Diventa un problema concreto nel momento in cui la causa riguarda il rapporto tra mente e corpo. Mente e corpo appartengono a due realtà distinte. La mente sembra appartenere a un ordine che non è sottoposto a leggi meccaniche e non ha consistenza corporea. Perché dalla mente partono impulsi che agiscono sul corpo. Da qui si riprende con la tradizione dualista. La nozione di causa implica originariamente un riferimento a un’azione concreta responsabile che è suscettibile di produrre un determinato 2 effetto che prima non c’era. Si pone il problema di tentare di giungere alla conoscenza della realtà e alle leggi che la governano. Si tratta di capire la nostra capacità di cogliere le cause e i meccanismi. O si coglie intuitivamente a livello mistico, appare legittimo supporre che vi sia una simmetria tra la realtà e la mente. Corrispondenza tra l’ambito psicologico e quello ontologico. In forme e gradi diversi esiste una relazione tra la mente e il mondo. I trattati di Aristotele di cui siamo oggi in possesso non appartengono dal punto di vista della pianificazione, struttura e titolo a volte, allo stesso autore. derivano da materiale aristotelico ma non sono stati destinati da aristotele alla pubblicazione, questo perché aristotele aveva dato alla pubblicazione delle opere che avevano forma di dialoghi come aveva fatto Platone. Questi dialoghi erano anche apprezzati durante l’antichità, ce lo dice Cicerone, che ancora poteva leggerli. Sembra che avessero una finezza retorica che invece non si può riscontrare nei trattati di cui disponiamo. La lingua dei trattati è piuttosto inelegante, ripetitiva con locuzione tortuose, come può essere che da una parte c’è lo stile di un autore che Cicerone giudica come dei capolavori, e dall’altra uno stile sciatto? Non sono di mano aristotelica, ma il frutto di un’operazione editoriale di assemblaggio di materiali che trattano di argomenti tra loro simili, nemmeno pensato in tal modo da Aristotele. Nel primo secolo a.c. questi materiali vengono recuperati e trasformati in un’operazione editoriale, raccogliendo e accostando una serie di trattazioni che forse erano separate, forse spunti di lezione, e l’ordine è stabilito dall’editore. In alcuni casi, la più celebre per la Metafisica, questa operazione risulta estremamente problematica, perché dai 14 libri ci sono dei contrasti, un difficile coordinamento. Nel caso della Fisica c’è sostanzialmente maggiore omogeneità. Tutta la trattazione della Natura e del Mondo Fisico. Quali sono i principi e le regole sulla base delle quali la scienza fisica deve essere indagata? La fisica non pone particolari problemi. E’ possibile supporre che un piano dell’opera risalisse ad Aristotele. In altre sue opere aristotele si riferisce ai suoi libri di fisica, sembra che già nella sua mente considera di aver scritto un trattato di fisica, cosa che non avviene nel caso della metafisica. Ma qual è il rapporto tra i dialoghi e questi trattati? Si parla in riferimento ai dialoghi di opere essoteriche, ovvero rivolte all’esterno, e nel caso dei suoi materiali inediti opere esoteriche, rivolte all’interno, Ma forse è inesatto. queste opere non sono proprio di aristotele. Cosa accade verosimilmente? che nel momento in cui viene reso pubblico il corpus ordinato dei trattati di aristotele, l’immediata importanza dei contenuti di queste opere oscura del tutto l’importanza dei dialoghi trattati dall’autore. Questa perdita di interesse si trasforma in mancanza di copiatura. Invece questi trattati 3 assumono una tale importanza da diventare il lascito principale che trasmette il pensiero di Aristotele. Oggi possediamo pochissimi frammenti di questi dialoghi autentici, ma possediamo nella quasi totalità i suoi materiali scolastici informi che non aveva ritenuto di pubblicare. Questo significa che paradossalmente il pensiero di aristotele così come viene trasmesso nella filosofia occidentale non è propriamente l’effetto di un’ intenzione autoriale di aristotele. In questi materiali ci sono le sue idee, ma la loro costituzione non è sua. è l’esito di un’operazione editoriale, compiuta almeno tre secoli dopo la sua morte. Originarietà o originalità? Quante possono essere state le interpolazioni a livello di commentari sul suo pensiero, l’autorialità pone dei problemi, potrebbero esserci state delle ragioni per le quali aristotele non ha pubblicato questi appunti. Che cos’è la Fisica di Aristotele? Che cosa intende Aristotele parlando di scienza fisica. C’è un ruolo fondamentale attribuito alla nozione di causa e alla concezione della causalità. Nella scuola di Atene di Raffaello al centro ci sono Platone e Aristotele, uno guarda verso il cielo e l’altro verso terra. questa è l’immagine iper tradizionale tra platonici e aristotelici. Il platonismo come filosofia iperrealista e dunque votata a una metafisica completamente astratta, aristotele come proto empirista che si dedica allo studio della realtà fisica. Questa iconografica opposizione è del tutto paradossale se si considerano alcuni dati di fatto importanti. Platone ha passato tutta la vita a tentare di fare il rivoluzionario, ha evidentemente dedicato la sua vita e l’insegnamento non solo per il mondo delle idee ma per trovare delle persone che realizzassero il suo progetto politico. Aristotele ha scritto argomenti di politica, di etica, ma non si è mai occupato di politica, vivendo ad Atene come straniero. che uno sia votato ai cieli e l’altro alla terra non ha particolare fondamento. Detto ciò esiste un punto che nella fisica ha un suo riscontro preciso ed è in relazione allo statuto che si attribuisce alla fisica. disciplina che si occupa della physis, la natura. Per Platone la Fisica non è una scienza,i discorsi sulla natura non hanno carattere scientifico, al massimo probabilistico, doxastico, di opinione. che possono essere tra loro distinte, gerarchizzate, e tuttavia ogni discorso relativo al mondo fisico rimane verosimile, mai vero. La verità appartiene a una conoscenza di tipo scientifico. Per Aristotele è una scienza, anche se non è la scienza più alta. Perché per Platone la Fisica non è una scienza perché lo è per Aristotele? Per Platone il mondo fisico è caratterizzato da una determinazione fondamentale, affetto dal divenire, l’essere soggetti alla generazione e alla corruzione, vengono all’essere e cessano di essere. ma questa caratterizzazione secondo platone può essere estesa alla totalità del mondo fisico, perché il mondo fisico è soggetto 4 al mutamento, alla trasformazione. Il ciclo della trasformazione caratterizza il mondo fisico nella sua totalità. Questa tesi platonica corrisponde in modo sostanzialmente efficace a una certa visione quantistica del mondo che oggi appartiene alla fisica contemporanea. Il requisito che Platone ritiene di dover attribuire alla nozione di scienza,per lui è scienza solo quella che non è mai affetta da mutamento. se il mondo fisico muta, mentre ne sto parlando quello è mutato. Scienza nel senso platonico del termine si può dare solo di oggetti esenti dal mutamento. quali oggetti non sono soggetti al mutamento? Gli oggetti della matematica. Questa definizione della matematica entra in crisi solo con la nascita delle geometrie non euclidee. La verità scientifica consiste nell'immutabilità, quindi la natura non può essere vista scientificamente. Aristotele condivide il punto di vista per cui il mondo fisico è in movimento, e va persino oltre perché presenta un’ampia discussione della diversa casistica di movimenti. Ci sono gradi diversi di movimento, ma che la realtà sia nel suo complesso in movimento, questo è il punto di Aristotele. Qual è la causa del movimento che caratterizza la realtà naturale. Perché Aristotele condivide la premessa che il mondo sia in movimento, ma che di esso ci può essere scienza? perché Aristotele, proprio in considerazione che il divenire in generale è di gradi diversi, pensa che a livello della natura nel suo insieme è vero che c’è movimento, ma che è fondamentalmente retto da leggi, e che questi meccanismi siano fondamentalmente regolari. Il movimento della Natura non è disordinato, nella natura le cose si ripetono “perlopiù”, il perlopiù dà accesso alla scientificità della Natura. Solo la doxa individuale, priva di qualunque regolarità. ciò che sta in mezzo e che è perlopiù costituisce regolarità, una scienza che si trova a un buon grado di affidabilità. La Fisica è tra le scienze quella che a maggior titolo e a maggior ragione necessita di leggi che consentano di stabilire e prevedere che le cose perlopiù funzionano in un modo. Questo può garantire lo statuto di scienza. Aristotele non parla di leggi della Fisica ma di nomoi, è un’accezione leggermente diversa. Diventa comunque famoso il concetto di legge scientifica solo con Galilei e Newton di leggi di Natura. Allora che cosa sono per Aristotele le leggi di Natura? Sono essenzialmente le cause. Sono le cause che danno la scientificità. Se si raggiunge il perché di una cosa si capisce la legge e l’essenza, la descrizione di una cosa mi restituisce un profilo esteriore, ma non è sufficiente. Per comprendere una cosa bisogna sapere come è venuta all’essere, e per questa operazione sono necessari una serie di perché. Causa diventa in questo caso sinonimo di legge. Quindi la fisica si occupa della physis, di tutto quello che abbiamo intorno e che si percepisce attraverso i sensi. In che modo la Fisica si occupa di queste cose, individuando cause e principi che forniscono una 5 spiegazione. ci permettono di spiegare perché una cosa è come è. Non è solo un meccanismo epistemico che non permette solo a me di capire perché le cose sono come sono, ma permette oggettivamente di spiegare, è la legge che appartiene oggettivamente ed intrinsecamente alla cosa stessa. Cioè la legge è nella natura, il soggetto la riscopre. La fisica contemporanea ha sensibilmente modificato questa visione normativa della realtà. Per Aristotele la legge è fuori del soggetto, si tratta di leggi oggettive, non si dà fenomenicamente, ma in termini oggettivi. In comune condividono che il mondo sensibile sia affetto dal movimento, per Aristotele la fisica considera gli enti naturali nel loro aspetto comune, gli enti che si muovono. Se ci sono enti che non si muovono non possono essere oggetti della fisica perché è indispensabile secondo Aristotele individuare questo elemento. Per Aristotele la scienza non è universale e generalista, la scienza è sempre monotematica, ovvero riguarda una sola cosa genericamente intesa, si occupa di un genere di cose. come si delimita un genere di cose? trovando la loro proprietà comune. nel caso degli enti naturali il moto. Esistono anche altre scienze degli enti fisici anche da un punto di vista quantitativo, cercano di determinare la quantità numerica o geometrica. Quale scienza si occupa di questo? La matematica. Non è sufficiente delimitare un unico ambito di oggetti, occorre aggiungere la proprietà comune in relazione alla quale ci si occupa di quegli oggetti. Se la connotazione fondamentale della trattazione della Fisica è il movimento, le sue leggi non possono che essere le cause che determinano questi mutamenti e questi movimenti. Generazione, corruzione, trasformazione, traslazione. La geometria può stabilire le forme, ma non ha bisogno di cause, è descrittiva. Se l’ente fisico va spiegato dal punto di vista del movimento si ha bisogno delle cause. Bisogna trovare un principio dinamico che spieghi la genesi di un ente, trovare l’agente causale produttivo. La descrizione è semplicemente formalizzante. La teoria delle cause anche per Newton e per Galileo è la scienza, spiega le leggi di natura. Su questo punto in particolare la contrapposizione tra Aristotele e Platone ha un suo fondamento, qui emerge l’Aristotele empirista. Lezione 2 di 25 Primo Libro della Fisica 6 Sezione Prima La teoria delle cause appare anche nel primo libro della Metafisica, ci sono altre opere riferimenti piuttosto abbondanti alla dottrina della cause. L'opposizione di Aristotele a Platone rispetto alla fisica come scienza non ha solo un valore erudito, legato alla contrapposizione presente nella scuola di Atene, ma c’è un elemento in più che occorre tenere presente e che attiene alla questione della causalità; perché se per aristotele le cause rappresentano le leggi della fisica e queste leggi sono possibili appunto perchè la fisica è concepita come una scienza, benché del perlopiù, per platone non è possibile, perché il mondo è affetto dal divenire, ed è impossibile darne una scienza che ne permetta una regolarità. Anche da un punto di vista platonico ci sono fenomeni ma non c’è una regolarità del mondo sensibile. Per Platone la fisica è doxa, per Aristotele è episteme. Le cause operanti nel mondo fisico e sensibile per Platone pure esistono ma non possono esprimere nessuna forma di regolarità del mutamento e movimento del mondo sensibile, in quanto non ha regolarità, per Aristotele invece questo è possibile. “Dal momento che l’avere conoscenza….principi…per natura….di loro” pag 117 L’aitia è la causa, l’arché è il principio, e lo stoicheion è l’elemento. Tripartizione. Cosa sono gli elementi, i componenti della cosa su cui facciamo ricerca. La conoscenza di una certa cosa consiste nell’acquisizione delle cause e dei principi che ci consentono di giungere alla conoscenza degli elementi della cosa stessa. Esempio che si trova negli Analitici Secondi. Vi si trova il sillogismo. Tutti gli uomini sono mortali, Socrate è uomo, Socrate è mortale” Qui si ha la conoscenza di una cosa particolare Socrate, nel momento in cui si individua la sua causa e i suoi principi. Socrate è uomo, è mortale, rispetto all’essere umano è connessa la mortalità. Ciò che Aristotele vuole dire è che la conoscenza di qualcosa consiste nell’acquisizione degli elementi che conosciamo attraverso le cause. In tutti gli ambiti di indagine dei quali ci sono principi, cause ed elementi, vale a dire che si sottintende che ci sono ambiti nei quali non è possibile trovare cause ed elementi. Un ambito conoscitivo senza principio né cause non è scientifico. Esiste un ambito di indagine rispetto al quale non ci sono da cercare principi e cause, quello del Trattato della Metafisica, scienza che indaga le cause e i principi, che ci restituisce quelle cause del mondo fisico che non sono interne al mondo fisico stesso. le cause esterne. Se così stanno le cose la metafisica a sua volta non può avere altre cause ed altri principi da cercare. c’è una disciplina rispetto alla 7 quale l’indagine non va a cercare cause e principi. Deve esserci un punto finale. Nel caso della Fisica l’ambito scientifico deve almeno in parte le proprie cause e i propri principi a una causa che le è esterna. Ma nella Fisica la conoscenza consiste nel cercare cause ed elementi. Cercare di stabilire quali siano. Come si devono cercare? Aristotele fornisce una definizione di carattere generale, che riguarda ogni ambito del sapere. Che cosa vuol dire la riflessione sul percorso più naturale che si deve assumere sulla via della conoscenza? esiste ciò che è più chiaro a noi e ciò che è più chiaro di per sé. Questa tesi aristotelica resta una premessa assolutamente canonica e fondamentale per ogni epistemologia almeno fino alla rivoluzione scientifica. Il percorso della conoscenza non è univoco, dipende da che lato viene preso. Dire che 2+2=4 esprime una proposizione di evidenza immediata. ma porre la questione” è più immediato e conoscibile 2+2=4 oppure le foglie dell’albero fuori sono verdi?”. Se si vedono le foglie dell’albero da vicino non tutte hanno la stessa sfumatura di verde, non ha la stessa precisione della proposizione matematica 2+2=4, è autoevidente, c’è un maggior rigore, è esaustiva, è vera e basta. L’affermazione inerente all’albero è in parte vera e in parte può non esserlo. Questa è la differenza che aristotele ha in mente. secondo Aristotele la distinzione fra ciò che è più chiaro di per sé e ciò che è meno chiaro di per sé si pone in un rapporto di proporzionalità inverso rispetto alla possibilità di accesso a queste cose. a un livello immediato, nella forma di conoscenza più immediata e meno riflettuta, quale si presenta più immediata e accessibile? per un bambino che esercita una relazione cognitiva con il mondo qual è la fonte primaria dell'informazione? Secondo Aristotele è la percezione. La proposizione 2+2=4 implica l’astrazione e richiede un grado di elaborazione cognitiva che richiede uno sforzo maggiore che un bambino ancora non può capire. Da un punto di vista oggettivo il percorso della conoscenza umana procede sempre da ciò che è più chiaro per noi verso ciò che è più chiaro di per sé. Si parte sempre dalla percezione sensibile. Le percezioni sensibili hanno il vantaggio di restituirci un accesso immediato a ciò che ci circonda, ma la percezione ha un grado di percezione inferiore rispetto al ragionamento. Gli oggetti della matematica non sono mutevoli, hanno un grado di compiutezza maggiore. Bisogna iniziare dalle cose più semplici, che sono a portata di mano. Solo transitando per la conoscenza di queste cose, e vedendo le imprecisioni, si può accedere alla conoscenza di quegli oggetti che all’inizio sono meno accessibili, ma che poi ci restituiscono un maggior grado di compiutezza nel farsi conoscere. Qual è da un punto di vista aristotelico la scienza dalla quale è opportuno prendere le mosse, è proprio la fisica, perché è scienza del mondo naturale, nel quale nasciamo, e che ci si rende accessibile immediatamente. si presta alla considerazione di essere la 8 disciplina più adatta all’inizio del nostro percorso conoscitivo. è quella dalla quale iniziare. All’inizio si procede con l’individuare un carattere universale, le foglie dell’albero sono verdi, poi l’universale si scompone nei particolari e allora si colgono le differenze. la stessa differenza che si pone tra il nome e la definizione, il nome raggruppa, si chiama cerchio tutto ciò che ha una forma circolare, la definizione del cerchio come linea con i punti tutti equidistanti dal centro descrive il cerchio in relazioni ai suoi punti particolari. Il nome ci dà un flash dell’universale, la definizione si focalizza sugli elementi particolari. Nel caso della fisica si tratta di andare a cercare le cause e i principi primi allo scopo di individuare gli elementi costitutivi, partendo da ciò che è a noi più accessibile, per giungere poi a una più raffinata articolazione degli stessi oggetti. Aristotele ha annunciato che l’obiettivo della fisica è quello di trovare cause e obiettivi elementi, Quali sono i principi? Fornisce una griglia interpretativa affermando che tre tipologie di principi sono ammissibili. Il principio degli enti naturali è uno solo, monismo, oppure sono molti, pluralismo.Tra chi sostiene che sono molti, chi sostiene di numero finito e infinito. Tutti gli enti naturali hanno una caratteristica comune, il movimento. Ogni scienza si riferisce a un determinato genere di oggetti, individuando una proprietà comune. La Fisica si rivolge a un genere unitario di oggetti, tutti hanno la proprietà del movimento. Gli enti sensibili o naturali possiedono un’altra caratteristica, sono immediatamente percepibili dal soggetto. Si possono percepire tramite i sensi. Poi c’è l’etere, per gli oggetti astrali il discorso cambia. Dalla combinazione di questi due segni di identificazione ne emerge un terzo: perché gli enti naturali sono percepibili attraverso i sensi? perché sono corpi, la materia si può percepire esclusivamente attraverso i sensi. Sono tutti enti materiali. La causa del movimento va certamente ricercata al di fuori del mondo fisico, la fisica è incompiuta perché non risolve al proprio interno tutte le cause. ma il movimento non è l’unica causa, tutte tranne il movimento si trovano all'interno della Fisica. La Metafisica è un completamento della Fisica stessa? La Fisica non è una scienza certamente autosufficiente. Forma e materia sono ad esempio degli stoicheia. Elementi sono anche gli atomi. Le cause e i principi ci permettono di renderci conto di come è fatta una cosa. Aristotele costruisce una griglia interpretativa. Cosa fa nel momento in cui offre questo schema interpretativo? E’ una griglia astratta? Aristotele deduce o ricava questi schemi interpretativi dall’esame delle posizioni dei suoi predecessori. Il punto di partenza di ogni indagine è sempre ed esclusivamente costituito dall’analisi degli 9 endoxa, dei punti di vista, le opinioni comuni. principalmente dei filosofi precedenti. Aristotele è un filosofo molto sensibile alla ragionevolezza, tende ad essere piuttosto moderato, e a ritenere che se un’ampia maggioranza di persone ritiene una certa cosa, forse ci sono degli elementi affidabili. Le endoxa sono anche quelle opinioni che indipendentemente dal numero dei sostenitori sembrano di per sé ragionevoli e difficili da respingere. Una di queste è che il potere politico deve appartenere a uomini retti e giusti, sembra una sorta di tautologia, e quindi appare una valutazione che si afferma da sé, banale e generale. Un’ opinione che è diffusa tra un grande numero di persone. Perché ogni indagine deve cominciare da una rassegna critica delle opinioni dei predecessori? All’inizio è generoso, ammette che qualcosa di vero nelle loro opinioni ci deve essere. C’è un cinismo, se hanno trovato qualcosa è inutile ricominciare daccapo. Altro motivo: anche laddove hanno sbagliato, anche dai loro errori si può imparare, perché l’esame dei loro errori ci permetterà di arrivare alla soluzione giusta. Nella peggiore delle ipotesi, se le opinioni sono troppo sbagliate, comunque analizzare il pregresso è un esercizio. Aristotele classifica le opinioni dei predecessori. La maggior parte dei predecessori hanno affermato che i principi sono più di uno. La maggior parte che lo ha fatto dice che i principi sono in numero finito, luce oscurità, amore e odio, altri affermano che sono più di uno e in numero infinito. Democrito afferma che i principi della natura sono gli atomi e che sono in numero infinito. C’è anche un’attitudine di tipo più teoretico, perché questa griglia in cui Aristotele finisce per ingabbiare i suoi predecessori non corrisponde effettivamente alle posizioni reali dei predecessori, aristotele li costringe all'interno di una sua interpretazione, lui non è uno storico della filosofia, non gli interessa offrire un resoconto fedele delle loro posizioni, non gli interessa forse perchè questo resoconto fedele è forse già disponibile. presenta la loro posizione per quello che hanno detto o che avrebbero dovuto dire se fossero stati conseguenti con le loro dottrine. c’è una forzatura, una reinterpretazione alla luce dei suoi schemi, sostenendo che se tal predecessore ha sostenuto una certa dottrina ne dovrebbe conseguire una certa deduzione. è un’appropriazione ai propri fini, un’ indagine endoxastica, ridimensionata dal significato che Aristotele le attribuisce. Dopo aver inquadrato lo schema, individua un obiettivo polemico, l’eleatismo. Perché è così importante la posizione di Parmenide, è il principale obiettivo polemico. la sua intera Fisica si costruisce sull'antagonismo verso Parmenide. Bisogna confutare l’eleatismo. Qual è la tesi di Parmenide? Tesi scolastica che probabilmente nell’età di Aristotele viene usata per riassumere la sua posizione. Il tutto è uno, immobile in sé stesso. La totalità della Natura è un’unità assolutamente 10 immobile in sé stessa. Aristotele fa coincidere questa tesi con “l’Essere è e non può non essere”. Non esiste il Nulla. Si esaurisce ogni contrapposizione possibile, tertium non datur. C’è solo l’essere e sussiste in una condizione di unità e immobilità assolutamente perenne. Parmenide e i suoi seguaci sono così radicali che se diamo retta a loro non ha senso parlare di mondo fisico naturale, ma se il mondo fisico ha la proprietà del movimento si determina una contraddizione. Per Aristotele il mondo che ci circonda contempla la trasformazione, per Parmenide l’unica cosa che è, è un tutto unico e identico a sé stesso. Se si accetta che Parmenide ha ragione, il mondo della natura decade. La natura non è unica e non è immobile. Se è vero che il Tutto è Uno immobile in sé stesso, se è vero che il dilemma è tra essere e non essere, questo ha anche un’altra conseguenza, nulla si crea e nulla si distrugge. ciò che è non può non essere, dunque ogni possibile dall’essere al non essere o dal non essere all’essere è esclusa. Che cosa viene escluso? La generazione e la corruzione. Il tutto non è uno immobile in sé stesso. L’altro punto di vista degli eleati è più pericoloso. Cosa vuol dire passare dal non essere all’essere. Quando si cessa di essere ciò che si era e diventa quel che è? Socrate da giovane diventa vecchio, qual è il momento preciso in cui diventa vecchio? Dove si verifica il passaggio? Se essere e non essere vanno intesi in senso esistenziale, c’è qualcosa e non c’è qualcosa, qualcosa che è ad un tratto e poi cessa di essere e viceversa; da ciò che è nulla può sorgere qualcosa, e quindi dal non essere l’essere. Questo argomento che sembra insuperabile di per sé rappresenta un ostacolo alla possibilità di concepire qualsiasi indagine fisica. qual è la soluzione che aristotele individua. Dice che hanno ragione, se si assume che la generazione e la corruzione, il movimento va inteso nel modo che dicono loro, avrebbero ragione loro, ma non è così, perché è vero che generazione e corruzione indicano la transizione tra i due contrari, ma c’è un sostrato che accoglie questa transizione, che va intesa predicativamente. Questa è la transizione degli opposti, una sequenza tra un polo e l’altro, e viene meno l’aporia eleatica, c’è una sostanza che permane, un sostrato che è sempre, ma muta di condizione. Il mondo fisico si costituisce di un sostrato che eternamente permane. Allora se la fisica, sfuggendo all’aporia eleatica prevede un sostrato e una transizione tra termini contrari, a che serviranno le cause? Rappresentano quelle modalità di spiegazione o leggi naturali che contribuiscono a illustrare precisamente questi movimenti di generazione e corruzione che sono possibili perché sussiste sempre un sostrato comune che soddisfa gli elementi richiesti dagli eleati. Aristotele dice che tra Melisso e Parmenide c’è una grande differenza. In ogni caso non bisogna lasciarsi ingannare dall’ironia con cui 11 rappresenta la posizione degli eleati. La sua stessa prospettiva si basa sull’accettazione della proposta degli eleati, dal nulla non si genera nulla. Qualcosa di permanente deve esserci, è un sostrato che funge da ciò che è sub iectum per farsi portatore di ogni forma di trasformazione. Un figlio può nascere da un padre perché c’è sempre qualcosa di sottostante che può accogliere la generazione, la trasformazione e la corruzione. Quanti sono i principi? Sono tre, il sostrato, la generazione e la corruzione. L’essere permane anche quando non si dà a vedere. Ma la concezione parmenidea dell’essere è metafisica, trascendente e non identificabile con il mondo fisico, e il mondo sensibile è la sfera dell’illusione. Se nega il movimento del mondo naturale non è altro che un’illusione rispetto all’essere. Anche Platone in fondo dice che la realtà sensibile non è la realtà vera, ma una copia della realtà dell’iperuranio. L’essere può essere regolato da principi logici che non sono la natura, ma non è metafisico? Sono i sensi che vedono il movimento che non si adegua a dei requisiti razionali che spieghino l’essere? I predicatori, come poli di una transizione sono illusori, o rappresentano una sequenza su un sostrato? Per gli analitici americani l’Essere è sempre usato a livello predicativo e non esistenziale. se si parla di predicato allora non si parla di esistenza e non esiste la metafisica. Posizione antimetafisica. E’ difficile negare che nel canone occidentale non sia presente un interesse metafisico, perché in Aristotele il verbo essere ha un evidente e ineludibile valore esistenziale. se l’essere avesse solo carattere predicativo, sul piano degli eleati non porrebbe nessun problema. un predicato si può acquisire o perdere, il fatto che si muta di predicato è ovvio. se essere significa esistere e non esistere, il nulla e qualcosa sono diversi. Ma anche con il sostrato non c’è passaggio dal nulla all’ essere? Platone direbbe che questo problema non c’è perché tra le proprietà di un sostrato non si passa da un contrario all’altro ma con una sequenza in transizione. estremi di una sequenza che non implica una contrarietà. Le proprietà di un sostrato altro non sono che sequenze, con gradazione. In termini aristotelici ciò che permane conta ed è il fondamento ontologico, le proprietà che passano sono delle qualità che ammettono il passaggio al suo contrario, non si tratta di sostanze, che sono ousia e hanno valore ontologico. Bisogna distinguere tra categoria di qualità e sostanza. Principi: sostrato, privazione e forma 12 13 Lezione 3 di 25 Non si passa dal nulla all’essere o viceversa, perché c’è qualcosa che permane nel corso del mutamento o transizione, il sostrato. Aristotele svolge una serie di argomentazioni in favore di questa tesi, l’esame degli endoxa per Aristotele è sempre di fondamentale importanza. Aristotele riconosce agli endoxa una parte di verità. fondamentalmente perché i contrari devono essere assunti come due principi rispetto a generazione, corruzione, e al mutamento degli enti fisici. Cosa vuol dire che qualcosa si genera, prima non c’era poi c’è, o viceversa. in senso assoluto quale sia il momento in cui segniamo l’avvio di generazione di qualcosa, comunque significa passaggio dal non essere all’essere. Qualunque passaggio, dal non essere all’essere è una transizione tra termini contrari, dunque ogni processo generativo implica necessariamente l’assunzione di termini contrari tra i quali si compie la transizione. I due estremi devono essere termini contrari entro i quali si compie questo processo. I principi fondamentali che reggono la generazione e la corruzione sono i contrari. Parlare di contrari significa parlare in termini analogici, per ogni processo di generazione e corruzione i termini entro i quali i principi che governano questo processo sono dei contrari. Per un figlio c’è il padre, per la casa l’architetto, ma da un punto di vista formale tutti i termini sono contrari, ma in ciascun caso specifico a seconda dell’oggetto si pongono dei contrari che sono numericamente e specificamente diversi, cosa significa parlare per analogia? Un conto è parlare di principi come comuni a tutti gli enti, ma questa comunanza non significa che valga per tutti gli enti e specificamente sempre gli stessi. Bisogna vedere di che ente si tratta, ci sarà un certo termine al quale si oppone un contrario. Così anche diverso appare il sostrato in ciascuno dei casi specifici, la materia del sostrato di cui è fatta la casa è diversa dalla materia di cui è fatto l’uomo. La funzione di contrari e la funzione di sostrato. Viene ammessa con Aristotele questa esigenza che ci sono tre principi per ogni processo di generazione, mutamento e corruzione, i termini contrari e il sostrato che li permette. 189 B “Quanto a me…. La generazione a tre principi La prima cosa di cui si vuole occupare è la generazione. Un venire ad essere, ma per aristotelele generazione implica il venire ad essere anche dell’insorgere di una certa proprietà di un certo soggetto, si viene a ingenerare una proprietà. Si tratta di un processo di generazione e lo stesso vale per la corruzione. 14 Si può parlare di una generazione di semplici da un contrario a un altro o di composto, cioè passaggio da una proprietà che si esercita sullo stesso soggetto. da un non colto viene ad essere un colto. Non si dice che da un uomo è venuto un colto. Nel momento in cui abbiamo a che fare con la generazione in termini semplici, da condizione di presenza ad assenza, tra termini composti invece non è da un uomo incolto che viene ad essere l’uomo colto, l’uomo è sempre lo stesso, in questi casi si esprime il passaggio da una proprietà a un’altra. C’è differenza e collegamento tra questi due piani diversi della generazione. Chiaramente è necessario menzionare il soggetto affinché funga da sostrato. Questa precisazione non è una semplice sottigliezza, Aristotele vuole sottolineare che ciascuna griglia interpretativa si adatta al livello nel quale ci poniamo come discorso. Pur eliminando il soggetto se si vuole si può trattare la proprietà come soggetto. La realtà naturale ha sempre una molteplicità di livelli a cui il discorso si può adattare. L’apparato concettuale che mette in atto rispetto ai principi della realtà non è rigida, ha sempre una molteplicità di livelli a cui si può applicare. Esiste il soggetto e la proprietà, ma se si elimina il soggetto le proprietà diventano il soggetto che cambia dall’essere al non essere e viceversa. Visione plurale e aperta dell’oggetto della scienza, della fisica, con un metodo a cui si ricorre. Ogni volta che si passa da un’assenza a una presenza si passa da una situazione a un’altra; quando si parla di un soggetto e la mutazione delle proprietà è diverso, un soggetto permane, qualunque termine può fungere da soggetto o da proprietà. Anche passare da seme a uomo significa che l’uomo cambia da soggetto a proprietà. Esistono casi in cui la transizione da un termine all’altro implica il venir meno di uno dei contrari. Deve sempre esserci qualcosa di soggiacente. Primo elemento che rimanda alla centralità del discorso analogico. Esprimersi per analogia significa fare riferimento a dei termini che valgono universalmente per tutti i casi ma per analogia, che in ogni processo di generazione e corruzione ci sono i contrari e il sostrato, ma in ciascuno sono diversi. L’essenza di un uomo non è l’essenza di un incolto, ma la transizione comunque implica che ci siano dei contrari e un sostrato rispetto al quale si esprime la transizione. Permane sempre qualcosa di soggiacente che si realizza e si compie nel processo di generazione. anche se è uno non è uno per forma. nel momento in cui ci si riferisce a un processo di generazione si indica la transizione da un contrario a un altro, da un’assenza a una presenza, in tutti questi casi i termini sono sempre sostrato, generazione, corruzione, dall’assenza si genera un qualcosa. con forma aristotele intende definizione di una cosa. L’uomo e il colto non sono la stessa forma, la stessa definizione, la rappresentazione 15 analogica permette di illustrare processi che coinvolgono enti che invece sono diversi rispetto alla loro forma e al loro essere. A svolgere la funzione di contrari e di sostrato possono intervenire elementi diversi. L’uomo che diventa colto fa si che sia una proprietà a transitare su di sé, se si transita dalla non cultura alla cultura, senza menzionare il soggetto, allora si transita da soggetto a soggetto. pag. 157 Aristotele vuole dire che nei processi di generazione che coinvolgono i composti ci si può esprimere in entrambi i modi, a seconda che noi intendiamo il soggetto o la proprietà, si può modificare il linguaggio e usare sia l’espressione “da… a”, sia la transizione da una proprietà all’altra, dipende dal livello di riferimento che si assume. Le sostanze vengono ad essere semplicemente. Esiste una duplicità di casi, in un caso nel processo di generazione viene coinvolto un semplice oppure un composto, le proprietà. Nel primo caso si dice che qualcosa viene all’essere, nel secondo che qualcosa viene ad essere qualcosa, ad acquisire un determinato stato o predicato che prima non possedeva. come si diversifica l’impiego di queste espressioni? aristotele dice che semplicemente nel modo più immediato esclusivo e privo di eccezioni si verifica un certo fenomeno. se si dice che l’uomo è una sostanza si afferma che Socrate si identifica in modo compiuto con una sostanza, il semplicemente indica l 'indubitabilità. Solo delle sostanze si può dire che si generano come venire ad essere. Socrate è una sostanza e prima di nascere non c’era- il linguaggio del venire ad essere si applica esclusivamente alle sostanze. per Aristotele la sostanza è l'unità minima propria dell’essere di qualcosa, le cose che esistono, ousia, sostantivo che deriva da ousa, ciò che è, l’esserci di qualcosa. ma perché quali cose non ci sono? secondo Aristotele ci sono tante cose che sono ma che non sono nello stesso senso della sostanza, per esempio l’essere predicativo. La bellezza per esempio è una proprietà ma non è una sostanza, non è un’entità sul piano ontologico. I predicati hanno bisogno di inerire a una sostanza, cioè di un portatore. Solo le sostanze intese come enti che sussistono di per sé si può dire che vengono all’essere, perché delle proprietà delle sostanze si può dire che hanno a che fare con il secondo modo di esprimersi, cioè del venire ad essere di una certa cosa. La bellezza in sé non diviene, può divenire o venire ad essere in qualcuno o qualcosa. Le proprietà hanno un titolo ontologico diverso, si comportano come stadi che vengono acquisiti da un soggetto che se ne fa portatore. Questi sono i principi della natura. Questa distinzione contribuisce a costruire una rappresentazione della realtà articolata e plurale, non tutte le cose si generano e corrompono allo stesso modo, una cosa sono le sostanze altra cosa sono le proprietà, sono ordini ontologici diversi. Se vi sono forme diverse di generazione e corruzione vi sono 16 cause diverse che presiedono alla loro determinazione. Vi è un’analogia? Cause diverse ma che ricadono sotto la stessa tipologia? Solo ciò che non ha bisogno di nulla che è soggiacente viene ad essere e cessa di essere. Le proprietà non sussistono autonomamente ma dipendono dal sostrato. Le sostanze sono aplos, nel caso delle proprietà si deve far riferimento a ciò di cui sono proprietà. Anche per quel che riguarda le sostanze occorre qualcosa di soggiacente. Si produce una svolta nel ragionamento, per come Aristotele si è espresso fin qui, se le sostanze vengono ad essere e cessano di essere rischierebbero di cadere nel nulla o venire dal nulla, divieto eleatico che Aristotele ha dichiarato di accogliere. Dunque in qualche modo si dovrà immaginare che anche la sostanza abbia qualcosa di soggiacente, per cui si possa dire che non si genera dal nulla, ma da una materia che si trasforma, dove la materia diventa sostrato di una forma che verrà a definirsi in un nuovo sinolo o sostanza. Che cos’è il sostrato? In termini concreti è la materia, anche se il sostrato in taluni casi può essere la forma. Le sostanze sono poi fondamentalmente delle proprietà della materia. una cosa simile l’ha sostenuta Platone nel Timeo, affermando che gli individui sono proprietà di una materia soggiacente che produce gli individui. Per Aristotele questo è inaccettabile. aristotele è attentissimo ad esaminare il modo in cui ci si esprime. l’orizzonte semantico e logico linguistico per Aristotele è sempre un banco di prova importante per un’argomentazione. Se si produce una contraddizione nel discorso linguistico evidentemente l’argomentazione è debole. Il linguaggio è verifica per il tema che si tratta. Il modo di inerenza o di dipendenza delle sostanze rispetto a un ulteriore sostrato non è strutturato come soggetto-predicato, ma come modello che implica una forma e una struttura composta che caratterizza la sostanza nella misura in cui viene ad essere. Socrate effettivamente non c’era e viene all’essere. non gli è precedente un soggetto, ma i suoi componenti, ciò di cui socrate è fatto. Aristotele presenta questa descrizione in termini metaforici, ciò che soggiace è come le piante e gli animali dal seme. La pianta non nasce dal nulla ma dal seme. Sono tratti che evidenziano che la generazione dal nulla non c’è, una generazione che è sempre relativa, qualcosa che si genera comunque presuppone qualche forma di principio che la precede. Le sostanze sorgono a partire dai loro componenti, ma mentre si parla di sostanze naturali è diverso da sostanze artificiali, ad esempio una casa. Le cose che vengono ad essere possono avere una figura, e si procede a conferire tramite la techné un’altra forma, la modificazione di un sostrato materiale. In altri casi per aggiunta, le cose che crescono, più 17 che altro si tratta di enti naturali. Le piante aumentano per aggiunta. Altre per sottrazione, ad esempio la statua che si ricava dal blocco di marmo, da cui si toglie la parte eccedente. Altre per composizione, per esempio una casa; si mettono insieme dei materiali artificialmente e si giunge a una costruzione. altre per alterazione, quando il materiale si modifica, le cose il cui materiale si modifica naturalmente, come la generazione umana, lo sperma materno si modifica nell'utero materno e produce il figlio che diventa un ente autonomo. Sia in ambito naturale sia artificiale sono processi che hanno un aspetto comune, non c'è mai una generazione dal nulla, si parte sempre da un materiale che già c'è e quindi anche la generazione di sostanze in realtà viene ad essere come ente autonomo, ma già c’era come sostanza materiale. Qui si supera la concezione parmenidea. La sostanza generata in virtù del fatto che deriva anch’essa dalla materia e dall’azione di qualcosa o di qualcuno dalla materia, la duplicità di componenti si riflette nuovamente nella sostanza generata. La sostanza generata è fatta della materia da cui proviene. Il tavolo è fatto di legno, il legno è presente anche nella materia del nuovo ente generato. Questa è la componente materiale, ma come si manifesta il carattere dell’opposto. L’opposto rispetto a ciò di cui la materia è fatta. La casa è una sostanza che non solo è fatta di pietra e di legno, ma manifesta un carattere opposto al carattere che quelle pietre e il legno avevano prima che l’artigiano intervenisse. Il tavolo altro non è che legno strutturato secondo una forma che gli è stata data. Non solo la sostanza di cui si dice che viene ad essere ha comunque qualcosa che soggiace prima di lei, la sua componente materiale, tutte le cose in natura sono fatte di materia, dunque qualunque cosa esistente è fatta di materia che precede, ma c’è anche una certa forma che è precedente la costituzione della sostanza stessa, e questa forma viene da un agente nel caso delle sostanze naturali o da un artigiano nel caso degli enti artificiali. Perché dire l’opposto? La forma che la casa possiede una volta realizzata, se si considera rispetto alla pietra sparsa prima dell’intervento tecnico è una forma, e per privazione si viene a creare una nuova forma. Si considera la materia soggiacente e non l’agente. Aristotele deve mettere in pratica i principi della natura, i contrari, l’agente non è il contrario della forma della casa, ma la forma si configura in termini di opposizione. In termini assoluti, analogici, la materia tout court è sostrato di ogni sostanza sensibile, c’è sempre una materia preesistente, ma è solo analogica questa concezione della materia, cioè si può parlare in tutti i casi possibili di componente materiale di sostanza, questa è la materia prima, ma la materia prima così concepita esiste? la vediamo? no, si vedono forme, non si vede la materia prima, è un concetto che analogicamente comprende per unità 18 funzionale tutte le materie possibili, ma poi esistono forme. La materia prima è una funzione di sostrato rispetto alla sostanza, ecco perché aristotele può parlare del sostrato materiale come principio, può parlare della forma che è il modo in cui questa materia è strutturata, ma l’altra condizione di partenza perché si chiama privazione, proprio della forma che dovrà essere acquisita per la determinazione di una certa sostanza? La materia si priva di una forma per dar vita a una nuova forma. Con la generazione del figlio si priva la materia di altre forme in favore della forma che si vuole ottenere. Tutti gli stati per la generazione di una sostanza sono privazioni, privazioni di una certa forma per la realizzazione di una nuova forma. Si conciliano due nozioni apparentemente diverse, il fatto che la natura sia finalisticamente orientata ma che allo stesso tempo sia retta da un meccanismo sostanzialmente deterministico. La natura è finalizzata, c’è una prosecuzione nei processi di generazione. Avviene sotto l’egida di un determinismo, perché i processi di generazione non sono casuali, tutto è iper determinato, c’è una certa materia che può dare una certa sostanza, c’è un agente che può operare quella forma su quella materia, ma il tutto finisce per risultare complessivamente orientato verso un fine, che per Aristotele è il bene eterno, come conservazione efficace e duratura della conservazione del Tutto. Ci sono attributi essenziali e attributi accidentali. Il colore per esempio non è l’essenza di Socrate. Non c’è mai una sostanza senza proprietà. Che un uomo sia bipede è un attributo o proprietà essenziale. Il determinismo è ex post, si considera una necessità ipotetica, si parte sempre dalla fine, il determinismo è retroattivo. Non c’è nessuna progressione, il mondo è eterno, l’uomo genera l’uomo e non può generare altro. Lezione 4 di 25 Privazione , forma, sostrato sono tre principi. Si riducono da un punto di vista della loro specie, a due principi, da una parte il sostrato e da un’altra la forma. Privazione e forma rimandano quindi a un unico principio, la privazione è assenza sempre della forma. Aristotele nel secondo libro arriva a chiedersi se nelle sostanze ha più importanza la forma o la materia. Secondo libro, primo paragrafo “Tra le cose che sono….misura….principio…secondo natura…pensieri..volte..cambiamento” pag 179- 181-185-187 19 Differenza tra enti naturali e prodotti della tecnica. La differenza tra queste due tipologie di sostanze. Prima fornisce degli esempi, poi individua il principio per distinguerli. Enti naturali sono le piante, gli animali e la materia come quattro elementi fondamentali, acqua aria terra e fuoco. se tutte le cose sono fatte di acqua aria terra e fuoco, allora ci sono altri enti naturali come ad esempio la pietra. Un tavolo è un ente artificiale perché è prodotto attraverso la tecnica. La differenza è che gli enti naturali hanno connaturato un principio di mutamento, nel senso della crescita, moto, spostamento nello spazio, generazione o corruzione, il movimento è interno. Nel caso degli enti artificiali questo impulso proviene dall’esterno, c’è bisogno di un agente esterno che lavora per produrre una nuova forma. In che modo il mantello o il tavolo ad esempio possono incontrare la loro corruzione, attraverso il disfacimento o un incidente. Tranne che per concomitanza. Per concomitanza effettivamente ci può essere un impulso interno anche per gli enti artificiali, per esempio il tavolo è fatto di legno che è affetto da un certo mutamento. Il mantello si sfilaccia con il tempo, il tavolo si disfa. Non è un impulso interno a questi enti come tali, ma la materia è soggetta a un certo mutamento. Questa eccezione che si produce per concomitanza non inficia il principio generale. La natura è una sorta di principio del mutare e dello stare in quiete, è naturale tutto ciò che possiede da sé stesso essenzialmente e non accidentalmente il principio e la causa del mutare e dello stare in quiete. Il principio o la causa del movimento fa parte dell’ente naturale. Rientra nella definizione stessa dell’ente, vuol dire che se gli fosse sottratto questo ente cesserebbe di essere. E non per concomitanza. In alcuni casi alcuni enti potrebbero possedere questo mutare per accidente. Il medico per definizione possiede una scienza che è la medicina, ed è in grado di curare il paziente. Nel caso del medico, può diventare causa di salute anche per se stesso, si ammala e torna sano. Non è in quanto diventa sano che è in grado di curare gli altri, lo è perché possiede una scienza. Si può riacquistare la salute semplicemente perché si torna in salute, è un evento più ampio e più generale rispetto alla cura di una malattia. si può guarire curandosi o anche tramite un processo naturale. La capacità del medico è essenziale rispetto al fatto di guarire lui stesso. Ill fatto che il medico guarisca non è detto che dipenda dalla scienza medica, questo è un caso di concomitanza o accidentalità. Il medico cura gli altri, questo però non è un accidente che avviene per concomitanza. Artificiali sono gli enti che non possiedono al loro interno un impulso al movimento. Per fare una casa ci vuole l’architetto, ci vuole un produttore, un oggetto che non esiste in natura. Gli enti naturali possiedono al proprio interno il principio della propria generazione. Il principio si ritrova e sussiste eternamente all’interno della stessa specie. L'attribuzione di 20 un principio all’interno degli enti naturali non riguarda il singolo individuo, ma la specie. C'è qualche cosa che resta identica, come Socrate che nasce dal padre, è un essere umano che riprende la forma dell'uomo, trasmessa. All’interno della stessa specie secondo natura degli enti naturali si trasmette la stessa forma, è un principio specifico che riguarda la specie. La materia è diversa perché Socrate non è fisicamente identico a suo padre, perché a livello materiale sarà modellato a livello diverso. Per forma non si intende lineamenti, ma forma come modello specifico: l'uomo. Ha più sostanza la forma della materia, perché garantisce la continuità della specie, è la forma uomo che si trasmette. Nel caso degli enti artificiali non c’è un principio interno, nel caso degli enti artificiali non c’è una conservazione della forma. In questo caso è la tecnica che garantisce la continuità specifica della forma. Le case non sono uguali rispetto alla loro disposizione materiale, ma la forma è uguale. La forma ha a che fare con la funzione cui la casa adempie. Da questo punto di vista la forma è sempre la stessa. Enti naturali ed enti artificiali: la forma è ciò che si preserva nei diversi esemplari, in un caso per un processo interno, nell’altro per intervento tecnico. Conservazione della forma, mentre la materia è sempre diversa. Che cosa vuol dire la domanda “che cosa c’è di più sostanziale in una sostanza?” Tutto ciò che sussiste indipendentemente è un ente, le proprietà dell’ente esistono ma solo nel sostrato, non hanno un’ autonomia ontologica. Cosa rende una sostanza tale al maggior grado? Ci sono due candidati possibili, forma e materia. La forma è più sostanziale perché permane, vedi anche la categoria di substantia di Kant. Tutti gli individui di una specie devono possedere le stesse caratteristiche. La materia può mutare, come modello o nelle proprietà. Ciò che contribuisce a definire un oggetto è la forma perché permane, la materia contribuisce meno perché è soggetta a determinati mutamenti. Per gli antichi l’arte è mimetica, imitazione della natura, non viene vista nel suo principio creazionista. Fantasia ed eikasia significano una riproduzione e non una creazione, non c’è attitudine creativa. La forma senza materia non esiste. La sostanza intesa come sinolo è l’ente, la forma da sola non esiste. Ciò che varia da individuo a individuo è la materia. La dimensione ontologica è garantita dalla forma. E’ ridicolo negare l’esistenza degli enti, è evidente. Dato radicalmente innovativo rispetto alla tradizione platonica, di un senso comune che giudica ridicolo condurre dimostrazione su una cosa in cui c’è una certezza condivisa. Platone assume sistematicamente ogni impegno dimostrativo, con radicalità sfida il senso comune. Per Aristotele nulla attenta alla realtà di questo mondo. Che ci sia la natura è manifesto. 21 Alcuni pensano che per ogni cosa l’elemento di maggiore sostanzialità sia la materia. Perché Antifonte dice che è la materia ad avere il movimento interno, perché dicono che la materia è ciò che permane eternamente. Aristotele considera il germogliare del legno dal letto seppellito un’assurdità. Ciò che permane in un caso come questo è la materia di cui è fatto un oggetto. Ma in generale questa tesi potrebbe essere avvalorata se si riuscisse a dimostrare che tutti i tipi di materia altro non sono che modificazioni di un’unica materia. Se si dimostrasse che tutti i tipi di materia sono tutti riconducibili agli elementi eterni, allora questa tesi potrebbe avere una sua plausibilità. Allora forse la materia potrebbe essere più permanente della sostanza. Il componente principale è quello che permane più a lungo, che garantisce meglio l’identità di una sostanza. La materia però permane quando a intervenire è la tecnica, si conserva la materia modificando la forma, ma imposta da un agente esterno. Perché la forma è più sostanza della materia? La forma è quando corrisponde alla definizione che si dà di un ente. La forma è la definizione di un’identità, e l’ente è riconoscibile quando la forma è interamente dispiegata, come nella forma di un uomo, bipede, razionale, prima che l’uomo sia uomo non lo definiamo in quella forma, allora la sostanzialità dell’uomo è la sua forma. La forma è natura perché è ciò verso cui si realizza un processo di generazione e trasformazione. La natura protende verso la realizzazione di una forma. La materia c’era già, ma la forma è il punto d’arrivo. Cosa determina la sostanzialità se la materia tende ad acquisire la forma? La forma si dice come tale nel momento in cui è realizzata, acquisita dalla materia. Lo sperma paterno è privazione della forma umana che Socrate diventerà alla fine di un processo. Gli enti non esistono ma sono tutti processi collegati l’uno all’altro. Aristotele dice che ciò che è eterno è la specie ed eterna la forma attraverso la quale definiamo cosa è uomo, ma la forma si materializza solo negli individui, allora l’uomo è definibile come ente o come processo? Il momento in cui l’ente acquisisce la forma è la sua realizzazione. La specie in quanto forma non sussisterebbe senza gli individui che sono materia. Capitolo Secondo Quali sono le competenze del fisico? Aristotele sintetizza la competenza del fisico leggendo in controluce rispetto alla competenza del matematico. Il matematico si occupa di numeri, figuri, teoremi, e li usa sia in astratto sia applicandoli ad oggetti sensibili. Il matematico è uno scienziato che si muove su due livelli, formale e materiale. Il fisico 22 da questo punto di vista deve fare la stessa cosa, deve prendere in considerazione le sostanze sensibili che sono gli oggetti naturali e considerare da entrambi i punti di vista, la forma e la materia. Ma allora è come un matematico? Il fisico esamina per i suoi oggetti la forma e la materia da un punto di vista essenzialmente dinamico, il fisico si occupa del movimento delle sostanze sensibili, non in forma astratta. Per il fisico la questione del rapporto forma materia interessa esclusivamente dal punto di vista del movimento delle sostanze sensibili, la generazione e la corruzione. Il fisico quindi deve prendere in considerazione le cause delle sostanze sensibili assunte da questo punto di vista dinamico. Le componenti causali che determinano la generazione e la corruzione sono delle sostanze sensibili? Se ne occupa nel capitolo terzo. Lezione 5 di 25 Libro Secondo, Capitolo Terzo Per Aristotele non esiste una scienza universale, ogni singola scienza verte su un unico genere di oggetti, oggetti che condividono una medesima proprietà, nel caso della Fisica il movimento degli enti naturali. Ogni scienza dispone di principi propri, diversi da quelli che appartengono alla matematica, alla biologia. Per Aristotele esistono soltanto alcuni principi comuni a tutte le scienze che egli chiama assiomi, non sono specifici e propri di nessuna scienza in particolare, sono primi principi, fondamentali, comuni, il più importante è il principio di non contraddizione, non enunciato nella Fisica, ma presente in altre opere. Non è possibile che una cosa possieda la stessa proprietà e non la possieda allo stesso tempo. E’ impossibile che la stessa cosa sia e non sia allo stesso tempo. Pois si passa all’analisi del problema delle cause “Fatte queste distinzioni, bisogna……” pag. 195-197 Sono due i motivi per cui l’indagine delle cause sono essenziali, primo perché è un principio di ordine generale che si conosce quando si conoscono le cause primarie, la ricerca delle cause coincide con la concezione aristotelica della conoscenza delle cause, scire per causas,. è vero in generale e non solo per la fisica, per tutte le 23 discipline scientifiche, nel caso della fisica questa esigenza è ancora più urgente perché si tratta di cogliere il perché o la causa del venire ad essere e del perire, e del loro mutamento naturale. Nell’ambito della fisica la caratteristica principale è il movimento, è inevitabile che per comprendere questi processi si debbano conoscere le loro cause. Quali e quante sono queste cause? La prima è evidentemente quella che la tradizione posteriore chiamerà la causa materiale, Aristotele non si esprime mai in questo modo. Una cosa di cui la cosa è fatta. Ciò che bisogna tenere a mente nel momento in cui si affronta la teoria della cause di Aristotele è la distinzione tra i perché di qualcosa e delle cause, come origine e produzione. Quando parliamo di cause, dalla modernità in poi saremmo indotti a considerare la causa solo come causa efficiente, la responsabile di un certo effetto. La causa efficiente, la sua esplicazione si può esprimere anche nei termini di un perché, ma i perché hanno a che fare con elementi che sono intrinseci alla cosa stessa. Questo è il punto di maggiore distanza con la modernità, il fatto che il perché appartiene alla cosa stessa, le cause della modernità sono esterne alla cosa stessa. Le cause secondo Aristotele sono in qualche modo il software della cosa, ci spiega perché quella cosa funziona in un determinato modo. Perché aristotele sviluppa una concezione della causalità di questo genere, difende l’idea che ciascun disciplina scientifica gode di una sua autonomia. La fisica, per essere autonoma, deve individuare le cause delle sostanze naturali come interne al mondo fisico. Le sostanze sensibili in movimento con cause interne, questo è un materiale unitario su cui indaga la Fisica. Aristotele vuole evitare un intreccio di discipline. Deve disporre di un unico genere di oggetti, di principi propri, ma deve svolgersi tutta al proprio interno. Questo spinge Aristotele ad elaborare una concezione della causalità nei termini di un’assoluta inerenza nei meccanismi di spiegazione della causa. Ecco perché la materia è una causa, non perché è responsabile di una produzione, ma poiché tutte le sostanza naturali sono fatte di materia. Perché la statua è rigida, resiste al contatto? Perché è fatta di una certa materia. Il primo dei perché che Aristotele prende in considerazione è questo. La seconda causa è quella formale, a proposito della forma ci dice che corrisponde alla definizione di una certa cosa, ha parti che emergono nella definizione della cosa di cui è forma. Da un punto di vista ontologico, che descrive un certo oggetto, la forma dell’oggetto è la sua disposizione, definizione. Di un tavolo, il legno è la materia, la rettangolarità ad esempio è la forma. E’ una disposizione, non solo della materia, è anche una descrizione di ordine funzionale, la forma esprime il modo in cui una certa materia deve essere disposta per adempiere a una certa funzione. Occorre che oltre a questo un tavolo 24 funga da tavolo, deve possedere delle caratteristiche che sono insite nel suo concetto di forma. Da un punto di vista logico qual è la natura della forma? Come si può parlare della forma di un oggetto, visto che non esiste indipendentemente dall’oggetto stesso? La forma esiste in applicazione con una materia, dove si può trattare della forma diversamente dalla materia, solo dal punto di vista del linguaggio, come funzione. Esiste da sé la forma? No, esiste sempre come inerente a una certa materia. Nella definizione la forma è tuttavia esibita e pronunciata autonomamente dalla materia. La forma non è mai separata dalla materia, ma se ne può parlare attraverso la sua definizione. Da un punto di vista logico si può distinguere la causa materiale dalla causa formale, queste due componenti esistono sempre e solo nella dimensione di sinolo. Parlare delle cause come dei perché delle cose è finalizzato precisamente a parlare distinguendo cose che nella realtà costituiscono una cosa unica. Il tavolo è una cosa unica, ma quando se ne parla si può operare una distinzione dei suoi elementi. I perché di un tavolo sono modi del linguaggio per distinguere determinati aspetti e concetti di un oggetto unico. E’ un modo efficace per esplicare l’oggetto. Le cause di un oggetto sono i perché dell’oggetto stesso, sono legate all’inerenza immediata di queste cause all’oggetto in questione. Materia e forma hanno questa unica caratteristica in funzione, descrivono un oggetto in termini statici e non dinamici. Non è ancora presente il concetto di movimento, con forma e materia si dice come staticamente e descrittivamente è fatta una sostanza sensibile. Le altre due cause descrivono una concezione dinamica. La forma si può esprimere attraverso il linguaggio. Con la vista si vede la forma in una materia, la forma si può isolare solo nella definizione, cioè attraverso le parole. Il linguaggio è uno specchio neutrale degli oggetti di cui parla, almeno nella filosofia antica. La forma non si vede mai isolata dalla materia, nemmeno in una rappresentazione all’interno di un quadro. La materia è insopprimibile nel sinolo. La sostanza è l’unità ontologica fondamentale, è sempre fatta di materia e forma. Questi aspetti separati possono sussistere solo a livello logico. Il linguaggio per Aristotele non interviene modificando le cose di cui parla, riflette la definizione e l’essenza delle cose. Le essenze e le forme non si vedono, si vedono gli oggetti come composti, solo su un piano artificiale, quello del linguaggio, si può parlare di aspetti distinguibili come forma e materia. La descrizione può derivare solamente dalla proposizionalità. Finora si è parlato di una natura statica, la materia e la forma che la dispone. Le due restanti cause esprimono invece un punto di vista dinamico che è tale da spiegare i processi che la caratterizzano, generazione e corruzione. 25 La causa efficiente diventa l’unica nozione di causa nella modernità, kineo muovere non è efficiens, è causa motrice, la causa che suscita il movimento, kinesis, dove si intendono anche la generazione e la corruzione, nel senso di ogni forma di processualità che coinvolge la sostanza. Aristotele poi individua la direzione della causa motrice, cioè ciò da cui prende avvio un processo che condiziona la sostanza, a partire da cui, il punto di origine. Si tratta di una descrizione dinamica dei processi che investono la sostanza. L’ultima causa anch’essa dinamica ci indica il punto d’arrivo della processualità che investe una sostanza. Anche la materia è ciò da cui deriva la sostanza, ma si tratta di semplice composizione, nella causa motrice è ciò a partire da cui si innesca la generazione della sostanza, una sorta di moto da luogo, una distanza anche di ordine temporale, che si colloca prima dell’avvio di un processo, la materia invece è contemporanea, è ciò di cui la cosa è fatta. E’ causa chi ha deliberato, e poi si agisce in un certo modo, c’è un prima e un poi. E’ causa il padre del figlio, è un punto di partenza, c’è qualcosa che produce e qualcosa che è prodotto, ciò che fa cambiare e ciò che cambia. Poi c’è l’in vista di cui. Perché uno passeggia? Per essere sano, e con questo si spiega la causa finale. Sono cause della salute il dimagrimento etc. Tutto è in vista del fine. L’ultimo genere di causa è il fine verso cui tende il processo che si è innescato a partire dalla causa motrice, la chiusura di un processo, in quale punto? alla fine, la piena realizzazione, telos in greco. Qual è la simmetria delle quattro cause, due esprimono la staticità, due il dinamismo. Si può aggiungere che non solo esprimono un dinamismo ma indicano l'inizio e la conclusione di un processo. Il secondo aspetto è che c’è una certa asimmetria tra le quattro cause. C’è la materia e le altre tre cause. Le ultime tre cause sono forma, causa motrice e fine. La causa motrice è sempre la forma a partire dalla quale si innesca un processo verso un fine e quando il fine si realizza si ottiene la stessa forma, forma causa motrice e causa finale sono la stessa forma, concorrono alla stessa cosa. Quando dal padre si genera il figlio, la forma dalla causa motrice e fino alla realizzazione permane come definizione e si mette all’interno di un ciclo di mantenimento della forma. Privazione come assenza che si sta per mettere in dispiegamento movimento e forma finale. La materia in questo caso è sostrato e accoglie questo processo e svolgimento o compimento come fine. Un’altra asimmetria si ha su questo piano: tre delle quattro cause sono momenti diversi della stessa cosa, la forma. La materia invece è a parte e funge da sostrato di movimento. E’ sostrato che ospita processi. C’è un ultimo elemento di asimmetria: che differenza c’è tra la causa formale e la causa finale? La causa motrice è anch’essa nella condizione delle altre due? Il padre genera il figlio perché lui stesso è uomo. E’ sempre la forma uomo ma vista al 26 principio del processo. Ma nel caso della causa motrice o efficiente c’è un dato mancante rispetto al meccanismo che Aristotele cerca di mettere in atto. Ma la forma come ci arriva poi alla generazione? Il motore esige non soltanto un medium per la trasmissione della forma, ma esige anche un portatore o un motore esterno, lo sperma paterno dà avvio alla generazione del figlio, ma oltre allo sperma c’è il padre che lo produce e la madre che fornisce l’utero materno. C’è bisogno anche di condurre un medium. A produrre una causa è l’architetto e la sua scienza, l’architettura, perché contiene la definizione di causa. La causa motrice è duplice, ha bisogno di una definizione per produrre e poi ha bisogno di un portatore. La dimensione della causa efficiente è sempre eccedente rispetto alle altre due. Richiede un agente perché la forma possa dare avvio al processo di generazione. Il fine realizza sé stesso, la forma è inerente e immanente alla sostanza, si può dire lo stesso della causa motrice? In un senso si. In potenza c’è la forma come ciò a partire da cui, ma occorre un motore che ne permetta l’attualizzazione. Dire causa efficiente significa dire causa produttiva, in realtà Aristotele parla di causa motrice perché in essa si distinguono due aspetti che sono numericamente distinti, la forma che è forma alla produzione della sostanza e c’è una dimensione motrice, ciò che porta quella forma a compimento, senza agente la forma non può realizzarsi. C’è un’eccedenza della causa efficiente. La materia è un perchè interno alla cosa, ma gli agenti come cause motrici restano esterni, tranne che la forma in potenza, ad esempio nello sperma che potrà generare la forma uomo una volta portata a compimento. La causa efficiente sembra l’unica che sembra rinviare all’esterno, le altre parlano di qualcosa che descrive un determinato oggetto, il concetto di causalità si sposta nella modernità sull’esterno della cosa stessa, qualcosa che la precede che la legittima. Nascerà allora un problema di inferenza logica che condiziona la teoria della causalità di Hume. Ha un senso questa asimmetria della causa efficiente che non si esaurisce nella cosa stessa, ma che rimanda a qualcosa che è fuori? Il senso è il limite per il quale, per quanto Aristotele si batta strenuamente per sostenere che le diverse scienze sono tra loro autonome, questo non avviene per tutti i tipi di cause. Ce n’è una che non si spiega all’interno del mondo sensibile. Da dove deriva? Se tutto il mondo fisico è affetto dal movimento, quale sarà la causa di questo movimento? Non può essere la causa interna, qualcosa che non si muove, questo rimanda al primo motore immobile, sostanza sovrasensibile e metafisica che per Aristotele è la causa del mondo fisico. La causalità efficiente eccede. Il motore non è spiegabile all’interno della cosa di cui è motore, e pone sempre un problema di relazione 27 con il di fuori. Quando si va fuori dalla cosa, bisogna chiedersi in che relazione il fuori e il motore si trovano con la sostanza che prima viene descritta solo in termini formali e materiali. Ma la metafisica è una semplice cosmologia o è complementare alla Fisica? Il motore immobile è un oggetto della Fisica? No. E’ immateriale, è immobile, e non ha potenza, è solo atto. La Fisica individua il motore immobile già nel libro VIII. In ultima analisi l’unico modo per spiegare il movimento del mondo naturale è ricorrere a un principio esterno al mondo naturale. La causa motrice ha sempre questo carattere di eccedenza. Materia, movimento, potenza rendono tutto distinguibile dal Primo motore immobile. Ogni cosa esistente giunta a maturità procrea. Una catena infinita. Nell’analisi delle cause si parte sempre dall'oggetto realizzato, a posteriori, ci si occupa di un oggetto e dei suoi perché, non importa se interamente compiuto o finalizzato. La funzione di motore del cosmo è indiretto, se si postula che il motore immobile è pensiero di pensiero. Ma si può veramente definire teologia la metafisica di Aristotele? Ci sono diversi tipi di causa e non sono esclusivi tra di loro, si intrecciano nell’esplicazione dello stesso oggetto. Il bronzo è la materia della statua, la statuaria come scienza è la causa motrice. Alcuni eventi possono essere tra loro invertiti e porsi come causa l’uno per l’altro, ad esempio il fare fatica e la robustezza. Fare fatica con il fine di irrobustirsi, la robustezza è causa del fare fatica, ma il senso è diverso. “Tutte le cause finora trattate…apparente” pag. 197-199 Da una parte è causa la materia, come ciò da cui, la componente costitutiva e materiale delle sostanze e da un’altra parte la forma, come ciò in cui consiste l’essere, la causa motrice come seme e la causa finale, verso cui si protende. “Ecco dunque il numero e la specie.. In ciascun genere di causa vi sono delle catene causali, ci si prepara all’idea che all’interno di ciascun genere di causa vi sono delle cause prime. C’è sempre una catena che risale fino a una causa prima, ma non è la stessa per tutte le cose. Vale però per la causa motrice, che è metafisica, il motore immobile. La forma uomo per la specie uomo ad esempio si può considerare come la causa prima. Prime sono tutte quelle forme che esauriscono la forma di una specie. Il sistema dell’analisi delle cause è plurale e non gerarchico. Quali delle quattro 28 cause possono prevedere come realtà prima un principio universale? Il motore per la causa efficiente e la causa materia come materia prima. La causa formale e il fine non sono riconducibili a cause prime universali, si legano all’unicità che si dà nella molteplicità. La causa motrice e la materia esprimono una dimensione quantitativa del mondo fisico, mentre la causa finale e la causa formale esprimono una qualità che non è riducibile a qualcosa di superiore. Il prevalere di una dimensione qualitativa nella teoria delle cause sarà uno dei punti di maggiore contestazione da parte di Galilei. La pluralità del mondo fisico non si deve poter spiegare con una pluralità di qualità che non è esprimibile attraverso i rapporti quantitativi della matematica. Causa si lascia intendere come legge di natura, esprime una norma regolativa ed esplicativa rispetto ai fenomeni e ai processi che esistono in natura, allo stesso modo le cause hanno una dimensione epistemica e soggettiva, hanno a che fare con il modo in cui il soggetto articola la conoscenza e la spiegazione del mondo naturale. La conoscenza delle sostanze è strutturata su un modello esplicativo di ordine causale. Parlando di cause si parla di norme oggettive e di modi di conoscenza che il nostro intelletto adotta o di cui dispone per conoscere le cose. I nostri meccanismi epistemici rispecchiano un sistema normativo che esiste in natura. Per Aristotele il meccanismo causale che regola la natura regola anche il nostro intelletto, siamo parte della natura. Capitoli seguenti Differenza tra fortuna e spontaneità. Fortunato è un caso che sfugge a un ordine causale diretto e che dipende dall'azione di un essere pensante. Spontaneo sfugge a un ordine causale diretto ma non dipende da un ordine razionale. Se si va al mercato per fare la spesa, c’è un ordine causale, si incontra un debitore e si chiede una restituzione, è avvenuto un evento fortunato, l’ordine causale stabilito era un altro. Il fine ottenuto è diverso da quello prefissato. Colui che pianifica il fine è un vivente razionale e allora si parla di fortuna. Se si va per strada e si viene colpiti da una pietra, non c’è un ordine causale preciso, l’ordine della causa e fine per andare a casa era diversa, ma se vengo colpito da una pietra c’è un’interferenza tra un ordine causale e un altro, in questo caso si parla di spontaneità. Il caso costituisce un esempio di interruzione di un ordine causale, ma secondo Aristotele nulla può avvenire senza causa. Fortuna e spontaneità hanno delle cause anche se non previste. Si ottiene la restituzione del debito per una causa, il debito era comunque stato fatto, se si stacca una pietra è perché si stacca dalla montagna, anche se non era previsto nell'ordine Il caso allora privo di un ordine causale non può esistere. 29 Altro caso di cui si occupa Aristotele: capita che la vacca generi invece di un vitello la pecora e che la pecora generi un vitello. Qui si è interrotto l’ordine causale che è interno alla specie, ma lo si considera un caso di un mostro, un prodigio. In alcuni casi può essere che la materia sia difettosa ed ostacoli il pieno compimento della forma. La forma non può mai essere imperfetta, dunque è la materia che impedisce la realizzazione ben compiuta. Nel caso della fortuna e della spontaneità perché l’ordine delle cause non funziona? Come è stato possibile che un fine non prefissato si verifichi indipendentemente dalla causa motrice poiché di fine se ne aveva un altro: in questi casi non c’è nessun sovvertimento dell’ordine causale. Ciò che capita è che si possono incrociare ordini di cause diverse. Le azioni che si producono anche nel caso della fortuna o della spontaneità sono necessitate dalle loro rispettive cause. Sono ordini causali diversi che vengono a mescolarsi, e si producono fini diversi inizialmente non previsti. La causalità mantiene il suo dispiegamento, il suo valore e la sua universalità. Aristotele vuole depotenziare qualunque minaccia alla struttura causale della natura, non può esserci nulla che infranga la necessità dell’ordine causale, quindi vanno minimizzati i casi fortuiti. Il caso come assenza di causa non esiste, fortuna e spontaneità non sono eventi privi di causa, ma dipendenti da altre cause inaspettate; infine i mostri dipendono da un’alterazione della materia. La materia accoglie la forma deformando l'impostazione. La spontaneità non dipende da un agente razionale. Per esempio una pietra che cade. Lezione 6 di 25 Libro Secondo. Capitolo Settimo pag 219 “Ribadiamo che ci sono delle cause…la materia…identico a queste…di seguito” 219-221 La forma che rappresenta il padre si trasmette nella forma che rappresenta il figlio. La causa motrice richiede un agente esterno. 30 Aristotele fornisce un’anticipazione, il meccanismo di spiegazione causale riguarda gli enti naturali, perché riguarda tutte le cose che nel far mutare mutano esse stesse, riguarda cose che sono tutte in movimento. In altre parole i perché e le cause a che servono? Intervengono per spiegare dei movimenti. Questo non vale per le cose immobili poiché non sono soggette a nessun tipo di movimento, non hanno bisogno di cause come per gli enti naturali, queste cose non sono oggetto della fisica, fa riferimento alle sostanze sovrasensibili che fungono da cause del movimento del mondo sensibile. Questo tipo di sostanze resta fuori dall’indagine fisica. Qui Aristotele introduce tre tipologie di oggetti, dice che ci sono le cose immobili, le cose mobili ma che non periscono e le cose che periscono. Cose mobili che in quanto mobili ricadono nell’ambito della fisica ma che non si generano e non si corrompono, sostanze sensibili ma eterne, non soggette a corruzione e generazione, sono fatte di materia talmente sottile, l’etere, sono gli astri. I tre ambiti di studio sono i seguenti: da un parte un sapere che si occupa di sostanze immobili, poi la fisica che si occupa di sostanze mobili ma eterne, come astri e cieli, la cosmologia come branca della Fisica e infine il terzo ambito di cui si occupa la Fisica propriamente detta. I perché che sono quelli che riguardano gli oggetti della fisica, la materia, la causa motrice, la causa finale, la forma. “Due sono i principi motori:l’uno…….ciascun essere” pag. 221 Ci sono due tipi di principi del mutamento naturale, uno non è naturale l’altro si. Primo, tutte le cose naturali sono affette da mutamento e bisogna trovarne la causa, ce ne sono due tipi, un tipo di causa non è naturale, non condivide la stessa proprietà di tutte le sostanze naturali. c’è una causa fuori, il responsabile ultimo del movimento del cosmo, il primo mobile. Poi c’è un principio di movimento che è naturale ed è rappresentato precisamente dalle cause motrice e finale con cui si realizzano le sostanze sensibili. La sostanza tende a realizzare una certa forma, ma di per sé non si muove, è per gli individui, nel momento in cui la forma funge da causa motrice e da causa finale che c’è movimento. Nel momento in cui una causa descrive la sostanza è statica, ma questa stessa forma quando nella generazione dell’individuo contenuta nello sperma materna suscita la nascita del figlio, nella sua tensione verso una realizzazione, allora si può dire che anche la forma si muove. Causa motrice, formale, finale rinviano alla nozione della forma di una cosa, ma ne esprimono tre stati o condizioni diverse, due condizioni mobili e una statica, poi c’è la materia. Di tutto ciò dunque si deve occupare lo studioso della natura. 31 La natura è regolata teleologicamente, c’è un finalismo, e la natura è regolata da una condizione di necessità. Queste due nozioni possono apparentemente essere caratterizzate da una contraddizione. Il finalismo ci fa pensare che tutto ciò che avviene in natura è proteso al raggiungimento di un fine, normalmente una prospettiva teleologica è associata all’idea di un disegno intelligente, creazionista ad esempio. Normalmente la pianificazione intelligente induce ad identificare il fine che viene posto come tale nel Bene. Quando si parla invece di necessità si ha in mente una prospettiva deterministica, s’intende l’idea che le cose che avvengono non sono protese ad una fine ma sulla base di una legge o necessità che impone che le cose si svolgono in un determinato modo. Libro Secondo, Paragrafo Ottavo “Bisogna in primo luogo dire….per necessità..non regge…secondo natura…prodotti di natura” pag. 223-227 Esempio di trattazione endoxastica delle opinioni dei predecessori. nell’introdurre la questione del finalismo e della necessità, Aristotele interroga nuovamente i predecessori, tutti risalgono all’ultima causa, cioè la necessità, tutti hanno ritenuto che esistono dei meccanismi di necessità che regolano i processi naturali. Hanno posto dei principi come caldo e freddo da cui derivano determinate conseguenze, per esempio i presocratici, ad esempio Eraclito ed Empedocle, le cose esistenti sono l’esito di processi di trasformazione dei quattro elementi. Eraclito pensa che i quattro elementi fondamentali si possono trasformare gli uni con gli altri in base a rarefazione e condensazione, dal fuoco che con la fiamma emana calore deriva l’aria, assottigliamento del fuoco stesso, dall’aria per condensazione si produce l’acqua e con ulteriore condensazione l’acqua diventa terra. Sulla base di questo meccanismo naturale del tutto necessario e non dipende da nessun disegno, si può spiegare l’esistenza di tutte le cose naturali. La natura sulla base di un ricorso a leggi meccaniche. Poi Aristotele dice che anche se menzionano un’altra causa, questa viene appena sfiorata. poi altri filosofi come Emepdocle e Anassagora, che parlano di Amicizia e Discordia, o il Nous. Secondo Aristotele, anche Empedocle e Anassagora riconoscono la mescolanza dei quattro elementi, ma sono legati all’interazione di due forze, philia e neikos, Anassagora addirittura a un principio ordinatore originario. Anassagora dice che ci sono i processi naturali che si basano su leggi necessarie e regolano unione e frammentazione, ma c’è un intelletto che regola 32 questi processi secondo intelligenza. Aristotele dice che il limite di queste teorie è che questi filosofi non si sono addentrati nella spiegazione di come avvengono questi fenomeni. La natura invece si articola secondo processi meccanici e non intelligenti, le cose avvengono sulla base di leggi meccaniche. Non hanno riferimento al fine. Dove interviene il Nous dovrebbe intervenire un principio intelligente che stabilisce un fine. Hanno previsto una pianificazione intelligente. L’opposizione tra finalismo come intelligenza e necessità, semplice forza meccanica. Aristotele vuole risolvere questo problema. Perché non dovrebbe semplicemente essere tutto necessario? senza che questo presupponga un fine. Le cose nascono e crescono per necessità e prive di fine, poi l’uso diviene concomitante. Quando tutto è accidentalmente associato come proprio se fosse in vista di qualcosa allora le cose sopravvivono. Si tratta di una sorta di proto selezione naturale in senso darwiniano. Perchè il modo in cui siamo fatti è finalizzato a un dato scopo e non pensare il contrario, cioè che alla base c’è la spontaneità, una serie di eventi che non sono al di fuori dell’ordine causale ma che si pongono in un ordine causale alternativo e che non dipendono da un agente naturale. La natura meccanica si muove tramite un ordine causale meccanico, e succede che siccome si è rivelato che questa costituzione che la spontaneità ci ha attribuito ha una sua funzione allora si pensa in relazione ad un fine. Altrimenti le cose periscono, come dice Empedocle, i vitelli dalla faccia umana, che muoiono subito perché non sono adatti alla sopravvivenza. E’ l’uomo che agisce in vista del fine, perché pensare che è la natura ad operare come pensiamo noi? Forse avviene che la natura non pianifica nulla e le cose avvengono su base spontanea, senza deliberazione razionale, e poi quelle fra le cose di natura che spontaneamente realizzate sono funzionali alla sopravvivenza rimangono. Quelle incompatibili con l’ambiente spariscono. Proprio l’associazione accidentale tra la spontaneità della natura e il buon adattamento all’ambiente fa sì che noi che ragioniamo in termini teleologici prestiamo alla natura uno stesso modello di comportamento. Ma poi Aristotele che ha appena avanzato questa tesi per ragioni argomentative respinge interamente questo approccio. Plotino si pone la domanda se la natura è retta da una provvidenza ed un fine e risponde negativamente, l’Uno genera necessariamente e non pensa. La generazione delle cose è un fatto di semplice necessità. Plotino dice che nella Natura non ci sono fini né menti che hanno pianificato, ma siamo noi ad attribuire alla natura dei fini come se ci fosse stato un saggio che ha pianificato. Ma se la Natura opera nella base della spontaneità come è possibile che le cose funzionino così bene? Plotino dice che questa domanda è stupida, se 33 la natura non avesse un buon funzionamento l’uomo non esisterebbe per porsi queste domande. Ma è impossibile che ci sia esclusivamente la spontaneità della natura, infatti tutte le cose che sono per natura vengono ad essere o sempre o perlopiù. La semplice spontaneità non può garantire la regolarità della natura tale per cui in natura certi fenomeni si verificano su una base regolare, non è prevista l’eccezione, invece la spontaneità è essenzialmente eccezione. Aristotele parla di regolarità della natura, la necessità intesa come assenza di intelligenza e di fine e conseguentemente come esito di una spontaneità. Ma la spontaneità è un caso eccezionale. Se la necessità della Natura è una forma di spontaneità, e se la spontaneità è un ordine minoritario, allora questa non domina la natura, perché le cose perlopiù o sempre avvengono allo stesso modo. Conferma estremamente debole del fatto che ciò che avviene sempre o perlopiù non è governato dal caso ma da una finalità intelligente. L’elemento di forzatura nella dimostrazione di Aristotele sta nel fatto che dire che la spontaneità sia il primo problema non funziona bene. Poi l'idea di una connessione tra la natura e la tecnica. Aristotele ritiene che vi sia una corrispondenza biunivoca tra natura e tecnica. La tecnica imita la natura e la riproduce, ma una volta sancita questa subordinazione della tecnica rispetto alla natura, accade che Aristotele usa l’ambito della tecnica per spiegare la natura. Per questo verso la tecnica ci permette di esemplificare degli eventi per poi spiegarli sul piano della natura. E’ la tecnica eventualmente che riproduce determinati eventi naturali. Non si può affermare questo. Non si può spiegare la natura mediante la tecnica. Si possono solo supporre delle analogie. Non si può ritenere che tutti i processi che si possono attuare tecnicamente possono poi valere a livello naturale, altrimenti sarebbe dire che la tecnica ci insegna come funziona la natura. Ma se la tecnica è subordinata questo non può darsi. Estrapolare il meccanismo di funzionamento finalistico che appartiene all’ambito della tecnica e riportarlo al mondo naturale è debole e illegittimo, tuttavia questo è l’argomento di Aristotele. A certi animali non si riconosce l’intelletto, ma si vedono operare in vista di un fine, come le formiche, le api etc. Anche in assenza di una cognizione, in viventi non umani privi di intelligenza ci sia comunque una determinazione finalistica. Il finalismo appartiene anche alla sfera non umana, naturale ma non intelligente e quindi appartiene alla totalità della natura. Non ci sono le condizioni per estrapolare dal minore ciò che avviene nel maggiore, dalla tecnica alla natura. Assumere quindi il finalismo della natura tramite l’argomentazione della tecnica è un argomento debole, perché la tecnica è una sottospecie della natura. 34 il movimento della natura è eterno e per muovere la natura deve esserci un motore eterno imperituro che è sempre in atto. Tutto avviene su base necessaria, sulla base della spontaneità ma ci può essere concomitanza tra eventi spontanei. Libro Secondo, Capitolo Nono “L’essere necessario esiste…qualcosa “ pag 233 Bisogna distinguere tra due categorie di evento necessario: evento che risponde a una legge meccanica, o evento che dipende da un’ipotesi, una necessità subordinata a un’ipotesi. Polemica contro l’atomismo, per cui le leggi fondamentali della realtà sono ispirate a una forma di necessità priva di ordine e provvidenza, che dipende dalle proprietà materiali degli atomi. Si intende la necessità come le mura della città che sono necessarie perché fatte di pietra e sono pesanti e vanno in basso, poi la terra più leggera è sopra, poi il legno che fa le impalcature perché è ancora più leggero e sta sopra. Si ha il muro che dipende esclusivamente da processi meccanici. Che necessità è questa? E’ materiale, le mura sono state ritenute tali non per il peso ma per proteggere i cittadini. la necessità delle mura della città dipende da un fine. C’è una necessità che determina degli eventi di natura ma orientata verso un fine. Il muro è costruito in base a principi di necessità ma con il fine di proteggere la città. A un livello puramente meccanico la necessità è innegabile ma è sempre sottoposta all’orientamento verso un fine. Se si vuole fare un oggetto capace di tagliare il legno, va fatta di un materiale resistente altrimenti non adempie allo scopo per cui è progettato. C’è una necessità naturale connessa a un componente materiale, è sempre subordinata al fine. La necessità non è assente dalla natura ma è ipoteticamente subordinata a qualcosa che la sovrasta, ed è il fine. La natura è retta da fini che ne orientano la processualità, ma poiché la natura è fatta di materia è chiaro che esiste al proprio interno una componente necessaria. Tenta tuttavia di far prevalere la dimensione teologica sulle leggi meccaniche. Il fine è sempre prevalente, ciò che governa in quanto prodotto e determinato da un’intelligenza. Anche in questo contesto Aristotele procede secondo una modalità argomentativa come quando ha parlato di tecnica e natura. Nel rapporto tra finalismo e necessità, da una parte tende ad esaltare la totalità della natura come modello standard, e quindi la scienza fisica, le cause i procedimenti, per cui i singoli enti naturali sono 35 subordinati a uno schema generale, dove si trova l’eternità e l’universalità, ma dall’altra parte si tende ad esaminare il modo di funzionamento del caso individuale, vedendo come si rapporto l’ente nella sua necessità strumentale e il fine intelligente. L’uomo propone a livello macro logico questo rapporto di utilità, dell’in vista di cui. L'individuo non può determinare a ritroso l’universale essendo una parte della totalità. L’individuo è comunque sistematicamente sottoposto alla specie universale, e non può fornirci spiegazioni che siano retro applicabili all’universale. Nell’ottica di Aristotele è proprio quello che avviene in virtù di un’esigenza superiore per mostrare che la natura non funziona sulla base della semplice necessità, senza intelligenza ed ordine. Le cose accadono in base a fini prestabiliti, sia Dio, sia un Intelletto. Sono fini immanenti la natura stessa, eventualmente non hanno bisogno di un Dio provvidente, la natura è eterna e quindi non l’ha predisposta nessuno. Perché l’applicazione di uno schema razionale alla natura, al tutto, al cosmo? Si potrebbe pensare che il finalismo della natura dipenda da un disegno intelligente. Per il pensiero classico il punto fondamentale è ammettere un ordine razionale della natura, perché concepita come fondo di riflessione per ogni valutazione che si può fare sulla comunità degli individui umani. Solo se la natura è razionale allora si può trasferire questa razionalità sull’umano. In questo senso può spiegarsi l’imitazione della natura. Se la natura non ha un ordine razionale con determinati fini come si p

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