Summary

These notes cover the topic of amino acid biochemistry, specifically focusing on the metabolism of different amino acids and their roles in physiological processes. The document begins with information on ammonia concentration, the importance of urea cycle, and the relationship with protein intake. It then delves into the catabolism of amino acids, highlighting their use in gluconeogenesis and ketogenesis. Further sections detail the metabolism of specific amino acids, including alanine, serine, glycine, cysteine, methionine, and treonine. The document also explains the synthesis and degradation of various amino acids, and their importance in different biological processes.

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La concentrazione di ammoniaca fisiologica è inferiore ai 5 mM, mentre al di sopra si è in iperammoniemia. Il tessuto che più ne risente è quello nervoso, perché i neurotrasmettitori sono ammine → nausea, vomito, atassia, letargia, disorientamento, encefalopatia. La concentrazione normale di urea è...

La concentrazione di ammoniaca fisiologica è inferiore ai 5 mM, mentre al di sopra si è in iperammoniemia. Il tessuto che più ne risente è quello nervoso, perché i neurotrasmettitori sono ammine → nausea, vomito, atassia, letargia, disorientamento, encefalopatia. La concentrazione normale di urea è invece tra i 3 mM e i 7 mM. I primi segni di alterazioni del ciclo dell’urea sono accumulo di ammoniaca e di glutammina in circolo, ma comunque si accumula il prodotto a monte dell’enzima danneggiato. Tutti i deficit portano a problemi del sistema nervoso (nausea, vomito, atassia, letargia, disorientamento, encefalopatia, coma) e si prescrivono diete ipoproteiche, fenilbutirrato e benzoato di sodio per spingere per l’eliminazione di NH4+ con le urine. Con l’ingestione di proteine per via alimentare, il loro potenziale energetico viene messo da parte. Nel fegato, a seconda della condizione post prandiale, gli aminoacidi glucogenici vanno incontro a glicogenosintesi → non c’è picco insulinico perché non c’è glucosio, ma ci sono aminoacidi che possono essere convertiti in glucosio. W la glicogeno sintasi epatica (dipendente), attivabile dal glucosio-6-fosfato intracellulare anche senza insulina. In condizioni di digiuno prolungato, le proteine endogene del tessuto muscolare vengono degradate, vanno al fegato per diventare glucosio o corpi chetonici. Il glucosio viene buttato nel circolo. FINE PRIMO ESONERO Catabolismo degli aminoacidi - scheletro carbonioso “Vi vedo tutti più rilassati, ma ve lo sconsiglio”. L’ha detto col sorriso. Gesù santo. “Abbiamo 20 aminoacidi diversi. Studiamo 20 aminoacidi? NO”. Grazie Barbara. Genericamente, lo scheletro degli aminoacidi può essere utilizzato per sintetizzare glucosio e/o acetil-CoA → amminoacidi glucogenici, chetogenici e glucochetogenici. N.B. Se un aminoacido è essenziale, non serve studiarne la sintesi. I coenzimi più comuni nel catabolismo degli aminoacidi sono il piridossal fosfato (transaminazione, decarbossilazione, deamminazione non ossidativa), il tetraidrofolato (trasferimento o cessione di unità monocarboniose forma metilica, formilica e metilenica) e la tetraidrobiopterina (idrossilazione di aminoacidi aromatici - triptofano, tirosina, fenilalanina). 61 Alanina Aminoacido non essenziale, che si può ottenere dal piruvato per transaminazione, a carattere glucogenico. Serina Aminoacido non essenziale e glucogenico sintetizzato in fegato e rene in maniera importante. Si sintetizza a partire dal 3-fosfoglicerato, intermedio glicolitico che si forma dalla prima reazione di fosforilazione a livello del substrato dall’1-3-bifosfoglicerato. 1. Il NAD+ riceve gli equivalenti dal C2, che passa da alcolico a chetonico, e si forma il 3-fosfopiruvato. 2. Il 3-fosfopiruvato riceve un gruppo amminico dal glutammato, che diventa alfa-chetoglutarato, e si forma la 3-fosfoserina. 3. La 3-fosfoserina idrolizza il Pi e la 3-fosfoserina esce sotto forma di serina. La degradazione della serina avviene prevalentemente con la serina-treonina deidratasi, PLP dipendente, ma anche mediante una transaminazione sul piruvato. Il 3-idrossipiruvato viene convertito dal NADH + H+ a glicerato, questo viene fosforilato a 2-fosfoglicerato e da lui possiamo ottenere prima PEP, poi piruvato. 62 Glicina Amminoacido non essenziale sintetizzabile a partire dalla serina mediante la serina idrossimetiltransferasi (PLP dipendente). Il gruppo idrossimetilico della serina viene trasferito al tetraidrofolato per produrre N5N10 metilentetraidrofolato e otteniamo la magica glicina. L’ N5N10 metilentetraidrofolato ha un ruolo chiave nella sintesi del DNA, perché è il donatore dei gruppi metilici che permettono di convertire l’uracile in timina (dUMP → TMP). Il diidrofolato che viene a formarsi si riduce nuovamente a tetraidrofolato a opera di una reduttasi. N.B. La timidilato sintasi e la diidrofolato reduttasi sono enzimi target per le terapie antitumorali (ex. metotrexato e fluorodeoxiuridilato). La glicina, attraverso una deamminazione ossidativa, può dare CO2 e NH3, ma può anche entrare nella deamminazione ossidativa perossisomiale. L’enzima D-aminoacido ossidasi ossida il C legato al gruppo amminico, che diventa chetonico e caratterizza il gliossalato, che viene poi riconvertito a glicina con una transaminazione che sfrutta l’analina ( → piruvato). Se si accumula, il gliossilato viene ciulato dalla lattato deidrogenasi e viene convertito in ossalato → reimmesso in circolo ed eliminato con le urine. Troppo ossalato, dovuto a deficit di alanina-gliossilato aminotransferasi (AGT), porta a iperossaluria primaria di tipo I → questo si combina col calcio a formare un sale super insolubile e abbiamo nefrocalcinosi, blocco renale prima dei 12 mesi di vita, ossalosi sistemica e urolitiasi. Questo macello si cura con vitamina B6 e trapianto combinato reni-fegato. Ora si usa il silencing dell’RNA. Cisteina Aminoacido semi-essenziale solforato, la cui sintesi dipende dalla presenza della metionina (essenziale). La sua sintesi parte dall’omocisteina, un sottoprodotto del metabolismo della metionina (omologa superiore, ha un CH2 in più). 1. La cistationina β-sintasi catalizza la condensazione dell’SH dell’omocisteina con una serina, con perdita di H2O e produzione di cistationina. 2. La cistationina γ-liasi scinde il legame a valle dell’atomo di zolfo (quello controlaterale al legame S-C precedentemente formato), restituendo cisteina e α-chetobutirrato (“Sull’α-chetobutirrato mettete un neurone, poi ci torniamo”). 63 Entrambi gli enzimi sono PLP dipendenti e il deficit di cistationina beta-sintasi porta ad accumulo di omocisteina (omocisteinuria → coinvolte occhi, scheletro, sistema nervoso e sistema vascolare. Si tratta di una patologia genetica), mentre il deficit di cistationina γ-liasi porta ad accumulo di cistationina nelle urine (cistationinuria → abbastanza benigna, si contiene con la vitamina B6). L’omocisteina, che danneggia le arterie, funziona da marker di rischio cardiovascolare anche nella popolazione sana. Perché? Perché l’omocisteina può essere recuperata a metionina dalla metionina sintasi, che utilizza il tetraidrofolato, ma l’enzima che riduce quest’ultimo è fortemente soggetto a polimorfismi e può funzionare non così bene → accumulo. “Ecco il neurone sull’α-chetobutirrato”. L’α-chetobutirrato è un sottoprodotto della sintesi della cisteina ed è un α-chetoacido che può andare incontro a decarbossilazione ossidativa. Si producono NADH + H+ e CO2, entra CoA e si forma propionil-CoA (4C, diverso dall’acetil-CoA). La cisteina è un aminoacido glucogenico che può andare incontro a decarbossilazione non ossidativa, che porta a produzione di H2S e piruvato. Parte della cisteina viene però anche utilizzata per altre robe, perché è solforata, e può fare da substrato per la cisteina diossigenasi per produrre cisteina-sulfinato e H+. Questa va ora incontro a transaminazione, insieme all’α-chetoglutarato, e si forma 3-sulfinil-piruvato. Il 3-sulfinil-piruvato viene scisso in piruvato e solfito, che viene ossidato a solfato per rientrare nella sintesi dei glicosaminoglicani, nella sintesi dei solfatidi (sfingolipidi) e nelle reazioni di detossificazione epatica. Fegato mio, perdonami. Il fegato rende più solubili le molecole da eliminare attaccandoci sopra gruppi solfato in arrivo dal PAPS. La cisteina è precursore della taurina, che sta nella RedBull perché è un’antiossidante e contrasta lo stress ossidativo da esercizio intenso (“non perché vi dà poteri stratosferici… parlo ai ragazzi”). 1. La cisteina viene ossidata a cisteina sulfinato. 2. La cisteina sulfinato viene decarbossilata, per formare ipotaurina. 3. L’ipotaurina viene ossidata da una molecola di ossigeno e viene prodotta la taurina. La cisteina deriva dalla metionina, che è un’aminoacido essenziale, ma SORPRESA! noi abbiamo la metionina sintasi, che ricicla la metionina dopo che è stata utilizzata. La metionina è precursore della SAM, la S-adenosil metionina, ossia una metionina con un’adenosina attaccata a S. La reazione di sintesi consiste nell’attacco nucleofilo dell’S della metionina sul C dell’ATP e nella scissione del legame fosfoestereo, con liberazione di PPi + Pi → l’adenosina, lo zucchero e la base, sono legati alla metionina. S fa quindi un terzo legame, dativo, e assume una carica positiva che rende la SAM una buona donatrice di gruppi metilici. Quando la SAM cede il suo gruppo 64 amminico, si ottiene la S-adenosil omocisteina (SAO), che si idrolizza per formare adenosina e omocisteina → giù di sintesi di cisteina e riciclaggio della metionina. Metionina La metionina si differenzia della cisteina per un gruppo metilico, che viene donato dall’N5N10metiltraidrofolato e aggiunto a opera metionina sintasi. Fine. Divertente. È un aminoacido glucogenico, in quanto l’α-chetobutirrato ottenuto dalla sintesi della cisteina viene trasformato in propionil-CoA e il propionil-CoA viene trasformato in succinil-CoA. N.B. Il tetraidrofolato può essere in forma di N10formiltetraidrofolato (sintesi nucleotidi purinici), N5N10metiltetraidrofolato (riciclo della metionina a partire dall’omocisteina → via prevalente di utilizzo, detta trappola dei folati) e N5N10metilentraidrofolato (sintesi della serina a partire dalla glicina e sintesi del timidina monofosfato). Nei primi mesi di gravidanza, i folati vengono prescritti tipo D’UFFICIO per evitare difetti del tubo neurale. Treonina La treonina è un aminoacido essenziale a carattere glucogenico. Da questa, che ha un C in più della serina, attraverso una deamminazione non ossidativa si può ottenere di nuovo α-chetobutirrato → comune a cisteina e metionina. 65 Aspartato e glutammato Sintesi e degradazione dipendono entrambe dall’AST, che interconverte glutammato e ossalacetato in aspartato e α-chetoglutarato. In base al senso in cui si legge la reazione si hanno sintesi di un aminoacido e catabolismo dell’altro e viceversa. Glutammina “In realtà lo sappiamo già”. La glutammina è non essenziale e si sintetizza a partire dal glutammato e dipende dalla disponibilità di ATP, che serve per formare γ-glutammilfosfato. Questo viene attaccato dall’ammoniaca, esce fosfato e si forma la glutammina. La glutammina è glucogenica, in quanto la glutamminasi idrolizza il legame con il gruppo amminico e restituisce glutammato → glucogenico. Asparagina L’asparagina è non essenziale e viene sintetizzata dall’asparagina sintetasi a partire dall’ATP dall’aspartato. Le reazioni sono analoghe a quelle della glutammina, ma il donatore del gruppo amminico è la glutammina stessa. Per eliminare l’asparagina, l’asparaginasi idrolizza il legame con il gruppo amminico e restituisce l’aspartato → glucogenico. 66 N.B. L’asparaginasi è un farmaco super mega utile contro i tumori liquidi, che hanno bisogno dell’asparagina per crescere. Per evitare le reazioni del sistema immunitario, l’asparaginasi viene associata a PEG. Aminoacidi a catena ramificata Sono tutti aminoacidi essenziali e hanno un destino comune “di cui non si vede NIEEENTE. BENISSIMO”. Gli enzimi che li catabolizzano sono gli stessi. 1. Transaminazione → la BCR-A converte gli aminoacidi negli α-chetoacidi corrispondenti. 2. Decarbossilazione ossidativa → reazione irreversibile che restituisce un intermedio diverso a seconda dell’α-chetoacido. Valina → propionil-CoA. Leucina → acetil-CoA e acetoacetato. Isoleucina → acetil-CoA e succinil-CoA. Questa roba avviene prevalentemente nel muscolo, non tanto nel fegato, in quanto la prima reazione produce NADH + H+ e possiamo produrre energia in modo immediato. N.B. Malattia delle urine a sciroppo d’acero = deficit della deidrogenasi degli aminoacidi a catena ramificata, che porta ad accumulo di α-chetoacidi nelle urine e a un odore di sciroppo d’acero. I sintomi sono ritardo mentale, chetoacidosi e ridotta aspettativa di vita. Triptofano Amminoacido essenziale a carattere glucochetogenico. Come accidenti lo metabolizziamo? 1. L’indolamina diossigenasi scinde il legame C2-C3, incorporando l’O2 nel prodotto della reazione: un atomo va a formare un gruppo chetonico in C2, l’altro un gruppo aldeidico in C3. Si forma la N-formilchinurenina. Lol il gruppo di farmacologia di Perugia spacca. L’indolamina diossigenasi (IDO) genera anche le chinurenine, che sono coinvolte nella regolazione dell’immunità. 67 2. Una formammidasi sfrutta il tetraidrofolato, che si converte in N10formiltetraidrofolato, e forma la chinurenina 3. La chinurenina idrossilasi sfrutta NADPH + H+ e O2 per formare 3-idrossi-chinurenina. 4. Una chinureninasi scinde la 3-idrossi-chinurenina e genera alanina e 3-idrossiantranilato. L’alanina può andare a formare piruvato (frammento glucogenico) o l’acetoacetil-CoA (frammento chetogenico), il 3-idrossiantranilato può andare a formare acido nicotinico, precursore della niacina (B3) e del NAD+ → la vitamina B3, per definizione, non sarebbe una vitamina se consideriamo che possiamo sintetizzarla, ma rientra comunque nella definizione perché la sintetizziamo a partire da un aminoacido essenziale. Fenilalanina e tirosina La fenilalanina è essenziale, la tirosina è semi-essenziale e la sintetizziamo a partire dalla fenilalanina. Anche qua, come se fa? 1. La fenilalanina idrossilasi sfrutta la tetraidrobiopterina e l’O2, che si convertono a diidrobiopterina (da ridurre con la diidrobiopterina reduttasi e col NADH + H+) e H2O, per sintetizzare la tirosina. N.B. La tetraidrobiopterina interviene solo nelle idrossilazioni degli aminoacidi aromatici. 2. La tirosina va incontro a transaminazione sull’α-chetoglutarato, grazie alla tirosina amminotransferasi, e si formano glutammato e β-idrossifenilpiruvato. 3. Il β-idrossifenilpiruvato viene decarbossilato dalla β-idrossifenilpiruvato ossidasi: l’OH in para si sposta di una posizione, in C2 entra O2 e il COO- terminale esce come CO2, Otteniamo un anello fenilico con gli OH in posizione opposta e, in orto rispetto a uno dei due OH, un gruppo acetilico. La molecola risultante è l’omogentisato. 4. L’omogentisato viene ulteriormente ossidato, con rottura del legame tra il C legato all’OH e il C legato all’acetile, e si forma il 4-maleilacetato. 5. Il 4-maleilacetato isomerizza e si forma 4-fumarilacetoacetato. 68 6. Il 4-fumarilacetoacetato viene idrolizzato da una idrolasi e si formano fumarato (intermedio glucogenico) e acetoacetato (gruppo chetonico). N.B. Fenilchetonuria → malattia genetica più comune associata al metabolismo degli aminoacidi, dovuta a una mutazione del gene (PAH) che codifica per la fenilalanina idrossilasi. In un 1-2% dei casi, l’enzima che manca è la diidrobiopterina reduttasi. Che famo? Si accumula fenilalanina (anche in quantità anche 100 volte più grandi rispetto al soggetto sano) e si verificano ritardo mentale, movimenti scomposti, depressione, pelle molto chiara ed eczemi. Se trattata nelle prime due settimane di vita, i pazienti arrivano ad avere un QI analogo a quello della popolazione sana. 1) l’enzima non funzia, quindi il substrato (fenilalanina) si accumula e i trasportatori di aa aromatici nella barriera ematoencefalica si saturano → i neuroni sono carenti di aa che servono per i neurotrasmettitori e alla lunga si crea il ritardo mentale. Rippissimo. 2) gli enzimi sono molto specifici, ma fino a una certa → la tirosina aminotransferasi ciula la fenilalanina anziché la tirosina, che non ha a disposizione, e fa una “side reaction”, quindi genera fenilpiruvato anziché β-idrossifenilpiruvato. Il fenilpiruvato può dare fenilattato, un sottoprodotto del metabolismo, ed è un inibitore della piruvato chinasi, l’ultimo enzima che lavora nella glicolisi. 3) manca la tirosina, che serve a sintetizzare la melanina → pelle chiara e rush cutanei. La fenilchetonuria si cura con dieta priva di fenilalanina (banale a dirsi, ma non a farsi), trattamento con tetraidrobiopterina (non solo coenzima, ma anche stabilizzatore dell’enzima), somministrazione di aminoacidi neutri per attirare quelli aromatici nella barriera ematoencefalica e trattamento con enzima PAL (deriva da cianobatteri e scinde la fenilalanina in acido ippurico). Il PAL, tuttavia, essendo riconosciuto come non self, viene somministrato associato a PEG per evitare di generare risposte del sistema immunitario (non è il massimo, si inietta al massimo un paio di volte). N.B. Alcaptonuria → accumulo di acido omogentisinico, condizione benigna che rende le urine molto scure, imbrunisce le cartilagini e fa polimerizzare i prodotti di ossidazione. Causa reumatismi in età avanzata. 69 Derivati del metabolismo degli aminoacidi Glutatione Il glutatione (γ-glutamil-cisteinil-glicina) è un tripeptide formato da glutammato, cisteina e glicina. Cisteina e glicina sono unite da legame peptidico, glutammato e cisteina da legame isopeptidico. Il glutatione è un antiossidante indispensabile per gli eritrociti e per tutte le cellule che formano un elevata quantità di ROS. 1. La glutammato cisteina ligasi lega glutammato e cisteina sfruttando una molecola di ATP. Si forma la γ-glutamilcisteina, il cui C=O coinvolto nel legame isopeptidico è quello della catena laterale del glutammato. 2. La glutatione sintetasi addiziona la glicina (legame peptidico), sempre usando ATP, e restituisce glutatione ridotto (GSH). Il gruppo sulfidrilico della cisteina è in forma SH e può ossidarsi quando ci sono ROS. Come? Due molecole di glutatione ridotto si uniscono con un ponte disolfuro, con una reazione di ossidazione, e usano i loro equivalenti per neutralizzare la specie reattiva. Spesso la molecola reattiva è l’anione superossido (O2- ), che viene ridotto ad H2O2 e convertito in 2H2O. Il GS-SG (glutatione ossidato) viene ridotto dalla glutatione reduttasi, enzima FAD e NADPH + H+ dipendente. Le riserve di glutatione ridotto sono ripristinate dal NADPH + H+ → deficit di G-6-P deidrogenasi e favismo. N.B. La glutatione perossidasi, che converte l’H2O2 a 2H2O, è un enzima a selenio (contiene selenocisteina). Carnitina Molecola in forma zwitterionica che fa da shuttle per portare gli acil-CoA dal citosol al mitocondrio per buttarli nella β-ossidazione. Vedi β-ossidazione. La carnitina si sintetizza a partire dalla lisina legata a una proteina generica (potrebbe essere il collagene come anche un istone). 1. L’N in posizione ε della lisina viene trimetilato da tre unità di SAM e si forma la trimetil lisina. 2. Mediante una proteolisi, la proteina viene scissa negli aminoacidi componenti e la trimetil lisina è libera. 70 3. La trimetil lisina viene idrossilata in posizione β e si forma la 3-idrossi-trimetil lisina. 4. Un’aldolasi scinde il legame C-C e si libera un frammento di glicina. Il C terminale, da C alcolico, diventa aldeidico. Il C aldeidico viene poi ossidato a C carbossilico, dando forma alla deossicarnitina. Tutti i tessuti possono sintetizzarla, ma è ancora inattiva. 5. La deossicarnitina viene nuovamente idrossilata in posizione β, dando forma alla carnitina finale; il nuovo OH sul Cβ è il gruppo a cui si lega l’acile da trasportare. Questa reazione avviene solo nel fegato. Creatina La creatina si sintetizza a partire da arginina, glicina e metionina. 1. Nel rene (ma anche nel fegato), arginina e glicina si condensano: l’N della glicina si prende il gruppo ammidinico dell’arginina e si formano guanidoacetato (gruppo guanidinico legato ad un acetato) e ornitina → punto di partenza del ciclo dell’urea. 2. Nel fegato, il guanidoacetato accetta un gruppo metilico da una molecola di SAM e si forma la creatina. Una volta sintetizzata, la creatina viene utilizzata da tutti i tessuti che ne necessitano. Nelle cellule muscolari, in particolare nelle fibre bianche, la creatina fa da réservoir per gruppi fosforici ad alta energia → fosforilazione a livello del substrato. La creatina viene convertita a fosfocreatina dalla creatina chinasi (sfruttando ATP) e il fosfato addizionato ha un potenziale di trasferimento talmente elevato da poter essere trasferito all’ADP per riformare ATP, cosa che capita di continuo nei primi secondi di un intenso sforzo muscolare. La creatina chinasi è un enzima con una Keq molto vicina a 1, quindi la reazione può andare indifferentemente verso sinistra o verso destra sulla base delle necessità della fibrocellula muscolare in quel momento. Andrà verso sinistra quando la concentrazione di ATP diminuisce e ne serve di nuova, quindi quando il muscolo si sta contraendo, mentre andrà verso destra quando il muscolo è a riposo e la concentrazione di ATP è sufficiente a sintetizzare fosfocreatina. La fosfocreatina, in circolo, ciclizza spontaneamente (il COO- reagisce con NH) e formare la creatinina → tanta creatinina viene prodotta, tanta creatinina viene espulsa con le urine, quindi è un marker di funzionalità renale. Ammine biogene Le ammine biogene hanno funzione di segnale e derivano tutte da una decarbossilazione PLP dipendente, non associata a nessuna ossidazione. Molto easy, i gruppi carbossilici escono come 71 CO2 e rimane l’ammina. Si forma un’aldimmina esterna con l’amminoacido, il COO- esce, l’aldimmina esterna con l’intermedio diventa aldimmina interna ed esce l’ammina. Voilà. Quando si parla di segnali, è sempre importantissimo parlare della degradazione delle molecole coinvolte. Gli enzimi che se ne occupano sono le MAO-FAD dipendenti, che ossidano e deamminano la molecola e le fanno perdere la sua funzionalità. Questi enzimi sono spesso target di alcuni farmaci, tra cui antidepressivi (ex. Prozac), che contrastano la degradazione della serotonina. Serotonina: a livello del SNC regola umore, appetito e sonno; nelle cellule non neuronali (cellule enterocromaffini, piastrine ecc) regola la peristalsi, causa vasocostrizione e modula il transito intestinale. 1. Il triptofano (aromatico) viene idrossilato sul C5, quindi l’idrossilasi usa un atomo di ossigeno per il C5 e uno per produrre H2O e si forma 5-idrossitriptofano. Gli equivalenti per l’acqua arrivano dalla tetraidrobiopterina. 2. Il 5-idrossitriptofano viene decarbossilato e si forma la serotonina/5-idrossitriptammina/5-TH. Melatonina: deriva dalla serotonina e regola il ciclo circadiano, quindi il ciclo sonno-veglia. 1. L’N della serotonina viene acetilato da una molecola di acetil-CoA. Si forma acetil-serotonina. 2. La forma acetata viene metilata sull’OH in C5. Il gruppo metilico arriva dal metil-tetraidrofolato. Si forma la melatonina. GABA: neurotrasmettitore inibitorio che si forma a partire dal glutammato, che viene decarbossilato ad acido γ-amminobutirrico. Istamina: deriva dall’istidina, che viene decarbossilata. Media le risposte allergiche. Neurotrasmettitori - catecolamine Le catecolamine derivano dal catecolo, anello comune a tutte le catecolamine, e dalla tirosina. Sono adrenalina, noradrenalina e dopamina. 72 1. La tirosina (aromatica) viene idrossilata. Si forma l’anello catecolico e il composto risultante è la L-DOPA. La L-DOPA può andare anche verso la sintesi della melanina, che, se non avviene, porta alla condizione dell’albinismo (TW: fenilchetonuria. Vedi sopra). 2. La L-DOPA viene decarbossilata e si forma la dopamina. Può fare già il suo lavoro o proseguire. Fin qua è come per la serotonina, tanto che l’enzima che decarbossila è lo stesso. 3. La dopamina viene nuovamente idrossilata, con intervento dell’acido ascorbico, in posizione β. Si forma la noradrenalina, che funzia da diooooooo. Può fare già il suo lavoro o proseguire. 4. La noradrenalina viene metilata sull’N dalla SAM e si forma l’adrenalina. Gruppo eme - “flash forward” La prima reazione che porta alla sintesi dell’eme è una condensazione tra succinil-CoA (intermedio del ciclo di Krebs) e glicina, per formare acido aminolevulinico. Poliammine Le poliammine si legano al DNA e ne influenzano l’impacchettamento, tanto che sono particolarmente concentrate nelle cellule in proliferazione → target di farmaci antitumorali. Le poliammine si sintetizzano a partire dall SAM (modificata) e dall’ornitina. Per poterla usare, la SAM deve essere decarbossilata → la molecola non dona più gruppi metilici, ma tutta la catena a monte dell’S (gruppo amminopropilico). Anche l’ornitina viene decarbossilata, a opera dell’ornitina decarbossilasi, per dare la putrescina/1,4-diamminobutano. Simpatica. La putrescina stessa è già 73 una poliammina. L’ornitina decarbossilasi ha un’emivita brevissima (possiede anche un antienzima) e decarbossila l’ornitina grazie al PLP. 1. La putrescina accetta il gruppo amminopropilico dalla SAM sull’N di una delle due estremità, esce la metiltioadenosina e si forma la spermidina. 2. La spermidina effettua la stessa reazione, ma accetta il gruppo amminopropilico della SAM sull’N all’altra estremità e si forma la spermina. 74 METABOLISMO DEI NUCLEOTIDI I nucleotidi non sono veri combustibili metabolici, quindi ci si concentra su vie di sintesi, di degradazione e di riciclaggio. Il loro catabolismo, differentemente da quello delle altre molecole, genera prodotti di escrezione. I nucleotidi si compongono di una base azotata, uno zucchero pentoso e 1, 2 o 3 gruppi fosfato e le basi azotate possono essere purine o pirimidine. I nucleotidi rientrano nella sintesi degli acidi nucleici, ma sono anche trasportatori di energia chimica, cofattori enzimatici/coenzimi, secondi messaggeri e intermedi biosintetici. I nucleotidi più abbondanti sono quelli adenilici e, di base, quelli che troviamo più facilmente sono nella forma ossidata (ribonucleotidi - quelli ridotti sono i deossinucleotidi e aumentano nelle fasi di replicazione del DNA). La sintesi dei nucleotidi è molto delicata e dispendiosa dal punto di vista energetico, quindi la cellula attua più che può delle vie di riciclo. Alterazioni del metabolismo dei nucleotidi portano a difetti rari di tipo genetico e difetti più comuni, come la gotta + alcuni enzimi coinvolti in questo metabolismo sono target di farmaci antitumorali e/o antivirali. “Digestione” All’interno dello stomaco, il pH acido unfolda gli acidi nucleici → nel DNA separa i due filamenti, nell’RNA degrada le strutture terziarie (ex. quadrifoglio del tRNA). Le endonucleasi scindono i legami fosfodiesterici (interni) tra i nucleotidi e generano degli oligonucleotidi, le esonucleasi scindono i legami fosfodiesterici degli oligonucleotidi per dare nucleotidi singoli, le fosfatasi staccano il fosfato per dare i nucleosidi e le nucleosidasi danno le basi azotate e gli zuccheri pentosi. Sintesi dei nucleotidi Avviene in tutti i tessuti, ma soprattutto nel fegato. Inizia da precursori semplici (aminoacidi, H2CO3, ribosio, NH3 ecc) ed è super mega iper dispendiosa. Non si ha mai la sintesi ex novo delle basi azotate libere, in quanto vengono riciclate + la parte fosforibosilica è data da un intermedio comune alla sintesi di purine e pirimidiniche, ossia il PRPP (5-fosforibosil-1-pirofosfato). Gli enzimi che catalizzano queste reazioni, molto spesso, formano complessi. 75 Il PRPP è una forma attivata del ribosio-5-P (in arrivo dalla via dei pentoso fosfati) e si forma per azione della PRPP sintetasi, che fa reagire il ribosio con l’ATP affiché attacchi il fosfato in β e restituisca 5-fosforibosil-1-pirofosfato e AMP. Il gruppo PPi sul C1 è in configurazione α, quindi, quando il PRPP si deve legare alla base azotata, si ha un cambio in configurazione β (*). I nucleotidi pirimidinici si formano a partire dalla base azotata, a cui poi si aggiunge il ribosio 5-P del PRPP, mentre i nucleotidi purinici si formano a partire dal PRPP, che accetta il nucleo azotato. Sintesi dei nucleotidi pirimidinici La sintesi dei nucleotidi pirimidinici parte dal carbamilfosfato, forma del carbammato attivata dalla carbamil fosfato sintetasi II → CITOSOLICA - quella mitocondriale serve al ciclo dell’urea. Il complesso che catalizza questa reazione prende il nome di CAD (carbamil fosfato sintetasi II, aspartato transcarbamilasi e diidroorotasi). 1. Il bicarbonato viene attivato a carbossifosfato. 2. Il carbossifosfato reagisce con una molecola di glutammina (nel mitocondrio non avviene, il gruppo amminico arriva dall’ammoniaca) e diventa carbammato. Si liberano glutammato e Pi. 3. Il carbammato viene attivato a carbamilfosfato. Mo’ possiamo partire :D 1. Il carbamilfosfato reagisce con una molecola di aspartato: il gruppo amminico in α dell’aspartato attacca il COO- del carbamilfosfato, si forma N-carbamilaspartato (lineare) e si libera Pi. 2. L’N-carbamilaspartato perde H2O e ciclizza, perché il COO- si lega all’NH2. Si forma l’L-diidroorotato, a opera della diidroorotasi. 3. L’L-diidroorotato viene insaturato tra C2 e C3, con trasferimento degli equivalenti al FAD e poi al Coenzima Q. Si formano orotato (nucleo pirimidinico) e FADH2 (da ridurre con il NAD+), a opera della diidroorotato deidrogenasi. 76 4. L’orotato, con l’N in C1, attacca il fosfato in C1 del PRPP e forma l’orotidilato (nucleotide). Il legame che si forma è β-glicosidico (*), a opera della orotato fosforibosil-transferasi. 5. L’orotidilato viene decarbossilato a uridilato dalla orotidilato decarbossilasi, quindi il COO- esce come CO2 e otteniamo l’UMP, quindi l’orotato è diventato uracile. L’UMP può ora essere fosforilata a UDP e UTP e proseguire per formare gli altri nucleotidi. Una molecola di glutammina può cedere il gruppo amminico al C4 dell’UTP, con consumo di ATP, e si forma il CTP. La sintesi dei nucleotidi pirimidinici viene regolata a livello dei primi due enzimi, la carbamil fosfato sintetasi II e l’aspartato transcarbamilasi: il primo enzima è attivato da PRPP con feed-forward e inibito da UTP con feed-back, il secondo è inibito dal CTP. Questa inibizione, tuttavia, viene impedita dall’ATP. MA PERCHÉ, SANTO CIELO?! Perché la regolazione della sintesi dei nucleotidi risponde anche della regolazione coordinata delle purine verso le pirimidine e delle pirimidine verso le purine → se sintetizzo DNA e ho tante purine, mi servono altrettante pirimidine e viceversa, altrimenti non s’ha da fare. Aciduria orotica → se si accumula l’orotato, che è acido, si ha deficit della sintesi di nucleotidi pirimidinici e si hanno grandi problemi nella crescita. Il tutto può essere normalizzato dalla somministrazione di uridina, che viene riciclata a UMP e compensa la carenza. Questa situazione si ha anche se manca l’ornitina transcarbamilasi, enzima del ciclo dell’urea, nonostante questo si trovi nel mitocondrio. Perché? Non lo sappiamo. Figo. Sintesi dei nucleotidi purinici La sintesi dei nucleotidi purinici parte dal PRPP e il nucleotide che si forma è l’IMP/inosin-monofosfato (la base è l’ipoxantina - intermedio in tot vie). CHIEDONO SOLO LA FORMAZIONE DELL’ANELLO IMIDAZOLICO, NON QUELLA DELL’ANELLO PIRIMIDINICO. 1. Il PRPP accetta il gruppo amminico una molecola di glutammina, che esce sotto forma di glutammato. Si liberano 5-fosfo-β-ribosilammina e PPi → inversione della configurazione del PRPP, da α a β. 2. La 5-fosfo-β-ribosilammina accetta una molecola di glicina e si forma glicinamminde ribonucleotide (GAR). La reazione consuma una molecola di ATP. 3. La GAR accetta un gruppo formilico (-COH) dall’N10formiltetraidrofolato, che si converte a tetaidrofolato. Si produce formilglicinammide ribonucleotide (FGAR). 4. La FGAR accetta il gruppo amminico di una seconda molecola di glutammina, che esce sempre come glutammato, e si forma formilglicinammina ribonucleotide (FGAM). La reazione consuma una molecola di ATP. 77 5. La FGAM viene deidratata, sempre con consumo di una molecola di ATP, a 5-amminoimidazolo ribonucleotide (AIR). La sintesi dei nucleotidi purinici avviene in enzimi aggregati in purinosomi (vedi respirasoma). Alcuni enzimi sono nei mitocondri, altri sono citosolici. Sintesi AMP e GMP Dall’inosinato, in cui abbiamo già il ribosio fosfato, si possono sintetizzare l’adenilato e il guanilato. Adenilato 1. L’inosinato deve avere un gruppo amminico al posto del carbonilico, quindi si lega aspartato e si forma l’adenilosuccinato. La reazione è GTP dipendente. 2. Si scinde il legame C-N, si libera fumarato e rimane l’adenilato. Stessa strategia del ciclo dell’urea. Guanilato 1. Entrano H2O e NAD+ per ossidare il carbonio, che diventa chetonico. Si forma zantilato. 2. Il gruppo chetonico viene amminato da una molecola di glutammina, che esce sotto forma di glutammato, e rimane il guanilato. La reazione è ATP dipendente. Per la sintesi di ATP serve il GTP, mentre per la sintesi di GTP serve l’ATP. Questo avviene per questioni di bilanciamento, perché la sintesi di nucleotidi purinici deve sempre andare di pari passo con quella dei nucleotidi pirimidinici → cross-talk. AMP e GMP inibiscono inoltre le prime tappe della sintesi (PRPP sintetasi). 78 Da AMP e GMP possiamo ottenere i corrispettivi nucleosidi difosfato e trifosfato. Adenilato chinasi: AMP + ATP → 2ADP Guanilato chinasi: GMP + ATP → GDP + ADP Nucleoside difosfato chinasi: GDP + ATP → GTP + ADP CDP + ATP → CTP + ADP Le molecole utilizzate dalla cellula per produrre i nucleotidi non possono essere riutilizzate per produrre energia, quindi o queste servono o è stato tipo uno spreco enorme. Enel della cellula. Produzione dei deossiribonucleotidi Per sintetizzare il DNA ci sono due problemi: 1) nel DNA ci sono i deossiribonucleotidi, noi abbiamo i ribonucleotidi → la ribonucleotide reduttasi riduce i nucleosidi difosfato a deossinucleotidi difosfato ed è un enzima complesso; è una reduttasi il cui meccanismo si serve di una “mini catena di trasporto degli elettroni” e di gruppi tiolici, 2) manca la timina. 1. Il potere riducente è assicurato dal NADPH + H+, che cede i suoi elettroni alla tioredoxina → il suo ponte disolfuro viene ridotto a due gruppi SH. 2. La tioredoxina cede gli elettroni alla cisteina ossidata dell’enzima. 3. La cisteina ridotta dell’enzima cede gli elettroni al ribonucleotide fosfato → deossiribonucleotide fosfato. Esce H2O. La ribonucleotide reduttasi è un enzima allosterico che presenta, oltre al sito attivo, due siti allosterici diversi; uno è classico e regola la velocità dell’enzima, l’altro regola la specificità del substrato → in base dei (deossi)nucleotidi presenti in maggior concentrazione, l’enzima opera di conseguenza per sintetizzare i deossinucleotidi che mancano. Mo’ manca la timina. Il gruppo metilico necessario a convertire la dUMP in dTMP è la timidilato sintasi. 79 1. L’N5N10metilentetraidrofolato viene preso il gruppo metilico e questo diventa diidrofolato (?). L’uracile è diventata timina. 2. Il diidrofolato viene ridotto dalla diidrofolato reduttasi, mediante NADPH + H+, per diventare tetraidrofolato. 3. Il tetraidrofolato viene metilato con una reazione PLP dipendente, in cui una Ser diventa Gly, e si rigenera l’N5N10metilentetraidrofolato. La timidilato sintasi è target del 5-fluorouracile e la diidrofolato reduttasi è target del metotrexato, farmaci chemioterapici. Il metabolismo dei nucleotidi è target anche di agenti antivirali quali l’aciclovir (contro herpes) e l’AZT (contro HIV). Via di riciclo dei nucleotidi purinici - non fa vedere quelli pirimidinici Le reazioni coinvolte della via di riciclo si trovano a metà tra la sintesi ex novo e la via degradativa. Abbiamo tot opzioni: 1. ll nucleotide può essere recuperato dalla base libera, con delle transferasi aggiungono un riposio 5-P ceduto dal PRPP alla base e voilà. 2. Delle 5’-nucleotidasi (idrolasi) convertono i nucleotidi in nucleosidi. 3. I nucleosidi possono essere convertiti in basi libere con la scissione del legame glicolitico, che avviene a carico della purina nucleoside fosforilasi (PNP). Quella che avviene è una fosforolisi, che consente di ottenere ribosio-5-P. 4. La GMP reduttasi può convertire il GMP in IMP con una deidrogenazione. 5. La AMP deaminasi può convertire l’AMP in IMP con una deamminazione. 6. L’adenosina deaminasi (ADA) può convertire l’adenosina in inosina con una deamminazione. 80 Il deficit della transferasi che recupera ipoxantina porta a sindrome di Lesch-Nyhan (accumulo di purine e acido urico, con conseguenti ritardo mentale e automutilazioni), mentre il deficit di adenosina deaminasi porta all’ADA-SCID. Il deficit di ADA porta a elevati livelli plasmatici di Ado e dAdo, con conseguente inibizione delle reazioni di metilazione, e accumulo di dATP in linfociti ed eritrociti. L’ADA-SCID, dal 2007 (o 2009), viene trattata con trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche transfettate con vettore retrovirale, il quale contiene il gene ADA funzionante e porta a recupero della funzionalità del sistema immunitario (W il dottor Aiuti e il San Raffaele). Catabolismo dei nucleotidi purinici AMP 1. Rimozione fosfato a opera. 2. Deamminazione del C6 → inosina. 3. Fosfatasi → ipoxantina. GMP 1. Rimozione fosfato. 2. Eliminazione ribosio → guanina e ribosio-1-P 3. Deamminazione → ipoxantina. L’ipoxantina viene ossidata a xantina dalla xantina ossidasi, che catalizza l’ossidazione del C2 e porta alla formazione di H2O2 → rischio di produzione di ROS. La xantina ossidasi ossida anche il C8 della xantina e forma acido urico, una molecola molto poco solubile → qualunque alterazione 81 degli enzimi delle vie cataboliche e un eccessivo consumo di carne rischia di portare al deposito di acido urico nelle articolazioni. La patologia che si sviluppa è la gotta, che si cura con l’allopurinolo (inibitore competitivo della xantina ossidasi). Ciclo dei nucleotidi purinici Nel muscolo in attività si svolge il ciclo dei nucleotidi purinici, che parte da aspartato e IMP per produrre fumarato → da reazione anaplerotica per il ciclo di Krebs. L’AMP prodotto dall’attività muscolare può essere deamminato a IMP, poi gli si aggancia l’aspartato (con consumo di GTP) per formare adenilosuccinato. L’adenilosuccinato viene scisso in fumarato (che rifornisce il ciclo di Krebs) e AMP. Catabolismo dei nucleotidi pirimidinici 1. La timina viene ridotta a diidrotimina, con eliminazione del C=C. 2. Si idrolizza il C-N che si era formato per creare l’anello azotato. 3. Si idrolizza un legame che porta a formazione di HCO3-, NH4+ e β-amminoisobutirrato. 82 Ciclo dei nucleotidi purinici a sx, catabolismo dei nucleotidi pirimidinici a dx. 83 METABOLISMO DEL DNA Rispolveriamo gli appunti di biologia :) Dogma: DNA → DNA RNA → proteine Il DNA deve essere estremamente stabile, mentre l’RNA non deve esserlo troppo → se fosse stabile come il DNA, la proteina codificata dal trascritto verrebbe prodotta all’infinito. No buono. La stabilità del DNA è assicurata dai ponti ad H tra le basi azotate, dall’impilamento delle basi azotate (idrofobiche) e dallo scheletro idrofobico esterno, che interagisce con Mg++ e istoni. Replicazione La replicazione inizia nei punti detti origini di replicazione, in cui si apre una forcella. La traduzione procede nella stessa direzione su entrambi i filamenti e forma un nuovo filamento a partire da un filamento stampo → replicazione semiconservativa. La replicazione del DNA è inoltre semidiscontinua, in quanto la DNA polimerasi sintetizza solo in direzione 5’ → 3’ (per la chimica della reazione, l’OH in 3’ del nucleotide presente va a legarsi al fosfato in 5’ del nucleotide entrante). I due filamenti di DNA sono inoltre disposti con andamento antiparallelo, quindi un filamento sarà detto filamento veloce (corre in senso 3’ → 5’), mentre l’altro sarà il filamento lento (corre in senso 5’ → 3’); sul filamento lento vengono sintetizzati dei frammenti, i frammenti di Okazaki, che verranno poi manipolati e uniti successivamente. La sintesi di DNA, inoltre, non può avvenire senza un innesco, un frammento di acido nucleico preesistente → una primasi costruisce un primer a RNA, la DNA polimerasi si appoggia sul suo OH in 3’ e parte a lavorare. N.B. La DNA polimerasi sintetizza in direzione 5’ → 3’, quindi legge il filamento in direzione 3’ → 5’. La sintesi di DNA è un processo termodinamicamente favorito: (dNMP)n + dNTP → (dNMP)n+1 + PPi ∆G0’ = -7,2 kcal/mol 1. Fase di inizio: una elicasi si lega all’origine di replicazione e despiralizza il DNA nella zona da replicare, ma crea superavvolgimenti a monte. Le topoisomerasi (girasi) rompono e riformano legami fosfodiestere per risolvere il superavvolgimento. Le SSB (single-strand binding proteins) tengono separati i due filamenti. La primasi sintetizza il primer e si attacca la DNA polimerasi III. 2. Fase di allungamento: il filamento veloce viene replicato in maniera continua, il filamento lento viene replicato in maniera discontinua e dà forma ai frammenti di Okazaki → il filamento lento fa una specie di cappio e la DNA polimerasi III si stacca quando incontra il frammento precedente, così da potersi riassociare in corrispondenza del primer successivo. Il primer viene rimosso dalla DNA polimerasi I, che per ogni nucleotide di primer che toglie ne aggunge uno di DNA. Quando 84 si arriva alla fine, quindi quando bisogna saldare l’OH in 3’ con il fosfato in 5’, la DNA ligasi sintetizza il legame estere (non serve più l’attività transferasica). 3. Fase di terminazione: particolari sequenze destabilizzano il legame della DNA polimerasi III e ciaone. Fine. Negli eucarioti, la replicazione avviene solo in momenti ben precisi del ciclo cellulare e avviene a partire da molteplici origini di replicazione allo stesso tempo, affinché sia più rapido ed efficiente. N.B. Se non ci fossero meccanismi di precauzione, a ogni ciclo di replicazione si perderebbe un frammento di DNA alle estremità. Per questo motivo, le telomerasi (DNA polimerasi con uno stampo nel sito attivo) estendono il filamento con estremità 3’ e la DNA polimerasi crea il secondo filamento, usando la parte allungata come primer. L’accorciamento dei telomeri pare essere uno dei fattori coinvolti nel processo dell’invecchiamento. DNA polimerasi Le DNA polimerasi sono enzimi che catalizzano una reazione transferasica, in cui viene aggiunto un deossinucleotide a un oligonucleotide o a un polinucleotide con un legame 3’ → 5’ fosfodiestere. L’OH in 3’ del nucleotide presente va a legarsi al fosfato in α in 5’ del nucleotide entrante e la catena si allunga di un’unità. Il nucleotide entrante deve essere complementare a quello che si trova sul filamento adiacente e il sito attivo dell’enzima stabilizza il legame dei nucleotidi entranti con degli ioni Mg++, che neutralizzano le cariche negative → catalisi a ioni metallici, circa. La DNA polimerasi richiede necessariamente uno stampo, in quanto il nucleotide da addizionare dipende da quello che già c’è → la DNA polimerasi è una sorta di U all’interno di cui viene posizionata la catena in crescita, quindi, quando entra un deossinucleoside fosfato, viene analizzata la geometria di accoppiamento con la base adiacente → addizione o rilascio. Alla luce di ciò, va da sé che la DNA polimerasi è in grado di riconoscere eventuali distorsioni della catena. Nel sito attivo troviamo un sito di inserzione e un sito di post-inserzione; una volta inserito il nucleotide, la catena si sposta nel secondo sito e l’enzima fa un “controllo qualità” del lavoro. La distorsione della catena (dovuta a errori di inserimento del nucleotide) porta al rallentamento dell’enzima e questo rende la catena suscettibile all’attività esonucleasica della stessa DNA polimerasi → “non è uno scherzo” dal punto di vista energetico, perché per ogni nucleotide che va tolto si scindono due legami ad alta energia. Le DNA polimerasi sono processive, quindi compiono tot cicli catalitici prima di dissociarsi dalla catena (altrimenti i tempi non sarebbero compatibili con una replicazione efficiente). A livello di tempistiche, le DNA polimerasi si attaccano al DNA in un secondo e in un secondo aggiungono 100 nucleotidi, ma non tutte le isoforme sono coinvolte negli stessi processi e quindi hanno processività diverse. 85 La DNA polimerasi richiede un primer, un innesco costituito da RNA a opera della primasi. Perché, santo cielo? Perché l’RNA fa sì che l’enzima si leghi più saldamente al DNA (l’esempio della bella scrittura rendeva davvero molto bene). La DNA polimerasi è super mega specifica e selettiva nei confronti dei deossiribonucleotidi e non potrebbe mai legare un ribonucleotide, perché la tasca nel sito attivo è troppo piccola per un OH. L’accuratezza della DNA polimerasi è assicurata dalla sua struttura, che comporta una “chiusura” immediatamente in seguito all’inserimento del nucleotide. Questo permette di “sentire” la geometria e l’ingombro sterico della coppia di basi, che può essere corretta come anche non esserlo. Le coppie di basi corrette vengono riconosciute perché formano i giusti legami a idrogeno (altrimenti se ne formano meno o si formano in senso obliquo), ma anche perché hanno un ingombro sterico simile. Se l’ingombro è sminchiato vuol dire che qualcosa non va. Inoltre, la presenza dell’attività esonucleasica dell’enzima (correzione di bozze) porta a un tasso di errore di 1 base su 106 - 108 → con la correzione, l’accuratezza passa da un errore ogni 100 basi a un errore su 10 000 basi. Alcune forme di DNA polimerasi hanno attività esonucleasica in direzione 5’ → 3’ e permettono sia di rimuovere i primer, sia di ripararare evetuali filamenti di DNA danneggiati. Quando becca il nucleotide di DNA immediatamente successivo al primer, però, deve intervenire una ligasi. L’evoluzione della DNA polimerasi dipende da tutta una serie di fattori: deve essere veloce ma specifica, in grado di correggere, utile a conservare la specie ma anche a farla evolvere (quindi deve essere molto accurata, ma non troppo). A livello di biotecnologie, la DNA polimerasi viene utilizzata nella PCR. L’amplificazione del DNA torna utile per farlo sequenziare, per scovare un eventuale gene in una cellula o per identificare contaminazioni. Si prende il DNA target, si costruiscono primer alle estremità e poi DNA, enzimi e nucleotidi vengono mess in una macchina. Inizialmente si riscalda la soluzione a 90° per separare i due filamenti di DNA, poi si fa raffreddare a 68° per permettere l’ibridazione dei primer e si riscalda a 72° per far funzionare la DNA polimerasi. La DNA polimerasi in questione si chiama TAQ polimerasi e deriva da microrganismi termofili (in genere thermus aquaticus), che quindi si servono di DNA in grado di lavorare ad alte temperature (non si denaturano). DNA ligasi La DNA ligasi catalizza una reazione termonidamicamente sfavorita, motivo per cui bisogna generare un intermedio attivato. Nel caso degli eucarioti, questo processo si serve dell’ATP, mentre nei procarioti si serve del NAD+ (in ogni caso serve un AMP, quindi è indifferente che questa arrivi dall’ATP o dal NAD+). 1. Si forma l’enzima adenilato. 86 2. L’AMP viene trasferito sul fosfato dell’interruzione (quello in 5’, che era legato all’OH in 3’). L’estremità risulta attivata. 3. L’OH in 3’ può attaccare il fosfato, quindi si forma il legame fosfoestere ed esce l’AMP. Voilà, mes amis. Trascrittasi inversa La trascrittasi inversa fotte il sistema, perché sintetizza DNA a partire da RNA. È l’enzima tipico dei retrovirus e viene sintetizzata a partire dall’RNA virale, che viene “iniettato” dal retrovirus nella cellula ospite e viene tradotto. La trascrittasi inversa è una DNA polimerasi RNA dipendente, quindi i suoi substrati sono sempre i deossiribonucleotidi trifosfato ma usa l’RNA come stampo, non il DNA. Dal vRNA, mediante attività polimerasica in direzione 5’ → 3’, si forma un duplex DNA-RNA a partire da un tRNA derivante da un’infezione precedente, il vRNA virale viene degradato e rimane il filamento di DNA appena sintetizzato. Due singoli filamenti di vDNA danno forma al vDNA completo. A livello di biotecnologie, si può fare la real-time PCR: si prende la cellula, si purificano gli mRNA con cromatografia a scambio ionico (“brick per purificare l’acqua”) e si fa la retrotrascrizione, quindi la trascrittasi inversa converte tutti gli mRNA in cDNA (DNA complementare). Ora possiamo fare una magica magicissima levissima PCR, per amplificare il DNA e poterlo sequenziare. SBAM. Quando avviene la PCR si usano delle molecole fluorescenti (fluorocromi), quindi in base a se/quanto compare l’amplificato si capisce se una proteina è espressa/quanto è espressa. Questa tecnica si utilizza anche per il test molecolare per il Covid19 → più cicli di PCR servono per far emergere il vDNA, più la carica virale è bassa; viceversa, se bastano pochi cicli di PCr per far emergere il vDNA, sei una bomba a mano. Inibitori della trascrittasi inversa sono utilizzati come farmaci (ex. AZT). Ricombinazione del DNA La ricombinazione è qualunque evento che comporta lo spostamento di una frazione di DNA in un’altra sede e aumenta la variabilità genetica degli organismi, favorendo l’evoluzione. Esistono tre tipi diversi di ricombinazione: Ricombinazione omologa = trasferimento di una porzione di DNA da un cromosoma a un altro, che ha un’elevata omogeneità di sequenza. Essendo il DNA molto stabile, le proteine REC fanno in modo di separare i filamenti, evitare che si riavvicinino e portare alla riuscita dello scambio. L’esempio classico di ricombinazione omologa è il crossing over. 87 Ricombinazione sito-specifica = passaggio di un piccolo frammento di DNA da una molecola di DNA a un’altra, a opera di un complesso proteico detto ricombinasi. Il complesso sfrutta una serie di intermedi e si forma transitoriamente un legame estere tra una catena di DNA e un residuo di tirosina o di serina della ricombinasi. Trasposizione → non ci interessa. Lol. La tecnologia del DNA ricombinante sfrutta questa capacità del DNA di cedere/accettare frammenti di materiale genetico per inserire in un vettore un gene codificante una proteina, infondere il vettore (plasmide ricombinante) nell’ospite e portare alla sintesi della suddetta proteina. Questa tecnica viene utilizzata anche a livello industriale, ad esempio per produrre in vitro la lattasi e poterla poi inserire nelle capsule per gli intolleranti al lattosio. Viene estratto il DNA estraneo, si taglia la sequenza d’interesse con enzimi di restrizione, la si inserisce nel plasmide, le due estremità si accollano e si inietta il plasmide nelle cellule bersaglio. CRISPR/Cas9 = tecnologia che si basa su una nucleasi, la Cas9, che in presenza di un RNA guida, taglia il DNA in corrispondenza di sequenze segnale PAM. Quando la cellula si trova il DNA tagliato lo rileva come danneggiato e cerca di ripararlo; se non trova nessun frammento nei paraggi cerca di ricucire il filamento per ottenere una molecola integra (ricombinazione non omologa), ma molto spesso genera errori e il gene che è stato tagliato non viene più espresso (gene knock-out). Questa tecnica viene utilizzata molto spesso per individuare il ruolo di una determinata proteina, andando ad analizzare cosa avviene nella cellula quando questa viene a mancare → modelli di malattia prodotti in vitro. L’altra possibilità è quella di sfruttare la ricombinazione omologa, quindi si mettono le cellule in presenza di un DNA donatore contenente la sequenza opportuna e questo viene integrato al posto di quello danneggiato, sostituendo la sequenza rovinata con quella integra (gene knock-in) → correzione di eventuali mutazioni del genoma di una cellula, per curare malattie genetiche. Una terapia approvata dall’FDA sfrutta questa tecnologia L’anemia falciforme si caratterizza di pochi globuli rossi a forma di falce, dovuta al fatto che l’emoglobina in posizione 6 non ha glutammato, bensì valina. Il problema non è la forma, ma il fatto che gli eritrociti passano nei capillari e, non potendosi modificare a livello plastico, formano microinfarti periferici (l’emoglobina S aggrega). Il processo di aggregazione dell’emoglobina è una reazione di ordine molto elevato, tra 20 e 30, quindi se aumenta o diminuisce lievemente la quantità della specie che aggrega si ottengono effetti molto diversi → quando l’eritrocita passa nel capillare si scarica di ossigeno, l’emoglobina S tende ad aggregare molto velocemente, si forma la falce, si forma il tappo, si forma il microinfarto. Alcuni pazienti avevano una persistenza ereditaria dell’emoglobina fetale, presente in concentrazioni intorno al 7-8% (basta anche 3-4%), cosa che se associata ad anemia falciforme porta a un fenotipo anemico molto più lieve → su 100 molecole di emoglobina, un po’ di più sono di emoglobina fetale e un po’ meno sono di emoglobina S, che, aggregandosi con una reazione di 88 ordine elevato, tende ad aggregarsi meno. Il farmaco per l’anemia falciforme, che utilizza idrossiurea, induce l’espressione dell’anemia falciforme, ma si è pensato di fare un knock-out del gene per l’emoglobina S e spingere quindi per la persistenza dell’emoglobina fetale. Leggendo “Knock-out” penso ancora a quando Chiasserini parlò di far svenire un topo. Rido. METABOLISMO DELL’RNA L’RNA si trova in varie forme (mRNA, tRNA, rRNA, miRNA, snRNA, snoRNA, piwiRNA ecc) perché sì, ci piace. RNA polimerasi L’RNA polimerasi usa come substrati ribonucleotidi trifosfato e sfrutta, come stampo, il DNA. La reazione è come quella della DNA polimerasi, quindi è l’attacco del PO42- in α di un ribonucleoside trifosfato sull’OH in 3’ della catena nascente con liberazione di PPi e utilizzo di Mg++. La trascrizione è asimmetrica, quindi si fa solo su una catena (filamento stampo) e si produce una catena non stampo/codificante. A differenza della DNA polimerasi, l’RNA polimerasi non necessita di un primer e, di conseguenza, il nucleotide in 5’ di ogni catena di RNA sarà un nucleotide trifosfato (purinico). L’RNA polimerasi usa nucleosidi in forma ossidata, quindi ribonucleotidi e non deossiribonucleotidi, ed è meno fedele della DNA polimerasi → l’RNA ha un’emivita di qualche minuto e risponde a un’esigenza momentanea della cellula, quindi anche se è mutato non è poi tutto sto problema. Easy, non serve manco la correzione di bozze. La trascrizione del DNA richiede però di una despiralizzazione dello stesso, cosa che va mantenuta per tutto il tempo del processo e va risolta laddove vengono a formarsi superavvolgimenti positivi o negativi ai lati della bolla di replicazione → topoisomerasi. L’RNA polimerasi non necessita di un primer, ma comincia a trascrivere in regioni, dette promotori, che vengono riconosciute da complessi proteici specifici. I promotori contengono sequenze consenso quali un elemento UP (facoltativo), una regione -35 (sito di reclutamento dell’RNA polimerasi nella regione da trascrivere) e una regione -10/TATA box (punto in cui il DNA comincia a despiralizzarsi e comincia la trascrizione). La RNA polimerasi si compone di 5 subunità, di cui un fattore di inizio σ, che riconosce la TATA box e dà inizio alla despiralizzazione del DNA, e un fattore di distacco ρ, che determina il distacco della polimerasi dal DNA target e può non essere presente. Ciò che l’RNA polimerasi ha in comune con la DNA polimerasi è la processività, quindi anche questa non si distacca dal DNA target finché non ha finito di trascrivere. 89 La terminazione del processo di trascrizione può avvenire sia a opera del fattore ρ, sia in seguito alla trascrizione di sequenze palindrome ricche di GC, che creano strutture a forcina e spingono l’RNA a distaccarsi. L’RNA polimerasi eucariotica esiste in varie isoforme, che si occupano della trascrizione di geni differenti. In particolare, l’RNA polimerasi II trascrive tutti i geni che codificano proteine + geni per snoRNA e geni per snRNA, mentre l’RNA polimerasi I trascrive per le subunità 5,8S, 18S e 28S dell’rRNA e la RNA polimerasi III trascrive per geni che codificano tRNA, snRNA e subunità 5S dell’rRNA → a noi interessa solo l’RNA polimerasi II, ho scritto le altre per sentirmi figa. L’espressione di un gene da trascrivere può essere controllata da numerose sequenze di DNA, silencers ed enhancers, e l’effetto finale sulla trascrizione deriva dall’interazione di una serie di mediatori proteici che generano il complesso di pre-inizio (risultato dell’insieme dei fattori di trascrizione generali e di quelli specifici) → favoriscono o reprimono l’espressione dei geni. Se in una cellula si decide di fare o non fare una cosa, questo non dipende da un singolo segnale, ma dalla sommatoria di più segnali. Inibitori dell’RNA polimerasi sono spesso molecole biologicamente attive, come la rifampicina e l’actinomicina D (l’una antibiotica, l’altra antitumorale). L’RNA direttamente trascritto dall’RNA polimerasi viene identificato come trascritto primario e presenta, in 5’, tre gruppi fosfato. Il trascritto primario subisce l’aggiunta di un cappuccio in 5’, l’aggiunta di una coda poli-A in 3’ e lo splicing e diventa trascritto maturo. Cappuccio al 5’ → viene inserito precocemente durante il processo di trascrizione, quando siamo ancora nel nucleo, e protegge il trascritto primario da un’eventuale degradazione → lo caratterizza come trascritto self e non come RNA, ad esempio, virale. Il cappuccio si compone di un residuo di 7-metil-guanosina, unito con un legame 5’-5’ trifosfato al nucleotide, e un gruppo metilico in posizione 2 dei primi due nucleotidi del trascritto primario (possono esserci entrambi, può essercene solo uno o può non essercene nessuno). L’aggiunta del cappuccio segue questi passaggi: 1. una fosfatasi rimuove il fosfato in gamma, lasciando un gruppo PPi. 2. Una transferasi fa reagire il trascritto con del GTP (il fosfato in beta attacca il GTP), si lega PPi e la porzione di guanosina monofosfato viene legata al trascritto. Il risultato è una guanosina legata con legame 5’-5’ trifosfato al trascritto. 3. Una SAM metila la guanosina del cappuccio in posizione 7 e può eventualmente metilare anche gli OH dei primi due nucleotidi del trascritto. Coda di poli-A → poliadenilazione che avviene in seguito al riconoscimento di sequenze segnale 5’-AAUAAA-3’, che viene tagliata e restituisce l’OH in 3’ libero. Ora una poliadenilato polimerasi (analoga alle altre polimerasi) aggiunge tot residui di adenina al trascritto e via, les jeux sont faits. 90 Splicing → vengono rimosse le sequenze non codificanti (che si allungano man mano che si procede con l’evoluzione - tamponano le mutazioni) dal trascritto primario, in quanto i geni che codificano per proteine presentano esoni ed introni (quelli per gli istoni hanno solo esoni). A livello macroscopico, l’introne si leva e l’estremità 3’ del primo esone si lega all’estremità 5’ del secondo esone, ma non servono nucleasi → tutte le reazioni dello splicing sono trasferimenti del legame fosfodiestere, quindi non serve ATP per riformarlo dopo averlo scisso. La transesterificazione può essere autocatalitica, grazie a residui di guanosina o di adenina (nucleofile) a livello dell’introne, o avvenire a opera dello spliceosoma. Complessivamente si forma un cappio, si libera l’OH in 3’ del primo esone, questo attacca il fosfato in 5’ del secondo esone, i due si saldano e il cappio esce → l’attacco dell’OH porta a formazione di un legame estere associata a scissione di quello preesistente, quindi si parla di transesterificazione. Anche lo splicing può avvenire durante la trascrizione, come l’aggiunta del cappuccio in 5’, e porta alla creazione di più trascritti maturi a partire da un trascritto primario → splicing alternativo, rimozione di introni diversi per ottenere trascritti maturi diversi. Silencing therapeutics Queste terapie consistono nell’abbattimento di una certa funzione in un certo tessuto, cosa che si ottiene silenziando l’mRNA che codifica delle proteine specifiche. Questo avviene grazie allo sfruttamento dei siRNA, che si legano all’mRNA target e portano alla sua degradazione → il siRNA si lega al complesso RISC, il complesso RISC si lega all’RNA e la proteina non viene prodotta. Anche in vivo, questi processi sono in grado di ridurre la produzione di una proteina del 95% e possono essere applicati a ogni proteina, ma i siRNA sono instabili (sono pur sempre RNA), possono portare a situazioni tossiche e generano effetti a lungo termine difficilmente prevedibili, perché non è possibile sapere a priori se quel siRNA si legherà sempre allo stesso mRNA o silenzierà un altro gene. Dal 2004, più di 30 farmaci a siRNA sono entrati in trial clinico e alcuni sono stati approvati. L’iperossaluria primaria di tipo I è dovuta al deficit dell’aminotransferasi AGT, che detossifica il gliossilato a glicina. Se non c’è la AGT, il gliossilato si accumula e va nel citosol, dove viene ciulato dalla lattato deidrogenasi per fare una side reaction e formare ossalato → viene prodotto fisiologicamente ed eliminato con le urine, ma questi pazienti ne producono tantissimo e questo si deposita sotto forma di ossalato di calcio nei reni e in altre sedi. Che famo? Usiamo i siRNA per impedire che venga prodotta la proteina che sintetizza gliossilato (GO). Questo porta ad urine un po’ più acide, perché c’è acido glicolico, ma è sempre meglio dell’iperossaluria primaria di tipo I. Il farmaco si chiama Oxlumo e, da maggio 2022, è disponibile anche in Italia → non si fa più trapianto di fegato e rene :) , ma un’iniezione costa intorno ai 200 000 €, quindi si fa solo dove la somministrazione è coperta dal Sistema Sanitario Nazionale. Lo stesso identico approccio si usa 91 anche per silenziare la lattato deidrogenasi e, sorprendentemente, la terapia funziona. La lattato deidrogenasi fa un fottio e mezzo di cose, però, quindi il rapporto costi-benefici viene bypassato solo per pazienti in condizioni disastrose. La stessa azienda che ha prodotto l’Oxlumo ha prodotto un altro farmaco, che cura ipercolesterolemia familiare dovuta a un guadagno di funzione della proteina PCSK9 → questa decide se il recettore delle LDL può andare in membrana o essere degradato. Se PCSK9 funziona troppo non vengono internalizzate le LDL e queste rimangono in circolo → perossidazione lipidica e cellule schiumose. Se si inibisce PCSK9, si curano non solo questo tipo di ipercolesterolemia familiare, ma tutte, quindi sono stati prodotti degli inibitori della PCSK9 e sono in trial clinico i silenziatori per il trascritto primario che porta alla sua produzione. 92 SINTESI DELLE PROTEINE E MODIFICAZIONI POST TRADUZIONALI La struttura che media il processo di conversione da mRNA a proteina è il tRNA. Il tRNA ha una forma a L e fa da molecola adattatrice, in quando presenta un anticodone, che si lega specificatamente a codone del mRNA, e sito di legame per l’aminoacido da addizionare. Tutti i tRNA terminano in 3’ con una sequenza CCA, il sito in cui esso si lega all’aminoacido, mentre altre regioni ci sono anse a singolo filamento che presentano nucleotidi modificati. Sulla base dei nucleotidi modificati che contengono, le anse vengono identificarle come ansa D (contiene diidrouridina), anticodone, un’ansa variabile che si lega ai ribosomi e un’ansa T C (presenta pseudouridina e ribotimidina). Il tRNA, quindi, da una parte lega una tripletta di nucleotidi (codone), dall’altra lega l’aminoacido corrispondente alla tripletta in questione → vera e propria traduzione (effettuata dal tRNA e dalle amminoacil-tRNA sintetasi), diversa dalla sintesi proteica (effettuata dal ribosoma). Amminoacil-tRNA sintetasi Sono le responsabili dell’abbinamento tra il tRNA e l’aminoacido codificato dalla tripletta del suo anticodone e catalizzano la sintesi del complesso, unendo l’OH in 3’ dell’adenina terminale del tRNA col COOH dell’aminoacido. La reazione è fortemente esoergonica ed è ATP dipendente, tanto che il ∆G’0 è decisamente negativo. 1. Si lega l’aminoacido 2. Si lega l’ATP 3. Il COOH dell’aminoacido si lega al fosfato in α dell’ATP e si libera PPi 4. L’aminoacido risulta attivato, in quanto adenilato → aminoacil-adenilato. 5. L’OH in 3’ del tRNA attacca il COOH dell’aminoacil-adenilato, si scinde il legame fosfoanidridico con l’AMP e si forma un legame estere col tRNA → conservazione dell’energia di legame, utilizzata dalla peptidil transferasi per formare il legame peptidico durante la sintesi proteica. Si libera AMP. Le amminoacil-tRNA sintetasi esistono in isoforma I e in isoforma II: in quelle di tipo I attaccano l’aminoacil-adenilato sull’OH in 2’ e fanno transesterificazione, mentre quelle di tipo II sintetizzano direttamente il legame tra aminoacido e tRNA. Le amminoacil-tRNA sintetasi sono fortissimamente specifiche, tanto che, per 20 aa, esistono 20 amminoacil-tRNA sintetasi diverse. La loro specificità è dovuta a un meccanismo di correzione di bozze, che riconosce la geometria del complesso e la corregge qualora dovesse risultare alterata. Le amminoacil-tRNA sintetasi sono ugualmente specifiche nei confronti dell’mRNA, ma non in proporzione 1:1, perché il codice genetico è degenerato ed esistono più triplette che codificano per lo stesso aminoacido. Allo stesso modo, diversi tRNA possono accettare lo stesso aminoacido e 93 prendono il nome di isoaccettori. Il sistema di correzione di bozze porta a un errore ogni 104 cicli di reazione, cosa che porta alla produzione di proteine che vengono degradate o funzionano in modo meno efficiente (o magari funzionano meglio e ci evolviamo). Ciò che stiamo analizzando non è il metabolismo delle proteine in senso stretto, come nutrienti e come fonte di energia, bensì il processo di sintesi e di modificazione che queste subiscono all’interno della cellula. I primi enzimi di cui abbiamo parlato sono le amminoacil-tRNA sintetasi, che legano uno specifico amminoacido all’estremità 3’ del tRNA corrispondente, mentre ora ci si concentrerà sulle peptidil transferasi. Lo schema dell’immagine descrive il codice genetico ed è una mappa che permette di convertire un codice a 4 lettere, quello delle sequenze nucleotidiche di DNA ed RNA, in un codice a 20 elementi, quello degli amminoacidi inseriti nella proteina. Il legame tra questi codici è rappresentato dalle triplette di nucleotidi: ad ogni tripletta corrisponde un amminoacido. Tuttavia, essendo il codice genetico degenerato, più triplette possono codificare per lo stesso amminoacido, tanto che nella lezione precedente si è parlato di tRNA isoaccettori. La traduzione inizia sempre con la sequenza d’inizio AUG, codone che codifica per la metionina, e termina con uno dei tre codoni di stop → UAA, UAG e UGA (che può anche codificare per la selenocisteina, il ventunesimo amminoacido). La traduzione dell’mRNA in proteina si basa sull’interazione del tRNA, contenente l’anticodone da una parte e l’amminoacido dall’altra, con una tripletta complementare (codone) dell’mRNA. Questa interazione è mediata principalmente dalla prima e dalla seconda base della tripletta, mentre la terza base instaura un legame più lasso. Il fenomeno prende il nome di oscillazione della terza base, che corrisponde all’esistenza di più codoni che codificano per lo stesso aminoacido → molto spesso, questi codoni differiscono solo a livello della terza base (che talvolta può anche essere inosina, la base azotata ottenuta durante la prima parte della sintesi dei nucleotidi purinici). Questo rappresenta un “compromesso” dal punto di vista evolutivo, in quanto, se all’inserimento di ogni amminoacido in una proteina il meccanismo di sintesi proteica dovesse attendere un’interazione complementare forte fra tutte e tre le basi di codone e anticodone, il processo sarebbe troppo lento. La sintesi proteica avviene nei ribosomi, complessi di rRNA e proteine che esistono in forme differenti e che possono quindi essere targettati da molecole ad attività antibiotica. I ribosomi procariotici sono formati da una subunità 50S e una subunità 30S, mentre quelli eucariotici da una subunità 60S e una subunità 40S. In passato si riteneva che fossero le proteine contenute nei 94 ribosomi a catalizzare la sintesi proteica, ma oggi è noto che i ribosomi sono ribozimi, ossia enzimi la cui catalisi è mediata dalle molecole di RNA e che, a livello filogenetico, si sono evoluti per primi. All’interno del ribosoma (una volta formato) sono presenti tre diversi siti, che traslocano man mano che il ribosoma si sposta lungo la catena di mRNA: sito A (da “amminoacil”) → sito a cui si lega l’amminoacil-tRNA entrante. sito P (da “peptidil”) → sito dove avviene la vera e propria sintesi proteica, quindi la formazione del legame carbammidico tra il gruppo amminico dell’amminoacido legato al tRNA entrante e il gruppo carbossilico dell’aminoacido legato al tRNA presente nel sito P, che lega la catena già formata. sito E (da “exit”) → sito da cui esce il tRNA “scarico”, che ha ceduto l’amminoacido che legava. La sintesi proteica avviene in numerosi passaggi e grazie a fattori che nessuno di noi è tenuto a conoscere. Il primo step è l’attivazione degli amminoacidi, quindi la formazione dell’amminoacil-tRNA, mentre le fasi successive sono l’inizio, l’allungamento, la terminazione e ripiegamento + modificazioni post traduzionali. 1. Fase di inizio → Nei procarioti, si legano i fattori di inizio e la sequenza Shine-Dalgarno/ribosome binding site dell’mRNA permette alla subunità minore del ribosoma di posizionarsi correttamente sul codone AUG. A questo punto si lega il tRNA che trasporta la formilmetionina e la subunità maggiore del ribosoma si unisce al complesso, così che la traduzione possa partire. N.B. Nei procarioti gli mRNA sono policistronici - codificano per più proteine, quindi contengono più sequenze Shine-Dalgarno, più codoni di inizio AUG e più codoni di stop. Negli eucarioti la questione è più complessa, anche perché sono coinvolti più fattori, ma la logica è simile: si forma un complesso di pre-inizio nel sito di inizio, l’mRNA viene “scansionato” dalla subunità minore finché non si trova un codone AUG, si associa la subunità maggiore del ribosoma, il tRNA per la metionina si inserisce nel sito P e si parte. È importante sottolineare che la metionina iniziale di ogni catena polipeptidica può essere rimossa come anche lasciata in sede e che esistono due diversi tRNA, uno per la metionina iniziale e uno per i residui che verranno a trovarsi all’interno della catena. Questo avviene soprattutto negli eucarioti, perché nei procarioti viene aggiunta una metionina 95 formilata dopo essersi legata al tRNA (il gruppo formilico arriva dal 10-formil-tetraidrofolato, ulteriore motivo per assumere folati durante la gravidanza). Sia in eucarioti che in procarioti, l’mRNA non è la sequenza corretta da tradurre, ma contiene regioni non tradotte sia al 3’ che al 5’ e presenta più codoni AUG al 5’, quindi il ribosoma deve legarsi nella zona corretta e cercare il primo codone AUG. 2. Fase di allungamento → processo che vede il continuo riciclo di fattori e la ripetizione ciclica del legame di un amminoacil-tRNA entrante a livello (sito A), della formazione del legame peptidico a livello (sito P) e della dissociazione del tRNA scarico (del sito E). Tutto ciò non è gratuito dal punto di vista energetico, in quanto il funzionamento di alcuni fattori richiede l’utilizzo di molecole di GTP. Il legame peptidico si forma perché il gruppo amminico dell’amminoacido del tRNA entrante nel sito A attacca il gruppo carbossilico dell’amminoacido presente nel sito P (metionina se siamo al primo ciclo di allungamento), cosa che causa la scissione del preesistente legame estere tra il COOH dell’amminoacido e l’OH in 3’ del tRNA; l’energia in esso conservata è quella che viene utilizzata per sintetizzare il legame carbammidico. A questo punto, il tRNA scarico arriva nel sito E e il tRNA del sito A passa nel sito P, così che nel sito A possa entrare un nuovo amminoacil-tRNA→ questo processo va avanti finché non compare un codone di stop (UAA, UAG, UGA). La sintesi del legame peptidico è catalizzata dall’attività peptidil transferasica del ribosoma, la quale non è modulata dalla sua porzione proteica, bensì dall’rRNA (rRNA 28S nel caso degli eucarioti). 3. Fase di terminazione → se compare un codone di stop (UAA, UAG, UGA), il sito A rimane vuoto, perché non entra nessun amminoacil-tRNA, e intervengono fattori di rilascio che idrolizzano il legame estere tra l’OH in 3’ dell’tRNA e la sequenza polipeptidica → la proteina appena tradotta viene liberata. Quando il codone UGA non ha funzione di codone di stop, ma codifica per la selenocisteina (come la cisteina, ma con SeH anziché SH), occorrono degli accorgimenti. La selenocisteina non è codificata come gli altri amminoacidi e il suo tRNA è codificato dal gene SelC; su questo tRNA viene inizialmente caricato un residuo di serina, cosa che dà forma a un seril-tRNA, e solo dopo che si è formato il complesso l’amminoacido viene modificato da serina a selenocisteina. Il selenio necessario per la sintesi della selenocisteina 96 deriva da varie fonti, tipicamente dalla dieta e dal riciclo di altre proteine, ma viene sempre e comunque assunto sempre sotto forma di acido selenidrico. L’acido selenidrico ha uno stato di ossidazione che non gli permette di reagire, quindi viene prima attivato da sintetasi ATP dipendente (codificata dal gene SelD) a selenofosfato. Il selenofosfato può ora reagire col seril-tRNA, con liberazione del fosfato, e la serina si converte in selenocisteina → la reazione è catalizzata dalla selenocisteina sintetasi, enzima codificato dal gene SelA e PLP dipendente. Il codone UGA, per la maggior parte delle proteine, rimane sempre e comunque un codone di stop, quindi la cellula adotta un metodo di riconoscimento mediato dalle sequenze SECIS dell’mRNA; queste sequenze generano strutture secondarie particolari nell’mRNA, tendenzialmente a forcina, le quali mediano il reclutamento delle SECIS binding proteins necessarie per legare lo specifico amminoacil-tRNA legato alla selenocisteina. Le proteine contenenti selenio sono, ad esempio, le glutatione perossidasi, coinvolte nella detossificazione dei ROS, e le deiodinasi, coinvolte nella sintesi degli ormoni tiroidei → riciclo di alcuni intermedi di sintesi. La sintesi proteica è un processo vettoriale, quindi l’mRNA viene “scansionato” e tradotto dal 5’ al 3’ e la proteina viene sintetizzata dall’estremità N-terminale a quella C-terminale. È un procedimento che deve essere estremamente efficiente e veloce ed è molto dispendioso, dal punto di vista energetico: per ogni legame peptidico, vengono spesi almeno quattro legami anidridici ad alta energia → due vengono usati per sintetizzare l’amminoacil-tRNA, due (almeno) vengono scissi per ogni fase di allungamento. Questo calcolo, però, non tiene conto né dei fattori di inizio, né di quelli di terminazione, né delle modificazioni post-traduzionali che verranno successivamente effettuate. La sintesi proteica avviene utilizzando strutture diverse in procarioti ed eucarioti e tutte queste differenze sono potenziali bersagli per gli antibiotici, molecole in grado di legare specifici target di batteri e funghi e impedire loro di sopravvivere e/o di riprodursi. Alcune molecole vengono utilizzate come coadiuvanti degli antibiotici e non uccidono il patogeno, ma impediscono che si riproduca; queste molecole vengono definite batteriostatici → l’acido clavulanico, ad esempio, è la molecola coadiuvante dell’amoxicillina. 97 Gli antibiotici agiscono in diversi modi; possono inibire la formazione dei legami peptidici, causare errori di lettura dell’mRNA, prevenire il reclutamento della subunità maggiore del ribosoma, o provocare la prematura terminazione della sintesi proteica. La puromicina, ad esempio, è un antibiotico molto tossico che non viene utilizzato per scopi clinici e che si lega al sito A dei ribosomi, mimando il legame dell’amminoacil-tRNA e bloccando tutto il processo. Torna molto utile per la CRISPR/Cas9, perché è necessario distinguere le cellule che hanno il vettore specifico per una data funzione da quelle che non ce l’hanno. La tecnica è quella di inserire, nei vettori che vengono utilizzati, la resistenza agli antibiotici, quindi si usa la puromicina per selezionare le cellule che hanno acquisito il vettore. Altri inibitori della sintesi proteica sono gli interferoni, molecole che permettono a una cellula infettata da un virus di informare una cellula adiacente dell’avvenuta infezione → il virus attiva la trascrizione il gene dell’interferone, questo si lega alla cellula adiacente e vengono sintetizzate proteine antivirali, le quali inibiscono il fattore di inizio della sintesi proteica e contrastano l’utilizzo, da parte dei virus, dei macchinari di sintesi proteica della cellula ospite. 98 ORMONI Negli organismi superiori, l’integrazione funzionale tra gli organi è garantita da messaggeri primari che vengono sintetizzati e secreti da cellule secernenti e vanno ad agire su una cellula bersaglio provvista di specifico recettore. I messaggeri possono avere azione autocrina se hanno come bersaglio la cellula secernente stessa, azione paracrina se agiscono su cellule bersaglio limitrofe e di neurotrasmissione. Nei primi due casi, la molecola segnale viaggia nello spazio interstiziale, mentre nel caso della neurotrasmissione viaggia nello spazio intersinaptico. Gli ormoni sono prodotti da ghiandole endocrine e viaggiano nel flusso, quindi possono anche percorrere distanze di qualche metro. Gli ormoni sono secreti ciclicamente in risposta a stimoli di natura nervosa o tipici, operano a concentrazioni molto basse (10-9/10-12 M) e hanno un’emivita molto breve, che permette di controllare efficacemente la loro azione. Gli ormoni si classificano come proteici (insulina, glucagone, ormoni ipotalamo-ipofisari, ormoni ipotalamici, calcitonina, paratormone), derivanti da amminoacidi (adrenalina, noradrenalina, ormoni tiroidei), steroidei (ormoni corticosurrenalici, ormoni sessuali) e derivanti da acidi grassi (eicosanoidi); in base alla loro natura chimica, gli ormoni hanno meccanismi di trasporto e meccanismi di azione diversi → ormoni proteici e derivanti da amminoacidi sono idrofilici, quindi avranno recettori extracellulari, mentre ormoni steroidei ed eicosanoidi sono idrofobici e non solo devono legarsi a proteine di trasporto, ma devono anche interagire con recettori intracellulari. I recettori extracellulari evocano (di solito) una “risposta veloce”, in quanto si attiva un sistema di trasduzione del segnale tipica di quell’ormone e di quel recettore che porta alla sintesi di un secondo messaggero. Il secondo messaggero determina l’attivazione di enzimi preesistenti, e quindi alla risposta veloce, ma può anche attivare fattori di trascrizione e quindi generare risposte lente. Sono recettori extracellulari: Recettori accoppiati a proteine G → il complesso ormone-recettore regola la proteina G, da cui si dissocia la subinità α; questa viaggia nella membrana e attiva altri enzimi. La proteina G rimane attaccata alla membrana con un’ancora di farnesile, può essere utilizzata per sintetizzare il colesterolo o modificata, con l’addizione di un gruppo farnesile, affinché possa spostarsi. Un Recettori ad attività enzimatica → i recettori tirosino chinasici dimerizzano all’arrivo del ligando, le code si autofosforilano a vicenda sulle Tyr e si attiva una cascata chinasica, la quale si riflette anche sull’attivazione di specifici fattori trascrizionali. Canali → si aprono e si chiudono dopo l’interazione con l’ormone. I recettori intracellulari evocano invece una risposta lenta, in quanto relativa alla variazione dell’espressione genica. Possono essere citosolici (ex. corticosteroidi) o nucleari (ex. ormoni 99 sessuali, ormoni tiroidei, ormoni derivanti dalla vitamina D) e, in entrambi i casi, l’espressione genica si adatta alle necessità. Gli ormoni possono agire a vari livelli. Possono influenzare la permeabilità delle membrane (esternalizzazione o internalizzazione di trasportatori - vedi insulina), modulare l’attività degli enzimi (liberazione di secondi messaggeri e innesco delle cascate chinasiche) e regolare la sintesi proteica (attivazione della Hormone Response Unit e di CREB). La sintesi e la secrezione degli ormoni è controllata da stimoli nervosi e stimoli chimici. Gli stimoli nervosi agiscono sull’ipotalamo, il centro di comando, che produce fattori di rilascio volti a regolare l’attività dell’ipofisi posteriore (rilascia ossitocina e ADH) e dell'ipofisi anteriore (rilascia ormoni tropici, che agiranno su altre ghiandole - TSH, ACTH, FSH, LH, prolattina, GH). Questo sistema prende il nome di asse ipotalamo-ipofisi. Alcuni ormoni, tuttavia, sono prodotti da stimoli nervosi non ipotalamici (adrenalina - midollare del surrene) e da stimoli chimici (insulina e glucagone - secreti in risposta alle variazioni della glicemia). La via di segnalazione per il rilascio degli enzimi risulta amplificata, in quanto minime quantità di fattore di rilascio producono risposte sempre più importanti a ogni passaggio e si producono milligrammi di ormone. Esempio: lo stress spinge l’ipotalamo a rilasciare corticotropina (CRH), che agisce sull’ipofisi anteriore e le fa produrre ACTH. L’ACTH va alla corticale del surrene e spinge per la produzione di cortisolo, il quale agisce su muscoli, fegato e tessuto adiposo. Tutti questi passaggi sono inibiti con dalle sostanze prodotte, in quanto i vari prodotti vanno a inibire sintesi eccessive → mantenimento dell’omeostasi metabolica, situazione di equilibrio che permettere di mantenere costanti le funzioni di un organismo che tenderebbero, naturalmente, a variare. Si parla di feedback negativo se il prodotto finale va a inibire la sua stessa sintesi, mentre si parla di feedback positivo se il prodotto finale va a rinforzare lo stimolo (ex. produzione di ossitocina durante il parto: il feto spinge, viene prodotta ossitocina, l’utero si contrae di più, il feto spinge di più, si produce altra ossitocina). Si parla di omeostasi del glucosio quando si intende il processo fisiologico e multiorgano che riguarda l’intake di glucosio, il suo immagazzinamento e il suo rilascio. Una glicemia normale è tra i 70 e i 130 mg/dL ed è importantissima per i tessuti che necessitano di un continuo apporto di glucosio → il tessuto nervoso consuma 80 mg di glucosio al minuto, 120 g di glucosio al giorno, (30-35% del consumo totale), mentre gli eritrociti non hanno mitocondri e sopravvivono con glicolisi anaerobia e via dei pentoso fosfati; consumano 35 g di glucosio al giorno. 100 Ormoni pancreatici Il pancreas si costituisce di una porzione esocrina e una porzione endocrina/isole di Langerhans, che producono rispettivamente succo pancreatico (lipasi pancreatica, disaccaridasi, colesterolo esterasi ecc) e ormoni che regolano l’omeostasi del glucosio (insulina e glucagone) → le insule α sintetizzano insulina (agisce su fegato, muscolo, tessuto adiposo), le insule β sintetizzano glucagone (agisce su fegato e tessuto adiposo), le insule σ sintetizzano somatostatina. Insulina L’insulina è un ormone di natura proteica ipoglicemizzante che viene prodotto in condizioni di iperglicemia. Nella sua forma matura, l’insulina si compone di 51 amminoacidi, distribuiti in una catena A e una catena B (21 e 30). Queste due catene sono legate da due ponti S-S intercatena, che si formano grazie a reazioni di ossidazione. Questi ponti si formano tra le catene laterali di due residui di Cys e, durante la reazione, vengono liberati i due H+. Il gene che codifica per l’insulina si trova nel braccio corto del cromosoma 11 e la sintesi inizia a partire da ribosomi liberi, che si associano l’mRNA e partonooo. Dal ribosoma esce una catena con sequenza segnale riconoscibile da una particella del RE, che si associa all’estremità N-terminale e interrompe momentaneamente la sintesi. Il complesso si incastra ora nel reticolo, la sintesi riparte e viene liberata la pre-proinsulina (104 aa), costituita dalla sequenza segnale N-terminale, dalla catena B, dalla catena A e dal peptide C. Una proteolisi elimina la sequenza segnale e rimane la proinsulina (81 aa). Si formano ora due S-S intercatena e un S-S intracatena (nella catena A) e la proinsulina va al Golgi, dove avvengono due tagli proteolitici selettivi; vengono effettuati due tagli proteolitici, uno tra un’arginina e una lisina che stacca il peptide C dalla catena A e uno tra due residui di arginina (catena B), viene eliminato il peptide C e si libera insulina matura. Il peptide C ha un’emivita molto lunga, quindi fa da marker diagnostico. Il rilascio di insulina avviene, grazie ai GLUT-2, in risposta all’aumento di glicemia e all’aumento di calcio intracellulare. Il glucosio verrà ora fosforilato a glucosio-6-P e andrà incontro alle varie vie metaboliche (vedi metabolismo dei glucidi), cosa che porta all’aumento della concentrazione di ATP e alla depolarizzazione dei canali del potassio ATP-dipendenti → i canali del calcio, voltaggio dipendenti, fanno entrare calcio e la sua concentrazione aumenta, portando all’esocitosi delle vescicole contenenti insulina in forma esamerica (è attiva in forma monomerica). Il rilascio dell’insulina avviene circa 35-40 minuti dopo il pasto e le quantità dipendono da quanti nutrienti 101 sono stati introdotti. In una prima fase/risposta veloce viene rilasciata insulina già pronta, conservata nel Golgi, mentre in una seconda fase/risposta lenta viene rilasciata insulina di nuova sintesi. L’insulina ha però un’emivita molto breve, di 7-15 minuti, quindi viene poi degradata da proteasi presenti nei tessuti bersaglio (il fegato, ad esempio, usa l’insulina trans-deidrogenasi e il glutatione per staccare catena A e catena B; le catene singole vengono distrutte dalle insulinasi, che appartengono alla categoria degli enzimi lisosomiali). Il recettore dell’insulina è un recettore tirosin chinasico, la cui subunità α è legata alla β con un S-S. La subunità β si compone di un’α-elica, che attraversa la membrana, e di un dominio citosolico, provvisto di Tyr fosforilabili e ad attività enzimatica; inizialmente il recettore si trova in forma monomerica, dimerizza quando arriva l’insulina. Il legame dell’insulina al recettore porta alla down regulation di quest’ultimo, poiché il complesso viene internalizzato. Una delle molecole fosforilate dal recettore è IRS (insulin response substrate), che andrà a fosforilare altri fattori. Uno dei risultati dell’azione dell’insulina è l’attivazione della glicogeno sintasi, garantita dalla fosforilazione e inattivazione della glicogeno sintasi chinasi. Vedi biochem I. L’insulina agisce quindi a vari livelli, in relazione a tutti i metabolismi già visti. Oltre a essere un ormone ipoglicemizzante, però, l’insulina è anche un ormone anabolico, quindi stimola una glicolisi volta a creare intermedi utili ad altre vie → inibisce glicogenolisi, gluconeogenesi e β-ossidazione degli acidi grassi, stimola glicolisi, glicogenosintesi, sintesi di trigliceridi, sintesi di acidi grassi e sintesi di proteine. Il primo effetto è l’abbassamento della glicemia, cosa che avviene con una modalità diversa a seconda del tessuto di cui stiamo parlando. 1. Fegato → induzione della glucochinasi, che fosforila il glucosio a glucosio-6-P con consumo di ATP. Inducendo la glucochinasi, si estrae dal sangue tutto il glucosio che viene consumato per la fosforilazione, quindi si crea un gradiente di concentrazione favorevole all’azione dei GLUT-2. 2. Muscolo e adipocita → aumento dell’esposizione dei GLUT-4, insulino dipendenti e che vengono esposti sulla membrana della cellula in seguito al legame dell’insulina con il recettore. Il glucosio introdotto verrà usato per la glicogenosintesi e per la sintesi dei trigliceridi. Oltretutto, l’insulina effettua una regolazione coordinata di glicolisi e gluconeogenesi, che avviene a livello delle tappe irreversibili delle due vie. Questo avviene sia con modificazione dell’attività degli enzimi chiave, sia con la modificazione dell’espressione di determinati geni → si induce la glucochinasi e parallelamente si reprimono la glucosio-6-P fosfatasi e la fosfoenolpiruvato carbossichinasi, perché l’interazione 102 dell’insulina col recettore porta alla fosforilazione del fattore di trascrizione FOX-1, che verrà degradato con il sistema ubiquitina-proteasoma → i geni per la glucosio-6-P fosfatasi e la fosfoenolpiruvato carbossichinasi non vengono espressi. L’insulina, tuttavia, può operare anche su altri enzimi. Nel fegato, ad esempio, stimola la fosfofruttochinasi 1, che viene inibita da alte concentrazioni di citrato; qui, tuttavia, la glicolisi va avanti perché c’è la fosfofruttochinasi 2, che produce fruttosio - 2, 6 - bifosfato anche a concentrazioni molto basse. La fosfofruttochinasi 2 è un enzima tandem che, in presenza di insulina, è attivo, perché il dominio fosforilabile viene defosforilato → si produce fruttosio - 2, 6 - bifosfato, che stimola la glicolisi e inibisce la gluconeogenesi, inibendo a sua volta la fosfatasi che permette di riottenere fruttosio-6-P dal fruttosio - 1, 6 - bifosfato. Viceversa, col glucagone, una chinasi fosforila la PFK2 e la disattiva, attivando parallelamente il suo dominio ad attività fosfatasica → non viene prodotto fruttosio - 2, 6 - bifosfato e quello eventualmente presente viene defosforilato. L’ultima reazione su cui può intervenire l’insulina è quella catalizzata dalla piruvato chinasi, che è attiva in forma defosforilata e inattiva in forma fosforilata. L’insulina, come sopra, effettua modulazione coordinata sulla glicogeno sintasi e sulla glicogeno fosforilasi, che rispettivamente attiva e inattiva. La glicogeno sintasi è attiva quando defosforilata, quindi l’insulina può attivare la sua fosfatasi o fosforilare la glicogeno sintetasi chinasi, che si inattiva e non può più fosforilare la glicogeno sintetasi. Lara mi mancavi ma tira il freno a mano santo cielo. La glicogeno fosforilasi epatica, a sua volta, è presente in forma fosforilata (e attiva) e in forma defosforilata (e inattiva), quindi l’insulina attiva una fosfatasi che la defosforili e la inattivi; quando il glucosio epatico aumenta, questo si lega al sito allosterico della glicogeno fosforilasi e questa cambia conformazione, così che la fosfatasi attivata dall’insulina possa scindere i legami tra le Ser dell’enzima e i gruppi fosfato. A livello del metabolismo dei lipidi, l’insulina stimola la sintesi di acidi grassi, trigliceridi e colesterolo e inibisce la β-ossidazione, impedendo il sistema di trasporto della carnitina. Spinge quindi per la produzione di acetil-CoA, stimolando la piruvato deidrogenasi, e di acidi grassi, stimolando l’acetil-CoA carbossilasi. La piruvato deidrogenasi è attiva quando defosforilata, quindi in situazioni di iperglicemia → inibizione da prodotto a opera di acetil-CoA e NADH + H+. L’acetil-CoA prodotto verrà utilizzato per la sintesi di molecole di natura lipidica, a partire dal 103 malonil-CoA (acetil-CoA carbossilasi - ATP dipendente) → l’insulina determina la defosforilazione dell’enzima e la sua attivazione. To sum up, l’insulina è un ormone ipoglicemizzante che viene secreto in condizioni di iperglicemia. Modula positivamente la glicolisi (glucochinasi, fosfofruttochinasi, piruvato chinasi, piruvato deidrogenasi), la lipogenesi (citrato liasi, acetil-CoA carbossilasi - inibisce la carnitina-acil-transferasi I), la sintesi del colesterolo (HMG-CoA reduttasi) e la sintesi dei trigliceridi (riduzione del diidrossiacetone fosfato a glicerolo-3-P e viaaa). L’insulina è anche un ormone con un importante effetto anti lipolitico → agisce a livello del tessuto adiposo e ini

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