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CAPITOLO 12: IL PREGIUDIZIO 1. DEFINIRE IL PREGIUDIZIO Il pregiudizio è un atteggiamento, e come tale ha tre componenti: affettiva, cognitiva e comportamentale. Il pregiudizio si definisce come un atteggiamento ostile e negativo nei confronti dei membri di un gruppo semplicemente perché appartengono...

CAPITOLO 12: IL PREGIUDIZIO 1. DEFINIRE IL PREGIUDIZIO Il pregiudizio è un atteggiamento, e come tale ha tre componenti: affettiva, cognitiva e comportamentale. Il pregiudizio si definisce come un atteggiamento ostile e negativo nei confronti dei membri di un gruppo semplicemente perché appartengono a quel gruppo. Il processo del pregiudizio è biunivoco e vede una maggioranza che prende di mira una minoranza e viceversa. Nonostante alcune ricerche hanno dimostrato che alcuni pregiudizi sono in diminuzione il pregiudizio continua a esistere. Alcuni pregiudizi si basano sulla credenza di alcune persone che la libertà di un altro gruppo danneggi quella del proprio e per questo reagiscono con paura e non tolleranza rispetto ai membri dell’altro gruppo. A volte i pregiudizi portano a manifestazioni esplicite di violenza, a volte invece si manifestano in modo più sottile e viene riflesso nel modo in cui processiamo le informazioni. 1.1 Gli stereotipi: la componente cognitiva La categorizzazione è un meccanismo adattivo e tipico della mente umana. A volte però le categorie sono il primo passo verso la creazione di uno stereotipo. Lo stereotipo è una generalizzazione condotta su un gruppo di persone, in cui vengono attribuite caratteristiche identiche a tutti i membri del gruppo senza tenere conto della varietà dei membri. Sviluppiamo gli stereotipi in base alle nostre esperienze e cosa impariamo dalla cultura e dai media. Una volta formati gli stereotipi resistono al cambiamento, anche quando sopraggiungono nuove informazioni. La stereotipizzazione non è necessariamente emozionale né induce necessariamente a commettere abusi intenzionali. E’ un modo di semplificare un mondo complesso (Allport - “la legge del minimo sforzo”). Quando lo stereotipo ci nasconde le differenze individuali all’interno della classe diventa scarsamente duttile e potenzialmente dannoso e offensivo. Inoltre, gli stereotipi danneggiano il bersaglio. In generale possiamo dire che alcuni stereotipi se accurati sono utili e adattivi, mentre alcuni stereotipi che non riflettono la realtà possono anche essere pericolosi. Alcuni stereotipi sono positivi e ritengono (anche sbagliando) che una persona che appartiene a una determinata categoria ha caratteristiche positive anche quando ha molte caratteristiche negative. Anche questo tipo di stereotipo ha degli effetti negativi: è un rischio per chi usa lo stereotipo pensare che quella persona ha caratteristiche positive che magari non ha ma anche la persona che viene categorizzata sa di essere vista come parte di un gruppo e non come individuo. Un effetto di questi stereotipi positivi è il “sessismo benevolo” ovvero la credenza che le donne siano migliori degli uomini solo però per qualità prettamente femminili, come prendersi cura dei figli e saper cucinare. Si distingue dal “sessismo ostile” ovvero la credenza che le donne siano inferiori agli uomini. I due tipi di sessismo sono fortemente correlati. In conclusione, sia gli stereotipi positivi che negativi, legeittimano la discriminazione e servono a giustificare i ruoli sociali tradizionali e stereotipati in cui molte persone si sentono imprigionate. 1.2 La componente affettiva del pregiudizio: le emozioni La componente affettiva dell'atteggiamento rende la persona con pregiudizio resistente al ragionamento: le spiegazioni logiche non hanno alcun effetto sulle emozioni. Allport, nel suo libro “La natura del pregiudizio” sottolinea come la componente emotiva del pregiudizio, basata su emozioni negative, può sopravvivere anche quando una persona è consapevole in modo cosciente che quel pregiudizio è sbagliato. Alcuni studiosi sostengono che gli stereotipi si possano classificare secondo due dimensioni nella percezione personale del gruppo: il calore umano la competenza Es. anziani = persone calorose ma non competenti, persone ricche = competenti ma non calorose Siamo portati ad ammirare quei gruppi che consideriamo calorosi e competenti (es. classe media) e a disprezzare i gruppi che consideriamo non calorosi e non competenti (es. senzatetto). Il pregiudizio è molto difficile da estirpare e viene rafforzato da quelle informazioni che tratteniamo in via preferenziale per confermarlo. 1.3 La componente comportamnetale: la discriminazione Il pregiudizio spesso porta alla discriminazione definita come un’azione ingiustificata negativa o dannosa verso i membri di un gruppo semplicemente a causa dell’appartenenza a quel detrminato gruppo (può essere sia implicito che esplicito). Nonostante la maggior parte delle forme di discriminazione esplicita a scuola o sul posto di lavoro (ma anche nella magistraura) siano illegali, gli stereotipi e i pregiudizi possono infiltrarsi a livellocomportamentale in modo potente (es. tendenza ad assumere più un uomo che una donna in una azienda). Questo fenomeno viene definito discriminazione istituzionalizzata. Il pregiudizio si manifesta anche attraverso “micro-aggressioni” o offese che alcune minoranze devono subire quotidianamente (discriminazione quotidiana). La discriminazione può entrare in scena anche quando una persona è arrabbiata o vien insultata. Il pregiudizio impiega poco ad attivarsi e una volta attivato può portare a conseguenze anche tragiche a seconda di come percepiamo e trattiamo una persona che non fa parte del nostro gruppo. 2. COME INDIVIDUARE IL PREGIUDIZIO LATENTE A causa di un cambiamento nelle regole normative che riguardano il pregiudizio, molti hanno imparato a nascondere i propri pregiudizi in quelle situazioni in cui potrebbero venire etichettati come razzisti, sessisti o omofobi oppure non sono consapevoli di avere. Per questo gli psicologi hanno sviluppato una serie di test per misurare questi pregiudizi nascosti. 2.1 Misurare i pregiudizi repressi Sono stati elaborati diversi modi per identificare i pregiudizi impliciti, ad es.: creare curriculum identici in cui varia solamente il nome del candidato grazie al quale possono dedurre informazioni sulla sua appartenenza etnica o religiosa. Il datore di lavoro americano mostra dei bias nel scegliere il potenziale candidato se per ottenere maggiori informazioni ricorre ai social media (⅓ dei casi). Nessun datore di lavoro discriminava il soggetto per l'orientamento sessuale ma per la religione sì: mostravano diffidenza verso i mussulmani scegliendo i cristiani. Jones e Sigall (1971) hanno creato un congegno, il bogus pipeline, che misura gli atteggiamenti concreti dei partecipanti, riuscendo ad eludere la desiderabilità sociale. Il bogus pipeline è una strumentazione che viene descritta ai partecipanti come una macchina della verità. In realtà, si tratta solo di un mucchio di apparecchiature elettroniche, che non vengono utilizzate per misurare alcunché. La prova dell’efficacia di tale paradigma è dimostrata dal fatto che, quando i partecipanti devono indicare i loro atteggiamenti attraverso un questionario con carta e matita (dove è più semplice dare delle risposte “socialmente giuste”), forniscono delle risposte molto meno razziste, rispetto alla condizione in cui devono indicare i loro atteggiamenti, mentre sono sottoposti al bogus pipeline (che credono una macchina della verità). 2.2 Misurare i pregiudizi impliciti Per misurare i pregiudizi impliciti (=ovvero i pregiudizi che le persone non sanno di avere) gli psicologi hanno sviluppato una scala di valutazione: la IAT, Implicit Association Test. Questo test misura la velocità delle associazioni positive e negative che le persone compiono rispetto a un gruppo target (es. se un bianco ci mette di più a formulare giudizi positivi verso gli afroamericani rispetto al tempo che ci mette a formulare un giudizio negativo ha un pregiudizio implicito verso gli afromericani). A volte le persone sono sorprese dallo scoprire di avere un determinato pregiudizio, altre volte ne sono probabilmente consapevoli ma lo nascondono bene. Una critica mossa a questo test è che in realtà non misura il pregiudizio ma a volte capta un’associazione culturale o uno stereotipo che si manifesta con una maggiore velocità di associazione. Un altro metodo per misurare i pregiudizi impliciti consiste nell’osservare come si comportano le persone quando sono sotto stress, arrabbiate o comunque non nel totale controllo delle loro inibizioni consce. 3. GLI EFFETTI DEL PREGIUDIZIO SULLE VITTIME Vediamo gli effetti dei pregiudizi sulle vittime. Un effetto dei pregiudizi sulla vittima è la dimuzione di autostima e l’interiorizzazzione di una visione di sè e del proprio gruppo come inferiore, poco interessante o incompetente. Tuttavia a volte i pregiudizi possono trasformarsi in risorse di forza, motivazione e orgoglio. 3.1 Le profezie che si autoadempiono I pregiudizi mettono in atto quello che è il fenomeno della profezia che si autoadempie. 3.2 La minaccia all’identità sociale I ricercatori definiscono minaccia all’identità sociale quei sentimenti e comportamenti attivati quando ci si rende conto di essere valutati come parte di un gruppo, mentre il venire valutati tramite stereotipi negativi legati al proprio gruppo sociale di appartenenza viene chiamato minaccia dello stereotipo. Alcune ricerche hanno dimostrato che la minaccia all’identità sociale riduce la nostra capacità di memoria di lavoro lasciandoci con meno risorse per avere buone prestazioni a causa dell’ansia generata dal dover rappresentare un intero gruppo. In alcuni casi, l’identità sociale può entrare in conflitto con alcuni stereotipi. Ci sono alcune strategie per invertire l’effetto della minaccia sociale: l’affermazione di sè = ricordarsi le qualità e le esperienze positive che ci hanno fatto sentire bravi e orgogliosi. pensare a identità sociali importanti (es. pensare di essere uno studente di una prestigiosa università). essere consapevoli dell’effetto della minaccia all’identità sociale = si attribuisce l’ansia alla situazione e non alle proprie abilità. 4. LE CAUSE DEL PREGIUDIZIO 4.1 Le regole normative Il conformismo può essere un meccanismo pericoloso se normalizza il pregiudizio. Quando in una società le norme e le credenze supportano i pregiudizi (sia in maniera implicita che esplicita) parliamo di discriminazione istituzionalizzata (= si discrimina sul luogo di lavoro, nelle istituzioni ecc. sulla base di diverse etnie, religioni ecc. portando alla normalizzazzione dell’esistenza del pregiudizio). La tendenza a conformarsi con un gruppo per farne parte (conformismo normativo) può portare le persone a comportarsi conformandosi al gruppo anche per quanto riguarda i pregiudizi: chi non li ha si comporta come se li avesse o chi li ha li nasconde. 4.2 La teoria dell'identità sociale: noi vs loro Tutti noi abbiamo un’ identità personale ma sviluppiamo anche un’identità sociale in base al gruppo a cui apparteniamo. La credenza secondo la quale la propria cultura, etnia, religione o nazione sia superiore alle altre è chiamata etnocentrismo ed è una caratteristica universale innata, probabilmente perché aiuta il gruppo a sopravvivere. Questo meccanismo si basa sulla contrapposizione di un noi (ingroup) e un loro (outgroup) che porta a fidarci dei membri del nostro gruppo e a essere ostili verso chi non gli appartiene. Questa tendenza a prediligere i membri del proprio gruppo (anche un gruppo “casuale” di estranei) viene chiamata “ingroup bias” e può portare alla discriminazione di chi non appartiene al gruppo. Un altro effetto della categorizzazione sociale è la percezione dell'omogeneità dell’ outgroup (vediamo come più omogeneo e simile l’outgroup rispetto al nostro gruppo). Le persone che sono state raramente o mai vittima di pregiudizio fanno fatica a capire cosa si provi nell’essere un bersaglio del pregiudizio. Per questo a volte non riescono ad empatizzare con loro arrivando a biasimare la vittima per la sua condizione (ipotesi del mondo giusto - la vittima ha quello che si merita - reputazione ben merita = se è in quella condizione avrà fatto qualcosa per meritarlo). Ciò comporta un’attribuzione disposizionale, e non situazionale, nei confronti della vittima. I pregiudizi supportano il senso di superiorità del proprio gruppo di appartenenza e la legittimità dell’ineguaglianza in termini di benessere, potere e status rispetto agli altri gruppi. Devine ha elaborato un modello su come funziona il pregiudizio. Secondo questo modello la maggior parte delle persone entra in conflitto con la voglia di esprimere i propri pregiudizi e il bisogno di mantenere un concetto di sé positivo (sia ai propri occhi sia a quelli degli altri). Questo richiede energia cognitiva. Dal momento che le persone sono pensate per risparmiare energia sono alla ricerca di informazioni che riescano a convincerle che c’è una giustificazione valida per avere atteggiamenti negativi nei confronti dell'outgroup. Una volta trovata le persone si sentono libere di comportarsi in maniera discriminatoria, evitando così dissonanza cognitiva (es. uso della Bibbia e dei valori della famiglia per mascherare il proprio razzismo omofobico).. 4.3 La teoria del conflitto realistico Una delle cause del conflitto e del pregiudizio è la competizione per le risorse limitate, per il potere politico e lo status sociale. La teoria del conflitto realistico sostiene che quando le risorse sono limitate (come posti di lavoro) esiste un reale conflitto tra i gruppi. La competizione si genera dai sentimenti negativi sviluppati nei confronti del gruppo contro cui si compete, e dai quali poi si passa allo stereotipo e alla discirminazione (questo aumento di pregiudizio accade particolarmente nei membri della maggioranza verso la minoranza, a causa di una percepita minaccia alla propria sicurezza, economica, di potere ecc.). 5. COME SI PUO’ RIDURRE IL PREGIUDIZIO? A lungo ci si è interrogati su come far cambiare idea alle persone con pregiudizi. Inizialmente si è cercato di educare le persone nelle scuole per far scomparire i pregiudizi, ciò però si è rilevato inutile in quanto come sappiamo ci sono diversi aspetti emotivi e cognitivi che sottostanno al pregiudizio e resistono anche contro le informazioni corrette e logiche che vengono usate contro i pregiudizi. Si è visto che l’unico effetto efficace contro il pregiudizio è il contatto con l’outgroup, non un contatto qualsiasi ma un contatto specifico. 5.1 L’ipotesi del contatto La teoria del contatto sostiene che il pregiudizio possa significativamente ridursi quando i membri dell’ingroup e dell'outgroup entrano ripetutamente in contatto (ed è stata supportata anche da molti studi in laboratorio). Un problema a questa teoria è che richiede un’esperienza diretta dell’altro gruppo. Tuttavia, si è visto che anche con il contatto esteso, ovvero sapere che un membro del proprio ò.

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